• Non ci sono risultati.

In presenza di gravi infezioni batteriche, invece, le concentrazioni plasmatiche della PCT aumentano senza che la concentrazione plasmatica della calcitonina vari in modo significativo (Snider et al., 1997)

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "In presenza di gravi infezioni batteriche, invece, le concentrazioni plasmatiche della PCT aumentano senza che la concentrazione plasmatica della calcitonina vari in modo significativo (Snider et al., 1997)"

Copied!
26
0
0

Testo completo

(1)

INTRODUZIONE

1.1LA PROCALCITONINA

Ad oggi sono disponibili vari test chimico-clinici atti ad evidenziare vari parametri per la diagnosi delle patologie infiammatorie e per la determinazione dell’effettiva risposta immunitaria, ma solo pochi sono in grado di differenziare le infezioni batteriche acute da altri tipi di infiammazione. Attualmente i parametri usati come indicatori delle reazioni infiammatorie sono aspecifici, quali la temperatura corporea, il conteggio dei globuli bianchi, la velocità di eritrosedimentazione o la proteina C reattiva (CRP).

La procalcitonina (PCT), identificata da Moya e collaboratori (Moya et al., 1975), è invece un valido parametro diagnostico in quanto essa viene prodotta in modo selettivo, quando si è in presenza di infezioni batteriche, di sepsi e di sindrome multiorgan dysfuncion (MODS), mentre non è apprezzabile o lo è in modo poco significativo in seguito a infezioni virali, patologie autoimmuni, neoplasie o interventi operatori. Questi ultimi, a parte quelli particolarmente invasivi ed estesi, non sono un elemento sufficiente per la produzione di PCT, per cui questa diventa un utile marker per le infezioni post operatorie.

In condizioni sperimentali, lo stimolo principale per il rilascio di PCT è l’esposizione ad endotossine batteriche (lipopolisaccaridi, LPS) (Dandona et al., 1994) e in vivo il periodo di emivita è di circa 25-30 ore. La PCT, precursore, nell’individuo sano e normale, dell’ormone calcitonina, ha un’elevata stabilità nel plasma e nel siero, dato che non si trasforma in ormone attivo, calcitonina, e questo ne consente l’impiego come parametro diagnostico utilizzabile nella routine giornaliera.

Normalmente la calcitonina con attività ormonale è prodotta e secreta dalle cellule C della tiroide dopo specifica proteolisi intracellulare del pro-ormone, la

(2)

cui concentrazione plasmatica risulta essere molto bassa, al di sotto dei limiti di determinazione del test impiegato per il dosaggio della PCT. In presenza di gravi infezioni batteriche, invece, le concentrazioni plasmatiche della PCT aumentano senza che la concentrazione plasmatica della calcitonina vari in modo significativo (Snider et al., 1997).

Questo fa supporre che la PCT che si riscontra nel siero in concomitanza con infezioni batteriche in atto, probabilmente non sia prodotta dalle cellule C della tiroide. Attualmente si è propensi a credere che la maggior parte della PCT prodotta abbia origine da cellule neuroendocrine del polmone o dell’intestino, anche se Morgenthaler e collaboratori hanno osservato che in seguito a trattamento con LPS nei babbuini, la PCT aumentava nel fegato, nei reni, nell'aorta, nel tessuto adiposo, nelle ovaie, nella vescica e nelle ghiandole surrenali (Morgenthaler et al., 2003).

Alcuni Autori hanno supposto che la secrezione di procalcitonina negli eventi infiammatori sia da attribuirsi ad una selezione alterata nell’apparato di Golgi causato da una citochina infiammatoria come, per esempio, TNF (Meisner, 1997). In concomitanza di infezioni batteriche e di sepsi, sono stati trovati nel plasma altri prodotti provenienti dalla rottura del peptide precursore della calcitonina. La PCT, comunque, rappresenta il principale prodotto generato da questo peptide (Becker et al., 1993; O’Neill et al., 1992; Nylen et al., 1995;

Becker, 1995).

Pertanto la procalcitonina, la cui concentrazione plasmatica in caso di gravi infezioni e di sepsi varia da 1 a 1000 ng/ml, può essere usata per effettuare diagnosi differenziali di infezioni batteriche rispetto alle infezioni di origine non batterica e come parametro per il monitoraggio di ammalati a rischio. Può inoltre essere usata nel follow up di pazienti affetti da sepsi: la quantità di PCT rilasciata e quindi l’aumento della concentrazione plasmatica sono correlate all’estensione della reazione infiammatoria.

(3)

E’ importante sottolineare che le infezioni virali non causano produzione di procalcitonina, nemmeno nelle forme più gravi, se non, talvolta, di modesta entità. Questo particolare è di estrema importanza nei bambini affetti da meningite, dove si osserva una differenza significativa dei valori di PCT a secondo che l’eziologia sia batterica o virale (Gendrel et al., 1997), rendendo la PCT un marker sensibile e precoce della meningite batterica. Nemmeno nei pazienti affetti da CMV o da HIV sono stati visti aumenti delle concentrazioni di PCT (Gerard et al., 1997; Choussat et al., 2000). In caso di sovrainfezioni batteriche in questi pazienti la PCT sembra elevarsi solo in presenza di batteri Gram negativi (Gerard et al., 1997) anche se sono stati trovati alti livelli di PCT anche in pazienti HIV positivi con polmonite streptococcica (Schleicher et al., 2005).

Queste caratteristiche assumono rilevante importanza in tutti quei casi in cui la rapida diagnosi e la differenziazione tra eziologia batterica e virale consentano un immediato e corretto intervento terapeutico, cosa fondamentale nel caso di pazienti con sistema immunitario immaturo, senescente o compromesso.

1.2SINTESI DELLA PROCALCITONINA

La procalcitonina è costituita da 116 aminoacidi, con un peso molecolare approssimativamente di 13 kDalton. La sequenza comprende la sequenza della calcitonina dalla posizione 60 alla 91 (32 aminoacidi) (Le Moullec et al., 1984).

La sintesi della PCT e della calcitonina inizia con la traduzione di una proteina precursore di 141 aminoacidi (preprocalcitonina) dopo trascrizione del gene CALC-I. La PCT (116 aminoacidi) e, negli individui sani, la calcitonina (32 aminoacidi) sono liberate da questa proteina attraverso proteolisi specifica.

(4)

1.2.1 Regolazione genica

Esiste un insieme di geni detto “famiglia genetica della procalcitonina”

anche se non tutti e quattro i geni che ne fanno parte producono l’ormone peptidico calcitonina. Tra questi, solo il gene “CALC-I” è responsabile della produzione di calcitonina e del suo precursore procalcitonina e può essere che questo sia il gene responsabile della produzione di procalcitonina indotta dallo stato infiammatorio.

Grazie al processo di splicing alternativo il trascritto primario di CALC I può combinarsi diversamente a dare tre diversi mRNA, di cui 2 (CT1 e CT2), che si differenziano solo nella sequenza del peptide carbossiterminale, codificano per la preprocalcitonina, ed il terzo codifica per il Calcitonin Gene Related Peptide (CGRP). Mentre l’mRNA codificante la calcitonina è il principale prodotto della trascrizione di CALC-I nelle cellule C della tiroide, l’mRNA CGRP-I (CGRP = Calcitonin Gene Related Peptide) è prodotto nel tessuto nervoso del sistema nervoso centrale e periferico (Kelley et al., 1994). Quest’ultimo è un peptide vasoattivo con proprietà vasodilatatrici; non ha influenza sul metabolismo del calcio e dei fosfati ed è sintetizzato in maniera prevalente nelle cellule nervose correlate alle cellule della muscolatura liscia dei vasi sanguigni (Brain et al., 1986; Rosenfeld et al., 1983).

Gli altri geni della famiglia in esame non concorrono a formare calcitonina: CALC II sintetizza CGRP II che differisce da CGRP I per tre aminoacidi. CALC III sembra essere uno pseudogene che non codifica per nessuna proteina. CALC IV, infine, codifica per un’altra proteina, detta amilin- peptide che condivide il 46% di omologia di sequenza con CGRP.

E’ possibile che esista un altro gene appartenente alla famiglia genetica della calcitonina perchè la produzione di PCT indotta dallo stato infiammatorio sembra non trarre origine dalle cellule C della tiroide; la regolazione di questa proteina per quanto attiene la trascrizione è diversa da quella dell’ormone calcitonina, mentre è molto più simile a quella delle citochine proinfiammatorie

(5)

come, per esempio, il TNF o la IL-6. Meisner e collaboratori con esperimenti su babbuini ai quali era stato asportato il fegato hanno osservato che questo organo sembra essere coinvolto nel rilascio di PCT durante lo stato infiammatorio (Meisner et al., 2003).

Le somiglianze strutturali nell' organizzazione di questi geni suggeriscono che derivino tutti da un gene primordiale in seguito a progressive duplicazioni e mutazioni delle sequenze (Kelley et al., 1994).

1.2.2 Sintesi della PCT

La sintesi proteica della PCT (fig. 1) e, nelle cellule C della tiroide, della calcitonina, inizia con la traduzione di una proteina precursore di 141 aminoacidi, la preprocalcitonina, previa trascrizione del gene CALC-I.

Questa proteina si lega al reticolo endoplasmatico grazie alla sequenza segnale che ivi viene escissa da una endopeptidasi (EP) originando la procalcitonina (116 aminoacidi). All’interno di questa vi è la sequenza della calcitonina fiancheggiata da aminoacidi polibasici (Lys-Arg e Gly-Lys-Lys-Arg) che sono le sequenze segnale per la proteolisi specifica effettuata dall’enzima pro- ormone convertasi (PC) che così libera la calcitonina (32 aa), la sequenza N- terminale (57 aa) e la katacalcina (21 aa).

Dall’analisi della sequenza aminoacidica della PCT emerge che essa è molto ben conservata all’interno delle varie specie ed ha le caratteristiche di una proteina secretoria (Russwurm et al., 1999; Poschl et al., 1987), ma non esistono ancora dati cristallografici che permettano la delucidazione completa della struttura terziaria di questa molecola. In condizioni metaboliche normali l’ormone calcitonina è secreto nel circolo ematico ed è regolato da stimoli calcio dipendenti.

L’emivita della calcitonina nel plasma è di pochi minuti (Ardaillou et al. 1970), rispetto a quella della procalcitonina (25-30 ore).

(6)

Sperimentalmente la produzione di PCT nell’uomo può essere indotta da endotossine batteriche (Dandona et al., 1994): in seguito ad iniezione endovena in volontari sani di piccole quantità di endotossina batterica, un aumento di PCT può essere osservato nel plasma.

Fig. 1.2.2: Sintesi della PCT

1.2.3 Proprietà immunologiche della PCT

Non ci sono dati certi in letteratura sul ruolo PCT nella risposta immunitaria. Da studi su linfociti umani, è stato osservato che la PCT a concentrazioni solitamente trovata in pazienti settici, causa inibizione superiore all’80% dell’acido arachidonico indotto da prostaglandine E2 e tromboxano B2 (Meisner et al., 1996). Si suppone quindi che, anche in vivo, la PCT possa

(7)

modulare il metabolismo eicosanoide, probabilmente interagendo con il pathway della cicloossigenasi (Tavares and Miñano, 2008).

Inoltre, la specifica induzione della PCT nelle infiammazioni batteriche rafforza l’ipotesi che la PCT possa essere sintetizzata da un gene diverso e adeguato alla necessità. Comunque, attualmente non ci sono prove a sostegno di questa ipotesi.

1.3PROCALCITONINA COME INDICATORE DI INFEZIONI

Dopo 6-8 ore dall’inoculazione endovenosa di endotossina in volontari sani, è stato osservato che la concentrazione di PCT aumenta rapidamente fino ad arrivare ad un plateau all’incirca 12 ore dopo l’iniezione. Nei 2-3 giorni successivi i valori di PCT diminuiscono fino a tornare al valore normalmente osservato negli individui sani (Dandona et al., 1994). Se si somministra nuovamente endotossina, sempre per via endovenosa, i valori di PCT non continuano ad aumentare di molto ma raggiungono un plateau nell’arco di 24 ore per poi diminuire (Dandona et al., 1994).

Si suppone che questo abbassamento dei valori di PCT sia dovuto alla inibizione e soppressione della stimolazione del TNF-da parte dell’endotossina più volte somministrata.

Clinicamente, invece, durante il decorso di sepsi gravi, i valori di PCT restano aumentati e le concentrazioni plasmatiche hanno un andamento parallelo alla situazione clinica del paziente e alla entità della risposta immunitaria: si può rilevare una lenta diminuzione dei valori di PCT che però non rientrano nel range di normalità ma tornano ciclicamente ad aumentare lentamente indicando una prognosi sfavorevole con infiammazione ancora in corso. In caso di decesso per patologia infiammatoria grave, la PCT è sicuramente aumentata (Meisner, 1997).

(8)

La produzione di PCT non sembra essere stimolata, se non occasionalmente e comunque a basse concentrazioni, nelle infezioni virali, nelle patologie neoplastiche ed autoimmuni, come pure nelle infiammazioni croniche non batteriche e nelle reazioni allergiche.

Le concentrazioni di PCT in plasma e siero normale sono al di sotto di 0.1- 0.5 ng/ml. Tutti i valori al di sopra di 0.5 ng/ml sono da considerarsi patologici (Fig. 1.3.1).

Fig 1.3.1: Range di PCT nell’adulto

(9)

Le concentrazioni plasmatiche di PCT sono in stretta correlazione con la risposta sistemica della reazione infiammatoria e con l’estensione del tessuto infiammato coinvolto come pure con l’attività della risposta immunitaria anche se recentemente alcuni autori hanno sostenuto che la PCT stessa non ha alcuna correlazione con il tipo di microorganismi isolati e la sopravvivenza dei soggetti (Ozkaya-Parlakay et al., 2014).

Le infezioni batteriche limitate ad un singolo focolaio e non associate a sintomi di infiammazione sistemica o a reazioni settiche, non contribuiscono ad aumentare la PCT se non entro la soglia dei 5 ng/ml circa.

E’ altresì vero che talvolta possono essere rilevati incrementi aspecifici di PCT correlati a patologie non sostenute da batteri ma in questi casi raramente si supera il valore di 2 ng/ml.

Nonostante i neonati abbiano valori di PCT differenti dagli adulti, come riportato in figura 1.3.2, questo parametro è stato confermato essere indicatore precoce di sepsi soprattutto quando associata a IL6 (Bender et al., 2008). E’

interessante riportare che Dauber e collaboratori hanno verificato un lieve innalzarsi della PCT in seguito a vaccinazione contro agenti patogeni batterici, anche se questo innalzamento rimane comunque al di sotto della soglia critica che permette di discriminare tra l’esistenza di una reale infezione batterica o meno (Dauber et al., 2008).

(10)

Tab. 1.3.2: valori di PCT nel neonato

1.3.1 Relazione tra PCT e molecole infiammatorie

Dandona e coll. (1994) hanno osservato che l’incremento della PCT dopo stimolazione con iniezione endovena di endotossine batteriche si manifestava dopo l’aumento del TNF-e dell’IL-6. Il TNF-e la IL-6 arrivavano ai loro picchi di concentrazione rispettivamente dopo 90 e 180 minuti dalla iniezione di endotossina. I valori di PCT iniziavano ad aumentare tra le 3 e le 6 ore dopo la stimolazione dell’endotossina, manifestando la massima induzione dopo circa 6-8 ore. Il lungo tempo di emivita della PCT fa si che valori elevati si trovino ancora dopo 12-48 ore più come plateau che come picchi di concentrazione. Tra le 48 e le 72 ore i valori iniziano a diminuire. In queste condizioni i valori della CRP (proteina C reattiva) non risultano ancora aumentati dopo 6 ore dall’iniezione di endotossina (Meisner, 1997).

Inoltre, per quanto riguarda l’esperimento di induzione della produzione di PCT descritto nel paragrafo precedente, si può supporre che il non effetto della seconda somministrazione sull’incremento della PCT sia dovuto alla inibizione e

(11)

soppressione della stimolazione del TNF-da parte dell’endotossina più volte somministrata (Meisner, 1997).

Se ci si sofferma sul fatto che le endotossine batteriche giocano il ruolo più importante nel meccanismo di rilascio della PCT, si capisce facilmente come anche patologie non caratterizzate da evidente infiammazione batterica, ma con documentato rilascio di endotossine, siano caratterizzate dall’aumento della concentrazione plasmatica della PCT.

Anche la somministrazione di IL-2 può indurre produzione di PCT (Guidet et al., 1993), effetto non osservato con la somministrazione di IL3 se non previa induzione di IL6 (Meisner, 1997). Questi dati suggeriscono l’esistenza di una stretta correlazione tra la PCT e le citochine proinfiammatorie, principalmente IL2 e TNF-che insieme alle endotossine sono gli agenti che maggiormente inducono produzione di PCT. Anche per quanto riguarda la cinetica dei livelli di PCT, IL 6 e TNF-è stata osservata una correlazione.

Nell’infiammazione acuta, i valori di PCT aumentano poche ore dopo l’aumento dell’IL-6 e del TNF-. Al termine dell’infiammazione, la PCT inizia a decrescere dopo la diminuzione dell’IL-6 e comunque prima che inizino a diminuire i valori di CRP.

Caso a parte costituiscono gli interventi operatori dove le citochine, in particolare IL6, aumentano in modo aspecifico, mentre non esiste uno stimolo sufficiente per provocare la produzione di PCT.

Nelle infiammazioni subacute e croniche, le cinetiche della PCT, della CRP e delle citochine possono sembrare diverse rispetto ai dati trovati sperimentalmente: nelle infiammazioni subacute e croniche, la PCT, l’IL-6 e la CRP hanno spesso un decorso parallelo, anche se non è ancora conosciuto il meccanismo che regola l’abbassamento della PCT.

E’ importante sottolineare anche il lato pratico della misurazione della PCT nel siero: essa è veramente stabile nei liquidi organici, non necessita di una refrigerazione immediata dei campioni, come per le citochine, che quindi possono

(12)

essere prelevati e testati in maniera similare o insieme agli altri parametri ematici di routine di laboratorio. Inoltre ha un ampio range dinamico negli stati gravi di sepsi e i valori elevati si riportano rapidamente nel range di normalità dopo eliminazione del focus infettivo.

Senza rivolgere l’attenzione alle citochine, anche un parametro misurato routinariamente nel laboratorio quale la CRP, il classico marker dell’infiammazione, molto sensibile, che aumenta anche nelle sepsi meno gravi o in pazienti ricoverati in unità di terapia intensiva con traumi multipli ma senza i sintomi di infezioni batteriche (Meisner, caleidoscopio), perde di specificità non risultando un marker ottimale per la valutazione degli stati infiammatori.

Dal confronto della letteratura in materia, quindi, la procalcitonina risulta essere un parametro appropriato per il follow up dell’infiammazione settica e per la valutazione della prognosi e dell’efficacia dello schema terapeutico di ammalati critici.

1.4PROCALCITONINA E CASI CLINICI

1.4.1 La PCT nelle sepsi, SIRS E MODS

Nella sepsi, nella sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS) e nella multiorgan dysfuncion (MODS), l’induzione di PCT, che avviene sempre, spesso non è correlata al focus infiammatorio batterico ma avviene attraverso una iperattivazione generale del sistema immunitario. Nel caso di infezioni di batteri in grado di liberare endotossina, all’aumento delle concentrazioni di PCT può anche contribuire quest’ultima.

Gramm et al. riferiscono di concentrazioni di PCT particolarmente elevate (PCT superiore a 10 ng/ml) in infezioni gravi, mentre con focus di sepsi meno gravi, nella maggior parte dei casi, le concentrazioni di PCT sono al di sotto di 10 ng/ml (Gramm et al., 1995). Altri autori hanno mostrato che in soggetti operati

(13)

per infarto mesenterico la PCT entra nel novero di quei fattori di rischio per decesso (Merle et al., 2004)

Anche Viallon e collaboratori verificarono che tra TNF alfa, IL6, IL8 lattato e PCT il marker più significativo per una sepsi grave era quest’ultima, e correlando statisticamente questi cinque parametri, si poteva prevedere il decesso nel 99,5% dei casi e la sopravvivenza nel 95% dei casi (Viallon et al., 2008).

Attualmente non si conosce esattamente il meccanismo d’azione delle citochine proinfiammatorie nell’aumento dei livelli di PCT, ma è ormai assodato che valori elevati di PCT sono un indicatore di una notevole attivazione del sistema immunitario e una grande reazione settica sistemica dell’organismo con la quale hanno un andamento pressoché parallelo, fornendo una conferma precoce del buon risultato terapeutico o del miglioramento della malattia in caso di un loro abbassamento (Meisner, 1997).

Dividendo i pazienti al ricovero in ospedale in quattro gruppi (pazienti con SIRS, con sepsi, con sepsi grave e con shock settico), Harbarth trovò che il dosaggio della PCT costituiva un parametro utilissimo suggestivo di infezioni severe (Harbarth et al., 2001).

In uno studio osservazionale è stato registrato che oltre agli alti livelli di PCT, predittore indipendente di mortalità è l’innalzamento giorno per giorno della procalcitonina: per più giorni si registrava l’aumento e più era probabile che il paziente morisse (Jensen et al., 2006).

I valori di PCT sono stati anche utili, insieme ad altre variabili quali emoglobina, lattato, transaminasi, albumina e creatinina, nel disegnare con l’uso di un modello informatico di classificazione e regressione un “albero” decisionale in caso di batteriemie (Peters et al., 2006). Bisogna però tener presente che Jongwutiwes e collaboratori hanno trovato che la PCT è molto sensibile nell’individuare una batteriemia, ma non sembra così efficace nel differenziare le SIRS batteremiche da quelle non batteremiche (Jongwutiwes et al., 2009).

Novotny e collaboratori hanno studiato le variazioni di PCT in pazienti con sepsi addominale e trattamento chirurgico del focus settico. In tutti i pazienti

(14)

che guarirono completamente si verificò un abbassamento dei valori di PCT. I pazienti che continuarono a registrare alti valori di PCT ebbero bisogno di una ulteriore pulizia chirurgica (Novotny et al., 2009).

Anche in pazienti con neutropenia febbrile la PCT si è rivelata un utilissimo marker per indicare una batteriemia, se con valori > 5.0 ng/ml (Giamarellou et al., 2004). Gli stessi autori hanno però anche riportato che normalmente valori di PCT <0.5 indicano assenza di batteriemia, anche se spesso, in realtà, una batteriemia associata a stafilococchi coagulasi negativi non è correlata ad un aumento della PCT.

Contrariamente a quanto sospettato, invece, la PCT si è rivelata un marker non idoneo per la diagnosi di infezioni invasive in pazienti anziani (Steichen et al., 2009).

1.4.2 La PCT in altre patologie infiammatorie

Shock cardiogenico: E’ stato osservato che la PCT aumenta leggermente entro 12 ore dopo rianimazione cardiopolmonare (PCT<0.9 ng/ml) (Meisner, 1997). D’altronde la PCT può aumentare in questi casi, soprattutto se esiste una situazione circolatoria instabile con uno shock cardiogenico prolungato, in quanto si possono associare a questi eventi polmoniti batteriche (Oppert et al., 2002) che sembrano essere favorite dall’ipotermia che si viene a stabilire in questi pazienti (Fries et al., 2009).

Sindrome da sofferenza respiratoria acuta (ARDS) : in questa patologia la PCT è utile nel caso in cui non sia chiara l’eziopatogenesi. Aumenti nel siero delle concentrazioni di PCT sono stati osservati in pazienti con ARDS ad eziologia batterica e con concentrazioni medie superiori a 5 ng/ml. Stranamente, però, l’ARDS indotta da tossine sembra essere caratterizzato da bassi livelli di PCT,

(15)

inferiori a 3 ng/ml (Brunkhorst, 1995). Questi autori non poterono discriminare i due gruppi attraverso la determinazione dell’IL-6 e della CRP poichè entrambi i parametri risultavano aumentati a causa di una infiammazione aspecifica.

Polmonite: Non è detto che nella polmonite ad eziologia batterica la PCT aumenti, indipendentemente dall’estensione dell’infezione. Talvolta però si sono osservate concentrazioni di PCT discretamente elevate. Le ragioni di questi bassi valori di PCT non sono ancora note: si presentano però in massima parte in caso di processi infiammatori “locali”, specialmente con le broncopolmoniti. Nel caso in cui la polmonite sia complicata da sintomi settici o dall’ARDS, i valori di PCT diventano molto alti. E’ stato osservato un aumento della procalcitonina in pazienti con polmonite da Legionella pneumophila (De Jager, 2009), mentre Huang e collaboratori hanno verificato che la PCT è un valido marker per soggetti ad alto rischio quando associato in modo critico al Pneumonia Severity Index (Huang et al., 2008).

In studi su pazienti affetti da polmonite batterica in cui un gruppo è stato seguito secondo le procedure standard, mentre un altro è stato seguito sulla base dei valori di PCT, è stato osservato che questa molecola è utile nella determinazione della terapia: ha permesso di non fare uso scriteriato ed inutile di antibiotici pur portando alla guarigione tutti (Stolz et al., 2007) o l’83% dei pazienti (Christ-Crain et al., 2006). Inoltre un suo aumento nei primi tre giorni di malattia sembra indicare una prognosi sfavorevole (Boussekey et al., 2006).

Menzione a parte meritano le polmoniti virali, dove di norma non si riscontrerebbero aumenti della PCT, ma bisogna tenere presente che dopo breve tempo, in parecchi casi, queste infezioni sono accompagnate da superinfezioni batteriche che sono la causa dell’eventuale aumento di PCT.

Bisogna inoltre ricordare alcune classi di polmoniti:

Broncopolmonite ab ingestis: In questo caso aumentano le concentrazioni di PCT probabilmente a causa dell’infezione squisitamente batterica che

(16)

ne consegue. Grazie alla PCT, inoltre, si possono differenziare le forme tossiche di ARDS dalle forme batteriche o settiche.

Patologie polmonari croniche: in pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva e in fumatori la PCT si alza leggermente sopra ai valori normali (Becker and Gazdar, 1984). Questo è spiegabile con la diminuita clearance bronchioalveolare che causa la permanenza dell’infiammazione ed eventuali superinfezioni. E’ stato osservato in criceti tiroidectomizzati ed esposti al fumo di sigaretta la secrezione di calcitonina da parte delle cellule neuroendocrine del polmone (Tabassian et al., 1998) facendo pensare ad una secrezione autonoma anche di procalcitonina da parte di queste cellule. Si è supposto che la secrezione di queste cellule sia non solo di tipo paracrino ma anche di tipo emacrino, con conseguente aumento della concentrazione dell’ormone nel plasma (Becker et al., 1993).

Anche uno studio che ha confrontato le diverse classi di patologie polmonari (Christ-Crain et al., 2004), ha dimostrato l’importanza dei valori di PCT nel guidare le terapie antibiotiche.

Pancreatite acuta: Questa patologia può andare incontro a gravi complicanze quali pancreatite emorragica, necrosi del pancreas o sepsi biliare, pertanto è importantissima l’identificazione precoce dell’eziologia della malattia.

In accordo con gli studi di Brunkhorst et al., i pazienti affetti da pancreatite biliare mostrano alte concentrazioni seriche di PCT, mentre i pazienti affetti da pancreatite con eziologia tossica, per esempio da abuso di etanolo, presentano un moderato aumento delle concentrazioni seriche della PCT. Queste osservazioni devono essere riconsiderate se compaiono assieme alla pancreatite altre complicazioni o altre infezioni batteriche, nel qual caso la PCT si innalza ai suoi massimi livelli (Brunkhorst et al., 1998).

L’osservazione che in pazienti alcolisti con ipertensione portale la concentrazione sierica di PCT risulta leggermente aumentata è da ricondursi al fatto che nella

(17)

cirrosi epatica causata dall’etanolo, è possibile avere concentrazioni seriche di PCT leggermente aumentate. Questa osservazione vale soprattutto nell’ipertensione portale scompensata (Meisner, 1997). Si pensa che tale aumento della PCT possa derivare dall’aumentata traslocazione batterica dall’intestino a causa della congestione venoso-portale.

Peritonite: sono sempre state riscontrate alte concentrazioni plasmatiche di PCT e l’estensione anatomica dell’infiammazione influenza indirettamente l’aumento di questa molecola. E’ chiaro che per la conformazione stessa del peritoneo, un organo esteso con una superficie grande e ben capillarizzata un’infiammazione è spesso un evento importante che può estendersi con rapidità in una grande area; da qui consegue la “necessità” per l’organismo di avere alti livelli di PCT. Nelle irritazioni peritoneali localmente confinate, per esempio l’appendicite o la colecistite, le concentrazioni di PCT aumentano in maniera moderata o non aumentano affatto (Meisner 1997).

Alcuni autori hanno analizzato le concentrazioni seriche di PCT in pazienti affetti da sola polmonite, sola peritonite e in pazienti affetti da polmonite o peritonite associate a sintomi settici. In caso di sepsi, le concentrazioni massime di PCT sono generalmente più alte di quelle in assenza di sepsi. Comunque in caso di peritonite, la differenza dovuta alla presenza o assenza di sepsi non è significativa poichè i valori di PCT sono già alti con la sola peritonite (Meisner, 1997).

Per la peritonite, la PCT è anche un prezioso marker prognostico: Reith e coll. analizzarono 246 pazienti, monitorando l’andamento della PCT dal giorno dell’intervento chirurgico in laparotomia fino alla dimissione (o al decesso), riuscendo a discriminare i soggetti con decorso letale della malattia, dove i livelli di PCT aumentavano, da quelli con prognosi favorevole, nei quali la PCT diminuiva (Reith et al., 2000).

(18)

Anche rispetto alla CRP la PCT si dimostra un marker affidabile essendo molto più specifica nel prevedere la multiorgan dysfunction e la sua prognosi nella peritonite (Rau et al., 2007).

Periodo post operatorio: Varie sono le opinioni degli autori in merito all’innalzamento della PCT nel periodo post operatorio. Scheingraber e collaboratori hanno rilevato che questo parametro presenta un picco subito dopo un intervento chirurgico per poi decrescere col prosieguo della guarigione (Scheingraber et al., 2005), altri invece, sostengono che in seguito ad interventi chirurgici molto semplici e senza contaminazioni batteriche o liberazione di endotossine, la PCT resta nel range di normalità durante il periodo post operatorio (Meisner, 1997).

A seguito di interventi di maggiore portata, tipo gli ampi interventi addominali, la resezione dell’esofago o la chirurgia a cuore aperto, si osservano piccoli e medi aumenti delle concentrazioni seriche di PCT dalla 2a alla 3a giornata dopo l’intervento; normalmente non si superano i 2 o 3 ng/ml ma a volte si può arrivare a circa 10 ng/ml (Meisner, 1997).

Sponholtz ha rilevato che negli interventi cardiaci non sono tanto i valori assoluti della PCT ad essere importanti nella distinzione tra infiammazione post- operatoria ed infiammazione batterica, quanto le fluttuazioni di questi valori che nel caso di infezioni batteriche o fungine non scendono sotto i 4 ng/ml (Sponholtz et al., 2006) salvo in seguito a terapia antibiotica mirata ed efficace (Rothenburger et al., 1999). Nel caso di interventi all’apparato digerente, questo aumento di PCT potrebbe essere attribuito alla temporanea liberazione di endotossine dovuta alla manipolazione dei tessuti. In ogni caso, comunque, se il decorso post- operatorio procede senza complicanze, i valori dopo il terzo giorno si abbassano rapidamente fino al range di normalità, sempre comunque in accordo con il periodo di emivita della PCT (circa 25-30 ore). In questi casi la PCT ha un alto valore predittivo negativo e in pazienti trattati con terapia antibiotica preventiva

(19)

non aumenta (Chromik et al., 2006) rimanendo un utile indicatore di complicanze infettive postoperatorie anche nella chirurgia toracica (Falcoz et al., 2005).

Nel caso di infiammazioni sistemiche o di sintomi settici, si presentano alte concentrazioni di PCT che continuano ad aumentare.

Chirurgia dei trapianti: E’ interessante analizzare l’andamento della PCT in caso di trapianto di organi, in quanto la normale reazione immunitaria dell’organismo viene soppressa per via farmacologica per evitare il rigetto.

Per questo motivo dopo il trapianto d’organo, specialmente nel primo periodo post operatorio, è possibile che si manifestino complicazioni di natura batterica, virale o micotica. Inoltre, nonostante le terapie preventive, il rigetto può manifestarsi ugualmente.

Sono state determinate le concentrazioni seriche di PCT e di MRP 8/14 (una proteina legante il calcio che aumenta in vari processi infiammatori acuti) in pazienti con allotrapianto di cuore o reni nel periodo successivo all’intervento (Striz et al., 2001). E’ stato rilevato che i pazienti senza infezione ma con rigetto dell’organo in fase acuta avevano concentrazioni plasmatiche di PCT normali o appena aumentate, mentre si elevava il livello di MRP 8/14. Al contrario, pazienti con infezioni batteriche presentavano anche livelli di PCT aumentati.

Ne consegue che la PCT può essere utilizzata come parametro addizionale per discriminare le infezioni batteriche e micotiche nel rigetto d’organo in fase acuta oppure le infezioni virali nella chirurgia dei trapianti (Gerad et al., 1995).

Raramente si pensa che il dosaggio della PCT possa essere usato anche in maniera preventiva: se viene dosata immediatamente prima del trapianto insieme alla CRP, la PCT può mettere in evidenza la presenza di una infiammazione acuta e pertanto dare ulteriori informazioni su possibili infezioni non rilevate, che potrebbero mettere a repentaglio la vita del trapiantato.

Meningiti batteriche, sepsi e infiammazioni non sistemiche in neonati e bambini: data l’impossibilità di ricevere dai pazienti pediatrici informazioni

(20)

precise sul loro stato di salute, diventa fondamentale la diagnosi rapida e precoce di infezioni batteriche sistemiche. E’ per questo che i pediatri sono i medici che notoriamente richiedono più esami di laboratorio. Fino ad oggi, la CRP era considerata il marker più attendibile delle infezioni, ma, dopo aver rilevato la sua profonda sensibilità a discapito della sua specificità, si è sentita l’esigenza di trovare un marker alternativo più specifico.

La PCT sembra aumentare solamente in presenza di infezioni batteriche sistemiche all’insorgere dell’infiammazione settica (Gendrel et al., 1996, Fernandez Lopez et al., 2003). Inoltre la CRP non sempre consente di differenziare le infezioni batteriche da quelle non batteriche mentre ciò è possibile con la PCT.

Assicot e Gendrel ed i rispettivi collaboratori hanno mostrato che i valori di CRP non correlano con i differenti tipi d’infezione, mentre la PCT è presente ad alte concentrazioni solo nelle sepsi (Assicot et al., 1993; Gendrel et al, 1996). Le concentrazioni sieriche di PCT nella meningite acuta sono significativamente diverse a secondo che si tratti di meningite ad eziologia virale oppure di meningite batterica: sempre Gendrel et al. accertarono le concentrazioni di PCT in bambini affetti da meningite acuta: se la meningite era ad eziologia batterica si registravano aumenti di PCT fino a 100 ng/ml, se era ad eziologia virale questo aumento non era osservato (Gendrel et al. 1995). Il dosaggio della CRP non riusciva a separare adeguatamente i due gruppi.

Anche in patologie non sistemiche, quali le infezioni del tratto urinario nei bambini, la PCT è un utile predittore: in uno studio europeo tutti i bambini studiati con cistografia per reflusso vescica-uretrale dovuto ad infezione, avevano valori di PCT elevati (Leroy et al., 2007).

Malattie tropicali e malaria: i livelli di PCT sembrano aumentare sia nelle forme gravi di malaria che in quelle senza complicazioni, anche se i livelli più alti si osservano in questi ultimi casi, sebbene con la terapia si abbassino rapidamente.

(21)

E’ stato osservato che le concentrazioni seriche di PCT correlavano con la bilirubina serica fornendo un indice della funzionalità epatica; invece non si trovarono correlazioni con la creatinina, con la quantità di parassita nel sangue e con le concentrazioni di Ca++ nel siero (Davis et al., 1994). Con la malattia da Plasmodium falciparum può presentarsi ipocalcemia (Davis et al., 1994).

Recentemente è stato osservato che i livelli di PCT si innalzano maggiormente in casi di malaria da P. falciparum rispetto a quelli dati da altre specie di Plasmodi (Hesselink et al., 2009).

La melioidosi è un’altra malattia tropicale nella quale sono state riscontrate concentrazioni di PCT molto alte (Smith et al., 1995). Ciò non costituisce una sorpresa visto che la melioidosi è indotta da un batterio gram negativo (capace di liberare endotossina). L’elevazione repentina di PCT a livelli molto alti è anche un indice di quanto questa malattia possa essere fulminante e letale.

Malattie autoimmuni, infiammazioni croniche non batteriche, malattie neoplastiche, traumi ed ustioni: studi condotti su pazienti dializzati hanno mostrato che le infiammazioni croniche non batteriche e le malattie autoimmuni non sembrano indurre produzione di PCT (Sitter et al., 2002). Se pazienti affetti da patologie infiammatorie croniche non batteriche presentano valori di PCT significativamente elevati, significa che molto spesso è presente simultaneamente una attiva infezione batterica. La PCT sembra quindi costituire un valido, anche se non assoluto, sussidio diagnostico differenziale; insieme al monitoraggio dei parametri clinici e delle proteine della fase acuta, può essere utile nella valutazione del paziente reumatologico febbrile, guidando nella diagnostica differenziale tra riacutizzazione di malattia e complicanza settica sovrapposta (Scirè et al., 2003).

Pazienti con neoplasie o tumori maligni solitamente presentano concentrazioni plasmatiche di PCT normali o leggermente aumentate. In questi pazienti i livelli di PCT aumentano solo nel caso in cui sia presente una infiammazione sistemica batterica (Schüttrumpf, 2006; Shimetani et al., 2004).

(22)

Inoltre la PCT sembra essere un ottimo marker per individuare complicazioni settiche nel decorso post-operatorio di pazienti con cancro gastro-intestinale (Montagnana et al., 2009).

E’ interessante notare però che alcuni tumori maligni sono in grado di sintetizzare procalcitonina o peptidi simili per un fenomeno paraneoplastico. Oggi si sa che due patologie neoplastiche sono in grado di produrre peptidi simili alla calcitonina o peptidi precursori della calcitonina: il carcinoma delle cellule C midollari della tiroide e il carcinoma a piccole cellule del polmone (Bernard et al., 1983; Bertagna et al., 1978; Becker et al., 1978). Queste cellule maligne sono in grado di sintetizzare simultaneamente sia la calcitonina che la procalcitonina determinando, conseguentemente, un aumento delle concentrazioni plasmatiche di entrambe le molecole. Anche in casi di tumore epatico si è osservato un innalzamento dei valori di PCT (Matzaraki et al., 2007).

Anche in caso di trauma la PCT si è rivelata efficace nell’indicare le complicanze di origine infettiva (Meisner et al., 2006), come pure in caso di ustioni (Barati et al., 2008; von Heimburg et al., 1998) anche se talvolta è aumentata in infiammazioni non infettive post trauma (Mimoz et al., 1998).

1.5LE INFEZIONI BATTERICHE

Sono fenomeni che si verificano in caso di invasione di un tessuto da parte di un microrganismo che in questo modo si può replicare e aggredire le diverse strutture del tessuto.

Se questa invasione è data da organismi pluricellulari, per esempio elminti, artropodi, flagellati ecc. ecc., è allora detta infestazione.

In genere le infezioni si trasmettono da uomo a uomo, talvolta con vettori quali artropodi, flebotomi ed altri; raramente vengono trasmesse da animali o dal suolo.

(23)

Gli agenti patogeni penetrano nell’organismo attraverso una via d’ingresso che può essere una ferita, anche molto piccola, o la lesione di una mucosa. Una volta che l’agente infettivo è penetrato nell’organismo ospite, se riesce a superare i meccanismi di difesa dell’immunità naturale, dopo un periodo d’incubazione variabile da specie a specie si sviluppa la patologia.

Il periodo d’incubazione è necessario al microrganismo per replicarsi e danneggiare i tessuti dell’ospite.

Il microrganismo può inoltre rimanere localizzato alla porta d’entrata o diffondere all’interno dell’intero organismo, dipendendo questo sia dalla capacità di difesa dell’ospite che dalle capacità dello stesso germe di bypassare tali difese.

In caso di diffusione sistemica, si parla di sepsi o setticemia.

Le infezioni locali, comunque, anche se circoscritte e spesso con sintomi anche inapparenti, possono provocare modificazioni patologiche in organi anche lontani, con meccanismi ancora non ben conosciuti. Un chiaro esempio di quanto asserito è dato da tonsilliti croniche, granulomi delle radici dentarie, appendiciti e colecistiti croniche, sinusiti che possono ripercuotersi sull’intero organismo tramite patologie quali il reumatismo articolare acuto, la glomerulonefrite acuta, asma ed altre patologie sistemiche.

La patogenicità di un microorganismo può dipendere da vari fattori quali la produzione di sostanze tossiche, di enzimi (ialuronidasi, streptochinasi, coagulasi stafilococcica ecc. ecc.) che attaccano i tessuti favorendo la diffusione del germe, la possibilità di resistere alle reazioni di difesa dell’organismo.

Quest’ultimo infatti cerca di contrastare l’infezione mediante diversi meccanismi di difesa.

Sono questi meccanismi a causare quella che normalmente viene detta

“infiammazione”, dove l’azione delle cellule del sistema immunitario provoca la formazione di essudato.

L’integrità della cute e delle mucose costituisce comunque, nella maggior parte dei casi, una barriera importante alla penetrazione dei germi, che risulta potenziata dall’attività antimicrobica dei secreti che ricoprono queste superfici

(24)

(sebo, muco). L’attività fagocitaria degli istiociti e dei granulociti e la reazione infiammatoria intervengono poi una volta che i microrganismi sono penetrati nei tessuti. A questo fa seguito l’attivazione delle cellule del sistema immunitario e l’acquisizione in molti casi di un’immunità o resistenza verso quello specifico agente infettivo.

In seguito all’attivazione da parte delle Antigen Presenting Cells (APC) varie cellule T helper CD4+ si sviluppano a partire dalle cellule T indifferenziate e si specializzano nella produzione di specifiche citochine. In particolare, sono state individuate due linee cellulari distinte: le cellule T helper di tipo 1 (TH1) e quelle di tipo 2 (TH2) (Mosmann and Coffmann, 1989). Brevemente, le cellule TH1 producono interferone γ (IFN γ) e attivano i macrofagi, agendo principalmente contro i patogeni intracellulari (Acosta-Rodriguez et al., 2007). Le cellule TH2 mediano l’immunità umorale e le risposte allergiche, producono IL4, IL 5 ed IL 13 contribuendo alla protezione da parassiti extracellulari (Acosta-Rodriguez et al., 2007, Romagnani, 2000). Attualmente l’attenzione è focalizzata sulla valutazione delle cellule T CD4+ secernenti IL17 che sembrano essere una linea cellulare distinta dalle due precedenti, come dimostrato dal fatto che fattori di trascrizione e citochine specifiche delle classi TH1 e TH2 regolano negativamente l’espressione di IL17 (Fujiwara et al., 2007); cellule già differenziate in senso TH17 sono insensibili agli effetti inibitori delle citochine TH1 e TH2 (Park et al., 2005; Harrington et al., 2005). Il ruolo completo delle cellule TH17 resta però ancora da delucidare a fondo.

A tali sistemi di difesa va aggiunta al cosiddetta immunità naturale per cui alcuni soggetti per ragioni genetiche o razziali risultano essere meno suscettibili o addirittura refrattari all’azione patogena di microorganismi capaci invece di provocare una malattia in altri individui (es. la mancanza dell’antigene Duffy nell’infezione da P. vivax).

Il grado di suscettibilità individuale alle infezioni è inoltre influenzato dall’età, dalle condizioni di nutrizione, dall’equilibrio endocrino e metabolico oltre che, come accennato, da terapie capaci di deprimere i meccanismi di difesa.

(25)

SCOPO DELLA TESI

Questo lavoro ha lo scopo di valutare l’esistenza di una relazione tra la produzione di procalcitonina e l'infezione di alcuni germi, sia Gram negativi che Gram positivi, indipendentemente dalle patologie considerate.

Sono stati presi in considerazione tre categorie di distretti corporei valutando le specie di batteri ivi isolate. Queste categorie sono state scelte in base alla possibilità che un batterio, moltiplicatosi in questi distretti, ha di dare sepsi, scegliendo quindi le emocolture, le punte di cateteri venosi e i versamenti cavitari.

Non sono stati distinti i versamenti cavitari veri e propri dai drenaggi in quanto non giudicato statisticamente rilevante.

I livelli di procalcitonina sono stati valutati e messi in relazione con i ceppi batterici divisi in base alle proprietà tintoriali (gruppo batteri Gram positivi e gruppo batteri Gram negativi), in base alle specie di appartenenza, in base alla carica, ed in base al distretto di provenienza, operando confronti tra i gruppi. Sono state effettuate anche le correlazioni con l'età ed il sesso dei pazienti da cui sono stati prelevati i campioni esaminati.

(26)

Riferimenti

Documenti correlati

Per chiarimenti sull’avvio del processo civile telematico in Cassazione è stato istituito un helpdesk telefonico, dedicato a Libero Foro e Avvocatura dello Stato, che risponde

reparto Chirurgia-Ortopedia, si ottenga quando il confronto è fatto considerando valori di PCT da soggetti con colture batteriche positive uniti a quelle con colture

Il fatto che, sempre nei Reparti Specialistici anche SA aumenti la PCT maggiormente di Scn, si può spiegare ammettendo l’assunzione di Giamarellou che sostiene

Lo STAFFPCT del Tribunale di Firenze, rilevata la quantità di errori nella qualificazione giuridica della causa operata dal difensore nella redazione della nota di iscrizione

PROCESSO CIVILE PROCESSO AMMINISTRATIVO PROCESSO TRIBUTARIO PROCESSO CONTABILE PROCESSO PENALE..

Le infezioni batteriche delle vie urinarie in gravi- danza costituiscono un evento molto precoce e l’incidenza della batteriuria asintomatica riporta- ta dai vari autori varia tra 2

Si evidenziano batteri bastoncellari di piccole dimensioni (probabilmente Gram-negativi) e di grosse dimensioni (probabilmente Gram-positivi) oltre che bastoncelli bipolari insieme

Valori assoluti e variazioni % Tipologia Contrattuale Attivazioni Gennaio-Luglio