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XVI Terra e Vita

[ BIOGAS 2013, SI VOLTA PAGINA ]

n. 13/2012

Co­digestione sottoprodotti e controllo dell’impianto

N

ella gestione degli impianti di dige­

stione anaerobica la composizione chimico­fisica delle matrici organi­

che caricate rappresenta la prima fonte di variabilità alla base dell’efficienza produtti­

va. Al pari di quanto avviene nell’alimenta­

zione animale, anche in questo caso la produ­

zione di biogas è dettata in primo luogo da cosa viene caricato, come viene caricato e quando viene caricato.

[

COSA VIENE CARICATO

In digestione anaerobica il consorzio batterico opera una con­

versione del mix energetico caricato sotto forma di carboidra­

ti, protidi, lipidi, in un’altra forma di energia più nobile (metano e idrogeno in piccole tracce), idonea alla conversione per gli usi finali (elettrici, termici, autotrazione).

Ogni biomassa caricata ha una propria composizione mo­

lecolare che determina un potenziale produttivo massimo teorico da cui deriva il potenziale produttivo effettivo. La differenza fra il potenziale teorico ed effettivo dipende da fattori intrinseci alla matrice (principalmente presenza di li­

gnina e materiale organico recalcitrante) e dal tipo di consor­

zio batterico presente nel digestore. In linea di massima la determinazione del potenziale metanigeno statico o BMP (Biochemical methane potential) consente di individuare la maggior parte dei parametri necessari a valutare la resa in

biogas: quantità di biogas e di metano, veloci­

tà di produzione, tempo di ritenzione idrauli­

ca idoneo, bilancio di massa, efficienza biolo­

gica massima. Con i dati derivanti da questo tipo di test è possibile capire se il quantitativo di biomasse caricate può, in linea di massima, essere sufficiente per produrre il metano ne­

cessario al funzionamento del motore. Le in­

formazioni derivate dal test sono importanti anche per verificare la compatibilità con i tempi di ritenzione idraulici disponibili.

[

COME VIENE CARICATO

Il carico dei materiali deve essere fattibile in modo continuati­

vo per garantire alla flora microbica presente nel digestore lo svolgimento di tutte le fasi della produzione e fornire con continuità il metano al cogeneratore.

Nella scelta delle macchine per il carico deve essere posta particolare attenzione al mix di biomasse disponibili, alla loro consistenza (palabili, pompabili, friabili o pastose) e alla loro umidità e viscosità. Allo stesso tempo devono essere valutati attentamente anche i sistemi di miscelazione del digestore e di scarico del digestato, entrambi strettamente dipendenti dalle matrici caricate. I sistemi di miscelazione devono garan­

tire omogeneità di distribuzione del materiale organico fresco nel digestore, omogeneità di distribuzione del calore ed evita­

re la formazione di stratificazioni o sedimentazioni. Densità e

La qualità delle matrici e la costanza di approvvigionamento

sono fondamentali per ottenere

buone rese

[ DI

C

LAUDIO

F

ABBRI*,

L

ORELLA

R

OSSI*,

S

ERGIO

P

ICCININI* ]

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viscosità del digestato sono i fattori principali che governano la scelta del tipo di miscelatore (pale lente o veloci), della frequenza di accensione (continuo o intermittente) e della potenza installata. Quanto più la densità e la viscosità aumen­

tano, tanto più sono importanti miscelatori a grandi pale con bassi giri ed elevata frequenza di funzionamento. Un altro aspetto da tenere in considerazione è il seguente: quanto più il digestato presente nel reattore è denso tanto più la fuoriuscita del biogas è difficoltosa e tanto più diviene importante la miscelazione. In taluni casi, in presenza di un digestato molto denso o stratificato in assenza di miscelazione si può osserva­

re il suo rigonfiamento per inglobamento delle bolle di gas, con evidenti effetti sulle linee gas o le guardie idrauliche. In presenza di prodotti particolarmente ricchi di frazioni fibrose difficilmente degradabili è utile prevedere l’installazione di sistemi di triturazione e/o sfibramento che consentano una accelerazione della degradazione della biomassa, una ridu­

zione del rischio di stratificazione e una maggiore efficienza della miscelazione.

[

QUANDO VIENE CARICATO

I tempi di degradazione delle molecole organiche sono dettati

da cinetiche di processo determinate da diversi fattori chimi­ co­fisici, che devono essere seguiti per garantire l’equilibrio di tutto il sistema biologico­elettromeccanico.

La prima fase della degradazione è l’idrolisi, durante la quale si demolisce la sostanza organica ad acido acetico, idrogeno e biossido di carbonio. Questa fase è generalmente molto veloce per i prodotti di struttura molto semplice (acidi organici, come quelli presenti negli insilati, zuccheri semplici, amido, proteine parzialmente degradate), ma divengono più lunghi fino a diventare il vero fattore limitante quando si introducono molecole molto complesse (trigliceridi e frazioni fibrose ligno­cellulosiche).

Durante la fase metanigena, invece, essendo la velocità di riproduzione batterica molto più lenta di quella idrolitica, la produzione di biogas dipende dalla concentrazione batterica e dalla disponibilità dei composti precursori. Una modifica repentina del carico organico non pregiudica nell’immediato la fase idrolitica, ma può avere effetti inibenti repentini sulla fase metanigena: un’accelerazione dell’idrolisi determina un aumento brusco della produzione di acidi organici che, non essendo rimossi dai batteri metanigeni con la stessa velocità, si accumulano in soluzione modificandone il pH. Una ridu­ zione del pH troppo spinta è causa di inibizione per la flora metanigena ma può divenirlo anche per la fase idrolitica se non sono messe in atto le opportune correzioni. Durante le crisi da acidosi i primi sintomi che si evidenziano sono i seguenti: aumento degli acidi organici in soluzione, innalza­ mento della concentrazione di biossido di carbonio con conse­ guente riduzione della percentuale di metano, incremento del contenuto di idrogeno molecolare. L’analisi del rapporto aci­ dità totale/alcalinità totale consente di monitorare per tempo eventuali fenomeni inibenti latenti o fisiologici, permettendo di anticipare le manovre di correzione gestionali.

La scelta dei tempi di frazionamento del carico è utile, inoltre, per evitare sovrapproduzioni temporanee di biogas che potrebbero non essere adeguatamente stoccate nei gaso­ metri con conseguenti scarichi in atmosfera o combustione in torcia ed evidenti perdite di efficienza.

[

PERCHÉ LA CO­DIGESTIONE AIUTA L’UTILIZZO DEI SOTTOPRODOTTI Una volta messi in luce i parametri gestionali e funzionali più [ 1 ­ Impianto di digestione

anaerobica alimentato a effluenti bovini. 2 ­ Sottoprodotti dell’agroindustria in un impianto: patate di scarto e frutta non commerciale.

3 ­ Digestore anaerobico a vasche concentriche con cupola gasometrica sulla vasca centrale e coclea per il carico delle biomasse.

[ Digestore anaerobico orizzontale in acciaio alimentato a effluenti zootecnici di bovini da carne e cereali insilati.

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n. 13/2012

[ BIOGAS 2013, SI VOLTA PAGINA ]

Terra e Vita XVII

Co­digestione sottoprodotti e controllo dell’impianto

N

ella gestione degli impianti di dige­

stione anaerobica la composizione chimico­fisica delle matrici organi­

che caricate rappresenta la prima fonte di variabilità alla base dell’efficienza produtti­

va. Al pari di quanto avviene nell’alimenta­

zione animale, anche in questo caso la produ­

zione di biogas è dettata in primo luogo da cosa viene caricato, come viene caricato e quando viene caricato.

[

COSA VIENE CARICATO

In digestione anaerobica il consorzio batterico opera una con­

versione del mix energetico caricato sotto forma di carboidra­

ti, protidi, lipidi, in un’altra forma di energia più nobile (metano e idrogeno in piccole tracce), idonea alla conversione per gli usi finali (elettrici, termici, autotrazione).

Ogni biomassa caricata ha una propria composizione mo­

lecolare che determina un potenziale produttivo massimo teorico da cui deriva il potenziale produttivo effettivo. La differenza fra il potenziale teorico ed effettivo dipende da fattori intrinseci alla matrice (principalmente presenza di li­

gnina e materiale organico recalcitrante) e dal tipo di consor­

zio batterico presente nel digestore. In linea di massima la determinazione del potenziale metanigeno statico o BMP (Biochemical methane potential) consente di individuare la maggior parte dei parametri necessari a valutare la resa in

biogas: quantità di biogas e di metano, veloci­

tà di produzione, tempo di ritenzione idrauli­

ca idoneo, bilancio di massa, efficienza biolo­

gica massima. Con i dati derivanti da questo tipo di test è possibile capire se il quantitativo di biomasse caricate può, in linea di massima, essere sufficiente per produrre il metano ne­

cessario al funzionamento del motore. Le in­

formazioni derivate dal test sono importanti anche per verificare la compatibilità con i tempi di ritenzione idraulici disponibili.

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COME VIENE CARICATO

Il carico dei materiali deve essere fattibile in modo continuati­

vo per garantire alla flora microbica presente nel digestore lo svolgimento di tutte le fasi della produzione e fornire con continuità il metano al cogeneratore.

Nella scelta delle macchine per il carico deve essere posta particolare attenzione al mix di biomasse disponibili, alla loro consistenza (palabili, pompabili, friabili o pastose) e alla loro umidità e viscosità. Allo stesso tempo devono essere valutati attentamente anche i sistemi di miscelazione del digestore e di scarico del digestato, entrambi strettamente dipendenti dalle matrici caricate. I sistemi di miscelazione devono garan­

tire omogeneità di distribuzione del materiale organico fresco nel digestore, omogeneità di distribuzione del calore ed evita­

re la formazione di stratificazioni o sedimentazioni. Densità e

La qualità delle matrici e la costanza di approvvigionamento

sono fondamentali per ottenere

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viscosità del digestato sono i fattori principali che governano la scelta del tipo di miscelatore (pale lente o veloci), della frequenza di accensione (continuo o intermittente) e della potenza installata. Quanto più la densità e la viscosità aumen­

tano, tanto più sono importanti miscelatori a grandi pale con bassi giri ed elevata frequenza di funzionamento. Un altro aspetto da tenere in considerazione è il seguente: quanto più il digestato presente nel reattore è denso tanto più la fuoriuscita del biogas è difficoltosa e tanto più diviene importante la miscelazione. In taluni casi, in presenza di un digestato molto denso o stratificato in assenza di miscelazione si può osserva­

re il suo rigonfiamento per inglobamento delle bolle di gas, con evidenti effetti sulle linee gas o le guardie idrauliche. In presenza di prodotti particolarmente ricchi di frazioni fibrose difficilmente degradabili è utile prevedere l’installazione di sistemi di triturazione e/o sfibramento che consentano una accelerazione della degradazione della biomassa, una ridu­

zione del rischio di stratificazione e una maggiore efficienza della miscelazione.

[

QUANDO VIENE CARICATO

I tempi di degradazione delle molecole organiche sono dettati

da cinetiche di processo determinate da diversi fattori chimi­

co­fisici, che devono essere seguiti per garantire l’equilibrio di tutto il sistema biologico­elettromeccanico.

La prima fase della degradazione è l’idrolisi, durante la quale si demolisce la sostanza organica ad acido acetico, idrogeno e biossido di carbonio. Questa fase è generalmente molto veloce per i prodotti di struttura molto semplice (acidi organici, come quelli presenti negli insilati, zuccheri semplici, amido, proteine parzialmente degradate), ma divengono più lunghi fino a diventare il vero fattore limitante quando si introducono molecole molto complesse (trigliceridi e frazioni fibrose ligno­cellulosiche).

Durante la fase metanigena, invece, essendo la velocità di riproduzione batterica molto più lenta di quella idrolitica, la produzione di biogas dipende dalla concentrazione batterica e dalla disponibilità dei composti precursori. Una modifica repentina del carico organico non pregiudica nell’immediato la fase idrolitica, ma può avere effetti inibenti repentini sulla fase metanigena: un’accelerazione dell’idrolisi determina un aumento brusco della produzione di acidi organici che, non essendo rimossi dai batteri metanigeni con la stessa velocità, si accumulano in soluzione modificandone il pH. Una ridu­

zione del pH troppo spinta è causa di inibizione per la flora metanigena ma può divenirlo anche per la fase idrolitica se non sono messe in atto le opportune correzioni. Durante le crisi da acidosi i primi sintomi che si evidenziano sono i seguenti: aumento degli acidi organici in soluzione, innalza­

mento della concentrazione di biossido di carbonio con conse­

guente riduzione della percentuale di metano, incremento del contenuto di idrogeno molecolare. L’analisi del rapporto aci­

dità totale/alcalinità totale consente di monitorare per tempo eventuali fenomeni inibenti latenti o fisiologici, permettendo di anticipare le manovre di correzione gestionali.

La scelta dei tempi di frazionamento del carico è utile, inoltre, per evitare sovrapproduzioni temporanee di biogas che potrebbero non essere adeguatamente stoccate nei gaso­

metri con conseguenti scarichi in atmosfera o combustione in torcia ed evidenti perdite di efficienza.

[

PERCHÉ LA CO­DIGESTIONE AIUTA L’UTILIZZO DEI SOTTOPRODOTTI Una volta messi in luce i parametri gestionali e funzionali più [ 1 ­ Impianto di digestione

anaerobica alimentato a effluenti bovini.

2 ­ Sottoprodotti dell’agroindustria in un impianto: patate di scarto e frutta non commerciale.

3 ­ Digestore anaerobico a vasche concentriche con cupola gasometrica sulla vasca centrale e coclea per il carico delle biomasse.

[ Digestore anaerobico orizzontale in acciaio alimentato a effluenti zootecnici di bovini da carne e cereali insilati.

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XVIII Terra e Vita

[ BIOGAS 2013, SI VOLTA PAGINA ]

n. 13/2012

importanti che hanno influenza sull’efficienza biologica, l’ele­

mento che maggiormente incide sulla redditività dell’impian­

to è rappresentato dai costi di approvvigionamento della materia organica. Tale voce è la più importante per gli impian­

ti alimentati a colture dedicate: nelle condizioni estreme può arrivare a incidere fino al 40­45% del fatturato generato dalla vendita dell’energia elettrica. È evidente, quindi, che la ricer­

ca delle matrici organiche di scarto e/o classificabili dalla normativa vigente come “sottoprodotti” diviene, oltre che per evidenti ragioni etiche, un elemento di importanza fonda­

mentale. Vi sono però alcune questioni di compatibilità parti­

colarmente importanti da sottolineare che incidono sull’uti­

lizzo dei sottoprodotti:

­ a parte il caso degli effluenti zootecnici e pochi altri prodotti di origine agricola, non sono solitamente disponibili direttamente in azienda, ma provengono dal settore agroin­

dustriale della trasformazione e richiedono pertanto la stipu­

la di contratti di fornitura, generalmente a costo;

­ raramente sono programmabili con certezza per tutta la vita utile dell’impianto, riducendo la bancabilità dell’iniziati­

va imprenditoriale;

­ i flussi di origine vegetale non sono disponibili continua­

tivamente nel tempo, obbligando i gestori a modificare di continuo la “dieta” da somministrare all’impianto;

­ non sono “qualitativamente costanti” nel tempo, in primo luogo per il contenuto di umidità. Questo comporta un’atten­

ta gestione dei carichi organici: se troppo elevati e improvvisi possono comportare squilibri biologici o dilavamenti del di­

gestore con evidenti conseguenze sulla produzione nel tem­

po; carichi troppo bassi, invece, determinano una riduzione della produzione con evidenti ripercussioni sul fatturato e sull’efficienza del cogeneratore. È noto, infatti, che il rendi­

mento elettrico di un cogeneratore scende sempre quando il motore non funziona al regime di coppia massima;

­ sono difficilmente conservabili in azienda mediante insi­

lamento: il loro arrivo in impianto deve quindi essere ben gestito e programmato. La disponibilità temporale molto ri­

stretta (si pensi alla buccette di pomodoro, alle vinacce, alle sanse...) e la volontà o l’impegno di ritirare quanto più mate­

riale possibile può portare ad accumulare tali prodotti in modalità sfusa su piazzali. Lo stoccaggio di materiali idonei

alla produzione di biogas, in cumuli non controllati determi­

na l’avvio repentino di processi di degradazione che, oltre a ridurne il potenziale produttivo, è causa di emissioni odori­

gene;

­ la loro disponibilità in termini quantitativi è sì interessan­

te, ma raramente sono di entità sufficiente da giustificare la costruzione di un impianto di biogas alimentato esclusiva­

mente con una certa tipologia di sottoprodotto. A questo si aggiunga che nella pratica nessun sottoprodotto è digeribile

“da solo”, fatta eccezione per gli effluenti zootecnici, ma anche nel caso degli allevamenti la consistenza aziendale non sempre è sufficiente per arrivare a generare biogas in quantità tale da riuscire ad alimentare un cogeneratore di taglia com­

merciale. Qualora ciò fosse possibile, bisogna tenere conto che motori di taglia molto piccola (20­30 kW di potenza elettrica) hanno rendimenti elettrici di gran lunga più bassi rispetto a quelli di taglia medio­piccola o grandi.

La co­digestione dei sottoprodotti come quota parte di una miscela costituita prevalentemente con matrici organiche di­

sponibili continuativamente e con qualità pressoché costante (colture dedicate e per certi aspetti effluenti zootecnici), con­

sente di ottimizzarne l’uso e di ottenere elevate performance ambientali ed energetiche. La definizione dei rapporti di co­

digestione dipende da moltissimi fattori biologici, strutturali, organizzativi ed economici, ma in linea di massima una base di alimentazione di circa il 50­60% di matrici “standard” e costanti in qualità sarebbe sufficiente per una buona e corretta progettazione dell’impianto e per garantire la sua sicurezza funzionale. Il grafico riportato illustra la chiara correlazione fra il carico organico volumetrico e la relativa produzione di biogas e quindi di energia elettrica.

In definitiva, sono le colture energetiche che con il loro elevato standard quali­quantitativo consentono di utilizzare i sottoprodotti in modo razionale ed efficiente; in mancanza di prodotti di questo tipo vi è il concreto rischio che consistenti potenziali produttivi derivanti dai sottoprodotti non possano

essere sfruttati al meglio. n

*CRPA spa, Reggio Emilia.

[ CORRELAZIONE FRA CARICO ORGANICO

VOLUMETRICO E RELATIVA PRODUZIONE DI BIOGAS

[ Stalla con bovini da latte allevati a stabulazione libera.

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