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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.43 (1916) n.2198, 18 giugno

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno X L I I I - V o i . X L Y I I F i r e n z e - R o m a , 18 g i u g n o 1 9 1 6 { S f % ^ « ^ « S " . » 8 0 1 " N. 2 1 9 8

Anche nell'anno 1916 l'Economista uscirà con otto pagine in più. Avevamo progettato, per rispondere specialmente alle richieste degli abbonati esteri di portare a 12 l'aumento delle pagine, ma l'essere il Direttore del periodico mobilitato non ha consentito per ora di affrontare un maggior lavoro, cui occorre accudire con speciale diligenza. Rimandiamo perciò a guerra finita questo nuovo vantaggio che intendia-mo offrire ai nostri lettori.

I l p r e z z o di a b b o n a m e n t o è di !.. s o a n i m e a n t i c i p a t e , per l ' I t a l i a e Colonie. P e r l ' E s t e r o ( u n i o n e p o s t a l e ) B,. « 5 . P e r gli a l t r i p a e s i si a g g i u n g o n o le spese p o s t a l i . U n fasci-colo s e p a r a t o !.. i .

Le spese dell'erario in Francia.

S O M M A R I O :

PARTE ECONOMICA.

Guerra commerciale.

Il moderno incremento di Bari. E. Z.

Le miniere e la metallurgia in Lorena.

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.

L'energia elettrica come sostituto del carbon fossile in Ita-lia — La mobilitazione industriale — Due miIta-liardi di spese straor-dinarie per le Ferrovie di Stato — Banco di Sicilia: Rendiconto dell'esercizio 1915.

EFFETTI ECONOMICI CELLA GUERRA.

La guerra e le condizioni del lavoro in Italia — Prezzi dei generi di consumo all'estero — Il commercio estero del Canadà nel 1915.

FINANZE DI STATO. Le entrate in F-rancia

IL PENSIERO DEGLI ALTRI, «

Il patto politico di Londra trasportato nella guerra commerciale,

ITALO MINUNNI — Le disagiate condizioni dei Comuni, R. DALLA VOLTA — I provvedimenti per i prossimi lavori agricoli, GINO BOR-OATTA — La crisi alimentare in Germania, GUSTAVO SACERDOTE. LEGISLAZIONE DI GUERRA.

Decreto ministeriale riguardante la emissione dei buoni trien-nali e quinquentrien-nali del Tesoro — Decreto ministeriale col quale viene stabilito che dal 1» luglio 1916, i buoni del Tesoro ordi-nari saranno emessi secondo le norme del decreto Luogotenen-ziale 18 maggio 1916 n. 568.

NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.

Le costruzioni navali in Inghilterra — L'istruzione media nell'ultimo triennio — Le lane spagnole — Un nuovo « t r u s t » delle fabbriche di prodotti chimici in Germania — Per i lavori agricoli-, una circolare ai Prefetti — La produzione del carbone in Germania — 11 commercio Russo — L'importazione del vino in Inghilterra — Il commercio inglese — Il regime doganale del Dodecanneso — Il grande aumento nelle esportazioni e nelle im-portazioni inglesi — L'industria zolfifera — Movimento, del porto di Londra.

Situazione degli Istituti di Credito mobiliare, Situazione degli Istituti di emissione i t a l i a n i , Situazione degli Istituti Nazio-nali Esteri, Circolazione di Stato nel Regno Uuito, Situazione dei Tesoro italiano, Tasso dello sconto ufficiale, Debito Pubblico italiano, Riscossioni doganali, Riscossione dei tributi nell'eser-cizio 1911-15, Commercio coi principali' Stati nel 1915, Espor-tazioni ed imporEspor-tazioni riunite, Importazione (per categorie e per mesi), Esportazione (per categorie e per mesi). Prodotti delle Ferrovie dello Stato) Quotazioni di valori di Stato

italiani, Stanze di compensazione. Borsa di Parigi, Borsa di Londra, Tasso per i pagamenti dei dazi doganali, Prezzi del-l'argento.

Cambi in I t a l i a , Cambi all'Estero, Media ufficiale dei cambi agli effetti dell'art. 39 dei Cod. tonuii., Corso medio dei cambi accertato in Roma, Rivista dei cambi di Londra. Rivista dei cambi di Parigi.

Indici economici italiani. Valori industriali. Credito dei principali Stati.

Numeri indici annuali di varie nazioni. Pubblicazioni ricevuto.

PARTE ECONOMICA

Per abbonamenti, richiesta di fascicoli ed inser-zioni, rivolgersi all'Amministrazione : Via della Pergola, 31, Firenze.

Guerra commerciale

Se fra i problemi economici postbellici quello commerciale va, senza dubbio, posto in prima li-nea, l'opinione pubblica, non 'dell'Italia soltanto, ma anche degli altri Stati, non è però immune da idee erronee sull'importante argomento.

Una di queste è la convinzione che sia necessa-rio impadronirsi del commercio tedesco, boicot-tare la Germania, impedirle ad ogni costo di man-tenere rapporti commerciali con gli Stati coi quali è attualmente in lotta. L a questione merita di es-sere sommariamente esaminata.

Giova premettere che è caldeggiata tuttora in Germania, e forse più dagli economisti che dagli uomini pratici e politici anche, l'idea di un'unio-ne doganale fra gl'Imperi centrali che possa far fronte al possibile isolamento economico della Germania in seguito ad una intesa cordiale econo-mica della Quadruplice dopo la guerra. Anzi i fau-tori della così detta « Mitteleuropa » non limitano

il loro programma all'unione doganale austro-ger-manica, ma vorrebbero includere nel fascio anche Bulgaria, Romania e Turchia e fors'anche la Ser-bia.

E' chiaro come un progetto di tal genere sia destinato a fallire, nei riguardi delle nazioni bal-caniche per la difficoltà di conciliare interessi tan-to divergenti di Stati aventi un diverso grado di sviluppo industriale, e nei riguardi degli imperi centrali per difficoltà d'ordine economico e finan-ziario e principalmente per la questione dei rap-porti economici fra Austria e Ungheria regolati dal famoso compromesso del 1867, la cui inter-pretazione ha provocato sempre gravi conflitti fra le due parti della monarchia danubiana, per cui tanto più arduo si renderebbe qualsiasi accordo fra Austria-Ungheria e Germania (1).

Ma dal fatto che riesce impossibile l'attuazione di un simile progetto non dovrà trarsi la conclu-sione che il commercio tedesco possa considerarsi irrimediabilmente fiaccato e che sia facile impa-dronirsi di tutti i mercati che prima della guerra la Germania si era conquistati. Non sarà facile e non è neanche desiderabile che ciò avvenga.

Sul primo punto non conviene farsi illusioni; anzi ogni illusione sarebbe indizio di debolezza e di impotenza.

Anche in Germania l'andamento della produ-zione risentirà gli effetti della lunga interruprodu-zione prodotta dalla guerra; anche la Germania, forse più degli altri Stati, si sentirà profondamente col-pita in tutto il suo organismo economico e finan-ziario, sicché dopo molto tempo e molti sforzi le industrie potranno riprendersi. In conseguenza le antiche relazioni commerciali non saranno che non in minima misura riallacciate e la nuova

penetra-(1) S u l l ' u n i o n e d o g a n a l e degli i m p e r i e e n t r a l i e s i s t e u n a r i c c a l e t t e r a t u r a t e d e s c a , C f r . il r e c e n t e a r t . di R . MICHEI.S:

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5 7 8 18 g i u g n o 1916 - N . 2 1 9 8

zione del commercio tedesco riuscirà in generale lenta e penosa. E se la pace delle armi non potrà che coincidere col tempo colla pace degli animi, l'odio che la terribile guerra avrà accumulato con-tro i tedeschi contribuirà a rendere più difficile la ripresa dei rapporti con tutti gli altri Stati.

Ma sarà impossibile evitare che dopo qualche tempo anche la Germania non risorga a nuova vita economica : la sua ricchezza in materie pri-me, le sue fabbriche eccellentemente attrezzate, la sua popolazione frugale e industriosa, l'abilità tecnica dei suoi operai soriO tutti fattori che ren-deranno di nuovo fiorente la sua industria ,la sua produzione manifatturiera. E potrà impedirsi ad una industria che lavora con metodo e che produ-ce merprodu-ce buona ed a buon mercato di smerciare i suoi prodotti, di cercarsi sbocchi commerciali con-venienti, di aprirsi la via per entrare in concorren-za con i prodotti delle altre nazioni?

Oltre che non essere possibile, non può nean-che essere desiderabile nean-che la Germania sia com-mercialmente annientata. Anzitutto perchè ciò renderebbe necessaria un'aspra guerra commer-ciale da cui l'Europa, bisognosa di pace, non po-trebbe trarne che nuovi danni. E poi è facile com-prendere come anche gl'interessi degli alleati in sostanza coincidano con gl'interessi industriali della Germania, per il fatto che tutte le nazioni del mondo sono fra di loro industrialmente inter-dipendenti (I).

Ed allora piuttosto che formulare disegni appa-rentemente grandiosi, ma inattuabili praticamente quali sono quelli che si fanno consistere nel pro-gramma di boicottare il commercio tedesco, sa-rebbe più utile gettare fin d'ora le basi di rapporti fra gli Stati alleati che aspirino a migliorarne la situazione economica in misura tale da poter ga-reggiare vittoriosamente colla Germania di do-mani.

La conferenza economica, che si è in questi giorni riunita a Parigi, fra le questioni da esami-nare e da risolvere ha anche quella di conside-rare quali dovranno essere le direttive doganali dopo la pace. Noi crediamo che la questione doganale) dovrà essere subordinata ad un'altra più importante, che è quella di stabilire tutto un piano di organizzazione industriale e commer-ciale che metta in grado le nazioni dell'Intesa non solo di non lasciarsi sopraffare dalla produzione tedesca, ma di muoverle concorrenza vantaggiosa in quei mercati dei quali essa aveva prima della guerra il monopolio. Così soltanto potremo dar mostra di essere popoli che agiscano seriamente e con coscienza dei propri destini.

Il moderno incremento di Bari

Nel numero del 28 maggio furono date in questo giornale notizie alquanto ampie sul fiorente Sinda-cato Pugliese d'assicurazione per gli infortuni. Seb-bene il suo lavoro, come venne notato, si vada oggi estendendo anche fuori della regione pugliese, Bari è il luogo della sua origine, la sede della sua ammi-nistrazione é il centro più attivo dei suoi affari. Per connessione di materie, ci piace oggi porgere alcuni dati di fatto relativi a quella città, divenuta ormai notevolmente ragguardevole. Potranno essere già noti a molti tra i nostri lettori, ma forse non a tutti: non già perchè, riguardino un luogo remoto, o

se-fi) Cfr.: Sulle conseguenze dannose olie i l boicottaggio eco-nomico contro la Germania produrrebbe in Inghilterra, l'ar-ticolo di J . M, ROBERTSON: Za politica doganale dopo la guerra, pubblicato nel cit. num. della « Riforma Sociale. »

mi ignorato, ma perchè ci è accaduto più volte di scorgere con evidenza che parecchi italiani hanno una cognizione vaga e scarsa di quelle città d'Ita-lia, alle quali non li Lega nè Ja residenza, nè la prossimità, nè l'occasione di gite, nè il vincolo di parentele o d'interessi. Questa osservazione non si applica alle maggiori e più illustri, alle metropoli degli antichi Stati italiani, insomma a otto o dieci città, di prim'ordine. Oltre alle quali però ve ne so-no so-non poche altre — e Bari è una — che tengon loro dietro abbastanza d'appresso, ma la cui entità e importanza presente è meno nota, di quello che merita, anche perchè è piuttosto: recante lo svilup-po che hanno saputo prendere.

L'indole di questo periodico non ci consente di di-lungarci in descrizioni pittoresche; altrimenti sa-rebbe agevole far figurare efficacemente in contra-sti. Da una parte la città vecchia, rannicchiata in un promontorio tra due seni di mare, con due gran-di chiese monumentali, un castello del periodo sve-vo-angioino, qualche geniale frammento architetto-nico, e tutto un polipaio di viuzze a linee curve o

spezzate, che ricordano un poco la struttura di Ve-nezia, dove la popolazione più povera, e un'artigia-nato all'antica vivono accatastati. Dall'altra la cit-tà nuova, oggi di gran lunga la maggiore, che fa il paio con Torino per la sua forma di scacchiera, do-ve si tagliano a angolo retto lunghe strade, non po-che lunghissime, larghe, ben tenute, con case per 10 più non alte, ma d'aspetto sereno e ridente; e inoltre qualche edilìzio grandioso e di nobile stile, qualche viale alberato, qualche giardinetto pubbli-co, e caffè e teatri e negozi eleganti. — Diamo qui invece notizie più prosaiche, ma più precise.

Si sogliono chiamare grandi città, tanto per sce-gliere un criterio e un punto di partenza, quelle che hanno: dalle 100 mila anime in su. In tal caso Bari è entrata nìel novero delle grandi città, poiché fino dal 1912 ne conta 107 mila in cifra tonda. Pro-babilmente oggi si avvia verso le 1Ì0 mila, ma ciò ancora noni risulta. Il fatto, più che alla natalità, la quale è bensì piuttosto alta e superiore alla media del Regno, ma tende a decrescere benché lentamen-te, è dovuto: all'immigrazione. La quale, prescin-dendo da alcune colonie estere, formatesi per ragio-ni d'industria e di commercio:, e da un certo numero d'impiegati dello Stato, che determinano un fre-quente andare e venire, è costituita quasi tutta da pugliesi. Dalla provincia l'aristocrazia del denaro e quella del pensiero affluiscono ai capoluogo, dove trovano una vita più intensa e più gradevole; e vi accorrono anche le classi medie, piccoli proprietari e piccoli negozianti, per cercare di far fortuna col proprio lavoro. Scarsa è invece, dal barese e da tutta la Puglia, l'emigrazione; assai meno numero-sa che da ogni altra regione dell'Italia meridionale. E più che all'estero, si sparge per la nostra peni-sola, composta com'è un poco da impiegati pubblici e privati, e in prevalenza dell'elemento operaio, che cerca altrove più facili occasioni di lavoro.e più lar-ga retribuzione.

Se Bari è oggi dopo Napoli (ma a grande distan-za da questa) la maggiore e più cospicua città del I Mezzogiorno continentale italiano, non è tale sotto 11 solo rispetto' della popolazione, ma anche come | centro di ricchezza, di operosità, di cultura, di

lar-ghi interessi già costituiti e sempre in aumento. A fornirne la prova concorrono numerosi dati di | più specie. Presentiamone alcuni ini succinto,

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In base a calcoli attendibili, la ricchezza privata di Bari ammonta a L. 245,000,000, con una media quindi di circa L. 2400 per abitante. La ricchezza immobiliare ascende a L. 75,000,000 circa, quella I mobiliare a L. 170,000,000. Per quanto si tratti di cifre approssimative; esse vengono a porre Bari in condizioni privilegiate. Infatti la detta media di L. 2400 per abitante è assai superiore a quella del-l'Italia intera, che non supera, secondo i calcoli del Nitti, del Pantaleoni e dello Stringher, le L. 1900. La stessa superiorità si nota nel reddito. Quello me-dio' del Regno- oscilla intorno alle L. 100 per ogni abitante, quello di Bari si aggira sulle L. 112. Qui v'è un segnio chiaro del grande sviluppo economico della città.

Della ricchezza, però, non è altrettanto buona la distribuzione. Essa, come in tutto il Mezzogiorno italiano, si accentra nelle mani d'una esigua mino-ranza. A Bari le grandi fortune sono numerose: si contano diverse famiglie con una ricchezza Supe-riore al milione, e molte altre-, circa 250, hanno un patrimonio fra le 500 mila lire e il milione. Ne si contentano di tenere i loro capitali a frutto nelle Casse dello Stato, ma lodevolmente li investono nel-l'industria e nel traffico. Sono pure numerose le for-tune medie presso i piccoli proprietari, i piccoli commercianti e i professionisti, a cui l'alto costo di decoroso tenor di vita non consente d'accumulare molto danaro. In complesso l'alta e media borghe-sia non annovera più di 25 mila persone, che di-spongono d'un patrimonio totale di ben 180,000,000; mentre i rimanenti 82- mila baresi dispongono di soli 65,000,000. E -anche del reddito (sempre in via approssimativa) i due terzi si distribuiscono fra i componenti della borghesia, mentre un terzo sola-mente va al proletariato sotto forma di mercede o di salario. « Però bisogna notare — scrive il nostro autore — che negli ultimi tempi le condizioni del proletariato sono miglioriate moltissimo, e che ten-dono sempre più ad elevarsi, grazie allo spirito di organizzazione infuso nelle masse dai partiti estre-mi, e al reddito maggiore del lavoro dovuto ai per-fezionamenti della produzione ».

Il commercio, che assorbe l'attività d'un gran nu-mero di cittadini baresi, ha avuto, come forse un po' da per tutto, periodi alternati di depressione e di floridezza, dovuti a cause non locali, ma gene-rali; quali furono successivamente, e ognuna per una serie di più anni, dapprima l'esistenza del cor-so forzocor-so, poi la sua abolizione, un brutto momen-to l'introduzione del sistema doganale protettivo e la lotta di tariffa con la Francia, in seguito il gra-duale acquisto d'altri mercati di consumo in luogo di quello francese; e oltre a ciò (qui per altro la causa è locale) l'aggiungersi della produzione ma-nifattrice ja quella agricola, mentre quest'ultima per un pezzo era stata la sola esistente nella regio-ne barese. Geregio-neralmente parlando, ed eccettuato qualche periodo non molto lungo, v'è stata sempre tendenza nelle esportazioni a mantenersi superiori alle importazioni. Le une e le altre sommate assie-me raggiunsero nel 1911 un massimo di 175 milioni di lire: cifra davvero ragguardevole in sè stessa, e più che mai se si considera che le Puglie hanno, ol-tre Bari, alquanti -altri importanti centri costieri. E' poi da notarsi con elogio la tenacia operosa di quel ceto commerciale, che sa essere paziente senza accasciarsi, che a tempo aspetta e a tempo osa, che ha fiducia in sè e nel lavoro.

L'industria, per .parecchi anni dopo la costituzio-ne del Regno d'Italia, restò limitata alla trasforma-zione dei prodotti agricoli. Ma a poco per volta pre-se poi uno sviluppo notevole -e, salvo alcune soste, sempre crescente. Ne è segno fra l'altro l'aumento nel consumo del carbone fossile importato. Fra i principali rami industriali sono quello del sapone, della sansa, dell'olio al solfuro, del legname da co-struzione, dei mobili, delle paste -e conserve alimen-tari, e non mancano le fonderie e le officine mecca-niche. Tralasciamo-, oltreché di menzionare varie altre produzioni minori, di riferire indicazioni nu-meriche circa gli operai occupati, i salari, la quan-tità e qualità della forza motrice, perchè le statisti-che statisti-che si hanno risalgono a troppi anni addietro.

Sulla agricoltura non è il caso di dire molte cose, tra perchè il territorio propriamente barese è di poca estensione, e tra perchè le sue coltivazioni non

hanno cai-atteri speciali, bensì quelli comuni a tut-ta la Puglia. -Principali prodotti il frumento, l'olio, il vino, le- mandorle. Buone le condizioni generali dell'agricoltura, ma suscettibili di grandi migliora-menti; pei quali uniamo il nostro augurio al desi-derio- che il Bavarese ne manifesta, mentre sugge-risce i tre modi che seguono. Introdurre la cultura del gelso- -e l'allevamento del baco da seta; incana-lare le acque di rifiuto del nuovo Acquedotto e gli scoli dei centri abitati, in modo che- servano- allo ingrasso dei terreni; far si che gli agricoltori risie-dano- permanentemente nei fondo ove lavorano.

Vi sarebbe ora da dire del" movimento marittimo, esso pure, con qualche oscillazione, sempre

crescen-tei. Rifuggiamo però dalli accumulare qui troppi numeri. Come titolo- d'onore per la vitalità maritti-ma di Bari, basti ricordare che questa città, diver-samente da varie sue consorelle maggiori di lei, ha una importante Società -di Navigazione propria, ossia la ben nota Società « Puglia », che nell'Adria-tico- ha il principale suo campo d'azione, e che lo avrà senza fallo più vasto e più fecondo dopo la guerra, quando l'Adriatico sarà mare prevalente-mente italiano.

Del resto i baresi non sono restii ad associare i loro capitali mobili pe-r questo o quello scopo utile. In altro fascicolo già ricordato dell' « Economista », fu detto dei Sindacato Pugliese d'assicurazione per gl'Infortuni. Anche la Società Elettrica Barese, che ha istituito il servizio tramviario urbano e subur-bano, per -ora a dir vero non vasto, è formata con capitali locali.

Ini genere dunque tutte le classi della popolazio-ne svolgono le rispettive operosità, il lavoro non scarseggia (dev-e sempre farsi astrazione dalla pre-sente crisi generale determinata dalla guerra) e ne è una riprova l'esiguo numero di mendicanti che si vedono in Bari. D'altra parte all'assistenza pubbli-ca e alla beneficenza attendono- con cura non solo il Comune, ma anche varie istituzioni, di cui lo spa-zio non ci consente di far menspa-zione speciale, sorte e mantenute per opera di privati. Solo l'assistenza ospedaliera non ha tutta l'estensione desiderabile-, e i provvedimenti per l'igiene presentano ancora non poche lacune.

E lacune e imperfezioni esistono, nè vanno taciu-te, in altri campi della vita civica, massime- nella istruzione popolare -e n-ella gestione finanziaria del Comune.

Neh 1901 a Bari gli analfabeti erano ancora il 60 per cento della popolazione. Non ci risulta adesso quale miglioramento sia stato accertato dal censi-mento generale del 1911, ma sembra, secondo il no-stro autore, che deve essere stato non grande, se i fanciulli iscritti alle scuole elementari nel 1911-912 erano tuttora, in base alle cifre ch'egli porge, molti ma molti meno di quelli che avrebbero diritto di ri-cevere l'istruzione obbligatoria. Per la quale non è da dirsi che il Comune non spenda, ma evidente-mente non quanto occorrerebbe. Del resto devono -esservi a tutt'oggi in quella cittadinanza alquante manchevolezze e scarsa praticità, riguardo non solo al « fatto » ma anche -al « modo » di fornirsi d'i-struzione. Ne offrono più che uri indizio le scuole secondarie. Sono sopraffollate- quelle tecniche- e clas-siche, che dànno un gran numero di spostati o di incontentabili impiegati (Scuole Tecniche e Ginna-sio-Lic-eo) ; lasciate invece in un relativo abbandono quelle che preparano direttamente alla vita (Scuola d'Arti e Mestieri, Istituto Nautico, Scuola media di Commercio, -'Scuola, d'Oleificio). Anche nella Scuola Superiore di Commercio, il numero degli alunni è del tutto sproporzionato alle- esigenze dell'economia locale, e negli ultimi anni è andato sempre dimi-niuerudo.

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minore, ma assai ben avviata, la Casa Humanitas, ed altre ancora. Non mancano associazioni tra gli insegnanti e sodalizi quali l'Università Popolare, il Circolo Filologico, la Dante Alighieri, ecc.

L'altro punto nero poc'anzi accennato è la finanza deil Comune. Sarebbe Impossibile seguire: qui ili Savarese lungo le cinquanta pagine ch'egli dedica alla politica municipale barese e all'esame profon-do e minuto d'ogni ramo d'entrata, e di spesa, alle tasse, al patrimonio, ai prestiti, all'ordinamento degli uffici. Diremo solo che il bilancio normalmente si aggira intorno ai 4 o 5 milioni, e che le entrate bastano a mala pena a provvedere ai servizi pubbli-ci e meno che mai ad attuare i non pochi progetti vagheggiati. Uno dei tarli della finanza locale- a noi sembra scorgere negli oneri patrimoniali, conse-guenza dei numerosi prestiti, resi oramai diffìcili, che il Comune ebbe successivamente a contrarre. Dipende ciò dal non aver Bari finora avuto un fi-nanziere di genio? O non piuttosto dall'essere hi cit-tà nuova cresciuta negli ultimi decenni con moto rapidissimo? Questo secondo motivo è molto verosi-mile.

Essa forse si trova nel caso dell'adolescente, nel quale durante la trasformazione fisiologica del fanciullo in uomo, i desideri e i bisogni sono mag-giori della capacità e della forza, all'ardore e alla impazienza manca come compenso- l'equilibrio. Ma son bei difetti, transitori, guaribili. Dove abbonda sotto ogni forma la vitalità, le condizioni sono pro-mettenti, l'avvenire è sicuro.

E. Z.

Le miniere e la metallurgia in Lorena

La guerra attuale- è guerra di concorrenza indu-striale in armi e in munizioni e- i così detti « nodi vi-tali », il cui possesso può influire sul risultato finale non sono- tanto le grandi città o anche le capitali quanto lo sono i centri minerari e industriali come- ad esempio, per la Germania, la Lorena, la regione nana, la. Westplialien -e la -Slesia. Fra tutte, la re-gione lorenese ha in questo momento, a causa dei suoi minerali di ferro, un'importanza tale- che sa-rebbe sufficiente a precisare la frase che si legge nel grande, manifesto recentemente pubblicato da-gli industriali tedeschi: « Se noi, non avessimo i mi-nerali lorenesi, noi non- potremmo resistere ». E ciò si comprende facilmente. Ora. avviene appunto che il pivi grande- bacino ferriere di Europa, e, si può dire, di tu-tto il mondo, si trova in Lorena, diviso fra, la Lorena, annessa, la Lorena francese e, il Lus-semburgo, ed esso è attualmente tutto quanto in possesso dei tedeschi.

Prima della guerra i nove decimi del ferro- estrat-to in Germania e in Francia veniva dalla Lorena e il. giorno in cui le miniere lorenesi le vennero a mancare, la Francia ha potuto ad esso sopperire importando prodotti inglesi -e minerali della Spagna e dell'Algeria. La Germania, privata della Lorena, si troverebbe- ridotta ai minerali .della Svezia e non potrebbe più continuare la, sua fabbricazione in-tensiva di cannoni e di proiettili.

Le miniere di ferro delia Lorena sono in attivo esercizio da circa 80 anni, ma i minerali che da es-se- si estraggono sono fosforosi e quindi rimasero inutilizzabili per la metallurgia dell'acciaio fino al 1878, al momento cioè della scoperta del processo Gilchrist, Nonostante i miliardi che rappresentano oggi i loro giacimenti, essi sono minerali poveri, contenenti una media di 38 per 100 di ferro e non valgono più di 5 lire la tonnellata, Questi due di-fetti, povertà e contenuto in fosforo; sono le cause per le quali i francesi hanno potuto conservare, do-po la guerra del 1870, la maggior parte del giaci-mento. Quando si trattò, infatti, di tracciare la fron-tiera nel 1871, i tedeschi fecero studiare questi gia-cimenti da specialisti e conglobarono nel territorio annesso tutto ciò che, ad essi allora pareva -avesse qualche valore, senza prevedere la trasformazione completa che doveva più tardi subire la metallur-gia. Ma allorché, dopo la scoperta di Gilchrist, si cominciò a rivolgere l'attenzione ai minerali fosfo-rosi, si fecero in Francia, dal 1882, me sopra tutto dal 1894 al 1902, delle ricerche e dei sondaggi, che hanno dato- al bacino d Briey il valore attuale. E fu cosi che il bacino della « minette lo-rrairie » (tale

è l'appellativo di questo minerale) si trovò diviso tra la Lorena francese, la Lorena annessa e il Lus-semburgo, senza parlare di una punta insignifican-te nel Belgio. Tra le cause che hanno dato origine alla guerra attuale, il desiderio apertamente espres-so di conquistare tutto questo- giacimento di primo ordine ha certamente avuto una grande influenza. La Germania, infatti:, che rigurgita di carbone, non aveva, nella parte- annessa, che costituisce il suo solo- serio giacimento di ferro, il minerale- necessa-rio per alimentare- una. industria siderurgica orga-nizzata in modo colossale.

Qualche cifra precisa può dimostrare l'importan-za attuale della « minette » nella metallurgia della Francia e della, Germania. Nel 1870, Meurthe-et-Mo-selle produceva 1,200,000 tonnellate sopra 2,600,000 per l'insieme della Francia; nel 1905, si era a 6 lioni 400,000 sopra 7,400,000. Si raggiunsero 13.2 mi-lioni di tonnellate nel 1910, 17.2 nel 1912, 19.5 nel 1913 sopra 21.7 e non era ciie l'inizio di un progresso, interrotto- momentaneamente dalla guerra. Già M eu r the- et - M o sei le produceva i nove decimi del mi-nerale di ferro francese-; l'industria si. era, intanto sviluppata parallelamente e produceva i tre- quarti della ghisa francese e più della metà dell'acciaio. Così la Francia aveva potuto divenire esportatrice di minerale sempre più importante, nel mentre che la Germania era, giunta ad importarne più di 12 milioni di tonnellate.

In Lorena il minerale si estrae da strati sedimen-tari di debole inclinazione e di notevole continuità che s'intercalano nel giurassico. Secondo le regioni il numero degli strati è più o meno grande. Il mine-rale è composto per agglutinazione di piccolissimi grani rotondi, od ooliti, cementati da una ganga sterile. Il nuovo bacino di Briey deve una gran parte- della, sua ricchezza al fatto che in esso si tro-vano delle ganghe calcaree, che permettono, per miscela, di fondere i minerali troppo silicei di altre regioni.

La produzione del dipartimento- di Meurthei-et-Moselle si distribuisce fra i suoi tre bacini nel modo seguente: 1912 19!3 Nancy Tomi. 1.973.986 T o n o , 1.911.889 L o n g w y » 2.697.632 » 2.754.312 B r i e y » 12.370.240 » 15.147.371 Tomi. 17.041.858 T o n n . 19.813.572

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cani-pi, chiamare eia tutte le parti una popolazione stra-niera, italiani, belgi, lussemburghesi e tedeschi. Nel 1912, si contavano nel bacino di Briey 12,284 minatori, di cui 3242 francesi (26.4 per cento), 7558 italiani, 735 tedeschi e 749 diversi. Ogni operaio rap-presenta 4 o 5 persone, sicché la popolazione dei di-stretti minerari ammonta a. più di 85,000 persone. A quésto effettivo considerevole di lavoratori biso-sogna aggiungere gli operai metallurgici impiegati nelle immense acciaierie di Homécourt (345,000 ton-tonnellate), Micheville (310,000 tonn.), Joeuf (330,000 tomi.), ecc.

Il bacino di Nancy, la cui importanza tende a ri-dursi, comprende 44 concessioni (15,374 ettari), di cui 23 sono in esercizio (20) o pronte all'esercizio (3); delle altre 21, 4 sono cattive e 16 costituiscono la riserva. Il minerale contiene da 30 a 36 per cento di ferro.

L'enorme aumento che da 20 anni è avvenuto nel-la produzione dei minerali, ha portato, in Lorena, uno sviluppo corrispondente dell'industria siderur-gica, prima con la moltiplicazione degli alti forni, poi con l'impianto di acciaierie gigantesche, come Homécourt, Neuves-Maisons, Senelle, Rehon, che si1

aggiunsero alle antiche: Mont-Saint-Martin, Pom-pey, Joeuf, Micheville, ecc. Nella Lorena francese, esistono c o m plessi va mente 25 officine con 78 alti forni in attività, 36 convertitori Thomas e 9 forni Martin. Nel 1912 il dipartimento ha prodotto 257,00(1 tonn. di rotaie, 370,000 tonn. di travi e 260,000 tonn. di acciaio e profilati commerciali. Nel 1913 esso ha prodotto 2,682,150 tonn. di ghisa Thomas.

La, Lorena tedesca (30,000 minatori) forniva nel 1913 oltre 21 milioni di tonn. di minerale di ferro, vale a dire più di tre quarti dell'estrazione totale della Germania, e le sue1 riserve sono valutate a

1770 milioni di tonnellate. Questi minerali tedeschi sono molto silicei e di un contenuto in ferro sovente inferiore a quello che forniscono le miniere francesi. Ed è perciò che i tedeschi, prima della guerra, ave-vano cercato di assicurarsi, con tutti i mezzi, i mi-nerali francesi. Nella Lorena 'francese circa 6000 ettari appartengono a società tedesche e 2500 ettari a società belghe. La maggior parte delle miniere è naturalmente posseduta in Germania come in Fran-cia da società metallurgiche. Il dominio della ditta von Wendel, il più vasto di tutti, copre un quarto della superficie totale, ossia 9000 ettari. Le più gran-di officine metallurgiche della Lorena tedesca sono situate ad Hagondange (Thyssen), Aumetz-la-Paix, Rombas, Uckange (Stumm), Maizière-lès-Metz, Moy-euvre-Grande ed Hayange (von Wendel). Tutte que-ste officine hanno prodotto, nel 1913, 2,100,464 tonn. di ghisa Thomas e 11,023 tonn. di getti di acciaio-basico: in totale 2,286,354 tonn. di acciaio. Il nume-ro degli alti forni in attività era di 56 prima della guerra. Poco importanti sono le miniere del Lus-semburgo, dalle quali si estrassero nel 1912 appena 6,534,000 tonnellate.

Da quanto si è detto è evidente che chi possiede tutto il giacimento di ferro della Lorena è padrone del mercato del ferro in Europa e diviene quasi l'unico venditore di minerali a buon mercato. Sic-ché, molto a ragione, il deputato francese Engerard, specialista nella materia, in una riunione della. Le-ga dei Patriotti tenutasi a Parigi il 10 maggio corr. sotto- la presidenza di Gabriele Hanotaux, ha detto che una delle ragioni essenziali della guerra consi-ste mei proposito- accarezzato dalla Germania di con-quistare tutta la regione mineraria della Lorena che le avrebbe garantito il predominio assoluto non solo nel campo industriale, ma anche in quello degli ar-mamenti. Nella Lorena si devono decidere le sorti della guerra e la Francia potrà godere di una pace duratura soltanto con il possesso di, questo intero bacino minerario.

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE

L'energia elettrica come sostituto del carbon tossile in Italia

L'energia elettrica può sostituire in parte, sia pure notevole, il carbone. Questo non significa però affatto che si possano sollevare in misura decisiva le nostre industrie dalla necessità di impiegare sem-pre, egualmente, carbone. Tanto meno poi ciò si-gnifica che si possa sperare in un decisivo

affran-camento nostro dal balzello, che alla nostra econo-mia generale consegue dalla importazione estera di carbone.

Sul carbone bianco si 'fa forse eccessiva fidanza e forse anche un po' di poesia, e troppo facile di-sprezzo si affetta Der il modesto, ma pur sempre così utile, carbone nero. Il bisogno dei combusti-bili fossili in genere e della importazione dei car-boni esteri in ispecie, rimarrà sempre per necessità di cose, almeno ancora per lunga serie di -anni, una delle caratteristiche fondamentali della nostra eco-nomia industriale. Tale stato di cose stabilirà pure uno degli elementi congeniti di nostra debolezza ed a far fronte a tutte le esigenze implicite in una si-mile importazione di carbone, noi dovremo sempre avvisare ai mezzi opportuni.

La sincera valutazione di simili elementi, nota la Società per azioni, è il miglior mezzo -per dare reale forza alle nostre industrie. Il volere nascondere a noi stéssi, artifiziosamente, le debolezze nostre, per non essere costretti a lavorare per vincerle, con-durrebbe al danno generale, a null'altro.

Le Ferrovie dello Stato consumano 2.200.000 nellate di carbone -all'anno. Circa altre 300.000 ton-nellate sono consumate dalla Società di ferrovie e tram vie private.

La trazione elettrica ha trovato sulle nostre Fer-rovie dello Stato una delle- sue massime afferma-zioni. L'Italia, può vantare, infatti, di avere già og-gi costituito sui 350 chilometri di linee della rete dello Stato esercite al presente elettricamente il massimo organismo di trazione elettrica, sincera-mente ferroviaria, di tutto il mondò. E' posta così in dotazione una potenzialità complessiva di loco-motori elettrici di circa 250.000 cavalli. L'economia di consumo di carbone fossile che consegue dall'e-sercizio di questo notevole complesso ferroviario può valutarsi in circa, 130.000 tonnellate di carbone al-l'anno.

L'applicazione della trazione elettrica su un qua-rantesimo dello sviluppo complessivo chilometrico della rete delle Ferrovie dello Stato, dà così all'atto pratico un'economia di un quindicesimo sul consumo complessivo di carbone. Tutto ciò è opera di circa 15 anni di lavoro.

L'energia elettrica, è stata fino ad ora applicata alle linee eli valico; estendendola si possono elettri-ficare complessivamente 2.000 chilometri.

Elettrificare 2.000 chilometri di ferrovie statali si-gnifica tuttavia una spesa di 500 milioni di lire ne-gli impianti semplicemente ferroviari. Per quanto questa spesa trovi una adeguata rimunerazione sulla economia del combustibile, tuttavia una mobilizzazione capitale di tale ordine- di cifra im-plica sempre un problema di natura finanziaria per lo Stato di una certa complessità.

L'esercizio di 2.000 chilometri di linee elettriche rappresenta una previsione di consumo di energia di 250 milioni di K. W. O. all'anno. E' tutto un si-stema di nuovi sfruttamenti idro-elettrici che così si determina con, larga richiesta di capitali, d'opere e di produzione di macchinari elettrici. E' un note-vole impulso che si dà alla nostra industria, ma nello stesso tempo è anche in coordinamento alla potenzialità produttiva di questa, che il programma può e deve essere svolto.

Le nostre Ferrovie delio Stato hanno costituita grado grado, dal 1900 ad oggi, derivandola dalle Ferrovie Meridionali, una salda organizzazione per l'esecuzione diretta degli impianti delle linee elettri-che di contatto. Con tutto ciò è arduo oggi fare as-segnamento su una elettrificazione superiore ai 50 chilometri all'anno. Anche raddoppiando tale po-tenzialità di esecuzione di opere, occorrono sempre 20 anni pei- il completo equipaggiamento elettrico dei 2.000 chilometri di linee di valico accennato. La rete ferroviaria dello Stato supera oramai i 14.000 chilometri da sola.

E' quindi larga presunzione per un avvenire pros-simo, se non immediato, il conteggiare nel nostro preventivo di economia di combustibile grazie al-l'applicazione della trazione elettrica, fra ferrovie di Stato e private, 1.000.000 di tonnellate di carbone.

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582 L'ECONOMISTA 18 giugno 1916 - N, 2198 eventualmente col tempo il carbone essere sostituito

dall'olio pesante. Rimane tuttavia esso sempre d'im-portazione estera, salvo quella quota che se ne può

derivare dalla distillazione del catrame; la quale però già trova altro più dirette applicazioni.

Il carbone nelle fornaci, per cementi, per laterizi, maioliche, calci, gessi, ecc. non accenna per ora a po-ter trovare alcuna equivalente sostituzione di proces-so elettrico. Esproces-so costituisce una quota elevata

(1.177.500 tonn.) nel consumo globale del paese e rap-presenta pure una percentuale forte, spesso preva-lente sul costo complessivo dei singoli prodotti.

Gli stessi perfezionamenti, a forno rotativo, della produzione dei cementi, porta ad un aumento, anzi che ad una diminuzione della quantità di combusti-bile in rapporto alla quantità del prodotto.

Nella produzione della ghisa e dell'acciaio al for-no elettrico, dovrebbe la for-nostra siderurgia derivare tutta una .nuova base di sviluppo, più consona alle condizioni naturali del paese nostro.

L'elettrosiderurgia ha fatti innegabilmente deci-sivi progressi. Oggi il problema relativo non solo è a considerarsi tecnicamente risoluto, ma si presenta anche solubile in via economica, per la produzione generale della ghisa e dell'acciaio, ogni qualvolta il Kilo-Watt-Anno non costi più di due tonnellate di carbone.

• Allo stato attuale dell'industria siamo però ancora molto lontani dalla desiderata, diffusione del forno

elettrico nella grande industria.

L'energia elettrica è la presunta diretta concor-rente del gas di carbone. Con tutto ciò come cresce nel campo dell'illuminazione e riscaldamento l'ap-plicazione dell'energia elettrica, così cresce nel cam-po affine il consumo del gas.

L'industria del gas- è sorgente di per sè di altre industrie. La stessa produzione del semplice « coke » costituisce un'industria a sè, che soddisfa anche ad un reale bisogno. Inoltre dalla distillazione del car-bone residuano sotto prodotti; fra i quali emerge specialmente il catrame, che coi suoi derivati e sin-tetici offre le due colonne 'fondamentali della pro-duzione delle materie coloranti, medicinali ed e-splosivi. L'industria del gas non è quindi un: fossile industriale e tanto meno una eredità del passato di cui necessiti liberarci; è una: industria vitale di per sè, che costituisce anche, sotto gli accennati riguar-di, una necessità per l'organismo industriale "com-pleto di una .nazione.

Le industrie tessili, le cartiere, le industrie chimi-che, hanno sempre bisogno di trattamenti termici per il loro processo industriale. Il consumo di com-bustibile a tale scopo in dette industrie può valu-tarsi nella percentuale media del 25 o del 30 %. Però ciò non significa che tutto il rimanente del consumo di carbone, anche se solo utilizzato all'unico scopo di forza motrice, possa in simili condizioni trovare sempre ragione economica di completa sostituzione con energia elettrica. Le caldaie debbono egual-mente -funzionare ed in tale caso il costo della forza motrice prodotta internamente allo stabilimento si riduce sensibilmente, spesso al di sotto degli stessi limiti di prezzo che può offrire un'ordinaria distri-buzione idro-elettrica.

Si. precisa tuttavia a questo punto il problema del riscaldamento industriale elettrico. Siamo però in questo campo ancora molto lontani dalle buone con-dizioni di prezzo dell'energia che si richiedono per lo sviluppo di tale applicazione.

Per. quanto riguarda il consumo d'energia nelle officine meccaniche e simili, trattandosi effettivamen-te in gran pareffettivamen-te di produzione di forza motrice di-retta, la sostituzione dell'energia elettrica a quella a vapore può anche supporsi col tempo completa spe-cialmente tenendo calcolo del progressivo adatta-mento a risolvere tutti i problemi posti all'industria.

La mobilitazione industriale

Gradatamente e ordinatamente, senza scosse ec-cessive, senza perturbazioni dannose, si è andata compiendo in Italia la mobilitazione delle risorse industriali. Ora. che è trascorso un anno dalla no-stra entrata in guerra, non è inopportuno di de-dicare un breve sguardo retrospettivo all'opera di coordinamento delle risorse produttive

d'Ita-lia ai fini della più efficace condotta bellica. Ce ne offre la possibilità uno studio denso di dottrina e materiato di competenza pratica che in questi giorni compare per opera del dott. Francesco Leo-netti, capitano commissario presso il Sottosegreta-rato delle armi ei munizioni al Ministero della guer-ra. Il capitano Leonetti è un tecnico e uno studioso del pl-oblema e la sua monografia ci presenta un quadro completo e dettagliato dei mezzi e dei modi con i quali e per 1 quali l'industria italiana fu chia-mata a validamente cooperare con gli eserciti no-stri alla difesa della nazione.

Scorrendo' La sintesi analitica, prospettata con perspicua chiarezza, dall'autore e volgendo uno sguardo ai risultati ottenuti, non possiamo- non e-sprimere un sentimento di soddisfazione nel con-statare come l'Italia, la quale era una fra le nazio-ni meno preparate alle necessità belliche, abbia sa-puto rapidamente organizzarsi un'industria di guer-ra forte e di proporzioni molto cospicue.

Come ogni transizione da uno stato ad un altro, da un lavoro ad un altro, da una produzione- ad un'altra, offre elementi di scontento e di squilibrio così anche da noi, è doveroso riconoscerlo, si sono sentite delle voci lamentanti questo o quell'incon-veniente della nostra mobilitazione industriale, ma è altresì doveroso riconoscere che nel suo comples-so, come pure nella massima parte dei dettagli, la mobilitazione industriale italiana si compì più bril-lantemente che negli altri paesi.

Se guardiamo- all'odierna situazione delle indu-strie di guerra e la confrontiamo con la minuscola e la più debole costituzione industriale bellica avanti la nostra partecipazione al conflitto, troviamo che un: gran cammino- si è percorso e molto si è rag-giunto, sebbene naturalmente il desiderio della più sollecita vittoria debba spingere a sempre nuove in-tensificazioni di lavoro e a produzioni sempre più larghe.

Anche la Germania, il paese che più d'ogni altro si era preparato con tenacia di sforzo e lunga pre-disposizione di mezzi alla conflagrazione che sape-va di dover e di voler provocare, .anche in Germa-nia l'organamento industriale di guerra si è effet-tuato- con perturbazioni dell'economia generale in-finitamente più aspre che tra noi. La trasformazio-ne così soddisfacente in Italia di tanta parte delle sue industrie in fabbricazioni di guerra, si è dovuta in parte- notevolissima alla capacità dei nostri in-dustriali, al loro patriottismo, alla loro sagacità tecnica, in parte alla buona volontà della classe operaia che ha saputo- comprendere, come gli stessi suoi, interessi di classe possano essere efficacemente tutelati soltanto in una patria vittoriosa e libera, ed in parte infine al congegnamelo indovinato del-la nostra legisdel-lazione in materia di mobilitazione industriale.

La monografia del Leonetti ha sopra tutto questo merito- eminente- di presentare nella giusta luce la funzione esercitata dalla nostra legislazione in ma-teria di mobilitazione industriale.

Il quadro che egli traccia e nel quale non rispar-mia. le prudenti critiche, là dove esse appaiono giu-stificate dai 'fatti, ci consente di valutare nella-loro esatta importanza i criteri legislativi italiani in questa difficilissma materia e le modalità della loro applicazione pratica.

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indispensabile, mentre per tutto il resto ha prepa- ! rato un sistema di libertà, in mezzo al quale lo sfor-zo fatto- dalle no-stre- industrie per corrispondere alle esigenze della nazione in guerra appare ancora più bello- e meritevole.

Lo spirito della nostra legislazione in fatto di mo-bilitazione industriale è chiaramente riassunto dal-; l'A. nelle seguenti parole:

« Il Governo fa assegnamento sull'iniziativa di organizzazione della, libera industria e, a differenza di altri Stati, ha limitato al minimo- la sua ingeren-za tecnica ed amministrativa. Il regolamento ha. vo-luto assicurare anche un equo trattamento al per-sonale operaio, partendo- dal concetto che dall'es-sere questo soddisfatto delle proprie condizioni con-seguirà armonia di sforzi, intensità e produttività di lavoro ».

Noi non seguiremo il cnp. Leonetti nella sua -ac-curata ed acuta disanima dei vari provvedimenti legislativi; delle norme per la. mobilitazione indu-striale, delle commissioni di collaudo dei materiali di artiglieria, dei Comitati regionali, della Commis-sione consultiva per i divieti eli esportazione-, del carattere degli stabilimenti ausiliari, della giurisdi-zione militare in genere, della sorveglianza disci-plinare militare, elei regolamento per gli operai bor-ghesi, ecc. ecc. Rileveremo soltanto che l'A. ritiene meritevole di essere meglio chiarite le funzioni de-liberative ed esecutive dei Comitati regionali agli stabilimenti privati mobilitati. Egli è d'avviso che i Comitati regionali per le loro- funzioni decentrate hanno da essere la longa-manus del Ministero, che deve- ridurre al minimo le trattazioni dirette- co-i fornitori, risparmiando- a questi perdita di tempo e corrispondenza.

Dalla monografia del cap. Leonetti, che è bene ad-dentro negli intendimenti delle- nostre autorità mi-litari, si desume un- proposito del quale è lecito ral-legrarsi. Egli è convinto, cioè, che i ritocchi ed i dettagli, i quali mancano ancora al prefezion,amento dell'edifìcio legislativo in materia di mobilitazione industriale saranno ben pre-sto adottati dall'Ammi-nistrazione militare, così che l'opera sin qui com-piuta per la massima potenzialità offensiva e difen-siva del nostro Paese- si accrescerà ulteriormente-, anticipando quella vittoria che è n-eoesaria all'av-venire d'Italia.

Due miliardi di spese straordinarie per le Ferrovie di Stato

La relazione della Direz. gen. d'elle Ferrovie dello Stato circa l'ultimo esercizio finanziario, fornisce alcuni dati circa le spese straordinarie le quali for-niranno- materia di considerazione ai lettori anche per la dimostrata necessità di dovere, purtroppo, provvedere ad altre -spese. Il che, intanto, con i tem-pi che corrono non sarà tanto agevole.

Le spese straordinarie concernono lavori e prov-viste per colmare le deficienze di impianti e di ma-teriale- accumulatesi anteriormente -al 1° luglio 1905; quanto occorse per il primo impianto dell'attuale azienda ferroviaria; la continuazione e il -saldo di lavori e dèlie forniture che erano in corso al mo-mento in cui le linee vennero assunte in esercizio dallo Stato; lavori e provviste per la deficiente ma-nutenzione delle linee e del materiale al 30 giugno 1905; ampliamenti e miglioramenti di linee e stazio-ni, raddoppiamenti di binario, rinforzi di armamento e di travate, aumento di materiale rotabile e di e-s-ercizio, ecc., in relazione allo sviluppo d-el traffico e cioè in ragione del quintuplo dell'aumento dei' pro-dotti; acquisto di naviglio ed altro materiale per la navigazione; maggiore aumento di materiale -spe-ciale (carrozze postali, cellulari e carri); aumento di dotazione di magazzino; e in genere tutto ciò che costituisce l'incremento della consistenza patrimo-niale -ferroviaria.

Le somme messe a -disposizione con i diversi prov-vedimenti legislativi per le suddette spese importa-vano al 30 giugno 1915 lire 1.985.483.149,89.

Gli impegni assunti dal 1° luglio 1905 al 30 giugno 1915 ammontano a lire 1.867.694.016,30 e le somme pagate nel detto periodo, in confronto degli impegni stessi, a lire 1.553.693.671,71, ciò che pel decennio rappresenta una erogazione effettiva di circa 150

milioni di lire all'anno, a cui si provvide nella mas-sima parte con fondi forniti dal tesoro, per i quali il bilancio ferroviario è gravato degli interessi e del-l'ammortamento.

Dell'impiego di questi capitali e dei vantaggi che il pubblico sei-vizio ha ottenuto per effetto dei. miglio, ramenti apportati alle linee, alle stazioni, al mate-riale- è reso conto nelle diverse parti delle precedenti e della presente relazione, circa il materiale di tra-zione e dei veicoli; gli aumenti di potenzialità conse-guiti nelle stazioni dopo un decennio di esercizio di Stato e cioè in fronti di magazzini, tettoie, piani ca-ricatori, binari per carico, deposito e manovra e in aree per depositi; i raddoppiamenti di binario atti-vati nel detto periodo, ecc. L'utilità ed efficacia dei provvedimenti adottati si manifestò maggiormente nel 1915, quando ricorse il bisogno dei grandi ecce-zionali trasporti militari e ordinari per la mobilita-zione e radunata dell'esercito e per la guerra.

Il normale rifornimento di capitali, in ragione del quintuplo dell'aumento del traffico, non fu stabilito (legge 25 giugno 1909) che per un sessennio e perciò fin dal 30 giugno 1914 è scaduto il periodo per calco-lare il multiplo dell'aumento di prodotto determi-nante i fondi di tesoro sui quali potevansi assumere impegni per nuovi impianti e miglioramenti lungo le linee e nelle stazioni e per acquisto di rotabili. E' ben vero che verso- l.a fine del 1914-15 (decreto-legge 20 giugno 1915) fu .autorizzato il tesoro a dare 113 milioni di lire, in parte- per coprire- impegni assunti dall'Amministrazione per l'acquisto di nuovi rota-bili e in parte per provvedere altro materiale e altri piroscafi nel 1915-16 ed oltre.

L'Amministrazione, quindi, alla scadenza del 1914-1915 non poteva ormai contare che sulla limitata rimanenza di 117 milioni, quale risulta fra i 1985 autorizzati ed i 1868 impegnati, per acquistare- rota, bili e piroscafi, per ultimare gli impianti iniziati e pe-r provvedere a nuovi impianti in relazione alle aumentate esigenze dei trasporti e ad altri bisogni che si vanno maturando pel mutamento- nelle condi-zioni dei traffici e anche per far fronte al maggior costo dei materiali.

Per contro-, ad esaurire i 1985 milioni assegnati a tutto giugno 1915, i pagamenti a tale data impor-tando milioni 1554, occorreranno circa 431 milioni per il saldo dei lavori e delle provviste in corso e dei limitati impegni che ancora potranno essere as-sunti: somma però da erogare con i pagamenti effet-tivi in un congruo periodo di tempo, il tesoro non essendo tenuto (legge 25 giugno 1909) che a fornire annualmente una somma non superiore a 150 mi-lioni di lire.

Questa costatazione di cifre e di circo-stanze rende evidente la necessità di non rimandare ulteriormen-te la deulteriormen-terminazione di un programma per lavori e forniture di carattere patrimoniale e la conseguente adeguata somministrazione di fondi da parte del tesoro, sia per soddisfare all'incremento del traffico,

che si confida abbia a riprendere la progressione segnata durante l'esercizio di Stato, sia per impianti e provviste occorrenti anche indipendentemente dai. l'aumento dei prodotti.

Avvertivasi in proposito nella relazione dell'anno scorso che anche se il traffico non fosse aumentato, l'Amministrazione non avrebbe potuto esimersi dal rinforzare l'armamento, completare il risanamento della massicciata, aumentare dormitori del personale, apparati, segnali di blocco, impianti telegrafici, tele-fonici, meccanismi per manovre di carico e scarico, ecc., per cui si presumeva una spesa complessiva di circa 270 milioni di lire.

Nella relazione stessa e in quelle precedenti segna-lavasi la necessità di provvedere gradualmente, ma in più larga misura e col contributo degli enti inte-ressanti, alla soppressione dei « passaggi a livello » più frequentati e alla loro sostituzione con cavalca-via o sottocavalca-via.

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Altrettanto si dica per i « raddoppiamenti di bi-nario » dei quali fu ripetutamente reclamata la ne-cessità ed urgenza. I grandi trasporti ordinari e mi-litari del 1914.15 hanno dimostrato il beneficio otte-nuto sulle linee servite col doppio binario, beneficio che sarebbe stato- ben più sentito se questa categoria di lavori, mercè corrispondente aumento di fondi, avesse potuto maggiormente svilupparsi.

La costruzione dei secondi binari, oltre- che giusti-ficata dal traffico attuale-, è consigliata anche dal-l'aumento di traffico che indubbiamente si avrà fra ~ non molti anni; per essa dovrebbero quindi -esser forniti speciali fondi, non in: rapporto ad uno svi-luppo di traffico già accertato, come si può stabilire per -altri impianti e cioè secondo il criterio fonda-mentale della legge 25 giugno 1909, n. 372, ma "bensì almeno in parte, sulla previsione di incrementi fu-| turi di traffico, tenendo anche- conto del tempo che occorre per la esecuzione dei lavori; o altrimenti si: dovrebbero assegnare fondi come per la costruzione di nuove linee la spesa per il secondo binario non: essendo in realtà che un complemento di quella ero-gata per la costruzione iniziale- della linea a sem-plice binario-.

Questi bisogni permangono, anzi col trascorrere del tempo maggiormente si fanno, sentire.

584 L'ECONOMISTA 18 giugno 1916 - N. 2198

Banco eli S i c i l i a

Rendiconto dell'esercizio 1915

Vi -è noto che con Decreto Luogotenenziale del 26 febbraio fu sciolto il -Consiglio d'Amministrazione dell'Istituto e collocato a riposo il Direttore Genera-le, Gran-de Uff. Luigi Cosenz.

In virtù di quello stesso decreto a me fu deman-dato di reggere temporaneamente l'amministrazio-ne del Banco e di esercitare i poteri del Consiglio di Amministrazione sino alla ricostituzione di questo. Spetta, dunque, a me di riferirvi sui risultati -del-la gestione dell'Istituto nel 1915; ma il tempo bre-vissimo trascorso dall'assunzione dlello incarico — tempo per tanta parte assorbito da cure urgenti amministrative — non mi consente di adempiere sin d'ora a tale compito con sufficiente conoscenza dei fatti principali che riflèttono lo svolgimento della vita dell'Istituto in detto esercizio, nel quale si sono verificate, presso due sedi, irregolarità gravi che sarà, pure, vostro desiderio conoscere, possibilmen-te in tutta la loro inpossibilmen-terezza, anche per valutarne ad ogni effetto le conseguenze.

Sicuro d'interpretare in questo i vostri intendi-menti, ravviso indispensabile che il Rendiconto e il Bilancio consuntivo dell'esercizio scorso dell'azien-da bancaria e delle -gestioni annesse, non siano dell'azien-da voi approvati in questa sessione ordinaria, e che le relative deliberazioni siano, invece, adottate in una sessione straordinaria che -sarà convocata entro il prossimo mese di aprile, e nella quale, di conseguen-za, avrà altresì luogo la scelta dei vostri delegati a far parte del Consiglio d'Amministrazione.

Innanzi di procedere alla esposizione dei risultati dell'annata decorsa stimo opportuno informarvi dei principali provvedimenti legislativi emanati nel 1915, i cui effetti hanno avuto influenza sull'eser-cizio del credito da parte degli Istituti di emissione; del modo ond'ebbe termine la controversia col R. Go-verno sui criteri d'attuazione del regime della par-tecipazione dello Stato agli utili del Banco; dei ri-sultati dell'opera dell'Istituto nelle sottoscrizioni ai prestiti nazionali e di due lutti meritevoli di parti-colare ricordo.

Provvedimenti a favore dei militari e dei com-mercianti costretti a sospendere i loro pagamenti a causa della guerra. — La moratoria, promulgata nell'agosto del 1914 a causa del grave panico da cui furono pervase le popolazioni, anche quelle -dei pae-si neutrali allo scoppio delle ostilità, ebbe termine tra noi col marzo 1915.

Diffusosi, infatti, un più maturo ap-prezzamento dielle nuove condizioni create dallo stato di guerra e avviatasi l'economia del paese verso una graduale sistemazione armonizzante con le eccezionali esi-genze del momento, alla generale e incondizionata moratoria venne meno ogni ragion d'essere.

Ma l'incalzare degli avvenimenti e l'uscita dell'I-talia dalla neutralità con la conseguente mobilita-zione dell'esercito e dell'armata, quantunque non accompagnati dalle vaste e profonde ripercussioni dell'agosto 1914, determinarono tuttavia nell'ordine economico e sociale tali condizioni, da rendere ne-cessario l'adottare speciali provvidenze a vantaggio segnatamente di coloro cui la Patria affidava il com-pimento dei suoi maggiori destini, e di tutti col-oro che, a cagione della guerra, non sarebbero più stati in grado di fare onore ai propri impegni.

L'opportuno intervento del Governo ebbe ancor qui agio di esercitare la sua azione con alcuni no-tevoli provvedimenti d'indole giuridica dei quali ba-sti il ricordo di due.

Con Regio decreto dei 23 maggio, n. 718, a tutela degli interessi dei militari in attività di servizio e di tutte le persone legate alle sorti dell'esercito e dell'armata, fu sospeso sino a tutto il 60° -giorno suc-cessivo a quello della pace il decorso a loro carico delle prescrizioni, decadenze e termini perentori.

La condizione poi idei commercianti militari fu particolarmente considerata nel decreto Luogote-nenziale del 27 maggio n. 739, col quale i commer-cianti e le Società commerciali impossibilitati a far fronte ai l-oro impegni per cause di-pendenti dalla guerra furono ammessi a chiedere al Magistrato la concessione di una congrua proroga ai loro paga-menti, da non estendersi oltre il 60° giorno succes-sivo a quello della conchiusione della pace, a con-dizione che le attività patrimoniali -delle loro a-ziende risultassero superiori alle passività. E il trovarsi sotto le armi fu riconosciuto prova da sola sufficiente a dimostrare la impossibilità del man-tenimento -delle obbligazioni assunte. Con successi-vo Decreto dei 25 luglio, n. 1144, furono poi dettate norme intese a disciplinare il conseguimento della proroga.

Gli altri provvedimenti, che riguardano l'attività delle Banche di emissione, si concretano in perfe-zionamenti e'sviluppi apportati a disposizioni già emanate ne-i primi mesi dell'immane conflitto.

Provvedimenti per la circolazione. — Nessuna mo-dificazione fu arrecata al limite normale -della cir-colazione per conto del commercio di seguito ai tre noti successivi decreti dell'agosto e novembre 1914, che ne raddoppiarono il contingente.

L a tassa sui biglietti emessi in dipendenza dei risconto del portafoglio del Consorzio per sovven-zioni sui valori industriali, prevista nel B. Decreto 20 dicembre 1914, ,n. 1375, in misura estensibile sino all'intera ragione dello sconto, fu ridotta col R. De-creto 23 maggio, n. 700, nel limite di un decimo per cento all'anno, a norma dell'art. 20 del testo unico di legge sugl'Istituti di emissione; e in misura papi a centesimi cinquanta -per cento fu fissata, nel De-creto luogotenenziale 17 giugno, n. 961, la tassa da gravare sulle eventuali eccedenze di circolazione determinate dal risconto del portafoglio agrario, autorizzato col R. Decreto 11 ottobre 1914, n. 1089.

Anticipazioni a Casse di Risparmio, Monti di Pietà, ecc. — In virtù dei tre successivi decreti 23 maggio, 13 giugno e 6 ottobre, nn. 7il, 815 e 1495, il fondo da servire per anticipazioni a Casse di Ri-sparmio ordinarie, Monti di Pietà e Concessionari di ferrovie pubbliche fu aumentato da trecento a seicento milioni; la facoltà di valersene fu estesa alle Società Cooperative di credito, alle Casse rurali cooperative che ricevono depositi a Risparmio, non-ché -allo Stato per acquisti di grano e di armi, mu-nizioni e altre provviste occorrenti all'esercito e all'armata; e, a garentìre tali anticipazioni, escluse quelle pre-viste nell'interesse dello Stato, furono an-che ammesse le delegazioni (1) sulla sovrimposta e sui contributi consorziali, rilasciate da Provincie Comuni e Consorzi, e, inoltre, cambiali emesso da questi enti al fine di mobilizzare i loro debiti verso gli anzidetti istituti di credito, accertati dalla Au-torità tutoria, alla data del 13 giugno u. s.

La quota di concorso -del Banco nella formazione del fondo è stata fissata in quaranta milioni, re-stando il campo di impiego per l'Istituto circoscritto alla Sicilia.

(9)

800-Somministrazioni di biglietti al Tesoro dello Stalo per conio della Cassa DI). PP. In virtù del R. de-creto del 23 maggio, n.'708 furono accresciute di al-tri 290 milioni le somministrazioni di biglietti de-stinate a essere versate nel conto corrente speciale, aperto tra il Tesoro dello Stato e la Cassa OD. PP., per i bisogni dell'ordinaira gestione di questa.

Tale supplemento, che ha elevato a 600 milioni il contingente delle somministrazioni predette, è ga-rentito con apposito vincolo su titoli del consolidato italiano 3,50 per cento e su certificati ferroviari frut-tanti lo stesso interesse, intestati alla Cassa; e gl'I-stituti d'emissione non hanno obbligo di porvi, a fronte alcuna speciale riserva metallica.

La. quota di biglietti da somministrarsi dal Ranco è stata elevata da 25 a 36 milioni.

Anticipazioni Statutarie ordinarie e straordinarie. In relazione alle maggiori esigenze impóste alle finanze dello Stato dalla situazione politica ed eco-nomica la. somma totale delle anticipazipni statu-tarie fu elevata da .310 a 485 milioni col'R. Decreto 26 maggio, n. 710, e nei riguardi del Ranco da 20 a 31 milioni, cifra quest'ultima raggiunta nella prima decade di giugno. Anche queste altre anticipazioni, ascendenti complessivamente a 175 milioni, sono ga-rentite da una riserva metallica pari a un terzo del loro valore.

Esenti, ipyece, dalla "garanzia metallica furono la-sciate le anticipazioni straordinarie chieste in due | riprese e in ugual cifra coi due Decreti

luogote-nenziali dei 27 giugno e 23 dicembre, nn. 984 e 1813, per la somma totale di 400 milioni, di cui 24 da ver-sarsi dal Ranco. A fronte- della relativa circolazio-ne sono posti Ruoni del Tesoro fruttanti a favore degl'Istituti creditori l'interesse di 0,25 % all'anno..

Consorzio per sovvenzioni su valori industriali. — All'intento di apprestare al Consorzio sui valori in-dustriali mezzi più adeguati al conseguimento dello scopo assegnatogli ,è renderne più efficace l'azione, con R. decreto dei 23 maggio, n. 700, fu provveduto a elevare il capitale del nuovo ente da venticinque a quaranta milioni è a stabilire al decuplo del capi-tale versato l'importo complessivo massimo delle sue operazioni. La cui cerchia fu ampliata con l'in-ij eludere accanto alle sovvenzioni cambiarie dirette,

garantite dal pegno di azioni ed obbligazioni indu-striali o materie prime, le sovvenzioni con la ga-' renzia del pegno di materie manufatte e seminufatte e lo sconto di note di pegno emesse da ma-gazzini generali legalmente costituiti, e quello di I cambiali a carico di società e ditte industriali

sen-za pegno di titoli e di mercanzie, ma provviste di al-almeno due firme notoriamente solvibili. In virtù del medesimo decreto dei 23 maggio, n. 700, la fa-coltà di partecipare al Consorzio fu estesa agl'isti-! tuti di credito ordinario e popolare e anche alle

casse di risparmio amministranti fra patrimonio e depositi una sostanza anche inferiore ai venti

mi-lioni, di cui, invece, avrebbero dovuto avere la disponibilità le Casse di risparmio a norma del de-creto di fondazione del Consorzio, promulgato sullo scorcio del 1914. Nelle nuove disposizioni legisla-tive fu prevista la costituzione di un fondo di ga-ranzia nell'interesse diegll enti consorziati mediante 1 accantonamento degli utili del Consorzio e della metà di quelli conseguiti dagl'Istituti di emissione col risconto del portafoglio dell'ente.

Furon tosto presi accordi per la ricostituzione del Consorzio sulle nuove basi previste nel regio de-creto dei 23 maggio e tra i vecchi e i nuovi parteci-panti fu stipulato, il 20 luglio, apposito atto, in vir-tù del quale furono apportate idonee modificazioni allo statuto del Consorzio e fu aumentato da 22 a 35 milioni il relativo capitale d'esercizio. La riparti-zione dell'importo complessivo del risconto rimase ferma nelle misure di 75 centesimi per la Ranca d'Italia, 20 per il Ranco di Napoli e 5 per il Ranco di Sicilia.

All'aumento del capitale il Ranco concorse con lire 250 mila, che elevarono la sua iniziale quota ! di partecipazione a lire 750 mila.

Il Consorzio è così entrato col 1° agosto ultimo in una nuova e più feconda fase della sua esistenza a sollievo delle sane energie produttrici nazionali. In quanto al Ranco basti osservare che la sua quota nelle operazioni di risconto, iniziate nel

mag-; gio, raggiunse a fin d'anno la somma di lire 2 mi-lioni 450.922,90.

Provvedimenti per il Credito agrario. — Con de-creto luogotenenziale del 17 giugno, li. 961, la fa-coltà, consentita agli Istituti di emissione per tutto l'anno 1915, di riscontare il portafoglio degli Isti-tuti di credito agrario creati con hsggi speciali, delle Casse di Risparmio ordinarie e Società Co •»-perative di credito fu prorogata sino al 31 dicembre del corrente, anno, con alcune modificazioni e ag-giunte circa l'estensione del privilegio previsto a garanzia del rimborso dei prestiti e il numero degli enti ammessi al risconto, intese a meglio discipli-nare l'efficacia dei provvedimenti a vantaggio del .credito agrario, adottati col R. D. degli 11 ottobre,

ii. 244.

L'azione de! Ranco resta sempre in questo campo limitata al risconto del portafoglio della speciale sua Sezione, cui è affidato l'esercizio del credito agrario.

Approvigionamento grano. — A mettere in grado di valersi della provvida funzione dei Consorzi gra-nari anche i Comuni sforniti di mezzi, con R. de-creto 29 marzo, n. 338, a Cassa di Soccorso per le OO. PP. in Sicilia fu autorizzata a concedere, in via eccezionale e sino a tutto lo scorso luglio, per un ammontare, noni eccedente le 800 mila lire,

pic-coli prestiti ai Comuni dell'Isola al saggio del 3 per cento con la garenzia di delegazioni .sulla

sovrim-posta comunale e sui proventi del dazio consumo. Analoga autorizzazione, da esercitarsi con le stesse garenzie, ma senza limitazioni regionali, fu data alle Casse di Rispàrmio ordinarie, banche po-polari, Casse provinciali ed altri istituti di credito agrario creati con leggi speciali. La durata del provvedimento fu successivamente prorogata al 31 agosto 1916 con Decreto luogotenenziale del 22 ago-sto 1915, e alla data anzidetta fu altresì prorogato il finanziamento dei Consorzi granari da parte degli Istituti di emissione.

Provvedimenti, a favore degli esattori delle impo-ste dirette e dei Ricevitori provinciali. — Nei ri-guardi del servizio di Ricevitoria provinciale, che, come è noto, è anche gestito dagl'Istituti di emis-sione, va ricordato il Decreto luogotenenziale del 12 settembre, n. 1442, in virtù dèi quale la facoltà de-gli esattori delle imposte, sin qui limitata alla sola ricchezza mobile, di versare, alle scadenze bime-strali, i soli otto decimi del rispettivo loro carico, rinviando il saldo al bimestre successivo, fu estesa anche alle imposte erariali sui terreni e sui fabbri-cati, durante lo stato di guerra e sino al sessante-simo giorno dalla pubblicazione della pace. •

La stessa agevolezza nei rapporti con l'Erario fu consentita ai Ricevitori Provinciali, se e in quanto .gli esattori se ne fossero avvalsi verso i Ricevitori. Sui due decimi prorogati gli esattori sono tenuti a corrispondere all'Erario gl'interessi nella misura del 5 o^.

Tassa di quietanza sui titoli apodissari e sui va-glia cambiari rilasciati dagl'Istituti di emissione. —Meritevole, infine, di speciale menzione è il di-sposto dell'art. 3 b) dello Allegato C al Decreta Luo-gotenenziale del 12 ottobre 1915, n. 1510 recante provvedimenti straordinari in materia tributaria.

Con esso le quietanze apposte sulle fedi di credito e sui vaglia cambiari degli Istituti di emissione fu-rono assoggettate a una tassa di centesimi 10, da riscuotersi in modo virtuale contemporaneamente al pagamento della tassa di circolazione che grava sui titoli all'ordine dei detti istituti.

I quali, di comune accordo, stabilirono dì riscuo-tere la tassa, nei rapporti con la loro clientela, al-l'atto dell'emissione di ciascun titolo, il cui rilascio ha, quindi, cessato di essere gratuito dal 1" novem-bre dello scórso anno.

Corso legale dei biglietti. — In viitù dell'art. 5 della legge 21 dicembre 1915, n. 1774, concernente la proroga dello esercizio provvisorio 1915-16, il corso legale dei biglietti dei tre istituti di emissio^ ' ne, di che all'art. 9 del T. U. approvato con R. D. 28 aprile 1910, n. 204, fu prorogato sino al 31 di-cembre 1917.

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