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LA PROROGA DEL DIVIETO DI CONFERIMENTO IN DISCARICA DEI RIFIUTI AVENTI POTERE CALORIFICO 13 MILA Kj/kg>: UN TABU' O IL SOLITO TEATRINO?

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LA PROROGA DEL DIVIETO DI CONFERIMENTO IN DISCARICA DEI RIFIUTI AVENTI POTERE CALORIFICO 13 MILA Kj/kg>: UN

TABU' O IL SOLITO TEATRINO?

LA PROROGA DEL DIVIETO DI CONFERIMENTO IN DISCARICA DEI RIFIUTI AVENTI POTERE CALORIFICO 13 MILA Kj/kg>: UN TABU' O IL SOLITO TEATRINO?

Pedantemente, ma inevitabilmente, esordiamo richiamando il decreto legge 14 gennaio 2013, n. 1 recante

"Disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti e di taluni fenomeni di inquinamento ambientale" (in Gazzetta Ufficiale stessa data, con efficacia dal giorno successivo) con l'art. 1, comma 2 è stata disposta la proroga, al 31 dicembre 2013, del termine di cui all'art.6, comma 1, lett "p" del D.Ls. 13 gennaio 2003, n.36 (prorogato da ultimo dall'art.13, comma 6 del decreto legge 29 dicembre 2011, n.216, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 febbraio 2012, n. 14), ovvero del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti con potere calorifico inferiore (PCI) che supera 13mila Kj/Kg.

Nel comunicato del Consiglio dei Ministri n.64 dell'11 gennaio 2013 (leggibile nel sito Governo.it) nella parte titolata "Criticità nella gestione dei rifiuti e fenomeni di inquinamento ambientale" apprendiamo che:

"Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge per superare situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti esistenti in varie zone del territorio del Paese. Le criticità sono la conseguenza, tra le altre cose, di un sistema di organizzazione,gestione e smaltimento con vincoli stringenti, spesso maggiori rispetto a quelli comunitari. Il provvedimento tende a intervenire sui vincoli maggiormente restrittivi,temperandone temporaneamente gli effetti, restando entro le soglie del diritto UE, in modo tale da impedire che, unitamente alla scadenza di alcuni termini previsti dalla legge in materia di gestione dei rifiuti, si possano aggravare ulteriormente le criticità.

In particolare il provvedimento interviene su:

1. Gestione dei rifiuti urbani nella Regione Campania. Nella Regione è in vigore dal 2010 un regime temporaneo per cui spettano alle Province le funzioni di gestione per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti urbani. Ai Comuni invece spettano le funzioni di raccolta, spezzamento e trasporto, oltre a quelle di smaltimento o recupero dei rifiuti della raccolta differenziata. Per evitare che il passaggio dal regime speciale delle competenze a quello ordinario (previsto a partire dal 1 gennaio 2013) aggravi le criticità esistenti o ne crei di nuove si introduce una norma transitoria che estende fino al 30 giugno 2013 il regime speciale.

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2. Divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti con potere calorifico inferiore (PCI) che supera 13mila Kj/Kg dal 1 gennaio 2013. Il divieto è stato differito di un anno per consentire, nel pieno rispetto delle meno severe norme europee, la gestione in discarica anche di questa particolare e diffusissima tipologia di rifiuti.".

Non vogliamo qui soffermarci sulla scelta di prorogare di 6 mesi il regime speciale vigente per gli enti locali campani, dove (grosso modo) i comuni seguono la gestione dei rifiuti intesa come raccolta, trasporto, trattamento (non smaltimento) e le provincie sono competenti per le altre attività, in particolare per la tariffa e, appunto, per lo smaltimento (in proposito si rinvia alle nostre precedenti disamine, leggibili in Gazzetta enti locali on line o nel sito www.pierobon.eu), anche se le questioni qui accennate (enti, competenze, trattamento, divieto conferire in discarica, apertura per tritovagliatura come forma di trattamento che cambia qualifica al rifiuto consentendogli di essere spedito altrove per il definitivo trattamento, e così via) sembrano problematicamente intrecciarsi l'un l'altra, almeno in talune realtà (sintomaticamente per la città di Napoli).

Dunque ritorniamo ad affrontare, in una prospettiva pratica e di insieme, l'ulteriore proroga del divieto di conferire i rifiuti aventi un potere calorifico superiore ai 13 mila Kj/kg (ovvero, semplificando col rischio di essere fraintesi per sciatteria, i rifiuti "tal quali") in discarica.

Tornando ad essere pedanti, si ricorda che nel nostro Paese l'attuazione della direttiva 1999/31/CE (ma si veda anche la decisione 2003/33/CE che istruisce i criteri per il conferimento in discarica ritardatamente applicati con il DM 3 agosto 2005, sostituito dal DM 27 settembre 2010) è avvenuta solamente nel 2003, stabilendo transitorietà che avevano ben poco di strategico.

Piuttosto queste "transitorietà" venivano avvertite dagli operatori, cosiccome avviene spesso anche in altre materie o discipline, quali una sorta di spostamento in avanti dei problemi e/o delle situazioni difficilmente affrontabili e risolvibili nel nostro bel Paese... pur enfaticamente affermando che gli obblighi e le misure erano state prese, di fatto con norme derogatorie (temporalmente e/o per specificità) questi obblighi si impallidivano, venivano depotenziati, se non inceppati.... anche questa proroga conferma siffatta tendenza, oltre la difficoltà di adeguare al suddetto obbligo le nostre discariche (soprattutto in talune regioni), e, ancora,più veracemente, questa proroga testimonia la ancor più grave difficoltà (che fa riflettere anche dal punto di vista culturale e del lato oscuro degli italiani) per la quale, nonostante la normativa sopraggiungente (a livello nazionale e comunitario) i nostri rifiuti vocati al recupero energetico (se non altri ancora) continuano ad essere avviati allo interramento (smaltimento in discarica)...

Va detto, per amor di verità, che quest'obbligo (si ripete enfatizzato, da anni, sulla carta) è stato assai disinvoltamente aggirato ricorrendo (ancora una volta) alle "etichette" formali, ovvero a noti espedienti, tra i quali citasi la semplice attività di tritovagliatura del rifiuto che veniva passata come trattamento e cambio di classificazione dello stesso, in modo tale da consentire al medesimo rifiuto di fuoriuscire - laddove prodotto nell'ambito pubblico - dalla qualificazione di rifiuto urbano, onde considerarlo rifiuto speciale, evitando così il suo imprigionamento entro la - altrettanto enfatica - autosufficienza bacinale.

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Si veda, per esempio, la diatriba accesasi in talune realtà (sintomatica quella della città di Napoli che aspetta ancora un chiarimento giurisprudenziale da parte del consiglio di stato, che è stato interessato della questione, il quale attende un parere dal Ministero dell'Ambiente sul fatto che il passaggio in impianti di tritovagliatura comporti - o meno - l'attribuzione del CER 191212 e la qualifica di rifiuto speciale proprio per evitare le prigioni dell'insufficienza bacinale ovvero per espatriare) per il conferimento dei propri rifiuti da trattarsi fuori regione (se non, appunto come nell'esempio, all'estero) affrancandosi dai vincoli normativi di cui al preventivo accordo tra le regioni interessate o, appunto, togliendo l'impaccio qualificatorio ostacolante il suddetto obiettivo e così considerando i rifiuti tritovagliati quali rifiuti speciali e non più urbani...

Il punto sostanziale (e oseremo dire, anche valoriale) è che a gennaio 2013, dopo 10 anni dall'avvento dell'obbligo dianzi più volte ricordato, il nostro Governo si trova (vuole? È necessitato? Che altro?) a prorogare nuovamente l'entrata in vigore del divieto di conferire siffatti rifiuti in discarica, tanto che, a questo punto, molti stanno seriamente dubitando che questo divieto possa in futuro entrare in vigore per le seguenti, pratiche, considerazioni:

mancano nel nostro Paese sufficienti impianti di produzione dell'allora famoso CDR, ora CSS;

mancano altresì nel nostro Paese gli "inceneritori" (ci limitiamo, per ora, a "registrare" questo dato senza esprimerci sulla validità, o meno, della scelta inceneritoristica e quindi evitando di cadere da una parte o dall'altra in schieramenti, se non ideologie vere e proprie);

anche ove si addivenisse alla realizzazione degli impianti di cui ai punti precedenti, forse ogni ambito ottimale di gestione integrata dei rifiuti dovrà essere dotato di un inceneritore o di impianti di produzione di energia (sia esso privato o pubblico, sia esso esistente o da realizzare,etc.);

viceversa, nel nostro Paese esistono ancora molte discariche da riempire (da saturare come volume, anche come volume atteso o potenzialmente espandibile con le solite casistiche del capping, del rewampaggio, del bioreattore, e così via). Questi impianti soggiacciono, com'è noto, ad un piano economico-finanziario (p.e.f.) che è "blindato" (se non imposto) dall'autorizzazione rilasciata dalla competente autorità. In altri termini dal pef discende una tariffa di conferimento che il gestore deve applicare. Se questi impianti dovessero, per effetto del divieto di conferire i rifiuti con PCI superiore a 13mila kj/kg, subire una ulteriore riduzione dei rifiuti ivi trattati, le ricadute economico-finanziare e occupazionali in capo al gestore sarebbero evidenti e con molta probabilità gravi (del resto già la caduta della produzione di rifiuti, per effetto della crisi economica, ha mietuto vittime in molti impianti, provocando queste problematiche).

Ancora, dovremmo forse considerare come "idioti" gli imprenditori che hanno avuto il fegato di realizzare idonei ed efficaci (non diciamo efficienti), impianti di rifiuti urbani, dotati di attrezzature milionarie e impegnative (anche nei costi di esercizio oltre che di investimento), per produrre

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si continua a "mascherare" la situazione che imporrebbe la proroga di cui trattasi, con lo schermo delle continue emergenze e/o col rischio che vengano poi abbandonati i rifiuti. La verità è che gli interessi di pochi (lobbies, gestori e sapientoni in collusione con molti soggetti pubblici, ma non solo) e l'incapacità del nostro sistema di dotarsi di impianti idonei ed efficaci a tal fine, non è più accettabile, ciò sotto vari profili ambientali ed economici, ma anche considerata la competitività dei nostri operatori entro l'UE (non diciamo poi fuori UE...);

Anche le discariche private seguono analoghe logiche (teniamo presente che la gestione dei rifiuti - privata o pubblica che sia - è di interesse pubblico). Ove non fosse intervenuta la proroga, i gestori avrebbero messo mano al riequilibrio dei costi/ricavi, ciò parallelamente alle stime previsionali (quantitative) dei rifiuti gestiti....

E così la pubblica amministrazione che ricorrentemente dispone (direttamente o tramite proprie braccia operative nella modellistica per fortuna sempre meno fantasiosa grazie alla spending review) di una propria discarica, per evitare che si crei un "buco" nel proprio bilancio (anche ipotizzando il solito trucchetto di allungare - con motivazioni tecniche prima che economiche - la vita residua della discarica e così spostando in avanti certuni oneri, oppure ricorrendo alle pieghe e alle compensazioni del bilancio consolidato di gruppo, dove maggiori ricavi di altra fonte di provenienza - di altri servizi -possono , appunto, coprire questi minori ricavi e/o questi maggiori costi futuri) quasi sicuramente dovrà fronteggiare queste minori entrate ricorrendo alla copertura tariffaria (tramite l'aumento della stessa o altre alchimie), con conseguenze facilmente immaginabili per la comunità degli utenti e per la cittadinanza.

Il soggetto privato, invece, cerca di "orientare" i propri clienti (nell'ambito commerciale...) nel conferire i propri rifiuti al di sotto del limite dei 13mila kj/kg o inventandosi altre formule .... con scelte e strategie più dinamiche e più accorte (anche se talvolta opinabili sotto profili truffaldini) del pubblico (il quale comunque resta impunito per incapacità o per i suoi occultamenti di strategie e scelte imprenditorialmente criticabili).

Peraltro, ove si imponga il divieto di conferimento in discarica di rifiuti con PCI 13mila kj/kg, pare più economico scegliere di esportare i rifiuti verso Paesi UE che dispongono di impianti di produzione di energia e/o di inceneritori, i quali Paesi cercano (come ben sanno gli operatori e i commercianti e gli intermediari dei rifiuti) disperatamente di alimentare gli impianti con i rifiuti esteri (complice anche il crollo quantitativo conseguente alla grave e perdurante crisi economica - non solo di produzione ma pure finanziaria - in atto) per ottimizzare (se non far semplicemente funzionare) i loro impianti (con tariffe competitivissime rispetto alle discariche e agli impianti italiani: basti andarsi a guardare il quantum delle tariffe praticate dai Paesi del Nord Europa per sincerarsene, le quali tariffe assieme ai costi amministrativi e della spedizione,comunque sono nel complesso convenienti, perlomeno se gli intermediari (e loro "agevolatori", talvolta mascherati dietro enti pubblici o di interesse pubblico) evitassero di essere scandalosamente voraci (qualcuno direbbe, più esattamente e sinceramente: "ladri") con trucchi contrattuali, minacce, consorterie o intese occulte tra vari soggetti...

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Gli operatori tutti sanno che con il meccanismo dell'ecotassa si può veramente evitare il conferimento in discarica di siffatti rifiuti (volendo: anche differenziando l'ecotassa a seconda della tipologia dei rifiuti:

differenziati e non), infatti, come insegna l'esperienza di tanti anni nel campo ambientale, sembra più efficace e meritevole (anche sotto l'aspetto valoriale) qui soffermarsi sui meccanismi economici piuttosto che su quelli di command and control, tanto criticati (a parole) da giuristi che poi gonfiano le loro parcelle proprio costruendo castelli di sabbia sui formalismi.

Ancora, non va sottaciuto come il limite italiano dei 13mila kj/kg sia obiettivamente alto, basti pensare alla Germania, che ha adottato questa misura restrittiva da molti anni, ma con un limite, rispetto al nostro, più che dimezzato, ovvero di 6 mila kj/kg .

Il valore di 13 mila kj/kg è ancora da considerarsi elevato in considerazione del fatto che, di norma, un impianto che incenerisce rifiuti con CV > 11 mila kj/kg è considerato rientrare nella attività di recupero "R1"...

a che gioco stiamo giocando?

Va detto che le aziende interessate (produttrici di rifiuti ricadenti nella previsione di cui trattasi) erano preoccupate della mancata proroga, in effetti molti di questi operatori erano ricorsi allo stoccaggio dei loro rifiuti in attesa della (da loro tanto auspicata) proroga, che (guarda caso) immancabilmente (come in tutti questi ultimi due lustri) è arrivata....

Il nodo centrale, come abbiamo notato, rimane quello del conferimento agli impianti finali del rifiuto non trattato.

E' qui, che, da parte dei gestori, gli espedienti non mancano, per esempio con l'utilizzo (se non come semplice ...dotazione senza utilizzo!) di trituratori, spacciando l'attività come trattamento...si fanno contente le autorità e i controllori, ma sulla carta, beffando tutti.... questo è il nostro sistema di fare e di rappresentare la realtà gestionale degli impianti di rifiuti... pochi vanno oltre le carte,spesso le "scoperte" di reati o malagestione avvengono per caso o per delazione.... salvo i pochi controllori che ancora credono che il lavoro vada la pena di essere portato a termine, indipendentemente da pressioni politiche o dirigenziali che siano...

Ma, ecco quello che condivisibilmente scrive la commissione europea (nel comunicato stampa dello scorso maggio), rispetto all'infrazione della Regione Lazio sul conferimento del rifiuto "tal quale":

"Tuttavia, secondo la Commissione, il fatto di sminuzzare o frantumare rifiuti indifferenziati prima di interrarli non è sufficiente in quanto occorre un trattamento meccanico-biologico dei rifiuti per stabilizzarne il contenuto organico, processo atto a ridurre il possibile inquinamento.

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La Commissione si preoccupa del fatto che non tutti i rifiuti che vengono interrati nelle discariche abbiano subito il prescritto trattamento meccanico-biologico."

La questione è fondamentale, e qui qualcuno dovrebbe veramente svegliarsi dal "sonno dogmatico" in cui riposa (anche la magistratura non è indenne da questa critica, perchè sembra inattiva per non voler provocare problemi, quasi riparandosi dietro il falso timore di trovarsi di fronte ad un aumento di rifiuti abbandonati, conseguenti - appunto - al divieto di conferimento in discarica).

Su quanto toccato dalla commissione, il Governo sembra aver coperto la situazione della discarica di Malagrotta, grazie ad una ordinanza commissariale. Ma la succitata infrazione della commissione , riguarda anche le "altre discariche del Lazio", che però non hanno nessuna "copertura" normativa...vogliamo parlarne?

Passando ai rifiuti assimilabili (non assimilati) agli urbani che vengono sottoposti a selezione ed il cui sovvallo è ancora costituito da materiali organici quali carta, plastica, legno, etc. sicuramente essi ricadono nel limite (ovvero lo superano) dei 13 mila kj/kg. Questi rifiuti non vengono (tramite l'attività di tritovagliatura) stabilizzati.

Ed ecco confermato che il trituratore spesso è, come dire.... uno specchietto per le allodole! Nel caso dei rifiuti urbani indifferenziati è infatti il trattamento a valle della triturazione (biologico), che fa diminuire la loro componente organica. Nel caso dei rifiuti assimilabili ciò sembra non valere... vogliamo parlarne?

Insomma, andando sempre al cuore della tematica, invece di risolvere il problema, cioè diminuire il conferimento dei rifiuti in discarica, si cercano soluzioni come dire... "impraticabili" e sempre di forma.

Sembra quasi che nel nostro Paese queste previsioni legislative nel porre limite di PCI, di composizione chimica, nello stabilire (invero difficilmente) se il rifiuto sia trattato o no siano inutili: come dire che tanto esistono e si praticano attività e forme elusive o aggiramenti...

La soluzione di agire sul meccanismo dell'ecotassa non è peregrina, anzi, potrebbe brutalmente compendiarsi nell'aut aut:

"vuoi continuare a smaltire i tuoi rifiuti in discarica? allora paghi un'ecotassa di € 100,00/ton."

Se si applicasse questa scelta (dell' ecotassa) in poco tempo la situazione cambierebbe...

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Ma non si tratta solo di ecotassa, di pubbliche amministrazioni e di strutture private che devono far tornare i propri conti (e gli investimenti) nella gestione ( e/o per la realizzazione) di una discarica ...

Si provi, infatti, a soffermarsi sulle ipotesi dei "giri bolla" che avvengono nei pre-stoccaggi i quali, a fronte di un (come detto, ipotizzato o meno) "finto" trattamento del rifiuto, prima del suo conferimento in discarica ( posto che il trattamento, generalmente, consiste - come detto - solo nel triturare e nel mescolare i rifiuti di produttori diversi (magari anche miscelando rifiuti non pericolosi con rifiuti pericolosi ... ) praticano tariffe incongrue, se non assurde, per lo smaltimento dei rifiuti.... vogliamo parlarne?

Senza contare poi che, se si volesse in Italia implementare una rete di inceneritori tale da soddisfare il fabbisogno nazionale (il che, come sappiamo, e per motivi sui quali non vogliamo soffermarci è progetto di pura fantasia), probabilmente non non si avrebbe bisogno di acquistare energia all'estero ...

Viene allora il dubbio sul fatto che ci siano intese "istituzionali"con la Germania per conferire i nostri rifiuti nei loro impianti di produzione di energia o negli inceneritori, beneficiandoli di ricavi da conferimento rifiuti secondo loro tariffa (che consente ottimizzazione o funzionamento impianti), per poi acquistando dal sistema tedesco anche l'energia ... fantasia? Ipotesi deliranti? Probabilmente si, ma questo è lo scenario paradossale in cui ci agitiamo col nostro Paese ormai considerato una periferia dell'unione europea e da vampirizzarsi dai Paesi "forti"...

Ed allora, la tanto enfatizzata (sia detto, anche per motivi strumentali e per interessi di parte, ancorchè reclamizzata soprattutto dai soggetti pubblici che hanno interessi diversi rispetto all'effettivo riciclaggio dei rifiuti) raccolta differenziata dei rifiuti non si comprende bene alla fine (di tutto il processo e di tutti i conti economici e ambientali) in questo ampio contesto dove stia portandoci (si badi: per come effettivamente attuata e congeniata) ...

si rischia il tracollo non solo economico, ma anche ambientale, nello smaltimento dei rifiuti spesso per questioni di solo principio, ricusando pregiudizialmente semplici ragionamenti equilibrati e moderati: in taluni casi è conveniente (si ripete: anche dal punto di vista ambientale) avviare al recupero energetico i rifiuti che hanno un "ragionevole" potere calorifico ...

Ma l'argomento sembra essere un tabù per molti, salvo poi avviare rifiuti da raccolta differenziata (e non stiamo parlando di scarti o residui) ad impianti di incenerimento o di produzione di energia per motivi che (sempre per ipocrisia e/o per interesse lobbistico) non si vogliono valutare da trattare nel nostro Paese in modo obiettivo e trasparente...

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