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Quesito, proposto dalla dott.ssa ..., magistrato distrettuale giudicante, in ordine alla legittimazione del magistrato trasferito ad altro ufficio a firmare provvedimenti di liquidazione relativi al precedente ufficio di appartenenza

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Quesito, proposto dalla dott.ssa ..., magistrato distrettuale giudicante, in ordine alla legittimazione del magistrato trasferito ad altro ufficio a firmare provvedimenti di liquidazione relativi al precedente ufficio di appartenenza

(Risposta a quesito del 23 febbraio 2005)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 23 febbraio 2005, ha adottato la seguente delibera:

«Con nota del 14 ottobre 2004, la dott.ssa ..., magistrato distrettuale presso la Corte di appello di ... dal 19 aprile 2004, premesso che il precedente ufficio di appartenenza (la procura della Repubblica di ...) le aveva richiesto di provvedere alla liquidazione di onorari relativi ad una consulenza disposta dalla scrivente nell'esercizio delle precedenti funzioni, formulava un quesito al fine di sapere se “in qualità di magistrato trasferito e che esercita le sue funzioni in altro ufficio, sia legittimata a firmare provvedimenti di liquidazione relativi a pratiche trattate nel precedente Ufficio di appartenenza”.

La relazione dell'Ufficio Studi n. 279/01 - alla quale rinviava la risposta a quesito deliberata dal Consiglio in data 23 maggio 2001 - rilevava, tra l'altro, che “l'immutabilità del giudice, monocratico o collegiale, nelle diverse fasi della deliberazione della decisione, della pubblicazione della sentenza e della redazione della motivazione, quando questa non sia contestuale, determina che non può ritenersi impedimento giuridicamente rilevante, ostativo alla materiale redazione della motivazione, l'intervenuto trasferimento ad altro ufficio del magistrato incaricato di tale incombente ovvero il collocamento fuori ruolo dello stesso, o l'eventuale collocamento a riposo (cfr. Cass., sez.

I, 23 novembre 1960, Sonnu, e, più recentemente, Cass., sez. I, 24 maggio 1996, Tucci) e/o, più in generale, per l'eventuale cessazione dall'appartenenza all'ordine giudiziario. Trattasi di situazioni che non incidono sulle condizioni di capacità del giudice (cfr. art. 33 c.p.p.), la cui sussistenza va verificata al momento della deliberazione della decisione. Deve rispondersi quindi al quesito nel senso che le evenienze rappresentate non costituiscono impedimento giuridicamente rilevante, e quindi come tali non possono ritenersi ostative alla redazione della motivazione della sentenza da parte del magistrato interessato”.

Il principio affermato nella relazione (e quindi, nella delibera) citata non può trovare applicazione con riferimento al caso in esame, poiché all'immutabilità del giudice nelle diverse fasi della deliberazione della decisione, della pubblicazione della sentenza e della redazione della motivazione non corrisponde analoga configurazione giuridica del sostituto procuratore della Repubblica rispetto al procedimento trattato nell'ufficio di appartenenza in epoca anteriore all'immissione nelle funzioni in un diverso ufficio.

Pertanto, deve escludersi che successivamente all'immissione nelle funzioni di un diverso ufficio, il magistrato che svolgeva funzioni di sostituto procuratore della Repubblica sia legittimato all'adozione di provvedimenti relativi a procedimenti trattati in tale veste.

Il Consiglio, pertanto,

delibera

di rispondere al quesito sopra indicato nei sensi di cui in motivazione».

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