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CAP.7. Materiali e metodi

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Academic year: 2021

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CAP.7. Materiali e metodi

7.1. Descrizione dello studio

Il presente studio è stato condotto presso l’allevamento biologico dei bovini da carne dell’azienda agrozootecnica “La Sterpaia”, inserita nel Parco di Migliarino -San Rossore-Massaciuccoli, la cui descrizione è stata precedentemente trattata. L’allevamento è così organizzato: le fattrici, alcuni tori (altri sono ubicati in appositi box) ed i vitelli di età inferiore ai 6-7 mesi vengono allevati al pascolo e sono suddivisi in aree diverse in base alla razza. Da quanto osservato vi è l’esistenza di 3 mandrie così ripartite: Limousine (fattrici, toro, vitelli), Pisane (fattrici, toro e vitelli) e Chianine (fattrici, toro e vitelli).

I soggettivi di età superiore ai 7 mesi vengono allontanati dalle madri e sono destinati, in base al sesso, nel gruppo delle rimonte interne o dei soggetti da macello. Quest’ultima categoria viene allevata in appositi paddock per tutto il periodo dell’ingrasso o solo per il finissaggio; in questa fase comunque l’alimentazione viene fornita completamente dall’uomo. Il numero di capi presente nei paddock varia da 3-5 fino a 15 in base alle diverse dimensioni dei recinti. All’interno di essi comunque i vitelli non sono suddivisi in base alla razza ma secondo dimensione ed età.

Durante tale studio è stata svolta un’indagine parassitologia ed un’analisi dei parametri emato-chimici, previa raccolta di campioni fecali e prelievi ematici eseguiti tra Ottobre 2004 e Marzo 2006.

Il protocollo si è basato su campionamenti trimestrali per quanto riguarda i campioni fecali , mentre i prelievi ematici sono stati condotti con cadenza annuale.

Lo schema di lavoro ha previsto la raccolta di campioni fecali direttamente dall’ampolla rettale dei singoli soggetti (Casarosa, 1985; Ambrosi, 1995; Urquhart, et al. , 1998) e quelli ematici dagli animali dell’azienda in numero pari o maggiore a 3 per ogni fascia d’età delle diverse razze; inoltre sono stati prelevati pellet fecali al pascolo e nei box per l’ingrasso per la costituzione dei relativi pool

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(Ambrosi, 1995), facendo sempre la distinzione per categoria d’età e razza. La suddivisione dei capi all’interno dell’azienda fornisce una base per la scelta dei criteri di campionamento effettuati. Nella pianificazione del protocollo originario era stato previsto di esaminare gli stessi animali nell’arco dello studio, intervenendo con l’integrazione di nuovi soggetti, laddove i ritmi produttivi di macellazione avessero coinvolto gli animali in studio. Tale proposito avrebbe permesso di delineare meglio il quadro parassitologico dell’azienda.

Sono state tuttavia incontrate diverse difficoltà che hanno costretto ad una maggior elasticità nei tempi e nei criteri di campionamento. Infatti i soggetti da campionare dovevano passare nei travagli, al fine di rendere possibili e sicure le operazioni, dal momento che gli animali venivano allevati allo stato semibrado. Notevoli erano però gli scogli tecnici e logistici dell’azienda, richiedendo per lo spostamento della mandria un ingente dispendio di forza-lavoro da parte degli operatori. Per tali motivi i prelievi venivano effettuati sfruttando i momenti in cui i capi erano fatti passare nella cattura e quindi immobilizzati per eseguire altri interventi di ordine profilattico o terapeutico, come per la somministrazione di farmaci omeopatici, vaccinazioni, prelievi ematici per il controllo della Blue Tongue, per la prova della tubercolina o per la sostituzione delle marche auricolari.

A causa delle medesime difficoltà tecniche è risultato difficile poter monitorare sempre gli stessi soggetti nel corso dello studio, considerando inoltre il fatto che spesso solo una parte degli animali veniva spostata e le operazioni previste interessavano perciò solo alcuni gruppi della mandria.

Tali complicazioni non hanno ovviamente riguardato il campionamento dei pool: le feci, infatti provengono da masse fecali trovate a terra, nei pascoli o nei box, selezionando quelle di più recente emissione.

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7.2. Campionamento relativo alle analisi parassitologiche

Quindi, per quanto concerne l’indagine parassitologica coprologica, nell’arco del suddetto periodo sono stati effettuati 5 campionamenti fecali secondo la seguente tempistica: Ottobre-Novembre 2004 (campionamento n.1), Febbraio 2005

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(campio-namento n.2), Maggio 2005 (campio(campio-namento n.3), Ottobre-Novembre 2005 (cam-pionamento n.4), Marzo 2006 (cam(cam-pionamento n.5). Nell’intero periodo di studio sono stati esaminati 178 animali ripartiti per razza e fascia d’età (Tab. n.25, 26, 27, 28, 29).

Tabella n.25. Numero totale di campioni analizzati per le diverse categorie

animali nel periodo di tempo compreso da Ottobre 2004 a Marzo 2006.

Categoria N°campioni Vitelli 47 Vitelloni 54 Vacche 68 Tori 9 Totale 178

Tabella n.26. Numero di campioni esaminati per le diverse categorie animali

ripartite per ogni campionamento eseguito nel periodo di tempo da Ottobre 2004 a Marzo 2006.

Categoria Autunno2004 Inverno2005 Primavera2005 Autunno2005

Inverno/Primaver a 2006 Totale Vitelli 4 10 7 16 10 47 Vitelloni 4 10 10 16 14 54 Vacche 12 13 12 17 14 68 tori 4 0 1 2 2 9 Totale 24 33 30 51 40 178

Tabella n.27. Numero totale di campioni analizzati per le tre diverse razze

(Limousine, Chianina, Pisana nell’allevamento biologico la “Sterpaia” nel periodo di tempo compreso da Ottobre 2004 a Marzo 2006

Razze N°campioni

Limousine 73

Chianina 54

Pisana 51

Totale 178

Tabella n.28. Numero di campioni analizzati nelle varie razze ripartite per ogni

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Razza Autunno 2004 Inverno 2005 Primavera 2005 Autunno 2005 Inverno/Primaver a 2006 Totale Limousine 14 12 11 22 14 73 Chianina 5 10 11 14 14 54 Pisana 5 11 8 15 12 51 Totale 24 33 30 51 40 178

Tab. n.29. Numero dei capi per categorie e razza esaminati nel periodo compreso

da Ottobre 2004 e Marzo 2006. .

Categoria Limousine Chianina Pisana Totale

Vitelli 24 15 8 47 Vitelloni 23 16 15 54 Vacche 22 21 25 68 Tori 4 2 3 9 Totale 73 54 51 178

7.2.1. Diagnostica coprologica

Sono state impiegate le seguenti metodiche diagnostiche:

1. utilizzo dell’apparato di Baerman per l’evidenziazione delle larve L1 di

Dictyocaulus viviparus (Euzeby, 1981; Ambrosi, 1995; Hansen and Perry, 1994;

Gibon et al., 2005) su pool fecali ripartiti per fasce d’età e razze;

2. esame qualitativo mediante flottazione con soluzione satura di cloruro di sodio (Ambrosi, 1995; Gibbons et al., 2005) per la messa in evidenza di oocisti di coccidi, uova di strongili gastrointestinali, di Strongyloides papillosus, di ascaridi e di trichiuridi, tale esame è stato eseguito sui singoli soggetti esaminati e su pool; 3. analisi quantitativa, previo utilizzo della soluzione satura di cloruro di sodio usando il metodo McMaster (Permin e Hansen,1998) eseguito sui singoli capi e su pool;

4. impiego della soluzione iodomercurata di potassio per esame qualitativo mediante flottazione e quantitativo con la camera di McMaster; tale metodica è

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stata applicata per evidenziare le uova di Dicrocoelium dendriticum (Ambrosi, 1995; Gibbons et al., 2005);

5. tecnica della sedimentazione rapida per la ricerca di Fasciola hepatica e Paramphistomidi (Ambrosi, 1995; Gibbons et al., 2005), tale indagine è stata svolta sui pool dei diversi gruppi e razze ed in seguito ad eventuali positività si è provveduto ad individuare i soggetti realmente positivi all’interno dei pool.

A queste indagini sono poi stati associati degli studi più approfonditi nel tentativo di delineare un quadro parassitologico più dettagliato che fornisse la maggior quantità possibile di informazioni in merito al poliparassitismo presente in allevamento.

Si è quindi svolta, in corrispondenza degli ultimi due campionamenti, una ricerca di Criptosporidium sp. sulla base dell’ individuazione dei soggetti risultati sospetti all’esame qualitativo con la flottazione e successiva colorazione di Ziehl –Nielsen degli strisci fecali opportunamente allestiti. Sono state inoltre eseguite delle coprocolture allo scopo di identificare le specie coccidiche ed i generi degli strongili gastrointestinali.

Contemporaneamente ai prelievi ematici finalizzati all’indagine chimico-clinica sono stati fatti dei campionamenti sul sangue per la ricerca di protozoi ematici tra cui Babesia sp.mediante colorazione di Giemsa previo allestimento di strisci di sangue.

7.2.2. Tecniche coprodiagnostiche

1. Tecnica di Baerman

Tale metodica si presta bene per l’isolamento di larve presenti nelle feci fresche come gli Strongili polmonari o ottenute da alcuni tipi di coprocolture come quelle per gli strongili gastrointestinali (Euzeby, 1981; Ambrosi, 1995; Gibbons et al., 2005).

Con l’uso dell’apparato di Baerman si vuole sfruttare la mobilità delle larve e la loro tendenza a dirigersi verso l’acqua. Tale metodo è molto sensibile tanto da rilevare la presenza di una sola larva nel campione fecale. Per metterlo in atto è necessario impiegare l’apparato di Baerman costituito da un imbuto al cui gambo

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viene inastata una piccola provetta. Il tutto viene riempito per ¾ di acqua e sopra, a pelo d’acqua, viene posta una retina a maglie sottili; su quest’ultima si pone il campione fecale (5-10 grammi circa per il bovino). Trascorse 24 ore si stacca la provetta ed il liquido dopo essere stato raccolto in piastre Petri si esamina al microscopio stereoscopico. Ai fini dell’identificazione le larve sono state raccolte con una pipetta, montate su vetrino, immobilizzate col liquido di Lugol ed osservate al microscopio ottico a forte ingrandimento. In tal modo si prosegue mediante l’uso delle chiavi di identificazione al riconoscimento del genere per gli strongili intestinali (MAFF, 1986) e di specie per quelli polmonari. Come principio generale , nel caso in cui si ricerchi la forma larvale L1 di Dictyocaulus viviparus, è buona norma utilizzare feci molto fresche (Ambrosi, 1995).

2. L’analisi qualitativa è stata condotta con la tecnica della flottazione, essa si basa sull’impiego di soluzioni di densità tali da consentire, separandole dalle particelle fecali, la concentrazione e l’evidenziazione per galleggiamento (flottazione) di differenti stadi parassitari eliminati con le feci (uova, cisti, oocisti…) In base al peso specifico le varie soluzioni usate si distinguono in soluzioni a bassa ed elevata densità, la scelta delle varie soluzioni dipenderà dal diverso peso specifico delle strutture da isolare. Nel presente studio si è fatto uso della soluzione di cloruro di sodio satura (p. s. 1200) per l’individuazione di elementi leggeri come le oocisti coccidiche, le uova di cestodi ciclofillidei e nematodi; mentre si è reso necessario l’utilizzo della soluzione iodomercurata di potassio (p. s. 1450) ai fini identificativi di elementi più pesanti come le uova di alcune specie di trematodi. La scelta della soluzione satura di cloruro di sodio fra quelle a bassa densità è stata fatta poiché è la più semplice da preparare, è economica, e non presenta schiumosità. Per la realizzazione della flottazione in soluzione satura si sono stemperati 2 grammi di feci setacciandole con un colino in circa 15-20 ml di soluzione satura di sodio fino ad ottenere una sospensione omogenea, si è dunque trasferito tale liquido in un cilindro fino ad ottenere un menisco convesso sopra il quale si è posto un vetrino coprioggetto; dopo 20 minuti lo si pone su un vetrino portaoggetti e si procede alla lettura al microscopio ottico. Il riconoscimento dei parassiti si è basato sulla valutazione morfologica e biometrica degli elementi trovati. La stessa metodica è stata usata per la ricerca di Dicrocoelium

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dendriticum ma impiegando la soluzione iodomercurata di potassio in grado di

evidenziare anche gli elementi più pesanti.

3. L’indagine quantitativa è stata condotta con il metodo di McMaster (Permin e Hansen, 1998), impiegando la camera di McMaster, un vetrino doppio con intercapedine calibrata tra le due lamelle di vetro separate da 1,5 mm di distanza, la presenza di uno spessore centrale le divide in due camere, ogni camera presenta un reticolo delimitato da un quadrato di 1 cm di lato. Contando il numero totale delle uova presenti nelle due camere e applicando un fattore di correzione pari a 100 si è ottenuto il numero di uova e oocisti per grammo di feci (UPG, OPG). La tecnica utilizzata ha quindi una sensibilità minima di 100 UPG e OPG. Con la soluzione satura di sodio sono stati usati 2 grammi di feci e 58 ml di soluzione, mentre con la iodomercurata di potassio il protocollo ha previsto l’impiego di 1 grammo di feci e 14 ml di soluzione. In entrambi i casi si sono stemperati i campioni nelle soluzioni prescelte setacciandoli con un colino, con l’ausilio di una pipetta monouso si è rimescolata la sospensione ottenuta e si sono riempite le camere di McMaster avendo cura di evitare la formazione di bolle d’aria, si è quindi proceduto alla lettura del vetrino.

Per l’isolamento delle uova pesanti di Fasciola hepatica e dei Paramphistomidi ci siamo affidati alla tecnica della sedimentazione rapida (Ambrosi, 1995), metodica elettiva per questi parassiti in quanto consente la concentrazione di quasi tutti gli elementi parassitari presenti nel campione. Tale indagine è stata svolta ponendo 5-10 grammi di feci in un setaccio a maglie fini ben adattabile ad un beacker della capienza di 500 ml. Tale apparato è stato posto sotto il flusso leggero di acqua di fonte ed è stato applicato un continuo rimescolamento del materiale con una spatola fino ad ottenere un accurato lavaggio e recupero del filtrato, l’operazione è stata continuata fino ad ottenere 250 ml di sospensione. Si aggiunge qualche goccia di tensioattivo Tween al 20%, si agita delicatamente il tutto evitando la formazione di schiuma e si lascia il tutto a sedimentare. Ogni 4 minuti si è allontanato il surnatante e si è aggiunto acqua additivata di tensioattivo fino a raggiungere 250 ml. Tale sequenza di operazione veniva ripetuta fino a che il liquido non si presentasse limpido, eliminando il surnatante e tenendo 50 ml di sedimento che è stato dunque posto su piastre Petri ed esaminato allo

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stereoscopio. Nel caso della presenza di un uovo è stato raccolto con una pipetta e dopo essere stato montato su vetrino è stato studiato al microscopio ottico, avvalendosi anche dell’oculare micrometrico per eseguire le opportune misurazioni.

Coprocolture

Coprocolture per i Coccidi

Tale tecnica impiegata per ottenere la sporulazione delle oocisti coccidiche per la loro identificazione a livello di specie, si basa sull’impiego di diverse soluzioni: acqua di fonte, acqua di fonte e ipoclorito di sodio (2-5%) oppure bicromato di potassio al 2-5% (Gibbons et al., 2005). Quest’ultima è una soluzione ad elevato impatto ambientale e notevolmente tossica per l’uomo, pertanto attualmente nei laboratori si cerca di optare per l’uso di altre sostanze; tuttavia il suo impiego garantisce una maggior probabilità di successo della sporulazione, in quanto i suoi costituenti vanno ad inibire la crescita di agenti microbici contaminanti che potrebbero interferire con lo sviluppo delle oocisti. Per tali vantaggi tecnici nel corso di tale studio si è deciso di operare con tale soluzione, adottando adeguate misure protettive come l’uso di mascherine e la cappa chimica.

Inizialmente si sono selezionati i campioni fecali su cui svolgere la ricerca adottando come criterio fondamentale il riscontro di copropositività elevate all’analisi quantitativa; successivamente si è cercato di avere campioni delle diverse razze e gruppi di animali per svolgere un ‘indagine più puntuale ed eventualmente rimarcare differenze o correlazioni tra i risultati ottenuti.

Per allestire queste coprocolture si procede stemperando il materiale fecale nella soluzione prescelta, filtrando bene con l’impiego di un colino a maglie fini, quindi si pone la sospensione in piastre Petri in strato sottile. Tali piastre sono poi poste al buio e mantenute ad una temperatura di 20-25°C; ogni 24 ore se ne controlla lo stadio di sporulazione previa flottazione in soluzione satura di sodio ed osservazione microscopica.

Coprocolture per gli Strongili gastrointestinali

La metodica eseguita è quella di Henriksen e Horsholm (1983), essa è finalizzata a ottenere lo sviluppo delle forme larvali a vita libera di strongili gastrointestinali

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(L1, L2, L3) usando 2-4 grammi di feci. Per lo svolgimento di tale tecnica oltre a disporre di feci fresche, è necessario procurarsi dei comuni bicchieri di plastica e delle garze.

Un bicchiere viene tagliato a circa metà della sua altezza, sul fondo della metà inferiore vengono poste le feci che non devono risultare troppo compatte. Quindi, se necessario, devono essere umidificate con un po’ di acqua tiepida e amalgamate per assicurare un’ottimale areazione di tutta la massa. Sulla sommità del mezzo bicchiere viene posta una garza che viene bloccata con l’altra metà del bicchiere capovolgendola sulla metà precedente. A tal punto si usa un bicchiere intero come supporto per la struttura creata, essa infatti viene capovolta e incastrata nel recipiente intero che viene riempito di acqua di fonte per i suoi ¾. Quest’ultimo accorgimento assicura una costante umidificazione della massa fecale e il passaggio dell’aria attraverso i fori precedentemente praticati sul fondo. Le coprocolture sono poi poste in termostato a 20-22°C e al riparo dalla luce per 7-10 giorni. Trascorso tale periodo si impiega il metodo Baerman per la raccolta delle larve. Le L3 ottenute sono state immobilizzate con il liquido di Lugol e sottoposte ad analisi morfologica e biometrica per l’identificazione dei generi (Manuale MAFF, 1986) e laddove possibile delle specie (FAO, 1981; van Wyk e Cabaret, 2004).

Un’ulteriore analisi ha permesso di valutare l’incidenza di protozoi intestinali, difficilmente evidenziabili con la metodica della flottazione ;infatti per lo studio di

Cryptosporidium sp. è stato necessario eseguire degli strisci fecali e procedere all’

opportuna colorazione.

Colorazione Ziehl-Nielsen modificata:è una tecnica permanente elettiva per

Cryposporidium sp., essa sfrutta l’acido resistenza di questi protozoi. Le oocisti di Cryptosporidium sp. si colorano in rosso su sfondo blu o verde.

Procedimento: si effettua il fissaggio degli strisci fecali in metanolo per 5 minuti, lasciandoli asciugare all’aria, dopo di che si ricoprono con la soluzione di fucsina fenicata per 1 ora. Quindi si procede al lavaggio in acqua di fonte e alla differenziazione con una soluzione di acido solforico al 2% per circa 20 secondi, tale operazione viene eseguita agitando i vetrini, si effettua quindi un secondo lavaggio sempre in acqua di fonte. Si applica quindi una controcolorazione con soluzione di verde malachite al 5% per 5 minuti. Si lava e si ascia asciugare per

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circa 24 ore, si procede infine ad esaminare i vetrini al microscopio con ingrandimenti 40X, 100X.

Colorazione per emoparassiti (Babesia sp.): Metodo combinato May-Grunwald-Giemsa, secondo Pappenheim, modificato dal Ferrata.

Tale metodo fonde i vantaggi delle due metodiche, May-Grunwald e Giemsa, e risolve le problematiche del primo colorando anche le granulazioni azzurrofile dei leucociti e quelle del secondo, conferendo una colorazione più evidente dei globuli rossi e marcando maggiormente le differenti granulazioni fra neutrofili e azzurrofili. Per tali motivazioni questa metodica si presta bene allo studio del sangue e alla colorazione degli emoparassiti.

Tecnica: sullo striscio ematico precedentemente effettuato ed essiccato si versano 3-5 gocce del colorante di May-Grunwald in modo da ricoprirne tutta la superficie, tale liquido fissa e colora al tempo stesso. Trascorsi 3 minuti si aggiunge acqua distillata a gocce fino ad ottenere una diluizione di una parte di colorante e 2 di acqua. Si attendono altri 5-6 minuti e si procede quindi ad un breve lavaggio con acqua distillata, quindi si ricopre il vetrino col liquido di Giemsa diluito nella proporzione di 1 goccia per 1 ml di acqua distillata. Dopo 5-8 minuti si esegue un lavaggio con acqua di fonte, si procede infine all’asciugamento con carta da filtro e poi al calore. Si effettua l’esame diretto del reperto con l’immersione senza coprioggetto. Tale colorazione evidenzia gli eritrociti e i granulociti eosinofili in rosa , i neutrofili in rosa violaceo, i basofili in blu ed i nuclei dei leucociti in violetto. In corso di tale esame per la ricerca di Babesia sp. si devono considerare nell’analisi differenziale l’Anaplasma (Collin, 2000). Quest’ultimo è un microrganismo batterico che si localizza negli eritrociti e si rendono responsabili dell’anaplasmosi bovina.

Essi sono evidenziabili mediante strisci di sangue colorati con May-GrunwaldGiemsa, appaiono come piccoli corpuscoli di color rosso scuro-blu a livello intraeritrocitario (Urquhart, e Collin,2000). Possono essere singoli o in gruppi da 1 a 7 elementi,con un diametro di 0,3-1 µm,si distinguono due specie principali che differiscono per la loro localizzazione all’interno della cellula,infatti l’A. marginale si trova in posizione caratteristica sul margine esterno della cellula,mentre l’Anaplasma centrale si trova al centro della cellula (Collin, 2000).

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Al fine di valutare le correlazioni climatiche e stagionali ci siamo avvalsi dei dati climatici forniti dall’ ARSIA - Regione Toscana, Servizio Agrometereologico Regionale relativamente al periodo compreso tra Ottobre 2004 e Marzo 2006, con particolare riferimento alle variazioni dei valori pluviometrici (mm di pioggia), alle temperature medie mensili (T°C) ed all’umidità relativa (UR).

7.3. Parametri ematici chimico-clinici

Sono stati effettuati due campionamenti annuali (2004; 2005), in concomitanza dei campionamenti fecali di Ottobre-Novembre 2004 e Ottobre-Novembre 2005; tali prelievi sono stati eseguiti su 39 capi per anno con un totale di 78 animali esaminati, ripartiti a seconda della razza e delle fasce d’età (Tabelle n. 30,31, 32, 33, 34):

Tabella n.30. Numero di prelievi ematici eseguiti ripartiti in base alla razza Razza

(N° soggetti esaminati) Anno 2004/2005 Anno 2005/2006

Totale

Limousine 25 21 47

Chianina 8 12 20

Pisana 6 6 12

Totale 39 39 78

Tabella n.31. Numero di prelievi ematici eseguiti suddivisi in base alle diverse

categorie d’età.

Categoria Anno 2004/2005 Anno 2005/2006 Totale

Vitelli 6 18 24

Vitelloni 11 4 15

Vacche 22 18 40

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Tabella n.32. Numero di prelievi ematici eseguiti nella razza Limousine nelle

varie categorie d’età.

Categoria Anno 2004/2005 Anno 2005/2006 Totale

Vitelli 5 11 16

Vitelloni 7 0 7

Vacche 13 11 24

Totale 25 22 47

Tabella n.33. Numero di prelievi ematici eseguiti sui soggetti di razza Chianina,

suddivisi per fasce d’età.

Categoria Anno 2004/2005 Anno 2005/2006 Totale Vitelli 1 7 8 Vitelloni 2 2 4 Vacche 5 3 8 Totale 8 12 20

Tabella n.34. Numero di prelievi ematici eseguiti sui soggetti di razza Pisana,

ripartiti per fasce d’età.

Categoria Anno 2004/2005 Anno 2005/2006 Totale Vitelli 0 0 0 Vitelloni 2 2 4 Vacche 4 4 8 Totale 6 6 12

L’esecuzione dei prelievi ha incontrato diverse difficoltà pratiche, oltre a quelle già illustrate nel caso dei prelievi fecali, trattandosi di animali abituati ad ampi

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spazi loro riservati al pascolo e vista la scarsa familiarità con le manualità cui vengono sottoposti per scopi profilattici, diagnostici e terapeutici, si è dimostrato difficile effettuare il controllo sui medesimi animali nel biennio considerato. Infatti il passaggio degli animali al travaglio e quindi la possibilità di effettuare il prelievo, ha dovuto adattarsi alle esigenze del personale tecnico, impegnato parallelamente in altre operazioni a carattere gestionale.

I prelievi sono stati compiuti al mattino, a livello della vena coccigea; tali campionamenti sono stati eseguiti in doppio utilizzando provette Vacutainer contenenti come anticoagulante LITIO-EPARINA per le analisi chimico-cliniche ed EDTA per l’esame emocromocitometrico. Tali campioni sono stati quindi inviati alla sezione di Roma dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, presso cui sono stati determinati i principali parametri ematochimici: aspartato transaminasi (AST), acidi grassi non esterificati (NEFA), lattico deidrogenasi (LDH), creatinfosfochinasi (CPK), cortisolo (COR), la formula leucocitaria:linfociti (LYM), monociti (MON), neutrofili (NEU), eosinofili (EOS), basofili (BAS), i globuli rossi (RBC) e la relativa distribuzione (RDW), l’ ematocrito (HCT), gli indici eritrocitari (MCV, MCH, MCHC), l’emoglobina (HGB), le piastrine (PLT), il piastrinocrito (PCT), la distribuzione piastrinica (PDW) ed il volume medio piastrinico (MPV). E’ stato preso in esame, inoltre, il rapporto neutrofili/linfociti (N/L) come indicatore di stress causato da infiammazione sistemica (Zahorec, 2001).

Tabella n.35. Esame emocromocitometrico e formula leucocitaria:definizioni

Parametro Definizione

WBC Conteggio leucociti

NEU Conteggio assoluto dei neutrofili

% NEU Percentuale dei neutrofili

LYM Conteggio assoluto dei linfociti

% LYM Percentuale dei linfociti

MONO Conteggio assoluto dei monociti

% MONO Percentuale dei monociti

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% EOS Percentuale degli eosinofili

BASO Conteggio assoluto dei basofili

% BASO Percentuale dei basofili

RBC Conteggio degli eritrociti

HGB Concentrazione dell’emoglobina

MCV Volume globulare medio

HCT Ematocrito

MCH Emoglobina globulare media

MCHC Concentrazione globulare media di

emoglobina

RDW Ampiezza distribuzione eritrocitaria

PLT Conteggio delle piastrine

MPV Volume piastrinico medio

PDV Ampiezza della distribuzione piastrinica

PCT Piastrinocrito

Tabella n.36. Unità di misura utilizzate per i parametri ematologici analizzati Parametro Unità di misura Parametro Unità di misura

RBC M/µL WBC K/µL HGB g/dL NEU K/µL HCT % % NEU % MCV fL LYM K/µL MCH pg % LYM % MCHC g/dL MONO K/µL RDW % % MONO % PLT K/µL EOS K/µL % EOS % BASO K/µL % BASO %

Tabella n.37. Unità di misura usate per i parametri emato- chimici esaminati Parametro Unità di misura

AST U/L

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LDH U/L

CPK U/L

Cortisolo µg/dL

NEFA µmol/L

7.4. Metodologie e tecniche ematologiche

L’esame emocromocitometrico è stato compiuto con l’ausilio di una macchina con-taglobuli automatica, l’applicazione della strumentazione e dell’automazione al-l’ematologia infatti permettono di ridurre fortemente i costi del personale di labo-ratorio, permettendo così di fornire analisi più complete e con elevata ripetibilità dei risultati (Lubas, 2004). La prova è stata eseguita su campioni di sangue intero prelevato e conservato in K3EDTA. In particolare è stata utilizzato uno strumento contaglobuli con metodo combinato, ovvero ad impedenza elettrica e a fascio laser (CellDYN 3500®). Tale strumento impiega il metodo ad impedenza elettrica a bassa frequenza per ottenere la differenziazione della popolazione dei globuli bianchi con una valutazione del loro volume, usando una corrente elettromagnetica ad alta frequenza per valutarne la conduttività e la luce laser. Secondo tale metodica si ottengono due citogrammi che forniscono il volume e l’analisi elettromagnetica ed ottica; da essi si identificano le cellule di dimensioni simili (basofili, piccoli linfoci-ti) ed il loro tipo di granulazione. Lo strumento usato è in grado di misurare, conta-re e calcolaconta-re i parametri di ematologia ed è tarato su appositi valori di riferimen-to per uso veterinario. La macchina contaglobuli ripartisce in tre aliquote diluite il campione in esame precedentemente aspirato. La determinazione dei parametri ematologici viene basata su diversi metodi di misurazione: infatti per il conteggio dei leucociti e per la determinazione della formula leucocitaria si usa la citometria ottica a flusso; tale metodologia consiste nel far passare le cellule all’interno di un flusso e farle colpire da un fascio laser che ne induce la separazione mediante “scatter polarizzato multiangolare” (Lubas, 2004). Esistono cioè dei sensori, posti a diversa angolazione, in grado di misurare la capacità delle cellule di deviare il fa-scio, tale proprietà varierà in base alle caratteristiche morfologiche proprie degli elementi cellulari. L’intensità della luce diffusa viene misurata mediante l’utilizzo di quattro angoli specifici di dispersione (Lubas, 2004; Archetti e Ravarotto, 2002),

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ottenendo in tal modo una misurazione quadrimensionale della cellula(Lubas, 2004).

A conferma di tale conteggio si utilizza, per la stima dei leucociti totali, un altro metodo basato sul passaggio delle cellule, sospese in un reagente di lisi, in un ca-nale ad impedenza elettrica. Il passaggio di queste tra due elettrodi produce una variazione transitoria della resistenza tra gli elettrodi stessi, traducibile in impulso elettrico misurabile. La lettura viene fatta attraverso un’apertura di misure note mediante il conteggio degli impulsi generati, valore che indica il numero di ele-menti transitati (Archetti e Ravarotto, 2002)

Anche il conteggio degli eritrociti e delle piastrine è stato affidato al metodo ad impedenza elettrica, tale metodica si basa sulla misurazione delle variazioni della corrente elettrica prodotte al passaggio delle cellule attraverso un orifizio posto tra due elettrodi, le variazioni suddette sono poi tradotte in impulsi elettrici ed il loro numero corrisponde a quello delle particelle misurate (Archetti e Ravarotto, 2002).

Per il dosaggio dell’emoglobina è stato impiegato un procedimento spettrofotome-trico. Tale metodo si basa sulla misurazione colorimetrica dell’emoglobina liberata per emolisi e stabilizzata mediante uno specifico reagente. La lettura spettrofoto-metrica con una lunghezza d’onda di 540 nm permette quindi la misurazione del-l’emoglobina presente nel campione in studio poiché direttamente proporzionale alla lunghezza d’onda prescelta (Archetti e Ravarotto, 2002).

Determinazione dell’ematocrito (Hct o PCV)

La procedura utilizzata per la determinazione dell’ematocrito si basa sulla centrifugazione ad alta velocità che, provoca la separazione degli elementi corpuscolati del sangue in base al loro diverso peso specifico (Lubas, 2004). La metodica adottata nei laboratori di analisi è quella del microematocrito: quest’ultima impiega un capillare riempito per ¾ della sua lunghezza che viene poi inserito in un’apposita centrifuga in grado di sviluppare una velocità di 12000 rpm; per il sangue bovino viene azionata per 6 minuti circa. In seguito a tale operazione si ottengono le seguenti suddivisioni del capillare:

-plasma (nella parte superiore): si presenta di colore trasparente e/o giallo pallido, dato dalla spremitura del sangue privo di cellule;

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-strato bianco o buffy-coat (strato intermedio): esso presenta colore bianco-grigiastro ed è suddiviso a sua volta in uno strato superiore color crema costituito da trombociti, da uno intermedio di colore grigio formato da leucociti ed infine da uno strato rossastro dato dalle emazia nucleate che ritroviamo a questo livello poiché presentano un peso specifico inferiore a quello degli eritrociti maturi (Lubas, 2004);

-strato rosso (nella parte inferiore del capillare): formato dai globuli rossi, tale strato risulta separato dal precedente da una linea scura data dall’emoglobina denaturata ed ossidata a causa del contatto con i leucociti.

La lettura del PCV viene eseguita a livello dell’estremità superiore dello strato degli eritrociti; poiché il capillare usato non è graduato per la lettura si ricorre ad un normogramma, il capillare quindi viene inserito in una fessura di un cursore mobile, si fa quindi coincidere la linea di base del grafico con l’estremità più in basso della parte corpuscolata.

La determinazione dell’ematocrito è stata ricavata dall’utilizzo di un analizzatore ematologico elettronico.

Gli altri parametri analizzati, quali MCV,MCH, MCHC, RDW, PDW, sono stati misurati elettronicamente dalle strumentazioni precedentemente descritte.

Per quanto riguarda la determinazione della formula leucocitaria ci si è basati sulla lettura ottica microscopica.

7.5. Analisi emato-biochimiche

NEFA

Esame compiuto su campione di plasma derivato da sangue in Litio-eparina , secondo metodo colorimetrico.

AST

La tecnica per l’ individuazione dell’aspartato aminotransferasi si basa su un metodo cinetico secondo le indicazioni dell’International Federation of Clinical

Chemistry and Laboratory (IFCC) senza piridossalfosfato. L’AST catalizza la

reazione per cui l’α-chetoglucarato associato all’l-aspartato vengono convertiti in l-glutammato e ossalacetato, mediante una reazione accoppiata in presenza di malatoidrogenasi e del relativo coenzima (NADH): l’ossalacetato è stechiometricamente ridotto a malato, con ossidazione del coenzima. Il consumo

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del coenzima ridotto, osservato come diminuzione di estinzione nell’unità di tempo, è direttamente proporzionale all’attività AST del campione in esame.

LDH

La determinazione quantitativa della lattato-deidrogenasi si basa sul metodo cinetico. Secondo le indicazioni della Società Tedesca di Chimica Clinica (DGKC), SCE mettendo a reagire il piruvato con NADH e ioni idrogeno per azione della LDH si ha la conversione in l-lattato e NAD+. La velocità iniziale di ossidazione del NADH è proporzionale all’attività catalitica della LDH. Misurando il decremento di assorbenza nell’unità di tempo a 340 nm si calcola l’attività della LDH presente nel campione (Vassault, 1986).

CPK

La determinazione quantitativa della creatinfosfochinasi è stata ottenuta secondo il metodo cinetico in base alle raccomandazioni della società chimica clinica I.F.C.C. e D.G.K.C. con NAC attivato a 37°C. La creatinchinasi catalizza la trasformazione del creatinfosfato e ADP in creatina e ATP, successivamente, in presenza del reattivo a base di magnesio acetato, si ha la trasformazione del glucosio e ATP in ADP e glucosio-6- fosfato; quest’ultimo associato al NADP viene convertito in gluconato- 6 –fosfato, NADPH e ione idrogeno. La velocità di formazione del NADPH è proporzionale all’attività catalitica della CPK e viene determinata misurando l’aumento di estinzione nell’unità di tempo.

Cortisolo

Tale parametro viene determinato mediante metodo radioimmunologico. Tale metodica è una prova competitiva, in cui il campione da esaminare viene messo ad incubare con controlli e calibratori all’interno di provette sensibilizzate con un anticorpo monoclonale anticortisolo insieme a cortisolo marcato con 125I. Dopo l’incubazione, il liquido contenuto nelle provette viene aspirato e ne viene misurato il livello di radioattività mediante un contatore gamma La radioattività legata alle provette è inversamente proporzionale alla concentrazione di corsolo in campioni e calibratori. Di seguito viene tracciata una curva di taratura e si calcolano per interpolazione sulla curva le concentrazioni dei campioni in esame ( Metodo certificato ISO 9001/13485).

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7.6. Analisi statistica

E’ stata, quindi, eseguita l’analisi della varianza a tre vie (stagione, categoria fisiologica e razza) per UPG, OPG e parametri ematici considerati. Al fine di approfondire l’indagine, i parametri ematici sono stati suddivisi in tre livelli (1: valore inferiore al limite minimo fisiologico; 2: valore compreso nel range di riferimento; 3: valore superiore al limite massimo fisiologico). I dati relativi alle OPG e alle UPG sono stati trasformati logaritmicamente secondo la formula y = log

(FEC+25) per correggere l’eterogeneità della varianza e per ottenere una

distribuzione normale dei dati (Baker, 1997).

L’analisi statistica è stata effettuata mediante il software JMP, ver. 5.0 per PC, del SAS Institute (2002).

Figura

Tabella n.25. Numero totale di campioni analizzati per le diverse categorie
Tab. n.29. Numero dei capi per categorie e razza esaminati nel periodo compreso
Tabella n.30. Numero di prelievi ematici eseguiti ripartiti in base alla razza Razza
Tabella n.34. Numero di prelievi ematici eseguiti sui soggetti di razza Pisana,
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