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‘La CAA negli adulti con multidisabilità’

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(1)

MASTER

LA COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA:

STRUMENTI PER L’AUTONOMIA

Direttore: Prof. ssa Elisabetta Genovese

27 marzo 2014

‘La CAA negli adulti con

multidisabilità’

(2)

‘Autismo e disabilità intellettiva nell’adulto.

Bisogni specifici e risvolti per gli interventi di Comunicazione Aumentativa Alternativa’

Dr. Michele Boschetto

Neuropsichiatra

Direttore Sanitario PAMAPI boscopt@tiscali.it

MASTER

LA COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA:

STRUMENTI PER L’AUTONOMIA Direttore: Prof. ssa Elisabetta Genovese

(3)

ringraziamenti

Michael Powers Giuseppe Cossu Marco Bertelli Ciro Ruggerini

Operatori e utenti Pamapi

(4)

1 – PREMESSA EPISTEMOLOGICA

2 – DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO.

LE MODIFICHE DEL DSM 5

3 – DISABILITA’ INTELLETTIVA E VULNERABILITA’

4 - AUTISMO E BISOGNI SPECIFICI

5

CAA IN AUTISMO E DI. ALCUNI PUNTI CHIAVE

6 – L’ESPERIENZA PAMAPI

(5)

1 - PREMESSA EPISTEMOLOGICA

EPISTEMOLOGIA - branca della filosofia che si occupa delle condizioni sotto le quali si può avere conoscenza scientifica

e dei metodi per raggiungere tale conoscenza

(6)

approccio innatista

il neonato è gia’ dotato di una ricca struttura rappresentazionale che gli consente di interpretare l’esperienza

• le conoscenze stanno nelle memoria – Platone

• i giudizi e le conoscenze sono a priori –

Kant

(7)

approccio empirista

Locke

• riafferma la priorita’ dell’esperienza, l’apprendimento avviene con l’esperienza

• la mente del neonato è una tabula rasa. Lo stato iniziale del processo di sviluppo è caratterizzato da una

mancanza totale di organizzazione mentale.

– Watson 1919 manifesto del comportamentismo - parte dal presupposto che ciascuno e’ tabula rasa e quindi plasmabile

– Skinner esprime il concetto che cio’ che interessa e’ solo cio’

che entra (stimolo) e cio’ che esce (risposta) senza occuparsi

di cio’ che avviene nella black box (Skinner box)

(8)

approccio razionalista Renè Descartes

• la ragione umana può essere fonte di ogni conoscenza

• gli esseri umani decifrano il comportamento degli altri in termini di stati mentali (intenzioni, credenze, desideri)

• rimanda ad un livello classificatorio, monadico

(9)

approccio costruttivista

Piaget

• L’esperienza è la causa principale dello sviluppo, ma ciò che si sviluppa non è una copia di quello che il bambino esperisce, ma la costruzione di una struttura cognitiva attraverso la quale il bambino può interpretare

l’esperienza.

• la nostra rappresentazione della realtà è il risultato

dell'attività costruttrice delle nostre strutture cognitive

• il bno si costruisce le conoscenze

attraverso processi, a partire da quello

che c’e’, inizialmente un repertorio di

pattern motori riflessi

(10)

approccio della fenomenologia

(Edmund Husserl 1859 - 1938)

• l’esperienza e’ intuitiva

• i fenomeni si presentano a noi in un riflesso

fenomenologico, ovvero sempre indissolubilmente

associati al nostro punto di vista

(11)

Merleau-Ponty

‘Fenomenologia della percezione’ 1945

– noi siamo i nostri corpi e la nostra esperienza vissuta di questo corpo

– nega la separazione dell’oggetto dal soggetto, della mente dal corpo

– il nostro e’ un ‘mondo interindividuale’

– la conoscenza e’ esperienza condivisa

– il senso del gesto non e’ dato ma viene compreso,

decifrato, catturato da un atto da parte di chi guarda

(12)

Un flash su

neuroscienze e

l’intersoggettività

(13)

I bambini tra i 12 e 21 giorni di età possono imitare sia mimica facciale che manuale

Imitation of Facial and Manual Gestures by Human Neonates.

AM Meltzoff, MK Moore. Science 7 October 1977

(14)

G. Rizzolatti,

L. Fogassi, V. Gallese

NEURONI MIRROR,

inizio anni ‘90 -

Serendipity

– nella corteccia premotoria di una scimmia lo stesso neurone scarica sia se la scimmia sta compiendo un’atto motorio, sia se la scimmia osserva un uomo che compie la stessa azione

(15)

NEURONI SPECCHIO

•meccanismo adattivo che ricostruisce il programma motorio di chi ci sta davanti

• permette di capire concretamente, ‘in modo incarnato’, le intenzioni dell’altro

• significato difensivo del poter anticipare

• base per l’apprendimento attraverso l’imitazione

• meccanismo biologico alla base del comportamento sociale

degli uomini (empatia)

(16)

• studi EMG: si attiva mm mimica analoga a quella cui si e’ esposti, anche per frazioni di tempo di 30 msec

– le reazioni emozionali possono essere evocate inconsapevolmente

– la mm mimica funge da feedback che fornisce un’informazione propiocettiva e influenza l’esperienza emozionale

Similar Facial Electromyographic Responses to Faces, Voices, and Body Expressions Magnee(2007)

• al tempo stesso l’esperienza empatica richiede un’esposizione per tempi molto piu’ lunghi

(17)

Wired to Be Social

: The Ontogeny of Human Interaction. U. Castiello, V. Gallese et al.. Public Library of Science One, Vol. 5 No. 10, October 7, 2010.

• studio di cinematica intrauterina in gemelli di 14 settimane che documenta la modulazione precocissima delle risposte motorie nell’interazione.

• I movimenti sono molto diversi se il feto tocca

la parete uterina (movimenti + ampi e bruschi) piuttosto che il fratello o se tocca se stesso

(movimenti + lenti e controllati)

inoltre tocca piu’ spesso il fratello di se’.

(18)

– impossibilita’ di conoscere l’altro come oggetto

esterno a noi

– dimensione imprescindibile dell’intersoggettivita’

– paradosso esistenziale fra

unicità e dualità

(19)

2 – DISTURBI DI SPETTRO AUTISTICO.

LA MODIFICHE DEL DSM 5.

FRA CATEGORIALE E DIMENSIONALE

(20)

Analisi clinica delle alterazioni del comportamento:

• approccio tassonomico - livello descrittivo

(cio’ che manca, cio’ che non funziona)

nella stessa diagnosi rientrano soggetti del tutto diversi

• approccio funzionalista –

(che cosa c’e’, come funziona),

base imprescindibile per un intervento

ICF (OMS 2001)

Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute in una prospettiva ecologica, legata ai sostegni.

La disabilità non è nella persona, ma nell’interazione persona- ambiente.

(21)

DSM

Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders

Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali è il sistema classificatorio dei disturbi mentali più utilizzato nel

mondo, sia nella clinica che nella ricerca.

• Redatto dall’APA - American Psychiatric Association

• La prima versione è del 1952

• DSM III – DSM IV (1980-1994) verso una maggiore riproducibilità della diagnosi

• DSM IV – DSM IV-TR (1994-2000) verso una maggiore validità delle categorie diagnostiche

• DSM IV –TR – DSM V (2000-2013) messa in discussione del modello

categoriale. Integrazione fra categorie e dimensioni

(22)

CAMBIAMENTI PRINCIPALI DEL DSM-5

• Superamento dell’assetto multiassiale

• Asse I diagnosi psichiatrica, Asse II RM o DP, Asse III condizioni mediche associate: codificando i disturbi in un’unica sezione

• Asse IV: specificando ‘compromissione significativa psicosociale e contestuale’

• Asse V: Valutazione Globale del Funzionamento – sostituita dalla World Health Organization's (WHO) Disability Assessment Schedule allegata alla sezione Assessment Measures

• Integrazione fra categorie e dimensioni

• Riconoscimento di livelli di gravità (es. DSA lieve, medio, grave, in funzione dei bisogni di supporto)

• Possibili diagnosi di co-occorrenza di categorie prima inconciliabili (es. DSA e ADHD)

• Superamento della categoria eterogenea di disturbi ‘originatisi

nell’infanzia’

(23)

1 – DISTURBI del NEUROSVILUPPO

INTELLECTUAL DISABILITY - Intellectual Developmental Disorder sostituisce Mental Retardation – i livelli di gravità sono definiti dal

Funzionamento Adattivo e non dal QI.

Per porre diagnosi è necessario un deficit del funzionamento adattivo

COMMUNICATION DISORDERS includono Disturbi di Linguaggio, Disfluenza e il Social Communication Disorder

AUTISM SPECTRUM DISORDERS(ASD) riunisce Asperger, PDD- nos, Disturbo disintegrativo dell’infanzia

ADHD – Disturbo di attenzione +/- iperattività

LEARNING DISORDERS Disturbi Specifici degli Apprendimenti

MOTOR DISORDERS includono la Disprassia Evolutiva, il Disturbo da

Movimenti Steretipici, i Disturbi da Tic

(24)

2 – DISTURBI dello SPETTRO SCHIZOFRENICO e altri disturbi PSICOTICI 3 – DISTURBO BIPOLARE E DISTURBI CORRELATI

4 – DISTURBI DEPRESSIVI 5 – DISTURBI D’ANSIA

6 – DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO E DISTURBI CORRELATI 7 – DISTURBI CORRELATI A TRAUMI E STRESS

8 – DISTURBI DISSOCIATIVI

9 – SINTOMI SOMATICI e DISTURBI CORRELATI

10 – DISTURBI NUTRIZIONALI e della CONDOTTA ALIMENTARE

(25)

11 – DISTURBI DI ELIMINAZIONE

12 – DISTURBI DEL RITMO SONNO-VEGLIA 13 – DISFUNZIONI SESSUALI

14 – DISFORIA DI GENERE

15 – DISTURBO DIROMPENTE, DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI, DELLA CONDOTTA 16 – DISTURBI DA USO DI SOSTANZE

17 – DISTURBI NEUROCOGNITIVI 18 – DISTURBI DI PERSONALITA’

19 – DISTURBI PARAFILICI

20 – ALTRI DISTURBI MENTALI

(26)

Disturbi di Spettro Autistico (DSA)

• Già da molto tempo autorevoli autori (Wing 1989, riprendendo Kanner 1973) hanno proposto il concetto di uno spettro di disturbi autistici, piuttosto che rigide

categorizzazioni di sindromi discrete.

• Le evidenze della clinica e della ricerca hanno fornito consistenza all’ipotesi che nell’ambito dei disturbi autistici ci sia un continuum - da lieve intensità e ridotta espressività, a piena espressività e forte intensità - nella gravità dei deficit

• Così nel DSM 5 viene introdotto il concetto di

spettro

:

– insieme di quadri che sono di volta in volta definiti da un’

associazione di sintomi che differiscono più per intensità che per natura

e si parla quindi non più di disturbi specifici ma di DSA (Disturbi di Spettro Autistico)

(27)

Disturbi di Spettro Autistico (DSA)

sono disturbi neuroevolutivi biologicamente determinati

che perdurano per tutto l’arco di vita,

caratterizzati da deficit nell’interazione sociale e nella comunicazione verbale e non verbale

e da una gamma ristretta e ripetitiva di comportamenti, attività, interessi.

• La gran parte delle persone con autismo ha anche diagnosi addizionali, soprattutto disabilità intellettiva (DI), ma anche altri disturbi psichiatrici.

• L’autismo non presenta prevalenze geografiche, etniche o sociali

• Colpisce i maschi in misura da 3 a 4 volte superiore rispetto alle femmine.

(28)

• Negli ultimi vent’anni la prevalenza dei DSA è aumentata, facendo anche parlare di ‘epidemia di autismo’.

• Tale incremento è probabilmente attribuibile ai cambiamenti negli strumenti diagnostici e alla migliore conoscenza dei DSA da parte dei professionisti.

• Attualmente le stime più attendibili riportano una prevalenza di – 1 caso per 1.000 - forme classiche di autismo

– 4-5 casi per 1.000 - disturbi dello spettro autistico – 1 a 88 considerando il fenotipo più ampio

• Considerando il fenotipo allargato, il

classico rapporto 3-4 a 1 fra maschi e femmine passa a 3 a 2, come se i disturbi

dell’interazione e della comunicazione

nelle femmine avessero un’espressività più lieve, basata sulla differenza di genere.

(29)

• I DSA potrebbero rappresentare la via finale comune di differenti situazioni patologiche con diversa eziologia.

• La ricerca si è orientata maggiormente a indagare il ruolo dei fattori genetici, al momento sono state identificate

malattie legate all’alterazione di un singolo gene come causa del 10-15% dei DSA.

• È riconosciuto un elevato tasso di ereditabilità e una significativa

concordanza nei gemelli monozigoti. I genitori di un bambino con autismo hanno il rischio di avere un altro bambino con autismo 20 volte più elevato rispetto alla popolazione generale.

• Da studi familiari emerge che in circa il 25% delle famiglie con una persona con autismo ci sono altri membri con autismo o tratti autistici subclinici

(30)

• La base genetica nei DSA evidenzia quindi una forte eterogeneità e

complessità, legata probabilmente a molteplici combinazioni di

differenti geni, i cui effetti non sono sempre uguali, talora in

sovrapposizione con altri disturbi evolutivi (ADHD, disturbi di

apprendimento, disturbi di coordinazione motoria, tic..)

(31)

i disturbi autistici sono life-long

• solo negli ultimi anni si è diffusa la consapevolezza che è necessaria una presa in carico che continui lungo tutto l’arco di vita, dall’infanzia all’età adulta e anziana.

• la diagnosi ‘autismo infantile’ sembra aver contribuito al misconoscimento del disturbo autistico anche nell’adulto: in molti servizi è ancora

imponente il crollo delle diagnosi di autismo dopo i 18 anni.

(32)

• Nel passaggio all’età adulta si è verificata in genere un’assimilazione delle persone con DSA alla condizione di disabilità intellettiva, disturbo

psicotico o di disturbi di personalità.

• Utilizzando strumenti diagnostici specifici, oltre un terzo dei soggetti con DI inseriti in strutture diurne e residenziali presenta DSA.

Tra questi, la percentuale sale al 48-59% per i soggetti con disabilità intellettiva più grave (Kraijer, Lassi e La Malfa, 2006).

(33)

• quanto più sono precoci la diagnosi e il trattamento, tanto più il quadro migliorerà, ma al momento la prognosi funzionale è assai severa, dato che

- oltre la metà delle persone con autismo divenute adulte rimane completamente dipendente

- solo il 5-15% acquisisce sufficienti capacità adattive sociali, occupazionali

(34)

• i principali fattori prognostici rispetto all’esito in età adulta sono:

– il livello intellettivo

– la presenza di linguaggio ai 5 anni – la presenza di epilessia

• la presenza di disabilità intellettiva (DI) è il fattore più rilevante

(35)

criteri diagnostici

DSM IV -TR- triade deficit dell’interazione sociale, della comunicazione e repertorio

ristretto di attività e interessi

• DSM 5 riunisce i deficit di comunicazione con i deficit sociali, dal momento che queste due aree si sovrappongono in maniera significativa: la comunicazione è utilizzata per scopi sociali, e i deficit di comunicazione possono influenzare notevolmente le prestazioni sociali.

• DSM 5 considera quindi solo due dimensioni:

i criteri relativi al disturbo dell’interazione sociale/comunicazione e quelli relativi al repertorio ristretto di comportamenti

(Ritual Repetitive Behaviour, o RRB).

(36)

1

deficit nell’interazione sociale e nella comunicazione

devono essere presenti deficit in:

reciprocità socio-emotiva

dalla totale mancanza di apertura all’interazione sociale, alle difficoltà nell’attenzione condivisa,

alla ridotta condivisione d’interessi ed emozioni,

a deficit più sfumati negli approcci sociali e negli scambi conversazionali;

comportamenti comunicativi non verbali

nell’interazione sociale

dalla totale mancanza totale di espressione facciale o gesti, alle anomalie di contatto oculare, del linguaggio del corpo, alle difficoltà nella comprensione di comunicazioni non verbali,

alle difficoltà d’integrazione fra comunicazione verbale e non verbale;

sviluppare e mantenere relazioni adeguate

al livello di sviluppo (al di là di quelle con i caregivers) –

dalle difficoltà di regolazione del comportamento alle difficoltà di condivisione, di gioco immaginativo

e nel fare amicizia per un’apparente assenza di interesse per le persone.

(37)

2

schemi ripetitivi di comportamento, interessi o attività

(RRB), presente quando si manifestano almeno due dei seguenti:

• linguaggio stereotipato o ripetitivo (ecolalia, frasi idiosincratiche) o uso stereotipato di oggetti;

• aderenza eccessiva alle routine,

schemi ritualizzati di comportamento verbale o non verbale, o eccessiva resistenza al cambiamento;

• interessi molto limitati, anomali per intensità o focalizzazione;

• iper o ipo-reattività agli stimoli sensoriali

o insolito interesse per gli aspetti sensoriali di un ambiente o difficoltà a integrare le informazioni sensoriali.

(38)

• Per porre diagnosi è necessario:

- che i sintomi siano presenti fin dalla prima infanzia,

anche se possono diventare pienamente manifesti quando le richieste sociali superano le risorse dell’individuo

- che i sintomi limitino e pregiudichino le normali attività

quotidiane

(39)

• RRB sono più comuni nel genere maschile

• un’elevata frequenza in un bambino sembra correlata in modo significativo con la comparsa di comportamenti-problema,

in particolare auto ed eteroaggressività.

(40)

Se sono presenti le difficoltà nella sfera interazioni sociali-comunicazione,

ma non è presente la ristrettezza a ripetitività del repertorio di comportamenti (RRB), il DSM 5 individua il

Disturbo della Comunicazione Sociale (SCD)

una compromissione della pragmatica della comunicazione verbale e non verbale negli usi sociali

che esclude il Disturbo di Spettro Autistico.

(41)

• DSM 5 introduce una valutazione

quantitativa

dell’espressività sintomatologica, in cui la gravità del disturbo è codificata in tre livelli di gravità,

definiti in funzione dell’assistenza necessaria, sulla base dell’interferenza con il funzionamento

(42)

ALCUNI RISCHI DELLE DIAGNOSI

• Soprattutto con diagnosi pesanti, come ‘autismo’ o ‘disabilità intellettiva’, oltre allo shock familiare, c’è il rischio di

• iperinvestimento

• rassegnazione

• creazione di aspettative stereotipate

• diagnosi-spiegazione di tutta la persona

• perdita del rispetto per l’individualità.

80% delle madri il cui figlio riceve diagnosi di autismo, entra in depressione.

Dopo 18 mesi, ancora il 40% rimane in depressione

(43)

Diagnosi categoriale come stigma sociale

(44)

• in una prospettiva categoriale si include/esclude da differenti categorie

diagnostiche sulla base di liste di sintomi, in un approccio del ‘tutto o niente’

• in una prospettiva dimensionale, ogni persona viene descritta tracciando il suo specifico profilo funzionale

• la nosografia categoriale, ha però un ruolo fondamentale nella ricerca scientifica:

– uniformare il linguaggio,

– ricerca delle cause dei disturbi

– verifica dell’efficacia dei vari interventi.

• Le diagnosi psichiatriche sono spesso poco valide ma utili

• Pur all’interno di un classificatore nosografico che mantiene un assetto categoriale

con il concetto di spettro autistico si assume una prospettiva

maggiormente dimensionale.

(45)

neurodiversità

(T. Armstrong)

• Enfatizza le dimensioni positive, la ricchezza delle

diversità, mostrando come persone con ADHD, dislessia,

disturbo bipolare, DSA hanno nei loro profili anche vantaggi evolutivi, che fatti emergere in un ambiente facilitante

possono consentire vite degne e ricche.

• Concetto che rilegge molti disturbi del

neurosviluppo come parte della naturale

diversità ed unicità del cervello umano,

piuttosto che come malattie

(46)

• si può quindi ipotizzare che i tratti genetici legati all’autismo potrebbero essere stati preservati dato che una loro espressione fenotipica lieve sarebbe di significato adattivo, mentre potrebbero comportare situazioni patologiche quando espressi in modo molto severo o in seguito all’interazione con altri fattori genetici o

ambientali.

• Negli ultimi anni diversi studi epidemiologici hanno mostrato che la distribuzione dei sintomi autistici nella popolazione generale corrisponde a un continuum e che lo spettro autistico

rappresenta la parte finale della distribuzione di tratti ereditari normalmente presenti

nella popolazione.

• Anche la Disabilità Intellettiva si può considerare la parte finale di un continuum rispetto alla

distribuzione nella popolazione generale

dei livelli di funzionamento cognitivo e adattivo.

(47)

• utilizzando la scala SRS, che quantifica i deficit di reciprocità comunicativa e sociale e le anomalie rispetto a comportamenti-interessi ristretti, si ottiene un indicatore quantitativo della gravità dei sintomi autistici.

• La distribuzione di tali deficit nella popolazione generale conferma che i Disturbi di Spettro Autistico possano essere considerati come la parte estrema della distribuzione normativa del comportamento di reciprocità sociale (e dei suoi tratti associati) che è presente in natura

(Constantino, 2011).

(48)

NEURODIVERSITA’

• rimanda a variazioni dell’assetto biologico

… e neurocontinuità

• in ottica dimensionale, rimanda alla continuità e contiguità dei tratti espressi in situazioni di patologia e di normalità

• hanno un valore culturale rispetto al concetto di sickness

(49)

3 – DISABILITA’ INTELLETTIVA

E VULNERABILITA’

(50)

WPA

Intellectual Disability

• ID condizione di salute (come la gravidanza, richiede attenzione sanitaria)

• ID meta-sindrome, con deficit nel funzionamento cognitivo che precedono l’acquisizione di competenze attraverso l’apprendimento

• ID condizione life-span, che richiede attenzione alle fasi di sviluppo e di transizione

• Anche nella ID l’apprendimento in condizioni ottimali può

proseguire per tutta la vita

(51)

• Ma ID condizione di VULNERABILITA’ sia fisica che

psichica, con bisogni di cura ancora non soddisfatti e con aumentato rischio di abuso ed abbandono

• 1/8 della popolazione ha un profilo cognitivo ai limiti, con punteggi di QI fra 70 e 85

• Anche se a parità di QI corrispondono profili del tutto diversi, in questa popolazione si rileva una significativa VULNERABILITA’, con maggior rischio di

• Disturbi di Personalità

• Disturbi da Abuso di Sostanze

• Ricorso agli psicofarmaci

• Ricorso al sistema Emergenza-Urgenza

• Non aumentato il tasso di terapie non farmacologiche

(52)

FATTORI DI VULNERABILITÀ PSICHICA DELLA PERSONA CON DI

•Danno cerebrale

•Disabilità fisica cronica

•Perdite ripetute

•Problemi di comunicazione

•Difficoltà di apprendimento e di coping

•Mancanza di relazioni soddisfacenti

•Mancanza di occupazioni e attività ricreative soddisfacenti

•Fallimenti ripetuti e rifiuti

•Eventi di vita avversi

•Mancanza di controllo su vicende e fatti personali

•Iperattività

•Bassa autostima

•Isolamento

•Dipendenza

•Aggressività ed altri comportamenti problema

Da M. Bertelli relazione STRESS e DI – ASIR Massa 2011 – mod.

(53)

AIRIM – Associazione Italiana per lo studio delle Disabilità Intellettive ed Evolutive

‘La persona con DI si trova di fronte alle stesse richieste evolutive dei suoi coetanei che non presentano questo tipo di condizione di vita: questa è

un’opportunità che non sempre viene vista o considerata come tale poiché spesso prevale l’ottica dell’assistenza oppure quella della

‘gestione del problema’, mentre forse potrebbe essere di maggiore utilità considerare le opportunità offerte dai passaggi all’interno delle richieste evolutive (…)

Diverso, profondamente diverso è il bisogno di sostegni, così come diverse sono le attese del mondo esterno…

ma non è diverso il bisogno esistenziale relativo alla

possibilità di riuscita ed autodeterminazione ’

(54)

DI e DSA

• La DI in una persona con DSA è in genere definita come una condizione di

comorbidità

”, quindi una condizione clinica associata ma implicitamente non correlata al DSA.

• Rimane in realtà aperta la questione se i deficit cognitivi siano secondari ai

deficit sociali e comunicativi, se sia vero il contrario o se si tratti di combinazioni delle due condizioni viste come indipendenti.

• Recenti ricerche suggeriscono invece

che il livello di DI possa conseguire alla gravità del DSA,

dato che i deficit socio-comunicativi

interferiscono necessariamente su tutte le altre competenze cognitive che si acquisiscono tramite le esperienze di interazione soggetto-ambiente.

(55)

DI e DSA

• la recente rinnovata sensibilità nel porre diagnosi

• e i criteri allargati al fenotipo più ampio

stanno modificando i dati precedenti, in cui veniva riportata una presenza di DI nel 70% delle persone con autismo.

attualmente, rispetto allo

spettro autistico, l’associazione fra DI e DSA

è crollata a valori anche del 30%.

(56)

4 – BISOGNI SPECIFICI

NELL’AUTISMO

(57)

• Le principali teorie neuropsicologiche si basano sulle evidenze che nelle persone con DSA sono presenti alcune carenze cognitive

geneticamente determinate.

Tali disturbi nella cognizione, intesa come capacità dell’individuo di adattarsi all’ambiente

e di organizzarlo secondo i propri bisogni sulla base delle conoscenze apprese,

avrebbero quindi un ruolo decisivo rispetto

alle difficoltà socio-comunicative e affettive, il cui sviluppo s’intreccia in un’interazione costante

con quello cognitivo e con le modalità di percepire ed elaborare le esperienze,

e di interpretare il mondo.

(58)

Le teorie neuropsicologiche più accreditate, probabilmente non alternative ma complementari, sono attualmente:

• il

Deficit nella Teoria della mente

(Baron-Cohen et al, 1985), che sottolinea la “cecità sociale” delle persone con autismo che avrebbero significative

difficoltà ad attribuire, a riconoscere e a comprendere gli stati mentali

(intenzioni, desideri, sentimenti, credenze, immaginazione) propri e altrui, con conseguente difficoltà a modulare il proprio comportamento in base a tali

informazioni;

il

Deficit di Coerenza Centrale

(Frith, Happè, 1994), in cui sarebbe carente la capacità di integrare le informazioni provenienti da differenti canali sensoriali, con il risultato di una percezione frammentata del mondo che rende molto

complessa la comprensione del significato di un’esperienza;

• il

Deficit nelle Funzioni Esecutive

(Ozonoff, 1995), controllate a livello del lobo frontale, che comporterebbe difficoltà nel controllo degli impulsi e

nell’inibizione delle risposte, nella pianificazione degli obiettivi, nel

monitoraggio dell’azione e nella flessibilità di pensiero e di azione. Tale teoria permette di comprendere perché persone con autismo hanno un comportamento spesso rigido, perseverante, con difficoltà a pianificare un’azione e soprattutto a mettere in gioco la necessaria flessibilità in caso d’imprevisti.

(59)

• Le persone con DSA hanno uno stile di apprendimento del tutto peculiare, che determina le loro difficoltà nell’intrepretare il mondo, nel comunicare e nell’entrare in relazione con gli altri.

Per comprendere meglio il funzionamento autistico e le modalità utilizzate per elaborare informazioni ed esperienze,

hanno un’importanza notevole i racconti in prima persona

di alcune persone con autismo che hanno permesso di far capire ‘da dentro’

alcuni meccanismi responsabili

di comportamenti apparentemente strani e misteriosi.

(60)

Pensare per dettagli

‘missing the forest for the trees’

• Iperfocalizzazione dell’attenzione su aspetti parcellari, spesso sensoriali di un’esperienza, perdendo di vista la situazione complessiva e il suo significato.

• Comporta una difficoltà nel riconoscere e integrare gli aspetti salienti di un’esperienza percettiva, cioè i più importanti rispetto all’attribuzione di significato.

• I bambini normotipici intuiscono da subito che il significato è più

importante della percezione in sé, nei bambini con autismo le percezioni sono dominanti e la ricostruzione del significato è un processo lungo, che passa dal riconoscere dettagli percettivi, inizialmente slegati.

(61)

Van Dalen, 1994

“Se, per esempio, mi trovo davanti a un martello, in prima istanza io non vedo affatto un martello, ma solo un certo numero di elementi non correlati: rilevo un pezzo di metallo squadrato e lì vicino, incidentalmente, una barra di legno”

Solo attraverso un ragionamento esplicito, i vari dettagli vengono integrati cercando di dar loro coerenza. A questo punto si accede alla parola, ma è necessario un ulteriore passaggio per riconoscerne la funzione.

“Percepire qualcosa significa per me costruire un oggetto facendo ragionamenti espliciti. In realtà, questo si dovrebbe fare in modo del tutto automatico,

inconsciamente e in rapida progressione. La sensibilità degli individui autistici per una parte piuttosto che per il tutto è universalmente nota ed è definita

iperselettività”

(62)

• L’elaborazione delle informazioni è più lenta, a seguito di uno stimolo è necessario concedere tempi lunghi nell’attesa della risposta, evitando di aggiungere altri stimoli che possano sovraccaricare o modificare il quadro richiedendo di dover ricominciare da capo il processo di attribuzione di significato.

• In persone a basso funzionamento cognitivo, il processo di attribuzione di significato è ancora più complesso e spesso impossibile.

- difficoltà nella comprensione sociale - difficoltà socio-comunicative

- comportamenti stereotipati con assorbimento in dettagli sensoriali.

In questa prospettiva, l’autismo è stato definito come un

disturbo del processo di attribuzione

di significato sociale.

(63)

Monotropismo

Mentre la gran parte delle persone utilizza tutti i sensi contemporaneamente, le persone con DSA tendono a funzionare in modalità mono, in cui tutta l’attenzione si concentra in un solo canale sensoriale per volta

può essere molto difficile, per esempio

– guardare una persona mentre si presta attenzione a ciò che dice,

– controllare i propri movimenti e la propria espressione mentre si parla,

– completare con coerenza un discorso mentre si presta attenzione agli altri aspetti del linguaggio (ritmo, intonazione, volume)

– ascoltare in presenza di odori forti

– seguire la lezione se si devono prendere appunti.

Assieme alla difficoltà nell’integrare differenti canali sensoriali si rileva la difficoltà a collegare idee e concetti, a generalizzare gli apprendimenti, a prevedere le conseguenze delle azioni.

(64)

• Il pensare per dettagli ed il monotropismo sono riconducibili alla teoria del Deficit di coerenza centrale e si riferiscono in origine a difficoltà nel sistema dell’attenzione, sia rispetto alla iperfocalizzazione sia alla

capacità di spostare adeguatamente l’attenzione in modo accurato.

• “Dovevo pensare sempre a una cosa sola per volta (…) Era sufficiente che qualcuno vicino a me tossisse perché perdessi parte del pensiero.

E se ne perdevo una parte, tutto crollava e

dovevo ricominciare dall’inizio”

(Gerland 1997)

(65)

Costruire nessi causa effetto

• A causa del predominio delle percezioni sul significato, spesso le persone con autismo costruiscono connessioni errate nello stabilire i nessi di causa effetto, producendo malintesi e associazioni con significati personali che non possono essere compresi dalle persone che non ne sono a conoscenza.

• “Mentre la madre dà un panino a Liesje,

dice al marito che è andata dal parrucchiere.

Liesje associa l’oggetto panino al suono parrucchiere.

Ogni volta che vuole un panino dice parrucchiere”

(De Clercq, 2005).

(66)

• Per evitare che stabiliscano connessioni errate, nel comunicare con una persona con autismo, è quindi molto importante mantenere una rigorosa sincronizzazione del linguaggio con ciò che sta

avvenendo.

• Nel tentativo di comprendere il mondo e dargli un senso, il rischio

di stabilire connessioni causa effetto errate non riguarda solo il

linguaggio, ma tutte le possibili esperienze e situazioni di vita.

(67)

difficoltà a generalizzare

• Mentre i bambini normotipici ipergeneralizzano, le persone con autismo hanno rilevanti difficoltà nel generalizzare.

• Le etichette verbali vengono associate agli oggetti sulla base di specifiche esperienze e di specifiche caratteristiche percettive.

“Thomas aveva diversi maglioni, ma solo per uno usava il termine maglione. Gli altri venivano chiamati pallino, omino, funghetto, scoiattolino, cagnolino,

fiorellino a seconda del disegno che avevano sopra. Non capiva che avrebbe potuto chiamare tutte queste cose maglione” (De Clercq 2005).

(68)

• La costruzione di categorie concettuali è un processo molto faticoso e complesso, proprio per tali difficoltà di generalizzazione.

“...il mio concetto di cani è inestricabilmente legato a ogni cane che ho

visto. È come se avessi un catalogo di tutti i cani che ho visto nella mia vita, completo di figure, che gradualmente aumenta di volume, man mano che aggiungo ulteriori esempi alla mia videoteca” (Grandin 2001).

(69)

• Le difficoltà di generalizzazione si presentano anche nel trasferire le esperienze apprese in contesti diversi da quello originale.

• Tali difficoltà rimandano a specifiche difficoltà nei processi di

astrazione, con la forte tendenza a stabilire associazioni concrete

fra gli aspetti percettivi di un’esperienza e l’etichetta nominale o

la categoria concettuale.

(70)

Essere pensatori visivi

• Molte persone con autismo sono sono pensatori visivi.

• Il linguaggio verbale è molto difficile da codificare poiché è molto veloce, astratto, estemporaneo, quindi difficile da ritenere, inoltre è spesso ridondante e

talora ambiguo o contraddittorio.

• L’utilizzo di canali visivi di comunicazione migliora la

capacità di ricevere in modo corretto le informazioni.

(71)

“Capii per la prima volta il significato delle parole quando le vidi stampate su carta. Prima erano solo rumori come gli altri”

(Joliffe, Lansdown e Robinson, 1992).

(72)

memoria e competenze visuospaziali

• Una parte delle persone con autismo ha una memoria straordinaria, visiva e/o verbale.

• Alcuni possono imparare a memoria, magari già dalla prima esposizione, interi libri, vocabolari o elenchi telefonici o ripetere perfettamente

discorsi ascoltati anni prima.

• Altri ricordano con grande precisione percorsi stradali anche complessi, compiuti una sola volta, a distanza di moltissimi anni.

Stephen Wiltshire

(73)

• Numerose persone con autismo hanno ottime competenze visuo-spaziali, come si evince dalla frequenza con cui si rilevano capacità eccezionali nella ricomposizione dei puzzles.

• Anche in questo caso le modalità di ricostruzione differiscono da quelle utilizzate da persone normotipiche: mentre queste ultime privilegiano la ricomposizione a partire dal significato, le persone con autismo utilizzano gli aspetti percettivi “per sé”, indipendentemente dal significato, tanto che alcuni possono ricomporre i puzzles anche voltati alla rovescia o girati al contrario.

(74)

• Secondo alcuni autori tali differenti modalità corrispondono all’utilizzo prevalente da parte delle persone con DSA

dell’emisfero destro, che è deputato alla sintesi percettiva, rispetto al sinistro che si occupa dell’analisi concettuale

(Gillberg e Peters, 2003).

• Al di là di poche brillanti situazioni,

poter rendere fruibili tali capacità “geniali”

si scontra con la difficoltà nell’attribuire la giusta importanza alle informazioni, nell’ambito della difficoltà a costruire un significato.

(75)

pensare in bianco e nero

• Le persone con autismo hanno molte difficoltà con le sfumature del linguaggio e tendono ad

attribuire un significato molto preciso, spesso concreto, alle parole e alle espressioni.

• Tendono all’interpretazione letterale, con disorientamento e malintesi – di fronte a metafore o espressioni figurate

– messaggi impliciti o ambigui

• menzogna

• ironia

• doppi sensi

• allusioni

(76)

• associazione rigida fra oggetto e semantica: le forbici sono sempre per tagliare, il bicchiere sempre per bere, indipendentemente da come sia l’atto motorio che viene osservato

• nella determinazione del significato, non considerano che questo può cambiare in funzione del contesto.

‘Quando qualcuno mi chiedeva – non vuoi un gelato? –, rispondevo – no –, pur volendo un gelato, perché pensavo che volessero sapere se ‘non’

volevo un gelato’

Sainsbury 2000

(77)

difficoltà nella comunicazione non verbale

• punto qualificante il funzionamento autistico.

• Ancor più del linguaggio verbale, tutte le informazioni fornite attraverso i canali non verbali

mimica, sguardo, postura, gesti, prossemica sono fondamentali nel veicolare

i contenuti comunicativi.

• Durante una conversazione

le difficoltà nella decodifica dei messaggi non verbali rendono particolarmente complesso

considerare se l’altro sta seguendo,

se è interessato o annoiato dal nostro discorso, rispettare la turnazione

o capire quando concludere

o piuttosto rilanciare lo scambio conversazionale.

(78)

le peculiari modalità di processare le informazioni , la difficoltà nel comprendere e utilizzare la comunicazione non verbale

le difficoltà nel formulare anticipazioni e nell’immaginazione sociale

sono responsabili delle notevoli difficoltà nella comprensione di situazioni sociali complesse

e comportano un’incapacità di cogliere intuitivamente le regole implicite delle interazioni sociali.

(79)

‘Il contatto oculare è difficile da sostenere perché è difficile capire se ne stai dando troppo o troppo poco...

quando stai parlando con qualcuno... ci si aspetta che tu guardi l’interlocutore, tenendo presente questi accorgimenti:

- guardare qualcuno per meno di un terzo del tempo può dare l’impressione che sei timido (se continui a tenere gli occhi bassi) oppure che non sei

sincero (se continui a guardare di lato);

- guardare qualcuno per tutto il tempo... può significare due cose:

o lo stai sfidando (sguardo aggressivo) o lo desideri (sguardo intimo):

le persone con autismo devono capire in modo scientifico

quello che le persone non autistiche capiscono in modo istintivo’

Guida alla sopravvivenza, Segar 1997

(80)

Difficolta’ con le emozioni

• spesso la vita di persone con DSA è condizionata dall’intensità e dalla scarsa capacità di gestire e modulare le proprie emozioni - crisi di angoscia per stimoli o situazioni apparentemente irrilevanti, permeabilità emotiva di alcuni, che fanno inconsapevolmente proprie le emozioni di un’altra persona -

• difficoltà nel comprenderle, e comunicarle

– sono gestalt percettive complesse e rapidamente mutevoli – non si possono rappresentare in modo univoco, o concreto.

– categoria concettuale altamente astratta,

• È quindi molto difficile che le persone con DSA imparino a riconoscerle, su di sé e sugli altri, riconducendole effettivamente agli stati d’animo

anziché trattarle solo in funzione di dettagli percettivi.

(81)

Alcuni bambini con autismo, nel vedere il genitore arrabbiato, con gli angoli della bocca rivolti verso il basso

potranno cercare di spostargli meccanicamente gli angoli della bocca verso l’alto

Inoltre le modalità per esprimere

differenti stati emotivi hanno forti tratti privatistici –

vs universalità dei normotipici

• ogni persona con DSA ha le sue specifiche modalità per esprimere le proprie emozioni, che possono essere comprese solo da chi li conosce molto bene e possono invece ingannare chi non ne conosca il significato.

(82)

studio fMRI su bambini che devono osservare e imitare emozioni

In entrambi i compiti i bni DSA

presentano minor attivazione del sistema frontale di MN (pars opercolaris, IFG)

e tale ipoattivazione

e’ strettamente correlata alla severita’ del disturbo secondo ADOS ed ADI

The mirror neuron system and the consequences of its dysfunction Iacoboni e Dapretto ‘06

(83)

sia nell’osservazione che nell’imitazione di emozioni, nei normotipi si attiva il

MNS frontale (pars opercolaris dell’IFG >dx) . nucleo striato, sistema limbico

- insula, amigdala – cervelletto

bambini con ASD non mostravano attivita’

nel MNS frontale (pars opercolaris dell’IFG),

inoltre ipoattivazione del sistema limbico:

l’imitazione di emozioni richiede maggior sforzo attentivo visivo e motorio, con incrementata attivita’

nelle aree di associazione visiva

LEGEND: Reliable activity during IMITATION of emotional expressions.

(a,b) Activity in bilateral pars opercularis (stronger in the right) of the inferior frontal gyrus is seen in the typically developing group (a) but not in the ASD group (b). A between-group comparison (c) revealed that this difference was significant (t > 1.83, P < 0.05, corrected for

multiple comparisons at the cluster level). RH, right hemisphere; LH, left hemisphere.

(84)

difficoltà nel processare informazioni emozionali e sociali

(Dawson ‘05)

• Alterazioni neurofunzionali in compiti di riconoscimento di volti

• Studi di eye-tracking (Dalton ‘05) Iperattivazione amigdala

durante fissazione occhi

(85)

difficoltà nelle funzioni esecutive

Le funzioni esecutive ci permettono di

– formulare obiettivi e piani per raggiugerli,

– ricordare gli obiettivi nel tempo, recuperando dalla MLT le informazioni significative,

– scegliere e iniziare azioni che ci aiutino a raggiungerli, – monitorare e aggiustare il nostro comportamento,

(flessibilita’) come necessario, finche’ li raggiungiamo o li falliamo

Aron, 2008

(86)

..flessibilità cognitiva

(87)

molti comportamenti dei soggetti autistici - rigidita’, perseverazione , flessibilità cognitiva - possono essere spiegati con deficit delle FE che causano difficoltà:

– in ogni tipo di problem solving, anche sociale es. comprensione di desideri, emozioni, intenzioni

– nella pianificazione di un compito che non sia abituale

– nel controllo inibitorio , certamente in gioco nei comportamenti ripetitivi, ecolalie o ecoprassie

– nella ridotta memoria di lavoro verbale, che rende difficile

manipolare mentalmente informazioni diverse in contemporanea, – e soprattutto nella flessibilità, cioè la capacità di modificare il

comportamento in funzione di differenti risposte provenienti

dall’ambiente o di imprevisti durante lo svolgimento del compito.

(88)

deficit nelle funzioni esecutive

riconducibili a disfunzione della corteccia prefrontale

.

FE CALDE

- nodo affettivo - legate all’elaborazione delle emozioni e al problem solving sociale.

corteccia orbitofrontale

in connessione con amigdala,nucleus accumbens, striato

- permette elaborazione automatica ed

emozionale degli stimoli,

- definendone la valenza emotiva (rinforzo o di punizione)

- organizzando risposte autonomiche

1) orbitofrontal cortex

2) lateral prefrontal cortex 3) ventromedial cortex

4) limbic system

(89)

porzione dorsolaterale

consente di manipolare informazioni verbali o visuospaziali

FE FREDDE

. nodo cognitivo regolatore.

Elaborazione cognitiva, controllata e cosciente delle informazioni, in causa nei problemi astratti

porzione inferiore

consente l’inibizione

della risposta comportamentale

giro frontale superiore

selezione e flessibilita’ del compito

task switching

(90)

La teoria delle funzioni esecutive individua nell’autismo un deficit cognitivo di natura generale,

non limitato all’elaborazione degli stimoli sociali (Teoria della Mente) – Praticamente tutti gli studi hanno trovato differenze significative tra i

soggetti autistici e i controlli in almeno una misura delle funzioni esecutive.

In particolare compromessa la memoria di lavoro verbale.

• WM entra in gioco da subito nelle funzioni esecutive:

– nel formulare piani ed obiettivi,

– nel recupero di informazioni rilevanti da memorie specifiche – nel ricordare nel tempo l’obiettivo

Prove ad elevato impegno WM DLPFC

(91)

IMPULSIVITA’

• comportamenti messi in atto rapidamente, con poca pianificazione e con

scarsa valutazione delle conseguenze

• difficolta’ di inibire risposte motorie

• difficolta’ di utilizzare informazioni disponibili per valutare le possibili conseguenze

• difficolta’differire una gratificazione immediata in favore di una

gratificazione maggiore ma temporalmente piu’ distante

(92)

Riposo:

– Nucleo pallido blocca efferenze talamiche

verso corteccia - non si attiva la corteccia motoria primaria

• Esecuzione di un’azione:

– efferenze corticali attivano lo striato che inibisce il blocco del pallido sul talamo

• Soppressione dell’azione:

– la corteccia prefrontale (supervisiore

dell’azione) attraverso nucleo subtalamico riattiva l’inibizione del pallido sul talamo si blocca l’azione

disturbi funzionali della corteccia prefrontale rendono molto difficile interrompere un’azione iniziata: ripetitivita’, sterotipie

(93)

Norman e Shallice ‘00 propongono 5 condizioni in cui un comportamento routinario non e’ sufficiente per una buona performance:

1 - pianificazione e decision making

2 - correzione e risoluzione di problemi

3 - situazioni in cui le risposte non sono

automatizzate o in cui sono richieste nuove sequenze di azioni

4 - situazioni pericolose o tecnicamente difficili

5 - situazioni che richiedono l’utilizzo di uno sforzo mentale intenso, anche abituale, o il resistere a tentazioni.

(94)

• Da quanto detto, il vissuto di un mondo caotico, incomprensibile, governato da regole misteriose, e ben si evince che le persone con autismo

– hanno spesso un intenso bisogno di prevedibilità,

– ricercano fortemente un controllo sul mondo oggettuale

– mostrano resistenza ai cambiamenti.

Si comprende così anche come i loro apprendimenti siano facilitati

all’interno di routine, con l’aiuto di una chiara strutturazione del compito che sostenga le carenze nelle funzioni esecutive.

(95)

impalcatura neurale delle intenzioni

– Movimento - spostamento di un segmento nello spazio (Comparetti)

– Atto motorio - sequenza ordinata di singoli movimenti (es. grasping)

– Azione - e’ l’atto motorio con uno scopo

Un persona con autismo puo’ avere capacita’ di movimento straordinaria,

ma le sue azioni sono magari molto deficitarie

(96)

gli atti motori sono guidati dallo scopo dell’azione

Viene proposta a una scimmia

– una nocciolina, che prende e mangia o

– un oggetto non commestibile, che ha imparato a mettere in un altro contenitore.

La prima parte dell’azione e’ uguale, ma se lo scopo dell’azione e’ diverso

(mangiare vs buttare via),

gia’ la programmazione del primo movimento sara’ guidato da neuroni diversi.

(Fogassi, 2009)

– studio sulla prensione di noccioline da parte di scimmie con l’utilizzo di pinze normali e di pinze invertite, che richiedono un movimento opposto

– anche se i movimenti sono opposti in entrambi i casi scarica lo stesso neurone: lo scopo dell’atto motorio e’ lo stesso

(97)

LA PERCEZIONE VISIVA E’ RICOSTRUZIONE lo stimolo visivo, dalle aree occipitali:

• 1 VIA DORSALE, del DOVE a livello parietale (permette la trasformazione visuomotoria:

una tazza con una certa forma rende possibili alcuni programmi motori potenziali)

• 2 VIA VENTRALE, del COSA a livello temporale (attiva la memoria semantica)

TRASFORMAZIONI VISUO/MOTORIE

• nel vedere un oggetto (es una tazza) oltre ad essere decifrato come oggetto

conosciuto, viene frammentato in tutte le porzioni visive che permettono un’azione sull’oggetto (es. manico, bordo, base) a livello parietale posteriore.

• La regione parietale informa le aree premotorie su tutte le possibilita’ di movimento sull’oggetto.

• C’e’ costantemente una cascata di programmi motori potenziali, la grandissima parte dei quali non viene agito. Si tratta di un circuito automatico.

(98)

• lo SCOPO dell’azione governa in modo sovraordinato la neuroanatomia funzionale del movimento

• l’informazione visiva

(trasformazioni visuomotorie)

attiva una quantita’ di SCHEMI MOTORI POTENZIALI

ed un malfunzionamento a livello frontale

puo’ non permettere di inibirli

- perseveranza,

dipendenza dal campo -

(99)

5 CAA IN AUTISMO E DI.

ALCUNI PUNTI CHIAVE

(100)

1 - Sostenere la comunicazione e l’interazione

Tutte le persone, indipendentemente dalla portata o della gravità del loro handicap, hanno il diritto fondamentale di influenzare, attraverso la

comunicazione, le condizioni della propria esistenza… La comunicazione è, quindi, sia una necessità fondamentale sia un diritto fondamentale di tutti gli esseri umani”.

Linee guida per soddisfare le esigenze di comunicazione delle persone con gravi disabilità - Comitato misto nazionale per le esigenze di comunicazione delle persone con gravi disabilità

• Il nucleo del disturbo autistico, anche in persone con disabilità intellettiva importante, è costituito dalle difficoltà nella comunicazione e nelle

competenze sociali. In queste aree il profilo funzionale risulta

significativamente inferiore rispetto a quello delle altre, quali per esempio le competenze motorie o le autonomie di vita quotidiana.

(101)

• Circa la metà delle persone con autismo, soprattutto in associazione a disabilità intellettiva, non acquisiscono un linguaggio verbale funzionale.

• In molti di loro manca l’esperienza che il linguaggio, o più in generale la comunicazione, hanno il potere di incidere sul mondo.

• Anche persone ad alto funzionamento, con un vocabolario ricco e forbito, possono in realtà essere scarsamente consapevoli della differenza fra il parlare e il comunicare.

• Prima ancora che insegnare una modalità di comunicazione, diviene essenziale far sperimentare

il potere della comunicazione

(102)

• L’incapacità di comunicare fa sperimentare una condizione d’impotenza nell’autodeterminarsi, concorre al mantenimento dei deficit di

“propositività” nell’iniziativa comunicativa e interattiva e può far sì che il contenuto comunicativo venga espresso con comportamenti problematici.

Il comportamento è comunicazione

• alcuni studi hanno documentato una relazione inversa fra competenze di comunicazione e comparsa di comportamenti-problema, soprattutto

condotte auto-eteroaggressive e distruttività.

• è ormai chiaro che la gestione farmacologica dei comportamenti problema è risposta quantomeno parziale, spesso inefficace e inappropriata

(103)

• le capacità visuo-spaziali sono punto di forza di molte persone con autismo

che beneficiano di una organizzazione dell’informazione in formati visivi, sia rispetto ai bisogni di prevedibilità e comprensione

che di compiere scelte ed autodeterminazione.

(104)

Le informazioni verbali sono ASTRATTE, INVISIBILI, TEMPORANEE

• La persona con autismo e DI spesso non riesce ad utilizzarle rispetto ai propri bisogni di prevedibilità,

e in generale di comprensione del mondo.

la comprensione quindi deve essere sostenuta ed anticipata.

• Le informazioni visive costituiscono un sistema di comunicazione

CONCRETO, VISIBILE, PERMANENTE

• La comunicazione con immagini non si sostituisce, ma piuttosto sostiene i residui di comunicazione verbale funzionale.

• L’immagine è un MEZZO COMUNICATIVO UNIVERSALE

(105)

gli interventi di CAA dovrebbero essere estremamente personalizzati:

• sia rispetto all’individuazione delle specifiche

contingenze motivazionali efficaci per quella persona

• che rispetto alla scelta delle immagini da utilizzare –

qual’è l’immagine, o il

dettaglio significativo per

quella persona rispetto al

target comunicativo?

(106)

2 - Sostenere l’autodeterminazione - Educare alla scelta

- Rilevare la soddisfazione nelle attività

(107)

3 - Educare agli imprevisti, verso la flessibilità

• la capacità di interpretare tutti i segnali, legati al contesto, oppure verbali e non verbali, e di integrarli in un quadro d’insieme, permette di sviluppare un pensiero anticipatorio, sia rispetto al comportamento dell’altro sia alla pianificazione del proprio comportamento.

• Nello sviluppo tipico compare a partire dai 3 anni, in ottica evolutiva ha un significato fortemente adattivo.

• Nel funzionamento autistico, è caratteristico il deficit dell’

immaginazione

sociale

, cioè della capacità di pensare e anticipare le conseguenze di un’azione su di sé e sugli altri.

(108)

• difficoltà connesse alla percezione del tempo, che possono andare da una percezione letterale - arrivo fra 5 minuti - alla completa incapacità di

rappresentarsi lo scorrere del tempo e quindi vivere la durata, o l’attesa, come qualcosa di angosciante perché non rappresentabile, imprevedibile.

• difficoltà nella temporizzazione delle scansioni (e transizioni) e la sincronizzazione nelle interazioni e nelle conversazioni.

• Queste difficoltà, assieme al peculiare stile di apprendimento e alle difficoltà nelle funzioni esecutive che abbiamo visto in precedenza, porta a vivere

un caos totale nella percezione del mondo.

• si può comprendere la forte necessità di ambienti familiari e di prevedibilità, l’attaccamento alle routine e spesso la ridotta tolleranza dell’imprevisto.

(109)

• il tema continuità-variazione (routine-cambiamento) ha un valore universale.

• Da una parte è funzionale e necessaria un’organizzazione degli ambienti che permetta una buona prevedibilità rispetto a ciò che succederà –

agende visive con le attività, setting strutturati di apprendimento che

forniscono concretamente informazioni chiare sul compito da svolgere e sulla sua conclusione (es.: secondo il metodo TEACCH) che facilitano l’acquisizione di autonomie,

ma, la vita, soprattutto nelle interazioni, è flusso continuo di cambiamento,

• è altrettanto importante educare gradualmente

alla flessibilità, magari puntando a far

sperimentare il piacere della sorpresa di fronte a qualcosa che non era atteso.

(110)

A fronte delle difficoltà delle persone con DSA a fronteggiare gli imprevisti e della tanto sottolineata rigidità aspettative e nel comportamento, è senz’altro

incoraggiante l’evidenza consolidata che le esperienze di vacanze risultino in genere molto positive pur in contesti in cui ci sono novità e si cambiano abitudini e

routine.

(111)

4 - Rispettare le peculiarità sensoriali

• Le anomalie nella percezione degli input sensoriali, nel senso di aumentata o ridotta sensibilità,

sono molto comuni e spesso sottostimate nelle persone con DSA

• Leekam e Gould (2007) hanno riscontrato peculiarità nelle percezioni sensoriali in oltre il 90% dei bambini con DSA, spesso relative a due o tre domini sensoriali, senza alcuna relazione con l’età o il livello cognitivo.

• In uno studio di follow up, However e Gillberg (2007) hanno rilevato che le difficoltà rispetto agli stimoli sensoriali rappresentavano il sintomo più invalidante in età molto precoce, e inoltre che più del 95% delle persone che presentano tali difficoltà nell’infanzia, continuano a mantenerle anche all’età di trent’anni.

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