• Non ci sono risultati.

LA VALUTAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO “AI SENSI DELLE VIGENTI LEGGI E DISPOSIZIONI”

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "LA VALUTAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO “AI SENSI DELLE VIGENTI LEGGI E DISPOSIZIONI”"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

LA VALUTAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO “AI SENSI DELLE VIGENTI LEGGI E DISPOSIZIONI”

Dr. Gabriele Calcinai

INTRODUZIONE

La necessità di valutare il danno alla persona è sempre stata supportata, in linea di massima, da un riferimento tabellare.

Secondo l’ambito di trattazione, infatti, per molti anni si è avuto a disposizione le tabelle INAIL, le tabelle della pensionistica privilegiata, quelle degli invalidi civili. Per il danno alla persona in ambito privato o da responsabilità civile, non esistendo previsioni legislative, si è fatto ricorso o alle cosiddette tabelle ANIA, oppure alle ben note guide sulla valutazione del danno biologico, approntate sulla base dell’esperienza valutativa dei singoli professionisti o dei gruppi di studiosi specializzati nella materia medico legale.

Lo scopo odierno è mettere in luce alcuni esempi di sub-cultura medico- legale e, nel contempo, ribadire un concetto che, di là dalle definizioni legislative sopravvenute1, ormai, dovrebbe essere notorio.

Come altri miei interventi, gentilmente ospitati su questa rivista, anche l’attuale ha preso l’ispirazione da un’osservazione personale, peraltro di lunga data, ma che ora ritengo meritevole di divulgazione. Infatti, dopo la pubblicazione del DM 119/00 e della legge 57/01, ho ripensato alla frase che da anni un collega medico era (ed è) solito scrivere al termine delle sue relazioni valutative in tema di responsabilità

Medico Legale, Pisa

1 L’approvazione del DM 119/00 e della legge 57/2001, hanno portato alla definizione legislativa del danno biologico.

All’interno del decreto 119/2000 si trova la tabellazione e valutazione percentuale di 387 menomazioni biologiche da applicare in ambito INAIL. Pur imperfetto, tale decreto merita il consenso generale. Si leggano, in proposito, la relazione tenuta da Rossi alle giornate di studio di Jesi nel Giugno 2000 (in Riv. Inf. Mal. Prof. n° 3/2000) e l’autorevole opinione del prof. M. Barni (Riv. It. Med. Leg. n° 6/2000). Deve ammettersi, in ogni caso, che la sua uscita sulla Gazzetta Ufficiale e soprattutto la perdita della caratteristica “indicatività” delle percentuali in esso contenute, lo rende rischiosamente utilizzabile dai numerosi “parvenu” della materia medico legale. Mi riferisco a coloro che, non conoscendo o travisando i principi e la criteriologia in uso nei vari ambiti valutativi, finiscono spesso per attribuire “il numero giusto” al “caso sbagliato”.

La legge 57/01, prevede, tra l’altro uno schema tassativo per la liquidazione del danno biologico statico, lasciando al magistrato l’opportunità di aggiustare l’entità del risarcimento in considerazione dell’aspetto dinamico.

Con questa legge (leggo il breve, ma puntuale, intervento di Marco Rossetti su “Il Sole 24 Ore” del 9/5/01) “si è tentato di disciplinare il quid ed il quantum del danno biologico, limitandone però l’applicazione in senso temporale, causale ed oggettivo Sotto il profilo temporale le nuove norme si applicano soltanto ai danni causati da sinistri verificatisi dopo il 4/4/01; sotto il profilo causale si applicano soltanto ai danni causati da sinistri stradali; sotto il profilo oggettivo si applicano soltanto ai danni che abbiano causato una invalidità permanente non superiore al 9%”.

(2)

civile, frase che ho riportato testualmente nel titolo tra virgolette. Mille volte, infatti, negli anni trascorsi, mi sono chiesto a quali leggi egli facesse riferimento valutando il danno alla persona da responsabilità civile e tuttora, nonostante le norme suddette, non so darmi risposta. Certo è che basterebbe aggiungere in fondo alla frase il punto esclamativo per ottenere anche l’intonazione tipica dell’ultima parola, quella che, come si usa dire, serve a tagliare la testa al toro. Quando, cioè, a conclusione di un diverbio valutativo si deve anche dimostrare all’avversario che si sa noi quel che si dice. Basterebbe…. Il condizionale è d’obbligo. Nessuno, credo, dubiterà che all’interno delle due norme citate non esiste alcun “barème” per la valutazione del danno biologico in responsabilità civile.

GLI ESEMPI DI SUB-CULTURA MEDICO-LEGALE

Consapevole di attirare su me ire funeste, intendo esordire in modo franco ma deciso, sapendo che tra coloro che leggeranno queste parole, vi saranno, oltre che pochi cordiali amici dai quali non avrò nulla da temere, numerosi altri colleghi ai quali, al contrario, sarà già venuto il prurito alle mani avendo intuito la mia mal celata parzialità di specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni. Confido, tuttavia, nell’intelletto di chiunque abbia il buon senso di tradurre questo mio intervento, non come una crociata contro “chi”, ma l’esternazione di qual…“cosa”. La voglia della mia coscienza medico-legale di affrancarsi dai troppi anni trascorsi nell’amarezza, al punto da farmi prendere il coraggio a quattro mani ed uscire, indifeso ma orgoglioso, allo scoperto.

E’ mia intenzione rinnovare il rispetto nei confronti dei maestri che mi hanno insegnato le basi della valutazione medico legale del danno alla persona e ribadire la volontà di divulgare le loro idee; per far ciò, nella speranza che, almeno coloro che mi sono amici interpretino bene le mie parole e non siano tra quelli che stasera mi faranno la posta sotto casa, vorrei prima segnalare alcuni esempi (da non seguire) di cultura medico legale, purtroppo ben radicati nell’area geografica dove svolgo la mia professione. Proprio nella terra dove la teoria del danno biologico ed alla salute ha trovato alcuni tra i suoi più importanti studiosi, ritengo grave continuare a leggere in molte relazioni mediche valutative evidenti spropositi spacciati per concetti dottrinari medico legali. Fatto che, indirettamente, dimostra come a tre lustri dalla sentenza 184/86, le idee sul danno biologico ed il danno alla salute siano, per alcuni, ancora molto confuse. Ciò emerge prepotente quando, in fondo alla stesura di una “perizia” perfetta e conclusa anche con un numero “azzeccato”, di solito alle ultime due o tre righe, si manifesta il vuoto dottrinario che la sostiene.

E non mi riferisco, ovviamente, alle maldestre, quanto innocenti, allegazioni di pareri scritti in tema di Responsabilità Civile (RC) alle pratiche di polizza privata operate da assicurati che possono permettersi di non sapere, ma ai fraseggi ed alle terminologie che tradiscono la fragilità di palesi e frettolose

(3)

sbirciatine di testi e pubblicazioni specialistiche praticate da colleghi sedicenti valutatori del danno a persona.

Propongo, pertanto, un breve excursus cronologico di ciò che in questi anni si è letto (e si continua a leggere) sulle relazioni mediche valutative che dilagano nella provincia pisana:

-1993: (responsabilità civile). Il medico di parte valuta il 5% a titolo di

“danno biologico permanente, alla salute e alla vita di relazione”.

-1994: (polizza privata). Il medico di parte dopo avere valutato i postumi con 5% testualmente scrive: “… e ricordo che il danno biologico non comprende solo le perdite di carattere patrimoniale… ma anche il danno alla salute”.

-1994: lo stesso medico di cui sopra, in altro parere informa che il 5% da lui richiesto per il danno in RCA riguarda la “riduzione della capacità lavorativa sia generica che specifica.”

-1997: si specifica per iscritto che la percentuale di danno richiesta del 28%

è stata espressa “considerando il danno biologico, estetico, della sfera psichica e della vita di relazione.”

-1998: il collega, dopo aver proposto la sua stima per l’RC, chiarisce che

“…in riferimento alle tabelle ANIA per l’infortunistica privata la menomazione attuale configura un danno alla salute, inteso come riduzione della capacità lavorativa generica, quantificabile intorno al 5-6%”.

-1999-2000: (responsabilità civile). In molte relazioni i colleghi sono soliti specificare le loro valutazioni affermando che “il danno biologico va inteso come riduzione della totale integrità e validità somatica.”

Lascio al lettore ogni ulteriore commento, ma si capirà ora perché ho usato, in riferimento alla percentuale espressa, l’aggettivo azzeccato. In altre parole, nulla da dire sul numero, ma, se la sua enunciazione è fondata su convinzioni culturali e dottrinarie errate, con quale coraggio coloro che motivano in quei modi le loro valutazioni possono poi considerarsi valutatori esperti? Ma soprattutto, quale garanzia v’è a tutela del danneggiato che richiede la stima del danno patito, dato che alcuni tra costoro collaborano anche con Giudici, Avvocati e Compagnie d’Assicurazione?

Dopo l’esternazione di questo rammarico, mi si creda se affermo (non senza una punta d’orgoglio) che, sia i pochi esempi descritti, sia tutti gli altri che avrei potuto riportare (e sono decine) sono addebitabili a colleghi non specialisti in medicina legale e delle assicurazioni.

Poco sopra ho usato anche il termine di “perizia”. Non a caso. Tale parola, ormai, fa parte del parlato quotidiano non solo assicurativo e tribunalizio. Alla sua enunciazione tutti capiscono subito di cosa si tratta. O meglio, credono di capire. I veri addetti ai lavori e tutti i medici legali sanno (o dovrebbero sapere) che la perizia la fa il perito. E non tutti i medici e neppure tutti i medici legali sono periti. Pertanto, la gran parte delle perizie di parte e consulenze tecniche di parte, in realtà, sono solo

(4)

“relazione medica con parere valutativo del danno alla persona (… in ambito di Responsabilità Civile, Polizza Infortuni, INPS, INAIL… etc)”.

IL DANNO BIOLOGICO E/O IL DANNO ALLA SALUTE

Gli argomenti del danno biologico e del danno alla salute sono trattati sui libri di medicina legale utilizzati nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia, ma, per ovvi motivi, non esaustivamente. Inoltre, deve riconoscersi che, sebbene le loro radici concettuali si affondino sino alla metà del ventesimo secolo, solo dagli anni ottanta e novanta essi hanno assunto un’importanza tale da meritare alcune pagine di trattazione, almeno nei suoi caratteri generali.

Pregiudizio, nocumento, alterazione, guasto, sono sinonimi di danno.

In senso lato, la nozione di danno alla persona deve essere identificata nella modificazione (peggiorativa) di uno stato preesistente. Estraendo da questo concetto il danno patrimoniale in senso stretto ed il danno morale, possiamo affermare che, se, dopo un evento causativo di effetti giuridici, l’essere biologico della persona in quanto tale e/o il suo vissuto quotidiano si modificano in peggio, ci troviamo di fronte al danno biologico e/o alla salute. Danno che, ai fini del ristoro, necessariamente, dovrà anche essere valutato.

Le proiezioni del danno, in ambito medico legale, sono ben conosciute agli studiosi della materia. Un poco meno agli altri, i quali sono il più delle volte frastornati e non comprendono come sia possibile che la stessa lesione o lo stesso postumo producano valutazioni (ed effetti economici) diversi. In effetti, in riferimento alla lesione od al postumo, se concettualmente è comprensibile che si sta parlando della stessa cosa vista da angolazioni diverse, la gran parte delle persone lese difficilmente accetta diverse espressività numeriche.

D’altra parte, la varietà criteriologica degli ambiti di trattazione è imposta dal titolo che si vuol tutelare (fino ad oggi, l’attitudine lavorativa per l’INAIL, le attitudini confacenti per l’INPS, il danno biologico e/o il danno alla salute per la Responsabilità Civile, la capacità lavorativa per gli invalidi civili e le polizze private) ed essa non può essere uniformata con un colpo di bacchetta magica. Si converrà che l’ultilizzo del danno biologico potrebbe essere un’ottima soluzione, certo non la panacea di ogni male valutativo. In tal senso, credo, sono interpretabili i numerosi fermenti culturali sull’opportunità di una tabella unica nazionale. Del Resto, la difficoltà di contenere entro le norme di legge la variabilità biologica è ben conosciuta. E che lo stesso Legislatore, a volte, non risolva la questione, non è una novità (2).

(2) A parte il DM 119/00 e la legge 57/01, si vedano, per esempio, il DM 25/7/80 (Tabelle Indicative per le invalidità civili), D.Lgs 509/88 (Invalidi Civili), DM n° 43/92 (Nuove Tabelle per l’invalidità civile).

(5)

A pg 11 del DM 43/92 si legge testualmente: “La nuova tabella fa riferimento alla incidenza delle infermità invalidanti sulla capacità lavorativa… il danno funzionale permanente è riferito alla capacità lavorativa… che deve intendersi come capacità lavorativa generica con possibilità di variazioni… non superiori a cinque punti… nel caso vi sia anche incidenza sulle occupazioni confacenti alle attitudini del soggetto (cosiddetta semispecifica) e sulla capacità lavorativa specifica.”

Nelle “avvertenze” del DM 25/7/80, espressamente si dice: “In caso di concorso o di coesistenza in uno stesso soggetto di più minorazioni il danno biologico globale non sarà valutato addizionando i singoli valoripercentuali, bensì sarà considerato nella sua incidenza reale sulla complessiva validità del soggetto.”

Nell’art. 4 del D. Lgs 509/88 (che riprende integralmente l’avvertenza ora detta), la parola “biologico” non compare.

Infine, con più chiarezza, finalmente, nel DM 119/00 (secondo comma – sub b- dell’art. 13) si parla di “indennizzo delle conseguenze patrimoniali” dovute alle menomazioni biologiche tabellate.

Ma, tralasciando ciò che ancora suscita dispute dottrinarie e dubbi d’interpretazione, l’opportunità di ritornare, seppure con brevi parole, su quanto dovrebbe essere assodato in merito al danno biologico ed alla salute in generale, mi è cara.

Ricordo di avere scoperto il danno biologico oltre dieci anni fa.

Precisamente quando il compianto prof. Marino Bargagna, mi accolse, come altri allievi specializzandi prima ed altri dopo di me, all’interno del “gruppo pisano CNR di studio sul danno alla salute.” Per oltre un lustro, frequentandone le riunioni, ho assistito alla nascita ed al confronto di dubbi concettuali giuridici e medico-legali con la scuola romana, con quella genovese, ho meditato sull’elaborazione di teorie valutative, nate o sviluppate grazie alle idee ed all’impegno dei valenti Busnelli, Nannipieri, Badalassi, Domenici, Poletti, per ricordare alcuni tra i più attivi. Col passare del tempo ho fatto mie le concezioni dottrinarie che, scalzando le teorie patrimonialistiche d’inizio secolo, attraverso la filosofia geriniana, hanno sovvertito le basi medico-legali per la stima del danno alla persona. Anzi, ad un certo punto ho creduto proprio di avere capito bene di cosa si trattasse. Lo ricordo come se fosse ora. Fu quando il prof. Bargagna, parlando a noi, allievi della scuola di specializzazione, in merito al danno in responsabilità civile, ci fece capire chiaramente che la difficoltà di certe valutazioni consiste nel fatto che tutto il danno possibile ed immaginabile che si può creare con un incidente della strada si concretizza proprio nel momento stesso in cui esso avviene.

Il professore ci spiegò che le due componenti generali e principali del danno alla persona (biologica e giuridica), si realizzano nel momento preciso in cui (ad esempio) la gamba si frattura. In altre parole, lesione anatomica, invalidità temporanea, incapacità di correre, danno alla capacità lavorativa, danno estetico,

(6)

perdita del posto di lavoro, lesione del diritto alla salute ecc., forse non tutte si concretizzano al momento, ma, sicuramente, si prefigurano in quell’istante.

Comprese le sofferenze, immediate e future. Se potessimo attendere dieci o venti anni, potremmo, forse, risarcire completamente il danno in tutte le sue sfaccettature.

Ma non si può aspettare tutto quel tempo e, per alcune sue costituenti, si deve ricorrere ad astrazioni o fondate previsioni per procedere ad un risarcimento equo ed in tempi ragionevoli. Una volta il risarcimento del danno era basato esclusivamente sull’uomo inteso come produttore di reddito. Categorie quali il pensionato, la casalinga, il bambino, l‘invalido, spesso non ottenevano il giusto ristoro del danno subito. La necessità di trovare un parametro valutativo di base che potesse soddisfare tutti gli esseri umani in quanto tali, ha suscitato la nascita del concetto di “integrità psico-fisica” e di “validità psico-fisica”.

In seguito, la difficoltà di integrare un concetto medico (lesione biologica) con uno giuridico (diritto alla integrità psico-fisica e diritto alla salute), ha posto problemi giurisprudenziali non indifferenti, finché, l’identificazione del danno biologico come categoria risarcibile di base, sempre e comunque presente (il “terzium genus”), ha aperto le porte alla nuova concezione risarcitoria del danno da illecito civile (la cui onda ha raggiunto, per l’appunto, anche l’ambito assicurativo sociale).

Tant’è che oggi possiamo riconoscere nell’aspetto biologico puro del danno all’integrità psico-fisica l’aspetto statico dello stesso (danno evento, danno anatomico in sé e per sé considerato), mentre nella perdita di espressioni quotidiane del bene salute, l’aspetto dinamico (danno conseguenza, lesione del diritto alla salute intesa come insieme di manifestazioni del bene biologico salute, manifestazioni, cioè, inerenti tutte le attività umane).

Finalmente avevo chiaro che una cicatrice ossea o muscolare causata dal comportamento illecito altrui, ancorché non visibile, non limitante la funzionalità d’organo o la capacità di produrre reddito del leso, rappresenta danno risarcibile sempre e comunque, per il principio del “neminem laedere”, in quanto danno biologico puro. Se poi, tale lesione, e, più che altro, i suoi esiti, avessero assunto proporzioni tali da influire negativamente sull’omeostasi psico-fisica del leso e sulle sue manifestazioni esteriori (cioè sulla sua salute in senso lato, sulla sua buona vita, insomma, in modo tale da impedirgli di goderla e manifestarla come prima nei suoi più disparati aspetti), allora si sarebbe parlato anche di “danno alla salute”, perciò inteso sia come lesione del diritto alla salute (art. 32 Cost.), sia come disquilibrio psico-fisico tale da incidere negativamente sulla validità mostrata dal leso prima dell’evento patito.

Avevo imparato cos’è il danno biologico ed il danno alla salute e soprattutto che, sebbene possa ammettersi l’espressione “danno biologico o alla salute”, in realtà i due termini non sono sinonimi. Anche questo dovrebbe essere ben tenuto presente, prima che, per le mani di alcuno dei “parvenu” di cui sopra, il citato D.M. 119/00 prenda la strada degli uffici liquidazione danni delle Compagnie d’assicurazione o delle aule giudiziarie.

(7)

CONCLUSIONI

In definitiva, pur temendo che, per esigenze superiori, in un prossimo futuro si arriverà a legiferare sulla tariffazione e percentualizzazione predeterminata di ogni lesione o menomazione dell’integrità psico-fisica, riducendo la variabilità biologica ad un mero conto matematico, talché la valutazione del danno alla persona potrà essere fatta da chiunque, se a tutt’oggi e fino ad allora, in ambito RC può ancora ammettersi che i postumi descritti in una perizia siano “da intendersi come danno organico”, se appare faceto leggere in un’altra che la visitanda è “donna dal comportamento corretto ed educato”, se può ritenersi ridicolo vedere il danno biologico valutato “prescindendo dal danno aleatorio” e, francamente sgrammaticato vederlo paragonato “all’impossibilità di fruire di tutte le più ampie potenzialità estrinsecazionali”, credo si debba riflettere sul fatto che qualcuno, da oltre dieci anni, lo valuta ai “sensi delle vigenti leggi e disposizioni”.

Convinzione del tutto rispettabile, ma, mi auguro di tutto cuore, non premonitrice. Peraltro, devo dire che molti tra coloro che la pensano nei modi sopra descritti sono anche soliti aprire la loro opera con “Io sottoscritto… specialista in…

dirigente di… perfezionato in… master in… perito CTU… medico esperto in… per incarico dell’illustre avvocato Tizio… sono stato incaricato di visitare Caio… al fine di… nell’incidente che ebbe a subire…”.

Si perdoni l’emotività, ma credo che di fronte a tale ignoranza e tanta prosopopea, verrebbe voglia di trovarsi di fronte al collega per prenderlo sotto il gomito e, come era solito fare il grande Totò, indirizzargli il meritato suo “Ma mi faccia il piacere!”

Termino con la mia unica e vera preoccupazione: di non avere suscitato le ire dei veri teorici e padri del danno biologico, non tanto per avere osato chiedere cosa esso sia, ma per aver ardito nella risposta.

* * *

LETTURE CONSIGLIATE

-Bargagna M., Busnelli F.D. (a cura di, AA.VV), La valutazione del danno alla salute (CEDAM, 1988 - sec. ed.- e, 1995 -ter. ed-.)

-Giannini G., Il risarcimento del danno alla persona (Giuffrè, 1991).

-Alpa G., Il danno biologico (CEDAM, 1993 – sec. ed.-)

-Poletti D., Danni alla persona negli accidenti da lavoro e da automobile (Giappichelli Ed., 1996).

* * * * * *

Riferimenti

Documenti correlati

• la ripresa volontaria del lavoro,da parte dell'infortunato, seppure sussistano ancora conseguenze in evoluzione clinica. Alla luce delle vigenti norme in tema di sicurezza e

Avuto riguardo, per contro, di quanto precedentemente illustrato, non v'è chi non veda come la durata della malattia non può che essere uno dei vari parametri da prendere

Passando ora ai problemi collegati alla consulenza medico legale, abbiamo visto come assai spesso possa residuare un danno biologico permanente contraddistinto da

La letteratura esaminata permette di affermare che il danno cutaneo, indipendentemente dalla sua eziologia, non può avere una connotazione univoca né può essere facilmente

Questo giustifica il punteggio relativamente basso attribuito ad alcune zone esposte unicamente, o solitamente, nell’intimità (per esempio le regioni glutee, le

Quando la lesione e le conseguenze lo giustificano, il medico legale non dovrà esitare ad interpellare altri specialisti (pediatri, neurologi, psichiatri, ortopedici). Il

Il danno biologico rappresenta la compromissione Il danno biologico rappresenta la compromissione dell’intero modo di essere della persona, ossia del dell’intero

Credo si sia concordi nell'affermare che la sofferenza psichica è del tutto connessa alla perdita, che si colloca nel mondo interno della persona che la vive, modificando