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Il contenzioso assicurativo in italia

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Academic year: 2022

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Il contenzioso assicurativo in italia

Dr. Lino Schepis

Ogni anno in Italia vengono promosse oltre 1.500.000 nuove cause civili. Essendovi uno sbilanciamento negativo rispetto ai giudizi conclusi, il carico delle cause pendenti, che ha raggiunto i 3.500.000 procedimenti, è destinato a crescere ancora.

Il fenomeno costituisce motivo di seria preoccupazione, in quanto la nostra struttura giudiziaria non è notoriamente in grado di soddisfare le esigenze della nostra società; una recente statistica ha mostrato come il tempo medio di pendenza di una causa civile in primo grado davanti al giudice ordinario sia arrivato a quattro anni, mentre quello innanzi al giudice di pace sia comunque salito ad otto mesi.

Ormai non è infrequente imbattersi, anche in sede istituzionale, in espressioni forti, come “situazione al limite del collasso”, o come “giustizia denegata”, o “fuga dalla giustizia dello Stato” ( vedi relazione a PL.n.4567, Camera dei Deputati, 17.2.98 ).

In ogni caso, tale situazione ci vede gravemente inadempienti agli obblighi assunti in ambito comunitario con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Non a caso siamo il Paese con il maggior numero di sanzioni inflitte dall’UE per ritardi nella giustizia interna.

Quale parte ha su questo fenomeno il settore assicurativo?

Purtroppo, una parte non secondaria.

L’ultima statistica elaborata dall’ISVAP, relativa all’anno 1999, pone in evidenza, per il solo comparto del contenzioso sinistri rca, poco meno di 270.000 cause, vale a dire l’8%. Se però aggiungiamo a tale dato il contenzioso per sinistri rami vari

Lloyd Adriatico -Direttore Affari Generali.

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(ca 80.000 cause ) e quello per problemi assuntivi di varia natura – recuperi di premi e di franchigie insolute, questioni tariffarie, ecc. – raggiungiamo e superiamo le 500.000 cause, con un’incidenza pari al 14.3%.

Il trend di aumento rilevato suscita preoccupazione, posto che segue una serie di iniziative che, almeno nelle intenzioni, avrebbero dovuto deflazionare in modo significativo la conflittualità assicurativa:

- l’introduzione del Giudice di Pace

- la forte accelerazione alle liquidazioni attuata negli ultimi anni dalle migliori imprese assicuratrici

- le numerose iniziative di liquidazione pattizia dei sinistri promosse dall’ANIA con il sostanziale appoggio delle associazioni dei Consumatori.

Il problema della litigiosità assicurativa doveva essere ben presente al legislatore fin dai tempi della legge istitutiva dell’obbligo di assicurazione dei veicoli, cioè nel 1969. Tracce di tale sensibilità si possono trovare in norme come

° l’art.22, che vieta il ricorso giudiziale da parte del danneggiato nei 60 giorni seguenti l’invio della prima lettera di richiesta di risarcimento, concedendo quindi alle imprese il cosiddetto “spatium deliberandi” utile – in teoria – per prevenire una lite

° l’art.24, che, per converso, costituisce un serio deterrente verso un atteggiamento dilatorio delle imprese, in quanto attribuisce al danneggiato la facoltà di ottenere, prima ancora che siano definiti i profili di responsabilità e di danno, un’anticipazione di indennizzo pari ai 4/5 dell’intero importo ipoteticamente dovuto;

° l’art.18, che ha consentito di evocare in giudizio direttamente l’assicuratore, determinando un’indubbia semplificazione processuale rispetto al tradizionale impianto normativo.

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Sono state, le tre norme sopra ricordate, e sono ancora istituti decisamente innovativi, anche rapportati al contesto europeo, soprattutto se si considera l’ambito socio-temporale (eravamo alla fine degli anni ’60!) nel quale la legge fu emanata.

L’introduzione della figura del giudice di pace, il cui profilo si intendeva fortemente orientato ad una funzione conciliativa, avrebbe a propria volta dovuto gradualmente

…educare i cittadini alla composizione bonaria, meglio se pre- processuale.

Purtroppo, sotto tale aspetto l’innovazione si è rivelata un vero fallimento, soprattutto per lo svuotamento di efficacia dell’udienza preliminare a ciò espressamente destinata. E ciò è avvenuto con pari responsabilità dei legali patrocinatori dei danneggiati e delle imprese assicurative.

In più, il modo con il quale i giudici volontari stanno svolgendo la loro funzione mostra due aspetti critici, dal punto di vista degli assicuratori: un certo “favor”, comprensibile ma non sempre condivisibile, verso i danneggiati – ricavabile anche dagli indici di gravame proposto dagli attori, molto più bassi di quelli riguardanti le sentenze dei giudici togati, (dato che da qualcuno viene interpretato - erroneamente - solo come valore positivo), ed una frequente “gratificazione” dei legali sotto l’aspetto degli onorari liquidati, che le statistiche segnalano in sensibile aumento.

In tale situazione, ed in considerazione dei tempi comunque brevi di durata delle cause di questo tipo, si può comprendere come il patrocinatore sia sempre più frequentemente indotto a concludere l’iter giudiziario piuttosto che ricercare o favorire accomodamenti.

Per quanto concerne la politica liquidativa attuata dalle imprese, quanto meno dalle migliori tra esse, chi opera nel settore sa che da tempo tattiche dilatorie o defatigatorie non pagano, perché

- i costi di causa, soprattutto nel segmento di valore più basso, superano spesso il “petitum”

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- mutamenti di indirizzo della giurisprudenza incidono direttamente sul valore dei danni discussi, creando pericolose insufficienze nella riservazione ( si pensi alle famose

“tabelle di Milano”, che, concepite nel 1995, sono state modificate meno di un anno dopo,comportando incrementi medi del calcolo del danno alla persona pari al 30% ).

L’accelerazione dell’iter di liquidazione ha prodotto due circostanze al limite del paradossale:

- il numero dei reclami per liquidazioni troppo elevate o troppo frettolose che pervengono oggi alle direzioni delle imprese ha praticamente raggiunto quello di chi lamenta ritardi od irrigidimenti ingiustificati;

- qualcuno, specie tra le organizzazioni di tutela dei consumatori, sta cominciando ad affermare che le assicurazioni

“pagano troppo”, causando indebiti rincari dei costi delle polizze.

E’ quanto meno curioso essere accusati ad un tempo di pagare troppo e troppo poco, troppo in fretta e troppo in ritardo!

Delle molteplici iniziative assunte negli anni dall’ANIA per favorire semplificazioni del processo liquidativo dirò meglio più avanti.

Che il fenomeno del contenzioso sia direttamente collegato a crescenti, inarrestabili atteggiamenti speculativi è fatto ormai noto, e da tempo pubblicamente denunciato. In un recente convegno, svoltosi a Napoli, un giudice di pace si è espresso in termini che ritengo opportuno riportare integralmente:

“ Il giudice di pace, superate le prime resistenze misoneistiche, si è rivelato una fonte di guadagni insperati per tutte (tutte!) le categorie professionali e paraprofessionali che operano nel settore dell’infortunistica stradale”.

Pur tenendo conto della realtà tutta particolare di quel territorio, tale affermazione non può non essere, almeno in parte, riferita ad ogni situazione geografica del nostro Paese.

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GLI STRUMENTI DI CONCILIAZIONE NON CONTENZIOSA

Se il problema si pone in questi termini, è consequenziale che la promozione e lo sviluppo di strumenti non contenziosi di liquidazione dei danni appaiano una scelta obbligata, per quanto ardua.

Conviene dare una rappresentazione sintetica della situazione attuale, per ciò che concerne gli strumenti disponibili:

A) strumenti normativi già esistenti

B) strumenti normativi “de iure condendo”, cioè in fase progettuale

C) strumenti convenzionali già in uso

D) strumenti convenzionali in via di realizzazione.

A) STRUMENTI NORMATIVI GIA’ ESISTENTI

Credo non vi sia istituto giuridico più disapplicato, o addirittura ignorato, di quello previsto dall’art. 322 cpc.

In base a tale norma, è già oggi possibile adire il giudice di pace in sede non contenziosa, per ottenere una pronuncia compromissoria avente pieno valore ed efficacia tra le parti. I benefici sono notevoli:

- assenza di limiti di valore e di materia - tempi ristretti

- informalità (possibile anche la trattazione orale) - costi quasi nulli

L’unica condizione è che vi sia il consenso delle parti a rimettere al magistrato in sede non contenziosa la decisione.

Questa ha valore di titolo esecutivo se contenuta nel limite di competenza proprio, altrimenti ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio.

La funzione era già prevista dalla legge, ed assegnata in precedenza al giudice conciliatore.

Purtroppo, cinque anni di esperienza di quasi 4.000 giudici di pace hanno prodotto un numero assolutamente irrisorio di procedimenti, segno di una persistente disattenzione che non

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può spiegarsi solo con la sconoscenza della norma o con alcune difficoltà applicative; è una pratica contraria agli interessi ( personali) dei patrocinatori? E’ una questione di puro profitto?

E’ realistico ritenere che vi siano ragioni comuni con quelle che hanno portato al fallimento della fase conciliativa pre- giudiziale di cui si è detto sopra.

A) STRUMENTI NORMATIVI “DE JURE CONDENDO”

Contrariamente a quanto si possa pensare, esistono numerose iniziative legislative in tema di risoluzione non giudiziale delle controversie private; alcune hanno un indirizzo generale, altre sono orientate verso settori specifici (ad esempio il DL n.4806/98 in materia di contratti di lavoro).

Meritano a mio avviso citazione particolare due di essi:

- il DL n.4567/98 (proponenti Folena, Pisapia ed altri)

- il DL n.7185/00 (di iniziativa del Governo).

- Il DL n.4567/98, strutturato su 20 articoli, affronta in modo organico la procedura conciliazione extra giudiziale, istituisce camere di conciliazione presso ogni tribunale, ma risulta profondamente innovativo per due aspetti:

- dispone la conciliazione obbligatoria in tema di cause da risarcimento di danni da circolazione fino a 50 milioni, e per quelle, di pari valore, sorte tra professionisti e tra professionisti e consumatori

- introduce il trasferimento della causa ad opera del giudice ad un conciliatore o ad un consulente tecnico.

Nella relazione parlamentare vengono affrontati gli ovvi risvolti di costituzionalità di questo “filtro obbligatorio di procedibilità”, e viene ben rappresentato che tale filtro è in linea con i più recenti orientamenti della Corte Costituzionale in materia: natura delle parti ( pubblica amministrazione o imprese di pubblico interesse), esigenza di porre un freno all’eccesso di

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tutela giurisdizionale, controversie che richiedono tempi rapidi di definizione e presentano problemi giuridici di modesta complessità.

Il secondo aspetto trae spunto dalle esperienze maturate da altri Paesi. In particolare dagli Stati Uniti, dove l’arbitrato trova il suo fondamento non nella concorde volontà delle parti, ma in un provvedimento del giudice.

Le parti non possono contestare la decisione del giudice di sottrarre la controversia all’iter del processo ordinario, ma possono non accettare il lodo arbitrale e richiedere la ripresa del processo dal momento in cui si era interrotto. Sono previste però, molto più che oggi, pesanti sanzioni in caso di resistenza non giustificata.

Il DL n.7185/00, di iniziativa governativa, consta di 39 articoli e riprende in larga misura il precedente DL, ne amplia la portata, interviene addirittura con importanti modifiche del rito processuale.

Vale la pena di riassumerne gli aspetti salienti, che potranno influenzare un intervento normativo nella prossima legislatura. In sintesi il DL:

- crea un “servizio di informazione e consulenza per l’accesso alla giustizia”, destinato al pubblico e diretto a fornire informazioni di ogni genere, inclusi gli indirizzi giurisprudenziali, i costi dei procedimenti, i riferimenti di ogni organismo, pubblico e privato, che presti servizio di risoluzione extragiudiziaria delle vertenze civili;

- istituisce e regolamenta camere di conciliazione presso ogni sede di tribunale;

- istituisce e regola camere di conciliazione ed arbitrato per controversie tra consumatori ed imprese presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura;

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- crea un registro nazionale delle associazioni e degli enti (anche privati) presso i quali è possibile esperire un procedimento di risoluzione negoziale dei conflitti;

- rivede integralmente l’art.322 cpc, fissando nuovi termini e modalità;

- definisce un procedura specifica di

composizione di controversie automobilistiche, sia in fase pre-contenziosa, sia nel corso del giudizio ordinario, attribuendo al lodo valore vincolante e forza esecutiva;

- una serie di norme di modifica del processo civile, con riduzione di tempi, trasferimento ad arbitrato, inserimento di norme punitive sulle spese a carico del soccombente.

Caratteristica di ogni strumento compromissorio delineato è la non obbligatorietà (viene dunque abbandonata la linea seguita dal precedente DL).

Di particolare interesse – e curiosità – la norma che impone agli avvocati di informare il cliente di ogni strumento di conciliazione esistente, prima di dare corso al giudizio, quella che vieta espressamente le udienze di mero rinvio, e quella che riassegna la dovuta importanza al “tentativo di conciliazione nel corso del processo”, che ridiviene obbligatorio anche di fatto e pone oneri particolari agli inadempienti.

A) STRUMENTI CONCILIATIVI CONVENZIONALI GIA’ ESISTENTI

In quest’ambito le imprese assicuratrici, attraverso l’ANIA, hanno compiuto sforzi non privi di significato; basti pensare:

1- alla procedura CID (Convenzione Indennizzo Diretto), attraverso la quale ogni anno, da circa vent’anni, 1.500.000 automobilisti danneggiati ricevono la liquidazione del danno, con iter semplificato, direttamente dal proprio assicuratore;

2- all’Accordo per la risoluzione con procedura arbitrale di vertenze tra assicuratori; questo accordo, vigente

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da otto anni, ha in pratica eliminato le cause tra assicuratori, a beneficio dei danneggiati terzi, che non debbono più subire i ritardi provocati da palleggiamenti di responsabilità tra imprese;

queste provvedono a comporre i dissidi con una procedura arbitrale curata direttamente dall’ANIA;

3- all’Accordo per i sinistri catastrofali (quelli che vedono coinvolti oltre 40 veicoli), la cui soluzione pratica comportava sovente problemi quasi insormontabili;

4- all’Accordo con le autocarrozzerie, che ha comportato semplificazioni nel quantum e nelle procedure di liquidazione;

5- agli Accordi per la liquidazione dei sinistri con pluralità di danneggiati, che negli anni hanno portato alla definizione di moltissime vertenze, e che oggi vivono un momento di crisi, sperabilmente passeggera.

A) STRUMENTI CONVENZIONALI IN VIA DI REALIZZAZIONE

Merita una particolare citazione, per razionalità, completezza, rispondenza alle direttive della Comunità Europea l’accordo, prossimo alla conclusione, tra l’ANIA e le più rappresentative associazioni dei consumatori.

Tale accordo, del tutto rispettoso della Raccomandazione CE 98/257 del 30 marzo 1998, si articola su tre punti essenziali:

- una procedura di conciliazione a base volontaria - un “sistema di segnalazione di disservizio”

- un osservatorio di monitoraggio statistico sul funzionamento e sulla soddisfazione dei consumatori.

La procedura di conciliazione è semplice, veloce e quasi senza costi per l’utente: questi, a condizione che non abbia già intrapreso la via giudiziale e non abbia conferito incarico a patrocinatori, può rivolgersi ad uno degli enti di consumerismo, il quale gli metterà a disposizione un esperto, che si confronterà

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con un esperto designato dall’impresa assicurativa, nell’ambito di un “comitato di conciliazione”.

In caso positivo, la conclusione accettata viene formalizzata in un verbale, il cui contenuto diviene obbligatorio e vincolante per entrambe le parti.

In caso negativo, viene comunque compilato un verbale, che definisce le rispettive posizioni e potrà rivestire rilievo nel successivo giudizio ordinario.

E’ interessante rilevare che la CE ha più volte ribadito l’opportunità di ricercare soluzioni conciliative atte ad evitare la sproporzione tra la portata economica della controversia ed i costi della stessa, ed ha richiamato le positive esperienze acquisite da numerosi Stati membri, raccomandando lo sviluppo di sistemi di “Ombudsman” quale quello oggi concepito da imprese e rappresentanze di consumatori.

Con il “sistema di segnalazione del disservizio”, che si avvale di una procedura simile a quella per la conciliazione, le imprese si impegnano a dare una risposta all’interessato entro cinque giorni.

Siamo nel cuore del problema: saranno queste iniziative, o quelle assunte in ambito istituzionale, capaci di invertire la tendenza al ricorso giudiziale senza il sostegno dell’obbligatorietà?

Oppure, al contrario, i forti interessi di categoria in gioco (di avvocati, medici, fisioterapisti, periti, intermediari, ecc.) e l’immediato “link” che si determina tra danneggiato e patrocinatore - in qualche caso… anche prima che il sinistro avvenga… - vanificheranno anche questa ed ogni altra forma di risoluzione non giudiziale delle controversie?

I pessimisti ritengono che solo l’introduzione di un obbligo di legge potrà incidere efficacemente sul problema.

EFFETTI DELLA LEGGE 57/01 SUL CONTENZIOSO E SUGLI STRUMENTI CONCILIATIVI

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E’ il momento di formulare qualche considerazione sui possibili effetti della nuova legge 57/2001 sul fenomeno del contenzioso assicurativo.

Una prima riflessione, negativa, non può non concernere la totale omissione di riferimenti al problema delle soluzioni non giudiziali.

Il legislatore – evidente l’influenza del momento di forte tensione politica e sociale – ha preferito…mostrare i muscoli, concentrandosi particolarmente sull’aggravamento delle sanzioni a carico delle imprese inadempienti o ritardatarie.

Non che un ritardo, anche solo nel dare una risposta negativa, od una qualche omissione gestionale siano comportamenti da approvare; mi sembra tuttavia che la previsione di sanzioni per centinaia di milioni anche per singoli casi sia del tutto sproporzionata, e non paragonabile con alcuna altra situazione conosciuta nel nostro ordinamento.

E’ lecito prevedere un incremento di reclami strumentali all’ISVAP, da usare a scopo di intimidazione, e, per converso, un atteggiamento liquidativo più preoccupato (e forse anche più condiscendente verso i danneggiati), con inevitabili ricadute sui costi dei sinistri.

Dallo stretto punto di vista del contenzioso, è possibile che un qualche effetto - peraltro contenuto - sul numero delle cause possa determinarsi.

Per quanto concerne, invece, la predeterminazione per legge di parametri valutativi del danno fisico di lieve entità, ritengo di non poter condividere l’opinione espressa da coloro - in primis il Governo – che puntano su una sicura riduzione della conflittualità.

Chi afferma ciò non considera che tutti i giudici, togati e non, hanno da tempo adottato una tra le tabellazioni più conosciute e diffuse, dichiarandolo sovente in sentenze…programmatiche, allo scopo di dare maggiore certezza; quasi l’80% dei giudici utilizza oggi le già ricordate

“tabelle di Milano”.

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La semplice sostituzione di una tabella volontariamente scelta con altra fissata dal legislatore non avrà, a mio parere, un significativo effetto di contenimento del contenzioso, così come non ne avrà sulla frequenza dei danni fisici e sulle richieste di risarcimento. Sappiamo bene che gran parte del contenzioso riguarda proprio le piccole lesioni, con un’inarrestabile tendenza all’aumento.

Non è fuori luogo ipotizzare il contrario, e cioè che l’adozione di una tabella imposta – cioè non sempre condivisa – ma flessibile, che lascia spazio alla discrezionalità del giudice, potrà portare a soggettivizzazioni maggiori di quelle oggi applicate, e potrà indurre l’avvocato a tentare, più di oggi, la strada della causa.

La vera funzione della norma sarà quella di ricondurre ad una maggiore giustizia distributiva, di riequilibrare le liquidazioni tra tribunale e tribunale, tra giudice e giudice, eliminando la cosiddetta “giurisprudenza di quartiere”, non quella di ridurre il contenzioso.

Maggiori effetti sulla litigiosità potrebbero invece, a mio avviso, conseguire da una norma di natura del tutto diversa, ben poco sottolineata, ma che potrà incidere sugli atteggiamenti psicologici delle procedure liquidative: mi riferisco al cosiddetto

“diritto all’accesso” agli atti delle imprese di assicurazione introdotto dall’art.3 della legge.

Se debitamente utilizzato, senza sconfinare negli eccessi e nelle strumentalizzazioni, l’istituto potrà indurre le parti – soprattutto gli addetti alla liquidazione dei danni per conto delle imprese – ad una maggiore lealtà e trasparenza nei comportamenti, a tutto beneficio di una soluzione stragiudiziale delle vertenze.

D’altronde, lo stesso accordo con i consumatori in via di realizzazione prevede una sorta di facoltà di accesso agli atti dell’assicuratore da parte del rappresentante del danneggiato.

E, prima ancora, è stato il Garante della Privacy a riconoscere al danneggiato un diritto all’accesso alle

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informazioni di profilo medico acquisite dall'assicuratore, senza peraltro arrivare ad un diritto di accesso agli atti.

Pur non conoscendo ancora in quali termini il regolamento di esecuzione, cui la norma rinvia, delimiterà l’istituto, è bene che gli assicuratori prendano atto che le regole sono definitivamente cambiate, e che i comportamenti dovranno cambiare in modo corrispondente.

CONCLUSIONI

In conclusione, la mia personale opinione è che l’attuale legge non potrà produrre significativi effetti di calmiere sul contenzioso sinistri, almeno per quei comportamenti che abbiamo visto dipendere strettamente da intenti speculativi. Al contrario, temo l’apertura di altri fronti di contenzioso, soprattutto legati al ricorso strumentale alle maggiori sanzioni sancite dalla legge.

Giustamente l’ANIA ha di recente indicato altre vie per incidere su tali atteggiamenti speculativi:

- porre a carico del danneggiato una quota dei danni alle cose, nella forma di una franchigia opponibile ai terzi (peraltro ponendo altri gravi problemi di fatto e di diritto)

- negare il riconoscimento di spese legali se vi è accordo di liquidazione entro lo “spatium deliberandi”

(riaprendo un’ antica questione, sorta nei primi anni ’70, con l’avvio della legge n.990/1969).

Mi auguro che il problema delle procedure conciliative trovi soluzione nella traduzione in legge del Disegno Legge prima descritto, oppure, meglio ancora, in una legge organica di completa revisione della responsabilità civile extracontrattuale (non solo rca).

Nel frattempo, avremo l’opportunità di sperimentare sul campo l’effettiva volontà di noi tutti di perseguire strade alternative alla lite, mediante realizzazione e piena diffusione dell’accordo di conciliazione di cui si è parlato. Questa

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sperimentazione potrà risultare funzionale all’eventuale futura regolazione per legge della materia, fornendo al legislatore utili spunti su istituti già collaudati.

Sarà importante capire se la nostra società è matura per recepire gli input europei, per correggere spontaneamente alcune deformazioni comportamentali che non ci fanno onore nel contesto comunitario, oppure se sarà inevitabile assistere ad un’ulteriore evoluzione negativa del comparto rca, che qualcuno ha - provocatoriamente, ma non senza ragione - dichiarato non avere altro sbocco che la gestione diretta da parte dello Stato.

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