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Imparare a fare ricerca: il ruolo della biblioteca scolastica digitale Donatella Lombello Soffiato

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Imparare a fare ricerca: il ruolo della biblioteca scolastica digitale

Donatella Lombello Soffiato

Accessibile alla maggioranza delle persone, alle giovani generazioni in specie, il sapere è, oggi, proprio grazie alle nuove tecnologie e al digitale, facilmente raggiungibile, letteralmente a portata di mano, addirittura “compresso in piccoli aggeggi che i ragazzi portano in tasca, sotto il fazzoletto”,

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come afferma Michel Serres.

Non fa tuttavia scienza, come si sa, l’affastellarsi delle informazioni che sovrabbondano in Rete: il possesso del sapere è un processo di costruzione della conoscenza, esito di quell’apprendimento “significativo”, legato alla soluzione di problemi avvertiti come

“autentici”,

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collegati a precise domande e curiosità conoscitive, correlate alla pregressa conoscenza personale, la cosiddetta enciclopedia, e all’insieme degli interessi di ciascuno.

Imparare, conoscere, è dunque, come si è detto, un processo, costituito, oltre che di attività di cognizione e metacognizione, anche di affetti, emozioni, relazioni, capacità di azione,

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di cooperazione (indispensabile tra i membri di un gruppo per conseguire un risultato) e collaborazione (caratterizzata dalla partecipazione più libera nel gruppo),

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di motivazione a trovare risposte al “conflitto cognitivo” che si manifesta di fronte all’inadeguatezza avvertita riguardo a specifiche questioni conoscitive, ovvero al “contrasto tra un evento del mondo e la spiegazione tentata per comprenderlo”.

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La Rete, d’altra parte, sembra rappresentare un ambiente per l’apprendimento che sollecita la collaborazione, più che la competizione, che legittima le iniziative personali degli allievi nell’affrontare argomenti complessi, che incrementa pratiche di dialogo e di interazione,

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che

“rende possibile l’integrazione con più linguaggi e codici comunicativi e facilita una rapida consultazione di documenti di diversi settori disciplinari”,

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che “indica la strada per un accesso alla conoscenza massiccio e personalizzato insieme”.

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Tutte queste abilità, tuttavia, debbono essere apprese attraverso un percorso metodologico che metta in grado gli allievi di saper riconoscere e definire i problemi, di saperne

1 Michel Serres, Non è un mondo per vecchi, Torino, Bollati Boringhieri, 2013, p. 33.

2 David Paul Ausubel, Educazione e processi cognitivi : guida psicologica per gli insegnanti, Milano, Franco Angeli, 1978; David H. Jonassen et alii , Meaningful Learning with technology, Upper Saddle River Columbus , Pearson Education, 2008.

3 Pietro Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolastico. Aspetti cognitivi e motivazionali, Torino, UTET, 1999; Maria Chiara Levorato, Le emozioni della lettura, Bologna, Il Mulino, 2000; Howard Gardner, Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento, Gardolo (TN), Erickson, 2005.

4 Mario Comoglio, Presentazione all’edizione italiana, in David W. Johnson, Roger T.Johnson, Edythe J.

Holubec, Apprendimento cooperativo in classe. Migliorare il clima emotivo e il rendimento, Gardolo (Trento), Erickson, 2009, p. 8-10.

5 Rita Bonfiglioli, La ricerca come strategia didattica, Firenze, La Nuova Italia, 1993, p.35.

6 David H. Jonassen, Supporting Communities of Learners with Technology: A Vision for Integrating Technology with Learning in Schools, “Educational Technology”, 35 (1995), 4, p. 60-63; Yang Shu Ching, Designing Instructional Application Using constructive Hypermedia, “Educational Technology”, 36 (1996), 6, p.45-50, cit. in: Valentina Grion, Innovazione didattica e tecnologie, in Abilità di ricerca e di uso dell’informazione, a cura di Donatella Lombello e Vera Marzi, Collana “Master europeo per la formazione del bibliotecario scolastico”, quarto modulo, Padova, Cleup, 2001, p.123-148.

7 Concetti in rete. Dalla costruzione della mappa concettuale alla produzione di un ipermedia, a cura di Margherita Fasano, Milano, Masson, 1998, p.100.

8Pierre Lévy, Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Milano, Feltrinelli, 1999, p.166 (il corsivo è nel testo).

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costruire-decostruire-ricostruire-negoziare il significato e la soluzione,

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in un clima di apprendimento reciproco, di confronto, dialettico e dialogico ad un tempo, tra i diversi punti di vista dei componenti del gruppo

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, che saranno vagliati al confronto delle fonti.

Nel nuovo contesto didattico-educativo creato dal digitale, mentre si rovescia “ il paradigma vettoriale e unidirezionale della conoscenza in uno schema circolare, di cui è energia attiva la partecipazione degli utenti”

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cambia, al contempo, anche il ruolo degli insegnanti, la cui stessa competenza si trasforma, come afferma Pierre Lévy, “in una provocazione all’apprendimento e al pensiero […] allo scambio dei saperi, [alla] mediazione relazionale e simbolica, [alla] guida personalizzata ai percorsi di apprendimento”.

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Indurre gli allievi a porsi e a porre domande rappresenta la strategia didattica della pedagogia più avvertita (dall’attivismo pedagogico di John Dewey, a Jean Piaget e al costruttivismo), ovvero costituisce la metodologia d’insegnamento/apprendimento non più prevalentemente fondata, dunque, sulla trasmissione della conoscenza, eterodiretta, secondo la modalità della scuola mnemonicistica tradizionale, ma che privilegia, invece, la centralità degli allievi nella co-costruzione dei saperi.

L’insegnante assume, al contempo, il ruolo di mentore, di facilitatore, nel processo d’apprendimento degli allievi, predisponendone le relative fasi, mirate al successo personale e scolastico di ciascuno studente, in un clima di reciprocità e condivisione, agendo (nella/con la comunità di ricerca) nella “zona di sviluppo prossimo”,

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e in un qualche modo rinnovando e attualizzando quell’ “effetto Pigmalione” richiamato nella famosa ricerca del secolo scorso, in cui il successo scolastico degli allievi era legato alle positive aspettative degli insegnanti (e alla costruttiva relazione che ne scaturiva).

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La pedagogia del porre/porsi corrette domande è, dunque, sollecitata appunto dal bisogno di mettere ordine nell’infinità di informazioni favorite dal digitale nell’era dei big data.

Se Popper, già a suo tempo, ha sottolineato che la scienza non ha mai “risposte definitive”,

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e che “tutta la vita è risolvere problemi”,

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Derrick De Kerckhove, di rincalzo, afferma che, nel flusso crescente di sapere offerto dalla Rete, “le risposte dipendono unicamente dalle domande”.

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Conseguentemente la metodologia innovativa si basa nel fare acquisire agli allievi la consapevolezza di inciampare

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in qualche problema, e nel fornire a ciascuno studente gli strumenti idonei a cercarne/trovarne la soluzione. Michel Serres insiste anch’egli sul fatto che,

9 Bianca Maria Varisco, Valentina Grion, Apprendimento e tecnologie nella scuola di base, Torino, UTET, 2000; Bianca Maria Varisco, Costruttivismo socio-culturale : genesi filosofiche, sviluppi psico-pedagogici, applicazioni didattiche, Roma, Carocci, 20115.

10 Marina Santi, Verso una “comunità di lettura”: la biblioteca come contesto di ricerca condivisa, in Inciampare nel problema. Il processo di ricerca dell’informazione nella biblioteca scolastica multimediale, a cura di Donatella Lombello Soffiato, Ademario Lo Brano, Padova, Imprimitur, 2004, p. 84.

11 Pierluigi Feliciati, Valutare gli utenti delle risorse digitali, in La biblioteca aperta. Tecniche e strategie di condivisione, Milano, Convegno Stelline, 16-17 marzo 2017, p.153.

12 Pierre Lévy, Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie,cit., p. 167.

13 Riducendo la distanza tra il livello di sviluppo attuale dell’allievo e il suo livello di sviluppo potenziale: Lev Vygotskij, Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche, a cura di Angiola Massucco Costa, Firenze, Giunti, 2007.

14 Robert Rosenthal, Lenore Jacobson, Pigmalione in classe: aspettative degli insegnati e sviluppo intellettuale degli allievi, Milano, FrancoAngeli, 1999.

15 Karl Raimund Popper, Logica della scoperta scientifica, Torino, Einaudi, 1970, p. 22.

16 Karl Raimund Popper, La ricerca non ha fine, Roma, Armando, 1986; ID., Tutta la vita è risolvere problemi, Milano, Bompiani, 2001.

17Derrick de Kerckhove, La rete ci renderà stupidi?, Roma, Castelvecchi, 2016, p.23.

18 Karl Raimund Popper, Logica della ricerca e società aperta. Antologia a cura di Dario Antiseri, Brescia, La Scuola, 1997, p. 23.

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a scuola, “l’offerta senza domanda è morta stamattina”,

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così come Luciano Floridi precisa:

“I dati non parlano da soli; vi è sempre bisogno di porre domande intelligenti”.

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La copiosità dei dati che gli allievi trovano in Internet, dunque, va interrogata, sottoposta a indagine critica, vagliata alla luce di altre fonti, digitali o tradizionali. Si ricordi la cosiddetta piramide DIKW: Data, Information, Knowledge, Wisdom, ossia: dati, informazione, conoscenza, saggezza (conoscenza applicata), di cui parla David Weinberger

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, che indica, nella successione gerarchica delle diverse fasi nel processo di conoscenza, la possibilità di estrapolare dal dato l’informazione solo in quanto si è posta la “giusta” domanda per ottenere, quindi, la conoscenza , che si saprà, infine, applicare.

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Sappiamo quanto il PNSD stia incentivando l’uso delle TIC e del digitale nelle scuole, così come è noto che, già da tempo, si vanno diffondendo esperienze di aule cosiddette aumentate

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, di classi scomposte

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e capovolte (flipped classroom).

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A vedere gli esempi di queste nuove esperienze didattiche, sempre più estese, basate sulla capacità degli allievi di risolvere in maniera condivisa e collaborativa problemi legati all’acquisizione del sapere, è legittimo chiedersi in cosa si differenzi la specificità della biblioteca scolastica e come si definisca il suo ruolo educativo, e quello del bibliotecario scolastico, rispetto alle analoghe attività di ricerca promosse in aula, nell’ambito delle diverse discipline.

Imparare a fare ricerca nella biblioteca scolastica digitale significa, certamente, per gli allievi, avvalersi delle risorse digitali (e tradizionali) seguendo la stessa metodologia del cooperative learning adottata in classe (aumentata, scomposta o capovolta che sia).

Tuttavia, la differenza, per gli allievi, di avere la possibilità di accesso alla molteplicità delle risorse, che caratterizza la biblioteca scolastica ben attrezzata e aggiornata, implica anche la specificità di un percorso metodologicamente più articolato e impegnativo rispetto a quello svolto in classe, comporta una complessità intrinseca alla natura stessa del contesto- biblioteca, ovvero di questo ambiente per l’apprendimento in cui si svolge la ricerca stessa.

Nella psicologia costruttivista (approccio socioculturale) il contesto non è unicamente un luogo, ma è fondamentalmente un modo di collaborare-cooperare, costituito dalle : “diverse situazioni […] in cui gli individui costruiscono e condividono le loro attività pratiche e in cui emergono le loro modalità di pensiero”.

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Un ambiente per l’apprendimento è analogamente definito, sempre secondo l’approccio psicopedagogico del costruttivismo sociale, “ un posto in cui gli studenti possono lavorare insieme e aiutarsi a vicenda per imparare a usare una molteplicità di strumenti e risorse

19 Michel Serres, Non è un mondo per vecchi, cit., p.33.

20Luciano Floridi, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Milano, Raffaello Cortina, 2017, p.148.

21David Weinberger, La stanza intelligente. La conoscenza come proprietà della Rete, Torino, Codice, 2012, p.3-9.

22 In proposito si veda anche: Antonella Braga, Educare alla ricerca nella scuola dell’autonomia, in Abilità di ricerca e di uso dell’informazione, a cura di Donatella Lombello e Vera Marzi, cit., p.13-16.

23 Si veda il video dell’ INDIRE ( https://www.youtube.com/watch?v=9N8FGVyyhUM) : Quando lo spazio insegna, cinque esperienze italiane ( IIS «L.Pacioli»-Crema; I.C.Cadeo (PC), ITTS «A.Volta»-Perugia, IIS

«E.Fermi»- Mantova, IISS « E.Majorana » Brindisi), sull’utilizzazione delle nuove tecnologie, con la conseguente trasformazione degli spazi per l’apprendimento.

24 Si veda la proposta didattica di Dianora Bardi in : http://www.imparadigitale.it/wp- content/uploads/2015/01/classe-scomposta.png.

25 Sull’impostazione metodologica della classe capovolta si vedano i video:

https://www.youtube.com/watch?v=cECymCi4EFw ; https://www.youtube.com/watch?v=tHzhU-mBM30.

Un esempio di flipped classroom si può trovare in: https://www.youtube.com/watch?v=hopFm2XaCxc.

26 Pietro Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolastico. Aspetti cognitivi e motivazionali, Torino, UTET, 1999, p.85. Si veda anche Luisa Marquardt, La biblioteca scolastica, ambiente e bene comune per l’apprendimento, in Lo spazio della biblioteca, a cura di Maurizio Vivarelli, Milano, Bibliografica, 2014, p. 299- 334, relativamente al learning commons.

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informative nel comune perseguimento di obiettivi d’apprendimento e d’attività di problem solving”.

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Gavriel Salomon, in linea con le teorie del costruttivismo, definisce alcuni fondamentali requisiti dell’ambiente per l’apprendimento, che egli rintraccia in: un ambiente fisico, un insieme di attori ( insegnanti, studenti, bibliotecario scolastico, esperti a vario titolo…), un insieme di comportamenti, relazioni, regole, vincoli, pratiche e tempi concordati, un clima legato alle relazioni tra i componenti del gruppo, un insieme di strumenti- risorse- artefatti necessari/utili alla lettura, alla documentazione, all’argomentazione, e , infine, un insieme di aspettative e interpretazioni, di modi di vedere sé stessi e di sforzi mentali attivati nei processi d’apprendimento.

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È specie sul binomio risorse-sforzi mentali che, a nostro avviso, s’impernia la specificità del fare ricerca nella biblioteca scolastica, binomio strettamente interrelato con l’insieme dei caratteri dell’ambiente per l’apprendimento detti sopra.

Nell’attività svolta con gli allievi nello spazio- biblioteca si viene a prospettare, infatti, una ben più complessa modalità di approccio al sapere.

Se l’attenzione pedagogica è comunque posta dall’insegnante, in classe come nella biblioteca scolastica, sul problem finding-posing-shaping

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, ossia sullo sviluppo della capacità, da parte degli allievi, di identificare il problema, di riconoscerlo, di definirlo dandone “forma”, e sul percorso metodologico da utilizzare per giungere alla sua soluzione, la differenza nel processo d’apprendimento attuato nella biblioteca scolastica è data dalla molteplicità delle risorse qui presenti, rispetto a quelle consultabili in classe. Di questa moltiplicata diversificazione si può avvalere il gruppo-classe, o ad essa possono attingere i diversi gruppi della classe impegnati a trovare risposte conoscitive: in tale contesto, la “comunità di ricerca” è cognitivamente - metacognitivamente-emozionalmente-relazionalmente coinvolta in maniera più profonda nel processo di conoscenza.

Se l’impegno didattico-educativo nella biblioteca scolastica è fondamentalmente volto al come si apprende, oltre che al cosa, ciò implica di indirizzare gli sforzi cognitivi in un campo più ampio e complicato di ricerca, diversificato sui documenti da considerare, mentre, al contempo, la difficoltà metodologico-organizzativa individuale e collettiva si accentua di fronte alla complessità dell’analisi, che, in quanto tale, sollecita ancor più il ricorso alla problematizzazione, al confronto critico, alla discussione nell’ambito della comunità di ricerca.

Nello spazio educativo della biblioteca scolastica sembra dunque enfatizzarsi il senso di quanto afferma Edgar Morin: “La coscienza del carattere incerto dell’atto cognitivo costituisce un’opportunità di giungere a una conoscenza pertinente, la quale richiede esami, verifiche e convergenze degli indizi”.

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Se, dunque, è trasferibile, dall’ aula alla biblioteca scolastica , la modalità del cooperative learning , che caratterizza il metodo cosiddetto “a mediazione sociale” (contrapposto a quello

27 Brent G. Wilson, What is a Constructivist Learning Environments?, in Constructivist Learning Environments , a cura di Brent G. Wilson, Englewood Cliff-New Jersey, Educational Technology publications, 1996, pp. 3-8, cit. in Bianca Maria Varisco, Valentina Grion, Apprendimento e tecnologie nella scuola di base, cit., p. 40.

28 Gavriel Salomon, Studying Novel Learning Environments as Patterns of Change, in Stella Vosniadou et al., International Perspectives on the Design of Technology-Supported Learning Environments, Mahvah –New Jersey, Erlbaum, 1996, p.363-377.

29 Maria Cinque, Agire creativo. Teoria, formazione e prassi dell’innovazione personale, Milano, FrancoAngeli, 2010, p.164. Per i processi relativi alla padronanza dell’abilità dell’information literacy si vedano: Antonella Braga, La strategia della ricerca a scuola: insegnamento delle abilità di ricerca e uso dell’informazione, in Inciampare nel problema. Il processo di ricerca dell’informazione nella biblioteca scolastica multimediale, a cura di Donatella Lombello Soffiato, Ademario Lo Brano, Padova, Imprimitur, 2004, p.25-76; Luisa Marquardt, Biblioteche nelle scuole. Una rete integrata per la lettura, l’informazione , la documentazione, “Libri e Riviste d’Italia”, 3 (2007), 1, p.9-30, anche in : http://www.bv.ipzs.it/bv-pdf/007/MOD-BP-07-4-2_146_1.pdf.

30 Edgar Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Milano, Raffaello Cortina , 2001, p.87.

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tradizionale “a mediazione dell’insegnante”)

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, in cui, appunto, sono gli allievi ad assumere il ruolo di co-costruttori dei saperi, di co-creatori di testi, in una collaborazione pari-a-pari, nel clima della reciprocità e della partecipazione di ogni singolo alla soluzione del compito comune, è nella prova delle fonti, nell’analisi della molteplicità di contenuti da privilegiare o da scartare, e nel mettere a punto relative strategie di apprendimento, elaborazione e sintesi, condivise e negoziate nel gruppo, che si riconosce la specificità del servizio offerto nella/

dalla biblioteca scolastica, e dal bibliotecario scolastico.

Se si può condividere l’idea, con Gino Roncaglia che “per le giovani generazioni […]

l’ecosistema digitale e di rete costituisca un ambiente insieme familiare e stimolante – di fatto, l’ambiente privilegiato – per l’interazione multimodale con l’informazione”,

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risulta tuttavia evidente che il medium digitale, come si è detto, debba al contempo essere debitamente padroneggiato dagli allievi, affinché esso possa essere efficacemente integrato nei processi d’acquisizione del sapere.

Come afferma, infatti, Antonio Calvani , ad un maggior uso delle tecnologie nella scuola, non conseguono apprendimenti più efficaci.

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È dunque fondamentale tener presente che le competenze che consentono la compiuta efficacia del processo d’apprendimento vanno fatte acquisire: si tratta di abilità sia

“tradizionali” (traditional literacy), che includono le abilità di studio (Study Skills), di apprendimento autonomo (Learning Skills), di comunicazione (Communication Skills), di uso della biblioteca (Library Skills ), sia relative alle TIC e al digitale (media/digital literacy),come pure al pensiero critico ( criticall thinking skylls).

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Si tratta di abilità che, per essere insegnate, implicano il concorso della doppia professionalità: del docente di disciplina e del bibliotecario scolastico.

Non è automatico, infatti, mettere in atto tutti i vantaggi educativo-didattici (anche) offerti dalla Rete, a partire da quell’interazione continua tra i possibili livelli di informazione, ossia tra informazione primaria, offerta dalle risorse tradizionali e digitali, secondaria, ottenuta attraverso i cataloghi cartacei e on line, terziaria, fornita dall’insegnante e/o dal bibliotecario, e quaternaria, che si crea dal lavoro cooperativo svolto nel/dal gruppo di ricerca,

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permettendo, altresì, proprio anche attraverso il digitale, quella specie “ri-naturalizzazione del processo di apprendimento”, nel quale, cioè, si riproduce “l’ambiente della piccola bottega artigiana o della scuola attiva di Freinet, in cui i momenti dell’informazione, dell’acquisizione di conoscenze e competenze, di produzione, coesistono nella stessa realtà”.

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31 Si veda: Mario Comoglio, Presentazione all’edizione italiana, in David W. Johnson, Roger T.Johnson, Edythe J. Holubec, Apprendimento cooperativo in classe. Migliorare il clima emotivo e il rendimento, Gardolo (Trento), Erickson, 2009, p. 8-9. Si vedano anche, tra altri: Bianca Maria Varisco, Costruttivismo socio-culturale : genesi filosofiche, sviluppi psico-pedagogici, applicazioni didattiche, cit. ; Pietro Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolastico. Aspetti cognitivi e motivazionali, cit.

32 Gino Roncaglia, Scuola e letture aumentate: nuovi compiti delle biblioteche scolastiche fra cartaceo e digitale, in La biblioteca aperta. Tecniche e strategie di condivisione, cit., p.148.

33 Antonio Calvani, Connectivism: new paradigm or fascinating pot-pourri?, “Je-LKS-Journal of e-Learning and Knowledge Society”, 4 (2008), 1, p.251, consultabile anche in : http:// www. jelks.org/ojs/ index.php /JeLKS_EN/article/view/268/250.

34 Si vedano i saggi di Riccardo Ridi, Ricerca e valutazione dell'informazione in rete: i principi fondamentali da insegnare nella biblioteca scolastica, Antonella Braga, La strategia della ricerca a scuola: insegnamento delle abilità di ricerca e uso dell’informazione di Paulette Bernhard, I processi di ricerca e utilizzo dell’ informazione:

individuazione, evoluzione della loro presentazione tentativo di schematizzazione, in ivi, rispettivamente alle p.

15-24; p.25-76; p.105-126.

35Marisa Trigari, Mutazioni e retro-azioni: lettura e abilità di informazione nel mondo delle TIC, in Inciampare nel problema. Il processo di ricerca dell’informazione nella biblioteca scolastica multimediale, a cura di Donatella Lombello Soffiato, Ademario Lo Brano, cit., p.97. La citazione testuale recita: “ Nella scuola i documenti primari stanno sullo scaffale, quelli secondari nel catalogo cartaceo e on-line, quelli terziari sono forniti da documentalisti o insegnanti, mentre i documenti quaternari possono nascere da un lavoro cooperativo in classe o in laboratorio”.

36 Ibidem (il corsivo è nel testo).

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6

In ogni caso è da precisare che se, come afferma Popper, “La scienza prende avvio soltanto dai problemi [che] si presentano soprattutto quando restiamo delusi dalle nostre aspettative, o quando le teorie ci coinvolgono in difficoltà e in contraddizioni”

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, molteplici possono essere le strategie di ricerca cui fare riferimento per “costruire” la conoscenza, al di là del fatto che, come ci spiega Antonella Braga, nel processo di ricerca dell’informazione si possano distinguere aspetti strutturali e variabili.

Gli elementi strutturali si definiscono, infatti, intorno alla consapevolezza dell’incertezza conoscitiva rispetto a un fatto/evento/informazione, e all’adozione delle strategie per trovare risposte pertinenti: si parla, dunque, di problematizzazione, da cui prende avvio il processo, d’intenzionalità a soddisfare il dubbio informativo, e di sistematicità, per affrontarne la soluzione attraverso una corretta metodologia. Vi sono, inoltre, elementi variabili, identificabili nello scopo, legato alle diverse discipline, nel campo d’indagine, più o meno esteso, nel livello metodologico, più o meno approfondito, negli strumenti, ossia nei mezzi utilizzati per risolvere il problema.

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Le “vie” da percorrere, ovvero i processi metodologici per la ricerca delle informazioni ( mét- hodos < hodós : strada, via) sono, come si è detto, numerosi, di provenienza geografica diversa, molti dei quali elaborati negli anni Novanta del ’900.

Tra questi ricordiamo, ad esempio, il modello proposto da Carol Collier Kuhlthau (USA), denominato ISP- Information Search Process, strutturato in 7 fasi (Initiation-Selection- Exploration-Formulation-Collection-Presentation-Assessment), e distribuito nella triplice dimensione personale di chi compie la ricerca: affettivo-emozionale (Feelings-Affective:

sentimenti ), cognitiva ( Thoughts- Cognitive: pensieri), fisica (Actions-Physical ).

Interessante è l’accento posto nella successione delle tappe del processo, che, ad esempio, per quanto riguarda l’aspetto affettivo-emozionale, registra una non linearità/progressione, essendo costituito da avanzamenti, ma anche da arretramenti/crisi, e che passa, infatti, dall’incertezza, all’ottimismo, alla confusione/frustrazione/dubbio, alla chiarezza, al senso di direzione/ fiducia, alla soddisfazione o delusione, per giungere, in ogni caso, al senso di realizzazione (Uncertainty- Optimism- Confusion/Frustration/Doubt- Clarity-Sense of direction/ confidence- Satisfaction or disappointment-Sense of accomplishment).

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Per quanto riguarda l’aspetto cognitivo, le fasi indicate sono quelle dell’incertezza, poi della focalizzazione e, infine, della maggiore consapevolezza di sé (Vague- Focused- Increased self-awareness ). Le “azioni” comprendono, invece, il passaggio dalla ricerca di informazioni prima rilevanti e quindi pertinenti (Seeking relevant information- Seeking pertinent information), ossia la transizione dall’esplorazione alla documentazione ( Exploring- Documenting ).

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Un altro modello assai diffuso (specie in USA) è quello

di Michael B. Eisenberg e Robert Berkowitz (USA), denominato Big6 Skills , strutturato, appunto,

in 6 grandi abilità: definizione del compito, strategie per la ricerca delle informazioni, localizzazione e accesso, uso delle informazioni, sintesi, valutazione

.41

37 Karl R.Popper , Congetture e confutazioni. Lo sviluppo della conoscenza scientifica, Bologna, Il Mulino, 1972, p. 381 ( il corsivo è nel testo ).

38 Antonella Braga, La strategia della ricerca a scuola: insegnamento delle abilità di ricerca e uso dell’informazione, in Inciampare nel problema. Il processo di ricerca dell’informazione nella biblioteca scolastica multimediale, cit., p.30-31.

39 Carol C. Kuhlthau, Leslie K.Maniotes, Ann K. Caspari, Guided Inquiry. Learning in the 21st century, Westport, Connecticut-London, Libraries Unlimited, 2007, p. 19 (traduzione di chi scrive).

40 Ibidem.

41 Per approfondimenti si veda: Michael B. Eisenberg, L’approccio delle Big 6 per l’alfabetizzazione all’uso delle informazioni e delle tecnologie , in Inciampare nel problema. Il processo di ricerca dell’informazione nella biblioteca scolastica multimediale, a cura di Donatella Lombello Soffiato, Ademario Lo Brano, cit., p.127- 148.

(7)

7

Al di là di altre esemplificazioni che si potrebbero aggiungere, è importante sottolineare che l’adozione di una metodologia (trascelta tra altre, in quanto ritenuta più efficace/pertinente/facile/coerente con i particolari stili d’apprendimento della comunità di ricerca) serve anche a sostenere “emozionalmente” gli allievi, offrendo loro fiducia-sicurezza nella tensione mentale/relazionale che la complessità del problema da risolvere e delle fonti da vagliare impongono loro: gli stessi studi in ambito psicologico hanno messo in evidenza la stretta relazione esistente tra processi cognitivi/metacognitivi e componenti emozionali- motivazionali.

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La frequentazione della biblioteca scolastica, l’uso delle sue risorse non può che essere fondamentale nel processo di imparare a imparare, e nella transizione dall’acquisizione delle competenze (inclusa quella digitale) al loro esercizio, cioè all’agire con competenza.

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Educare alla complessità

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, così come può avvenire, per quanto si è detto, nella biblioteca scolastica, significa non solo affrontare e chiarire problemi conoscitivi, ma anche educare al confronto, alla discussione condivisa, alla collaborazione e all’inclusione.

Significa, dunque, educare alla cittadinanza attiva (anche digitale), alla consapevolezza personale, al rispetto di sé e degli altri nel lavoro cooperativo e collaborativo,

avendo presenti i valori del dialogo e della democrazia.

42 Cesare Cornoldi, Metacognizione e apprendimento, Bologna, Il Mulino, 1995; Rossana De Beni, Francesca Pazzaglia, La comprensione del testo. Modelli teorici e programmi d’intervento,Torino, UTET, 1995; Maria Chiara Levorato, Le emozioni della lettura, cit.

43 Guy Le Boterf, Construire les compétences individuelles et collectives. Agir et réussir avec compétence, Paris, Eyrolles, 2008.

44 Edgard Morin, Introduzione al pensiero complesso, Milano, Sperling & Kupfer, 1993.

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