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Ing. GUSTAVO BES$ÈRE Sedicesima Edizione

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Ing. GUSTAVO BES$ÈRE

Sedicesima Edizione

l a n n o . 2 a n n i 3 . 4 .

(2)

CAPITOLO IX

I PIÙ ATTRAENTI PROBLEMI SUI MASSIMI E MINIMI

54. Ornaggio a Ferrnat. - Chi s'interessa di calcolo d.ifierenziale non d.ovrebbe ignorare il nome di Fetmat, che applicò il calcolo delle clerivate molto prima che fosse inventato. Ciò ha l'aria di una fantasia, ma è un fatto noto che ogni teoria sorge dalle sue applicazioni e fa corpo con esse. Cosi l'aerorlinamica è nata dall'aeroplano e la termocli- namica è uscita d.alla macchina a vapore.

Analogamente il calcolo difierenziale è uscito dal metod.o di calcolo dei massimi s Dlinimi, gfos rimane una delle sue più belle applicazioni.

Fatto sta che Fermat ha risolto il seguente problema: r Calcolare i valori d'una funzione per i quali la derivata della funzione s'annulla r. E nel suo metodo calcola realmente delle derivate, ma non se ne serve che per i valori zero.

I problemi ch'egli si poneva non domandavano altro.

Proúlemi sui massitni c mintmt

Gli scritti di Fermat sono stati trad.otti dal latino in ftancese(r) e la loro lettura non si può abba- stanza raccomandare a chiunque ami le matema- tiche.

Ne trarremo il primo e più semplice dei problemi di questo capitolo. Conserveremo la notazione di Fermat, salvo in quanto concerne la variabile, che Fermat chiamava incognita e che indicava con 4 seguendo I'uso istituito da Viète di tlesignare le incognite con d.elle vocali.

Noi la chiameremo .r.

Conserveremo la lettera a per ind.icare I'accre- scimento elementare di z, accrescimento che talvolta si designa con lr, oppuîe con /r, e che noi in questo libretto indicammo con r/N.

55. Problerna del segmento. - Ecco auzi- tutto il testo di Fermat (salvo la lettera r).

Sia da dividere il segmento AC in, E, in modo e!l.e AE x EC sia massimo (frg. zz'1.

97

Fig. zz.

A C : b ;

V c

Poniamo:

(r) Dr PAoto TTNNIRY (Gauthier-Vitlen, Púisi).

(3)

e8 Il caholo difierenziare ed integralc

sia r uno dei segmenti, l'altro satà ó - r ed il pro- dotto di cui si deve trovare il massimo è bz - rr.

Sia ora z I e il primo segmento di D, il secondo sarà ó - r - e ed il prodotto dei segmenti:

$ a _ y z * b e _ 2 e u _ e . .

Questo deve velire adeguagliato al precedente

$7 - az.

Sopprimend.o i termini comuni:

b e : z r e { e r ; divid.iamo tutti i termini per e:

b : z r ! e , s o P P d m i a m o

' :

b - z z .

Per risolvere il problema bisogna dunque pren- dere la metà di A.

È impossibile, aggiunge Fermat, d.i trovare un metodo più generale.

Fermat adopera la parola . ad.eguagliato I per dfue eguagliato al limite.

La soppressione di e è legittima poichè e 1""-" I ì

infinitamente piccolo. \ /v /

Per scrivere che la d.erivata è nulla egli scrive che due valori vicini sono eguali; ma per notificare

Psoblcmi sui tuassitti c minimi

che vi tendono egli dice che si debbono r adegua- gliare r.

Trattiamo ora il problema del segmento me- diante le derivate.

I due segmenti sono r e b -u; il loro prodotto è bx-*,. Sia y il valore variabile di questo proclotto.

Dobbiamo trovate il valore massimo della fun- zione:

! - b x - t z ' Prendiamo la sua derivata:

! ' : b

quando la funzione è massima la sua derivata è nulla, dunque in corrispondenza del massinro si avrà:

b - z z : 0 ossia

b 2

Il prod.otto considerato è quindi massimo quando il punto E è quello di mezzo del segmento lC.

56. Problema del carburatore. - In un car- buratore si trova, in generale, un galleggiaute cilin- drico (figura z3), d.'ottone stampato, che dev'essere leggero quanto è possibile per un volume dato.

I.o spessore dell'ottone essendo qnifelas, il peso 9 9

b : z r e

(4)

l o r Il calcolo difiamziah ed intqralc

è proporzionale alla superfice; bisogna quin<li di- minuire la superfice più che si può. Il problema si pone così:

Di tutti i galleggianti cilindtici che hanno lo stesso volume quali sono le dimen- sioni d.i quello che avend.o la superficie minial4 è per conse.

guenza il più leggero?

Sia z il raggio ed. h l'altezza del galleggiante, V il suo vo- lume; si sa che il volume d'un qilinfl16 |

V - nr2h,

tla cui si deduce:

mOFig. 23.

fondi ed il manto) è:

S : 2 n r t * z n r h .

Sostituiamo lr col valore trovato più sopra (for- mola r):

z n r V s - z f i r z * _ ,

7t/'

h : _ . v ( r )

n'f2

La superfice totale (d.ue

Problení sui massímí e míními

e semPlifcando:

S : 2 f i r . + 2 V r .

f

La superfice S è ura fuazione del raggio / che deve

venife tesa minimg.

La variabile da cui S dipende è z. CalcoUamo la derivata ili S rispetto ad /, come noi faîemmo se la variabile fosse intlicata colr ,, e non con r. Ot- terremo:

_ I

S ' : 4 t r l + 2 V - ,

f t

osstla:

z V S , : 4 n y _

Quando la superfice S diventa minima, la sua de- rivata s'annulla, cioè si ha:

z V 4 ? t f - - : o '

Si deduce da questa eguaglianza che:

/ 2

e q rinfi'

qúr : -;;-z V

4ntrtt : z V,

(5)

r 0 2 Il calcolo difermziate ed integrale

Problewi sui massimi e minimi r 0 3

e infine:

2 v v

t , t : - -

+ î ú 2 7 t r , Sostituiamo V coo. vrzh; avrerno:

da cui:

filzh rzh

t , a : -

2 î ú 2

h

e h - z r . 2

Si può calcolare quale è il rapporto che deve esistere fta l'altezza e la base afrnchè la trave pre- senti la resistenza massima alla flessione.

Se la base è r el'altezza lr, si d.imostra nella scieuza delle costruzioni che la

resisteuza alla flessione è p r o p o r z i o n a l e a r h r e d i conseguenza a xhz

--.

Quindi, o

supposto dato un trouco d.i diametro D, uoi cer- cheremo il mod.o di squa- drado onde sia massima l'espressione r/zr.

Osserviamo che il triau-

golo A B C è rettangolo in C, e quindi, pel teorema di Pitagora, si ha:

h t : D , _ r t . ( r ) iutroducendo questo valore in rlr otterremo:

x h . : r ( D r - Í À \ - t f i z - 4 .

La quantità da rend.ere massima è quindi eguale a rDt -28; questa funzione si può chiamare y;

scriviamo quindi

y _ r D s _ * .

Per rendere massimo y facciamone la derivata:

I

L'altezza del cilindro dev'essere il doppio del raggio; l'altezza, cioè, eguaglia il diamliro del cilind.ro.

Quindi, a parità di volume, un cilindro cavo avrà la massima leggerezza quando la sua altezza è eguale al suo diametro.

Ved.ete che il calcolo d.elle derivate può servire a qualche cosa. Osservate a[che che il risultato ha, nella sua semplicità, una piacevole eleganza; i pro_

blemi sui massimi e minimi sono, in generale,-dei problemi gîaziosi.

57. Problema della trave. _ euand.o si vuole squadfare un trouco d,albero in modo da d.are alla trave ottenuta la resistenza massima possibile (alla flessione) ci si guarderà bene di faita quadrata, beusl la si farà sempre più alta che larga (fig.241.

Fig. 24.

l r - p t _ 3 1 2 ,

(6)

Il calcolo difioenziale ed integrale

ed eguagliamola a zero:

D z _ 3 z. _ 0, e quirdi

D 2 : 3 x 2 . ( z l

Dalla eguagliaîza (r) si deduce anche:

D r : h s + ,r2;

eguagliamo questi due valori d.i Ds ed avremo:

e quincli

h t + 1 2 _ 3 * t ,

h 2 : 2 * 2 ,

da cui:

n: * 1/î.

L'altezza deve essere eguale al prod.otto d.ella base per 1/ z (che è circa r,4r).

All'ingrosso, l'altezza deve essere i t4 d"11"

I O

base, rapporto frequentemente adottato nei trat- tati sul taglio dei legnami.

58. Problema detla casseruola. - In generale le casseruole d.i rame e fl'slluminio che si trovano in commercio hauno una altezza eguale alla metà del loro diametro ed è per risparmiare metalo che i fabbricanti hanno ad.ottato questo rapporto.

Problemi sri massimi e minnnt t o 5

Il problema è analogo a quello del galleggiante, ma il risultato è diverso, perchè la casseruola è aperta in alto (fig. zS). Saremmo invece nello stesso caso se il fabbricante dovesse fornire un co- perchio dello stesso metallo; egli avrebbe allora interesse a fare la casseruola più alta (è il caso della matmitta).

Ii l r l

|_

Fig. 25.

Sia r il raggio ecl h I'aLtezza della Il volume è V:nrzh, e quindi

V h : - '

îú/2

casseruola,

( r )

la superfice è S:fir2 +2zzl e sostituendo I col suo valore dato dalla (r) si ha:

znrV r

$ : n r z : f i r z + 2 V -

nf. ?

(7)

r o ó Il calcolo differenziale ed integtale

La funzione da rend.ersi mini64 è dunque

S - v 7 z + z V t

f

Ira sua derivata è:

S ' - 2 f i , r + 2 V - r : z n r - 2 V :

/ ' y l

nelle condizioni di minimo questa derivata deve essere nulla, cioè:

2 n / - - : 0 , 2 v

f 2

e quindi

Problerrri sui massimi c tttamt ro7

Dividiamo membto a membro queste due egua- glianze; otteniamo

t, V trúl.

- x - : / 2 , h n V

da cui:

ed infine

t : h r t

r : h .

Si vecle che l'altezza dev'essete eguale al raggio.

59. Problema del barcone. - Si tratta d'un barcone azionato d.a un motore, supponiamo, a ben- zina. Se il barcone va troppo in fretta il consumo di combustibile è oneroso, se va troplp lentamente il viaggio dura troppo e le spese orarie (personale e capitale investito) diventano notevoli.

Bisogna ttovate la velocità più economica.

Fissiamo i d.ati del problema.

Un borcone a benzina consuma all'oro un numcro d,i d,ecilitti eguale al aubo ilella ucloaitA rcahzzata (in chilometri all'orc).

La benzina costa z lhe al litro. Le spese fisse (ca- pitale e personale) ammontano o 25 lile all'ora.

Qual'è la wlocilA che ríilurrA al minimo il costo il'un aiaggío d,i too chilometuí eseguíto senza lermate ?

Sia u la velocità ig chilometri all'ora. Il consumo orario in decilitri è u!, ed in litri

ossla

o ancora:

z V 2 îÍ,r : --

y 2

2 fil8 :2 V ,

, " : ; . v

Riscriviamo l'eguaglianza (r) :

u : v

* '

g r r o

(8)

r 0 8

Se ogni litro di benzina costa z lire la spesa in benzioa n * 'i:" lire all'ora.

Il viaggio durerà to9

o.", da cui una spesa fissa di:

2 5 X IOO

_ " 5 O O , r _ ^

_ : _ ure.

a a La spesa totale sarà:

2 u a _ +r o o 2 Soo r o a a

Dobbiamo rendere minima questa spesa, ossia la funzione:

2 700 tt : 20 a2 J- ---:--.

a

Facciamone la derivata:

Problemi sui. massimi e minimi

e quindi

ed infine

aE - 62,5,

, - | As: c i r c a 4.

La velocità dovrà essere cli 4 chilometri all'ora ed il viaggio dutetà z5 ore

60. Problerna dl Ferrnat del ra$$io lurninoso rlfratto. - Questo bellissimo problema è stato risolto d.a Fermat per spiegare la legge della rifra- zione della luce, che Descartes aveva scoperto ma dimostrava pet rlrrezzo d.'ipotesi errate.

Descartes supponeva infatti che la luce si propa- gasse più rapidamente nel vetto che nell'aria.

Fermat partì dall'ipotesi opposta. Il cutioso è ch'essi arivarono allo stesso risultato.

La disputa fu a quell'epoca assai viva

c È possibile, scrive Fermat (nel suo metodo dei r massimi e minimi), di arivare seÍza paralogismi r ad. una stessa verità per due vie assolutamente c opposte? E questa è una questione che abbando- r niamo ai geometri abbastanza acuti per tisolverla q rigotosamente; poichè senza entrare in vane di' c scussioni, il possesso sicuro della verità ci basta c e lo stimiamo preferibile ad una lunga sequela r di polemiche inutili ed illusorie r.

Ma torniamo al nostro problema ed osserviamo anzitntto che se la linea retta è il cammino più breve non è sempre il più rapiclo.

Il calcolo difierenziale ed integrale

y ' : 4 o u - 2 5oo

U 2

Questa derivata dev'essere nulla, quindi:

4 0 a : 2 5oo

p A

da cui risulta che:

d.ev'essere

4 0 a E :2 5 o o ,

(9)

I I O Il calcolo diffnenziale ed intcgrale

Immaginiamo un faro sulla riva del mare (fig. z6) e suPponiamo che invece di illuminare l'orizzonte diriga il suo proiettore secondo A B. Íl fascio di raggi sarà rifratto, come si sa, ed andrà ad illumi- nare il fond.o d.el mare nel punto C.

Questa deviazione non è illusoria; dei palombari potrebbero coustataîla.

Fig. 26.

Ora, supponend.o I'impossibile, immaginiamo che un raggio luminoso possa andaîe da A in C seguendo sls lins4 retta; che cosa succederebbe? Il raggio avrebbe meno cammino d.a fare nell, aria ma d.i più nell'acqua, Ora nell'acqua la luce si propaga s6s min61 velocita che nell'aria, di modo che in definitiva impiegherebbe più tempo, pur percor- rendo la linea retta, che segí.a il più breve cammino f r a A e C .

Il più tapido di tutti i percorsi che la luce può seguire per andare da A in C è precisamente quello

Problemi sui massimi e mùtimi

che essa segue. La natura, diceva Fermat, segue le vie più facili.

Avremmo potuto anche immaginare due punti I e B (fig. z7) situati su due tetteni opponenti d.elle difrcoltà diverse alla marcia e separati d.alla linea retta P B. Se mi trovo nel punto I appaîtenente al terreno buono e se voglio andare al punto B situato nel tereno cattivo, può clarsi che la retta ,4 B non sra per me il cammlno

più rapiclo poichè posso tîovare vantaggioso di seguire una strada un po' più lunga sul tetreno buono, per fatla poi più corta su quello cattivo.

Vedremo infatti che se u è la velocità che posso realizzare sul tet- r e n o b u o n o e z q u e l l a che realizzo sul terreno

cattivo, e se, naturalmente, queste velocità sono di- verse fra loro, avrò tutto I'interesse d.i percorrere una linea spezzata A M B. Gli angoli i ed z saranno allora ineguali ed i loro seni saîanno precisamente nel rapporto di u ad u:

s e n , a s e n / u

È proprio la legge che presiede alla propagazione del raggio luminoso. Ira determineremo partendo

I I I

Fie. zj.

(10)

t t 2 Il calcolo díffrndab ed iatqrclc

dalla considerazione che il tempo impiegato d.ev,es- sere minimo.

Siano a e b le distanze dr A e B dalla tetta pe cioè i segmetti AA' e BB'; sia o la dlslanza A, B, ed z la tlistanza A' M. n tempo necess€rio per per- correre A M satà,

A M t@-a+ *'

-, e55i3 a o

il temFo lecessario per percorreîe B M saràr

B M \/',ll./_Ar

, ossia u L t

il tempo totale per andare da, A in B sarà quindi:

\/M .\/47_A;

T' : -:--- -

v l l

Questa è la funzione d.a reudere Írinima; fl lsf,- tore sa che bisogna calcolarne la dedvata; egli hovera senza fatica, dopo qualche trasformazione, che essa è eguale a:

2 * z ( a - * )

z v.,t/fi7 z u1/fip-fi

Poichè questa d.erivata dev'essere nulla, il mi- nuendo deve eguagliare il sottraendo. potremo quindi

hoblcrrri suò ttusimi c rattimi

scrivete, dopo evidenti semplificaziod:

, a - x

a1/Ffi ossia:

ft

serl /

u { W

c - r

oAM UBM

Qui faremo una piccola osservaziole che capirete senz'altîo se vi ricordate appena appena della vostra trigonometda, altrimenti credetemi sulla parola.

Sulla figura sr vecle che:

i : A M s e n d e a - f r + B M s e n r . La nostra eguaglianza diventa:

A M s e n i B M s e n r

vAM UBM

e semplificando:

seu, sen /

che può scriversi:

selt, 1'

u come abbiamo detto più sopra.

(11)

I 1 4 Il calcolo difretenziale ed iategrale

Questa è l'espressioue matematica. del famoso principio di Descartes che in certi paesi viene chia- mato principio di Snellius ma che in realtà si do_

vrebbe chiamare invece principio di Fermat.

ó1. Problema delle api. - Ed ecco, per chiu- dere questo capitolo, il più grazioso probiema che

ci sia. Lo ha posto la natura. Il genio delle api lo ha risolto, non si sa come, ma con una precision'e che fa pensare.

Se volete rappresentarvi esatta- mente una cellula d.'apiario con la sua chiusura, prendete una matita e tagliatela secondo tre piani incli- nati intersecantisi secondo tre linee tette incoutranti tre d.egli spigoli della matita (fig. z8).

La matita rappresenta la cellula di cera formata da sci pareti eguali e la parte tagliata rafrgura-una specie di tetto costituito d.a tre rombi i cui piani sono egualmente inclinati sull'asse. Il problema. che

Probleni sui massimi e minimi

3z minuti e Cîamer 7o gracli e 3r minuti. Le api hanno trovato 7o e 3z minuti dando ragione a Ifac Laurin; è ciò infatti che Maralcli ha consta- tato misuratldo cort' tutta la precisione possibile l'angolo che le api hanno adottato.

Senza possedere il genio delle api nè la scienza di Mac Iraurin, tentiamo un metodo semplificato per calcolare quest'angolo a meno di qualche minuto.

Maeterlinck nel suo bel libro c La vie des abeilles r qualifica questo problema d.i alta matematica. Ma esistono d.elle matematiche alte e basse ? - Nou lo crediamo; ci sono d.elle matematiche più o meno note, più o meno d.ifiuse, più o meno assimilabili.

Al tempo d'Archimede bisognava quasi essere eguali ad un Archimede per comprendere il calcolo di z ehe uno scolato di scuole primarie oggi capisce senz'altro perclrè la teoria s'è assodata e volgarizzata col tempo. Ma torniamo alle nostre api.

Osserviamo anzitutto sulla fig. 28, che rappre- senta la matita, la possibilità di cambiare I'indi- nazione dei tre piani del triedro senza che varii il volume, putchè si conservi ciascuna cerniera come A B. La frg. zg mostra ciò supponenclo la matita divisa in tre patti; la quantità di legno che leve- remmo al di sotto di A B è eguale a quella che bisognerebbe aggiungere al di sopra. La dimostra- zioue geometrica è elementare.

Siccome il volume resta invariabile, non rimane che cercare quella cond.izione che t"o6s ninima la superfice quando varia la inclinazione e rimangono 6 s s i i p u n t i A , B e C ,

I I 5

F'Fig. 28.

le api debbono risolvere è quello d.i adottare per questi rombi I'inclinazione che a parità di volume îisparmi al massimo la cera.

Réaumur propose il problema al matematico Koenig, il quale trovò col calcolo che il piccolo angolo a di ciascuu rombo doveva misuîare 7o gad.i e 34 minuti; più tarcli Mac Laurin trovò 7o grad.i

(12)

r 1 6 Il calcolo difrerenziale ed integraie

Consideriamo ora la fig. 3o, nella quale la cellula è rappresentata in ptoiezione.

Per semplificaîe prendiamo come unita il raggio del cerchio circoscritto all'esagono, che è eguale al lato dell'esago[o. Allora è r - r. Di conseguenza l'asse maggiore del rombo (cioè la cerniera) sarà

Fig. 29. F i g . 3o.

eguale

" 1/7; chiamiamola r; si ha t:1/ s Itl.

Chiamiamo I l'altro diagonale e x la sua semi- proiezione ortogonale all'asse. Sia lr l'altezza del prisma fino alla cerniera (à è costante, ed è contata a partire da un piano arbitrario perpend.icolare all'asse del prisma).

Il triangolo MNP è rettangolo in P; quindi, in

Probletni sui masimi e mintmt

virtù del teorema di Pitagora, l r : 4 x r + r , da cui:

t - \ / 4 : , + L ( z l La superfice laterale della cellula è fotmata da sei trapezi, ciascudo dei quali misura

^ * r u - r , * , ,

o

ossia

z h - x .

, ,

la cellula è chiusa superiotmente da tre rombi, ciascuno ctei quaU ha per.op".fi"" - 2 I .

La superficie totale è

2 h _ f r l c ?

5 : 6 - + 3 - : j ( e h - * ) + -:-lc.

2 2 2

Sostituiamo ad I il suo valore trovato più sopra (equazione z\ e c con d f(equazione r); otter- femo:

S : 3 @ h - r \ + - : - - \ / 4 . r + t \ / t3 - f p

i.-

-- 1íl

(13)

r r 8 Il calcolo iliffaeniale ed ìntegrcle

ossra

S : 6 h - 3 x + - t / + x r * r t / t . 3 _ 2

Ecco la funzione da reudete minima. Facciamone la derivata ed eguagliamola a zeto (non d.imenti- cando che 6 ft è costante e quincli ha per derivata zero) ; otterremo:

Probletni suí massímí c mittimi t r 9

Iuttoduciamo qnesto che era:

t : t / + r . + r ;

questa equazione ci fornisce

nell'eguazione (z), valore

J 8 * l l : o

z z {aVîy t da cui ricaviamo:

{ j " n : o ' { a x " a t Eleviamo tutto al quadrato:

f 4 4

"

c --_-- : J.,

4 x ' + | iudi riduciamo a forma intera:

da cui:

e fiualmente:

432 tz - t44 tr ! 36,

288 rt: 36,

r t - o , t 2 í .

I : t / + x o r u s + , : " r / r , 5 o : t , z z a ,

che è la hto;gtLezza d'una diagonale clel rombo;

sappiamo che I'altra è lunga:

c : 1 / 3 : r , 7 3 2 .

Ora il rapporto delle due diagonali ci darà la tangente d'un semiangolo del rombo:

a I r ' 2 2 4

t g - : o , 7 o o .

2 a f ' 7 3 2

Una tavola trigonometrica ci mostta che I'angolo ave[te peî taugente o,7o6 è un angolo di circa 35 gradi e 15 minuti.

Questo è il semiangorc |; l'angolo è:

a -- 7o gaili e 3o minuti.

Abbiamo ottenuto il risultato tli Mac Laurin a meno di z minuti. Awemmo dovuto forse prendere le nostre tadici con 7 otl 8 clecimali, ma il nostro

(14)

, 2 0 n cdcolo difctaziah en íúqrale

scopo uon era di rettifcare dei calcoli più precisi dei nostri; ci accontentereoro invece di questo ri- sultato approssirnato.

Vedete che senza affaticarvi troppo questo mo- desto libretto vi ha Cia ferrati per aftrontare dei problemi d,'una certa portata.

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Politecnico di Milano – Ingegneria Industriale.

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