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In merito all’interessamento linfonodale: 12 pazienti venivano classificate come cN0, 45 come cN1, 6 come cN2 e 7 come cN3

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Academic year: 2021

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8. RISULTATI

8.1 Caratteristiche dei pazienti, risposte patologiche e tossicità

Abbiamo raccolto i dati di 70 pazienti affette da carcinoma mammario HER-2 positivo sottoposte a trattamento chemioterapico neoadiuvante con trastuzumab e successiva chirurgia, trattate negli anni dal 2009 al 2015 presso il Polo Oncologico ed il Centro Senologico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.

La totalità della popolazione era di sesso femminile e presentava un età mediana alla diagnosi pari a 50 anni, con range 26 -76 anni. Le pazienti avevano tutte un ECOG PS ottimale, 0 nell’81% dei casi (57/70); 1 nel 19% (13/70). Il 63% delle pazienti (44/70) si trovava in uno stato pre-menopausale al momento della diagnosi.

Per quanto riguarda lo stadio di malattia valutato clinicamente, il 44% (31/70) delle pazienti aveva una forma precoce di carcinoma: tra queste, 1 presentava uno stadio IA, 9 erano classificabili nello stadio IIA, le restanti 21 invece nello stadio IIB. Il 56% (39/70) delle pazienti presentava invece un quadro localmente avanzato di malattia e tra queste, 5 avevano le caratteristiche del carcinoma infiammatorio. In particolare, 17 avevano uno stadio IIIA di malattia, 15 uno stadio IIIB ed infine 7 uno stadio IIIC di malattia.

Il valore mediano del diametro tumorale massimo pre-trattamento era di 40 mm (range 7-120 mm). In merito all’interessamento linfonodale: 12 pazienti venivano classificate come cN0, 45 come cN1, 6 come cN2 e 7 come cN3.

Ad una prima valutazione multidisciplinare senologica ed oncologica, alla luce della stadiazione effettuata, 69 (98%) pazienti erano state candidate ad intervento di mastectomia upfront, 1 (2%) paziente era stata invece candidata a quadrantectomia ma comunque sottoposta a terapia sistemica preoperatoria nel’ottica di un intervento maggiormente conservativo (per maggior risparmio di cute e capezzolo in caso di risposta al trattamento).

Per quanto riguarda le caratteristiche istologiche della neoplasia mammaria valutate sul campione bioptico, il 95.7% dei casi (67/70) aveva una diagnosi di carcinoma duttale infiltrante, in due casi (2.9%) era stato diagnosticato un carcinoma lobulare infiltrante e solo in un caso (1.4%) un’istologia mucinosa.

In merito al livello di espressione immunoistochimica ormonale, il 63% (44/70) ed il 68% (48/70) dei casi erano risultati rispettivamente positivi per i recettori estrogenici e progestinici. Nel complesso, il 74%

(52/70) dei pazienti era stato considerato positivo per lo stato dei recettori ormonali (con livelli di espressione che andavano dall’1 al 98%).

Il grado di differenziazione delle cellule tumorali sul campione bioptico preoperatorio, era risultato scarsamente differenziate (G3) e moderatamente differenziato in un egual numero di casi (5/70; 7%).

Tuttavia, nell’ 86% delle pazienti tale caratteristica non risultava disponibile.

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Il dato riguardante il grado di proliferazione cellulare (MIB-1), era presente in 69/70 biopsie preoperatorie.

Utilizzando come valore cut-off un grado di proliferazione pari al 14%, l’88% dei casi (61/69) presentava un alto grado di proliferazione mentre i restanti casi (8/69) un basso grado.

La positività di HER-2 era stata evidenziata all’immunoistochimica (valore pari a 3+) nell’87% dei casi (61/70). Nel rimanente 13% dei casi (9/70) era stato effettuato il test di conferma tramite metodica FISH, risultato amplificato in 8 pazienti e borderline in 1.

Su un totale di 10 pazienti analizzate per il profilo mutazionale di BRCA1/2, si erano riscontrati solo genotipi wild-type e nessun assetto mutazionale.

Tutte le pazienti avevano ricevuto indicazione a trattamento primario con chemioterapia e trastuzumab e chirurgia a completamento previa rivalutazione multidisciplinare. Le pazienti avevano ricevuto trastuzumab in concomitanza alla chemioterapia (generalemente in concomitanza con i taxani) tranne in un caso in cui era stato somministrato in sequenza ad un regime di FEC (5-Fluorouracile, Epirubicina, Ciclofosfamide).

Trastuzumab era stato poi proseguito in adiuvante dopo la chirurgia a completare 52 settimane di terapia in tutti i casi eccetto uno in cui erano state riscontrate lesioni secondarie alla rivalutazione peri-post operatoria e si era pertanto optato per una prima linea metastatica.

In merito alla chemioterapia, i regimi utilizzati comprendevano EC seguito da TXL (30 casi, 42% del totale), FEC seguito da TXL/TXT (34 pazienti, 48%), FEC da solo (un caso, 2%), TXL seguito da EC (2 casi, 3%), TXL seguito da FEC (2 casi, 3%), TXL da solo (1 paziente, 2%).

Tutte le pazienti avevano ricevuto un trattamento chirurgico al termine della terapia sistemica, presso il Centro Senologico dell’AOUP. In particolare il 70% (49/70) era stato sottoposto a intervento di mastectomia, mentre il 30% (21/70) ad una chirurgia di tipo conservativo.

Dopo la discussione multidisciplinare, oltre a terminare i cicli di somministrazione di trastuzumab, il 54%

delle pazienti (38/70) era stato sottoposto a sedute di radioterapia sulla mammella o sulla parete residua.

In virtù dello stato dei recettori ormonali, inoltre, nel 58% dei casi (41/70) le pazienti avevano ricevuto ormonoterapia in adiuvante.

Dallo studio dei preparati istologici tumorali ottenuti durante l’intervento è emerso che il 46% delle pazienti (32/70) aveva ottenuto una risposta patologica completa (pCR), definita come assenza di residuo invasivo su mammella e/o su linfonodi con residuo non invasivo ammesso (ypT0/is ypN0) dopo il trattamento a base di chemioterapia neoadiuvante e trastuzumab. Le pazienti che non avevano ottenuto la risposta patologica completa erano state invece il 53% (37/70) e in un caso (1%) si era verificata una progressione di malattia.

In particolare, tra le forme precoci di malattia era stato maggiore il tasso di risposte patologiche complete (55%, 17 casi su 31) rispetto a quello raggiunto nei pazienti con quadri localmente avanzati di malattia (39%, 15 casi su 38).

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Tra le pazienti con recettori ormonali positivi, la percentuale di risposte patologiche complete era risultata del 39% circa (20/51), mentre nelle pazienti HR-negative si era invece ottenuto un tasso di pCR del 63%

(12/19). Nessuna correlazione statisticamente significativa è stata rilevata tra lo stato dei recettori ormonali e la risposta patologica (pvalue=0.10).

In merito al grado di proliferazione delle cellule neoplastiche, tra le 61 pazienti con Mib-1>15% valutato sul campione bioptico preoperatorio, il 48% (29/61) presentava una pCR all’istologico definitivo, mentre tra le 8 pazienti con Mib-1<15% il tasso di risposte patologiche complete era del 37% (3/8). Anche in questo caso nessuna differenza statisticamente significativa è stata evidenziata nei due gruppi di pazienti (p=0.80) Restringendo i criteri di definizione di risposta patologica completa, pertanto non ammettendo la presenza di residuo non invasivo, la percentuale di risposte complete scendeva al 28% (20/70); in contrapposizione il 17% (12/70) presentava un residuo “in situ” all’esame istologico definitivo.

Viceversa, espandendo la definizione di pCR, ammettendo pertanto la presenza di forme invasive di dimensioni <0,5 cm senza coinvolgimento linfonodale, si raggiungevano percentuali del 58% (41/70).

Per quanto riguarda la diffusione ai linfonodi della malattia prima e dopo il trattamento, tra le 58 pazienti con metastasi linfonodali alla diagnosi, 44 di queste (76%) presentavano una negativizzazione dello stato linfonodale (ypN0) all’intervento chirurgico, le restanti 14 (24%) invece rimanevano ypN+. La mediana dei linfonodi asportati durante la chirurgia era 18 con un range che andava da 1 a 35.

E’ stato poi effettuato un confronto nei pazienti non responsivi riguardante lo stato di diversi parametri biologici analizzando i campioni tumori pre e post trattamento.

Per quanto concerne la valutazione dello stato di HER-2 (tramite immunoistochimica oppure tramite metodica FISH) nei pazienti che non ottenevano la pCR, il 29% (8 su 27 complessivamente valutabili) presentava una perdita della positività di HER-2 all’atto chirurgico al termine del trattamento sistemico.

Valutando il grado di proliferazione delle cellule neoplastiche (MIB-1), la mediana è passata da un valore del 30% (range 2-89%) prima del trattamento a un valore dell’8% (range 1-94%) al termine di questo.

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8.2 Whole exome sequencing

Presso la Fondazione Pisana per la Scienza – ONLUS è stato condotto il sequenziamento di nuova generazione per la valutazione del profilo esomico dei campioni tumorali delle pazienti sottoposte a chemioterapia neoadiuvante e trastuzumab.

Il sequenziamento è stato condotto tramite sequenziatore Ion Proton (Ion Torrent, Life Technologies, Grand Island, NY) e i dati sono stati analizzati con supporti bioinformatici.

Allo stato attuale, tale analisi preliminare è stata eseguita su un totale di 6 pazienti. Queste pazienti sono state selezionate sulla base dello stadio di malattia, dello stato dei recettori ormonali, valutato con immunoistochimica, e dell’outcome clinico, inteso in termini di risposta patologica all’intervento. In particolare sono stati selezionati pazienti con forme localmente avanzate di malattie e risultati negativi per i recettori ormonali. Sono stati analizzati 3 pazienti con risposta patologica completa (definita come assenza di residuo invasivo su mammella e/o su linfonodi; con residuo non invasivo ammesso, cioè ypT0/is ypN0) (full responder, FR) di cui era disponibile il campione bioptico pre-intervento; e 3 pazienti che non hanno ottenuto risposta completa (partial responder, PR), confrontando il campione bioptico ottenuto prima della terapia (before therapy, bt) con quello ottenuto durante l’intervento chirurgico al termine della terapia (after therapy, at).

Lo studio, a carattere esplorativo, si è concentrato, sull’individuazione di mutazioni puntiformi, inserzioni/delezioni.

L’intero spettro mutazionale è stato dapprima valutato all’interno di ogni campione in termini di singole varianti e poi in termini di geni coinvolti; sono stati quindi confrontati i diversi esomi fra loro per individuare mutazioni comuni e mutazioni esclusive dei singoli campioni.

Il campione dei paziente partial responder before therapy è stato inoltre confrontato con quello after therapy: dal momento che si tratta di pazienti non responsivi, nel caso le mutazioni aumentino di frequenza dopo la terapia, queste potrebbero ragionevolmente rappresentare un meccanismo di resistenza, nel caso invece che diminuiscano di frequenza, potrebbero essere predittive di risposta alla terapia. In questa seconda ipotesi, è ragionevole pensare che tali mutazioni possano ritrovarsi anche nei campioni full responder, i quali si sono rivelati appunto completamente sensibili al trattamento. Dal momento che ogni tumore presenta decine di migliaia di mutazioni somatiche, i risultati ottenuti nei diversi campioni sono stati filtrati sulla base del coverage, cioè del numero di letture (reads) effettuate dal sequenziatore, e sulla base della qualità del processo. Inoltre si è scelto di mettere in luce soltanto le mutazioni missenso predette deleterie da Sift, quelle frameshit e quelle non-senso, escludendo ad esempio le mutazioni sinonime oltre che tutte quelle introniche. L’analisi bioinformatica ha permesso anche di verificare quali mutazioni fossero in realtà dei polimorfismi presenti nella popolazione. I dati grezzi sono stati di nuovo filtrati attingendo da database presenti in letteratura, come il Cosmic Database (catalogo online delle mutazioni somatiche

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presenti nei tumori) (134) e si è ulteriormente ristretto il campo andando a ricercare le cosiddette mutazioni driver del DriverDB (135), cioè quelle maggiormente coinvolte nella carcinogenesi.

Nel gruppo dei pazienti partial responders, sono state individuate 4 mutazioni a comune in tutti e 3 i campioni e presenti esclusivamente in questi. Tali mutazioni, predette deleterie all’interno di sequenze codificanti, coinvolgono i geni: ANKRD44, CEP350, FAM175A e SYNE2.

In particolare ANKRD44 sembrerebbe essere implicato nella via di segnalazione di NF-Kb potendone regolare l’espressione attraverso l’attivazione di un feedback interno di controllo.

Infatti, in condizioni normali il recettore HER2 attiva la proteina IKK (anche denominata CHUK) e questo a sua volta determina l’attivazione di NF-Kb che entra nel nucleo cellulare promuovendo la trascrizione genica e da ultimo la proliferazione cellulare. Al fine di mantenere un controllo ed equilibrio nella proliferazione cellulare, il pathway di NF-Kb viene controllato da vari meccanismi interni alla cellula. Uno di questi meccanismi potrebbe essere rappresentato dalla proteina ANKRD44 che, con un duplice meccanismo, esercita un’azione inibitoria su NF-Kb. Da un lato infatti, interagendo con PPP6C, defosforila e inattiva MAP3K7 che a sua volta non può attivare IKK (CHUK) e di conseguenza NF-Kb; e dall’altro attiva NFKBIE che codifica per una proteina che intrappola NF-Kb nel citoplasma cellulare impedendone l’ingresso nel nucleo e la successiva attivazione della trascrizione.

Il trattamento con Trastuzumab blocca l’azione di HER2 nell’attivare il pathway di NF-Kb; inoltre ANKRD44 normalmente funzionante attraverso la defosforilazione di NFKBIE sequestra NF-Kb con conseguente blocco della trascrzione genica.

La mutazione di ANKRD44 comporterebbe una perdita di funzione della proteina con conseguente perdita del feedback interno di controllo su NF-Kb e quindi con successiva proliferazione cellulare e resistenza al meccanismo di azione del trastuzumab.

Al momento risulta meno chiaro il ruolo delle altre 3 mutazioni geniche individuate e poche ipotesi si possono fare sul meccanismo che le potrebbe vedere implicate in processi di resistenza al trastuzumab.

Sappiamo ad ogni modo che:

- CEP350 codifica per una proteina che a livello del centrosoma forma un complesso necessario all’ancoraggio dei microtubuli al centrosoma stesso. Interagisce inoltre con il complesso FGFR10P-FGFR1 e così facendo comporta l’attivazione di PI3K ed il pathway delle MAP chinasi, che sappiamo essere coivolti da ultimo nei processi di proliferazione cellulare.

- FAM175A è una componente del complesso BRCA1 dove agisce permettendo l’assemblaggio dei vari componenti del complesso stesso e media il reclutamento di BRCA1. Quando fosforilata interagisce direttamente con BRCA1.

- SYNE2 codifica per una proteina che forma una rete di collegamento tra organelli ed il citoscheletro al fine di mantenere l’organizzazione spaziale subcellulare. E’ una componente del complesso SUN che è coivolto nel mantenimento dell’organizzazione nucleare e nella sua integrità strutturale. Dall’analisi dei 3

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campioni con risposta completa di malattia dopo l’intervento chirurgico, sono state invece selezionate 4 mutazioni geniche a comune, ma non esclusive di questo sottogruppo essendo state individuate anche in 2 dei 3 pazienti partial responder. Queste mutazioni in particolare coinvolgono i geni: BEST3, COL21A, LARP1B, MYOM1. Anche in questo caso non esistono al momento in letteratura dati che le associno a meccanismi noti di risposta al trastuzumab e la loro implicazione in tale processo resta al momento un’ipotesi. In particolare sappiamo che:

- BEST3 appartiene alla famiglia delle bestrofine che sono canali anionici che regolano il potenziale di membrana. Nello specifico la sua proteina forma canali anionici Ca-Cl sensibili ed è permeabile agli ioni bicarbonato HCO3⁻.

- COL21A codifica pel catena alfa del collagene di tipo XXI, che costituisce un elemento fondamentale per l’integritàdella matrice extracellulare.

- LARP1B lega l’mRNA e sembra essere implicato nella down regolazione diretta del pathway Ras-MAP kinasi.

- MYOM1 codifica per la proteina myomesina 1, proteina miofibrillare, che al pari di altre proteine (myomesina 2, titina, ecc) costituisce la componente principale dlla banda M della miofibrilla.

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