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UNA Hotel Via Giovanni Amendola 57 - 00185 Roma 11 aprile 2015 ASSEMBLEA STRAORDINARIA del CONSIGLIO NAZIONALE DELLA FNC IPASVI verbale n. 179 (3/15) FEDERAZIONE NAZIONALE COLLEGI IP.AS.VI

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FEDERAZIONE NAZIONALE COLLEGI IP.AS.VI

ASSEMBLEA STRAORDINARIA del

CONSIGLIO NAZIONALE DELLA FNC IPASVI verbale n. 179 (3/15)

UNA Hotel

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ASSEMBLEA STRAORDINARIA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE COLLEGI IPASVI

Il giorno 11 aprile 2015 alle ore 10.15 inizia a Roma presso l’UNA Hotel il 179° Consiglio nazionale della Federazione nazionale Collegi IPASVI convocato in assemblea straordinaria con il seguente ordine del giorno:

1) Approvazione del verbale n° 178 (Consiglio Nazionale 14 marzo 2015); 2) Relazione programmatica anno 2015

Sono presenti i membri del Comitato Centrale e rappresentati i seguenti Collegi provinciali IPASVI:

Agrigento, Alessandria, Ancona, Aosta, Arezzo, Ascoli Piceno, Avellino, Bari, Barletta-Andria-Trani, Belluno, Benevento, Bergamo, Biella, Bologna, Bolzano, Brescia, Brindisi, Cagliari, Campobasso-Isernia, Carbonia Iglesias, Caserta, Catania, Catanzaro, Como, Cosenza, Cremona, Crotone, Cuneo, Fermo, Ferrara, Firenze, Foggia, Forlì-Cesena, Frosinone, Gorizia, Imperia, L’Aquila, La Spezia, Latina, Lecce, Lecco, Livorno, Lucca, Macerata, Mantova, Matera, Messina, Milano-Lodi-Monza-Brianza, Modena, Napoli, Novara, Oristano, Padova, Palermo, Parma, Pavia, Perugia, Pescara, Piacenza, Pisa, Pistoia, Pordenone, Potenza, Prato, Ravenna, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Rieti, Rimini, Roma, Rovigo, Salerno, Sassari, Savona, Siracusa, Sondrio, Taranto, Teramo, Terni, Torino, Trapani, Treviso, Trieste, Udine, Varese, Venezia, Vercelli, Verona, Vicenza, Viterbo

La seduta ha inizio alle ore 10.15

BARBARA MANGIACAVALLI, Presidente del Comitato Centrale della Federazione Nazionale dei Collegi IP.AS.VI. Buongiorno colleghi, iniziamo i lavori del Consiglio Nazionale odierno con l’esame del primo punto all’ordine del giorno inerente l’approvazione del verbale del Consiglio Nazionale precedente, che faremo per chiamata nominale dei Collegi. Passo dunque la parola alla Segretaria Beatrice Mazzoleni. 1. APPROVAZIONE VERBALE N°178 (2/2015)

BEATRICE MAZZOLENI, Segretaria del Comitato Centrale della Federazione Nazionale dei Collegi IP.AS.VI. Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti.

Poniamo in votazione il secondo verbale del 2015, il verbale n.178, inviato ai Collegi provinciali lo scorso 31 marzo. Effettueremo la votazione, come anticipato dalla Presidente Barbara Mangiacavalli, per chiamata nominale.

(La votazione viene effettuata per chiamata nominale. La Segretaria Beatrice Mazzoleni procede all’appello nominale)

BEATRICE MAZZOLENI. Il verbale risulta approvato con 68 voti a favore e 4 astenuti. Grazie.

BARBARA MANGIACAVALLI. Prima di procedere con i lavori del Consiglio Nazionale, desideriamo ricordare in questo Consiglio Nazionale il collega Giuseppe Donzuso di Catania, forse più conosciuto come Pino, che ci ha lasciato tra l’altro proprio nel momento del rinnovo dei Collegi provinciali. Quindi, chiedo a noi e a voi tutti Presidenti di ricordarlo alzandoci in piedi ed osservando un minuto di silenzio.

(Il Comitato Centrale e l’Assemblea si alzano in piedi ed osservano un minuto di silenzio in ricordo del collega Giuseppe Donzuso)

(Applauso)

2. RELAZIONE PROGRAMMATICA ANNO 2015.

(Durante l’intervento della Presidente Barbara Mangiacavalli si procede alla visione di alcune slides esplicative)

BARBARA MANGIACAVALLI. Il Consiglio Nazionale di oggi prevede la presentazione della Relazione Programmatica per l’anno 2015. Nel Consiglio in cui è stato approvato il bilancio, come ricorderete, c’era stata un’indicazione di massima sull’attività del Comitato Centrale per l’anno 2015 derivata dal bilancio che era declinato in macroaree e in macrocentri di costo perché il Comitato Centrale era in scadenza. Noi oggi vi presentiamo la Relazione Programmatica che deriva dal programma con cui questo Comitato Centrale si è presentato al rinnovo delle cariche e che è allegata al bilancio preventivo già approvato in quel Consiglio Nazionale. La Relazione è abbastanza articolata - poi avremo modo di darvi il materiale e le slide – ed è sostanzialmente suddivisa in quattro capitoli che vado a presentare.

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come si sta muovendo, con quali problematiche, con quali criticità e con quali risorse. Da questo contesto derivano le determinanti del Sistema Sanitario Nazionale – 2 - , che andremo a descrivere brevemente; anche queste rappresentano gli elementi che incidono sulla nostra famiglia professionale, che originano alcune criticità – 3 - e che però ci servono poi per andare a declinare nel dettaglio, con attività concrete, quello che sarà il primo anno di lavoro del triennio di questo Comitato Centrale – 4 - , tenuto conto della relazione che abbiamo già presentato.

1. Il contesto sociale, economico e politico. Ci sono tre elementi che ci riguardano, ci toccano da vicino e con cui dobbiamo fare i conti anche perché arrivano dal sistema e quindi possiamo solo prenderne atto: la riforma del Titolo V della Costituzione, la spesa sanitaria e i bisogni emergenti, le “leve” utilizzate per la sostenibilità.

La riforma del Titolo V ha l’obiettivo di eliminare la famosa legislazione concorrente, cioè quella legislazione che sostanzialmente andava a dire che quello che non faceva la legislazione dello Stato, il livello statale, doveva essere fatto a livello locale e viceversa, quindi una sorta di sussidiarietà che però lasciava spazio a tutta una serie di problematiche. Con la riforma del Titolo V si tende ad eliminare la legislazione concorrente, quindi resta prerogativa dello Stato la definizione dei piani sanitari nazionali, della programmazione nazionale, del fondo sanitario nazionale e dei livelli essenziali di assistenza. Resta alla legislazione specifica esclusiva degli Enti locali la programmazione dei servizi sanitari sul territorio a livello territoriale. Questo – casomai ne avessimo ancora bisogno - rafforza ulteriormente il concetto che la Sanità deve essere governata a livello delle Regioni, perché se la legislazione nazionale si occupa di dare gli indirizzi di sistema (e noi su quello potremo intervenire), alla fine le questioni sanitarie e di programmazione territoriale si giocano tutte sulla legislazione esclusiva degli Enti locali. Questo è un primo elemento di cui si dovrà tenere conto perché, ripeto, a livello nazionale vengono definite una serie di principi generali che poi devono essere declinati a livello locale considerato che, allo stato dell’arte, per quelle che sono le prospettive di riforma del Titolo V la legislazione concorrente viene eliminata.

La spesa sanitaria e i bisogni emergenti. Quelli che vedete sono alcuni dati ripresi dal Rapporto OASI. Noi siamo stati abituati ad una spesa sanitaria che cresceva mediamente del 4% ogni anno fino al 2009, quindi un fondo sanitario che aumentava di consistenza ogni anno. Dal 2009 è rimasta stabile, per gli ovvi motivi di contesto nazionale del Paese; nel 2013 è diminuita dell’1,2% rispetto al 2012. La riduzione del disavanzo sanitario quindi si è attestata intorno all’1% della spesa corrente. Con la diminuzione della spesa sanitaria è diminuito anche il PIL, dello 0,4% circa rispetto al 2012, perché la riduzione della spesa sanitaria ha originato anche una decrescita del PIL. Che risultato ha portato questo blocco della spesa sanitaria e addirittura la contrazione nell’ultimo anno analizzato disponibile che è il 2013? Ha comportato anzitutto il blocco della dinamica espansiva della spesa. C’è stato un parziale rientro dai disavanzi delle diverse Regioni con un allineamento alla ridotta capacità di spesa dello Stato; cioè lo Stato non può spendere, quindi le Regioni si sono adeguate e si è ridotto il disavanzo. Questo risultato è stato ottenuto nonostante un oggettivo peggioramento del quadro epidemiologico, perché nel frattempo sono aumentati i pazienti con fragilità, cronicità, disabilità, multipatologie, e nonostante le tecnologie pesanti presenti nelle aziende sanitarie che oggettivamente impattano in maniera rilevante sulle dinamiche della spesa. Questo è un elemento rilevante, al di là del risultato finale della contrazione della spesa perché, come sapete, siamo arrivati vicino al default come Paese. Quindi necessariamente si è proceduto con questi elementi. Il 16 aprile verrà approvato un ulteriore provvedimento di spending review. Questo ulteriore provvedimento, nonostante un andamento che io ho chiamato positivo perché abbiamo continuato a stringere la cinghia e siamo arrivati a contenere i disavanzi, a rientrare dai disavanzi e ad allinearci alla capacità di spesa dello Stato, sostanzialmente prevede ulteriori tagli per 173 milioni di risparmio su personale, attrezzature, eccetera. In questa bozza di documento vengono declinati tutti gli elementi che dovrebbero consentire questo risparmio: il governo della medicina difensiva che, è stato stimato, costa 10 miliardi di euro l’anno per gli esami in più che vengono fatti per evitare i problemi di responsabilità; la riduzione delle strutture semplici e complesse, risparmi ipotizzati dall’applicazione degli standard ospedalieri territoriali il cui provvedimento è praticamente pronto per la pubblicazione dopo i rilievi del Consiglio di Stato; il trattamento dei dipendenti perché sostanzialmente si dice che se una prestazione di specialistica ambulatoriale che non è considerata appropriata viene fatta comunque, la pagherà l’assistito, ma soprattutto, se il medico non è in grado di motivare la scelta del perché ha effettuato quella prestazione specialistica ambulatoriale, verrà decurtata la sua parte di salario accessorio.

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turn-over, però sono peggiorate la soddisfazione dei bisogni di salute e le condizioni di lavoro. Questo solo per darvi la stima di quello che è successo sul personale. In un solo anno tra il 2012 e il 2013 abbiamo perso circa 1036 infermieri, che non sono stati sostituiti. Questi infermieri hanno perso, rispetto al 2012, 100 euro medi annui di retribuzione (-0,31%); c’è una perdita del potere d’acquisto che raggiunge, con questo provvedimento che andrà in discussione il 16 aprile, il 25% circa dei loro stipendi e l’età media nel 2013 è di circa 47 anni contro i 42,5 del 2001. Età media che è destinata a crescere e che si porta dietro una serie di problemi gestionali e organizzativi all’interno delle strutture. Registriamo un calo occupazionale ad un anno dalla laurea che è passato dal 94% del 2007 al 63% del 2012. Questo significa che la professione infermieristica regge ancora nelle assunzioni, perché in ogni caso comunque, pur essendo centellinate, è l’unico profilo che viene assunto per la maggior parte delle volte, perché sugli altri profili i cali occupazionali sono stati ben più drammatici. Ciononostante si è realizzato un calo occupazionale e questo è fuor di dubbio, ma non perché gli infermieri non servono, lo sappiamo bene che non è così, ma semplicemente perché le aziende hanno questi piani di rientro e sono vincolati nella sostituzione del turn-over.

Altre due leve: richiedere più output, cioè forzare a trattare casi più complessi e costosi a parità di tariffe non ha portato granché come risultati; contenimento degli output, quindi lavorare sulle liste d’attesa, sulle liste operatorie, sui tetti dei volumi, sul governo dell’accesso. Questo tipo di meccanismo va bene quando ci sono prestazioni inappropriate, allora, dovendo ridurre gli output, a quel punto decidi di non erogare più le prestazioni inappropriate, ma se queste non ci sono, si realizza una riduzione del tasso di copertura pubblica dei bisogni sanitari soprattutto in alcuni ambiti (pensiamo alla riabilitazione) e soprattutto in alcune aree del Paese. Dentro questo meccanismo di contenimento della spesa possiamo inserire anche il problema del copayment, che è stato ovviamente discusso anche nel Seminario della libera professione grazie anche all’approfondimento dato dalla ricerca CENSIS e quant’altro, che corrisponde a circa 3 miliardi di euro nel 2013. Quindi l’out-of-pocket, quello che il cittadino paga per avere le prestazioni sanitarie quando non vengono più garantite dal sistema.

Queste tre leve principalmente sono state gli strumenti principali con cui il Sistema Sanitario Nazionale ha raggiunto l’attuale sostenibilità economica (io l’ho chiamata attuale, perché non si può parlare di sostenibilità rispetto alle prestazioni). Sostenibilità economica che tra l’altro era prevalente rispetto alla crisi economica e al rischio di default del Paese e che è stata ottenuta pur con una congiuntura economica negativa e con un quadro epidemiologico in profonda trasformazione. Ma a che prezzo abbiamo ottenuto questa sostenibilità economica? Nelle regioni meridionali tirreniche da cinque anni circa non si sostituisce in alcun modo il personale cessato, quindi gli organici si sono contratti di circa il 15%, peraltro una contrazione e una riduzione che è stata casuale, cioè dove andava in pensione la persona non veniva sostituita. Non è che si è fatta una programmazione della riduzione e del contenimento degli organici, della rivisitazione della rete di offerta e del riposizionamento dei professionisti. No, semplicemente quando uno va in pensione non viene sostituito. Il personale a tempo determinato interinale si è ridotto del 18% circa (erano percentuali molto più alte negli anni precedenti).

La condizione di mancato ricambio generazionale è un elemento che mi interessa evidenziare. Il fatto che non c’è ricambio generazionale, che c’è un sistema di precariato nei percorsi professionali e un’impossibilità a governare la leva del personale ha diverse ripercussioni negative. Questo del ricambio generazionale è un elemento importante perché abbiamo visto che l’età media sta aumentando gradualmente anno per anno. Aumenta perché per una serie di provvedimenti normativi è aumentata l’età del collocamento a riposo, non stiamo assumendo nuove risorse perché c’è questo blocco e questa contrazione dei contratti, quindi sarà sempre più difficile che l’infermiere senior, quello che è pronto ad uscire dal sistema, possa accompagnare, seguire e inserire i nuovi professionisti; che, peraltro, se li assumiamo sono precari. Quindi a volte c’è questa trasmissione dei saperi che viene ostacolata e viene messo in crisi il livello quali-quantitativo nel breve periodo. Voglio dire sostanzialmente che con questi provvedimenti si è andati ad agire sul qui ed ora. È vero che se blocchi le assunzioni del personale rientri subito in pareggio di bilancio, perché sono quelle che incidono, però i risultati sul medio e lungo periodo non siamo in grado di valutarli perché questi sono i risultati della non qualità: di inappropriatezza, di aumento del rischio clinico, diminuzione della qualità assistenziale erogata perché si perde la trasmissione del sapere, si perdono tutta una serie di competenze (provate a pensare a quando termina il periodo di lavoro a tempo determinato un infermiere che è in un settore specialistico in un’area critica e si porta via anche le competenze che gli altri pochi in servizio di ruolo hanno in qualche modo trasmesso).

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aumentare le aree di undertreatment. Questo rispetto alla filosofia e alla mission del Servizio Sanitario Nazionale italiano è una condizione che ritengo non possiamo permetterci, anche eticamente. Quindi lavorare sulla riorganizzazione dei servizi, lavorare sulla riconfigurazione dei modelli di risposta ai bisogni sanitari in un Paese dove il 30% dei cittadini ha almeno una patologia cronica e il 4% non è autosufficiente. Questi sono gli elementi che devono far ragionare chi si occupa di policy sanitaria ma che ci devono anche vedere impegnati come Collegi Provinciali e come Federazione Nazionale, nello stimolare – ma stimolare è un termine ancora soft -, nel chiedere alle Regioni di lavorare su questi modelli organizzativi che possono garantire, da un lato, la sostenibilità non solo economica del Sistema Sanitario Nazionale, ma anche clinico, organizzativa, assistenziale e, dall’altro, garantire lo sviluppo di aree di risposte ai bisogni che in questo momento sono sottovalutate. Perché è evidente che, dato tutto quello che abbiamo detto finora, le Regioni hanno inciso, come dicevamo prima, dove era più facile: tagli in ingresso e rimetti subito i bilanci in pareggio. Quindi dove e come intervenire? E qui passiamo al secondo aspetto delle quattro linee di riflessione che vi ho fatto vedere all’inizio.

2. Dove e come intervenire. Queste sono le determinanti del Sistema Sanitario Nazionale, che adesso vado a presentare in maniera rapida (le slide sono molto ricche e poi le metteremo anche a disposizione dei Collegi sulla intranet): Patto per la salute; Standard ospedale e territorio; Assicurazione; Relazioni professionali; Contratti di lavoro; Libera professione; Disegno di legge sugli ordini professionali.

Andiamole a vedere brevemente punto per punto. Patto della Salute, che fa parte del dove e come intervenire. Patto della salute che nella sua strutturazione prevede la crescita e l’aumento delle strutture intermedie, quindi quelle che garantiscono la presa in carico della cronicità e della fragilità sul territorio; la diffusione dei modelli di disease management; modelli di valutazione dell’innovazione tecnologica, perché comunque è un costo che deve essere governato.

Avevo già espresso, durante il Congresso Nazionale, cosa penso dell’innovazione tecnologica e del fatto che non può essere usata come scusa per dire che non ci sono soldi per fare altro, perché deve essere governata e quindi serve una governance anche su questo aspetto. Questi elementi sono già delineati nel Patto della Salute e sono ripresi nel DEF (approvato ieri sera, il DEF richiama ancora questi elementi). Rimangono da definire le scelte operative che devono essere gestite poi a livello delle Regioni, perché il Patto della Salute fa parte di quegli elementi di politica nazionale che il Ministero della Salute dà, dopodiché la declinazione delle scelte operative deve essere fatta a livello regionale. Sono processi che richiedono tempi di realizzazione lunghi, sia perché c’è una oggettiva complessità tecnica nell’analizzare e progettare questi sistemi sia perché occorre creare quelle che io ho chiamato pre-condizioni utili, cioè bisogna cambiare alcuni simbolismi di riferimento nella tutela della salute. Mi riferisco al fatto che magari la compliance terapeutica è facilmente garantita da un infermiere che lavora sul territorio, che sia case manager o l’infermiere di famiglia, non necessariamente dal medico di medicina generale. Simbolismi di riferimento vuol dire che probabilmente gli ospedali di comunità previsti dal Patto per la Salute non fanno morire i pazienti se sono gestiti dagli infermieri perché ne hanno tutte le competenze per poterlo fare. Questo però vuol dire lavorare anche su un’informazione corretta nei confronti del cittadino, perché abbiamo assistito a tante grida di “al lupo, al lupo” su riorganizzazioni importanti. Mi riferisco anche all’ultima nel Lazio su See & Treat, o quella ancora precedente del Lazio su Reparti e gestione infermieristica, finora sempre contenute perché non ci sono gli elementi giuridici, è vero, ma facciamo in modo che ci siano però degli elementi di socializzazione e di informazione con i cittadini che ci aiutano a realizzare, a mantenere e a portare avanti come infermieri questa progettualità.

Quindi Patto della Salute che sulla carta c’è, riconfermato anche nel DEF, adesso spetta a noi chiedere alle Regioni con forza di poterlo applicare. Ho letto di corsa i commenti dopo l’applicazione del DEF, si richiama comunque una forte necessità delle Regioni di lavorare, poi magari la nostra Senatrice ci dirà qualcosa in più.

Standard ospedalieri: vi dicevo prima che il regolamento è di prossima pubblicazione, dopo che il Consiglio di Stato aveva fatto alcuni rilievi. Gli Standard richiamano il discorso degli ospedali di comunità del Patto della Salute dove gli infermieri sono i gestori di questi ospedali di comunità per evitare che ci siano situazioni limite per la salute e, comunque, in ogni caso negli Standard emerge un ruolo infermieristico abbastanza evidente. Anche qua bisogna dargli le gambe per farlo camminare e definire le modalità operative.

Gli Standard territoriali sono anch’essi previsti nel Patto della Salute, anche se declinati non in maniera precisa. Chi di voi era presente ricorderà che nell’evento che è stato organizzato a febbraio da IP.AS.VI. e Cittadinanzattiva si è ragionato sull’ipotesi di una collaborazione, che riprenderò poi nella declinazione del programma, rispetto alla definizione di standard per l’ospedale e per il territorio. Soprattutto per il territorio, perché il Rapporto Pit Salute ha messo in evidenza come i principali problemi che hanno incontrato i cittadini nel 2013 nell’approcciarsi alla sanità pubblica sono proprio quelli legati all’assistenza sanitaria territoriale, dove ci sono esperienze e risposte assistenziali, però ancora troppo diversificate e disomogenee sul territorio nazionale.

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Stato dice che fino a quando non sarà emanato il DPR previsto dall’art. 3, che è quello che va a definire i requisiti minimi delle polizze assicurative, le eventuali inadempienze non sono per ora sanzionabili. Cioè chi a oggi non ha una polizza assicurativa, ancorché obbligatoria, nell’esercizio libero professionale, anche intramoenia (ma questo per ora non ci riguarda), non è sanzionabile perché manca il DPR attuativo. Quindi la vacatio legis giustifica il fatto che non si possa sanzionare il professionista sanitario che non ha la polizza assicurativa. Questo diventa un elemento importante anche per i nostri liberi professionisti.

Mi ricollego a questo aspetto per ricordare – poi lo andiamo a declinare nel programma - che la Federazione aveva già deliberato nello scorso mandato, lo scorso anno, di attivare una gara europea per identificare il broker, che a sua volta poi identificherà la compagnia assicurativa, per garantire la copertura assicurativa ai nostri liberi professionisti; poi chi vorrà, aderirà, però precipuamente per tenere conto di questo elemento normativo.

Passiamo al capitolo delle relazioni professionali, sottotitolo: comma 566 e atto medico. Anzitutto il comma 566 - poi ne ripercorreremo brevemente la storia, ma solo come esposizione cronologica dei fatti senza alcun altro commento - è stato ripreso dalla Legge di stabilità ericonfermato nel DEF. Il DEF approvato ieri sera non lo cita come comma 566, ma l’articolato, cioè questa parte che è il comma 566, è ripreso nel DEF e sta dicendo alle Regioni, quindi alla Conferenza Stato- Regioni: muovetevi per attivarlo. È stato oggetto di numerose polemiche strumentali da parte sia di categorie professionali, come alcuni sindacati medici, ma anche da parte di una frangia di nostri professionisti, che probabilmente si sentono ancora meglio se possono dire di avere in tasca un documentino che dice loro che cosa possono o non possono fare, anziché relazionarsi all’interno di équipes multiprofessionali con pari dignità e con un dominio delle proprie conoscenze e competenze che è pronto a confrontare anche con altri professionisti.

Non mi soffermo su tutte le polemiche perché veramente mi paiono strumentali e non fanno crescere nessuno, se non creare nocumento. Dico solo che lo sviluppo delle competenze avanzate specialistiche degli infermieri è un’evoluzione di una professione che nei fatti ha già compiuto questi passaggi. L’ho detto anche al Congresso Nazionale: gli infermieri già lavorano secondo competenze specialistiche. Il problema è che deve essere formalmente riconosciuto. Bisogna avere il coraggio di riconoscere formalmente quello che gli infermieri già fanno nei servizi. Peraltro a volte anche organizzandosi da soli, perché il sistema non aiuta lo sviluppo e la valorizzazione delle competenze specialistiche. La bozza approvata dalla Commissione Salute delle Regioni fin dall’inizio del 2013 è ancora ferma; è richiamatain tutte le leggi nazionali e speriamo che questo serva a mandare avanti la bozza e a discuterla. Era stata tenuta ferma - lo abbiamo già detto tante volte - perché era stata avanzata l’ipotesi che per essere reso attuabile questo accordo Stato-Regioni aveva bisogno di una legge come norma primaria dello Stato. È stata fatta dalla Legge di stabilità, adesso è stata anche riconfermata nel DEF. Credo che qualunque altra riflessione sia ultronea rispetto a questa situazione. Adesso c’è da mettersi a lavorare con le Regioni e far partire l’articolato dell’accordo Stato-Regioni. Quindi direi che tutte le scuse possibili sono state tolte, tutti i veli sono stati tolti. Se adesso non si va avanti con le competenze specialistiche c’è da credere che l’ostacolo non sia più normativo ma sia di altra natura. Come probabilmente lo era anche prima. Però prima hanno trovato la scusa di dirci che mancava la legge, adesso questa scusa non c’è più, staremo a vedere cosa altro tireranno fuori. Sicuramente poi la professione infermieristica reagirà. Se passano le competenze specialistiche sarebbe oltremodo improbabile che si continui a far finta di niente anche nei contratti di lavoro. Qui però, mi permetto di dire - e intendo lasciarlo scritto così - che serve un sindacato forte e determinato, sindacati forti e determinati che si mettono al tavolo delle trattative perché da loro deve partire la previsione normativa e contrattuale di una diversa organizzazione del lavoro e di una diversa valorizzazione delle responsabilità e del merito. Quello che può fare la Federazione Nazionale, con i Collegi Provinciali, è definire i possibili modelli organizzativi, definire come sta l’infermiere specialista dentro il sistema - questo sarà oggetto della relazione - e definire quali sono le relazioni professionali. Ma la cornice contrattuale dobbiamo averla dai sindacati, se hanno intenzione anche qua di continuare a discutere e di portare avanti questa modalità. Io ricordo solo che prima dell’inizio della crisi economica, l’ultimo CCNL a cui facciamo riferimento, quello del 10 aprile 2008 che era il biennio economico, è stato il terzo CCNL, tra bienni economici e quadrienni normativi, dove si è andato a dire che il problema delle competenze specialistiche della legge 43 veniva rimandato a una contrattazione successiva perché era una materia troppo complicata. L’abbiamo rimandata fino a quando è arrivata la crisi che ha bloccato la contrattazione.

Relazioni professionali e atto medico. Ogni tanto torna di moda, con qualche rigurgito da parte di qualcuno. “L’atto medico - è scritto nel documento D’Incecco (non si può neanche chiamare proposta perché non è mai stata depositata, è stato fermato sul nascere, quindi non è mai diventata proposta di legge) - ricomprende - lo abbiamo già letto tutti immagino, cosa sono ancora capaci di scrivere i medici nel 2015 - tutte le attività professionali di carattere scientifico, di insegnamento, di formazione, educative, organizzative, cliniche e di tecnologia medica”, tutto. Quindi sostanzialmente il concetto è che l’atto medico è tutto, poi io medico decido quello che può fare ogni professione sanitaria, secondo il contesto, il momento, e quant’altro.

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con le competenze specialistiche non vogliamo fare quello che fanno i medici, vogliamo semplicemente migliorare la risposta assistenziale ai bisogni con un infermiere che ha competenze diverse dall’infermiere generalista e che in qualche modo può supportare meglio il percorso di cura e di assistenza del paziente all’interno di équipes multiprofessionali e multidisciplinari. Il fatto poi che il malato richieda sempre di più un medico a cui affidarsi, questo è legato in parte anche a quei simbolismi di cui ho parlato prima. È per questo che come Collegi IP.AS.VI. e come Federazione dobbiamo lavorare anche sui cittadini per cercare di cambiare quei simbolismi a cui fanno ancora riferimento i medici, che hanno gioco facile fino a quando non si interviene anche su questo aspetto culturale.

Questo documento è stato disconosciuto dal Pd, ridimensionato dalla FNOMCEO (avrete visto l’intervista della Presidente della FNOMCEO la quale ha detto: “Non si ragiona per magistratura, ma si ragiona per relazioni interprofessionali”), decontestualizzato e considerato di retroguardia dall’IP.AS.VI. (nell’intervista che avevo fatto io), ma resta comunque il dato di fatto che occorre tenere sotto controllo anche questa situazione perché qualche sussulto gerarchico – come li definisco io - verrà fuori ancora su questa questione. Quindi teniamo alta la guardia.

Contratti di lavoro. L’ho scritto soltanto, perché come sapete bene non attiene all’Ordine ragionare di queste cose, per evidenziare che la Legge di stabilità del 2015 in tre commi (254, 255 e 256), parlando di pubblico impiego ha aperto alcune possibilità. Quello che vi evidenzio per il personale del comparto è lo sblocco dell’ammontare dei fondi per il trattamento accessorio e le progressioni di carriera comunque denominate. È vero che continua a valere il principio generale che la retribuzione non può superare quella del 2010, però di fronte all’assegnazione di nuove attività, di nuove funzioni quali il conferimento di una posizione organizzativa e la produttività, queste si possono negoziare. Allora io mi sento di sostenere, insieme a tutti voi, che dato questo quadro normativo di riferimento è possibile prevedere, a legislazione immutata, percorsi per lo sviluppo delle competenze avanzate. Perché un’azienda con la sua RSU, con i suoi sindacati, se ha coraggio può prevedere alcune posizioni di infermiere specialista o di infermiere con competenze avanzate o di infermiere esperto, utilizzando i fondi della produttività e le possibilità contrattuali già previste che sono le posizioni organizzative.

La libera professione riguarda oggi 8,7 milioni di prestazioni che costano circa 3 miliardi all’anno, erogate da questi nostri colleghi, circa 40mila liberi professionisti iscritti all’ENPAPI. Il problema però è che queste prestazioni vengono erogate - questo è stato messo bene in evidenza dalla ricerca CENSIS - anche da una variegata moltitudine di persone che costano meno rispetto al professionista infermiere, che però alcune volte possono anche mettere a rischio la sicurezza della persona assistita. Proprio su questo aspetto vi anticipo che ieri pomeriggio insieme alla consigliera Silvestro abbiamo incontrato Antonino Aceti e Sabrina Nardi di Cittadinanzattiva per riprendere le fila del discorso del convegno di febbraio 2015, quindi lavorare sugli standard di ospedale e territorio, ma anche fare un ragionamento di un monitoraggio territoriale su qual è la tipologia e la modalità di risposta ai bisogni di salute del cittadino e cercare di capire come mettere in sicurezza anche la domiciliarità di questi cittadini che hanno patologie croniche e hanno questi problemi. Sostanzialmente quello che si configura è il ruolo di un infermiere educatore, di un infermiere che si occupa dell’educazione sanitaria dei caregivers di quel paziente, non di tutti i pazienti, che l’infermiere conosce, ha preso in carico, ha studiato, ha capito che tipo di problemi di assistenza ha e addestra i caregivers sui problemi di quel paziente. Credo siano sotto gli occhi di tutti e a conoscenza di tutti i problemi generati da questo tipo di supporto dove arrivano in pronto soccorso persone che hanno preso il grammo di terapia anziché il milligrammo, perché magari non se ne capisce bene la differenza, piuttosto che, come è successo recentemente, hanno gonfiato il palloncino del catetere vescicale con 100 cc. In questo senso - lo riprenderemo poi nella relazione - intendiamo lavorare in maniera ancora più forte con Cittadinanzattiva. Riteniamo che l’alleanza con i cittadini sia fondamentale, anche per raggiungere quel risultato e quell’obiettivo di cui ho parlato prima, quello di cambiare questi simbolismi di riferimento rispetto alla tutela della salute.

Visto il quadro di riferimento sulla libera professione, su quali piste di lavoro vorremmo lavorare? Sull’integrazione nella farmacia dei servizi; sulla realizzazione dei pacchetti di assistenza infermieristica per la sanità integrativa; sulla possibilità (molto difficile, però ci proveremo), di una valutazione rispetto a un “infermiere convenzionato”, anche se adesso viene già messa in discussione la convenzione per i medici di medicina generale, su cui preferisco non esternare il mio pensiero.

L’elemento comune deve essere l’accreditamento e la certificazione di questi liberi professionisti, perché il cittadino deve sapere a chi si sta rivolgendo, deve sapere che quell’infermiere ha il bollino blu dell’IP.AS.VI. e quindi è un infermiere che ha fatto manutenzione delle sue competenze, che è preparato, che è formato e che è in grado di gestire situazioni anche particolari. Sicuramente l’elemento rilevante di tutto il tema della libera professione per i nostri 40mila liberi professionisti è creare una rete. Senza rete e senza integrazioni sarà difficilissimo far decollare la libera professione infermieristica.

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si è avviato l’iter parlamentare a marzo 2014, è rimasto fermo al Senato dalla fine dello scorso anno fino al 24 marzo quando è ripreso in Commissione Igiene e Sanità il dibattito. È rimasto fermo non perché è stato dimenticato, ma perché ha dovuto fare il giro di tutte le commissioni, in quanto l’iter di approvazione prevede questo. Finora tra l’altro le commissioni che hanno dato il parere sono solo sei: la I (Affari costituzionali) luglio 2014, la II (Giustizia) ottobre 2014, la IX (Agricoltura) giugno 2014, l’XI (Lavoro) aprile 2014, la XIV (Unione europea) il 19 novembre, la Commissione Questioni regionali il 17 settembre. Manca, guarda caso, il parere della Commissione Bilancio, che tarda nonostante sia stata sollecitato il 12 febbraio. Quindi l’abbiamo, come dire, lasciato sullo sfondo in questi ultimi mesi, ma non perché ce ne siamo dimenticati; come Federazione Nazionale stiamo monitorando l’iter. In questa slide ho tentato di rappresentare la sintesi di questo percorso.

La proposta del Senato, l’avrete saputo, è di dividere in due questo provvedimento omnibus Lorenzin per lasciare la riforma degli ordini un provvedimento a sé. Sentiremo, adesso che è ripreso il dibattito in XII Commissione Sanità, cosa ci dirà poi Annalisa Silvestro.

3. Passiamo al terzo capitolo di questa relazione. Abbiamo visto il contesto: Titolo V, spesa sanitaria, le leve per garantire la sostenibilità. Abbiamo visto le determinanti del sistema sanitario che incidono prevalentemente su di noi. Quali criticità originano tutto quello che abbiamo visto finora? Intanto emerge che è necessaria una governance diversa del Sistema Sanitario Nazionale. L’ho scritta così per essere diplomatica, però vale quello che ho detto al Congresso nazionale: serve che tutte le istituzioni dimostrino nei fatti di avere più coraggio per affrontare la riorganizzazione, la rimodulazione, la riconfigurazione del Sistema Sanitario Nazionale. Basta nascondersi dietro falsi problemi! Basta nascondersi dietro giustificazioni che non trovano sostegno né nelle norme né nei fatti concreti!

Dobbiamo presidiare noi l’applicazione del Patto per la salute e degli standard per sviluppare nuovi modelli organizzativi. E questo presidio, lo ribadisco, deve essere fatto a livello regionale. Quindi l’invito forte che faccio è: superiamo gli individualismi e ricompattiamo le Regioni perché se non si è compatti poco si riesce a incidere sul livello regionale.

Presidiare la concretizzazione del comma 566 e la definitiva archiviazione dell’atto medico che, ripeto, è stato già smontato in tutte le sue parti, però qualche codino velenoso potrebbe sempre venire fuori.

Presidiare le relazioni interprofessionali e intraprofessionali per superare paure regressive e battaglie di retroguardia. Ho aggiunto apposta “relazioni intraprofessionali, perché ci siamo fatti troppo male negli ultimi anni e poi i problemi sono rimasti qua. Adesso diamo la colpa al fatto che hanno tagliato e alla spending review, però questo è un elemento di contesto che noi non possiamo cambiare, ma quello che forse noi possiamo cambiare sono le relazioni intraprofessionali. Di queste siamo noi gli unici artefici, siamo noi gli unici responsabili.

Chiedere ai decisori di invertire la rotta sul mercato del lavoro per evitare ulteriori depauperamenti di numeri e professionalità, oltre che di competenze.

4. Questo è quello che origina come riflessione da questo quadro. Se questa è la situazione, come decliniamo il nostro primo anno di lavoro del programma con cui ci siamo presentati al rinnovo? In questa slide riprendo le aree. Sapete che il nostro programma era diviso in quattro aree, ognuna delle quali conteneva una serie di obiettivi. Quindi per ogni area e per ogni obiettivo vado a declinare quelle che sono poi le attività concrete di questo 2015.

Il primo aspetto è l’organizzazione dei seminari per i consiglieri direttivi e i Collegi dei revisori dei conti. Abbiamo fissato le date: 29, 30 e 31 maggio al Nord; 5, 6 e 7 giugno al Sud. Come sapete li dividiamo sempre in due parti per facilitare anche gli spostamenti dei consiglieri direttivi. Come sapete negli altri trienni avevamo garantito anche una quota ad ogni Collegio per favorire la partecipazione dei consiglieri direttivi. Questo sarà anche argomento di discussione oggi in sede di Comitato Centrale; ne ragioneremo nei dettagli insieme al Tesoriere. Lo andremo a definire e poi ve ne daremo notizia.

Potenziamento di alcune funzionalità del software “Albo”, in particolare la possibilità di estrarre i dati, come era stato chiesto da qualche Collegio provinciale, per consentire un invio automatico dei MAV.

Uno studio di fattibilità sulla dematerializzazione per la parte cartacea sia per la Federazione che per i Collegi.

È stato acquisito il software per la fatturazione elettronica. Abbiamo ritenuto di acquisirlo per tutti i Collegi, non solo per quelli che stanno usando “Albo”, per facilitarli in questo ulteriore passaggio di rivisitazione della Pubblica amministrazione che sta compiendo il Paese.

Sono stati completati i regolamenti di funzionamento contabile ed amministrativo sia per la Federazione che per i Collegi. Le ultime linee guida che manderemo ai Collegi (che se lo riterranno, li approveranno come regolamenti provinciali) partiranno in settimana e riguardano sostanzialmente: la gestione dell’iscrizione all’albo (iscrizioni, trasferimenti e cancellazioni), l’esame di lingua per i cittadini non comunitari, i procedimenti disciplinari, il regolamento di funzionamento dei Collegi (delibere, provvedimenti e quant’altro), linee guida per la gestione del personale dipendente dei Collegi con delle bozze di contratto di lavoro individuale e una definizione giuridica. Quindi in settimana riceverete questa documentazione che se lo riterrete potrete adottare come Consiglio direttivo e vi aiuterà a gestire l’Ente Collegio.

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per l’adozione del Patto della salute. Vi dichiariamo la disponibilità del Comitato Centrale, a iniziare dall’autunno, perché avete visto che già con i Seminari arriviamo praticamente a giugno, a partecipare ad incontri sul territorio organizzati dai Coordinamenti regionali per supportare i Collegi e i Coordinamenti nella definizione delle famose scelte operative del Patto per la salute (che, come vi ho detto, sono quelle che mancano nella adozione del Patto per la salute) riferite alle problematiche del territorio. Riteneteci a vostra disposizione per tutto il supporto che vi serve, metodologico, conoscitivo, di relazioni e tutto quello che si ritiene utile e può dare valore aggiunto al vostro già importante lavoro sul territorio.

Sviluppare anche attraverso i seminari la capacità dei Collegi a diventare sempre più luogo di input politici riferiti alla politica professionale e di presidio del territorio. In questo senso avrete visto che i seminari durano un pochino di più di tre anni fa: si parte dal venerdì pomeriggio e si termina la domenica a pranzo, quindi due giorni interi di lavoro.

Con riferimento alla libera professione, riattiveremo il gruppo di lavoro “Libera Professione” per la definizione di metodi e strumenti per il sistema di accreditamento dei liberi professionisti.

È prevista la realizzazione, in autunno/inverno (l’ultimo è stato fatto a gennaio e prevediamo di mantenere questa tempistica, però vuol dire lavorarci quest’anno), del Seminario per la Libera Professione.

Avevamo annunciato la revisione del Codice Deontologico. Abbiamo intenzione di attivare un percorso di aggiornamento attraverso una prima riflessione interna. La definizione di una griglia di analisi che sottoporremo poi a tutti, non solo a tutti i Collegi provinciali, ma anche alle associazioni, alle società scientifiche e alle rappresentanze dei cittadini. Quindi raccoglieremo tutte le osservazioni, dopodiché verrà attivato un gruppo di lavoro di esperti per provare a ridisegnare il Codice Deontologico che poi verrà socializzato e, come atto finale, verrà approvato in Consiglio Nazionale.

Sulla seconda area, che era quella dell’esercizio e dello sviluppo professionale, indico alcuni elementi presi dal Programma (valorizzare l’infermieristica, ad esempio). Sono sostanzialmente tutti i punti legati allo sviluppo delle competenze avanzate/specialistiche.

Come intendiamo lavorare? Prosegue l’attività del gruppo di lavoro sulle competenze avanzate/specialistiche che è l’unico gruppo tutt’ora attivo. Voi sapete che come modalità di lavoro quando si chiude un triennio noi, per correttezza, chiudiamo tutti i gruppi perché chi subentra non deve trovare delle pendenze rispetto al triennio precedente.

Questo è l’unico gruppo che è stato mantenuto non solo perché è partito molto tardi, ma anche perché oggettivamente questa è la tematica fulcro di tutto il nostro programma e di tutto triennio.

Attivazione di ulteriori sottogruppi relativi alla formazione dell’infermiere specialista, all’accreditamento professionale dell’infermiere, alla responsabilità professionale tenuto conto anche delle recenti pronunce giurisprudenziali. Mi riferisco in particolare alla sentenza della Cassazione che ha condannato il coordinatore per l’errore di somministrazione piuttosto che alcune ultime sentenze o determinazioni che hanno riguardato l’ambito di esercizio professionale.

La responsabilità professionale, peraltro, sarà un elemento che sarà trasversale a tutta questa riflessione, e non può che essere così perché rivedere le competenze e rivedere la formazione significa incidere su quel famoso trinomio: responsabilità-autonomia-competenza. Quindi andare a rivedere le competenze impatta in qualche modo sull’esercizio professionale e sulla responsabilità.

Rivedere la formazione perché, a parte che lo prevede già la bozza di accordo – chissà quando potremo dire accordo – Stato-Regioni che ovviamente con un’attivazione della formazione specialistica occorre andare a rimodulare e a riposizionare tutti gli altri ambiti di formazione (1° e 2° livello, master e quant’altro). Questo è il lavoro che si sta facendo nel gruppo.

Sull’area dell’esercizio professionale abbiamo preso anche l’impegno con le nostre infermiere pediatriche di dare corso a quanto emerso dal referendum che è stato promosso dai Collegi provinciali durante i momenti di rinnovo dei Consigli direttivi e dei revisori dei conti. Il 23 gennaio c’è stato lo spoglio delle buste che erano pervenute. Delle tre opzioni, la seconda è risultata maggioritaria ed è quella cui ci impegniamo a lavorare, che prevede: “Evoluzione della situazione attuale con impegno collettivo per: mantenere la formazione di base, attivare anche i master, prevedere però la possibilità di accedere al corso per infermieri generalisti con il titolo di infermiere pediatrica e con la possibilità di vedere riconosciuta una parte del percorso formativo”. In questo senso sono già stati attivati alcuni contatti con alcune università che hanno il corso di laurea in infermieristica pediatrica (Roma Tor Vergata, Napoli Seconda, Genova, Firenze e Trieste) e in questo senso noi intendiamo andare avanti, anche perché fanno parte della nostra famiglia professionale quindi è giusto che abbiano anche loro un ritorno rispetto a quella che è la problematica occupazionale. Sottolineo che le famose percentuali di occupazione degli infermieri riguardano in generale tutti gli infermieri, ma sappiamo perfettamente che per gli infermieri pediatrici il problema è ancora più grave, cioè sono anche loro che abbassano un pochino la media, perché oggettivamente sempre più frequentemente le aziende intendono ricorrere a infermieri generalisti anche per i settori pediatrici, per scelte aziendali di miglior flessibilità della risorsa.

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incontro con il dottor Bevere, direttore generale di AGENAS); realizzare in autunno l’VIII Conferenza delle Politiche della Professione. Questo è il nostro appuntamento annuale che abbiamo rispetto alla Conferenza. Sempre in tema di sviluppo dell’esercizio e dello sviluppo professionale, continua la parte della formazione a distanza. Stiamo rinnovando l’elenco dei fornitori per l’anno 2015 per i corsi FAD, da far fruire gratuitamente agli infermieri iscritti agli Albi IP.AS.VI.. L’impegno è di garantire almeno 30 crediti ECM. È vero che sono ancora in corso di svolgimento i corsi messi on-line dell’anno precedente, quindi dovremo completare l’offerta formativa. Dobbiamo continuare a rafforzare la collaborazione con il CO.GE.A.P.S. affinché diventi sempre di più interlocutore dei Collegi provinciali per le problematiche legate alle questioni registrazione crediti, anagrafica, ECM. In questo senso vi anticipo che abbiamo sentito il Presidente del CO.GE.A.P.S., dottor Bovenga, che è disponibile ad essere presente ai seminari. Quindi nei seminari noi faremo una sessione con il CO.GE.A.P.S. per tutti i Collegi provinciali per approfondire procedure e modalità sulla registrazione dei crediti e sulla gestione dell’anagrafica dei corsi.

Supporto ai Collegi provinciali per le problematiche legate alla formazione ECM. Abbiamo un nostro dipendente, Massimo Silvestrini, che utilizza gran parte del suo tempo/lavoro per supportare i Collegi, perché magari arrivano anagrafiche sbagliate; basta l’inserimento del codice fiscale sbagliato e salta tutta l’anagrafica, non si ricostruisce più la storia dell’iscritto, poi ci sono a volte le due iscrizioni, assistente sanitario e infermiere, che generano problemi nell’anagrafica. Sappiate che lui è a disposizione, in contatto con il CO.GE.A.P.S., per dare un supporto per questo tipo di problemi.

Area della formazione e della ricerca. Lo dicevo prima: la revisione degli obiettivi formativi qualificanti dei corsi di laurea di 1° e di 2° livello e dei master, coerentemente con la formazione dell’infermiere specialista. Questo è il programma. Fa parte degli ulteriori sottogruppi relativi alla formazione dell’infermiere specialista, quindi anche questo sarà un sottogruppo di lavoro del gruppo madre che è quello delle competenze specialistiche.

E ancora: collaborazioni con le istituzioni, le società scientifiche e le rappresentanze dei cittadini. Qui trova uno spazio importante la collaborazione con Cittadinanzattiva circa la definizione degli standard per l’ospedale e per il territorio. Questa idea del monitoraggio, la definizione di questi criteri per la messa in sicurezza, chiamiamola così, del cittadino che necessita di assistenza infermieristica nel proprio domicilio e sul territorio.

Continua un progetto che ci vede coinvolti con il Ministero della Salute nel Comitato Guida del progetto pilota nell’ambito di un’azione comune europea su “The Joint Action on European Health Workforce Planning and Forecasting” che è sostanzialmente uno steering committee il cui capofila è il Ministero della Salute italiana. Noi abbiamo tre rappresentanti in questo progetto che ha l’obiettivo di andare a delineare sia i fabbisogni formativi sia i fabbisogni organizzativi dei professionisti infermieri. Mi diceva la nostra senatrice Silvestro che questo progetto è approdato anche in XII Commissione, quindi semmai poi potrà aggiungere qualcosa. Di fatto questo sta diventando un elemento su cui il Ministero ed il Governo stanno investendo in maniera particolare.

Ancora sulla terza area: intendiamo continuare con approfondimenti, studi, ricerche e riflessioni sulla disciplina infermieristica e i paradigmi della disciplina infermieristica, quali la presa in carico, la continuità assistenziale, l’educazione sanitaria.

Intendiamo dare un sostegno ulteriore a possibili ricerche sul paradigma assistenziale, sullo sviluppo dell’infermieristica nei luoghi di cura e assistenza.

Intendiamo attivare un gruppo di lavoro sulla definizione di una cornice metodologica per un glossario condiviso sul linguaggio infermieristico, il cui esito dovrebbe essere un position paper, cioè un documento che rappresenta la posizione ufficiale. Abbiamo l’ambizione di provare a dire: per noi il case manager è questo, per noi il care manager è questo, per noi la continuità assistenziale è questa (perché ormai ognuno usa i termini secondo le convenienze, le utilità e quello che ha in mente). Quindi ci impegniamo a delineare questo quadro metodologico.

Sempre sulla ricerca, sulla base di quanto emerso nel XXVII Congresso Nazionale con il professor Novelli, dove la senatrice Silvestro ha chiesto espressamente di aumentare i posti dei ricercatori e degli associati, noi continueremo per quella strada. Sappiamo bene delle difficoltà che abbiamo a relazionarci con il MIUR, però continueremo a presidiare.

L’area delle relazioni. Qui riprendo gli aspetti del programma, l’abbiamo già detto ma qui è declinato nelle azioni concrete del 2015: rafforzare il ruolo dei Collegi e della Federazione quali rappresentanti istituzionali della professione, dei professionisti, delle loro istanze e di quelle dei cittadini. Come avete visto il cittadino appare frequentemente perché noi dobbiamo stare legati il più possibile ai cittadini perché sono i nostri principali stakeholder, sono quelli che ci aiuteranno a portare avanti le istanze che riguardano la nostra famiglia professionale, che necessariamente impatteranno su di loro.

Rafforzare le relazioni con le associazioni e le società scientifiche infermieristiche anche rispetto allo sviluppo delle competenze specialistiche. Vedremo come e quando vorremo riattivare dei canali con le diverse associazioni infermieristiche e società infermieristiche per condividere con loro il progetto sulle competenze specialistiche.

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Ufficializzo il fatto che siamo usciti dalla FEPI. La Federazione ha ritenuto di uscire dalla FEPI ed è stato comunicato alla sua presidente in carica, Dragica Simunec, il 28 gennaio 2015. Quella che vedete è la nota che è partita: “Con la presente spiace comunicare le proprie irrevocabili dimissioni da socio fondatore della Federazione Europea delle Professioni Infermieristiche. Quanto sopra è determinato dal perdurare della difficile situazione economica del nostro Paese, che si riverbera sulle condizioni economiche degli infermieri italiani e che impone, anche eticamente, un ridimensionamento del contributo dei Collegi provinciali a favore di questa Federazione e, conseguentemente il contenimento delle spese a nostra volta sostenute. Nel ringraziare per le positive relazioni interpersonali e per la costante collaborazione, si inviano cordiali saluti. La presidente, Annalisa Silvestro”. Abbiamo ritenuto che ci è più utile attivare dei contatti diretti con dei parlamentari europei e provare a presidiare in questo modo le nostre relazioni.

Intendiamo invece rafforzare la collaborazione con CIVES e con ENPAPI. Nel corso del 2015 si valuterà la posizione dell’IP.AS.VI. rispetto al CUP (Comitato Unitario Professionisti).

Sempre nell’area delle relazioni: ampliare la rete comunicativa; continuare a rafforzare la comunicazione istituzionale con i mass-media al fine di acquisire visibilità come gruppo professionale. Dobbiamo intervenire, dobbiamo essere presenti nelle diverse comunicazioni e, permettetemi, non per spararci alle ginocchia, ma per far sentire la nostra voce come famiglia professionale sulle tematiche che riguardano il sistema salute e il sistema paese.

Migliorare la fruibilità e la potenzialità del portale IP.AS.VI. e del portale “Infermieri per il cittadino”. Abbiamo fatto ieri una prima riunione per quanto riguarda questo aspetto della comunicazione, intendiamo migliorare ancora di più le potenzialità dei nostri due portali. Avevamo messo in programma la campagna promozionale per l’immagine dell’infermiere. Come aveva detto anche Annalisa Silvestro in un Consiglio Nazionale, credo quello di dicembre, usciamo da un triennio che ha gravemente lesionato l’immagine dell’infermiere nella collettività e lo abbiamo potuto verificare in tutti i modi. Intendiamo predisporre, nella seconda parte dell’anno, una campagna promozionale dell’immagine dell’infermiere. Intanto vi annuncio che lo slogan del 12 maggio, deliberato ieri, per il quale stiamo ancora studiando le immagini, (che verrà poi mandato a tutti i Collegi per poter essere stampato e utilizzato per iniziative locali) sarà questo: “Al fianco dei cittadini, vicini ai loro bisogni di salute. Sempre”. E più sotto c’è la scritta che richiama il XVII Congresso, in continuità quindi con il percorso iniziato: “Infermieri e cittadini: un nuovo patto per l’assistenza”.

La quinta area è quella dei Revisori, la presento io ma mi sono confrontata ieri con il Collegio dei Revisori. Ricorderete che avevamo indicato degli impegni che il Collegio dei Revisori avrebbe assunto per il triennio. Quindi predisporremo all’interno dei seminari e nel corso dell’anno una sessione specifica di ulteriori incontri, se ritenuti utili e a richiesta, sulle funzioni del Collegio dei Revisori dei conti. Nei seminari generalmente i Revisori sono sempre stati associati alla sessione dei Tesorieri. Quest’anno intendiamo scorporarla e lavorare proprio con i Revisori dei Collegi provinciali.

Il nostro metodo di lavoro quale sarà? Questa è un po’ la declinazione delle attività per quest’anno. Come intendiamo portare avanti questa declinazione delle attività? Lo abbiamo già detto: gruppi di studio, di lavoro, approfondimento, di esperti. Quali? Escono sostanzialmente dalla relazione e sono: competenze specialistiche, libera professione, formazione di 1° e di 2° livello e dei master, infermieristica pediatrica, responsabilità professionale, codice deontologico, accreditamento professionale, cornice metodologica per il linguaggio infermieristico, campagna promozionale, infermieri all’estero, Slow medicine (un’attività che ha dato dei buoni frutti nell’anno precedente e che intendiamo portare avanti).

Come lavoreranno questi gruppi? Il referente sarà sempre un componente del Comitato Centrale e la composizione terrà conto sia dell’aspetto politico, quindi i presidenti dei Collegi provinciali, sia dell’aspetto tecnico, esperti della tematica oggetto del gruppo, individuati dal Comitato Centrale. All’insediamento il gruppo definirà obiettivi, tempi, metodi, impegno anche economico e di questo verrà data notizia ai Collegi IP.AS.VI.; lavoro prevalentemente in remoto, pochi incontri in cui si condivide lo stato di avanzamento lavori. All’interno del Comitato Centrale ci siamo divisi per macro aree di attività, di linee di sviluppo, di progetti e di riflessione. In questa slide potete vedere come ci siamo organizzati. Il componente del Comitato Centrale è prioritariamente referente per queste tematiche, ma poi, come succede nei Collegi provinciali, l’attività è collegiale, quindi tutto viene poi discusso nell’ambito del Comitato. La vicepresidente, Mirella Schirru, seguirà prevalentemente le tematiche della responsabilità professionale della libera professione; la segretaria, Mazzoleni Beatrice, le tematiche legate all’università e alla libera professione, insieme a Schirru; il Tesoriere, Franco Vallicella, si occuperà delle tematiche della formazione continua, quindi COGEAPS, ECM e quant’altro; la consigliera Silvestro si occuperà della tematica delle competenze specialistiche dell’università insieme a Mazzoleni; il consigliere Ciro Carbone si occuperà del CUP (Comitato Unitario Professionisti) e delle infermiere pediatriche, per dare corso a quanto uscito dal referendum; il consigliere Pierpaolo Pateri si occuperà di tutte le tematiche legate al terzo settore e a CIVES. Sul terzo settore faccio solo una nota: sono in corso una serie di tematiche, a parte quella storica su cui ci impegneremo a capire che tipo di interventi e di relazioni possiamo fare, che è tutto l’ambito della sanità militare, però è emergente il problema della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, su cui il Senato si è espresso e quindi riteniamo che ci siano le possibilità per intervenire, per essere protagonisti come infermieri.

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amministrativa dell’Ente. Ieri la segretaria ed io abbiamo fatto una prima riunione con il personale della Federazione, la dirigente e tutti gli altri dipendenti; abbiamo iniziato a fare alcune riflessioni che sono in linea con quanto abbiamo declinato nel programma. Intanto proseguono, per il 2015, i lavori di ristrutturazione del terzo piano dove ci sono gli uffici; il quarto piano è più o meno completato, mancano solo alcune cose. Ieri c’era in sede l’architetto per rivedere un po’ il cronoprogramma e quant’altro, poi vi daremo notizie perché dovremo anche spostare gli uffici, stiamo cercando di capire come non interrompere l’attività. Ridisegno del modello organizzativo degli uffici per completare l’applicazione del Dlgs 165/2001 e la definizione di ambiti di attività e responsabilità. Questo è stato oggetto della riunione di ieri. Si tratta di un percorso che è già iniziato nel mandato precedente; la separazione prevista dal decreto 165 tra le funzioni politiche e le funzioni di gestione amministrativa dell’Ente saranno nettamente separate, magari anche con la possibilità di rivedere alcuni regolamenti, alcune indicazioni per essere in linea con la norma. Questo però comporta, oggettivamente, una riorganizzazione delle job descriptions, dei piani di lavoro di tutti i nostri dipendenti, dalla dirigente a tutti gli altri. Come dicevo, questo è stato oggetto ieri di una prima riunione con tutti i dipendenti, abbiamo condiviso una modalità e un metodo di lavoro, che poi presidieremo perché questa revisione organizzativa sarà anche legata alla contrattazione di Ente che intendiamo mantenere, come abbiamo fatto tutti gli altri anni con le rappresentanze sindacali dei nostri dipendenti. Mi fermo qua e adesso aprirei il dibattito e la discussione. Grazie.

(Applauso)

Ora la parola a voi. Se c’è bisogno, lasciamo le slides a video per poter tornare su alcuni punti.

Come sempre vi chiedo la cortesia di presentarvi per la registrazione audio di supporto alla verbalizzazione del Consiglio Nazionale.

La parola al collega Ercole Andrea Piani. 3. DIBATTITO

ERCOLE ANDREA PIANI, Consigliere del Collegio IP.AS.VI. di Sondrio. Buongiorno a tutti, sono Ercole Andrea Piani del Collegio di Sondrio, delegato dal Presidente che vi saluta tutti, ma non poteva essere qui oggi.

Grazie per questa presentazione. Ho letto anche il verbale precedente che è stato ripreso. Mi interessano in particolare alcuni punti anche se mi spiace entrare nel dettaglio solo di questi perché nella relazione è presente un’argomentazione diffusa ed articolata.

Uno dei primi punti che mi interessano è il Codice deontologico che si vuole andare a riprendere. Vorrei invitarvi a soffermarvi sull’articolo che riguarderà la contenzione. Ricordo di aver fatto una mozione di sfiducia allora, che non era passata in quest’aula semplicemente per quattro voti. Teniamo in considerazione che il paziente contenuto deve essere vigilato H24, semmai con figure di supporto o quant’altro e che eventi sentinella in tal senso sono presenti. Ci sono ancora pazienti che muoiono perché contenuti. Un paziente nella cooperativa che dirigo è morto perché contenuto e questo mi spiace nel senso che, pur avendo lavorato tanto sulla contenzione, mi sono ritrovato in un disastro del genere.

Vorrei sottolineare un altro aspetto: alcuni giorni fa sono stato in Regione sul progetto post-acuti che sto portando avanti nella mia realtà in cui c’è una gestione infermieristica. Questo progetto, per quanto mi riguarda, chiuderà a giorni perché la Regione impone, a questo punto, di aumentare la vigilanza medica, per cui ci impongono il fisiatra e i medici presenti. Non riusciamo a tenerlo in piedi. E’ uno degli aspetti che penso debbano essere vigilati perché è un’esperienza durata tre anni.

Mi fa piacere, inoltre, vedere e sentire che CIVES è presente, la vedo anche ben rappresentata all’interno del Comitato Centrale. Era un sogno di una notte insonne che è diventato una realtà, ne vedo anche il Presidente presente qui in sala, per cui vi invito a continuare su questo progetto che rappresenta noi tutti e vi ringrazio per quello che è stato fatto. Le idee nascono magari di notte, ma poi sono portate avanti da altre eccellenze.

Un’altra cosa che mi ha colpito è la partecipazione in Consiglio Nazionale. Ho letto il verbale dell’ultima riunione, mi spiace perché vedo una presentazione del gruppo, ma vedo anche tornare a galla problemi marginali, che sono quelli che tu, Barbara, hai ben sottolineato nella conclusione.

E’ importante e credo che lo sia per tutti noi, ma soprattutto per tutti voi (io non sono più Presidente di Collegio, ma voi tutti qui rappresentate i Collegi) essere uniti e portare avanti idee e progetti. Non fermiamoci a cose stupide che ci fanno percorrere strade solo complicate. Vedo delle grandi intelligenze riunite qui dentro, ma molti neuroni sono dedicati al litigio. Grazie.

BARBARA MANGIACAVALLI. Grazie ad Ercole Andrea Piani. La parola a Matteo Manici del Collegio IP.AS.VI. di Parma.

MATTEO MANICI, Presidente del Collegio IP.AS.VI. di Parma. Buongiorno a tutti, sono Matteo Manici, Presidente del Collegio IP.AS.VI. di Parma.

(13)

per la salute in sostanza, quindi io chiedo se non sia il momento di creare, anche come gruppo di lavoro, una sorta di Conferenza Stato/Regioni degli infermieri, cioè un organismo che rappresenti in modo stabile i flussi, da parte della Federazione, nei confronti delle singole Regioni, quindi gli input che arrivano centralmente su cui andare a discutere con le nostre interfaccia della politica locale e dall’altro lato, invece, raccogliere dalle Regioni sollecitazioni e problemi che arrivano, come quelli che il collega che mi ha preceduto ha appena sollevato, in modo più strutturato per dare corpo ed ali e maggiore forza ai Coordinamenti regionali che in questo momento… Poi forse dipende dalle singole realtà, alcune Regioni li hanno fatti partire, altre no, in alcune sono più forti, in altre meno, ma credo che debbano diventare un’interfaccia importante di dialogo con il mondo della politica che ci circonda, quindi con le scelte che si vanno ad attuare, qualcosa che diventi un po’ più strutturale dell’idea che io ho adesso di Coordinamento regionale.

Si parlava anche di sviluppo di alcune indicazioni ricevute da dei colleghi per quanto riguarda il portale nazionale, come l’esportazione di dati per i MAV e altre cose di questo genere. In realtà, io credo che per tutti oggi vi sia la necessità, forse più per i Collegi piccoli e medi (come possiamo essere noi di Parma) di avere dei supporti informatici, il proprio sito web maggiormente collegato con il portale nazionale e con il programma di contabilità. Personalmente ho provato a fare un ragionamento del genere con un fornitore, ma è una cosa che costa molti soldi per i singoli Collegi. Allora, non è forse il momento di pensare a quello che possiamo definire “consorzio tra Collegi”? Ci mettiamo insieme in venti, trenta, quaranta, cento per riuscire a tirare fuori una matrice unica che ci contraddistingue come immagine a livello nazionale in modo tale che chiunque vada sui siti dei singoli Collegi veda un’immagine che è condivisa, ma abbia soprattutto delle risorse informatiche utili. Penso, infatti, che oggi il singolo collega abbia la necessità di entrare nel portale del proprio Collegio, loggarsi presso lo stesso per poter vedere la propria situazione contributiva sulla quota, i propri dati personali, fare i pagamenti on-line collegandoli al programma di contabilità, cioè di autoaggiornare, fare quell’azione di segreteria informatica che possono fare e che tanti Enti pubblici stanno facendo. Credo che solo i grandi Collegi riescano a far tutto questo in autonomia. Ci sono alcuni siti, che abbiamo analizzato, che hanno tutte queste potenzialità, come vedere il flusso di dati da e per il CO.GE.A.P.S. con la possibilità di caricare i propri crediti e vederli sul portale del singolo Collegio; attività molto difficile da pensare di realizzare ognuno a casa propria prima di tutto perché talvolta si ha difficoltà a trovare professionalità informatiche che capiscano le nostre esigenze a livello periferico e che possano riuscire a sviluppare quello di cui abbiamo bisogno. Chiedo, pertanto, una disponibilità da parte del Comitato Centrale per andare in questo senso.

Sempre sul tema CO.GE.A.P.S. c’è una questione secondo me legata all’inserimento dei crediti per i tutorati, esenzioni ed esoneri, che sono una pendenza, che è in capo ai singoli Collegi. Noi abbiamo aziende che generano dati informatici, che vengono stampati su un foglio, che è quello che certifica l’avvenuta attività di tutoraggio. Questo foglio deve essere ridigitalizzato per mandarlo al CO.GE.A.P.S. e poter confluire nel pacchetto dei dati del singolo professionista. E’ un lavoro immane perché questo si moltiplica per tutti i nostri professionisti, che fanno attività di tutorato, che sono moltissimi con i numeri che oggi propongono i corsi di laurea oltre a quelli della formazione post base che impongono di ridigitalizzare un dato che è già digitalizzato.

Io ho fatto un accordo con le due aziende locali esistenti nella Provincia di Parma, le aziende sanitarie pubbliche, che mi garantiscono un flusso di dati; loro mi danno un file e quei dati sono già digitalizzati per tutti coloro che fanno il tutorato, esattamente come avviene quando partecipano ad un corso e il provider carica i dati, né più, né meno.

Il problema che si manifesta oggi è che io avrò un file con 6.000 record di crediti di tutorato di colleghi che vengono dai Collegi di tutta Italia. Io sono nell’oggettiva difficoltà in questo momento di poter caricare dati per tutti voi, o meglio per vedere riconosciuti ai vostri professionisti dei crediti che hanno svolto per attività di tutorato (o l’esenzione o gli esoneri), nel contempo sono vincolato da una normativa che prevede che il singolo Presidente carichi quel dato.

Si può pensare allora ad un accordo fatto su base nazionale nel quale chi ha a disposizione il dato lo carica, tutti per tutti, di modo da poter avere un flusso di dati su base nazionale. Certamente ci sarà chi avrà… Io sono riuscito a costruire un rapporto con la mia azienda e magari le Provincie con molte più aziende sanitarie avranno più difficoltà, però dobbiamo tentare. Sono disponibile a caricare i dati di Napoli, di Crotone o di qualsiasi altro Collegio, per me non è una difficoltà, anzi mi è quasi impossibile pensare di scorporare tali dati perché non ho uno strumento che mi permette di sapere dove è iscritto il singolo professionista, non lo sanno le aziende ed io non ho uno strumento per filtrarlo. Questo rappresenta un problema che, invece, con un flusso di dati mi sarebbe semplice caricare per tutti e a beneficio di tutti.

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