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Il danno biologico nell' anziano: Considerazioni dell' ortopedico

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Academic year: 2022

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Il danno biologico nell' anziano:

Considerazioni dell' ortopedico

Prof. Paolo Gallinaro*

La patologia dell'apparato scheletrico nell'anziano è essenzialmente caratterizzata da tre processi:

l'osteoporosi senile, l'artrosi dei distretti articolari e la possibile comparsa di lesioni neoplastiche sia primitive che secondarie. Il nostro tema è tuttavia focalizzato sul danno biologico di natura traumatica e dunque alle fratture su base osteoporotica tipiche dell'anziano.

L'osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da riduzione della massa ossea con conseguente fragilità e predisposizione alle fratture; la malattia colpisce generalmente le donne in menopausa (osteoporosi di tipo 1) e la popolazione senile (osteoporosi di tipo 2).

Il problema delle fratture dell'anziano è attualmente un tema di grande interesse per le enormi implicazioni di ordine sociale ed economico ad esso correlate; le fratture da osteoporosi rappresentano infatti una vera e propria epidemia silenziosa in progressivo aumento che è al centro degli interventi di politica sanitaria di tutti i paesi industrializzati in rapporto al progressivo aumento delle fasce anziane della popolazione.

Il 70% delle fratture delle donne di età superiore a 45anni è dovuto all'osteoporosi. Questa malattia comporta annualmente un costo superiore a sei miliardi di dollari.

Considerando che la popolazione anziana nel prossimo futuro aumenterà ulteriormente, la stima approssimativa del numero di persone colpite dalla malattia e della spesa sanitaria che si dovrà fronteggiare raggiunge livelli decisamente preoccupanti.

Attualmente negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone sono affetti da osteoporosi 75 milioni di persone, e cioè circa un terzo delle donne in menopausa e una larga percentuale di anziani.

La principale conseguenza dell'osteoporosi è la comparsa di fratture ossee; e tra queste la frattura del collo del femore e della regione trocanterica è la causa principale di morbilità e mortalità legata a questa malattia; essa rappresenta inoltre il fattore più importante di menomazione funzionale tra le persone anziane.

Un paziente su 20 di età superiore a 65 anni che occupa un posto letto ospedaliero è affetto da una frattura del collo del femore o della regione trocanterica.

Il 15-20% dei soggetti anziani con frattura femorale muore entro un anno dall'evento traumatico e la mortalità aumenta progressivamente con l'aumentare dell'età.

La maggior parte dei pazienti che sopravvivono, inoltre necessita di assistenza per lo svolgimento delle normali attività quotidiane.

Molti studi hanno evidenziato che l'età e il sesso femminile rappresentano i principali fattori di rischio per lo meno nella popolazione di razza bianca.

Le incidenze maggiori sono state segnalate nei Paesi Scandinavi mentre nelle regioni mediterranee il rischio di frattura del collo femorale appare sensibilmente inferiore.

Le popolazioni asiatiche, quelle ispaniche e i soggetti di razza nera mostrano minore incidenze di frattura femorale rispetto alla popolazione di razza bianca.

Tra i fattori legati allo stile di vita il consumo di alcool e il fumo rappresentano i principali fattori di rischio.

Nonostante tutte le fratture su base osteoporotica presentino alcune fondamentali analogie di fondo quali l'aumento di incidenza con l'età, la predilezione per il sesso femminile e la correlazione con traumi di lieve entità, le principali fratture osteoporotiche e cioè le fratture vertebrali, dell'estremo prossimale del femore e dell'estremità distale del radio presentano importanti

* Direttore Prima Clinica ortopedica, Università di Torino

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differenze di ordine epidemiologico, patogenetico, clinico e prognostico. Le fratture vertebrali rappresentano l'evenienza più tipica della sindrome osteoporotica.

Si tratta di fratture ad insorgenza spontanea legate per lo più a gesti della vita quotidiana.

L'incidenza di schiacciamenti vertebrali radiologicamente evidenti è elevata; la maggior parte di queste alterazioni resta tuttavia asintomatica e viene diagnosticata solo successivamente in occasione di un esame radiografico.Metà delle donne di età superiore a 45 anni mostrano segni di osteoporosi all'esame radiografico della colonna; 9 donne su 10 dopo i 75 anni mostrano segni radiografici di osteoporosi e 5 di esse presentano deformità vertebrali da schiacciamento.

La sindrome da frattura vertebrale quando è conclamata è caratterizzata da dolore intenso di durata variabile da due settimane a tre mesi, localizzato in sede di frattura con le caratteristische cliniche del dolore meccanico e cioè più marcato nella stazione eretta e nella deambulazione; non sono generalmente presenti sintomi di sofferenza radicolare. Spesso le fratture sono multiple e l'altezza del paziente diminuisce progressivamente; compare allora una cifosi dorsale che può causare una riduzione notevole della capacità toracica.

Queste modificazioni comportano ridotta tolleranza all'esercizio fisico, precoce sazietà e perdita di peso e contribuiscono talora in modo determinante al progressivo ritiro dalla vita sociale del paziente.

I dati sugli effetti delle fratture vertebrali sull'autonomia funzionale del paziente e sulla qualità della vita sono scarsi, ma la morbilità nei pazienti con fratture vertebrali osteoporotiche è significativamente aumentata rispetto ai soggetti di controllo di pari età.

Spesso il dolore diviene cronico per il manifestarsi di alterazioni artrosiche secondarie, ed il paziente sviluppa talora una vera e propria farmaco-dipendenza da analgesici e anti-infiammatori.

La frattura del collo del femore e della regione trocanterica è certamente l'evento più temibile nella sindrome osteoporotica.

Tale frattura comporta di norma l'ospedalizzazione del paziente e pertanto i rilievi epidemiologici relativi ad essa risultano molto più accurati e standardizzati rispetto alle fratture vertebrali.

L'evento fratturativo è gravato da una mortalità entro un anno compresa fra il 15 e il 20% a seconda del sesso e dell'età del paziente.

La morbilità a lungo termine è condizionata oltre che dall'evento fratturativo anche dalla frequente presenza di patologie croniche associate e comporta una significativa riduzione dell'autonomia funzionale del paziente, tanto che almeno il 50% dei pazienti in grado di deambulare prima della frattura non è più autonomo nella deambulazione nonostante un idoneo trattamento chirurgico.

La frattura dell'estremo distale del radio è al contrario la meno invalidante tra le fratture osteoporotiche; si tratta di una frattura che colpisce quasi esclusivamente il sesso femminile e che determina postumi caratterizzati da dolore e limitazione funzionale generalmente di lieve entità a meno che non si instauri una sindrome algodistrofica che interviene nel 30% dei casi e che determina un aggravamento della a lesione e un lento recupero funzionale.

La presenza in anamnesi di una frattura dell'estremo distale del radio in epoca post-menopausale rappresenta un significativo fattore di rischio per una successiva frattura dell’estremo prossimale del femore.

Il trattamento delle lesioni fratturative su base osteoporotica differisce sensibilmente da quello delle lesioni traumatiche del giovane essendo legato a una situazione biomeccanica sfavorevole e a condizioni generali spesso compromesse data l'età dei pazienti.

L'osso è un materiale composito formato da collagene di tipo 1 che si oppone alle forze in distrazione e da cristalli di idrossiapatite che si oppongono alle sollecitazioni in compressione. Un materiale composito quale l'osso è un materiale non omogeneo che si frattura nel punto più debole e cioè nell'area caratterizzata da minore densità.

La scarsa attività fisica conduce a fenomeni di riassorbimentoosseo mentre l'esercizio fisico riduce il decremento di massa ossea post-menopausale e senile dal 2% allo 0,5% annuo.

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Dal punto di vista meccanico il tessuto osseo spongioso si oppone alle sollecitazioni in compressione (tale meccanismo si realizza a livello delle fratture vertebrali e a livello dell’estremo distale del radio) mentre il tessuto osseo corticale si oppone alle sollecitazioni in torsione e in flessione (meccanismo tipico delle fratture del collo del femore e della regione trocanterica ).

Poichè il riassorbimento del tessuto osseo spongioso che è metabolicamente più attivo si realizza precocemente le fratture vertebrali e dell'estremo distale del radio sono tipiche delle donne in età post-menopausale mentre le fratture dell'estremo prossimale del femore si realizzano più tardivamente in rapporto ad una successiva compromissione del tessuto osseo corticale e sono tipiche dell’ osteoporosi senile che colpisce sia le donne che gli uomini anche se prevalentemente il sesso femminile.

Nelle fratture su base osteoporotica a differenza delle fratture tipiche dell'età giovanile il ruolo del meccanismo traumatico è modesto; talora si realizzano delle vere e proprie fratture da fatica e il trauma può essere del tutto assente: si suppone infatti che il 50% delle fratture dell'estremo prossimale del femore avvengano con tale modalità e che pertanto esse rappresentino la causa e non la conseguenza della caduta del paziente.

Il trattamento ortopedico delle fratture vertebrali su base osteoporotica consiste nell'utilizzo di un tutore di scarico del tratto interessato per 6-8 settimane fino al superamento della fase algica acuta.

E' inoltre opportuno eseguire esercizi di rinforzo della muscolatura paravertebrale e della muscolatura addominale per contrastare l'evoluzione in cifosi dorsale.

L'indicazione chirurgica in questi casi è eccezionale ed è legata ad un impegno del canale spinale dovuto a interessamento del muro posteriore o alla comparsa di una instabilità vertebrale.

Tale evenienza è invece comune nelle localizzazioni tumorali primitive o metastatiche spesso associati a quadri di semplice osteoporosi vertebrale che possono talora ingannare anche il medico più esperto.

Le fratture vertebrali su base osteoporotica necessitano pertanto di una accurata valutazione per poter escludere possibili lesioni neoplastiche primitive o secondarie o ancora affezioni endocrinologiche; in ogni caso dubbio l'esame radiografico standard deve essere completato da opportuni esami ematologici e strumentali quali TC o RMN.

Le fratture del'estremo distale del radio non presentano invece problemi di tipo diagnostico ma necessitano di una accurata riduzione per ristabilire l'anatomia della articolazione radio-ulnare distale; il trattamento è in genere incruento con successiva immobilizzazione in apparecchio gessato antibrachio-metacarpale o in caso di interessamento della rima articolare omero-metacarpale.

Accanto agli apparecchi gessati tradizionali è inoltre possibile utilizzare gessi funzionali tipo Sarmiento. Rimosso l'apparecchio gessato è necessaria una precoce mobilizzazione del polso per prevenire l'insorgenza di una sindrome algodistrofica.

In casi particolari in cui la frattura appare comminuta o instabile può essere utilizzata una osteosintesi con fissazione esterna.

Le fratture dell' estremo prossimale del femore comprendono due sottogruppi: le fratture del collo femorale e quelle della regione trocanterica.

Le fratture del collo femorale sono caratterizzate da alto rischio di pseudo-artrosi (14%) e di necrosi asettica della testa femorale (15%). In questi casi pertanto l'osteosintesi comporta elevati rischi di insuccesso poiché la frattura compromette l'apporto vascolare della testa femorale. Le fratture della regione trocanterica al contrario non presentano tali rischi.

Per tale motivo nelle persone anziane le fratture della regione trocanterica vengono trattate mediante osteosintesi mentre le fratture del collo femorale vengono trattate differentemente a seconda dell' età del paziente e cioè mediante interventi di emiartroplastica nelle persone più anziane e con interventi di osteosintesi in quelle relativamente più giovani.

Scopo principale dell'intervento chirurgico è infatti consentire una rapida ripresa della deambulazione limitando i rischi legati al prolungato allettamento del paziente anziano (infezioni polmonari, cistiti, tromboembolie e piaghe da decubito); una rapida ripresa della deambulazione

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consente inoltre di mantenere il tono-trofismo muscolare e di recuperare facilmente gli schemi motori.

In caso di osteosintesi è più importante ottenere una buona stabilità dell'impianto piuttosto che una perfetta riduzione anatomica; è preferibile pertanto evitare l'uso di placche e viti la cui stabilità è spesso precaria nell'osso osteoporotico; è meglio al contrario utilizzare sistemi endomidollari che consentono una sintesi dinamica con impattamento dei frammenti ossei e stimolazione dei fenomeni riparativi.

L' indicazione agli interventi di emiartroplastica nelle fratture del collo del femore è andata progressivamente aumentando nel corso degli ultimi anni grazie al miglioramento delle tecniche chirurgiche e soprattutto dei materiali impiegati che consentono oggi di ripristinare l'anatomia femorale originale mediante sistemi modulari.

L'orientamento attuale è quello di eseguire interventi di emiartroplastica nei pazienti di età superiore a 65 anni o in presenza di frattura patologica indipendentemente dall'età del paziente utilizzando protesi biarticolari con eventuale cementazione dell'impianto in caso di grave osteoporosi femorale.

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