• Non ci sono risultati.

S CUOLA I TALIANA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "S CUOLA I TALIANA"

Copied!
97
0
0

Testo completo

(1)

S CUOLA I TALIANA

M ODERNA

R i v i s t a p e r l a s c u o l a p r i m a r i a

maggio

9 2015

In questo numero:

Poste italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Brescia Editrice La Scuola - 25121 Brescia Expédition en abonnement postal taxe perçue - tassa riscossa Pubblicazione mensile - Anno 122 - ISSN 0036-9888

E D I T R I C E

LA SCUOLA

(2)

E ditoriale Non si impara mai da soli

di Pier Cesare Rivoltella, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

“Social learning” vuol dire “apprendimento sociale”. Se ne parla molto oggi. Nella società delle re- ti e di Facebook, apprendere socialmente significa capire che gli altri sono una straordinaria risorsa, comprendere che se si apprende insieme si apprende di più e meglio.

Ora, dal punto di vista di una teoria dell’apprendimento informata e attenta, potremmo dire che l’espressione “social learning” sia un ossimoro. È come dire “insegnamento insegnato”, o “condi- visione collaborativa”. Quel che voglio dire è che l’apprendimento è sempre sociale. Lo è perché noi non operiamo mai al di fuori di un contesto e nei contesti gli artefatti e gli altri individui so- no ciò nella cui relazione i nostri apprendimenti si generano, si modificano, vengono sostituiti o consolidati.

Il cervello sociale

Le ragioni di questo fatto vanno cercate a livello evolutivo. La genesi biologica dei processi educativi e formativi trova nel circuito-specchio un’importante conferma (Rizzolatti - Sinigaglia 2006; Rivol- tella 2012). Come è noto, i neuroni specchio sono un particolare tipo di neuroni visuomotori che si attivano sia quando compiamo un’azione (ad esempio, impugnare il gesso e tracciare un segno alla lavagna), sia quando lo vediamo compiere da qualcun altro. Questo fatto ha degli effetti importan- tissimi sull’insegnamento. Guardare un altro fare qualcosa implica che si sviluppi apprendimento non solo sul piano della consapevolezza riflessiva (guardo cosa fa e provo a fare altrettanto), ma già sul piano di quello che potremmo chiamare “training neuronale” (per il semplice fatto di osservarlo, i miei neuroni specchio si allenano ad attivarsi, proprio come se fossi io a farlo).

Al tempo dei cacciatori-cercatori, migliaia di anni fa, questo apprendimento sociobiologico è fun- zionale alla sopravvivenza, perché attiva al suo livello-base il dispositivo della previsione su cui an- cora oggi si costruisce la nostra capacità di apprendimento e presa di decisione più matura (Rivol- tella 2014). Anche a scuola lavorare con gli altri agisce sulla neuroplasticità: vi è un modellamento che è neurofisiologico prima ancora che riflessivo e culturale. Certo poi il livello della riflessività interviene a un livello più alto, garantisce un apporto ulteriore: ma la socialità dell’apprendere è già chiara sul piano biologico. E questo spiega alcuni nostri modi di dire: “La mia maestra mi ha segna- to”; “Eh, il mio maestro mi ha formato!” . Come a dire che il semplice fatto di stare seduti in classe con il nostro insegnante contribuisca a fare di noi quello che poi diventeremo da grandi. Non è solo un modo di dire: accade proprio così e già sul piano neurologico.

A scuola non si copia

Ma allora, perché nonostante la strutturale socialità dell’apprendere – giustificabile come abbiamo visto su base biologica – sentiamo la necessità di qualificare l’apprendimento come “sociale”?

Tutto nasce dal fatto che nella nostra tradizione didattica (di certo a scuola, ma anche all’Universi-

tà) questa naturale socialità non è mai stata considerata in maniera adeguata: anzi, è stata sostituita

(3)

Editoriale

dalla progressiva messa a punto di un approccio squisitamente individuale. A scuola “non si copia”:

il lavoro collaborativo è considerato una scorciatoia e viene sanzionato. A scuola vi è sempre l’esi- genza di stabilire chi abbia fatto cosa, si fa fatica a valutare un prodotto che non sia il risultato del lavoro individuale: questo spiega perché non si riesca ad assegnare lavori che non siano individuali, perché i compiti normalmente debbano essere svolti da soli. A scuola il lavoro di gruppo è di soli- to residuale: serve come alleggerimento (“Stamattina abbiamo lavorato tanto: adesso dividetevi in gruppi di quattro!”), raramente come spazio di costruzione delle conoscenze.

L’orientamento individuale dell’apprendere tipico della scuola ha così reso necessario, nel mondo della teoria, parlare di Social Learning proprio per creare una discontinuità rispetto a questo tipo di tradizione: c’è l’apprendimento individuale e c’è l’apprendimento collaborativo. Ma, va ribadito: la dimensione sociale non è qualcosa che qualifichi un certo tipo di apprendimento, bensì la sua di- mensione strutturale. Non si può che apprendere socialmente.

Grandi Menti

La tecnologia – in particolare gli ambienti di collaborazione on line (come Drive, Dropbox, Wikispa- ces, Edmodo) e gli spazi di social networking (come Facebook) – svolgono da questo punto di vista un’importante funzione di rifocalizzazione. Per dirla con James Paul Gee (2012), questi applicativi servono a ribadire la natura dell’uomo come un essere “plug and play”, determinato dagli strumen- ti che lo circondano e dalle persone con cui si relaziona. Essere “plug and play” significa accorgersi che senza gli altri intorno a noi e senza gli artefatti che ci siamo costruiti difficilmente riusciremmo a fare qualcosa. Capire questo significa sviluppare una Big Mind, una Grande Mente.

La Big Mind, nella prospettiva di Gee, è un dispositivo prodotto dalla capacità delle persone di met- tere insieme strumenti e altre persone. Meno ragioniamo come piccole menti e più ragioniamo co- me grandi menti, più massimizziamo la nostra capacità di essere e fare cose intelligenti. Il program- ma da proporsi, dunque, potrebbe consistere nel tentativo di sviluppare “Grandi Menti”. Gee (2012, p. 200) lo formula così: «Discorsi interattivi, elaborati e sostenuti a proposito dell’esperienza; mette- re in relazione libri, media e parole con il mondo; e coltivare isole di competenza – tutto prima dei cinque anni – ecco i fondamenti di una scuola di successo e spesso, più tardi, del successo nell’uni- versità e nella società».

Una Grande Mente è un insieme di persone che sanno costruire insieme la conoscenza. Il primo compito è insegnare ai bambini a discutere, a lavorare insieme, a cercare negli altri la possibilità di risolvere i problemi che da soli non si riesce a risolvere. Poi occorre che quello che si è discusso fac- cia sistema con il sapere dei libri, con quello che dicono internet e la televisione, con il mondo. In- fine vanno coltivate le competenze. Come nel gruppo collaborativo, è importante che tutti portino il loro contributo; ma come nel gruppo cooperativo, servono gli specialisti.

Le nostre classi funzionano così? Sappiamo guidare i nostri bambini così da farne una Grande Men- te? È importante rispondere a queste domande: da esse passa la possibilità di prepararli bene per i gradi di scuola superiori, per il mondo del lavoro, per la vita.

R isorse

J.P. Gee, The Anti-Education Era. Creating Smart Students through Digital Learning, Palgrave McMillan, New York 2012 P.C. Rivoltella, Neurodidattica. Insegnare al cervello che apprende, Raffaello Cortina, Milano 2012

P.C. Rivoltella, La previsione. Neuroscienze, apprendimento, didattica, La Scuola, Brescia 2014

G. Rizzolatti - C. Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Raffaello Cortina, Milano 2006

(4)

S IM-PIC Animali della fattoria

di Serena Triacca e Davide Moncecchi

La gallery di fotografie di que- sto numero è dedicata agli ani- mali della fattoria ed è stret- tamente connessa a quella del numero precedente (nutrimen- to): Milano in questi giorni è in gran fermento per l’apertura di Expo 2015. Proponiamo qui di seguito una mappa complessi- va del concept che, rispetto al tema fotografico scelto, ci ve- de collocati nella prima sezio- ne (produzione, allevamento, trasformazione)

1

.

A partire dalla visione delle im- magini fotografiche, sarà pos- sibile anche con i più piccoli procedere alla classificazione degli animali, in tabelle a dop- pia entrata o diagrammi ad al- bero, secondo diversi criteri forniti dall’insegnante o sugge- riti dagli alunni: in base ai pro- dotti che forniscono (carne, uova, lana, latte e derivati…), per tipologia di allevamento, alimentazione, riproduzione.

Con i più grandi si potrà met- tere a tema un dibattito su pro e contro dell’allevamento in- tensivo e sull’inquinamento,

1 Per approfondire si veda il documento

“Guida del tema” scaricabile qui http://

goo.gl/U6FQBA. La mappa è una rivisitazione grafica dell’immagine presente a pagina 12. È stata realizzata con Coogle (in Internet, URL: https://

www.coggle.it/)

sia visto come conseguenza dell’allevamento, sia come cau- sa della contaminazione degli animali e successive ripercus- sioni sulla salute umana.

La giornata-tipo in una fatto- ria (sveglia, pulizia, mungitu- ra, pasti, raccolta uova...) po- trebbe essere oggetto di una breve photo-story o di un testo narrativo/descrittivo. Il lavo- ro si potrebbe impostare prima della visita a una fattoria di- dattica

2

– presso la quale bam- bini e insegnanti scatteranno ulteriori fotografie – e comple- tare in seguito con le informa- zioni mancanti o corretto in caso di errori dovuti a ipotesi

2 Per individuare la fattoria didattica più vicina è possibile consultare il portale in Internet, URL: http://www.

fattoriedidattiche.biz/

scorrette. Ulteriori lavori po- trebbero essere svolti sulle fi- liere produttive: lattiero-ca- searia

3

, delle uova, della car- ne. Rispetto a quest’ultima si potrebbe effettuare una ricer- ca sulla lavorazione delle car- ni nel tempo (del maiale, per esempio, in relazione alle parti meno nobili che oggi vengono scartate).

Infine – in linea con i temi trat- tati nel presente e nel preceden- te articolo di SIM-Pic – sugge- riamo la navigazione del sito La Valtellina in tavola. Si tratta di un lavoro realizzato apposi- tamente per Expo2015 dall’Isti- tuto Comprensivo «Paesi Oro- bici» di Sondrio: in Internet, URL: http://goo.gl/g7m68l.

3 In Internet, URL: http://goo.gl/uOCRAD

(5)

S ommario

Direttore

Pier Cesare Rivoltella Redazione

Gloria Sinini g.sinini@lascuola.it Comitato scientifico

Renza Cerri (Università di Genova) Floriana Falcinelli (Università di Perugia) Luigi Guerra (Università di Bologna) Alessandra La Marca (Università di Palermo)

Daniela Maccario (Università di Torino) Elisabetta Nigris (Università di Milano Bicocca)

Achille Notti (Università di Salerno) Loredana Perla (Università di Bari) Pier Giuseppe Rossi (Università di Macerata)

Comitato di Redazione

Progettare: Simona Ferrari (Università Cattolica di Milano)

Comunicare: Alessandra Carenzio (Università Cattolica di Milano)

Valutare: Lorella Giannandrea (Università di Macerata)

Professione insegnante: Davide Parmigiani (Università di Genova)

Studi di caso: Elena Mosa (INDIRE di Firenze) L’angolo del dirigente: Laura Fiorini (Dirigente scolastico del Liceo Maffeo Vegio di Lodi)

Bookmark: Serena Triacca (Università Cattolica di Milano)

Sim-kit: Paola Amarelli (Dirigente scolastico, Adro, BS), Alessandro Sacchella (supervisore di tirocinio a Scienze della formazione primaria, UCSC)

Autori in redazione

Daniele Barca, Stefano Bertora, Elena Borgnino, Giacomo Buonopane, Sonia Claris, Laura Comaschi, Cristina Cuppi, Mina De Santi, Clara Farina, Chiara Friso, Paolo Gallese, Rita Marchignoli, Laura Margutti, Stefania Massaro, Donatella Musella, Francesca Musetti, Francesca Panzica, Francesca Pascolini, Giuseppe Pelosi, Eva Pigliapoco, Fabiola Scagnetti, Nunzia Schiavone, Sabrina Sironi, Anna Soldavini, Isa Sozzi, Elena Valdameri, Elena Valgolio, Sergio Vastarella, Viviana Vinci, Evelina Zamboni, Ivano Zoppi, Lia Zunino

Bookmark

Wall.E

di Laura Comaschi, pag. 18 Scientificando

di Elena Valdameri, pag. 30 Animoto

di Rita Marchignoli, pag. 42 Navighiamo insieme... Edutopia di Isa Maria Sozzi, pag. 61

Cipì

di Antonella Mazzoni, pag. 73 Riordino del Ministero dell´Istruzione,

dell´Universitá e della Ricerca. Prima Parte

di Mario Falanga, pag. 94 Risorse web

Inserite alle pagine 17, 26, 43, 49, 60

S i m - p i c

Animali della fattoria di Serena Triacca e

Davide Moncecchi, pag. 3

Editoriale

Non si impara mai da soli

di Pier Cesare Rivoltella, pag. 1

La gallery di SIM-Pic è disponibile sul sito, nella sezione Approfondimenti per abbonati

(6)

Progetto grafico e impaginazione Overtime di Olivia Ruggeri

Produzione e Editing fotografico SIM-PIC Davide Moncecchi

Segreteria di Redazione Annalisa Ballini

sim@lascuola.it Copertina e Area Web Progettazione e Sviluppo Editrice La Scuola Illustrazioni di copertina

Rielaborazione a cura di Monica Frassine

“Scuola Italiana Moderna”, mensile per la scuola primaria

Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 12 del 4 marzo 1949

ISSN 0036-9888 Quote di abbonamento

Abbonamento annuo 2014-2015 Italia: € 60,00

Europa e bacino del Mediterraneo:

€ 105,00

Paesi extraeuropei: € 129,00 Il presente fascicolo: € 8,00

Abbonamento digitale: € 39,00 (iva incl.) (istruzioni dettagliate sul sito dell’Editrice La Scuola o presso l’Ufficio Abbonamenti) Conto corrente postale n° 11353257 (riportare nella causale il riferimento cliente)

Attenzione: informiamo che l’Editore si riserva di rendere disponibili i fascicoli arretrati della rivista in formato digitale (PDF).

I fascicoli respinti non costituiscono disdetta.

Ufficio Abbonamenti

(con operatore dal lunedì al venerdì negli orari 8.30-12.30 e 13.30-17.30;

con segreteria telefonica in altri giorni e orari)

Tel. 030 2993 286 Fax 030 2993 299

e-mail abbonamenti@lascuola.it Ufficio Marketing

Tel. 030 2993 290

e-mail pubblicita@lascuola.it Direzione, Redazione, Amministrazione, Uffici EDITRICE LA SCUOLA S.p.A.

via A. Gramsci 26, 25121 Brescia Stampa

Vincenzo Bona S.p.A., 1777 Torino Contiene I.P.

Zoom Didattica dentro-fuori di Renza Cerri, pag. 75 La scuola si fa evento di Andrea Traverso, pag. 77

Le classi della montagna

di Stefano Piana, pag. 80 Il dentro e il fuori

di Giovanna Palmero, pag. 84 L’evento culturale come risorsa per la scuola

di Marta Musso, pag. 87

Il museo per la scuola, la scuola per il museo di Simonetta Maione, pag. 90

Bibliografia ragionata di ZOOM

a cura dell’Università degli Studi di Genova, pag. 93

Focus

Progettare

Pensiero breve?

Sì, grazie

di Ennio Pasinetti, pag. 8 La scrittura di sintesi:

il riassunto

di Sabrina Sironi, pag. 12

Comunicare

Comunicare con i blog di Chiara Friso, pag. 21 Blogosfera e dintorni di Alessandra Carenzio, pag. 27

Valutare

La continuità educativa

di Paola Canton, pag. 33

Professione insegnante

Attraverso i nostri occhi

di Maria Grazia Spaggiari, pag. 45

Insegnanti in Germania

di Elena Cossa, pag. 50

Studi di caso

Mi osservo

di Antonella Colombo, pag. 56

Angolo del dirigente

Il sito web della scuola di Cristina Cuppi, pag. 64 Dematerializzazione di Anna Teresa Ferri, pag. 68

Sim-kit

KIT del mese

di Paola Amarelli e

Alessandro Sacchella

pag. 96 ,

(7)

e

Quaderni di lavoro per gli alunni delle cinque classi della Scuola Primaria.

Pratici e operativi, seguono passo passo il programma,

proponendo nuove modalità, anche PYHMGLITIVƙWWEVIUYERXSETTVIWS

con attività graduali, ZIVMƙGLI

di ripasso e TVSZIƙREPM.

Quaderni operativi di rinforzo

e ZIVM¿GE

I cinque quaderni di Italiano forniscono numerose attività per consolidare le RS^MSRMHMSVXSKVEƙEI

morfologia, migliorare la GSQTVIRWMSRIHIPXIWXS

e EZZMEVIEPPETVSHY^MSRIWGVMXXE.

In allegato a ciascun volume

“'MPMIKMRI” un quaderno di 24 pagine a colori per ripassare WXSVMEKISKVEƙE

IHYGE^MSRIEPPŞMQQEKMRI

IEMWYSRM.

Classi 1, 2, 3 ciascun volume pp. 96 + 24 € 4, 80 Classi 4 e 5 ciascun volume pp. 120 + 24 € 5,20

Classi 1, 2, 3 ciascun volume pp. 96 + 24 € 4, 80 Classi 4 e 5 ciascun volume pp. 120 + 24 € 5,20

1EVME6SWE1EWMRM

1EVME6SWE1EWMRM(ERMPE6SXXE

Nei cinque quaderni di Matematica gli argomenti spaziano dalla PSKMGE alle EFMPMX£HMGEPGSPSI

HMQMWYVEHIPPSWTE^MS, introducendo la costruzione di un metodo di studio lineare

e trasferibile ad ogni sapere.

Allegato a ciascun volume

“'MPMIKMRI” un quaderno

di 24 pagine a colori per

ripassare la PSKMGE

e le WGMIR^I.

(8)

F ocus Progettare

Progettare il pensiero breve

di Simona Ferrari, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Il RED, laboratorio di ricerca educativa dell’Università Cà Foscari di Venezia, nell’a.s. 2013 ha condotto una ricerca su 81 docenti del primo ciclo, sull’idea di innovazione, partendo dall’ipotesi che esiste una cesura tra i principi professionali e l’agire. Non è questa la sede per entrare nel merito di tale lavoro (per approfondire i risultati si rimanda all’indirizzo http://www.univirtual.it/red/?q=node/53 e al documento http://www.univirtual.it/red/files/LabRED-DatiRic.Innovazione-2013.pdf), ma una evidenza mi ha incu- riosito.

Alla domanda su come procedere per scegliere cosa si deve trattare in classe e cosa si può tralasciare, gli insegnanti indicano il seguente ordine di strategia scelta: mettere a fuoco i concetti portanti di una disci- plina, seguito dal trovare raccordi tra discipline per costruire percorsi integrati, poi scegliere argomenti di interesse per alunni, seguito dall’identificare saperi essenziali e infine mettere a fuoco conoscenze, proce- dure, logiche della disciplina ponendole in modo sequenziale.

Sembra che siamo portati a una focalizzazione sui nuclei disciplinari in funzione esterna, ossia del lavoro di integrazione con i colleghi e di coinvolgimento dello studente più che dalla concettualizzazione disci- plinare. Probabilmente questo aspetto passa in secondo piano perché i docenti conoscono perfettamente il proprio “specifico” e “tornarci” risulta secondario.

Eppure, quando si parla di innovazione a scuola, efficacia ed efficienza viaggiano sullo stesso livello. Mi spiego meglio. Occorre essere docenti in grado di raggiungere l’obiettivo prefissato (efficaci) e quindi di sviluppare apprendimento (attenzione allo studente) ma occorre farlo in modo efficiente. Soprattutto nella complessità attuale occorre farlo impiegando le risorse minime indispensabili. Sul lato dell’efficien- za entra in gioco il processo di insegnamento: nei processi innovativi si parte sempre dalla necessità di interrogare la propria didattica, da una riflessione sui meccanismi che i docenti attivano nella “traspo- sizione” dei contenuti, da come li propongono e veicolano. Certo gli studenti restano elemento fonda- mentale nel processo, ma prima viene messo in luce il rapporto che il docente ha con la sua disciplina.

Efficacia ed efficienza devono essere in equilibrio, altrimenti l’innovazione non passa a scuola, soprattut- to nella scuola attuale.

Uno strumento utile per lavorare su questo equilibrio e sui due fronti è lavorare sul pensiero breve. Tale strumento risulta interessante sia sul lato dell’insegnamento sia su quello dell’apprendimento.

Serve per interrogare la propria disciplina, per individuare i nuclei portanti e saper condensare nel fra- mework concettuale (cfr. fase operatoria dell’EAS e momento della lezione capovolta) ciò che serve for- nire allo studente perché “ricordi” e si attivi.

In questo recuperiamo il pensiero di Nietzsche che ci fa riflettere sull’importanza del costruire le nostre lezioni sul pensiero breve: “Una buona sentenza è troppo dura al dente del tempo e tutti i millenni non arrivano a consumarla, per quanto a ogni istante essa serva da nutrimento; diviene così il grande para- dosso della letteratura, l’imperituro in mezzo a tutto ciò che cambia, l’alimento che è sempre apprezzato, come il sale, e, ancora come il sale, non diventa mai insipido” (Umano, troppo umano, II, 168).

Dall’altro lato serve per allenare, per rendere competente lo studente. Nella società della velocità essere veloci significa cogliere il senso e saperlo restituire in modo sintetico.

Gli articoli che seguono ci aiutano in questo duplice passaggio e fanno comprendere come lavorare per

un pensiero breve, richiede tempo e metodo.

(9)

Progettare

F ocus

e dal proprio ruolo sociale per- ché sa comunicare, decifrare i messaggi, leggere un giorna- le, usare il computer». Malgra- do ciò, anzi forse proprio per questo, diventato analfabeta, in quanto succube della tecno- logia.

Il processo originerebbe dall’imperversante e pervasi- vo linguaggio impoverito: le espressioni pronte per l’uso che ci evitano la fatica di ela- borarle e che tutti utilizziamo quotidianamente. Peccato che il ricorso massiccio al loro uso determini una contrazione del sapere: «C’è uno stretto lega- me tra come si scrive e come si pensa. La scrittura impone al cervello una metodologia ana- litica, lo impegna a misurare e a riflettere sulla sequenzialità e la logica dei concetti. Invece la comunicazione digitale per- de di vista il suo obiettivo e di- venta un modello usato oltre le Diciamo la verità: fossimo in

sede processuale il pensiero breve sarebbe oggi un imputa- to indifendibile!

Colpa sua o dei suoi detrattori, fatto sta che nella pubblicistica corrente dire “pensiero breve”

rimanda a banale, frammenta- to, incapace di svolgere un’ar- gomentazione e perciò confu- so, frettoloso, non logico. Il sociologo Carlo Bordoni, qual- che tempo fa, in un brillante intervento sul domenicale del

“Corriere della Sera” (Ostag- gi del pensiero breve, “Corriere della Sera-Letture”, 27 genna- io 2013), lo ha definitivamente bollato come conseguenza del- la comunicazione tecnologica e insieme causa di analfabeti- smo secondario, proprio, a dif- ferenza dell’analfabetismo di ritorno, di «un cittadino ben integrato, convinto di essere in possesso di tutte le competen- ze richieste dal proprio tempo

La lezione breve

Pensiero breve? Sì, grazie

Pensiero analitico e sintetico, quando e come attivare il pensiero breve in classe

di Ennio Pasinetti, caporedattore primaria, La Scuola

sue funzioni originarie, finen- do per inibire il pensiero logi- co […] entro i limiti angusti di una sintesi forzata dove si per- de la potenzialità del discorso»

(Bordoni, 27 gennaio 2013).

Non bastasse, è entrato in cam- po Francesco Alberoni (“Il Giornale”, 23 dicembre 2013):

«Dai social network fino al- la politica e all’università: tan- ti aforismi e sempre meno di- scorsi complessi. Nel mon- do moderno e anche in Italia va sempre più prevalendo una forma di pensiero fatto di scrit- ti brevi, di connessioni intuiti- ve e di conclusioni frettolose.

Lo usano i ragazzi col compu- ter e gli adulti con i social net- work, con Twitter e gli sms, ma ormai domina anche nella te- levisione, soprattutto nel cam- po del dibattito politico, dove i partecipanti non espongono mai un pensiero completo con una argomentazione logica.

Interrogandosi sul pensiero breve alla luce di quanto e come viene utilizzato nell’attuale società, si torna a trovare il fondamento e il senso che questo assume nei processi di insegnamento e apprendimento.

Nella profonda analisi fornita sul pensiero analitico e deduttivo e sulla loro complementarietà, l’autore for-

nisce all’insegnante una cornice per inquadrare la questione a livello didattico e tratteggiare possibili mo-

menti di lavoro in classe.

(10)

Progettare

Il pensiero analitico è la capa- cità di comprendere una situa- zione, un problema, un evento mediante l’analisi, cioè scom- ponendo in parti più piccole il problema, la questione, il fat- to, e la capacità di valutare le conseguenze puntuali di speci- fiche catene causali. Esso com- porta una comprensione degli elementi costitutivi del proble- ma in modo sistematico, la co- noscenza successiva dei diversi aspetti, l’individuazione di prio- rità su basi logico-razionali e infine la definizione chiara del- le relazioni di causa-effetto. Si tratta di entrare così nella com- plessità del pensiero causale in atto, in altre parole conoscendo le diverse ragioni, conseguenze o passaggi inclusi nell’analisi.

Il pensiero analitico è fonda- mentale perché utilizza corret- tamente il flusso logico dell’ar- gomentazione razionale, allo scopo di evitare fratture o con- traddizioni nel mostrare la va- lidità delle scelte che si pren- dono. La curiosità è la virtù, il tratto del carattere indispensa- bile e infine il desiderio impli- cito di sapere e conoscere più cose, persone o problemi al fi- ne di conseguire gli obiettivi assegnati o altri superiori e mi- gliori. Ricercare sempre nuove informazioni permette di co- struire processi e conseguire soluzioni sempre più affinati e complessi. Si tratta di un com- portamento decisivo, special- mente quando si deve generare innovazione.

Il pensiero sintetico è la ca- pacità di identificare schemi o collegamenti tra situazioni dif- ferenti e di identificare proble- mi fondamentali o impliciti in Vengono subito interrotti da

una battuta, da un filmato, da qualcun altro che si sovrappo- ne. L’esposizione con argomen- tazione è ormai scomparsa an- che in radio, dove spesso si al- ternano canzonette, commenti, battute oscene, sghignazzi, un chiacchiericcio senza inizio e senza fine. Anche all’universi- tà, spesso, i ragazzi per giudi- care un pensiero o un autore, dicono “mi piace, non mi pia- ce”, come fanno su Facebook.

E spesso non riescono a segui- re un ragionamento logico per una intera lezione».

Intelligenze diverse e complementari

Consapevoli dunque di risalire una china, conviene attrezzar- si per il contraddittorio ed es- sere chiari. Intanto, è necessa- rio precisare che la sintesi non è l’opposto dell’analisi: i due processi stanno tra loro in un rapporto di compendio.

Il processo del pensiero ana- litico consente di conoscere i dettagli e di dipanare gli sno- di nascosti delle cose, quello sintetico di avere una visione d’insieme e dall’alto di ogni evento o circostanza, quello analogico infine di saper com- parare le varie situazioni. Un percorso di comprensione non passiva chiede di utilizzare sia il pensiero analitico, che vuo- le pazienza e deduttività, sia il pensiero sintetico, che richie- de capacità intuitiva e predit- tiva, sia quello analogico che necessita di disponibilità al confronto e alla ricerca di so- miglianze e modalità operati- ve diverse.

situazioni complesse. Significa inoltre anche avere una chiara comprensione della situazione generale e delle relazioni tra i diversi elementi del problema.

Questa capacità è connessa con la qualità dell’intuito e la capacità di comprensione della complessità dei modelli, che ri- chiede sempre un processo in- tellettuale di interpretazione, non di mera lettura meccanici- stica o manualistica dei proces- si. In una situazione articolata, nuova o in rapida evoluzione, è importante farsi subito un’idea chiara della situazione per in- dividuare rapidamente delle soluzioni.

Il pensiero analogico si con- figura come un processo lo- gico specifico, per affronta- re i vari problemi sapendone evidenziare gli aspetti com- parativi e quindi poter indi- viduare soluzioni che già ap- partengano in qualche modo alla prassi aziendale o che co- munque possano rappresen- tarne un’utile variante. Le tre modalità di pensiero danno al- lora una visione d’insieme. La visione d’insieme è infine una capacità di configurare scena- ri risolutivi e, in generale, di cambiamento nella continuità operativa, utilizzando in mo- do integrato i saperi.

Il labor limae

Ora, i tre momenti non sono in

successione temporale, ma si

pongono al nostro cervello co-

me attrezzi da utilizzare circo-

larmente o, se si vuole, a poste-

riori per certificare la correttez-

za di un percorso, risalendone i

tornanti a meta raggiunta.

(11)

Progettare

La brevità è dunque l’esito, non la furbizia che fa saltare i pas- saggi. E come tale, può essere

“progettata”. Se diamo credito a quanto dice Roukhomovsky, e cioè che «La brevità, come l’ha definita la tradizione re- torica, consiste nel dire molte cose in poche parole e, se fos- se possibile, a far pensare più di quanto si dica» (Rivoltella 2013), ne conseguono diretta- mente ricadute importanti nel definire lo stile cognitivo e nel lavoro implicato. In estrema sintesi, si tratta di lavorare per far cogliere l’essenza dei con- cetti approcciati, quindi non a tagliare, ma a mettere a fuoco il nocciolo.

Nell’apprendimento di ciascu- no di noi, è il processo che ci fa concentrare, fin dall’ascol- to o dalla visione di una pagi- na, su ciò che riteniamo essere il mattoncino angolare, da rite- nere e collegare ai precedenti e successivi per mettere in se- quenza un concetto. In termini pratici, è quello che facciamo, materialmente o mentalmente, prendendo appunti. Ed è anche ciò che fanno gli studenti.

In genere, non si bada molto al fatto che gli studenti prenda- no appunti o meno durante le spiegazioni e, di conseguenza, a come lo facciano. Noi stessi, adulti, ci aiutiamo a preparare una lezione, a definire una sca- letta, prendendo appunti. Fac- ciamo mente locale sulla no- stra modalità di appuntare ov- vero di stilare una scaletta, per esempio preparando una pre- sentazione in Power Point.

Proviamo allora insieme a esa- minare, perché e come aiutarsi nell’apprendimento attraverso

gli appunti. Cominceremo col chiederci a che cosa servono gli appunti e potremo raccogliere dal confronto comune alcune risposte ricorrenti:

ƒ capire e ritenere in modo consapevole;

ƒ fare sintesi esaustive e chiare;

ƒ memorizzare;

ƒ studiare;

ƒ fare collegamenti logici e in- ferenze;

ƒ confrontare;

ƒ riutilizzare.

In sintesi, servono :

ƒ per ascoltare o leggere in mo- do attivo;

ƒ per riutilizzare informazioni e concetti creando un discorso o un testo nuovo e originale;

ƒ per ripassare quando è neces- sario.

Prendere appunti, poiché non avviene sotto dettatura e cia-

scuno lo fa secondo un proprio stile, è istantaneamente l’appli- cazione del pensiero breve. Se l’appunto si disperde su det- tagli insignificanti, non è suf- ficientemente sintetico e così via, non ci è utile per fissare un dato e si disperde immediata- mente. La sintesi è una brevi- tà che non può, per esser tale, sbriciolare il senso, pena il non apprendimento. Orazio, per esempio, confessava nell’Ars Poetica di voler essere rapido, e si dispiaceva quando non ci riusciva: «Brevis esse laboro / obscurus fio» («Cerco di essere conciso, e risulto oscuro»).

C’è dunque un applicarsi, un

lavorare profondo per giun-

gere alla brevità del pensie-

ro, quella che impropriamen-

te si dice intuizione come in-

tendessimo “corto circuito”:

(12)

Progettare

l’intuizione ci raggiunge in un momento in cui la nostra mente è apparentemente libe- ra, in una condizione in cui le nostre connessioni tra sistema limbico e neocorteccia hanno la possibilità di correre veloci;

l’intuizione non è mai frutto di assenza di pensiero e se lo è, è solo apparente. L’intelligenza intuitiva è una facoltà dell’in- telletto molto usata il cui stu- dio ha contribuito a smitiz- zare la figura irreale dell’uo- mo come decisore raziona- le. Il pensiero analitico lavora in sequenza ed è lento e fati- coso, invece il sistema intui- tivo lavora in parallelo, spes- so in background. Si tratta di un funzionamento implicito e difficilmente controllabile, ma che funziona molto bene nella vita quotidiana.

L’intelligenza intuitiva e quella analitica operano in simultanea:

ogni decisione, per quanto razio- nale, ha delle basi intuitive. Tutti possediamo un’intelligenza intui- tiva che altro non è che una razio- nalizzazione intellettiva dell’intu- izione. Il sistema intuitivo ope- ra mediante una rappresentazio- ne mentale della possibilità, per giungere a stimare le probabilità che un evento avvenga.

Tempo utile, tempo disperso

La sintesi, se non perde la so- stanza, lucra sul tempo, dà al docente tempo di lezione e so- prattutto di efficacia didattica, distilla le ridondanze, le ripeti- zioni, gli incisi. Proviamo a re- gistrare una lezione e sbobinar- la in vista di una pubblicazio-

ne: se ne dovrà cassare non me- no del 35/40%!

Se il curricolo è, etimologica- mente, percorso, il pensiero breve lo attraversa come una scorciatoia, che permette di arrivare alla meta senza soste e senza uscite laterali. È la li- nea che unisce due punti nello spazio; il suo contrario è l’ara- besco, come ricorda Flaiano in un suo aforisma, che è per l’ap- punto l’espressione di pensie- ro breve: «In Italia, la linea più breve che unisce due punti è l’arabesco! ».

Grava sul nostro sapere acca- demico, sul quale la lezione è modellata, un distacco pro- gressivo dal fare, che per sua natura si concentra sull’essen- ziale: il fare economizza ener- gie, va al concreto. Ne è esem- pio, se si può utilizzare una analogia, l’espressione diretta e puntuale del parlato dialetta- le, così intriso di concreto, ter- ragno. Vi ricordate quel pas- saggio de L’albero degli zocco- li, quando il protagonista, ap- pena sposato, va in viaggio di nozze a Milano? Nel silenzio efficacissimo di quelle scene, lui poco ciarliero e l’atmosfera tra la paura (sono i giorni della rivolta popolare e dei cannoni di Bava Beccaris) e lo stupore, guarda dalla finestra i tetti di Milano, osserva ciò che intra- vede della città grande, si sente minuscolo, spaurito e insieme ammirato del tanto, del gran- de che si presenta ai suoi oc- chi, avvezzi al deserto silenzio- so della campagna bergamasca e tutto ciò che riesce a dire è:

«Quate cà!» (Quante case!).

Esempio mirabile e poetico di

pensiero breve!

(13)

Progettare

F ocus

Il pensiero breve, in classe, prende forma almeno in due momenti del “fare” lezione: da una parte, lato do- cente, nella sua capacità di restituire il framework teorico sul tema scelto, ossia nella capacità di fornire gli elementi importanti e le relative connessioni che restituiscono ai discenti il quadro concettuale; dall’altra, lato studente, viene richiamato nella capacità richiesta di fare sintesi, ricondurre a quadro concettuale i di- versi elementi introdotti, conosciuti, studiati, recuperati dalle diverse fonti.

Il contributo fa centro sulla scrittura di sintesi, proponendo le fasi del metodo di lavoro in classe ed esem- plificando tale metodo.

Il pensiero breve a scuola

La scrittura di sintesi:

il riassunto

Metodo della sintesi, fasi del lavoro sulla sintesi in classe

di Sabrina Sironi, insegnante di scuola primaria

“La sintesi, la brevità, la concisione dei discorsi e dei pensieri sono le doti più anelate da coloro che odiano il superfluo.

Più si è brevi, più si è piacevoli.

La minigonna, ad esempio, perché piace? Perché è corta, se fosse lunga fino ai piedi non avrebbe il successo che ha”.

(E. Iacchetti, Il pensiero bonsai, Mondadori)

Breve premessa di metodo

Il riassunto rappresenta un’at- tività riconducibile alla scrittu- ra di sintesi, che contribuisce a sviluppare negli alunni la capa- cità di valutazione e selezione delle informazioni.

La competenza riassuntiva coinvolge una vasta gamma di aspetti cognitivi, comunicativi, testuali e linguistici.

Saper riassumere significa, in- fatti, riuscire ad analizzare in- formazioni in base a necessità comunicative diverse. In altre parole si tratta di ricavare in- formazioni dai “testi in arrivo”

per riorganizzarle nei “testi in partenza” aventi nuova forma e diversa funzione.

Se questo é vero, il primo nodo cruciale da affrontare é proprio quello relativo alla lettura e alla comprensione del “testo in arri- vo”; il secondo punto decisivo è invece rappresentato dalla pro- duzione del “testo in partenza”.

Sottovalutare l’importanza di

uno dei due passaggi metodo-

(14)

Progettare

Il mago delle comete

Una volta un mago inventò una macchina per fare le comete. Somigliava un tantino alla macchina per tagliare il brodo, ma non era la stessa e serviva per fabbricare comete a volontà, grandi o piccole, con la coda semplice o doppia, con la luce gialla o rossa.

Il mago girava paesi e città, non mancava mai ad un mercato, si presentava anche alla Fiera di Milano e alla Fiera dei cavalli, a Verona, e dappertutto mostrava la sua macchina e spiegava com’era facile farla funzionare.

Le comete uscivano piccole, con un filo per tenerle, poi man mano che salivano in alto diventavano della grandezza voluta, ed anche le più grandi non erano più difficili da governare di un aquilone.

La gente si affollava intorno al mago, come si affolla sempre intorno a quelli che mostrano una macchina al mercato, per fare gli spaghetti più fini o per pelare le patate, ma non comprava mai neanche una cometina piccola così.

– Se era un palloncino, magari, – diceva una buona donna, – ma se gli compro una cometa il mio bambino chissà che guai combina.

E il mago: – Ma fatevi coraggio! I vostri bambini andranno sulle stelle, cominciate ad abituarli da piccoli.

– No, no grazie. Sulle stelle ci andrà qualcun’altro, mio figlio no di sicuro.

– Comete! Comete vere! Chi ne vuole?

Ma non le voleva nessuno.

Il povero mago, a furia di saltar pasti, perché non rimediava una lira, era ridotto pelle ed ossa.

Una sera che aveva più fame del solito trasformò la sua macchina per fare le comete in una caciottella toscana e se la mangiò.

G. Rodari, Favole al telefono, Einaudi Ragazzi, prima pubblicazione 1962

B ox 1

logici significa compromette- re seriamente la buona riuscita di un qualsiasi riassunto (Do - Forni - Verzarol 2005).

Al fine di riflettere sulla prati- ca del riassunto, un riassunto che “si insegna a fare”, non che semplicemente “si fa fare”, è possibile esplorare le potenzia- lità di strumenti didattici che, seppur noti, possono essere ri- letti, analizzati e approfonditi negli aspetti di ricerca metodo- logica, accentuando le azioni strategiche che possono aiuta- re l’alunno di scuola primaria a rielaborare realmente e attiva- mente i testi

1

.

Secondo tale prospettiva, si sceglie di focalizzare l’attenzio- ne su alcune possibili proposte

1 Si rimanda agli obiettivi di apprendimento individuati nel testo delle Indicazioni nazionali al termine della classe quinta della scuola primaria, con attenzione a: Rielaborare testi (ad esempio: parafrasare o riassumere un testo, trasformarlo, completarlo) e redigerne di nuovi, anche utilizzando programmi di videoscrittura

operative, con lo scopo di de- scrivere strumenti di lavoro e coglierne gli elementi di imme- diata trasferibilità.

Riassunti a catena

Un tracciato utile per scrivere un buon riassunto può avere come punto di partenza la divi- sione in sequenze del testo.

Successivamente, per ogni se- quenza si procede a individua- re l’idea centrale, che deve es- sere sintetizzata in poche pa- role o in un titolo. Dopo aver compiuto queste operazioni, il modo più semplice di procede- re è quello di legare tra loro le idee centrali individuate nel- le sequenze attraverso l’uso di connettivi adeguati.

La trasformazione a catena del testo-base suggerisce una sorta di processo a spirale, a partire dal quale il testo ini- ziale viene ridotto e riassun- to per passaggi successivi tra loro concatenati.

Proprio su questa idea è pos- sibile innestare un rinnovato percorso metodologico.

Nella declinazione delle fasi di lavoro, è possibile organizzare un piano didattico adeguato ad alunni della classe quinta della scuola primaria, strutturato a partire dalla presentazione del testo “Il mago delle comete” di Gianni Rodari (box 1).

Prima di… riassumere

La lettura del testo “Il mago delle comete” da parte dell’in- segnante rappresenta la fase di avvio da gestire con modalità pensate per l’intera classe.

Gli alunni in difficoltà entrano in contatto con il testo il gior- no precedente, attraverso mo- menti di lettura guidata con l’insegnante di sostegno e con un compagno tutor.

Gli alunni procedono poi a rileggere il testo in coppia:

l’alunno A legge all’alunno B e

viceversa. Proseguendo nel la-

(15)

Progettare

voro a coppie, gli alunni ven- gono chiamati a dividere il te- sto in sequenze e a evidenzia- re in ogni sequenza le informa- zioni principali. Le informa- zioni non necessarie dovranno essere cancellate. Attraverso opportuni confronti tra i lavo-

ri prodotti in coppia, ne sca- turisce un testo “rimaneggia- to”, nel quale devono risultare evidenti le parti conservate e le parti eliminate, sulla falsariga dell’esempio riportato (box 2).

Quanto proposto in preceden- za richiama due attività didat-

tiche fondamentali per fare del riassunto un’attività produttiva dal punto di vista dell’educa- zione linguistica:

ƒ la contrazione di un testo (fig. 1);

ƒ la selezione delle informazio- ni (fig. 2).

Testo “rimaneggiato”

1. UN MAGO INVENTA UNA MACCHINA PER FABBRICARE LE COMETE

Una volta un mago inventò una macchina per fare le comete. Somigliava un tantino alla macchina per tagliare il brodo, ma non era la stessa e serviva per fabbricare comete a volontà, grandi o piccole, con la coda semplice o doppia, con la luce gialla o rossa.

2. IL MAGO DIMOSTRA COME FUNZIONE LA MACCHINA

Il mago girava paesi e città, non mancava mai ad un mercato, si presentava anche alla Fiera di Milano e alla Fiera dei cavalli, a Verona, e dappertutto mostrava la sua macchina e spiegava com’era facile farla funzionare.

Le comete uscivano piccole, con un filo per tenerle, poi man mano che salivano in alto diventavano della grandezza voluta, ed anche le più grandi non erano più difficili da governare di un aquilone.

3. LA GENTE ACCORRE MA NON ACQUISTA LE COMETE

La gente si affollava intorno al mago, come si affolla sempre intorno a quelli che mostrano una macchina al mercato, per fare gli spaghetti più fini o per pelare le patate, ma non comprava mai neanche una cometina piccola così.

4. LE MAMME PREFERISCONO I PALLONCINI E NON VOGLIONO CHE I LORO BAMBINI VADANO SULLE STELLE

– Se era un palloncino, magari, – diceva una buona donna, ma se gli compro una cometa il mio bambino chissà che guai combina.

E il mago: – Ma fatevi coraggio! I vostri bambini andranno sulle stelle, cominciate ad abituarli da piccoli.

– No, no grazie. Sulle stelle ci andrà qualcun’altro, mio figlio no di sicuro.

– Comete! Comete vere! Chi ne vuole?

Ma non le voleva nessuno.

5. IL MAGO DIVENTA POVERO E SALTA I PASTI

Il povero mago, a furia di saltar pasti, perché non rimediava una lira, era ridotto pelle ed ossa.

6. IL MAGO AFFAMATO TRASFORMA LA MACCHINA IN UNA CACIOTTELLA E SE LA MANGIA

Una sera che aveva più fame del solito trasformò la sua macchina per fare le comete in una caciottella toscana e se la mangiò.

G. Rodari, Favole al telefono, Einaudi Ragazzi, prima pubblicazione 1962

B ox 2

Figura 1 - La contrazione di un testo in una qualsiasi lingua (Balboni 2008, pp. 163-165)

Figura 2 - La selezione delle informazioni in una qualsiasi

lingua (Balboni 2008, pp. 163-165)

(16)

Progettare

In azione sul testo:

riassunti cooperativi

A questo punto, riformate le coppie iniziali, gli alunni pro- cedono a costruire un nuovo testo, lavorando sulle informa- zioni principali.

Operando con programmi di videoscrittura, è utile indivi- duare il numero di parole del testo di partenza (in questo ca- so 274) e fornire un’indicazio- ne da rispettare nel riassunto;

nell’esempio proposto si sce- glie di richiedere di non supe- rare il numero di 150 parole.

Ne consegue un primo riassun- to di 141 parole, come esempli- ficato nel box 3.

Un riassunto

“tira l’altro”

In un successivo momento, l’insegnante rende consapevoli gli alunni in merito alla possi- bilità di ridurre/condensare ul- teriormente il testo per produr- re un riassunto che non superi la soglia di 90 parole.

In questo modo, di riassunto in riassunto, si affinano le abi- lità di sintetizzare e riorganiz- zare davvero i nuclei essenzia- li. L’esempio riportato nel box 4 rappresenta l’esito di un ulte- riore compito riassuntivo.

Primo riassunto (di 141 parole)

«Una volta un mago inventò una macchina per fabbricare comete di ogni colore e tipo.

Il mago andava ai mercati e alle fiere di paesi e città per mostrare la sua invenzione e spiegare come funzionava la macchina.

Le comete uscivano piccole, con un filo per tenerle. Poi a poco a poco si ingrandivano, salivano al cielo e si governavano come un aquilone.

La gente accorreva incuriosita attorno al mago ma non acquistava le comete.

Una donna diceva di preferire un palloncino per il suo bambino invece delle comete.

Il mago invitava tutte le donne a comperare le comete perché i bambini da grandi sarebbero andati sulle stelle e bisognava abituarli da piccoli.

Nessuno però voleva le comete e il mago era rimasto senza soldi.

Una sera il mago era affamato, trasformò la macchina in una caciottella e se la mangiò».

Il confronto tra i diversi riassunti a gruppo allargato, con la guida

dell’insegnante, diventa allora fonte di riflessione sulle modalità di riduzione del testo e sulle regole applicate per riassumere.

Tali regole vengono dunque esplicitate e rese visibili su un poster murale e diventano un “modello metacognitivo” da seguire nelle future consegne di lavoro.

B ox 3

Secondo riassunto (di 87 parole)

Una volta un mago inventò una macchina per fabbricare comete e la portò in giro nei mercati e nelle fiere di diverse città per mostrare come funzionava e per vendere le comete.

Le comete uscivano piccole, con un filo per tenerle e per governarle come un aquilone quando salivano verso il cielo e si ingrandivano.

La gente accorreva per vedere la macchina ma nessuna mamma comprava le comete per i propri bambini.

Una sera il mago affamato trasformò la macchina in una caciottella e se la mangiò.

B ox 4

(17)

Progettare

Dopo aver riassunto

Prima di procedere nella con- divisione con il resto della clas- se dei riassunti di volta in vol- ta prodotti in coppia, i bambini autovalutano il riassunto attra- verso domande-guida funzio-

nali a verificare se in esso sono state conservate tutte le infor- mazioni principali.

In questa direzione è possibile applicare al riassunto la regola delle cinque W riportata a titolo di promemoria nella tabella 1.

“Veniamo al punto”:

le mosse principali di un riassunto

Dagli esempi e dalle tecniche messe in campo precedente- mente, si ricava che la produ- Tabella 1 - La regola delle cinque W

What? Che cosa? Che cosa è successo? Qual è il fatto?

Who? Chi? Di chi si parla? Chi è o chi sono i protagonisti?

Where? Dove? Quali sono i luoghi e gli ambienti in cui accadono i fatti?

When? Quando? Quando si è verificato il fatto?

Why? Perché? Perché è accaduto il fatto?

(18)

Progettare

R isorse

P.E. Balboni, Lo sviluppo delle abilità di trasformazione di testi, in P.E. Balboni, Fare educazione linguistica. Attività didattiche per italiano L1 e L2, lingue straniere e lingue classiche, Utet, Torino 2008

N. Errico, Produrre riassunti di una varietà di testi con scopi diversi, in R. Calò (a cura di), Scrivere per comunicare, inventare, apprendere, FrancoAngeli, Milano 2003

F. Malvezzi, Grammatica in azione 2. Comunicazione, testi, abilità linguistiche, SEI, Torino 2003

R. Rigo, Riassumere imparando a controllare le operazioni di base:

comprensione, riduzione, riformulazione, in R. Rigo, Insegnare la lingua italiana nella scuola secondaria di primo grado, Editoriale Anicia, Roma 2013

G. Do - M. Forni - G. Verzarol, Imparare a riassumere. Riflessioni metodologiche e proposte didattiche, in Internet, URL: http://www.sbt.ti.ch/

all/vetrina/120717.pdf, UIM 2005, prima ristampa, consultato il 21.1.2015 E. Sitta, Riassumere per apprendere, in Riassumere. Indicazioni didattiche, IPRASE Trentino, in Internet, URL: http://try.iprase.tn.it/attivit%C3%A0/

studio_e_ricerca/red5_08/download/riassumere.pdf, pag. 3, consultato il 22.1.2015

isorse web

R

zione di un riassunto è un’at- tività che richiede tempo ed esercizio costante all’interno di un setting di lavoro contrasse- gnato da strategie di lavoro co- operativo.

Inoltre, le mosse procedurali che entrano in gioco di volta in volta sono strettamente col- legate al tipo di testo di par- tenza, all’attivazione di spe- cifiche strategie di lettura e comprensione, all’uso di par- ticolari tecniche di riduzione delle informazioni, di riorga- nizzazione del contenuto, di riformulazione e di revisione (Errico 2003).

Premesso ciò, è possibile ri- leggere le azioni richieste agli alunni nei compiti riassunti- vi precedenti all’interno di tre macro-fasi:

a) individuazione del contenu- to del testo;

b) riformulazione del contenu- to del testo;

c) revisione del riassunto.

La prima fase, legata all’indi- viduazione del contenuto del testo, può essere sintetizza- ta nello slogan “comprende- re per riassumere” e implica sul piano operativo le seguen- ti abilità:

ƒ riconoscere il tipo di testo letto, il destinatario e lo scopo;

ƒ comprendere l’argomento prin- cipale (utilizzando il titolo);

ƒ individuare le informazio- ni principali e secondarie a se- conda del tipo di testo e della sua struttura;

ƒ eliminare le informazioni su- perflue;

ƒ prendere appunti o fare schemi.

La seconda fase consiste nel produrre un nuovo testo più

breve: la riformulazione deve includere i contenuti del testo di partenza ritenuti essenziali.

In questo caso le abilità mag- giormente coinvolte sono:

ƒ parafrasare le informazioni principali (ad esempio, sosti- tuendo alcune parole con sino- nimi);

ƒ sostituire alcune informazio- ni accessorie con altre più sin- tetiche o generali;

ƒ trasformare i discorsi diretti in indiretti;

ƒ esplicitare le inferenze;

ƒ riordinare le varie parti della stesura e collegarle con i con- nettivi adeguati.

Infine abbiamo la fase dedicata alla revisione del riassunto. Ta- le operazione comporta un’at- tenzione distribuita in più mo- menti e richiede forme di revi- sione iniziale, in itinere e finale.

La revisione riguarda essen- zialmente la verifica della com-

prensione ed emerge in fase iniziale, nel momento centrale di organizzazione delle infor- mazioni e nel momento con- clusivo, in cui si rilegge il rias- sunto per controllarne la coe- renza tematica rispetto al testo di partenza.

Se volessimo “venire al punto centrale” della questione, po- tremmo allora concludere che un riassunto ben fatto conduce l’alunno alla scoperta delle po- tenzialità della lingua, dei di- versi modi in cui lo stesso testo può essere “compreso/frainte- so” e riformulato.

Per questo motivo il riassun-

to è da considerarsi “una com-

petenza”, che risponde all’esi-

genza di compiti complessi e

dà luogo a una molteplicità di

prodotti, prove dell’estensio-

ne e delle potenzialità del ri-

assumere.

(19)

B ookmark Wall.E Provare emozioni per una nuova ragione di vita Film

Rcensione di Laura Comaschi, collaboratrice CREMIT

Tag

Umanità/computer, ecologia, a- micizia, amore.

Sinossi

Siamo nell’anno 2805 e Wall-E (Waste Allocation Load Lifter

Scheda tecnica Titolo originale: Wall.E

Anno: 2008

Paese di produzione: Stati Uniti d’America Durata: 96 min

Regia: Andrew Stanton

Voci originali: Ben Burtt, Elissa Knight, Jeff Garlin Genere: Animazione

Earth-Class) è il solo robot- spazzino rimasto in funzione sulla Terra.

Da 700 anni l’umanità si tro- va sulla Axiom, una lussuosis- sima astronave mandata nello spazio con il compito di ospi- tare il genere umano fino alla completa pulizia della Terra.

Purtroppo il ritorno a casa per gli umani, inizialmente previ- sto dopo cinque anni dalla par- tenza, non avviene perché gli altri “robot Wall-E” si disatti- vano prima del tempo.

Durante tutti questi anni, Wall-E ha continuato imperterrito a fare il suo dovere di spazzino e, allo stesso tempo, ha svilup- pato una personalità umana;

un’anomalia per un robot! In mezzo a grattacieli di spazzatu- ra Wall-E seleziona alcuni og- getti degli uomini e li collezio- na nella sua “casa”. Tra questi c’è anche una videocassetta del

film Hello Dolly; ogni volta che Wall-E l’accende prova emo- zioni e spera di trovare anche lui una compagna. Finalmen- te questo momento arriva con l’atterraggio di Eve, una robot- tina mandata sulla Terra con il compito di trovare una traccia di vita sul Pianeta per far così tornare gli uomini sulla Terra.

Quando Wall-E, come segno di affetto, mostra una piantina a Eve, questa la prende e la chiu- de dentro di sé, poi si disattiva in attesa che una navicella la ri- porti sulla Axiom.

Da qui incomincia una nuova avventura per Wall-E che, pur di non abbandonare Eve, la se- gue nello spazio. Sull’astrona- ve gli uomini si muovono so- lo su poltrone galleggianti: so- no troppo grassi e non riescono a camminare, non si relaziona- no tra di loro perché continua- mente davanti a uno schermo.

Wall-E e Eve, insieme al Co- mandante B. McCrea, cerche- ranno di combattere contro il computer Auto – vero coman- dante dell’astronave che si op- pone loro – e riusciranno a tor- nare sulla Terra, che riprende- rà a rifiorire grazie alla volontà e al lavoro degli umani.

I due robot potranno vivere in-

sieme felici.

(20)

Film

La citazione

“Io non voglio sopravvivere… io voglio vivere!”

Attività 2: Sono felice quan- do… (consigliato alle classi terze, quarte e quinte)

L’attività consiste innanzitut- to nell’individuare in quali si- tuazioni della storia i perso- naggi principali sono felici e quali azioni li hanno portati a essere felici (es: il comandan- te era felice quando ha ripreso il comando dell’astronave ri- portandola sulla Terra, quan- do ha iniziato a camminare, quando si è incuriosito e ha voluto conoscere le usanze e la cultura degli umani…).

Una volta fatto ciò si chiede a ogni alunno di provare a ri- flettere su se stesso cercan- do di individuare un momen- to in cui è stato felice e quali comportamenti ha compiuto per raggiungere questo stato d’animo.

Obiettivi:

ƒ far emergere nei bambini sta- ti d’animo positivi;

ƒ far capire come un’emozio- ne positiva possa essere la con- seguenza di una nostra buona azione, anche se questa richie- de sacrificio.

Tempo previsto: 2 ore.

Attività 3: Dieci regole d’oro per nutrire il Pianeta (con- sigliato alle classi quarte e quinte)

Alla classe vengono mostra- te alcune scene del film dove sono raffigurati i due ambien- ti principali in cui si svilup- pa la storia: la Terra e l’inter- no dell’Astronave Axiom. Lo scopo è quello di individuare insieme ai bambini le abitudi- ni, lo stile di vita e le caratte- ristiche del paesaggio al fine di portare la riflessione sulle

Il film in classe:

proposte didattiche

Il film Wall-E suggerisce per l’approfondimento in classe diversi temi di attualità. Sicu- ramente è interessante il con- fronto su inquinamento, l’ali- mentazione, gli stili di vita, il consumismo, l’energia rinno- vabile, la responsabilità delle nostre azioni soprattutto nei confronti della natura. Di se- guito vengono presentate alcu- ne attività didattiche.

Attività 1: Ricomponiamo la storia (per tutte le classi) Alla classe vengono mostra- ti dei cartoncini con indicate alcune sequenze del film (te- sto scritto). I bambini dovran- no ordinare i cartoncini in base allo sviluppo della storia e nu- merarli in ordine cronologico.

A ogni alunno poi verrà conse- gnata una scena del film; su un foglio il bambino dovrà dise- gnare la sequenza che gli è sta- ta affidata. Una volta comple- tati tutti i disegni si chiederà di nuovo alla classe di riordinarli al fine di realizzare uno story- board. Il lavoro di composizio- ne della storia può essere svi- luppato anche con la LIM (i di- segni possono essere convertiti in digitale attraverso una scan- sione o una fotografia).

Obiettivi:

ƒ rileggere e ricostruire il rac- conto individuando le scene più importanti della storia;

ƒ rappresentare la storia al fine di focalizzare meglio le azioni e le relazioni che si intrecciano;

ƒ conoscere cos’è uno story- board.

Tempo previsto: 2 ore.

conseguenze (inquinamento, obesità, poca relazione/contat- to) del consumismo sfrenato e delle troppe comodità che gli umani si sono concessi. Do- po questa attività la classe vie- ne suddivisa in piccoli gruppi.

Ogni gruppo dovrà definire al- meno tre regole utili a “salva- re il Pianeta” da questi proble- mi, sia dal punto di vista eco- logico sia da quello umano. Il lavoro si conclude con il con- fronto e la rielaborazione del- le regole al fine di sviluppare un decalogo volto a “Nutrire il Pianeta”.

Obiettivi:

ƒ far riflettere su argomenti at- tuali;

ƒ individuare comportamenti quotidiani e soluzioni concrete (le regole) per “Nutrire il Pia- neta”.

Tempo previsto: 3 ore.

Per approfondire:

alcune curiosità

ƒ Hanno collaborato al film co- me consulenti anche Jonathan Ive e la sua equipe, responsa- bili del design dei prodotti Ap- ple (la robot Eve, infatti, ricor- da un I-Pod).

ƒ Gli occhi di Wall-E (simili

a un binocolo) sono frutto di

un’ispirazione che il regista ha

avuto da piccolo: spostando il

binocolo su e giù, poteva far

assumere allo strumento diffe-

renti stati d’animo (felicità, tri-

stezza).

(21)

F ocus Comunicare

I blog per essere lettori e autori consapevoli

di Alessandra Carenzio, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Quando pensiamo al blog come spazio, ambiente e insieme di linguaggi emergono in superficie mol- te idee sulla scuola, sull’insegnante e sugli studenti.

Rispetto al primo punto, una scuola che lavora con i blog è una realtà curiosa, che gioca sul terreno della medialità come occasione per comunicare verso l’interno (il blog è pur sempre un modo per raccogliere materiali e rendicontare pratiche didattiche) e verso l’esterno (pensiamo ai blog aperti che creano un ponte tra le scuole, tra la famiglia e la classe, alimentando quello che Gee chiama il

“gruppo di affinità”).

Rispetto al secondo punto, l’insegnante che fa didattica con il blog abbraccia un modello che rac- coglie le sfide comunicative della Rete (comunicare, sapersi esprimere) e dell’educazione (il rife- rimento qui è alle otto key competencies che ognuno di noi conosce bene) e che incontra l’approc- cio dialogico e di costruzione del sapere. Una didattica, in poche parole, che fa leva sull’esperienza, sulla condivisione all’interno del gruppo, sulla possibilità di dire la propria senza il timore di essere sanzionati.

E gli studenti? Se ben progettato, lo spazio del blog è un modo per raccontare e diventare esperti, per approfondire, per conoscere i compagni e apprezzarne le qualità (quelle che nell’extrascuola emer- gono e che in classe spesso sono taciute). Scrivere un blog e partecipare significa in seconda battuta diventare capaci di leggere i media. Ci hanno insegnato a usare il modello delle 5W di Lasswell per analizzare i messaggi dei media: chi scrive o annuncia il messaggio? In cosa consiste il messaggio?

Con quale canale lo esprime? A chi si rivolge? Che effetti produce?

Cinque domande chiave che gli studenti possono porsi pensando al proprio status di autore e scrit- tore che il blog consente e amplifica, come tutti i social media o i media autoriali. Imparare a pen- sarsi come produttori di comunicazione, ecco cosa rende importante una didattica con il blog che trascende il contenuto specifico (su cui comunque si lavora e si produce pensiero).

Gli articoli che compongono la sezione sulla Comunicazione sono interamente dedicati alla questio-

ne. Il primo, curato da Chiara Friso (insegnante e studiosa di blog), ci restituisce il quadro del blog-

ging per la scuola, con numerosi esempi e spunti di applicazione. Il secondo, curato da chi scrive,

riprende in mano i termini utilizzati per parlare di blog, costruendo un glossario ragionato capace

di incontrare i bisogni degli insegnanti.

(22)

F ocus Comunicare in Rete Comunicare

Comunicare con i blog

Alcune delle numerose azioni possibili nello “spazio”

esteso della scuola

di Chiara Friso, insegnante di scuola primaria

Pur non nascendo con intenti educativi espliciti, il blog è oggi una strategia e uno strumento didattico- educativo.

L’articolo ripercorre per punti, con un taglio pratico e operativo, il senso della pratica dell’educational blog- ging, attraverso sei domande chiave: perché, chi/con chi, quando, dove, che cosa, come.

Le risposte ci pongono nelle condizioni di aprire e gestire un blog, come occasione di crescita e di riflessio- ne sulle proprie pratiche didattiche.

The Six Questions of educational blogging

Addentrandosi nello spazio in- terconnesso della blogosfera è facile scoprire che esistono numerosi blog dalla specifica connotazione educativa e di- dattica, diversi tra loro per for- ma, contenuti e autori: si pas- sa dai radioblog ai photoblog, dai blog disciplinari ai blog di confronto libero, dai blog di studenti ai blog di insegnanti o dirigenti scolastici. La scoperta si fa pedagogicamente più in- teressante quando si rileva che gli educational blogs, oltre a es- sere stati (e a essere) oggetto di sperimentazione in numerose scuole sia all’estero che in Ita- lia, si sono affermati, ormai da diversi anni, anche come tema di riflessione e di ricerca peda- gogico-didattica.

Why?

Perché praticare blogging a scuola? Dall’analisi delle espe- rienze di educational blogging sia a livello internazionale che nazionale e dallo studio della letteratura esistente in merito emerge che il blog è una tec- nologia 2.0 con un potenziale spendibile nel campo dell’edu- cazione scolastica, una ve- ra e propria risorsa pedagogi- ca da impiegare all’interno di percorsi educativi e didattici.

Semplificando e sintetizzando potremmo dire che le valenze didattiche del blog si eviden- ziano in relazione a tre diver- se potenzialità e finalità d’uso, che presentiamo sinteticamen- te per punti chiave, non volen- doci dilungare troppo in questa fase di apertura.

1. Il blog come sussidio alla co- municazione didattica. Il blog può essere utilizzato come uno

strumento di supporto all’inse- gnamento, in relazione a qual- siasi contenuto disciplinare e metodo didattico (per l’analisi dettagliata di questo aspetto si rinvia al paragrafo rispondente alla domanda What?).

2. Il blog come metodo per fa- cilitare l’apprendimento. Tre di- verse tipologie di apprendi- mento possono essere favori- te dall’impiego del blog a scopi educativo-didattici:

ƒ apprendimento cognitivo. Le

pratiche di blogging sostengo-

no l’apprendimento di contenu-

ti disciplinari, interdisciplinari

o extradisciplinari. Tale proces-

so è favorito da almeno quattro

condizioni: l’accesso ai conte-

nuti organizzati nel blog, l’ac-

cesso diretto alla rete, lo scam-

bio conoscitivo che si realizza

nell’ambiente online, lo sharing

informativo che avviene inten-

zionalmente o casualmente con

gli abitanti della blogosfera;

(23)

Comunicare

ƒ apprendimento abilitativo. Il contributo del blogging edu- cativo-didattico all’acquisizio- ne di competenze procedurali si manifesta in relazione a spe- cifiche abilità considerate og- gi indispensabili per la forma- zione globale e professionale dei ragazzi: selecting and filte- ring information, reading and writing for the Web, using New technologies, creating Multime- dia objects;

ƒ apprendimento valoriale. Fa- re blogging vuol dire forma- re alcuni fondamentali aspetti valoriali e modi di essere: sa- per abitare in modo corretto la Rete attraverso la pubblica- zione responsabile di interven-

ti e prodotti multimediali e la citazione corretta delle fonti e degli autori; saper riflettere sul proprio operato e su quello al- trui imparando ad auto e co- valutarsi al fine di migliorare i propri prodotti e interventi co- municativi; saper esprimere la propria identità affrontando te- mi e argomenti che interessano in prima persona e utilizzando i mezzi più congeniali: parole, video, fotografie, ipertesti, im- magini, commenti ecc.; saper interagire con gli altri in rete promuovendo processi socia- li e comunicativi, in particola- re quelli dialogici-argomenta- tivi; saper condividere e colla- borare. I blog sono un ambien-

te tecnologico adeguato per at- tivare forme di partecipazione a comunità di apprendimento, esperienze di cooperative lear- ning e di reciprocal teaching.

3. Il blog come sistema per re-

alizzare ambienti di apprendi-

mento in Rete. Il blog è un’ar-

chitettura essenziale, ma alta-

mente flessibile, capace di as-

sumere molteplici forme e di

coinvolgere soggetti diversi. La

pluralità formale e la pluralità

delle relazioni lo rendono un

sistema tecnologico capace di

sostenere la creazione e lo svi-

luppo di ambienti di appren-

dimento online, cioè di “spazi

definiti dal sistema di relazio-

ni e strumenti che prende cor-

Riferimenti

Documenti correlati

TABELLA PER LA CESSAZIONE O RIDUZIONE DELLA CORRESPONSIONE DEGLI ASSEGNI FAMILIARI (AI LAVORATORI AUTONOMI) O DELLE QUOTE DI MAGGIORAZIONE DI PENSIONE (AI PENSIONATI DELLE

Da applicare ai soggetti cui si corrispondono gli assegni familiari o le quote di maggiorazione per i figli ed equiparati minori e che siano nella condizione di vedovo/a,

Come già sperimento durante il terzo corso, anche quest’anno gli studenti degli istituti partecipanti saranno coinvolti durante la seconda parte del corso, e

Progetto finanziato nell’ambito del bando di Ateneo per iniziative di public engagement 2019 La partecipazione al convegno è gratuita, previa registrazione obbligatoria inviando mail

Infatti, un Paese civile è soltanto quello che riesce a rendere i cittadini più deboli “protagonisti” della collettività e, perché no, anche della stessa vita

Lo spiega il nuovo Rap- porto “Less (cars) is more: how to go from new to sustainable mobility” di Transport & Environ- ment (T&E) da cui emerge che senza politiche mirate

15.10 - 15.30 Gianfranco Tarsitani: Piano nazionale della prevenzione e terza età 15.30 - 15.50 Giulio Fornero: La Rete HPH e HS in Italia e nel mondo. 15.50 -

Per le prestazioni effettuate da lavoratori autonomi, per gli interventi di natura straordinaria e più in generale per la regolamentazione dell’accesso di tutti coloro che, in