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1 I fratelli Cuordileone: analisi di un testo “scomodo” Donatella Lombello Soffiato• È rappresentato dalla prospettiva della morte il motivo d’avvio nel romanzo di Astrid Lindgren I Fratelli Cuordileone

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I fratelli Cuordileone: analisi di un testo “scomodo”

Donatella Lombello Soffiato•

È rappresentato dalla prospettiva della morte il motivo d’avvio nel romanzo di Astrid Lindgren I Fratelli Cuordileone1: la dolorosa consapevolezza dell’imminente drammatica esperienza della propria fine terrena affligge il piccolo malato «Briciola»-Karl Leone, involontario uditore della tragica verità che lo riguarda, carpita occasionalmente in una frase di un discorso tra adulti.

Ma proprio sulla luttuosa imminenza che l’ incipit, intriso di cupo realismo, ci fa intravedere 2, la Lindgren intesse invece una gratificante e appassionante storia fantastica, nella quale l’oppressione della malattia e il paventato trauma del distacco e del trapasso trovano repentino riscatto: trionfa, infatti, con levità di scrittura, l’affrancamento dai limiti imposti dalla caducità terrena3, finitudine trasfigurata in una vita «altra», in cui la felicità del ricongiungimento dei due fratelli e della salute recuperata da parte di «Briciola» è fatta agire in un nuovo orientamento della trama, costellata di avventure, ambientate in una immaginifica cosmogonia da autentico romance.

È infatti Nangijala il luogo edenico in cui il decenne Karl e il tredicenne Jonatan Leone- ossia i due fratelli ribattezzati poi Cuordileone per le loro imprese eroiche- vivranno la loro nuova vita, nella pienezza del godimento estetico dei luoghi4 e nell’appagante reciprocità dell’intenso amore fraterno5.

• Il presente saggio, con alcune modifiche, è stato pubblicato in: Blezza Picherle S. (a cura di), Rileggendo Astrid Lindgren. Percorsi critici e itinerari interpretativi, Tirrenia (Pisa), Edizioni Del Cerro, 2008, pp.232-247.

1 A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, ill. di I.Wikland, trad. di F.Onesti, Milano, Salani, 2006. Del romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1973 per i tipi dalla casa editrice svedese Raben & Sjögren, si presentano di seguito le sintetiche linee della trama. Il piccolo Karl Leone, gravemente ammalato, viene casualmente a sapere che dovrà presto morire. Il tredicenne fratello maggiore Jonatan - il forte, bello, grandemente ammirato-, rassicura il decenne fratello minore, che affettuosamente ha denominato “Briciola”, circa il luogo meraviglioso che lo attende e presso il quale, in futuro, i due fratelli potranno vivere insieme molte avventure: Nangijala. A morire per primo sarà tuttavia Jonatan, che perderà la propria vita per salvare il fratellino durante un incendio scoppiato nell’angusta abitazione: eroica azione da cui avrà origine la trasformazione del cognome da Leone in Cuordileone. Briciola, triste e sconsolato, vive tuttavia nella certezza di poter incontrare Jonatan nel luogo edenico di Nangijala. Così avverrà: i due fratelli saranno protagonisti di una nuova vita, che gioiosamente trascorrerà tra appassionanti gare di pesca nel fiume, lunghe cavalcate e ameni intrattenimenti serali con la gente della Valle dei Ciliegi. L’armonia della valle è tuttavia offuscata dalla incombente prepotenza di Tengil, un tiranno “crudele come un serpente” (p.51), che ha già conquistato e sottomesso la vicina Valle delle Rose, e che minaccia la conquista anche della Valle dei Ciliegi, comandando il tremendo drago Katla. A causa della presenza di un traditore, sembrano essere vane le iniziative per sconfiggere il terribile tiranno, il «nemico» per antonomasia delle paciose valli di Nangijala. Jonatan è già attivamente coinvolto, insieme con Sofia ed altri fidati abitanti del luogo, nella lotta clandestina, volta a liberare Orvar, un valoroso compagno fatto prigioniero e destinato all’atroce morte tra le fauci del mostro Katla. Anche Karl Cuordileone riesce a coinvolgersi in questa

“missione”, proprio per non essere un verme (p.58) e superare la propria innata paura («un bambino pauroso come me….», p.71), divenendo egli determinante nella scoperta dell’identità del traditore (p.194) e collaborando al salvataggio di Orvar. Allo scontro finale, che porterà alla vittoria contro il tiranno e il mostro, seguirà tuttavia l’insorgere di un problema nuovo: la mortale malattia di Jonatan, contratta dal contatto col fuoco del drago. Karl- Briciola Cuordileone dimostrerà qui tutto il proprio coraggio nell’aiutare il fratello a raggiungere la luce e la felicità perfetta di Nangilima, in cui entrambi potranno condividere il tempo infinito «delle leggende e delle saghe» (p.213).

2 «Jonatan sapeva che sarei morto presto. Credo che lo sapessero tutti, tranne me», ivi, p.7.

3 «E allora mi venne in mente all’improvviso una cosa. “Jonatan, te ne sei accorto?”, chiesi. “Non ho più la tosse”. “Sì, certo, non hai più la tosse”, disse Jonatan. “Sei a Nangijala, adesso”[…] e così potei accorgermi di quello che era successo. Credetelo o no, ma le mie gambe erano assolutamente diritte come quelle di Jonatan. E subito pensai che forse ero diventato anche più bello» (ivi, pp. 23-24).

4 «Tutto intorno alla Valle dei Ciliegi sorgevano alte montagne e anche questo era stupendo. Giù dalle montagne torrenti, ruscelli e cascate scendevano verso la valle, e se ne udiva il mormorio, perché era primavera. Anche l’aria aveva qualcosa di speciale: veniva voglia di berla, tanto era pura e trasparente. […] Il sentiero era bianco di

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Nangijala è il posto meraviglioso che Jonatan aveva già descritto (repentinamente inventato?) con abbondanza di particolari a Karl-Briciola, spaventato all’idea della propria imminente tragica sorte. Al contrario, l’evocazione di quel luogo di serena delizia fa vincere la disperazione al piccolo Briciola, rassicurato su un possibile spazio-tempo da continuare a condividere col fratello maggiore ( che assume dunque il ruolo del suo doppio potenziato, in quanto più bello, più forte, più coraggioso: per Karl vero “modello di perfezione”6) , oltre la finitudine terrena 7.

La trama del romanzo si snoda tuttavia attraverso colpi di scena, che conferiscono alla narrazione quella prospettiva verticale, volta a meravigliare con la ricerca continua del sensazionale8, che si annuncia fin dalle prime pagine.

Si ribalta infatti la situazione iniziale, poiché sarà Jonatan a morire prima di Briciola, e proprio per salvare il fratello minore dall’incendio sprigionato dalla stufa nel misero appartamentino in cui abitano con la madre.

Karl-Briciola, l’io narrante, nella breve mora della propria sopravvivenza a Jonatan, si definisce «spaventato, infelice, disperato, sconvolto all’estremo»9, e perfino dubbioso sulla effettiva esistenza di Nangijala10.

Il senso di abbandono, l’ansietà e la desolazione, -che fanno sprofondare il piccolo protagonista nella dimensione del dolore inconsolabile per il recente lutto-abbandono, confermandolo nella minaccia di una ancor più amplificata difficoltà del proprio vivere-, concorrono a definire quel tema della discesa11, in cui l’identità del nostro eroe12 subisce

fiori di ciliegio caduti e i petali bianchi, volteggiando leggeri, si posavano su di noi, si fermavano sui nostri capelli e un po’ dovunque. Mi piacciono i piccolo sentieri verdi, coperti di fiori di ciliegio» (ivi, pp.26-27).

5 «Alla fine del sentiero apparve la Casa dei Cavalieri con la targa verde sul cancello. “ Fratelli Cuordileone” lessi ad alta voce per Jonatan. “Abiteremo proprio qui!”. “Proprio qui, Briciola” disse Jonatan. “Non è magnifico?”.

Certo che era magnifico: non avrei potuto sognare un posto più bello » (ivi, p.27).

6 «Era buffo, Jonatan. Malgrado facesse tutte le cose molto meglio di me, non sembrava accorgersene. Non se ne vantava mai e faceva tutto con naturalezze. Penso perfino che a volte avrebbe preferito che fossi più bravo di lui».

(ivi, p.39).

7«E cominciò a parlarmi di Nangijala in un modo che quasi veniva voglia di volarci immediatamente. “Là è ancora tutto come al tempo delle leggende e delle saghe” disse. “Ti piacerà”. […] “ Sai, Briciola” disse, “sarà ben diverso che starsene qui a letto malato, a tossire, senza poter mai giocare” […] » (ivi, pp.8- 9).

8 Scrive infatti Northrop Frye, il critico letterario canadese, già rettore dell’Università di Toronto, pastore metodista della Chiesa Unita del Canada, scomparso nel 1991: «Il romance presenta una prospettiva verticale che il realismo, lasciato a se stesso, troverebbe assai difficile ottenere. Il realista, con il suo senso della continuità logica e orizzontale, ci conduce alla fine della sua storia; lo scrittore di romance , arrampicandosi su una serie di episodi sconnessi, sembra tentare di farci raggiungere la cima di essi». Si veda N.Frye, La scrittura secolare.

Studio sulla struttura del «romance», Bologna, Il Mulino, 1976, p.61.

9 A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., p.18.

10 «Cominciavo a pensare: “ Se non fosse vera la storia di Nagijala! Se fosse soltanto una delle belle storie che Jonatan inventava!”. Non facevo che piangere, continuamente» (ibidem).

11 Ciò secondo la suggestiva interpretazione simbolico- archetipica del romance propostaci da Northrop Frye, il quale precisa: «Sin dagli inizi l’immaginazione poetica ha abitato una terra intermedia. Sopra vi è il cielo con tutto ciò che rivela e nasconde: sotto vi è un luogo misterioso di nascita e di morte da dove animali e piante procedono, e al quale fanno ritorno. In letteratura vi sono perciò quattro movimenti primari. Questi sono, primo:

la discesa da un mondo superiore; secondo: la discesa a un mondo inferiore; terzo: l’ascesa da un mondo inferiore; e quarto l’ascesa a un mondo superiore. In letteratura tutte le storie sono complicazioni, ovvero derivazioni metaforiche, da questi quattro radicali narrativi» (N.Frye, La scrittura secolare, op.cit., p.101). E ancora: «Esplicitamente per i primi diciotto secoli dell’era cristiana, e implicitamente dopo e molto prima di essa, questi moduli di ascesa e discesa vennero diffusi su un universo mitologico consistente di quattro livelli: due sopra al nostro e due sotto di esso. Il livello superiore è il cielo, il luogo della presenza di Dio: questo luogo è in senso stretto al di là dello spazio, ma può essere simboleggiato, come nel Paradiso di Dante, dalla metafora spaziale del cielo nel senso del cielo, il mondo del sole, della luna e delle stelle. Il mondo sopra la luna è tradizionalmente ritenuto come il mondo che ha evitato la caduta, ed è di conseguenza quanto è rimasto dell’ordine della natura come fu fatto in origine da Dio. Il secondo livello è il paradiso terrestre o Giardino dell’Eden, dove l’uomo è vissuto prima della caduta. Le associazioni della parola “caduta” suggeriscono che l’Eden deve essere ritenuto il punto più alto del mondo, come lo è geograficamente in Dante. Il terzo livello è il mondo dell’esperienza in cui ora viviamo. Gli animali e le piante sembra siano ben adattati a questo mondo, ma l’uomo, quantunque nato in esso, non è di questo mondo: la sua dimora naturale è il secondo livello, ove Dio

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dei cambiamenti caratterizzati da «perdita personale» e da «confusione»13, da restrizione del raggio d’azione14.

Un elemento tuttavia interviene a fornirci un segnale di cambiamento: il concretizzarsi, davanti agli occhi di Karl, di quella «colomba bianca come la neve», che gli appare improvvisamente sul davanzale della finestra, e che è figura presente in altri momenti della narrazione come un annuncio puntuale di prossima liberazione-libertà: promessa intravista di una realtà attuabile.

Evoca la colomba bianca come la neve la canzone del marinaio trattenuto in mare, che la mamma dei due fratelli Leone canta la notte, nella propria camera da letto, mentre alacremente lavora alla macchina da cucire, pensando al marito lontano: trova conforto nella melodia, idealmente ricongiungendosi col suo amore, cercando di liberarsi dal senso di solitudine coniugale 15.

Simbolicamente la colomba rappresenta la purezza e la semplicità, ma anche, come altri animali alati, «la sublimazione degli istinti e il predominio dello spirito»16; le sue ali rappresentano, ancora, la pace e la concordia ristabilite17, ma anche il distacco da tutto ciò che è terreno18.

Le ali della colomba costituiscono, nel romance, un preludio ai temi dell’ascesa a un mondo superiore: esse, nella narrazione della Lindgren , rappresentano un motivo ricorrente, nei diversi significati simbolici attribuibili alla piccola bianca messaggera piumata.

E, in effetti, il tubare della colomba alla finestra è colto da Karl come il richiamo del fratello19, come il presentimento della propria ricongiunzione prossima con lui a Nangijala 20, luogo della cui esistenza non nutre ormai più alcun dubbio21.

Il tema dell’ascesa è proletticamente annunciato, da parte di Karl, attraverso un «atto di distacco conscio» 22 dal mondo ordinario, esplicitato in quella sua espressione «presto prestissimo volerò a Nangijala». È l’amore a sollecitare temi dell’ascesa 23: in questo caso è l’amore fraterno a trasformare la paura del trapasso, e a sollecitare la «risposta» del fratello

aveva destinato che dovesse vivere. Il quarto livello è il mondo demoniaco o inferno, nella cristianità non fa parte dell’ordine della natura ma di una crescita autonoma, di solito situata sotto terra » (ivi, pp.101-102).

12 Eroe in senso narratologico.

13N.Frye, La scrittura secolare, op.cit., p.108.

14 «Passavo le giornate nel mio divano a pensare a Jonatan fino a farmi scoppiare la testa, e nessuno può avere sentito una mancanza come io sentivo quella di Jonatan » (A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., p.17).

15Recita la canzone: «Se dal mare una colomba bianca come la neve/ sulla finestra si poserà, piano./Alla finestra corri subito, amore/là c’è il mio cuore/per riposare ancora/tra le tue braccia, amore/» (A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., p.13).

16 Si veda J.Chevalier, A.Gheerbrant, Dizionario dei simboli. Miti sogni costumi gesti forme figure colori numeri, Milano, Rizzoli, 1987, p. 295, ad vocem.

17 Il curatore della voce colomba, Pierre Grisou, specialista delle culture dell’Estremo Oriente, fa infatti riferimento all’episodio dell’arca di Noè, della colomba che reca nel becco il ramoscello d’ulivo, indice di riconciliazione dopo il diluvio universale, (ivi, p.295).

18 Ivi, p.296, ad vocem.

19 «Restai lì ad ascoltare la colomba che tubava e, in mezzo a quel suono, sentii la voce di Jonatan. Ma non era la sua solita voce. Piuttosto una specie di mormorio che si diffondeva per tutta la cucina. Come in una storia di fantasmi e forse mi sarei dovuto spaventare. E invece no. Ero così felice, così felice, da saltare fino al soffitto.

Perché quello che udivo era meraviglioso.» ( A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., pp.19-20).

20 «Sono due mesi ormai che Jonatan abita là da solo. Da due lunghi, orribili mesi, io vivo senza di lui. Ma ora me ne andrò presto anch’io, a Nangijala. Presto, prestissimo volerò là. Mi sembra quasi che debba succedere stanotte.

Voglio scrivere un biglietto e metterlo sul tavolo della cucina, così la mamma lo troverà domani, quando si sveglia. Scriverò così: “Non piangere, mamma! Arrivederci a Nangijala!” » ( ivi, p.21).

21 «Sì, era proprio vera: tutta la storia di Nangijala era vera! […] Pensate, era appena arrivato e già c’era una casa ad aspettarlo! Una casa tutta per lui, a Nangijala. È un vecchio casale di campagna , mi ha detto, che si chiama Casa dei cavalieri e si trova nella Valle di Ciliegi. Fantastico, no? E, pensate,la prima cosa che vide quando arrivò nella casa dei cavalieri fu una piccola targa verde sul cancello, e sulla targa era dipinto: ‘Fratelli Cuordileone’

[…] Così, anch’io mi chiamerò Cuordileone quando arriverò a nangijala. Sono contento, perché desidero chiamarmi come Jonatan, anche se non sono coraggioso come lui.» (ivi, p.20).

22 N.Frye, La scrittura secolare, op.cit., p.139.

23 «Il grande prototipo di questo tema è il Purgatorio di Dante, ove Dante è ispirato dal suo amore per Beatrice a scalare una montagna che lo porta al Giardino dell’Eden» (ivi, p.153).

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minore al richiamo fraterno della bianca colomba, nel convincimento maturato che l’esperienza prossima sia di morte-e-rinascita.

Analetticamente, una volta arrivato a Nangijala, Karl, vedendo i bianchi colombi di Sofia, intuisce come di quelle ali si sia avvalso Jonatan per «apparirgli» sul davanzale della finestra24. I colombi bianchi come la neve assumono il senso simbolico del ripristino della concordia e della pace, di cui sopra si è detto, allorché si legano, appunto, al personaggio della coraggiosa Sofia, che a Nangijala, infatti, li alleva, quali messaggeri insospettabili della lotta clandestina contro il terribile tiranno Tengil, che sta per conquistare la Valle dei Ciliegi 25.

Nel passaggio al mondo superiore-edenico di Nangijala, l’identità dell’eroe, come dice Frye,

«aumenta»26: la funzionalità e l’efficienza fisica, finanche l’armonia estetica di Karl, trovano qui, infatti, piena manifestazione, cessando per il bambino ogni dolore fisico, la tosse, l’inabilità motoria: divengono anzi capacità «innate» il saper nuotare, il saper cavalcare27, così come l’integrarsi in un ambiente naturale accogliente e dal sicuro rigoglio 28.

Tuttavia è la ricerca della propria profonda autentica perfezione morale-spirituale a costituire la quest per Karl, una volta arrivato in quel mondo ultraterreno: ogni sua azione muove alla ricerca di crescita, consapevolezza, auto superamento: muove verso il raggiungimento di quell’autoagnizione finale, in cui il debole-pauroso-fragile Briciola29 «trova e diviene il suo vero io»30, costituito di quel coraggio31 che ha sempre ammirato nel fratello e che ha sempre cercato di possedere32.

È nel viaggio, spazio dei pericoli, delle prove, delle peripezie, ma anche spazio psicologico di confronto coi propri limiti, che Karl trova la possibilità dell’elaborazione del proprio percorso di crescita, del proprio perfezionamento interiore, nella scansione triduana da pieno romance : nel viaggio solitario alla ricerca di Jonatan- trasferitosi nella Valle delle Rose per partecipare alla lotta contro Tengil -, in quello col fratello per liberare Orvar dalle fameliche fauci di Katla, e, infine, sempre col fratello, nel viaggio di ritorno verso Karmanjaka, nella Grotta presso il Monte delle Montagne Ultramillenarie, ove è necessario riportare e incatenare per l’eternità il drago Katla33.

24 « Arrivammo là nella mattinata proprio mentre Sofia stava dando da mangiare ai suoi colombi, i suoi colombi bianchi come la neve. Quando li vidi, pensai a quello bianco che s’era fermato sul mio davanzale, circa un secolo fa, ormai. “Ti ricordi?” sussurrai a Jonatan. “Era forse uno di questi colombi che ti prestò le sue penne quando…quando venisti da me?”. “Sì” disse Jonatan.”Come sarei potuto venire, altrimenti? Soltanto i colombi di Sofia possono volare attraverso i cieli, lontano lontano, in qualsiasi posto” (A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op.

cit., p.46).

25 «Allora Jonatan mi raccontò di Karmanjaka, il paese sul Monte delle Montagne Ultramillenarie, oltre il Fiume dei Fiumi Ultramillenari, dove Tengil governava come un serpente» (ivi, p.51).

26 Ivi, p.142.

27 «Non capisco come a Nangijala succeda sempre così: che si riesce in tutto, voglio dire. Galoppavo come se non avessi mai fatto altro in vita mia […] e non si ha paura che tutto stia per finire come sempre succede per le cose belle: Ma non a Nangijala, nella Valle dei Ciliegi!» ( A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., pp.34-35).

28 «E’ strano» dissi dopo a Jonatan,«a Nangijala ci sono tutte le cose che ho sempre desiderato» (ivi, p.31).

29 «Cosa potevo fare? Non avevo nessun potere! Non mi rimaneva che infilarmi di nuovo a letto e starmene lì a tremare, sperduto, piccolo, spaventato e solo, la persona più sola al mondo [….]Trascorsero le ore; forse avrei continuato così , se non mi fossi improvvisamente ricordato quello che Jonatan aveva detto- che a volte si devono fare cose pericolose, altrimenti non si è esseri umani, ma soltanto vermi» (ivi, pp.62-63).

30 Come afferma Northrop Frye, che parla di «autoagnizione […] come sarebbe stato se Adamo non fosse incorso nella caduta e l’identità originaria dell’uomo fosse stata preservata » (La scrittura secolare, op.cit., p.153).

31 «Allora mi decisi. Picchiai così forte il pugno sulla gabbia dei conigli che i conigli sobbalzarono, e gridai a voce alta perché suonasse più vero: lo farò,lo farò. Non sono un verme io!» (A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., p.63).

32 «Chiesi a Jonatan perché doveva lanciarsi in un’impresa tanto pericolosa. Non poteva starsene tranquillo accanto al fuoco nella Casa dei cavalieri? Ma Jonatan risspose che certe cose devono essere fatte anche se sono pericolose. “Perché?” chiesi. “Altrimenti non sei un essere umano, ma soltanto un verme”. Mi aveva detto cosa intendeva fare. Sarebbe andato a liberare Orvar dalla Grotta di Katla[…]Senza Orvar sarebbe stata la fine delle verdi valli di Nangijala » ( ivi, p.58).

33 Ivi, p. 206. Come afferma N.Frye, «Il tema centrale del romance imperniato sulla ricerca è quello dell’uccisione del drago, come nelle storie di S.Giorgio e di Perseo […]» ( Anatomia della critica, Torino, Einaudi, 1969, p.251).

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Il processo di superamento delle proprie fragilità, di miglioramento interiore da parte di Briciola attraversa, nel romance della Lindgren, fasi alterne, caratterizzate da temi della discesa e dell’ascesa.

L’ascendere a Nangijala rappresenta, nel tessuto narrativo e nella fantasiosa cosmogonia dell’autrice svedese, non meta finale, non traguardo definitivo, ma luogo ancora di polarizzazione-contrapposizione e scontro tra Bene e Male, e dunque luogo della lotta mortale , o del pathos34 , in cui «l’eroe, o il suo nemico, o tutti e due devono morire»35.

I temi della discesa sono scanditi dal senso di abbandono, dalla paura esplicitata, dall’impotenza autoriconosciuta36 e dal giudizio negativo degli altri37 , dalla solitudine 38, dalla perdita di coraggio e dalla disistima di sé 39, connessi al mondo del sonno40 e della notte, al buio41, alla strada impervia, al precipizio e al vuoto dell’abisso42, alla caverna43 e al labirinto44, all’orrore di rituali di immolazione-martirio45, a formule e a espressioni cifrate46, al

34 Ivi, p.248.

35 Ibidem.

36 «Non avevo nessun potere» ( A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., p.62).

37 «Ma poi Jossi disse: “Il piccolo Kalle Cuordileone è carino, ma non è certo un leone. Non esiste un cuccioletto più pauroso di lui. Si dovrebbe chiamare Cuordiconiglio , piuttosto!” (ivi, p. 87).

38 «….[ero] la persona più sola al mondo[….]Non potevo parlare con nessuno, chiedere consiglio a nessuno»»

(Ibidem).«Cominciava a scendere il crepuscolo e solo allora mi venne in mente che forse avrei dovuto passare lì tutta la notte.[…] Era spaventoso e l’angoscia cominciò a scendere in me con il crepuscolo, e mi sentii solo» (ivi, p. 189).

39 «Improvvisamente, tutto il mio coraggio svanì. Ero di nuovo un verme, un piccolo verme schifoso, come ero sempre stato» (ivi, p.65). «Sì, lo sapevo che non sarei mai riuscito a essere coraggioso e che non avrei dovuto chiamarmi Cuordileone come Jonatan. Ma era terribile sentirlo dire da Jossi. Mi vergognavo, e decisi che dovevo, dovevo cercare di essere un pochino più coraggioso. Ma non subito, perché avevo tanta paura» (ivi, p. 87).

40 «Caddi in un sonno profondo e mi svegliai soltanto quando il temporale era già passato e già la luce cominciava ad apparire dietro le cime delle montagne.» (ivi, p.160).

41 «Poi arrivarono le tenebre: nere, mugghianti del fragore della Cascata di Karm e senza un barlume di luce. Da nessuna parte» (ivi, p.158). «Com’era spaventoso vedere la luce delle torce tremare sulle pareti della grotta!

Rischiarava soltanto una piccolissima porzione di tenebre intorno a noi e tutto il resto, al di là della luce, sembrava ancor più terribile» (ivi, p.172).

42 «E continuava sempre peggio. Non avevo più il coraggio di tenere gli occhi aperti. Se dovevamo cadere nel vuoto dell’abisso, ebbene, era meglio non guardare » (ivi, p.76).

43 Afferma Frye: «[…] l’entrare in un mondo di dimensioni ridotte o capovolte è un simbolo centrale della discesa

» (La scrittura secolare, op.cit., p.112), e ancora:«Nel più profondo dei fondali della discesa troviamo il mondo della notte, spesso un mondo oscuro e labirintico di caverne e ombre ove la foresta si è fatta sotterranea e ove ci si trova circondati da forme di animali. Se i moduli del meandro-e-discesa delle caverne paleolitiche con i dipinti sui muri hanno lo stesso tipo di significato, stiamo qui rintracciando quelli che, per quanto ne sappiamo, sono i più antichi passi immaginativi dell’umanità» (ivi, p.115). E venendo a quanto sta affrontando il nostro protagonista:

«Poi vidi un luogo adatto a noi : una spaccatura profonda nella montagna, quasi una grotta, perché aveva grossi blocchi di pietra per soffitto [….] era una grotta profonda […]» ( ibidem). «Era un luogo orrido, terribile e bello come nessun altro esistente tra cielo e terra, credo. Montagne, fiume, cascata. Era troppo […] Eravamo sul ponte allora, quel ponte che Tengil aveva fatto costruire sull’abisso che separava i due paesi: Karmanjaka e Nangijala, sulle due rive del Fiume dei Fiumi Ultramillenari. Il fiume scorreva veloce, giù nell’abisso profondo sotto il ponte, e poi precipitava con fragore per la Cascata di Karm, un abisso più profondo ancora » (A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., p.154). «Si andava carponi, si strisciava, si saliva, si nuotava e si saltava, ci si arrampicava, si scivolava, si faticava e si cadeva.[…] C’erano delle grotte così immense, così vaste che non se ne distingueva la fine: solo l’eco ci diceva come fossero sterminate. A volte dovevamo passare dove non era possibile rimanere in piedi e allora strisciavamo sul ventre come draghi. […] E, peggio di tutto, ogni tanto enormi baratri si aprivano sotto i nostri piedi . […] Reggevo la torcia, inciampai e la feci cadere. Jonatan mi sorresse e insieme vedemmo la torcia cadere come una striscia di fuoco sempre più in basso, più in basso finché scomparve e noi rimanemmo al buio. Il buio più buio del mondo. Non osavo muovermi, parlare e nemmeno pensare. Provai a dimenticare di esistere, mentre stavo lì nelle tenebre sull’orlo del baratro» (ivi, pp.172-173).

44 «Sì, era strano pensarci: dentro la montagna, in qualche posto sotto di noi, c’era la terribile grotta con i suoi cunicoli, e i suoi antri, dove tanta gente aveva sofferto ed era morta. Fuori invece volavano le farfalle nel sole e il cielo era azzurro con qualche nuvola bianca e fiori e erba crescevano tutt’intorno. Era stupefacente che erbe e fiori crescessero sul tetto della Grotta di Katla!» (ivi, p. 165). « Ma i sentieri erano numerosi e traditori sulle montagne di Karmanjaka. Soltanto Jonatan avrebbe potuto trovare quello giusto, in quell’intrico» (ivi, p. 183).

45«Lo marchiarono con il marchio di Katla[…] Gli ordinarono di aprire il giubbotto e la camicia e, brandendo un ferro che avevano arroventato al fuoco, impressero il marchio di Katla sul suo petto. Jossi gridò quando fu toccato

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cambiamento d’identità-travestimento47, alla presenza di figure inquietanti 48, di animali aggressivi e famelici 49 che confermano l’eroe nello stato di pericolo50.

I temi dell’ascesa sono invece contraddistinti dall’autodeterminazione51, dalla percezione del proprio sé52, dal senso di raggiunta sicurezza53, dal riconoscimento del traditore54, dall’autoagnizione dell’eroe che si conferma eroe perché vince se stesso e i propri limiti55. Il romanzo della Lindgren si conclude con la prospettiva, per i due fratelli Cuordileone, del raggiungimento della vita compiutamente perfetta a Nangilima 56: perfetta senza le limitazioni

dal ferro rovente. «Devi soffrire!» disse Kader. « Così ti ricorderai che sei uno dei nostri per l’eternità. Un traditore, sei!» ( ivi, p.83-84).

46«Veder e Kader gli sussurrarono all’orecchio la frase segreta, perché io non sentissi. Era proprio inutile, perché anche io la conoscevo: Tutto il potere a Tengil, nostro liberatore» (ivi, p. 93). « Jonatan pensava in silenzio e improvvisamente mormorò: “Se almeno sapessi la parola d’ordine”. “Che parola d’ordine?” domandai. “Si deve dire la parola d’ordine quando si entra e si esce dalla porta Grande, non lo sai?” rispose. “Si, lo so”, dissi. “ E so anche qual è: Tutto il potere a Tengil, nostro liberatore. L’ho sentita dire da Jossi. Non te l’ho raccontato?”.

Jonatan mi guardò con gli occhi sgranati, mi fissò così per un bel pezzo, poi scoppiò in una risata […] » ( ivi, p.134).

47 « A Jonatan piaceva travestirsi. Aveva l’abitudine di recitare per me la sera, in cucina; quando vivevamo sulla Terra, voglio dire. […] Ma ora lì [travestito da guardia ] davanti a Tengil, era troppo sfacciato » (ivi, p.124).

48 «Sentivo delle voci , e dei cavalli nitrire davanti alla mia grotta. Bastò quello. Un terrore immenso, incontrollabile mi riprese[…] Perché erano venuti? Chi erano? Cosa facevano di notte sulle montagne?[…]

Avevo così paura che mi battevano i denti e avrei desiderato essere miglia e miglia […]» ( ivi, p.77).

49 « Ormai i lupi erano molto vicini. Uno era più grosso degli altri e più audace. Era certo il capo del branco.

Sarebbe toccato a lui azzannarmi.» ( ivi , p. 72). «Laggiù, al di là del fiume, c’era Katla. […] “Sì, è un mostro”

disse Jonatan. “Un drago femmina, uscito da tempi molto antichi. Ecco cos’è. Ed è crudele come Tengil […]

Sputava lingue di fuoco mortale su tutto e su tutti. Dove passava lasciava soltanto morte e distruzione”[…]» (ivi, p.160). «Tutti erano stati sacrificati a Katla, uno dopo l’altro» ( ivi, p.181).«Gli occhi crudeli di Katla avevano visto tutto. Katla sapeva di non avere più padroni. Si mise a mugghiare e a sputare fuoco dalle narici» (ivi, p.207).

50 « Venne un lampo e poi lo schianto di un tuono e ne rintronò tutta la montagna. Poi un temporale si rovesciò su di noi. Non sapevo che i temporali potessero essere così forti. I tuoni rintronavano senza sosta sulla montagna con un fragore che copriva il rumore della Cascata di Karm e i lampi si rincorrevano l’un l’altro. A volte c’era una luce fiammeggiante e un attimo dopo le tenebre più profonde. Era come se una notte molto antica fosse piombata su di noi. E poi venne un lampo, più terribile di tutti gli altri, per un attimo gettò la sua luce abbagliante ovunque.

E allora, in quella luce, vidi Katla. Vidi Katla.» ( ivi, pp.158-159).

51 «Lo farò, lo farò. Non sono un verme io! Oh, com’era bello essersi deciso!» (ivi, p. 63).

52 «Confessai a Fjalar cosa provavo a essere io, proprio io, quello che faceva una lunga cavalcata in cima alle montagne. “Ma ti rendi conto che grande avventura è questa per me? Ti ricordi che in tutta la mia vita non ho fatto altro che starmene a letto? […]”. Sì, era meraviglioso […] Che montagne! Esistevano dunque montagne altissime, laghetti chiari, cascate e torrenti precipitosi, prati di fiori primaverili. E nel mezzo ad ammirarle c’ero io, Briciola, sul mio cavallo. Che potevo saperne io , che esistessero cose tanto meravigliose?» (ivi, p.69). « Tutta la vita avevo desiderato stare seduto accanto ad un falò, in un campo […] “Ora, Briciola, sai quello che si prova”, dissi a me stesso parlando forte. […] Ero felice e cantavo fra me nella solitudine[…]» (ivi, p. 70).

Il termine sé, in psicologia, indica, generalmente, l’individuo in quanto « consapevolmente si autoesperisce come nucleo permanente e continuativo nel corso dei molteplici cambiamenti somatici e psichici, soggettivi e comportamentali, che caratterizzano l’esistenza individuale» ( Enciclopedia Garzanti di filosofi e epistemologia, logica formale, linguistica, psicologia, psicoanalisi, pedagogia, antropologia culturale, religioni, sociologia, Milano, Garzanti, 1981, ad vocem, p. 848).

53 « Allora avvenne un miracolo. Credetelo o no, davanti a una casetta bianca, proprio a ridosso del muro, un vecchio stava seduto sopra una panca e dava da magiare ai suoi colombi. Forse non avrei mai osato tanto se fra tutti quei colombi grigi non ce ne fosse stato uno bianco come la neve. Uno solo! […] Avevo paura. Ero sicuro che mi respingesse […] Ma non mi respinse. Mi tenne stretto e io sentivo le sue buone braccia amiche che mi proteggevano da ogni male.» (A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., p.95).

54 «E in quel momento mi ricordai di una cosa. “Jossi” dissi. “Apriti la camicia e fai vedere cosa hai sul petto”.[…] Allora fu terribile guardare Jossi[…] Sofia […] lo afferrò con forza e gli aprì la camicia. E lì, sul suo petto, c’era il marchio di Katla. Una testa di drago che riluceva come sangue» (ivi, pp.193-194).

55 «Come ne avrei avuto il coraggio? Se non hai il coraggio adesso, pensai, sei un verme e sarai per sempre un verme […] “Sì, ho il coraggio” feci. […] Le tenebre e la notte scesero su Nangijala, sulle montagne, sul fiume, sulla terra. E io ero là, sull’orlo del precipizio con Jonatan che si teneva stretto a me, con le braccia intorno al mio collo e il respiro accanto al mio collo[…] Un solo passo nel buio e tutto sarebbe finito. In fretta. “Briciola Cuordileone” disse Jonatan. “Hai paura?”. “No…sì, ho paura! Ma lo faccio lo stesso, Jonatan. Ora…ora e poi non avrò più paura. Mai più paur…”. “Oh, Nagilima! Sì, Jonatan, sì. Vedo la luce! Vedo la luce!” » ( ivi, p.219).

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di Nangijala, così come la frase finale ci lascia intravedere, nell’inscindibile legame tra visione del luogo paradisiaco e della luce57.

Possiamo qui parlare di lieto fine, se, come dice Northrop Frye: « I lieti fini della vita, come quelli della letteratura, esistono solo per coloro che sopravvivono» 58?

La chiusa qui, in realtà, comporta il lieto fine, poiché Nangilima costituisce meta raggiunta e, nello schema triduano di morte-scomparsa e rinascita59, Karl narra di sé come di colui che contempla la luce, dunque come di colui che è vivo, che può testimoniare della propria nuova vita, ovvero della propria rinascita. Il rituale del passaggio ad un mondo superiore, da quello edenico di Nangijala a questo paradisiaco di Nangilima, ci è già noto, poiché è lo stesso che abbiamo letto all’inizio della storia: il fratello sano salva quello malato portandolo in spalla60. Qui la situazione è tuttavia rovesciata: il fratello malato è Jonatan 61, e chi lo trae in salvo, liberandolo dalla malattia, è Karl62.

L’agnizione finale sancisce lui in quanto eroe63 poiché a lui solo spetta di compiere l’azione di supremo coraggio: «non dovevamo saltare noi. Io solo»64.

L’eroe è proprio lui, Karl, perché, come dice Bettelheim, egli ha conseguito la vittoria su di sé, superando le proprie debolezze con un atto di volontà, raggiungendo la consapevolezza della propria decisione eroica : «Nelle fiabe, diversamente dai miti, la vittoria non è sugli altri, ma soltanto su se stessi»65.

Non è difficile scorgere un messaggio di eutanasia, nella battute finali del romanzo lindgreniano, messaggio peraltro non nuovo nella letteratura per ragazzi66.

56 « A Nangilima…a Nangilima. […] Là è come al tempo delle leggende e delle saghe […] Ma Jonatan spiegò che a Nangilima non c’erano giorni di saghe crudeli, ma soltanto giorni felici, divertenti e pieni di giochi. La gente si divertiva, e lavorava naturalmente, aiutandosi in tutte le cose. Ma si divertiva: cantava, ballava e si raccontava leggende, disse[…] » ( ivi, p.214).

57Associazione che ci propone, ad esempio, Dante, nell’ultimo canto della Divina Commedia: «O somma luce, che tanto ti levi- da’concetti mortali, a la mia mente-ripresta un poco di quel che parevi […] » (Paradiso, canto XXXIII, v.67).

58 N. Frye, La scrittura secolare, op.cit., p. 137.

59 Ivi, p.248.

60 «Una folla ammutolita, riunita davanti alla casa, fu costretta, impotente, ad assistere a come il tredicenne si caricasse il fratello sulle spalle e, senza esitazione, si lanciasse dalla finestra, lasciandosi dietro le fiamme crepitanti. Cadendo al suolo il ragazzo si è ferito così gravemente che poco dopo è spirato. Il fratello minore, che aveva protetto col suo corpo, è rimasto illeso» (A. Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., p. 17).

61 «E invece allora il pianto mi sgorgò quasi come un grido. “Stai per morire un’altra volta, Jonatan?”, gridai.

“No, ma è quello che vorrei, perché non riuscirò più a muovermi”. Mi spiegò quanto fosse crudele il fuoco di Katla. Se non uccideva, produceva qualcosa di ancora più terribile. Distruggeva qualcosa dentro, e poi paralizzava. Non succedeva proprio subito. Arrivava a poco a poco, lentamente e inesorabilmente» (ivi, p.216).

62 « […] “E tu non sarai più paralizzato, allora” , feci. “No. Mi sarò liberato da ogni male e sarò felice come non mai. Il sentiero per la Valle dei Meli attraversa un bosco. Non credi che sarebbe bellissimo cavalcare insieme sotto il sole del mattino?” […] Era un abisso che faceva venire le vertigini. Se noi fossimo saltati in quel vuoto saremmo certamente arrivati a Nangilima tutti e due. Nessuno sarebbe rimasto lì solo, a piangere e a soffrire, a tremare di paura» (ivi, pp.217-218).

63Eroe, narratologicamente parlando, è chi affronta lo stadio del pathos, della lotta mortale. Dice N. Frye:

«l’anagnorisis o scoperta o agnizione dell’eroe», ossia di chi «si è rivelato eroe anche se non sopravvive al conflitto», ( Anatomia della critica, op.cit., p.248).

64 A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., p.218.

65 B.Bettelheim, Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Milano, Feltrinelli, 1977, p.125.

66 Si legga, ad esempio, la conclusione del romanzo Diario di una casa vuota, di Beatrice Masini, in cui la vecchia casa antropomorfizzata ci racconta i propri ricordi, ci comunica i suoi stati d’animo, fino al “tradimento”

finale, e all’incendio subìto, ma in ogni caso vissuto come liberatorio, che la salverà da una vita vuota, da trascorrere nell’abbandono e nella solitudine: «So che ho pensato questo: che le fiamme sono bellissime. E ho lasciato che la bellezza mi avvolgesse, e non ho sentito male, davvero, e sono scoppiata a ridere ( Masini B., Diario di una casa vuota, S.Dorligo della Valle-TS, Edizioni EL, 2004, p. 89). «Fumo, sì fumo: è quello che si leva da me , in alte spire, adesso, un modo per salutare anche chi è molto lontano, per dire vi ricordate di me?

Eccomi qui, me ne sto andando, addio» (ivi, p.90) .

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Negli anni Settanta del secolo scorso la Lindgren stessa si è difesa dalle accuse di certa critica, insistendo sul fatto di aver ricevuto dai ragazzi attestazioni di apprezzamento più forte per I fratelli Cuordileone che per qualsiasi altro libro 67.

Se è vero che il tema narrativo è quello drammatico della morte (della malattia, dell’inabilità fisica), esso è tuttavia immerso nell’intreccio complesso di una molteplicità di avventure sempre avvincenti perché stupefacentemente pericolose, che presentano le classiche caratteristiche del romance, i cui requisiti sono di sottrarsi al normale dominio dei sensi, e di narrare, con una tensione verticale verso l’incantamento e la rinnovata sorpresa, «ciò che non è mai successo e che probabilmente non succederà mai»68.

Lo sviluppo del romanzo è in ogni caso volto all’affermazione dei valori classici del romance:

la solidarietà, la giustizia, l’amicizia, l’amore fraterno, la lotta contro l’oppressione e il sopruso, l’opposizione al Male, in qualsiasi veste esso si manifesti. Spicco particolare assume, inoltre, il valore della pace e della non-violenza, proclamato all’unisono dai due fratelli Cuordileone69.

Il non rispetto di questi valori deprivano l’essere umano della sua specificità, e lo declassano al rango morale, come si è visto, di verme.

È dunque al conseguimento della piena dignità umana, dell’identità profondamente autentica, volta al personale miglioramento, che muove tutta la storia: nel superamento dell’inadeguatezza, pur nella coscienza della propria fragilità e debolezza.

Modi di essere, stati d’animo con i quali l’io narrante e il lettore sono chiamati a interagire continuamente, a misurarsi, nel conclamato impegnativo processo di trasformazione dei limiti in doti.

10-08-2018 Donatella Lombello Soffiato

67Nelle lettere scritte da Astrid Lindgren nel 1975 si legge: « It is clear that children had a great wish for tales and preferably these kind of exciting tales. Right now I am swamped with letters from children - from several countries - that loves the Brothers Lionheart. Never before have I received such a strong and spontaneous reaction on any book. ["E' chiaro che i bambini hanno un grande desiderio per i racconti e specialmente per questo tipo di racconti appassionanti. Ora sono inondata di letter da parte di bambini - da vari paesi- che amano Brothers Lionheart. Non mi e' capitata una reazione cosi' forte e spontanea da nessun libro."]» (V.Edström, Astrid Lindgren - Vildtoring och lägereld , Stockolm, Rabén & Sjögren, 1992, citato in :<

http://en.wikipedia.org/wiki/The_Brothers_Lionheart#Criticism >, ultima consultazione il 10/07/08).

68 Si veda C.Reeve,The progress of Romance, through times, Countries and Manners, London, 1875, Trad. it., Lo sviluppo del « romance», Napoli, Dick Peerson, 1987.

69 «Poi parlò ancora della necessità di liberare in fretta la valle da tutti gli uomini di Tengil. Allora Jonatan chiese:

“Liberare? Vuol dire uccidere?”. “Certo! Cos’altro, allora?”, rispose Orvar. “ Ma io non posso uccidere”, disse Jonatan. “Lo sai , Orvar”. “Nemmeno se si trattasse di salvare la tua vita?”, domandò Orvar. “No, nemmeno”, rispose Jonatan. Orvar non riusciva a capire, e nemmeno Mattia. “Se tutti fossero come te”- disse Orvar - “Il male regnerebbe per l’eternità!”. Io dissi che se tutti fossero stati come Jonatan, allora non sarebbe esistito il male.[…]

Jonatan promise però a Orvar che sarebbe andato a cavallo in mezzo alla mischia per infondere agli altri il coraggio di fare quello che luinon poteva o non voleva fare. “Il popolo della Valle delle Rose deve vederti”, disse Orvar. “Deve vederci tutti e due”. Allora Jonatan promise: “Va bene. Se lo devo fare, lo farò”.[…] Così finì il giorno della battaglia nella Valle delle Rose. Molti offrirono la loro vita per la libertà. Sì, la valle era libera, ma chi era morto non lo sapeva.» (A.Lindgren, I fratelli Cuordileone, op. cit., pp. 199-204).

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