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ROMAGNA: IDENTIFICAZIONE DELLA SUA STORICA DELIMITAZIONE

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Bologna, 7 giugno 2000

Al Presidente

del Consiglio Regionale Antonio La Forgia S E D E

PROGETTO DI LEGGE D’INIZIATIVA DEI CONSIGLIERI:

Rodolfo Ridolfi ...

...

“ROMAGNA: IDENTIFICAZIONE DELLA SUA STORICA DELIMITAZIONE”

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RELAZIONE

Nonostante i precedenti tentativi operati nella IV e nella V legislatura il progetto di legge “Delimitazione del territorio romagnolo nell’ambito di quello della Regione Emilia Romagna” non è mai arrivato in aula.

Soltanto il 27 maggio 1998 nella VI legislatura un analogo progetto di legge a quello che stiamo per presentare è stato respinto dal Consiglio Regionale.

Nel frattempo oltre seimila cittadini della Romagna hanno firmato, per riproporre lo stesso testo di legge che il Consiglio ha respinto pur sapendo che la loro iniziativa non avrà migliore fortuna anzi tempi più lunghi ed un esito negativo scontato.

E' noto a tutti che l'eterogeneità dei due territori, che compongono la nostra regione, e che emerge con tutta evidenza dalla sua denominazione binaria ("Emilia" e

"Romagna), ha indotto non pochi, soprattutto in ambito romagnolo, a chiedere che avvenga da noi ciò che, con la Legge Costituzionale 27 dicembre 1963, n. 3, è avvenuto per la regione Abruzzo e Molise, cioè la separazione dell'Emilia e della Romagna in due entità indipendenti. A tal fine esiste in Romagna un Movimento Autonomistico di largo consenso popolare, denominato MAR, che si batte per tale fine.

E lo fa entro le regole non solo della democrazia, ma della Costituzione: sia di quella vigente, che all'art. 132 prevede "la creazione di nuove regioni", anche se con criteri ancora rigidamente centralisti, sia di quella in fieri , dato che l'art. 63 del "Progetto di Legge Costituzionale", licenziato dalla Assemblea Bicamerale nel novembre scorso, riconosce nella sostanza la medesima e purtroppo ancora restrittiva possibilità. Si tratta di un diritto costituzionale, che nessuno è autorizzato a negare, neppure coloro che sinora hanno fatto tutto il possibile per impedirne la fruizione. La nascita di nuove regioni non va in alcun modo confusa con la secessione, dato che sia la vecchia regione, sia la nuova permangono interne all'unità nazionale.

Occorre però subito riconoscere che la formazione di una nuova regione, chiamata "Romagna", non è in alcun modo richiesta, neppure indirettamente, dal progetto che andiamo discutendo. Esso, infatti, non chiede alcuna separazione, chiede solo una definizione di confini interni, non esterni alla regione Emilia-Romagna. Ecco perché la legge non nomina neppure quei territori romagnoli, che sono ora aggregati a regioni diverse dall'Emilia-Romagna, come quei due decimi che appartengono alle Marche o quel decimo che fa parte della Toscana. Ciò è del tutto chiaro a chiunque legga il titolo della legge, nel quale si chiede una definizione di confini "entro l'ambito della regione Emilia-Romagna", e ciò significa che non si pone in discussione l'unità dei due territori. E' noto che il consociativismo di Palmiro Togliatti e Aldo Moro indusse il democristiano bolognese Angelo Salizzoni, con l'abile regia di Umberto Terracini, a inventare all'Assemblea Costituente, il 30 ottobre 1947, la mediazione del trattino per realizzare quel difficile matrimonio, che sarà celebrato definitivamente in occasione del Natale dello stesso anno: le nozze tra una regione che non c'era e una che c'era - e lo fece creandone una che unisce con un trattino l'Emilia e la Romagna (un trattino cui gli attuali nipotini consociativi sono ancora assai legati, tanto che poche settimane or sono hanno rifiutato, in Parlamento, di sostituire il trattino con la più logica congiunzione "e")., Ciò che noi chiediamo è solo la spiegazione di quel trattino Un trattino, ci spiegano i dizionari, è "una breve lineetta orizzontale, che tiene insieme uniti e distinti gli elementi di una parola composta". Ora, con la legge, che proponiamo, il trattino viene chiarito, non tolto; le due parti della parola non vengono separate, ma distinte e chiarite. Se ad esempio, affermiamo che il confine tra due province è un certo fiume, non escludiamo nessuna delle due province dalla regione, ci limitiamo a dire dove

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comincia una provincia e dove finisce l'altra dentro la regione. Ecco perché, questo progetto di legge, che non mette in causa alcuna separazione, può essere accettato anche da coloro che, con piena legittimità dal loro punto di vista, sono fermamente contrari a separare l'Emilia dalla Romagna. La legge, che proponiamo, infatti, non vuole separare, ma definire il presupposto della legge, che presentiamo, è la distinzione tra due entità territoriali dotate di caratteri diversi, antropologici, storici, linguistici, culturali, economici. L'Emilia è nata, come VIII regione dell'Italia, al posto della precedente

"Cispadana", quando Augusto organizzò il neonato Impero Romano - e fu facile e giusto chiamarla così, dato che da Piacenza a Rimini si stendeva, a partire dal l'anno 187 a. C., quel prodigio di via, che il console Marco Emilio Lepido aveva fatto costruire.

Tale regio Aemilia corrispondeva all'incirca ai confini della regione attuale, anche se occupava solo il 70 per cento dell'attuale territorio. Fu, quella di Augusto, decisione affrettata ed erronea, come capì un genio dell'amministrazione, l'imperatore Diocleziano, che separò, alla fine del III secolo, l'Emilia del nord-ovest da quella del sud-est (noi diremmo, oggi, l'Emilia dalla Romagna). Dunque l'Emilia è durata in senso largo tre secoli, in senso ristretto cinque. Con la fine dell'Impero Romano, infatti, il nome Emilia sparisce dall'uso. Soprattutto quando le rivalità tra bizantini e longobardi, a partire dal 528, stabilirono quella divisione, che durerà sino ai nostri giorni: a est l'esarcato, che fu prima sotto il dominio dei bizantini di Ravenna e poi della Chiesa cattolica di Bologna, quando Pipino e Carlo Magno fecero dono della Romagna al Papa. Già, della Romagna, dato che appunto in quel tempo nascono due toponimi, che sono realtà storica, mentre altre denominazioni, come Padania, sono semplice invenzione e mito. Con termine Langobardia si indicarono le terre sotto il dominio longobardo (e ne derivò la parola Lombardia); mentre la parola Romandiola , ossia piccola Roma, indicò le terre tenute prima dall'Impero Bizantino, poi dai Pontefici (e ne derivò il termine Romagna). Per tredici secoli, dunque, si parla di Romagna, non si parla di Emilia. Basti l'esempio della Divina Commedia di Dante: dove non c'è mai la parola Emilia, che allora non significava niente, mentre c'è cinque volte la parola Romagna e due canti del poema (il XXVII dell'Inferno e il XIV del Purgatorio) sono dedicati alla Romagna (per la verità in termini non proprio esaltanti, dato che i romagnoli vi sono chiamati "bastardi"). Ed è appunto in Purgatorio , XIV, 92 che Guido del Duca definisce i confini della Romagna con un verso famoso: "tra 'l Po e 'l monte e la marina e 'l Reno". La legge, che qui presentiamo, non accoglie questa definizione.

Dante si riferisce alla situazione di allora, quando i domini del Papa (o meglio, rivendicati dal Papa, dato che tutta la Romagna era divisa in piccole signorie) andavano dall'Adriatico sino all'attuale confine tra le province di Bologna e Modena, cioè sino al fiume Panaro. Ma noi, proponiamo di definire i confini della Romagna, non dello Stato Pontificio, E tali confini sono più ristretti. E' opinione concorde degli studiosi di geografia antropica ed economica che Bologna e il suo contado appartengono all'Emilia, non alla Romagna, come indicano differenze insormontabili linguistiche, economiche e culturali. Ecco perché abbiamo proposto come confine non già il Panaro o il Reno, ma quel fiume Sillaro oltre il quale soltanto comincia la Romagna.

Fu solo nel 1859, quando la Casa Savoia stava per occupare gli altri stati della penisola, che toccò ad un romagnolo di Russi, Luigi Carlo Farini, di rispolverare il toponimo Emilia , per indicare l'unione dei Ducati, di cui fu per breve tempo dittatore (ai quali si aggiunse la Romagna, ch'egli tenne sempre distinta dall'Emilia). Ma già il bolognese Marco Minghetti, pochi anni dopo, nel suo progetto regionalista purtroppo rifiutato dal parlamento, prevedeva la regione "Romagna", mentre considerava il territorio dei ducati naturalmente volto verso la Lombardia. Similmente, il più grande

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apostolo del federalismo italiano, Carlo Cattaneo, che pur aveva avuto il suo più grande maestro in un ducale di Salsomaggiore, Giandomenico Romagnosi, mentre esclude l'identità dell'Emilia, più volte si sofferma sulla realtà della Romagna. L’Emilia, nata prima della Romagna, è stata in sonno per 1.300 anni; è stata risvegliata nel secolo scorso, è divenuta nel nostro una realtà significativa e imponente per laboriosità, ricchezza e senso civico. La Romagna, nata tredici secoli or sono, continua a vivere come entità antropologicamente definita e fa parte della stessa regione con l'Emilia, alla quale è unita con un trattino che vuole essere l'espressione di una pari dignità , non certo l'indicazione di una appendice subalterna. La legge, che presentiamo, intende appunto convalidare questa interpretazione, due territori vivono ora lo stesso destino e con ogni probabilità lo vivranno ancora a lungo; riconoscere una differenza, testimoniata anche da un confine intraregionale, lungi dal portare acqua alla secessione, offre semmai una prova di amicizia e di collaborazione.

Le considerazioni sopra succintamente svolte dimostrano che la proposta che presentiamo alla considerazione ed approvazione del Consiglio regionale è del tutto fondata. La sua traduzione in legge è assai importante per molti aspetti concreti ed attuali.

La Romagna dal punto di vista storico non è una novità, basterebbe ricordare le carte del 1597 “Romagna Olim Flaminia” del Magini, quella del 1626 stampata ad Amsterdam che indica nonostante tre diversi domini la Romagna “La Regione della Romagna del 1694” con il suo nome storico e quella del 1851 pubblicata dall’Imperial Regio Istituto Geografico Militare di Vienna che è la prima moderna carta topografica della Regione.

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Art. 1

Romagna: identificazione della sua storica delimitazione

Il territorio romagnolo nell’ambito della Regione Emilia Romagna è delimitato a nord dal fiume Sillaro, dalla sorgente alla confluenza nel fiume Reno e da questo fino alla foce. A sud, est, ovest, è delimitato dagli attuali confini regionali.

Art. 2

Le Amministrazioni Provinciali ed i Comuni che fanno parte dell’area identificata nell’art. 1 possono delimitare il loro territorio con cartelli che contengano la denominazione Romagna.

Art. 3

Tutti gli Enti Pubblici o privati, le iniziative culturali, economiche e sociali promosse o realizzate nel territorio delimitato dall’art. 1 possono utilizzare la denominazione “Romagna” e “l’aggettivo romagnolo”.

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