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1 Modellizzazione di servovalvole DDV per comandi di volo avanzati

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Academic year: 2021

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(1)

1 MODELLIZZAZIONE DI SERVOVALVOLE DDV

PER COMANDI DI VOLO AVANZATI

Nei moderni velivoli con Flight Control System Fly-By-Wire (FCS/FBW) la movimentazione delle superfici primarie di controllo (elevatori, alettoni, timone verticale) è ottenuta mediante attuatori servoidraulici tandem (lo schema semplificato è quello di fig. 1-1) essenzialmente costituiti da un martinetto idraulico a doppio stadio (modulo di potenza) e da una servovalvola elettroidraulica (modulo di controllo).

Superficie di controllo Impianto 2 Impianto 1 Attuatore tandem Struttura velivolo

Figura 1-1 Attuazione per superfici di controllo primarie.

Le tipologie di servovalvola maggiormente impiegate nei FCS/FBW sono quelle con flapper-nozzle (Electro-Hydraulic Valve, EHV) e quelle ad azionamento diretto (Direct Drive Valve, DDV), ma la tendenza attuale è quella di prediligere servovalvole DDV, essendosi rivelate più affidabili e vantaggiose rispetto alle EHV [1].

(2)

Per aumentare il livello di affidabilità del sistema di attuazione è necessario ricorrere alla ridondanza dei componenti che tipicamente è duplice o triplice per i componenti idraulici e triplice o quadruplice per i componenti elettrici, a seconda della tipologia del velivolo, della sua missione e dei costi operativi. In figura 1-2 si riporta uno schema di funzionamento del complesso servovalvola-martinetto. Il martinetto è a doppio stadio (tandem), con le due coppie di camere alimentate da due impianti idraulici indipendenti in modo che il funzionamento sia garantito anche in presenza di failure di uno dei due. La servovalvola DDV schematizzata è essenzialmente costituita da un motore elettrico lineare (Linear Force Motor LFM) a quadruplice ridondanza, dal cassetto di distribuzione (spool) e dal relativo trasduttore di posizione (Linear Variable Differential Transformer LVDT). Il movimento dello spool provoca l’apertura o chiusura delle luci di trafilamento della sezione idraulica della servovalvola e consente la regolazione della portata di fluido verso le camere del martinetto1.

La necessità di sviluppare modelli sofisticati per la simulazione della dinamica della DDV assume un ruolo decisivo, oltre che per la progettazione del componente (per poter valutare l’importanza dei parametri costruttivi), anche e soprattutto per il progetto dell’intero FCS. Ad esempio, in un FCS a quadruplice ridondanza con logiche di monitoraggio per confronto, tali modelli possono essere utili per la riduzione delle soglie di accettazione dei segnali; alternativamente, modelli sofisticati che assicurino un’accurata riproduzione del comportamento dinamico del componente potrebbero consentire di applicare un monitoraggio per via diretta con la possibilità di usare una triplice ridondanza, a patto di avere a disposizione sufficienti risorse di calcolo sui Flight Control Computer (FCC).

1

(3)

Figura 1-2 Schema di funzionamento del complesso servovalvola-martinetto.

1.1 Principio di funzionamento della servovalvola DDV

Nel presente lavoro è stato sviluppato un modello della dinamica del LFM della servovalvola DDV relativa all’attuatore di elevatore di un moderno velivolo con FCS/FBW. Tale Linear Force Motor è un motore elettrico lineare a magneti permanenti di cui si ignora la geometria interna e per il quale si ipotizza una struttura costituita da quattro solenoidi coassiali geometricamente uguali, due magneti permanenti montati con polarità contrapposte, una molla di centraggio ed un’armatura in materiale ferromagnetico2 vincolata rigidamente allo spool, fig.1-3.

2

(4)

Figura 1-3 Vista in sezione del Linear Force Motor DDV.

Il principale fenomeno fisico alla base del funzionamento del Linear Force Motor è riassunto nel seguente postulato [2]:

Qualsiasi corpo di materiale ferromagnetico investito da un campo magnetico è soggetto a forza meccaniche che tendono a trascinarlo verso le zone a campo più intenso e ad allinearlo alle linee di forza del campo stesso. Se il corpo si muove, le forze magnetiche compiono un lavoro realizzando una conversione elettro-magneto-meccanica dell’energia. Tale conversione, in assenza di fenomeni dissipativi quali l’effetto di isteresi o le correnti parassite, è completamente reversibile.

La movimentazione del cassetto di distribuzione della servovalvola viene dunque realizzata attraverso la formazione di un campo magnetico generato in parte dalle correnti di pilotaggio che circolano nelle bobine e in parte dai due

(5)

magneti permanenti. Questi ultimi, essendo montati con polarità contrapposte generano due flussi magnetici simmetrici rispetto ad un piano perpendicolare all’asse dello spool e passante per la mezzeria dello stesso. A seguito di tale simmetria, se l’armatura è centrata rispetto alle battute metalliche e siamo in assenza di correnti di comando nelle quattro bobine, il motore elettrico non genera forza magnetica, perciò, se la molla di centraggio è montata in modo da risultare scarica, tale configurazione risulta essere d’equilibrio per il sistema. Per spostare lo spool è necessario far circolare corrente negli avvolgimenti, i quali producono un flusso magnetico aggiuntivo, responsabile della generazione della forza magnetica Fm sull’armatura, figura 1-4. Nel seguito della trattazione tale flusso sarà indicato come flusso utile per differenziarlo dall’aliquota del flusso indotto dalle bobine che si disperde in percorsi secondari.

Flusso utile Flussi indotti dai magneti permanenti

Fm

Figura 1-4 Andamento delle linee di campo all’interno del LFM.

La forza magnetica Fm, il cui verso dipende dal verso della corrente nelle bobine, provoca il movimento dell’armatura e di conseguenza l’apertura (o la chiusura) delle luci di trafilamento della servovalvola.

(6)

1.2 Modello della dinamica del sistema

Per la modellizzazione della dinamica del LFM è necessario effettuare una schematizzazione analitica delle singole parti che lo compongono: i circuiti elettrici di alimentazione, lo spool ed il campo magnetico di accoppiamento.

1.2.1 Circuiti elettrici di alimentazione

La relazione che descrive il comportamento dei quattro circuiti di alimentazione del LFM è, definito j = 1,…,4 l’indice relativo al circuito di alimentazione,

C j C j j j

V =R i + (1.1) ε

dove:

è la tensione di alimentazione applicata alla bobina j

j C

V

è la resistenza elettrica della bobina j

j C

R

è la corrente che circola nella bobina j

j

i

j

ε è la forza elettromotrice indotta nella bobina j.

Per valutare la f.e.m. indotta εj è utile ricordare la legge di Faraday

dell’induzione elettromagnetica:

ogni qual volta il flusso del campo magnetico λj concatenato con un circuito varia nel tempo si ha nel circuito stesso una forza

(7)

elettromotrice indotta data dalla derivata del flusso rispetto al tempo [3]. j j d dt λ ε = (1.2)

In accordo con il principio di conservazione dell’energia; l’effetto della f.e.m. indotta è poi sempre tale da opporsi alla causa che ha generato il fenomeno (legge di Lenz).

L’equazione (1.1) può essere scritta:

dt d i R V j j j C j C λ + = (1.3)

Per una bobina in cui il flusso magnetico ϕj sia concatenato con tutte le N spire dell’avvolgimento si haλj =Nϕj e quindi: j d d N dt dt j λ ϕ = (1.4)

Va però osservato che la (1.4) rappresenta una schematizzazione ideale dato che, in realtà, parte del flusso magnetico generato è distribuito nello spazio occupato dagli avvolgimenti e pertanto concatena solo una frazione di questi. Nel nostro caso, come nella maggior parte dei dispositivi con nucleo ferromagnetico, l’effetto dei concatenamenti parziali è relativamente modesto, essendo la maggior parte del flusso confinata nel nucleo, per cui la (1.4) risulta essere una buona approssimazione della situazione reale.

(8)

Nel presente lavoro, il flusso magnetico ϕj viene suddiviso in due contributi

(figura 1-5), il flusso utile ϕu , che concatena tutte le bobine del LFM e passa

attraverso i traferri a destra e sinistra dell’armatura, ed il flusso disperso ϕdj, che

concatena il singolo solenoide :

j u d j

ϕ =ϕ ϕ+ (1.5)

Flussi dispersi

Flusso utile

(9)

1.2.2 Il circuito magnetico equivalente

In figura 1-6 sono riportati in forma qualitativa i flussi magnetici generati all’interno del Linear Force Motor.

Figura 1-6 Andamento dei flussi magnetici

Per calcolare i flussi magnetici è necessario ricorrere alla schematizzazione mediante circuito magnetico equivalente del sistema riportata di seguito.

(10)

Le ipotesi utilizzate per l’individuazione del circuito magnetico equivalente sono:

• Il campo magnetico all’interno del LFM può essere scomposto nei seguenti contributi: il flusso utile ϕu che concatena tutte le bobine e

passa attraverso l’armatura dello spool, i quattro flussi dispersi nelle bobine ϕdj, i flussi ϕl e ϕr concatenati ai magneti permanenti e

all’armatura ed i flussi dispersi sui magneti ϕdl e ϕdr;

• I flussi ϕu, ϕd1, ϕd2, ϕd3, ϕd4, ϕl, ϕr, ϕdl e ϕdr definiscono gli unici

possibili percorsi delle linee di flusso;

• La riluttanza dei materiali ferromagnetici viene trascurata;

• Nei traferri in aria, le linee di flusso magnetico sono diritte ed i tubi di flusso hanno forma prismatica;

• Si assume che ogni magnete permanente sia un magnete in terre rare (Sm-Co) che lavora nel suo range lineare [4] [5]3;

• Si trascurano i fenomeni magnetici di isteresi e di saturazione nei materiali ferromagnetici;

• La variazione di temperatura operativa è ritenuta tale da non alterare le caratteristiche magnetiche dei materiali [4].

Nella figura 1-7 nella pagina seguente si riporta il circuito magnetico equivalente del Linear Force Motor.

3

(11)

A 1 1

m z

l

r s

s

s

s z

i

i i m

v

0

F

2

Ni

1

Ni

Ni

3

Ni

4

ϕ

u

ϕ

d

ϕ

d

ϕ

d

ϕ

d

ϕ

l

ϕ

r v

ϕ

l

ϕ

r 0

F

1 2 3 4 d d

Figura 1-7 Circuito magnetico equivalente del LFM.

Ciascun percorso impone al flusso magnetico di attraversare materiali differenti e traferri in aria più o meno grandi. Ogni tratto può essere caratterizzato da una riluttanza dipendente dal valore della permeabilità magnetica µi caratteristica del

materiale impiegato, dalla lunghezza li delle linee di flusso e dalla sezione Si del

tubo di flusso:

ℜ = = ℜ i i i S l ι µ (1.6)

(12)

In base all’analogia elettrica ogni porzione di tubo di flusso rappresentato in figura 1-6 può essere modellizzata come un ramo di un circuito elettrico resistivo in cui la resistenza è pari alla riluttanza lungo tale percorso, mentre i generatori sono rappresentati dai magneti permanenti e dalle bobine aventi forze magnetomotrici rispettivamente F0 e Nij (figura 1-7).

La risoluzione della rete magnetica può essere effettuata con metodi identici a quelli utilizzati per le reti elettriche.

Applicando il cosiddetto metodo delle maglie si individuano nove maglie indipendenti4 e, associando a ciascuna di esse un flusso ed un verso di percorrenza (figura 1-7), si può scrivere il sistema (1.7) di nove equazioni in nove incognite: (1.7)

(

)

(

)

(

)

(

)

(

)

(

(

)

(

)

(

)

(

)

1 2 1 2 3 2 3 4 3 4 0 0 0 0 1 2 3 4 1 2 3 4

2

2

F

F

F

F

r l r l r m v r d m u r l m v l d m u l r m d m z l m d m z r r l l u r l d s i d i d i d s i d i d i d s i d i d i d s i

N i

i

i

i

Ni

Ni

Ni

Ni

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

=

ℜ + ℜ + ℜ +

ℜ − ℜ

=

ℜ + ℜ + ℜ +

ℜ + ℜ

= ℜ +

ℜ + ℜ

= ℜ +

ℜ + ℜ

+ + +

= − ℜ + ℜ +

ℜ + ℜ

=

ℜ + ℜ −

= − ℜ +

ℜ + ℜ −

= − ℜ +

ℜ + ℜ −

= − ℜ +

ℜ + ℜ

⎪⎩

)

In figura 1-8 si evidenziano, insieme all’andamento ipotizzato dei flussi magnetici, le zone che costituiscono le riluttanze in aria presenti nel circuito.

4

Il calcolo può essere effettuato tramite la formula M=L-N+1, dove L è il numero dei rami, N è il numero dei nodi e M è il numero di maglie indipendenti.

(13)

Figura 1-8 Schema delle riluttanze in aria .

Utilizzando la relazione (1.6) e con riferimento alla geometria riportata in figura 1-9 è possibile calcolare le riluttanze.

(14)

Indicando con ℜm il valore delle riluttanze interne dei magneti considerate

uguali, con ℜr e ℜl le riluttanze dei traferri orizzontali sinistro e destro variabili

con lo spostamento dello spool xs, con ℜv la riluttanza del traferro verticale del

portamagnete, con ℜs e ℜi le riluttanze dei traferri che separano le bobine

possiamo scrivere le seguenti relazioni:

(

2 2

)

m i m e m m m r r l − = ℜ π µ (1.8)

(

2 2

)

0 ea ia s l r r x g − − = ℜ π µ (1.9)

(

2 2

)

0 ea ia s r r r x g − + = ℜ π µ (1.10) w r t a e v µ π 0 2 = ℜ (1.11)

(

2 2

)

0 is em s s r r l − = ℜ π µ (1.12)

(

r r

)

b a s i s e i + = ℜ π µ0 (1.13)

(

=0

)

ℜ + ℜ = ℜz v l,r xs (1.14)

(15)

Nell’attraversamento della zona d’aria presente nei traferri le linee di flusso abbandonano l’andamento rettilineo ipotizzato (vedi figura 1-10), assumendo l’andamento di figura 1-11.

Andamento delle linee di flusso (MODELLO TEORICO)

Andamento delle linee di flusso (CASO REALE)

Figura 1-10 Andamento teorico del flusso. Figura 1-11 Andamento reale del flusso.

L’aumento della sezione S del tubo di flusso, nel caso reale di figura 1-11, è solitamente preponderante rispetto all’aumento della lunghezza della generica linea di flusso; ciò si traduce in una diminuzione del 15-20% della riluttanza totale del traferro valutata con l’equazione (1.6). Tale differenza è funzione delle dimensioni geometriche dei traferri ed è stata stimata in un precedente lavoro di tesi [6], svolto presso il DIA e basato sull’utilizzo dell’analisi elettromagnetica ad elementi finiti (FEM) in ambiente Ansys®, con un coefficiente moltiplicativo da applicare alle riluttanze calcolate pari a 0,8 [7].

Per ciò che riguarda il flusso prodotto dai magneti si è tenuto conto di un concatenamento parziale delle linee di flusso con le bobine, inserendo in parallelo al magnete permanente una riluttanza aggiuntiva ℜz, il cui valore,

(16)

ϕr incontrano lungo il percorso ipotizzato nel circuito magnetico equivalente

nella condizione di corrente nulla e posizione centrata [6]. Il sistema (1.7), scritto in forma matriciale, diviene:

{ }

F = ℜ

[ ]

{ }

ϕ (1.15)

Analizzando la struttura della matrice delle riluttanze [ℜ] si nota che il sistema 1.15 può essere scomposto nelle (1.16) e (1.17):

⎪ ⎪ ⎭ ⎪ ⎪ ⎬ ⎫ ⎪ ⎪ ⎩ ⎪ ⎪ ⎨ ⎧ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ ℜ + ℜ ℜ − ℜ − ℜ + ℜ ℜ − ℜ − ℜ ℜ ℜ − ℜ − ℜ ℜ = ⎪ ⎪ ⎭ ⎪ ⎪ ⎬ ⎫ ⎪ ⎪ ⎩ ⎪ ⎪ ⎨ ⎧ + + 4 3 2 1 0 0 2 0 0 2 0 0 4 3 2 1 d d d d i s i i i s i s i i i s i i Ni Ni Ni Ni ϕ ϕ ϕ ϕ (1.16) 0 0 0 0 4 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 F F F F z r l z m v r m r r m v l m l l m m d d m m u j r l r l j N i ϕ ϕ ϕ ϕ ϕ = + + + + + + − + ⎧ ⎫ ℜ ℜ ℜ ℜ −ℜ ⎧ ⎫ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎢ ℜ ℜ ℜ ℜ ℜ ⎥ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎢ ⎥ ⎪ ⎪ = ℜ ℜ ⎪ ⎨ ⎬ ⎨ ⎢ ⎥ ⎪ ⎪ ⎪ ⎢ ℜ ℜ ℜ ⎥ ⎪ ⎪ ⎪ ⎢ ⎥ ⎪ ⎪⎩ ⎭ ℜ ℜ⎥ ⎪ ⎪ ⎩ ⎭ ⎪ ⎬ ⎪ ⎪ ⎪ (1.17)

Il sistema (1.16) permette di ricavare i flussi dispersi ϕd1, ϕd2, ϕd3 e ϕd45.

Ponendo i = 1, , 4, si ha:

5

(17)

(1.18)

=

=

4 1 j j ij i d

N

P

i

ϕ

dove i coefficienti Pij sono costanti; nelle loro espressioni non compaiono infatti

termini di riluttanza dipendenti dalla posizione di spool xs.

Come si osserva dalla (1.16), la matrice delle riluttanze, oltre ad essere simmetrica, presenta una simmetria anche sugli elementi diagonali; essendo r11= r44 e r22= r33. Questo fa sì che non solo, come ovvio, si abbia Pij= Pji con j≠ i,

ma anche: 21 34 P =P 31 24 P =P 11 44 P =P 22 33 P =P

Ciò si spiega considerando che la disposizione geometrica delle bobine nel LFM è stata ipotizzata come in figura 1-6 (bobine identiche e coassiali). Ad esempio, se si considerano le bobine 1 e 4 è ragionevole che, a parità di corrente, il flusso disperso concatenato con la bobina 1 e prodotto dalla stessa bobina sia uguale a quello che si concatena alla 4 e generato da 4 stessa; stesso discorso si può ripetere per le bobine 2 e 3. Con considerazioni analoghe si può poi verificare che il flusso disperso che si concatena alla bobina 1 a seguito della circolazione di corrente sulla 3, risulta essere identico a quello che si concatena alla 4 a seguito della corrente circolante nella 2.

(18)

Si riporta di seguito un esempio numerico di calcolo dei flussi dispersi nell’ipotesi semplificativa di avere ℜs = ℜi = ℜ.

(

1 2 3 4

)

1 13 5 2 21 i i i i N d + + + ℜ = ϕ

(

1 2 3 4

)

2 5 10 4 2 21 i i i i N d = + + + ϕ

(

1 2 3 4

)

3 2 4 10 5 21 i i i i N d + + + ℜ = ϕ

(

1 2 3 4

)

4 2 5 13 21 i i i i N d + + + ℜ = ϕ

I risultati evidenziano la correttezza delle considerazioni appena fatte e mettono in luce come l’influenza delle correnti delle bobine sui flussi dispersi sia decrescente con la distanza.

Il sistema (1.17) invece -consente il calcolo dei flussi ϕurldr e ϕdl6. Tali

flussi risultano essere funzioni non solo delle correnti che circolano nelle bobine, ma anche della posizione di spool xs, dato che le riluttanze ℜ e ℜ l r

dipendono da quest’ultima:

( )

( )

4 0 0 1 1 F u s s j g x g x N i ϕ = = +

j (1.19)

( )

( )

4 0 0 1 1 F r s s j h x h x N i ϕ = = +

j (1.20)

( )

( )

4 0 0 1 1 F l s s j l x l x N i ϕ = = +

j (1.21) 6

(19)

( )

( )

4 0 0 1 1 F r d s s j m x m x N i ϕ = = +

j (1.22)

( )

( )

4 0 0 1 1 F l d s s j n x n x N i ϕ = = +

j (1.23)

A questo punto, note le espressioni dei flussi concatenati, è possibile riscrivere le equazioni che descrivono la dinamica di corrente dei circuiti di alimentazione. Si ha infatti: ⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ + = dt d dt d N dt dλj ϕu ϕdj (1.24) e quindi: 4 1 j u k u s k s k d di N x dt x dt i i λ ϕ ϕ ϕ = ∂ d j k ⎡∂ ⎛∂ ⎞⎤ = + + ∂ ∂ ⎟ ⎣ 

⎦ (1.25) Introducendo le grandezze: s u b x N K ∂ ∂

= ϕ Coefficiente di forzacontroelettromotrice

⎟⎟ ⎠ ⎞ ⎜⎜ ⎝ ⎛ ∂ ∂ + ∂ ∂ = k j d k u jk i i N

L ϕ ϕ Coefficienti di auto (j=k) e mutua induttanza (jk)

si ha: 4 1 j k b s jk k d di K x L dt dt λ = =  +

(1.26)

(20)

dove il primo termine al secondo membro, proporzionale alla velocità dell’armatura, rappresenta la tensione mozionale, mentre il secondo termine, proporzionale alle derivate delle correnti, rappresenta la tensione trasformatorica della DDV [2].

Le equazioni dei circuiti di alimentazione divengono quindi:

4 1 k C j C j j b s jk k di V R i K x L dt = = +  +

(1.27)

Per rendere più rapida la risposta in corrente del circuito, l’alimentazione delle bobine viene fornita da un opportuno servo-amplificatore, che realizza un controllo in ciclo chiuso sulla corrente di bobina, regolando la tensione applicata VC sulla base dell’errore rilevato fra corrente di comando ICOM e corrente

effettiva i, misurata facendo circolare la stessa su una resistenza campione, spesso indicata come “resistenza di senso” Rs.

Nell’ipotesi che l’azione del servo-amplificatore sia esclusivamente proporzionale, si ottiene per ogni circuito:

(

)

C j sa s COM j j

V =K R Ii (1.28)

dove Rs e Ksa, che è il guadagno del servo-amplificatore, sono ipotizzati uguali

per i quattro circuiti di alimentazione. Combinando la (1.27) con la (1.28) si ha:

(

4 1 k C j j jk b s sa s COM j j k di

)

R i L K x K R I i dt = +

+  = − (1.29)

Le quattro equazioni differenziali non lineari (1.29), noti che siano il moto dell’armatura, le correnti applicate e le condizioni iniziali del sistema,

(21)

permettono di descrivere il funzionamento della parte elettrica del LFM (dinamica delle correnti). Dall’analisi di (1.19) risulta evidente come le equazioni (1.29) siano caratterizzate da forti non linearità. Le induttanze del circuito non sono costanti, infatti Ljk =Ljk

( )

xs , per cui le tensioni trasformatoriche dipendono, oltre che dalle derivate delle correnti, anche dalla posizione dello spool, d’altro canto le tensioni mozionali dipendono, oltre che dalla velocità, dalla posizione dell’armatura e dalle correnti a causa del fatto che

.

(

x i1 i2 i3 i4

)

K

Kb = b s, , , ,

1.2.3 Equazione della dinamica dello spool

Nell’ipotesi che la molla di centraggio sia scarica in corrispondenza di una posizione dello spool xs =0, il moto dell’armatura lungo la direzione assiale è descritto dalla seguente equazione differenziale:

(

,

)

s s s s s s m s att

m x +C x +K x =F x i +F +Ff (1.30)

dove:

s

m rappresenta la massa dello spool

m

F è la forza magnetica

att

F è la forza di attrito Coulombiano

f

F è il contributo delle forze di flusso idrauliche

s

K è la costante elastica della molla di centraggio

s

(22)

viscoso.

Nella presente trattazione sono stati trascurati i contributi delle forze di flusso e delle forze di attrito Coulombiano, pertanto l’equazione (1.30) diviene:

(

,

)

s s s s s s m s

m x +C x +K x =F x i (1.31)

1.2.4 Calcolo della forza magnetica

Il valore della componente della forza di origine magnetica può essere determinato con il principio dei lavori virtuali: immaginando di imporre uno spostamento infinitesimo virtuale dxs alla parte in esame ed esprimendo

l’energia del campo magnetico Wfld in funzione della corrente i e dello

spostamento xs.

( )

s s fld m x x i W F ∂ ∂ = , (1.32)

L’espressione dell’energia associata al campo magnetico è:

(

)

4

(

0 1 1 1 2F r l 2

)

fld r l d d j u d j j W ϕ ϕ ϕ ϕ N ϕ ϕ = = + + + +

i + (1.33)

Il calcolo della forza magnetica con la (1.32) risulta essere il seguente:

(

)

4 0 1 1 1 2F r l r l d d u m j j 2 s s F N i x x ϕ ϕ ϕ ϕ ϕ = ∂ + + + = + ∂

∂ (1.34)

(23)

dove ϕd j non compare in quanto non dipende da xs.

Inserendo a questo punto le espressioni da (1.18) a (1.23) nella (1.34) si ottiene:

(

)

( )

( )

( )

2 4 4 0 1 2 1 1 , m s s s j s j j j F x i f x f x i f x i = = ⎛ ⎞ = + + ⎝ ⎠⎟

(1.35)

relazione nella quale si evidenzia la dipendenza della forza magnetica Fm dalla

somma delle correnti circolanti

e dalla posizione dello spool x = 4 1 j j i s.

I tre termini a secondo membro rappresentano i tre contributi di forza magnetica generati dal LFM: il primo termine rappresenta l’azione attrattiva esercitata dai magneti permanenti (effetto “calamita”); il secondo termine è dovuto all’effetto di interazione tra il flusso indotto dalle correnti e quello dei magneti permanenti (effetto “misto”), mentre il terzo tiene conto dell’ effetto prodotto dalle sole correnti (effetto “relay”). Come evidenziato in appendice D, i tre coefficienti f0(xs), f1(xs) ed f2(xs) che compaiono nella (1.35) sono funzioni non lineari di xs,

per cui la forza magnetica fornita dal motore DDV è funzione non lineare sia della posizione dell’armatura che delle correnti.

Combinando la (1.31) con la (1.35) si ottiene:

( )

( )

( )

2 4 4 0 1 2 1 1 s s s s s s s s j s j j j m x C x K x f x f x i f x i = = ⎛ ⎞ + + = + + ⎝ ⎠⎟

  (1.36)

L’equazione differenziale non lineare (1.36), note che siano le correnti degli avvolgimenti e le condizioni iniziali del sistema, permette di descrivere il funzionamento della parte meccanica del LFM.

(24)

1.3 Modello

Simulink

®

Per la risoluzione del sistema di equazioni differenziali costituito dalle (1.29) e dalla (1.36) è stato sviluppato un modello in ambiente Matlab/Simulink® (versione 6.5, Release 13), denominato LFM_dynamics.mdl (file di input input_LFM.m7), di cui in figura 1-12 viene rappresentato il top level.

Figura 1-12 Modello di simulazione LFM_dynamics.mdl.

Al fine di ottimizzare le prestazioni del modello si è scelto di sviluppare parte del codice sotto forma di S-function, mediante il file LFM.c. Ad ogni ciclo di simulazione del modello Simulink®, il file LFM.c riceve come ingressi i quattro valori di corrente e la posizione di spool e restituisce in uscita i coefficienti di

7

(25)

FLUSSI MAGNETICI ij x s Eq. (1.18)-(1.23) ENERGIA MAGNETICA Ljk ϕ ϕ ϕ ϕ ϕ ϕ ϕ ϕ ϕ d1 d2 d3 d4 dr dl r l u d/dxs d/dxs K F b m Eq. (1.33)

auto e mutua induttanza del sistema Ljk, il coefficiente di forza

controelettromotrice Kb e la forza magnetica Fm (figura 1-13).

(26)

In figura 1-12, oltre al blocco LFM che contiene la S-function LFM.c, sono presenti altri due blocchi: uno, Spool dynamics, per il calcolo della posizione dell’armatura e l’altro, Current dynamics, per il calcolo delle correnti. Entrambe le strutture sono realizzate risolvendo le equazioni, rispettivamente la (1.36) e le (1.29), rispetto alla derivata di ordine maggiore (nello specifico la derivata di ordine due nel primo caso e quella di ordine uno nel secondo caso) e poi ricavando in cascata le derivate di ordine minore grazie all’uso di blocchi di integrazione fino ad arrivare al desiderato valore di xs e ij.

In figura 1-14 si riporta il sistema Spool dynamics che calcola la posizione xs

risolvendo l’equazione (1.36) rispetto a xs:

(

,

)

m s s s s s s s F x i C x K x x m − − =   (1.37)

Si possono notare la presenza dei limiti di saturazione per la posizione xs

corrispondenti al fondocorsa meccanico e l’aggiunta del segnale di uscita vs

necessario per il calcolo del termine k xb s delle (1.29).

(27)

Per ciò che riguarda il sistema Current dynamics si noti come i suoi ingressi siano costituiti dai già citati valori Ljk =Ljk

( )

xs e K xbs =Kb

(

x i i i is , , , ,1 2 3 4

)

xs e

dalla tensione di comando VCOMj, che viene trasformata all’interno del blocco in

corrente di comando ICOMj dividendola per la resistenza dell’alimentatore.

Analizzando nel dettaglio il sistema, mostrato in figura 1-15, la soluzione prevede il calcolo delle correnti ij risolvendo le equazioni (1.29) rispetto a dij /

dt:

(

)

4 1 k jk sa s COM j j b s k di C j j L K R I i K x R i dt = = − − −

 (1.38)

Figura 1-15 Sistema Current dynamics.

Se al secondo membro della (1.38) si assegna la denominazione V’j si ottiene:

(

)

j sa j s j COM j j b s C j

(28)

Gli elementi V’j vengono ordinati in un vettore nel blocco Vert Cat e,

analogamente, nel blocco Reshape si ordinano i coefficienti di induttanza Lij in

una matrice. Attraverso il prodotto della matrice inversa della matrice degli Lij (i

cui elementi sono i coefficienti mij, ottenuti utilizzando il blocco LU inverse

contenuto nella libreria di Simulink® denominata DSP Blockset), premoltiplicata per la colonna V’j stessa, si ottiene la colonna delle derivate delle correnti:

{ }

j ij j di m V dt ⎧ ⎫= ⎬ ⎣ ⎦ ⎩ ⎭ (1.40)

e, analogamente a quanto visto nel blocco Spool dynamics per il calcolo della posizione di spool, il calcolo delle correnti avviene in cascata con un blocco di integrazione.

Il blocco controllo corrente , riportato in appendice E, consente il calcolo degli elementi V’j grazie al loop in corrente, illustrato in figura 1-16 per un generico

circuito e ripetuto per quattro volte, una per ogni circuito.

Figura

Figura 1-1 Attuazione per superfici di controllo primarie.
Figura 1-2 Schema di funzionamento del complesso servovalvola-martinetto.
Figura 1-3 Vista in sezione del Linear Force Motor DDV.
Figura 1-4 Andamento delle linee di campo all’interno del LFM.
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