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SVILUPPO DI UN PROCESSO DI ABBATTIMENTO DI ACIDO CLORIDRICO IN VAPORE GEOTERMICO

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UNIVERSITÀ DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE ED INDUSTRIALE

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Chimica

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

SVILUPPO DI UN PROCESSO DI ABBATTIMENTO DI

ACIDO CLORIDRICO IN VAPORE GEOTERMICO

RELATORI

Prof. Ing. Cristiano NICOLELLA

Ing. Federica ANNUNZI

CONTRORELATORE Candidato

Prof.ssa Ing. Elisabetta BRUNAZZI Ivano ZACCARO

(2)

IVANO ZACCARO

SVILUPPO DI UN PROCESSO DI

ABBATTIMENTO DI ACIDO

CLORIDRICO IN VAPORE

GEOTERMICO

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

UNIVERSITÀ DI PISA

Giugno 2018

(3)

UNIVERSITÀ DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE ED INDUSTRIALE

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Chimica

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

SVILUPPO DI UN PROCESSO DI ABBATTIMENTO DI

ACIDO CLORIDRICO IN VAPORE GEOTERMICO

RELATORI

Prof. Ing. Cristiano NICOLELLA

……….

Ing. Federica ANNUNZI

………

CONTRORELATORE

Prof.ssa Ing. Elisabetta Brunazzi

………

CANDIDATO

Ivano ZACCARO

………...

Sessione di Laurea 25/06/2018 Anno Accademico 2017/2018

(4)

A mia madre

A mio nonno Francesco

(5)

Sommario

La presente tesi si inserisce all’interno di un’attività di ricerca presso il Consorzio Polo Tecnologico Magona, riguardante lo sviluppo di un processo innovativo di

abbattimento di acido cloridrico presente in vapori geotermici con un sistema a secco

formato da un letto di calcare.

L’acido cloridrico presente nel vapore geotermico, in condizioni umide, è un agente fortemente corrosivo, perciò si prevede la sua rimozione a monte del processo di produzione di energia geotermoelettrica. Le tecnologie attualmente utilizzate per la sua rimozione causano la riduzione del titolo del vapore e la sua condensazione nella linea, fatti non verificati in un sistema di rimozione a secco, perciò è possibile sfruttare al massimo la sua entalpia per la produzione di energia elettrica.

È stato realizzato, quindi, un apparato sperimentale per l’esecuzione di prove di laboratorio mirate a valutare le condizioni operative ottimali, e finalizzate alla definizione di parametri di progetto di un impianto pilota. In particolare sono state valutate: le caratteristiche morfologiche e la capacità assorbente del calcare, le

perdite di carico attraverso il letto, la velocità di reazione e l’efficienza di abbattimento. Inoltre, nella fase iniziale del lavoro è stato implementato un modello

cinetico basato sulla teoria dello “Shrinking-core model”, in modo da interpretare i dati di letteratura. Parole chiave: geotermia vapore calcare acido cloridrico corrosione

(6)

Abstract

This thesis is part of a reserch activity at Consorzio Polo Tecnologico Magona, concerning the development of an innovative process for the hydrochloric acid

removal from geothermal vapors, with a dry system made by a calcite bed.

The hydrochloric acid present in geothermal steam, in wet conditions, is a strongly

corrosive agent, therefore its removal is required upstream of the geothermoelectric

energy production process. However, the traditional (wet) methods used to remove the acid cause a reduction in the quality of steam and its condensation into the line which is detrimental. By utilising a dry steam scrubbing system, this effect does not take place and it is possible to utilise all the initial steam enthalpy for the energy production.

Therefore, a laboratory scale apparatus was set up to test and evaluate the optimal operating condition, with the aim of defining the design parameters of a pilot plant. Specifically, the following parameters were evaluated: the morphological

characteristics and the absorption capacity of the calcite, the pressure drops across

the bed, the reaction rate, and the abatement efficiency. In addition, at the beginning of this work, a kinetic reaction model based on the “Shrinking-core model” was developed in order to understand the literature data.

Keywords: geothermal vapor calcite hydrochloric acid corrosion

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Presentazione struttura ospitante

Questa tesi è il risultato di un periodo di tirocinio svolto presso il Consorzio Polo Tecnologico Magona.

Figura: Sede del Consorzio Polo Tecnologico Magona - Cecina (LI)

Il Consorzio Polo Tecnologico Magona (CPTM) è stato fondato nel 1997, nell'ambito di un'operazione di recupero dell'area industriale della Magona di Cecina (LI) per la realizzazione un centro di ricerca d'eccellenza. CPTM è punto di raccordo tra aziende che cercano nuove soluzioni e la ricerca applicata, realizzata in modo sinergico dalle competenze maturate da università, società d’ingegneria e società costruttrici.

Le applicazioni vanno dall’ingegneria chimica e dei materiali, alla protezione ambientale e alla sicurezza industriale, fino all'industria dell'energia, le energie rinnovabili e la chimica verde.

Nel 2002 CPTM ha ottenuto la certificazione di qualità ISO-9001 ed è entrato a far parte dei laboratori di ricerca d'eccellenza riconosciuti dal Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca. Nel 2013 CPTM ha inoltre ottenuto la certificazione RINA per i test di laboratorio su materiali.

Sito Web www.polomagona.it Tel. +39 0586 632142 Fax + 39 0586 63545 Email info@polomagona.it

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(9)

i

Indice

Introduzione ... 1

Ringraziamenti ... 5

1 IL PROBLEMA DELLA CORROSIONE NEGLI IMPIANTI GEOTERMICI ... 8

1.1 Introduzione ... 9

1.2 Il fluido geotermico ... 10

1.3 Meccanismi di corrosione ... 13

1.4 Stato dell’arte per la rimozione di HCl ... 16

1.4.1 Scrubbing con NaOH ... 16

1.4.2 Dry Steam Scrubbing ... 17

1.4.3 Sistemi ibridi ... 19

1.4.4 Lavaggio con olio ... 20

1.4.5 Confronto dei sistemi di rimozione ... 20

1.5 Dati termodinamici ... 21

1.5.1 Calcare (carbonato di calcio) ... 21

1.5.2 Cloruro di calcio ... 22

1.5.3 Acido cloridrico ... 25

1.5.4 Termodinamica della reazione ... 26

2 RISORSE E TECNOLOGIE GEOTERMICHE ... 29

2.1 I sistemi geotermici... 30

2.2 Classificazione ed utilizzo delle risorse geotermiche ... 33

2.3 Impianti di produzione di energia geotermoelettrica ... 34

3 MODELLO CINETICO ... 39

3.1 Shrinking-core model: cenni teorici ... 40

(10)

ii

3.3 Sviluppo del modello ... 43

3.3.1 Parametri e variabili del modello ... 43

3.3.2 Equazioni di bilancio ... 46

3.4 Confronto con un caso di letteratura ... 50

3.4.1 Caso base con diffusione interna ... 50

3.4.2 Caso base senza diffusione interna ... 52

3.4.3 Caso senza diffusione interna e cinetica estremamente veloce ... 54

3.4.4 Caso con diffusione interna e cinetica estremamente veloce ... 59

3.5 Discussione risultati del modello ... 62

4 METODI SPERIMENTALI PER LA CARATTERIZZAZIONE DEL CALCARE ... 64

4.1 Analisi granulometrica ... 65

4.1.1 Essiccamento del campione ... 65

4.1.2 Vagliatura con setacci ASTM ... 66

4.1.3 Lavaggio del campione ... 67

4.1.4 Resistenza all’abrasione ... 67

4.2 Morfologia e purezza del calcare ... 68

4.2.1 Analisi TGA ... 69 4.2.2 Analisi ICP-MS ... 70 4.2.3 Analisi SEM-EDS ... 71 4.2.4 Densità apparente... 73 4.2.5 Diametro equivalente ... 73 4.2.6 Grado di vuoto ... 75

5 RISULTATI SPERIMENTALI DELLA CARATTERIZZAZIONE DEL CALCARE 76 5.1 Risultati analisi granulometrica ... 77

5.1.1 Essiccamento del campione ... 77

5.1.2 Distribuzione granulometrica ... 77

5.1.3 Resistenza all’abrasione ... 79

5.2 Risultati morfologia e purezza del calcare ... 79

5.2.1 Analisi TGA ... 79 5.2.2 Analisi ICP-MS ... 83 5.2.3 Analisi SEM-EDS ... 84 5.2.4 Densità apparente... 86 5.2.5 Diametro equivalente. ... 87 5.2.6 Grado di vuoto ... 88 5.3 Conclusioni parziali ... 88

(11)

iii

6 SEZIONE SPERIMENTALE ... 89

6.1 Set-up sperimentale ... 90

6.2 Metodi di misura ... 94

6.2.1 Misura della portata di vapore... 94

6.2.2 Misure di temperatura ... 94

6.2.3 Misura della concentrazione di HCl nelle condense ... 95

6.2.4 Misura dell’HCl reagito ... 97

6.3 Caratterizzazione fluidodinamica del letto ... 100

6.3.1 Misura delle perdite di carico ... 100

6.3.2 Modello per le perdite di carico ... 101

6.3.3 Confronto dati sperimentali con modellazione ... 103

6.4 Prove sperimentali: discussione e risultati ... 105

6.4.1 Misura della concentrazione in ingresso... 105

6.4.2 Misura della velocità di reazione ... 108

6.4.3 Misura della durata del letto ... 114

6.4.4 Misura dell’efficienza di abbattimento ... 116

6.4.5 Efficienza di lavaggio del letto... 119

Conclusioni e sviluppi futuri ... 121

Bibliografia ... 126

A Descrizione delle apparecchiature ... 130

B Configurazioni dell’apparato sperimentale ... 132

(12)

iv

Elenco delle figure

Figura 1.1: Zone di un impianto geotermico soggette a corrosione ... 9

Figura 1.2: Frazioni acide e basiche del fluido geotermico ... ... 11

Figura 1.3: Morfologia della corrosione ... 13

Figura 1.4: Corrosione generalizzata osservata in testa al pozzo geotermico ... 15

Figura 1.5: Pitting osservato sulle lame di una turbina ... 15

Figura 1.6: Corrosine interstiziale osservata sulle lame di una turbina ... 15

Figura 1.7: Cricche dovute a SCC su una turbina ... 15

Figura 1.8: Corrosione-erosione osservato in un valvola principale di un impianto geotermico ... 16

Figura 1.9: Schema dell'impianto di lavaggio con NaOH ... 16

Figura 1.10: Schema di un sistema dry steam scrubbing ... 17

Figura 1.11: Schema del processo di lavaggio con olio ... 20

Figura 1.12: Diagramma di stato CaCl2 - H2O ... 23

Figura 1.13: Normogramma di Myers-Jarzombek per l’innalzamento ebullioscopico ... 24

Figura 1.14: Andamento della %HCl p/p in funzione della frazione volumetrica in fase vapore .. 26

Figura 1.15: Andamento del ∆𝑟𝐺°𝑇 ... 28

Figura 2.1: Schema di un sistema geotermico e profilo di temperatura. ... 30

Figura 2.2: Sistemi ad alta/media entalpia ... 34

Figura 2.3: Esempio di centrale geotermoelettrica e sue componenti principali ... 35

Figura 2.4: Schema di impianto a contropressione ... 36

Figura 2.5: Rappresentazione schematica di un impianto a condensazione per generazione di elettricità... 37

Figura 2.6: Rappresentazione schematica di un impianto a ciclo binario ... 38

Figura 3.1: Andamento della concentrazione per la reazione A(g)+B(s)prodotti solidi e gassosi. ... 40

Figura 3.2: Rappresentazione della particella che reagisce nel caso di diffusione nel film gassoso controllante. ... 41

(13)

v

Figura 3.3: Rappresentazione della particella reagente quando la diffusione attraverso il film poroso è controllante ... 41 Figura 3.4: Rappresentazione della particella reagente quando la reazione è controllante ... 42 Figura 3.5: Andamento della concentrazione di HCl in uscita; caso base con diffusione interna.. 51 Figura 3.6: Andamento della conversione del letto, caso base con diffusione interna ... 51 Figura 3.7: Rapporti delle resistenze al trasferimento di materia, caso base con diffusione interna ... 51 Figura 3.8: Andamento delle perdite di carico, caso base con diffusione interna ... 52 Figura 3.9: Andamento della concentrazione di HCl in uscita; caso base senza diffusione interna ... 52 Figura 3.10: Andamento della conversione del letto, caso base senza diffusione interna ... 53 Figura 3.11: Rapporti delle resistenze al trasferimento di materia, caso base senza diffusione interna... 54 Figura 3.12: Andamento delle perdite di carico, caso base senza diffusione interna ... 54 Figura 3.13: Andamento della concentrazione di HCl in uscita, caso cinetica estremamente veloce senza diffusione interna ... 55 Figura 3.14: Andamento della conversione del letto, caso cinetica estremamente veloce senza diffusione interna ... 55 Figura 3.15: Rapporti delle resistenze al trasferimento di materia, , caso cinetica estremamente veloce senza diffusione interna ... 55 Figura 3.16: Andamento della concentrazione di HCl in uscita, caso cinetica estremamente veloce senza diffusione interna e con 𝜀𝑏0 ridotto di 1,5 volte. ... 56 Figura 3.17: Andamento delle perdite di carico, caso cinetica estremamente veloce senza diffusione interna e con 𝜀𝑏0 ridotto di 1,5 volte. ... 56 Figura 3.18: Andamento della concentrazione di HCl in uscita, caso cinetica estremamente veloce senza diffusione interna, con 𝜀𝑏0 ridotto di 1,5 volte e con R0 dimezzato... 57 Figura 3.19: Andamento perdite di carico, caso cinetica estremamente veloce senza diffusione interna, con 𝜀𝑏0 ridotto di 1,5 volte e con R0 dimezzato. ... 57 Figura 3.20: Andamento della concentrazione di HCl in uscita, caso cinetica estremamente veloce senza diffusione interna e con R0 dimezzato. ... 58 Figura 3.21: Andamento della conversione del letto, caso cinetica estremamente veloce senza diffusione interna e con R0 dimezzato. ... 58 Figura 3.22: Andamento della perdite di carico, caso cinetica estremamente veloce senza diffusione interna e con R0 dimezzato. ... 58 Figura 3.23: Andamento della concentrazione di HCl in uscita, caso cinetica estremamente veloce con diffusione interna e con R0 dimezzato ... 59 Figura 3.24: Andamento della conversione del letto, caso cinetica estremamente veloce con diffusione interna e con R0 dimezzato ... 59

(14)

vi

Figura 3.25: Rapporti delle resistenze al trasferimento di materia, caso cinetica estremamente

veloce con diffusione interna e con R0 dimezzato ... 60

Figura 3.26: Andamento della perdite di carico, caso cinetica estremamente veloce con diffusione interna e con R0 dimezzato. ... 60

Figura 3.27: Andamento della concentrazione di HCl in uscita, caso cinetica estremamente veloce con diffusione interna, con R0 dimezzato e con 𝜀𝛾 raddoppiato. ... 61

Figura 3.28: Andamento della conversione del letto, caso cinetica estremamente veloce con diffusione interna, con R0 dimezzato e con 𝜀𝛾 raddoppiato. ... 61

Figura 3.29: Rapporti delle resistenze al trasferimento di materia, caso cinetica estremamente veloce con diffusione interna, con R0 dimezzato e con 𝜀𝛾 raddoppiato. ... 61

Figura 3.30: Andamento perdite di carico, caso cinetica estremamente veloce con diffusione interna, con R0 dimezzato e con 𝜀𝛾 raddoppiato. ... 62

Figura 4.1: Cava di San Carlo, Livorno (sinistra); campione in ingresso (destra). ... 65

Figura 4.2: Calcare umido (sinistra); calare essiccato (destra). ... 65

Figura 4.3: Setacciatore meccanico multidimensionale durante il funzionamento. ... 66

Figura 4.4: Setacci utilizzati per la determinazione della granulometria del campione. ... 66

Figura 4.5: Lavaggio dei campioni (sinistra); misura della conducibilità (destra). ... 67

Figura 4.6: Campione omogeneo. ... 68

Figura 4.7: Campione bianco (sinistra); impurezza rossa (centro); impurezza nera destra). ... 68

Figura 4.8: Bilancia termogravimetrica Perkin Elmer Pyris 1 TGA. ... 70

Figura 4.9: ICP-OES Spectro Arcos-FHS12, munito di Autosampler Cetac ASX-260. ... 70

Figura 4.10: FEI Quanta 450 ESEM FEG presso il Centro Interdipartimentale di Scienza e Ingegneria dei Materiali c/o Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale - Scuola di Ingegneria Pisa [34]. ... 72

Figura 4.11: Determinazione della densità apparente. ... 73

Figura 4.12: Esempio di immagine di input utilizzata per la stima del diametro equivalente. ... 74

Figura 5.1: Distribuzione granulometrica del campione in ingresso. ... 78

Figura 5.2: Distribuzione granulometrica cumulativa del campione in ingresso. ... 78

Figura 5.3: Granulometrie ottenute. ... 78

Figura 5.4: Termogramma campione bianco (50-60 mg). ... 80

Figura 5.5: Termogramma impurezza nera (50-60 mg). ... 81

Figura 5.6: Termogramma impurezza rossa (50-60 mg). ... 81

Figura 5.7: Termogramma campione omogeneo (100 g). ... 82

Figura 5.8: SEM campione bianco. a) superficie a 120X, b) vista del bordo 500X. c), d), e) zone del campione analizzate con sonda EDS. ... 84

Figura 5.9: SEM impurezza rossa. a) superficie a 1000X e b) a 4000X. c), d), e) zone del campione analizzate con sonda EDS. ... 85

Figura 5.10: SEM impurezza nera. a) superficie a 500x. b), c) zone del campione analizzate con sonda EDS. ... 86

(15)

vii

Figura 6.1: Apparato sperimentale ... 90

Figura 6.2: Colonna utilizzata per le prove ... 91

Figura 6.3: Condensatore e fascia termoscaldante. ... 91

Figura 6.4: Apparato sperimentale. Configurazione 1: alimentazione con soluzione di acido cloridrico. ... 93

Figura 6.5: Apparato sperimentale. Configurazione 2: alimentazione gassosa. ... 93

Figura 6.6: Profilo di temperatura lungo il letto di calcare ... 95

Figura 6.7: Titolatore automatico Metrohm (sinistra); conducimetro Hanna Instruments (destra) 95 Figura 6.8: Curva di titolazione acido base ... 96

Figura 6.9: Retta di taratura conducimetro ... 97

Figura 6.10: Curva di titolazione potenziometrica ... 99

Figura 6.11: Configurazione apparato sperimentale per la misura delle perdite di carico ... 100

Figura 6.12: Perdite di carico per unità di lunghezza nette in funzione della velocità del fluido 101 Figura 6.13: Fattore d’attrito per letti di solidi ... 102

Figura 6.14: Confronto dati sperimentali con modello per granulometria 4,7-16 mm... 104

Figura 6.15: Confronto dati sperimentali con modello per granulometria 2,8-4,7 mm... 104

Figura 6.16: Confronto dati sperimentali con modello per granulometria 2-2,8 mm ... 104

Figura 6.17: Zone di distillazione ... 105

Figura 6.18: Misura della concentrazione in ingresso ... 106

Figura 6.19: Taratura del flussimetro ... 107

Figura 6.20: Letto di calcare per le prove di cinetica. ... 108

Figura 6.21: Esempio di andamento della concentrazione in uscita di HCl durante le prove ... 110

Figura 6.22: Velocità di reazione al variare della temperatura ... 111

Figura 6.23: Velocità di reazione al variare della concentrazione di HCl a varie temperature .... 112

Figura 6.24: Velocità di reazione al variare della velocità del vapore a varie temperature ... 112

Figura 6.25: Velocità di reazione in funzione dell’area superficiale specifica ... 113

Figura 6.26: Letto di calcare ad inizio (sinistra), durante (centro) e fine prova (destra) ... 113

Figura 6.27: Confronto analisi SEM tra calcare vergine (sinistra) e calcare reagito (destra) ... 114

Figura 6.28: Analisi SEM calcare reagito; particolare del CaCl2 formato nella reazione. ... 114

Figura 6.29: Acido cloridrico reagito in funzione del tempo, casi medio ed alto surriscaldamento ... 115

Figura 6.30: Acido cloridrico reagito in funzione del tempo, caso basso surriscaldamento. ... 116

Figura 6.31: Andamento della conc. di HCl in uscita per diverse altezze di letto ... 117

Figura 6.32: Efficienza di abbattimento al variare dell’altezza del letto; regime di medio surriscaldamento ... 117

Figura 6.33: Efficienza al variare della conc. di HCl in ingresso; il regime di medio surriscaldamento. ... 118

Figura 6.34: Andamento delle conc. di HCl in uscita nel tempo; regime di basso surriscaldamento ... 118

(16)

viii

Figura 6.35: Andamento delle concentrazione di HCl dopo il lavaggio del letto ... 119 Figura 6.36: SEM calcare lavato. a) superficie a 500X, b) superficie a 4000X. c), d), e) zone del campione analizzate con sonda EDS ... 120

(17)

ix

Elenco delle tabelle

Tabella 1.1: Proprietà del fluido geotermico di un caso pratico ... 20

Tabella 1.2: Confronto risultati dei diversi metodi di rimozione ... 21

Tabella 1.3: Proprietà chimico-fisiche calcare ... 22

Tabella 1.4: Proprietà chimico-fisiche cloruro di calcio ... 24

Tabella 1.5: solubilità del CaCl2 [g/100 cm3] in acqua a diverse temperature ... 24

Tabella 1.6: Calore di soluzione in acqua a 18 °C ... 24

Tabella 1.7: Proprietà chimico-fisiche acido cloridrico ... 25

Tabella 1.8: Pressione parziale dell'HCl in soluzione acquosa di HCl. ... 25

Tabella 1.9: Entalpia di formazione standard ... 27

Tabella 1.10: Parametri per il calcolo del calore specifico... 27

Tabella 3.1: Parametri e variabili utilizzati nel modello ... 44

Tabella 3.2: Condizioni operative impianto pilota a Calpine’s Geysers ..... 50

Tabella 3.3: Valori assunti nel modello ... 50

Tabella 4.1: Classificazione dei setacci utilizzati secondo normativa ASTM. ... 67

Tabella 4.2: Concentrazioni degli standard utilizzati per la calibrazione ICP. ... 71

Tabella 5.1: Perdita in peso percentuale. ... 77

Tabella 5.2: Distribuzione granulometrica del campione di calcare in ingresso (% p/p) ... 77

Tabella 5.3: Risultati resistenza all’abrasione ... 79

Tabella 5.4: Massa Molecolare dei composti coinvolti nella reazione di decomposizione termica. ... 80

Tabella 5.5: Ciclo termico TGA per il campione bianco. ... 80

Tabella 5.6: Ciclo termico TGA per l’impurezza nera. ... 81

Tabella 5.7: Ciclo termico TGA per il campione bianco. ... 81

Tabella 5.8: Ciclo trattamento termico per 100 g di campione omogeneo. ... 82

Tabella 5.9: Risultati sperimentali analisi TGA. ... 83

(18)

x

Tabella 5.11: Risultati analisi EDS campione bianco. ... 84

Tabella 5.12: Risultati analisi EDS impurezza rossa... 85

Tabella 5.13: Risultati analisi EDS impurezza nera. ... 86

Tabella 5.14: Densità apparente: valori determinati sperimentalmente. ... 87

Tabella 5.15: Diametro equivalente determinato sperimentalmente. ... 87

Tabella 5.16: Diametro equivalente e sfericità determinati tramite software ... 87

Tabella 5.17: Risultati sperimentali grado di vuoto. ... 88

Tabella 6.1: Parametri utilizzati nel modello ... 103

Tabella 6.2: Confronto concentrazioni in ingresso HCl teorico-sperimentale ... 106

Tabella 6.3: Valori di concentrazione HCl ingresso nel caso di Configurazione 2 ... 108

Tabella 6.4: Area superficiale specifica per volume di letto ... 109

Tabella 6.5: Velocità di reazione; dati di letteratura ... 110

(19)

“Ticking away the moments that make up a dull day. You fritter and waste the hours in an off hand way. Kicking around on a piece of ground in your home town. Waiting for someone or something to show you the way. […] …And then one day you find ten years have got behind you…”

__________________________________________________ Pink Floyd, Time

(20)
(21)

1

Introduzione

La sempre crescente domanda energetica che il mondo attuale richiede impone lo sviluppo di sistemi energetici ottimizzati ad alta efficienza. Negli anni, ma soprattutto nel corso degli ultimissimi anni, si è cercato di soddisfare il fabbisogno energetico sviluppando tecnologie sempre più efficienti. Queste tecnologie hanno cercato (e cercano tuttora) di prestarsi all’utilizzazione di risorse energetiche di varia natura, ovvero risorse energetiche fossili tradizionali e risorse energetiche rinnovabili.

Se le tecnologie rivolte all’uso di fonti tradizionali hanno raggiunto un soddisfacente grado di maturazione tecnologico-industriale, la stessa cosa non può dirsi per le tecnologie che si prestano all’uso delle fonti rinnovabili; è per questo che l’attenzione si è spostata verso un uso razionale delle stesse.

Nel corso dell’ultimo secolo, mentre si affermava il progresso energetico, aumentava anche la consapevolezza di dover dare una maggiore attenzione agli impatti ambientali correlati. Pur orientando sempre di più le scelte verso l’uso delle risorse rinnovabili, quali la geotermia, che quindi “si rinnovano” mentre sono utilizzate per produrre energia, è necessario progettare o ridimensionare impianti già esistenti in modo da massimizzare il flusso energetico in entrata e in uscita, avendo cura al contempo di minimizzare il rischio di impatto sull’ambiente circostante. Se il complesso equilibrio dinamico ambientale rimane indisturbato, nonostante le tecnologie impiegate, il sistema può essere definito sostenibile. La scienza della sostenibilità sta delineando, a poco a poco, il suo paradigma scientifico integrando aspetti ambientali, economici e sociali in una prospettiva di innovativa relazione tra uomo e sistemi naturali, economici, sociali ed istituzionali nei quali egli vive.

(22)

2

Chiaro è che le fonti rinnovabili non matureranno dal punto di vista tecnologico se si continua a guardarle con una visione limitata. Sino a quando le tecnologie legate all’utilizzazione delle rinnovabili non saranno confrontabili in termini di economia di scala con le tecnologie da fonti tradizionali esse non potranno essere definite pienamente sostenibili.

La risorsa geotermica, nelle condizioni in cui può essere considerata rinnovabile, si presta all’analisi proposta ma ancora più interessante è indagare la natura stessa della risorsa per poter comprendere quando il suo utilizzo può essere considerato realmente sostenibile.

La produzione di energia da fonti geotermiche, intrapresa, per la prima volta al mondo, in Italia nel 1913 grazie alla realizzazione di un impianto da 250 kW a Larderello in Toscana, ha dato il via allo sviluppo di una nuova attività industriale. Da allora, la produzione di energia geotermica è cresciuta rapidamente in Italia.

La produzione di energia elettrica da geotermia in Italia, grazie agli impianti di Enel Green Power, è cresciuta progressivamente fino ad arrivare ai giorni nostri con una capacità installata di quasi 1 GW elettrico e una produzione superiore ai 5,5 TWh come si può vedere nella Figura in basso [1]. Il caso italiano di produzione industriale di energia elettrica da fluidi endogeni è stato, quindi, il primo esempio al mondo, poi seguito in numerose altre parti zone che oggi, in totale, producono più di 70 TWh.

Figura: Andamento negli anni dell’energia elettrica prodotta da fonti geotermiche in Italia, negli impianti

Enel Green Power.

Per Enel Green Power la produzione geotermoelettrica ricopre dunque un'elevata importanza strategica dato che rappresenta un investimento che garantisce un ritorno economico costante. Enel Green Power è tra i leader mondiali, con decennale esperienza

(23)

3

nello sfruttamento dei bacini geotermici, con investimenti in aumento. Negli ultimi anni Enel ha puntato molto sul rinnovamento delle centrali per garantire rendimenti più elevati e ottenere i certificati verdi legati alla produzione delle centrali ammodernate. La produzione da questa fonte energetica dunque è in costante aumento, la società punta infatti a sfruttare al meglio i pozzi di vapore già esistenti.

Il presente lavoro di tesi nasce dalla collaborazione del Consorzio Polo Tecnologico Magona con Enel Green Power, con l’intento di studiare e sviluppare un processo innovativo di rimozione di acido cloridrico, attraverso un processo a secco che prevede l’utilizzo di un letto di calcare. Lo sviluppo è cominciato dall’analisi delle sperimentazioni già effettuate in altri campi geotermici mondiali, ed in particolare in quello di The Geysers situato in California.

Obiettivo fondamentale del progetto è stato la verifica dei reali vantaggi ottenibili dall’utilizzo del calcare sulla base della determinazione della sua efficienza di rimozione. È stato quindi realizzato un banco di test per calcari in grado di verificare la qualità dei calcari locali, in relazione al loro impiego per l’abbattimento di acido cloridrico al variare delle condizioni operative.

I dati raccolti serviranno per capire la fattibilità di un trasferimento tecnologico ai pozzi Enel Green Power, attraverso la costruzione e sperimentazione di un impianto pilota.

Il lavoro è suddiviso secondo l’ordine cronologico con cui si sono svolte le prove sperimentali.

Capitolo 1 Introduzione al problema della corrosione nell’industria geotermoelettrica, con inquadramento delle principali caratteristiche di un fluido geotermico, a cui si accompagna una breve descrizione dei tipici meccanismi di corrosione. Si definiscono anche le tecniche di rimozione di acido cloridrico più utilizzate, tra cui il Dry Steam Scrubbing, oggetto di studio in questa tesi. Il capitolo si conclude con i dati termodinamici dei composti partecipanti alla reazione.

Capitolo 2 Costituisce un richiamo alle principali tecnologie utilizzate per lo sfruttamento del fluido geotermico al fine della produzione di energia. Il capitolo richiama anche la classificazione dei sistemi geotermici.

Capitolo 3 Riguarda lo sviluppo di un modello teorico di reazione basato sulla teoria dello Shrinking-core model. Dopo aver fornito cenni teorici, il capitolo prosegue con la trattazione matematica del modello. In conclusione, si riporta il confronto tra i risultati del

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modello e un caso pratico preso dalla letteratura di riferimento, discutendo poi i risultati ottenuti.

Capitolo 4 Si è ritenuto opportuno richiamare gli strumenti principali di analisi ed i metodi utilizzati per la caratterizzazione dei calcari locali.

Capitolo 5 Riporta i risultati relativi alle metodiche descritte nel capitolo precedente. In particolare vengono mostrati i risultati ottenuti per la classificazione granulometrica del calcare analizzato in laboratorio. Si forniscono, inoltre, indicazioni relative alla morfologia e alla purezza dei campioni.

Capitolo 6 Descrive il set-up sperimentale utilizzato per i test su scala di laboratorio del processo di rimozione dell’acido cloridrico. A questa segue la descrizione dei metodi di misura dei parametri monitorati nell’attività sperimentale. Si accompagna la caratterizzazione fluidodinamica del letto e si conclude il capitolo con i risultati delle prove cinetiche, di durata del letto, dell’efficienza di abbattimento e di lavaggio.

La conclusione richiama i risultati ottenuti durante la sperimentazione e traccia le possibili linee di sviluppo future.

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5

Ringraziamenti

Le persone che, alla fine di questo lungo viaggio, sento di ringraziare sono davvero tante. Il cammino è stato lungo e caratterizzato da percorsi piacevoli, tante volte duri, ma che ho sempre intrapreso dando tutto me stesso senza alcun ripensamento. Desidero ricordare tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura della tesi con suggerimenti, critiche ed osservazioni: a loro va la mia gratitudine, anche se a me spetta la responsabilità per ogni errore contenuto in questa tesi.

Inizio ringraziando il Prof. Cristiano Nicolella per la sua disponibilità e per avermi dato la possibilità di svolgere il tirocinio presso il CPTM. Grazie alla Prof.ssa Elisabetta Brunazzi per la sua grande disponibilità e per i suoi consigli. Grazie all’Ing. Antonio Bertei per avermi supportato con grande pazienza durante lo studio teorico e la modellazione. Un enorme grazie al mio tutor Ing. Federica Annunzi per la professionalità, la stima e la costante attenzione che mi ha dimostrato fin dal primo giorno.

Ringrazio di cuore tutti i ragazzi del CPTM: Leonardo, Matteo, Francesco, Federico, Francesca, Giulia, Sara, Letizia, Silvia; siete davvero delle brave persone e vi ringrazio per tutti i momenti trascorsi insieme. Grazie a voi mi sono arricchito sia professionalmente che personalmente.

È doveroso ringraziare Giuliana per tutto l’aiuto che mi ha dato durante lo svolgimento delle prove di laboratorio, per tutti i momenti di vita quotidiana vissuti insieme e per i caffè condivisi. Grazie a Camilla per avermi accolto nella sua Micra, con la quale m’ha trasportato ogni giorno ovunque mi servisse.

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Ringrazio il mio fraterno amico Niccolò che è sempre stato presente nonostante la distanza, condividendo i miei stati d’animo, riuscendo a strapparmi sempre una risata ed incoraggiandomi lungo tutto il cammino. Per me sei un grande punto di riferimento.

Ringrazio in particolare le mie care amiche Elisabetta, Rita e Stefania con le quali, in questi lunghi anni, si è instaurata una grande e forte amicizia. Grazie per aver avuto la pazienza di sopportarmi, per aver condiviso momenti difficili ma soprattutto momenti belli. Per me siete un solido riferimento e spero di esserlo anch’io per voi. Vi abbraccio.

Ringrazio Daniela, Nunzio e Rosaria per avermi dimostrato affetto, comprensione e per avermi sostenuto sempre. Grazie per tutto quello che avete fatto e farete per me.

Un enorme grazie va a tutti i miei familiari: Nonna Rosa, Flavio, Francesca, la piccola Miriam, Marco, Delia, Francesco, Enrica, Emanuele e Maria. Grazie di aver sempre creduto in me. Siete una parte fondamentale di questo mio percorso e senza il vostro sostegno oggi non sarei qui. Vi voglio bene.

Merita un ringraziamento speciale mio Padre perché nella vita non mi ha mai fatto mancare nulla, ed è stato solo grazie a lui e ai suoi sacrifici se sono riuscito a raggiungere questo traguardo. Spero di non averti deluso e di non farlo mai. Ti voglio bene.

Un infinito grazie va Matilde per essermi stata sempre vicina incoraggiandomi in ogni momento ma soprattutto per avermi spronato nei momenti più difficili. Grazie per avermi guidato verso le scelte più giuste da prendere e per avermi pazientemente sopportato. Sei speciale.

Infine, un grazie particolare a Voi due che mi avete seguito da lassù; sono sicuro che in ogni momento eravate al mio fianco a sostenermi; nel vostro ricordo ho tratto la forza per giungere a questo risultato. A voi dedico questo lavoro.

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Capitolo 1

IL PROBLEMA DELLA

CORROSIONE NEGLI IMPIANTI

GEOTERMICI

"Io veggio l'acqua, io veggio il foco, l'aere e la terra e tutte lor misture venire a corruzione, e durar poco".

Dante Alighieri, Paradiso VII

Indice

1.1 Introduzione 9

1.2 Il fluido geotermico 10

1.3 Meccanismi di corrosione 13

1.4 Stato dell’arte per la rimozione di HCl 16

1.4.1 Scrubbing con NaOH 16

1.4.2 Dry steam scrubbing 17

1.4.3 Sistemi ibridi 19

1.4.4 Lavaggio con olio 20

1.4.5 Confronto dei sistemi di rimozione 20

1.5 Dati termodinamici 21

1.5.1 Calcare (carbonato di calcio) 21

1.5.2 Cloruro di calcio 22

1.5.3 Acido cloridrico 25

1.5.4 Termodinamica della reazione 26

Nel presente capitolo viene presentato il problema della corrosione legato alla presenza di acido cloridrico nel fluido. Si mostrano successivamente i principali meccanismi di corrosione riscontrabili in un impianto geotermico. Segue una descrizione dello stato dell’arte dei metodi di rimozione dell’acido cloridrico. Infine, si riportano alcuni dati termodinamici relativi alle sostanze coinvolte nel processo studiato.

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1.1 Introduzione 9

1.1 Introduzione

La corrosione è un problema che la geotermia affronta fin dal principio della sua esistenza. Il fluido geotermico ha una composizione molto variabile, a causa dall’ampia gamma di metalli pesanti, sali e gas disciolti, i quali contribuiscono alla sua natura corrosiva che andrà ad impattare sulla resistenza dei materiali delle apparecchiature presenti nell’impianto

Come si può vedere dalla Figura 1.1 [1], in un impianto geotermoelettrico, la corrosione avviene:

 nei pozzi di produzione,

 lungo le linee di trasporto del vapore,  nelle turbomacchine.

Figura 1.1: Zone di un impianto geotermico soggette a corrosione

La composizione chimica del fluido geotermico varia da un campo geotermico all’altro ma anche da un pozzo ad un altro di uno stesso campo geotermico. La stessa composizione di un pozzo può cambiare anche nel tempo a causa della dinamica e della complessa interazione geochimica tra fluido estratto e fluido reiniettato.

Al fine di sfruttare più calore possibile per massimizzare la produzione di energia, l’industria geotermica ha intrapreso la ricerca di obiettivi minerari a profondità sempre più crescenti (tipicamente tra 2000 e 3500 metri) e l’estensione delle aree di potenziale interesse ha permesso l’incremento della disponibilità di fluido. Per contro le caratteristiche del fluido reperito hanno comportato, accanto alle difficoltà per la gestione di un fluido ad alta temperatura, nuovi problemi da affrontare per l’esercizio degli

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1.2 Il fluido geotermico 10

impianti a causa dell’incremento del contenuto salino (responsabile della deposizione di sali) e della diminuzione del pH (aumento dei fenomeni corrosivi).

La combinazione tra alta variabilità della composizione del fluido geotermico, temperatura, pH e condizioni della riserva rendono difficile la scelta a priori dei materiali da utilizzare nella costruzione delle apparecchiature. Per questo motivo, nell’industria geotermica la scelta delle soluzioni anticorrosione viene fatta tramite complesse valutazione di sistemi ad hoc che differisco da ogni campo o addirittura da ogni pozzo geotermico.

Nei paragrafi successivi si darà una visione in breve della letteratura riguardante i materiali resistenti alla corrosione ed alle tecnologie utilizzate all’interno dell’industria geotermica.

1.2 Il fluido geotermico

Il fluido geotermico è costituito dalla miscela di:  vapore,

 gas,

 fase liquida separata (a boccapozzo od in centrale).

Le caratteristiche del campo geotermico in coltivazione modificano sostanzialmente il rapporto quantitativo tra le diverse fasi e la composizione chimica di ciascuna di esse. Il contenuto del fluido geotermico dipende infatti dalla sua “geografia” (dove stiamo operando, ovvero il contesto geologico) e dalla sua “storia” (quali sono state le interazioni con le formazioni).

I rapporti quantitativi sono estremamente variabili, anche in funzione della tipologia di risorsa geotermica [1]:

 campi a vapore dominante: il vapore è il 90% - 98% del fluido geotermico, mentre i gas sono pari al 2% - 10%;

 campi ad acqua dominante

o fase liquida: 20% - 100% del totale estratto,

o nel fluido da flash: il vapore è il 98% - 99,8% del fluido geotermico, invece, i gas sono lo 0,1% - 1,2%.

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1.2 Il fluido geotermico 11

La frazione non condensabile è composta solitamente da CO2, H2S, NH3, CH4, ed altri gas

presenti in concentrazione minore come HCl e NH3, e sostanze chimiche disciolte, come

ad esempio Hg, As, B, Rd.

In un fluido geotermico possono esserci diverse cause che spiegherebbero il suo carattere acido (cfr. Figura 1.2), ma tra tutti la presenza di acido cloridrico è quella preponderante. Per la sua natura, l’acido cloridrico è una specie chimica fortemente aggressiva, associato generalmente ai sistemi geotermici ad alta temperatura. Esso possiede tutte le seguenti caratteristiche:

 il carattere acido: presenza di H+ (agente corrosivo);

 assorbimento della specie in acqua: condiziona la possibilità di dissociazione;  la capacità di favorire l’instaurarsi di reazioni consecutive che possono assistere

ed esasperare l’entità della corrosione.

La sua presenza nel fluido geotermico è dovuta all’infiltrazione dei gas acidi di origine vulcanica nel sistema contenente il fluido geotermico.

Dal punto di vista chimico è il principale problema da affrontare per l’utilizzazione, in sicurezza ed in economia, dei fluidi geotermici.

Figura 1.2: Frazioni acide e basiche del fluido geotermico [1].

L’aggressività dell’acido cloridrico si manifesta nel momento in cui si verifica la condensazione del vapore e, cioè, negli stadi di dew point della turbina, in punti diversi a monte della turbina ma anche all’interno del pozzo. La condensazione del vapore dipenderà dal suo grado di surriscaldamento, definito come:

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1.2 Il fluido geotermico 12

dove, Tsat(P) è la temperatura di saturazione del vapore ad una certa pressione (P). Per surriscaldare un vapore saturo si possono seguire due processi:

1. aumentare la temperatura oltre al Tsat a pressione costante, oppure

2. diminuire la pressione sotto la pressione di saturazione a temperatura costante. L’acido cloridrico non causa danni considerevoli finché il vapore si trova al di sopra del suo punto di rugiada (dew point1). Al contrario, se il vapore diventa saturo e poi la sua

temperatura scende al di sotto del punto di rugiada, una concentrazione in peso di 20-30 ppm di acido cloridrico è sufficiente a causare severi danni alle apparecchiature [2]. Da notare che sistemi con grandi quantità di liquido non rappresentano una grande minaccia per il fatto che questo riduce la concentrazione dell’acido diluendolo.

Quando l’acido cloridrico entra in contatto con l’acqua, si formano ioni cloruri ed idronio secondo la reazione:

𝐻𝐶𝑙 + 𝐻2𝑂 → 𝐻3𝑂++ 𝐶𝑙− Eq. 1.2

È, quindi, l’attacco simultaneo di ioni idrogeno e ioni cloruro che è particolarmente dannoso per il metallo. Nel primo step, lo ione cloruro rompe il film protettivo di magnetite presente sulla superficie del metallo con cui è in contatto, secondo la reazione:

𝐹𝑒3𝑂4+ 8 𝐻𝐶𝑙 → 𝐹𝑒𝐶𝑙2+ 2 𝐹𝑒𝐶𝑙3+ 4 𝐻2𝑂 Eq. 1.3

Dopo la rottura del film, lo ione idrogeno ha diretto accesso al metallo, cominciando così il vero meccanismo di corrosione dato dalla seguente reazione di ossidazione:

𝐹𝑒 + 2 𝐻+→ 𝐹𝑒+2+ 𝐻

2 Eq. 1.4

Lo ione cloruro, quindi, non partecipa direttamente alla corrosione, ma ne accelera il processo [3]. Questo è dovuto sia al ribilanciamento di cariche elettriche (dovuto al rapido accumulo di cariche positive di ioni metallici) sia all’aumento della migrazione degli ioni al di sotto del deposito di sale, dove questi possono idrolizzare generando acido cloridrico secondo la reazione:

𝐹𝑒𝐶𝑙2+ 𝐻2𝑂 → 𝐹𝑒(𝑂𝐻)2+ 2 𝐻𝐶𝑙 Eq. 1.5

La rottura del film di magnetite, la neutralizzazione dovuta all’accumulo di ferro (II) e la produzione di altro HCl, sono i motivi per cui la presenza di acido cloridrico rappresenta un grosso problema per gli impianti geotermici. È quindi essenziale neutralizzare l’acido presente ma contemporaneamente rimuovere gli ioni cloruro.

1 Il dew point rappresenta la temperatura di saturazione di un liquido contenuto in una miscela gassosa, ad una data specifica pressione.

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1.3 Meccanismi di corrosione 13

Va notato che queste reazioni chimiche possono variare a seconda delle altre specie chimiche presenti nel vapore, come ossigeno, ammoniaca e boro, i quali possono influire sul modo in cui avviene la corrosione.

1.3 Meccanismi di corrosione

In questo paragrafo vengono descritti brevemente i principali meccanismi di corrosione riscontrati negli impianti geotermici.

Tra le diverse tipologie di corrosione, in un impianto geotermico quelle che si verificano più facilmente sono:

1. corrosione generalizzata,

2. corrosione per vaiolatura (pitting corrosion), 3. corrosione interstiziale (crevice corrosione), 4. fatica e corrosione fatica,

5. erosione e abrasione.

Nella Figura 1.3 [4] si riporta una schematizzazione delle morfologie di corrosione.

Figura 1.3: Morfologia della corrosione

La corrosione generalizzata (cfr. Figura 1.4 [5]) è caratterizzata da una reazione elettrochimica che agisce uniformemente su tutta la superficie esposta. Questo può

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1.3 Meccanismi di corrosione 14

causare nel tempo una riduzione dello spessore. Affinché si verifichi, l’ambiente corrosivo deve essere in grado di accedere a tutte le parti della superficie metallica. La corrosione generalizzata è senza dubbio quella che causa la maggiore quantità di prodotti di corrosione. Tuttavia in genere è meno insidiosa della corrosione localizzata in quanto presenta una velocità ridotta di perdita di spessore e la sua evoluzione nel tempo è prevedibile.

Il pitting (cfr. Figura 1.5 [6]) è una forma di attacco localizzato che forma cavità (dette pit) o fori sulla superficie dei metalli. Il diametro del pit è generalmente dello stesso ordine della sua profondità. La pericolosità dell’attacco vaiolante è dovuta al fatto che la profondità della cavità può raggiungere in breve tempo a interessare l’intero spessore della parete metallica. Gli acciai inossidabili e le leghe a base di nichel-cromo, sono particolarmente suscettibili al questo tipo di corrosione a causa della rottura locale del film passivizzante. La combinazione tra elevata concentrazione di anioni cloruro a bassi valori del pH, favorisce il processo di apertura del pit.

La corrosione interstiziale (cfr. Figura 1.6 [7]) è un tipo di corrosione localizzata che si concentra in quelle fessure che permetto l’ingresso, al loro interno, dell’ambiente aggressivo e che nel contempo sono tanto ristretti da rendere trascurabili i moti diffusivi tra l’interno e l’esterno. Anche la corrosione interstiziale viene innescata dalla rottura locale del film passivizzante a causa dei cloruri presenti.

La corrosione fatica (cfr. Figura 1.7 [7]), più comunemente chiamata stress corrosion cracking (SCC), è dovuta all’azione simultanea di particolari ambienti, anche poco aggressivi, e di uno stato di sollecitazione di trazione caratterizzato da sforzi di valore inferiore a quelli necessari per portare alla rottura puramente meccanica. Per particolari combinazioni tra ambiente e metallo, può portare alla formazione di cricche che si propagano in direzione ortogonale allo sforzo di trazione applicato. Ad esempio, gli acciai inox austenitici subiscono questo meccanismo in un ambiente contenente ossigeno, presenza di cloruri in soluzione ed elevate temperature.

La corrosione-erosione (cfr. Figura 1.8 [5]) è conseguenza del continuo danneggiamento locale del film superficiale protettivo per azione meccanica dell’ambiente aggressivo, cui fa seguito il fenomeno corrosivo delle aree depassivizzate. La morfologia dell’attacco è sempre strettamente legata al fenomeno abrasivo che l’ha provocato. Così, si possono formare solchi senza spigoli vivi, fiammature o zone ondulate, tutti caratteristici del tipo di flusso che li ha causati.

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1.3 Meccanismi di corrosione 15

Figura 1.4: Corrosione generalizzata osservata in testa al pozzo geotermico

Figura 1.5: Pitting osservato sulle lame di una turbina

Figura 1.6: Corrosine interstiziale osservata sulle lame di una turbina

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1.4 Stato dell’arte per la rimozione di HCl 16

Figura 1.8: Corrosione-erosione osservato in un valvola principale di un impianto geotermico

1.4 Stato dell’arte per la rimozione di HCl

1.4.1 Scrubbing con NaOH

La mitigazione della corrosione nelle centrali geotermiche viene fatta tradizionalmente con il lavaggio (scrubbing) del vapore. Il sistema di lavaggio consiste nell’iniezione a testa di pozzo di una soluzione acquosa di idrossido di sodio (NaOH), a cui segue prima la separazione del vapore dal liquido di lavaggio, ed infine un doppio stadio di lavaggio prima dell’ingresso in centrale. L’acqua di lavaggio proviene dalle condense ottenute nel condensatore posto dopo la turbina. Nella Figura 1.9 si riporta uno schema della tipica struttura di un impianto di lavaggio con i suoi componenti principali [8].

Figura 1.9: Schema dell'impianto di lavaggio con NaOH

Il lavaggio con soluzione caustica è sicuramente un valido metodo per la rimozione dell’acido cloridrico; tuttavia, causa la riduzione del grado di surriscaldamento e la condensazione del vapore. Queste due conseguenze andranno ad incidere sulla riduzione della portata e dell’entalpia del vapore. La perdita d’efficienza è sicuramente più risentita negli impianti a vapore dominante dove il grado di surriscaldamento è elevato (circa 5-10% [9]).

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1.4 Stato dell’arte per la rimozione di HCl 17

Tipicamente, tramite un lavaggio con NaOH, la concentrazione di acido cloridrico in uscita dal pozzo viene ridotta a valori compresi tra 1 e 5 ppm, raggiungendo efficienze di rimozione tra 95-99%. La concentrazione di acido cloridrico viene ulteriormente ridotta al di sotto di 0,1 ppm grazie al secondo stage di lavaggio prima dell’ingresso in centrale. Quest’ultimo requisito è fondamentale per evitare la deposizione di sali in turbina, che potrebbero causare nel tempo danni per pitting e, ancor peggio, rotture improvvise. Per garantire al vapore una maggiore entalpia dopo il lavaggio, si può: [9]:

1. preriscaldare la soluzione di lavaggio, alimentandola così a temperatura maggiore;

2. preriscaldare la soluzione e alimentarla alla stessa pressione del vapore. In questo caso si ottiene il massimo recupero energetico.

Analizzando, infine, i costi d’esercizio relativi a questo sistema si può affermare che, ad impattare maggiormente è il costo relativo all’utilizzo del reagente NaOH. I costi aumentano se si considera il preriscaldamento e la pressurizzazione della soluzione di lavaggio.

1.4.2 Dry Steam Scrubbing

La rimozione dell’acido cloridrico dal vapore geotermico può essere fatta utilizzando un letto di materiale assorbente fatto di calcare (CaCO3). Il consumo di carbonato di

calcio in questo processo è governato dalla stechiometria della reazione di abbattimento. Il processo avviene tramite un contatto diretto tra il vapore surriscaldato e la superficie del carbonato di calcio, in assenza di acqua:

𝐶𝑎𝐶𝑂3 (𝑠)+ 2 𝐻𝐶𝑙(𝑔)→ 𝐶𝑎𝐶𝑙2 (𝑠)+ 𝐶𝑂2 (𝑔)+ 𝐻2𝑂(𝑣) Eq. 1.6

In Figura 1.10 si riporta la schematizzazione del processo di Dry Steam Scrubbing [10].

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1.4 Stato dell’arte per la rimozione di HCl 18

Si capisce, quindi, il vantaggio di questo sistema di rimozione che consiste nella possibilità di sfruttare tutto il contenuto energetico del vapore, non avendo ridotto il grado di surriscaldamento.

A differenza del lavaggio con soluzione caustica, in questo sistema non è esclusa la possibilità di avere reazioni competitive. Il carbonato di calcio, inoltre, ha una bassissima solubilità, perciò non si dissolve durante le operazioni di lavaggio del letto per la rimozione dei prodotti di reazione. La bassa solubilità è un aspetto importante che incide sull’integrità meccanica del letto e su proprietà quali porosità, permeabilità e area superficiale. La rigenerazione del letto tramite lavaggio con acqua è il metodo più efficace per rimuovere i prodotti di reazione dalla superficie del carbonato di calcio (considerando che il cloruro di calcio formatosi nella reazione è molto solubile in acqua). Il lavaggio rende disponibile nuova area superficiale del calcare per la reazione di rimozione.

Ad oggi, l’unico caso di rimozione di acido cloridrico con un sistema a secco è quello su scala pilota fatto nel campo geotermico di The Geysers in California. Dal report della sperimentazione risulta che il può essere lavato ogni 15 ogni 15-30 giorni, in funzione della concentrazione di acido cloridrico in ingresso [9]. Inoltre, Con questo sistema di rimozione è sono state raggiunte concentrazioni residue di acido cloridrico inferiori ai 2 ppm, per un range di concentrazione in alimentazione superiore ai 160 ppm [9].

Per quanto riguarda la configurazione impiantistica, generalmente si prevedono almeno due colonne di abbattimento, una in rigenerazione e l’altra operativa.

Uno sviluppo di questa tecnologie prevede l’utilizzo di un letto fluido, formato da pellets di carbonato di calcio di piccole dimensioni. La grande efficienza di questa configurazione è dovuta all’intimo contatto tra il gas ed il solido, ma il mantenimento del letto fluido è un’operazione molto complessa.

Altri possibili materiali assorbenti testati sono il carbonato di sodio (Na2CO3), l’ossido

di calcio (CaO) e solfato di calcio (CaSO4). Anche materiali adsorbenti come carbone

attivo e zeoliti permetto un ottimo abbattimento dell’acido cloridrico; tuttavia, in questo caso, non è stato ancor ben definito il processo di rigenerazione del letto.

Infine, con l’utilizzo di questa tecnologia di rimozione, i costi d’esercizio vengono nettamente ridotti rispetto al caso di lavaggio con soluzione basica, grazie al basso costo del calcare.

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1.4 Stato dell’arte per la rimozione di HCl 19

1.4.3 Sistemi ibridi

Questi sistemi prevedono l’utilizzo di liquidi inorganici concentrati in grado di esistere in equilibrio con il vapore surriscaldato. I sistemi ibridi di rimozione coinvolgono un liquido di trasporto che deve essere alimentato e ricircolato in modo da mantenere il rapporto liquido-vapore tra 1-5% in massa di liquido. È necessario che il liquido sia altobollente, che non essicchi e non deve far precipitare solidi. Infine, il liquido deve essere sufficientemente alcalino per permettere un elevato trasferimento di materia dell’acido cloridrico verso la fase liquida, minimizzando la corrosione del metallo in contatto con tale liquido. Allo scopo, le seguenti soluzioni sono state ritenute idonee:

1. soluzione di idrossido di potassio, carbonato di potassio cloruro di potassio. Questo processo involve l’iniezione di una soluzione di KOH nel vapore geotermico al fine di produrre carbonato e bicarbonato di potassio:

2𝐾𝑂𝐻 + 𝐶𝑂2→ 𝐾𝐻𝐶𝑂3+ 𝐾𝑂𝐻−→ 𝐾2𝐶𝑂3+ 𝐻2𝑂 Eq. 1.7

Sopra i 200°C, la solubilità del carbonato di potassio è almeno del 70% in peso e la fase liquida un elevato grado di surriscaldamento. L’acido cloridrico presente nel vapore reagisce con la soluzione satura di carbonato di potassio per formare il cloruro di potassio, secondo la reazione:

2𝐻𝐶𝑙 + 𝐾2𝐶𝑂3→ 2𝐾𝐶𝑙 + 𝐶𝑂2+ 𝐻2𝑂 Eq. 1.8

2. soluzione di cloruro di calcio, ossido di calcio. In questo processo viene fatta circolare una soluzione concentrata di cloruro di calcio (CaCl2) a cui viene

aggiunta calce (CaO) o calce idrata (Ca(OH)2) come base per neutralizzare

l’acido cloridrico. La reazione globale è:

2𝐻𝐶𝑙 + 𝐶𝑎(𝑂𝐻)2→ 𝐶𝑎𝐶𝑙2+ 2𝐻2𝑂 Eq. 1.9

Il pH della soluzione di cloruro di calcio diminuisce con la temperatura a causa della complessazione dell’idrossido (OH-) con lo ione calcio (Ca2+), perciò viene

mantenuto un eccesso di calce nel sistema. La calce reagisce con l’acqua per formare la calce idrata, la quale ha bassa solubilità ma provvede a fornire gli idrossidi necessari per neutralizzare l’acido cloridrico. Il pH tipico di queste soluzioni permette un piccolo assorbimento di CO2 causando la formazione di

ioni carbonato che si comporteranno da base andando a reagire con l’acido cloridrico.

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1.4 Stato dell’arte per la rimozione di HCl 20

1.4.4 Lavaggio con olio

Questo metodo prevede l’iniezione in forma nebulizzata di uno speciale olio altobollente nella corrente di vapore surriscaldato, direttamente all’interno della tubazione. Richiede, tuttavia, la presenza di un separatore progettato appositamente, in modo tale da ridurre il più possibile il trascinamento di olio verso la turbina. Uno schema del sistema di lavaggio è riportato in Figura 1.11 [10].

Figura 1.11: Schema del processo di lavaggio con olio

Il processo di rimozione con olio può rimuove l’acido cloridrico preservando quasi tutto il surriscaldamento (fino al 95%). In questo caso, il principale costo d’esercizio è legato all’utilizzo dell’olio che spesso deve essere reintegrato. I costi potrebbero essere contenuti nel momento in cui si trova il giusto olio per questa applicazione.

1.4.5 Confronto dei sistemi di rimozione

Per confrontare i sistemi di rimozione descritti in precedenza, viene riportato un esempio pratico preso dalla letteratura di riferimento [9]. Le condizioni del fluido geotermico in testa al pozzo sono:

Tabella 1.1: Proprietà del fluido geotermico di un caso pratico

Temperatura 380 °C

Pressione 22 Bar

Entalpia del vapore 3200 kJ/kg

Portata 30 Kg/s

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1.5 Dati termodinamici 21

I risultati del confronto vengono riportati nella Tabella 1.2 [9]: come si può notare il sistema di rimozione che utilizza un letto di calcare è quello che permette di massimizzare l’utilizzo dell’entalpia. Inoltre, rispetto al sistema tradizionale di lavaggio con soluzione di NaOH, si ha un costo annuale ridotto di un fattore pari a circa tre.

Tabella 1.2: Confronto risultati dei diversi metodi di rimozione

1.5 Dati termodinamici

1.5.1 Calcare (carbonato di calcio)

Il carbonato di calcio è il sale di calcio dell’acido carbonico. Allo stato puro si presenta come un solido di colore bianco, poco solubile in acqua. Il carbonato di calcio viene facilmente decomposto dagli acidi. Dalla reazione si sviluppa acido carbonico che immediatamente si decompone in acqua ed anidride carbonica:

𝐶𝑎𝐶𝑂3+ 2 𝐻𝐶𝑙 → 𝐶𝑎𝐶𝑙2+ 𝐶𝑂2+ 𝐻2𝑂 Eq. 1.10

Ad elevate temperature (>800°C) il carbonato di calcio si decompone in ossido di calcio e anidride carbonica (calcinazione del carbonato di calcio) secondo la reazione:

𝐶𝑎𝐶𝑂3 (𝑠)→ 𝐶𝑎𝑂(𝑠)+ 𝐶𝑂2 (𝑣) Eq. 1.11

Le soluzioni acquose di carbonato di calcio presentano reazione nettamente basica a causa del fenomeno dell’idrolisi. Infatti, lo ione carbonato (𝐶𝑂32−) formatosi in seguito

alla dissociazione del sale in acqua si comporta da base di Lewis strappando un protone all’acqua e portando alla formazione di ioni 𝑂𝐻− che rendono l’ambiente acquoso basico.

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1.5 Dati termodinamici 22

𝐶𝑂3 (𝑎𝑞)2− + 𝐻2𝑂(𝑙) → 𝐻𝐶𝑂3−+ 𝑂𝐻− Eq. 1.13

Nella Tabella 1.3 si riportano alcune proprietà chimico-fisiche relative al carbonato di calcio.

Tabella 1.3: Proprietà chimico-fisiche calcare

Densità 2,93 g/cm3 [11]

Solubilità in acqua

a 20°C 0,00014 g/100gH2O [11]

a 100°C 0,002 g/100gH2O [11]

Massa Molecolare 100 g/mol [11]

Temperatura di Fusione > 825 °C [11]

Costante di solubilità a 298K 4,96 · 10-9 (mol/L)2 [12]

Entalpia di fusione 12700 cal/mol [13]

Costante di innalzamento ebullioscopica acqua 0,512 kg °C/mol [14]

1.5.2 Cloruro di calcio

Il cloruro di calcio è il sale dell’acido cloridrico. Si presenta come una massa porosa bianca deliquescente2. A temperatura ambiente è una polvere cristallina bianca molto

solubile in acqua. Uno degli impieghi principali del cloruro di calcio è in soluzione acquosa come liquido non congelante. Il punto di congelamento dell’eutettico CaCl2/H2O

(al 29.58% in massa di cloruro di calcio) è a T= -54.2°C. Nella Figura 1.12 [15] si riporta il diagramma di stato per il sistema CaCl2-H2O.

2 Si dice deliquescente un sale che, fortemente igroscopico, assorbe tanta acqua dall’atmosfera da dar luogo ad una soluzione che, inizialmente satura, continua ad assorbire acqua finché, diluendosi, la sua pressione di vapore non diventa uguale alla pressione di vapore d’acqua nell’ambiente in cui esso si trova. Affinché un sale sia deliquescente quindi è necessario che la pressione di vapore della sua soluzione satura sia minore della pressione di vapore nell’ambiente (e ciò si realizza per sali estremamente solubili).

(43)

1.5 Dati termodinamici 23

Figura 1.12: Diagramma di stato CaCl2 - H2O

Una soluzione contenente il 30% in massa di CaCl2 ha il punto di congelamento più

basso di qualsiasi soluzione di CaCl2 (circa -50°C). Questa soluzione è chiamata

eutettica. Il punto (A) nel diagramma che segna la temperatura e la composizione di congelamento di questa soluzione è un punto eutettico. Al punto di congelamento di una soluzione eutettica di CaCl2, la soluzione è in equilibrio con due fasi solide: ghiaccio e

CaCl2·6H2O. Contando anche la fase vapore, in questo sistema binario ci sono in totale

quattro fasi in equilibrio.

La curva tra i punti A e B segna le composizioni di soluzioni che sono saturate con l'esaidrato, CaCl2·6H2O. La curva tra B e C segna le composizioni di soluzioni che sono

saturate con il tetraidrato, CaCl2·4H 2 O. Il diidrato CaCl2·2H2O è in equilibrio con

soluzioni sature a temperature superiori a quelle contrassegnate dal punto C.

I punti B e C sono punti peritettici. In un sistema peritettico, una fase solida si trasforma, in condizioni di invarianza del sistema, in una seconda fase solida di composizione quantitativamente differente e in una fase liquida. Se CaCl2·4H2O viene riscaldato a

45,3°C si decompone in un liquido in equilibrio con CaCl2·2H2O.

Nelle Tabelle 1.4, 1.5 e 1.6, si riportano alcuni dati chimico-fisici per il cloruro di calcio presi dalla letteratura di riferimento.

(44)

1.5 Dati termodinamici 24

Tabella 1.4: Proprietà chimico-fisiche cloruro di calcio

Densità 2,152 g/cm3 [16]

Solubilità in acqua

a 0°C 59,5 g/100gH2O [11]

a 260°C 347 g/100gH2O [11]

Massa Molecolare 111 g/mol [16]

Temperatura di Fusione 772 °C [16]

Entalpia di fusione 6100 cal/mol [13]

Tabella 1.5: solubilità del CaCl2 [g/100 cm3] in acqua a diverse temperature [17]

0°C 10°C 20°C 30°C 60°C 70°C 80°C 90°C 100°C

CaCl2∙6H2O 59,5 65 74,5 102 - - - - -

CaCl2∙2H2O - - - - 136,8 141,7 147 152,7 159

Tabella 1.6: Calore di soluzione in acqua a 18 °C [18]

Diluizione Formula Calore sviluppato [kcal/mol]

CaCl2 +4.90

CaCl2 H2O +12.30

CaCl2 2H2O +12.5

CaCl2 4H2O +2.40

CaCl2 6H2O -4.11

In Figura 1.13 si riporta, infine, il normogramma di Myers-Jarzombek per determinare l’innalzamento ebullioscopico dovuto alla dissoluzione del cloruro di calcio.

(45)

1.5 Dati termodinamici 25

1.5.3 Acido cloridrico

L’acido cloridrico è un acido binario con formula chimica HCl. A temperatura e a pressione ambiente è un gas incolore ed è estremamente corrosivo. Ha un odore pungente ed è molto solubile in acqua. Anidro non è molto reattivo, mentre lo è tanto di più in soluzione acquosa, in cui si presenta notevolmente dissociato essendo un acido forte. Ad alta temperatura, l’acido cloridrico gassoso attacca in modo insignificante il ferro. In Tabella 1.7 si riportano alcune proprietà chimico-fisiche relative all’acido cloridrico mentre, in Tabella 1.8 si riportano i dati di equilibrio del sistema HCl-H2O a 100°C.

Tabella 1.7: Proprietà chimico-fisiche acido cloridrico

Densità 1,187 g/cm3 [19]

Solubilità in acqua

a 0°C 82,3 g/100gH2O [19]

a 30°C 67,3 g/100gH2O [19]

Massa Molecolare 100 g/mol [19]

Temperatura di Fusione -144,22 °C [19]

Temperatura di Ebollizione -85,05 °C [19]

Tabella 1.8: Pressione parziale dell'HCl in soluzione acquosa di HCl.

%HCl

[g HCl/100gH2O] 100°C Frazione in volume (y)

2 0,132 mmHg 0,000174 4 0,46 mmHg 0,000605 6 0,92 mmHg 0,001211 8 1,64 mmHg 0,002158 10 2,9 mmHg 0,003816 12 5,1 mmHg 0,006711 14 9 mmHg 0,011842 16 16,1 mmHg 0,021184 18 28 mmHg 0,036842 20 49 mmHg 0,064474 22 90 mmHg 0,118421 24 157 mmHg 0,206579 26 276 mmHg 0,363158 28 493 mmHg 0,648684

(46)

1.5 Dati termodinamici 26

I dati in Tabella 1.8 [20] sono stati interpolati per determinare la concentrazione attesa di HCl in fase vapore di una soluzione bollente di H2O-HCl a 100°C. La curva di

interpolazione è riportata nella successiva figura.

Figura 1.14: Andamento della %HCl p/p in funzione della frazione volumetrica in fase vapore

1.5.4 Termodinamica della reazione

Come già visto in precedenza, la reazione tra acido cloridrico e calcare è:

𝐶𝑎𝐶𝑂3 (𝑠)+ 2 𝐻𝐶𝑙(𝑔)→ 𝐶𝑎𝐶𝑙2 (𝑠)+ 𝐶𝑂2 (𝑔)+ 𝐻2𝑂(𝑣) Eq. 1.14

Per il calcolo dell’entalpia e dell’entropia di reazione sono state utilizzate le seguenti relazioni: ∆𝑟𝐻°(𝑇) = ∆𝑟𝐻°(298𝐾) + ∫ ∆𝑟𝐶𝑃°(𝑇) 𝑑𝑡 𝑇 298𝐾 Eq. 1.15 ∆𝑟𝑆°(𝑇) = ∆𝑟𝑆°(298𝐾) + ∫ ∆𝑟𝐶𝑃°(𝑇) 𝑇 𝑑𝑡 𝑇 298𝐾 Eq. 1.16

mentre per il calcolo dell’energia libera di Gibbs è stata utilizzata l’equazione:

∆𝑟𝐺°(𝑇) = ∆𝑟𝐻°(𝑇) − 𝑇 · ∆𝑟𝑆°(𝑇) Eq. 1.17

Nelle equazioni precedenti si è supposto che le specie gassose coinvolte nella reazione si possano ritenere gas ideali. Infatti, con questa ipotesi si può ritenere che l’entalpia dipenda solo dalla temperatura e che quindi non vari con la pressione. Il calcolo dell'entalpia e dell’entropia di reazione alla temperatura di 298 K può essere fatto tramite la legge di Hess: y = 3,3588ln(x) + 29,184 R² = 0,9953 0 5 10 15 20 25 30 35 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 % HCl Frazione in volume Y

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