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Laurea Magistrale in Archeologia e Storia dell’Arte

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Laurea Magistrale in Archeologia e Storia dell’Arte

(2)

Il cristallo è una formazione solida costituita da atomi, molecole o ioni che si ripete indefinitamente nelle tre dimensioni spaziali (reticolo cristallino), conferendo al cristallo una forma geometrica definita.

I cristalli si formano per solidificazione graduale di un liquido. La formazione e le caratteristiche di un cristallo dipendono dalla velocità e dalle condizioni della solidificazione (detta anche "cristallizzazione").

La lava vulcanica raffreddandosi può dare origine a rocce di tessitura diversa.

Se il raffreddamento è lento si forma una roccia afanitica con grana finissima (es. alcuni tipo di basato).

Se invece il raffreddamento avviene in maniera ancora più lenta si forma una roccia porfirica con presenza di fenocristalli inclusi in una massa di fondo a grana molto più fine o vetrosa (es.

granito).

I CRISTALLI

(3)

Quarzo

(4)

Corindone (Al2O3)

(5)

Il tipo di struttura assunta dal cristallo gioca un ruolo determinante in

molte delle sue proprietà, quali la sfaldatura, le proprietà elettriche,

ottiche e meccaniche.

(6)

Sfaldatura

La sfaldatura è la tendenza dei

minerali a dividersi parallelamente ai piani cristallografici.

¡

La sfaldatura riflette la struttura interna poiché la forza del legame chimico è in diversa nelle differenti direzioni (mica e grafite hanno

strutture a strati della, nelle quali il

legame entro gli strati è molto forte

ma è molto più debole tra gli strati

stessi).

(7)

Sfaldatura

La sfaldatura è la tendenza dei

minerali a dividersi parallelamente ai piani cristallografici.

¡

La sfaldatura riflette la struttura interna poiché la forza del legame chimico è in diversa nelle differenti direzioni (mica e grafite hanno

strutture a strati della, nelle quali il

legame entro gli strati è molto forte

ma è molto più debole tra gli strati

stessi).

(8)

Sfaldatura

¡ La sfaldatura può essere molto ben sviluppata in alcuni cristalli, come appunto nella sfaldatura lamellare basale delle miche o della grafite o essere piuttosto incerta, come nel berillo e nell'apatite.

¡ È completamente assente in alcuni minerali, come ad esempio nel quarzo. Alcune specie mineralogiche presentano una sola direzione di sfaldatura ma possono esservene anche due, tre quattro o addirittura sei.

Grafite Ardesia

(9)

Frattura

La frattura si verifica in alcuni minerali, come il quarzo e l'opale, che non si sfaldano, ma si frammentano irregolarmente. Le fratture possono essere di diverso tipo:

« piane,

« disuguali,

« concoidi,

« ruvide

La frattura viene utilizzata come mezzo di determinazione di un minerale

(10)

Tenacità

Proprietà che dipende dalla coesione reticolare e indica il modo in cui un minerale si deforma sotto una azione meccanica.

Vi sono minerali fragili che vanno facilmente in pezzi come il diamante che è il più duro dei minerali o si fratturano come il quarzo. Altri sono malleabili come l'oro che si appiattisce senza rompersi, o duttili e si riducono in fili sottili.

La tenacità è una proprietà dei minerali che si distingue nettamente dalla durezza

(11)

Proprietà ottiche dei cristalli.

(12)
(13)

Il fenomeno della riflessione si verifica quando un fascio di raggi luminosi incontra una superficie liscia e viene riflesso in modo speculare (specchio) .

Riflessione

(14)

La diffusione per riflessione si verifica quando un fascio di raggi luminosi incontra un corpo dalla superficie scabra che produce un

insieme di riflessioni disordinate, in tutte le direzioni.

A questo fenomeno si deve la visibilità dei corpi opachi illuminati.

Riflessione

scabro agg. [dal lat. scaber -bra -brum «ruvido», der. di scabĕre «grattare»]. –

1. a. Detto di ciò la cui superficie non è né liscia né uniforme, e che perciò risulta ruvido al tatto: pietra s.; la pelle s. dello zigrino.

b. In meccanica, di superficie che presenta attrito.

(15)

Rifrazione

Nel passaggio da un mezzo ad un altro il raggio di luce

cambia direzione e velocità.

Si dice indice di rifrazione n di un mezzo di propagazione il rapporto tra la velocità c della luce nel vuoto e la velocità v della luce in quel particolare mezzo:

n = c / v

(16)

Studio del taglio di un cristallo di diamante per ottenere l’effetto “brillante”.

(17)

La scala delle durezze dei cristalli prende il nome dallo scienziato mineralogista tedesco Friedrich Mohs. È un criterio empirico per la valutazione della durezza dei materiali.

Scala Mohs

Essa assume come riferimento la durezza di dieci minerali numerati progressivamente da 1 a 10 e tali che ciascuno è in grado di scalfire quello che lo precede ed è scalfito da quello che lo segue.

Teneri - si scalfiscono con l'unghia 1. Talco

2. Gesso

Semi duri - si rigano con una punta di acciaio

3. Calcite 4. Fluorite 5. Apatite

Duri - non si rigano con una punta di acciaio

6. Ortoclasio 7. Quarzo 8. Topazio 9. Corindone 10. Diamante

(18)

Teneri Semi duri

Duri

(19)

Porfido 4.5

Granito 6.0 -7.0

Basalto 8.0

Marmo 3.0 -4.0 Calcare 3.0

(20)

Si hanno 7 sistemi cristallini e ogni sistema cristallino raggruppa più tipologie di reticolo (per un totale di 14 reticoli differenti).

(21)

sistema trigonale

(22)

Cristallo di rocca

grezzo

(23)

Venezia, Basilica di San Marco Cristallo di rocca, h cm 15,7 Età Romana

Skyphos alessandrino a due anse

(24)

Ametista

(quarzo con impurezze di manganese)

Quarzo rosa

(impurezze di titanio, ferro, o manganese)

Quarzo latteo

(minuscole inclusioni di gas, liquidi, o di ambedue intrappolate durante la formazione del cristallo)

(25)

ll berillo (Al2Be3[SiO2]6)

cristallizza nel sistema esagonale e i cristalli hanno quasi sempre habitus prismatico.

Punto di fusione a circa 2000

°C. Durezza 7.5-8.

Il berillo presenta numerose varietà utilizzate come pietre preziose.

(26)

Il corindone

è un minerale, un ossido di alluminio, Al2O3, appartenente al sistema trigonale.

È spesso fluorescente e può presentare i

fenomeni ottici dell'asterismo e della cangianza.

Fonde a temperature ≥ 2000 °C. Durezza 9.

È molto resistente ad agenti chimici corrosivi.

Gli usi del corindone sono:

• come abrasivo nello smeriglio, in moli, affilatoi, carta vetrata

• per la produzione di ceramiche e prodotti ininfiammabili (in forni)

• come perno di supporto per orologi.

Nelle sue varietà colorate da taglio viene impiegato in gioielleria.

Fenomeno presentato da alcuni minerali usati come gemme e principalmente dagli zaffiri.

Consiste in una luminosità stellare a 6 raggi che si può osservare nell’interno delle gemme, opportunamente tagliate, allorché vengono

illuminate per trasparenza o per riflessione con una piccola

sorgente luminosa.

(27)

Rubino

Il suo colore, da rosa a rosso sangue, è dovuto alla presenza di tracce di cromo.

Zaffiro

Il colore blu-azzurro tipico della gemma deriva da inclusioni di ferro e titanio.

Il corindone

è un minerale, un ossido di alluminio, Al2O3, appartenente al sistema trigonale.

È spesso fluorescente e può presentare i

fenomeni ottici dell'asterismo e della cangianza.

Fonde a temperature ≥ 2000 °C. Durezza 9.

È molto resistente ad agenti chimici corrosivi.

Gli usi del corindone sono:

• come abrasivo nello smeriglio, in moli, affilatoi, carta vetrata

• per la produzione di ceramiche e prodotti ininfiammabili (in forni)

• come perno di supporto per orologi.

Nelle sue varietà colorate da taglio viene impiegato in gioielleria.

(28)

Il carbonio

La grafite è una forma allotropica in cui può presentarsi il carbonio. È un cristallo grigio argenteo nero composto da atomi di carbonio a struttura esagonale.

Le sue caratteristiche sono:

• morbido (1-1.5 Mohs)

• punto di fusione a 3.550 °C

Trova applicazione per la produzione di:

• refrattari

• lubrificanti

• matite

• elettrodi

(29)

Il carbonio

Il diamante è una forma allotropica in cui può presentarsi il carbonio. È un cristallo trasparente composto da atomi di carbonio a struttura tetraedrica.

Le caratteristiche più rilevanti sono:

• l'estrema durezza (10 Mohs)

• l'indice di dispersione ottica

• l'elevata conducibilità termica

• resistente alla fiamma fino a 1520 °C

• in atmosfera di ossigeno brucia a circa 800 °C

• fonde a 3.550 °C.

(30)

esaedrica tetragonale/cubica

(31)
(32)

Da un punto di vista chimico, il termine vetro si riferisce a materiali ottenuti tramite solidificazione di un liquido non accompagnata da cristallizzazione.

I vetri sono solidi amorfi con legami intermolecolari e attriti interni che ne mantengono inalterata la forma per un tempo lunghissimo.

IL VETRO

ossido di silicio SiO2 diossido di germanio GeO2 anidride borica B2O3 anidride fosforica P2O5

anidride arsenica As2O5 Solo alcuni materiali hanno la possibilità di

solidificare sotto forma di vetro, in

particolare è necessario che abbiano una velocità di cristallizzazione molto lenta.

(33)

¡ Il principale componente del vetro è la sabbia silicea (SiO2). Il suo punto di fusione è circa 1700-1800 °C e la sua consistenza a questa temperatura è simile a quella del miele liquido.

¡ La struttura cristallina dell’ossido di silicio ha la forma di un tetraedro, al cui centro vi è un atomo di silicio, collegato simmetricamente ai quattro vertici di atomi di ossigeno: la formula chimica è quindi SiO4-.

¡ Raffreddando velocemente la silice fusa, si forma una struttura casuale di tetraedri, uniti tra di loro agli angoli, che dà luogo ad un materiale amorfo, conosciuto come silice vetrosa.

(34)
(35)

Il vetro comune, essendo costituito quasi esclusivamente da diossido di silicio (SiO2), è detto anche "vetro siliceo”.

SiO2 ha un punto di fusione di circa 1700-1800 °C. Per poter fondere la sabbia silicea si ricorre all’aggiunta di sostanze che hanno la proprietà di abbassare il punto di

fusione:

¡ carbonato di sodio (Na2CO3);

¡ il carbonato di potassio K2CO3

¡ i borati e i nitrati

Nella lavorazione del vetro si utilizzano diversi addittivi, che a seconda della loro azione, possono essere classificate come:

¡ ossidi formatori di reticolo (ossido di silicio, ossido di boro e ossido di fosforo).

¡ ossidi modificatori di reticolo (ossidi di sodio, potassio, calcio e magnesio)

¡ ossidi intermediari (ossido di alluminio e ossido di piombo).

(36)

Le sostanze che vengono utilizzate nella lavorazione del vetro sono

classificate in base alla loro funzione.

¡ vetrificanti: sostanze che si trasformano, per semplice azione del calore, nella forma vetrosa amorfa (silice SiO2; anidride borica B2O3; anidride fosforica P2O5);

¡ fondenti: abbassano la temperatura di fusione (1500 °C) e migliorano la fluidità del vetro durante la sua produzione (Na2CO3, K2CO3);

¡ stabilizzanti: migliorano le proprietà chimiche e meccaniche del vetro (carbonato di calcio CaCO3; dolomite MgCa(CO3)2);

¡ affinanti: agevolano l'eliminazione di difetti (solfato di sodio Na2SO4, triossido d'arsenico, nitrati alcalini e nitrati d'ammonio);

¡ coloranti: modificano l'aspetto cromatico del vetro prodotto (ossidi di ferro, rame, cromo e cobalto);

¡ decoloranti: neutralizzano il colore impartito da altre sostanze (biossido di manganese);

¡ opacizzanti: per la produzione del vetro opalino (fosfati di sodio, cloruri di sodio, fosfati di calcio, cloruri di calcio, ossido di stagno e talco).

(37)

Struttura di un vetro sodio-calcico con aggiunta di alluminio come stabilizzatore.

(38)

Esistono diversi vetri naturali, un esempio di vetro prodotto dalla fusione di rocce silicee dal magma vulcanico è l'ossidiana.

L’arte e la tecnica della fabbricazione e della lavorazione del vetro si indica come

"ialurgia".

IL VETRO

(39)

A partire dal VI millennio a.C., l'uomo utilizza un materiale vetroso naturale, l'ossidiana, roccia silicea di origine vulcanica per ottenere oggetti taglienti e resistenti.

IL VETRO

Europa: Ungheria, Italia, Isole greche

America: Stati Uniti, Messico, Perù, Brasile

Asia: Giava (Indonesia), Giappone Africa: Etiopia, Gibuti.

È dimostrato il trasporto dell’ossidiana su lunghe distanze, contribuendo all’origine delle prime rotte

commerciali.

(40)

Chimica dei Beni Culturali - 8

DESCRIZIONE

Schegge di lavorazione di ossidiana, dura, tagliente, nero-grigiastro.

Produzione di oggetti

ornamentali e di vasellame.

DATA

A partire dal Neolitico (10000- 4000 a.C.).

TECNICA

A percussione

AREA DI PRODUZIONE

Colate vulcaniche più antiche di Gabellotto o di Pomiciazzo, area nord-orientale dell'isola di Lipari.

Schegge di lavorazione di ossidiana, Lipari, Italia.

(41)

Folgorite (Libia)

Ossidiana Messico

Tectite Perù

Riolite Australia

Ossidiana Vesuvio

SiO2 97,5 73,9 70,7 70,5 53,3

Al2O3 1,5 12,4 20,5 11,5 20,7

Fe2O3 - 1,6 - 1,2 0,1

FeO 0,2 0,6 1,0 0,2 4,8

MgO - 0,3 0,1 0,3 1,8

CaO 0,4 0,3 0,8 1,7 3,2

Na2O 0,3 3,5 3,5 3,3 9,1

K2O - 5,4 3,4 1,5 5,8

H2O 0,1 1,7 - 9,6 0,7

TiO2 - - - - 0,5

Pb2O5 - - - - 0,3

Composizione percentuale vetri naturali

(42)

Vetri incolori Egitto 1400 a.C.

Vetri 1 incolore, 2 blu scuro Egitto 200-100 a.C.

Vetro da finestra 900 d.C.

Vetro bianco soffiato 900

d.C.

SiO2 63,72 63,86 65,95 66,26 68,48 67,44

Al2O3 1,04 0,65 2,49 3,26 0,70 2,98

Fe2O3 0,54 0,67 0,28 0,78 0,91 0,51

CaO 9,13 7,86 6,89 7,09 5,71 4,80

MgO 5,20 4,18 1,37 1,48 5,28 5,64

Na2O 20,63 22,66 20,30 19,39 14,95 13,94

K2O 0,41 0,80 0,96 0,37 2,83 1,93

MnO - - 0,97 0,61 - 0,70

CuO - - - 0,95 - -

SO3 - - 1,08 - 0,54 0,84

PbO - - - - 0,95 1,01

Composizioni percentuali riscontrate in vetri antichi

(43)

Intervalli di

composizione tipici dei vetri comuni

Chimica dei Beni Culturali - 8

% min

% max

SiO2 68,0 75,0

Al2O3 0 4,0

Fe2O3 - 0,45

MgO - 4,0

CaO 9,0 14,0

Na2O 10,0 16,0

K2O - 4,0

SO3 - 0,3

(44)

Secondo Plinio il Vecchio, il primo utilizzo del vetro risale al III millennio a.C. in Fenicia.

Nel 2000 a.C. il vetro veniva impiegato in Egitto per produrre utensili e monili (perle di vetro).

Intorno al 1000-500 a.C. risalgono piccoli vasi in vetro ritrovati in India e Cina.

Nella metà del I secolo a.C. circa compare la tecnica del soffiaggio.

Nel V-VII secolo d.C. si sviluppa l'uso del mosaico in vetro nell'arte bizantina.

(45)

La scoperta vera e propria della materia vetrosa, in forma di faïence o di pasta vitrea, si data alla metà del III millennio a.C. in Mesopotamia (Iraq e Siria), preceduta solo dall'uso dell'invetriatura nell'Alto Egitto.

DESCRIZIONE

Frammento di faïence.

FORMA

Nucleo di materiale siliceo e superficie vetrificata.

DATA

Presente nei contesti archeologici a partire dal tardo V o inizi del IV millennio a.C., in Siria, in Mesopotamia e in Egitto. Si diffonde più tardi nell'area egea e nell'Asia Minore.

TECNICA

Riscaldamento e fusione dei granuli di silice triturati e dei componenti dell'invetriatura (agenti coloranti).

(46)

LAVORAZIONE A NUCLEO FRIABILE O A VERGA

Questa tecnica apparve in Mesopotamia nell'Età del bronzo e comportava la

modellazione di un'anima (argilla, sabbia e un collante organico (escrementi)) con la forma dell'oggetto desiderato attorno ad una verga metallica.

L’anima veniva immersa in un crogiuolo contenente vetro fuso o avvolta con un filo vitreo.

(47)

LAVORAZIONE A NUCLEO FRIABILE O A VERGA

Veniva poi fatto ruotare su una lastra di marmo (marmorizzazione) con lo scopo di raffreddare la pasta vitrea, compattarla e lisciarla.

Si procedeva alla decorazione, applicando gocce e fili vitrei (spesso trasformati in piume o festoni con l'uso di un pettine) che venivano poi pressati sull’oggetto.

Dopo che l’oggetto si era indurito, si estraeva la verga metallica e si raschiava l'anima.

I manici, le anse e le basi, venivano applicati separatamente o creati dal corpo quando il vetro era ancora malleabile.

marmorizzazione

(48)

La colorazione del vetro antico dipendeva dalla composizione chimica della miscela utilizzata.

Questa colorazione veniva variata in funzione dello stato di ossidazione o di riduzione della fornace e del vetro ancora caldo.

La maggior parte dei vetri può essere classificata in tre principali categorie:

¡ vetro a colorazione naturale,

¡ incolore (decolorato)

¡ colorato intenzionalmente.

La colorazione naturale verde bluastra, verde chiara e giallo verdastra è dovuta agli ossidi di ferro e ad altre impurità presenti nella miscela.

Tipico esempio di tale tipo di colorazione sono le urne cinerarie romane.

(49)

La combustione è una reazione chimica che comporta l'ossidazione di un combustibile da parte di un comburente, con sviluppo di calore e radiazioni elettromagnetiche, tra cui spesso anche radiazioni luminose.

¡ Combustibile

gas a base di prodotti di carbonio,

materiale a base di carbonio legno carbone

¡ Comburente (ossidante)

aria

ossigeno

(50)

Reazione di combustione del metano (CH4) e del propano (C3H8)

(51)

Chimica dei Beni Culturali - 8

In eccesso di ossigeno si ha una fiamma ossidante molto calda e poco luminosa

In eccesso di combustibile la fiamma è riducente

luminosa e poco calda

(52)
(53)

Chimica dei Beni Culturali - 8

(54)

Le sfumature dal bruno dorato all'olivastro scuro o giallo verdastro, delle coppe ellenistiche, erano dovute alle condizioni di ossidazione o di riduzione del vetro precedenti o contemporanee alla lavorazione.

L'aggiunta di manganese o di antimonio neutralizzano l'effetto dovuto alle impurità del ferro ed hanno portato alla fabbricazione di vetro trasparente, molto apprezzato dalle civiltà antiche.

La colorazione intenzionale del vetro fu scoperta, per errore o per tentativi, grazie all'aggiunta di ossidi metallici.

Con il rame si otteneva vetro azzurro, verde o rosso opaco, (a seconda delle condizioni della fornace), con il manganese vetro purpureo, il cobalto dava vetro turchino scuro.

L'industria romana del IV secolo a.C., raggiunse un uso sofisticato di tali additivi, fino alla produzione del vetro dicroico (bicolore).

(55)

Assorbimento, riflessione e trasmissione sono i fenomeni che avvengono quando la luce interagisce con la materia.

Quando l'energia radiante incide su un corpo, una parte viene assorbita,

una parte viene riflessa e una parte viene trasmessa.

(56)

Coppa di Licurgo

Questa straordinaria coppa, conservata al British Museum di Londra, è l’unico esempio completamente integro di antico manufatto realizzato in un vetro capace di cambiare il suo colore al variare delle modalità di illuminazione (vetro dicroico).

Il colore verde opaco si trasforma in un rosso intenso quando la luce anziché esserne riflessa attraversa il vetro stesso.

Questa particolare proprietà ottica deriva dalla presenza, all’interno del vetro, di piccole quantità (0.01-0.1 in percentuale atomica) di oro ed argento presenti sotto la forma di nanoparticelle, ossia di insiemi di atomici autoaggregati di dimensione nanometrica.

(57)
(58)

I colori traslucidi maggiormente utilizzati erano il blu, il color porpora, il giallo e diverse tonalità di verde.

Tra i colori opachi si usavano il bianco, il giallo, il turchese, il blu pavone, l'azzurro chiaro, varie tonalità di verde, l'arancione, e il "color carne".

La maggior richiesta di colori riguardava quelli che simulavano le tonalità delle pietre naturali o la colorazione della porcellana e degli smalti.

Le superfici iridescenti color oro o argento, tipiche di gran parte del vetro antico, non

corrispondono a un tipo di colorazione eseguita intenzionalmente dagli artigiani dell'antichità, ma sono il risultato dell'azione degli agenti atmosferici e della devetrificazione.

L'effetto arcobaleno si verifica infatti quando i sottili strati di alcali contenuti nel vetro interrato per anni si disgregano.

La superficie dell'oggetto risulta gravemente butterata e facilmente sfaldabile.

Soltanto un clima eccezionalmente secco, come quello egiziano, salva i manufatti dagli effetti distruttivi di tale aggressione.

Devetrificazione o alcalinizzazione

(59)

Chimica dei Beni Culturali - 8

DESCRIZIONE

Amphoriskos in vetro turchese traslucido, a corpo ovoidale, largo collo cilindrico, orlo

espanso con labbro arrotondato, piede espanso ad anello

discoide sagomato. Fasce decorative a festoni tricromi si alternano sul corpo. H 10,7 cm - Diam 5 cm

DATA

Nuovo Regno, (1400-1300 a.C.).

TECNICA

Modellato su nucleo friabile.

AREA DI PRODUZIONE Egitto

(60)

Coppa diatreta di epoca romana del IV secolo d.C.

Una coppa diatreta è un oggetto di lusso consistente in una coppa di vetro interna e di una gabbia esterna dello stesso materiale.

Gli oggetti di questo tipo rinvenuti in Italia e in altre regioni europee sono databili tra il III secolo ed il IV secolo d.C.

La tecnica “diatreta” anticamente consisteva nella soffiatura di un vaso grezzo di spessore notevole, sul quale veniva intagliata una raffinatissima lavorazione a reticolo, conferendo al manufatto il tipico aspetto di un vaso che sembra essere avvolto da un finissimo reticolo.

Questa particolare tecnica veniva praticata forse in alcune manifatture della zona del Reno, ed ancora nasconde alcuni interrogativi per gli specialisti del vetro.

(61)

Intorno al 1000, nel nord Europa la soda fu sostituita con la potassa, ottenibile dalla cenere di legno.

In Germania, si trova una tecnica per la produzione di lastre di vetro per soffiatura, stirando le sfere in cilindri, tagliando questi ancora caldi e appiattendoli in fogli.

Al 1369 risale la produzione di specchi a Murano.

Nel 1450 Angelo Barovier inventa il "cristallo" a Murano, ottenendolo a partire dal vetro con l'aggiunta di sodio e manganese.

Il processo di produzione Crown (impiegato dalla metà del XIV secolo fino al XIX secolo) consiste nel far ruotare circa 4 kg di massa vetrosa fusa all'estremità di una barra fino ad appiattirla in un disco di circa 1,5 metri di diametro. Il disco viene quindi tagliato in lastre.

Nel XVII-XVIII secolo nasce il cristallo di Boemia.

(62)

Vetro cristallino, cristallo veneziano e cristallo di Boemia

Vetro molto pulito, senza nessuna colorazione. Ottenuto da Barovier intorno al 1450 per aggiunte di ossidi di manganese. Il termine cristallo è riferito anche a vetri silico- sodico-calcici (cristallo veneziano, inventato nel XV secolo) e potassico-calcici (cristallo di Boemia 1600-1700).

Vetro al piombo

Con questo termine si indicano i vetri trasparenti che per la loro elevata qualità

imitano il cristallo di rocca naturale. Il vetro al piombo si ottiene aggiungendo ossido di piombo, sotto forma di litargirio giallo (PbO) o minio rosso (Pb3O4), ed ha un indice di rifrazione maggiore di quello del vetro comune, con l'effetto di apparire più brillante.

Nasce da materie prime di grande purezza ed è caratterizzato da una grande

lucentezza (elevato indice di rifrazione). La necessità di sostituire l'ossido di piombo per motivi ecologici, ha portato allo sviluppo negli ultimi anni di vetri con proprietà ottiche analoghe, contenenti potassio, bario, zinco e zirconio.

(63)

Vetrata colorata della cattedrale di Les Andelys in Normandia XII secolo

(64)

Chimica dei Beni Culturali - 8

La cattedrale di Chartres possiede ad oggi le vetrate più importanti risalenti al XIII secolo, che presentano un colore blu inimitabile.

Comprese le rosette, le 176 vetrate coprono una superficie di 2600 m².

Raffigurano principalmente santi e personaggi biblici: Noè, Giuseppe, il buon samaritano, il figliol prodigo, ma anche episodi della leggenda aurea di Jacopo da Varazze.

(65)

1686 – Galleria degli Specchi, Versailles

(66)

Manifattura artigianale del vetro (1850 circa)

(67)

L'invenzione della pressa per vetro nel 1827 diede inizio alla produzione di massa di questo materiale.

Risale al 1903 la prima macchina per la realizzazione delle bottiglie su scala industriale.

Nel 1913 viene messo a punto il procedimento Fourcault per la realizzazione del vetro tirato, seguito nel 1916 dal metodo Libbey-Owens e nel 1925 dal metodo Pittsburg.

Le decorazioni sono incise sul vetro per mezzo di acidi o sostanze caustiche, che corrodono il materiale. Tradizionalmente l'operazione è svolta da artigiani esperti dopo che il vetro è stato soffiato o colato.

Nel 1920 fu sviluppato un nuovo metodo consistente nello stampaggio diretto delle decorazioni sul vetro fuso.

Intorno al 1928risale la nascita del vetro di sicurezza.

Nel 1936 vengono realizzate le prime fibre di vetro.

Negli anni cinquanta viene messo a punto il processo float per la produzione di vetri piani.

(68)

IL VETRO "FLOAT”

Procedimento di produzione industriale del vetro messo a punto da Sir Alastair Pilkington (Gran Bretagna) alla fine degli anni '50.

Il nome FLOAT viene dal verbo Inglese "to float” che significa "galleggiare" e deriva dal fatto che il nastro di vetro in formazione si trova a galleggiare su uno strato di stagno fuso.

Più del 90% del vetro prodotto a livello mondiale è ottenuto con il metodo FLOAT.

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VETRO AUTOPULENTE

Di invenzione successiva al vetro Pilkington, il vetro autopulente trova impiego nella costruzione degli edifici, automobili e altre applicazioni tecniche.

Uno strato di 50 nm di biossido di titanio applicato sulla superficie esterna produce l'effetto autopulente attraverso due meccanismi:

¡ la fotocatalisi - il cui catalizzatore è il biossido di titanio TiO2.

¡ E’ un semiconduttore in grado di assorbire l’energia solare e renderla

disponibile per decomporre sostanze inquinanti. Quando il TiO2 viene colpito dalla radiazione solare (UV), gli elettroni dell’orbitale esterno vengono resi liberi e la loro presenza permette all’ossigeno di reagire con le sostanze organiche, ossidandole in CO2 (anidride carbonica) e H2O (acqua).

¡ l’effetto idrofilo - il rivestimento induce lo scorrimento dell’acqua per film sottile e non a gocce, in questo modo non rimangono tracce sulla superficie del vetro.

Riferimenti

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