Area temática: Multiculturalismo y Minorías Culturales
Título: I Dialetti Parlati in Sardegna
Autor: Sara del Valle Paz de Vargiu
Instituciones: Círculo Sardo del NOA, Tucumán Universidad del Norte Santo Tomás de Aquino
Premessa
Il linguaggio è l'elemento più intimamente legato alla ragione e all'essenza dell'uomo il che si costituisce come tale dal momento che raggiunge, fra altre cose, un sistema di segni che le permettono impadronirsi della realtà attraverso la parola.
Il linguaggio è un fenomeno umano essenzialmente sociale, appare tra un gruppo d'uomini che condividono uno spazio geografico e una storia, per quello è licito pensare che la lingua propria sia un modo particolare di concepire il mondo, e che allo stesso tempo nasca della visione più profonda e filosofica della realtà e dell'essere.
Lo fin quo detto ci permette capire il perché della grandissima diversità di lingue che possiamo elencare, anche in un leggero studio sul particolare. L'essere umano parla (e scrive) in uno speciale modo, non semplicemente perché vuole farlo così, ma perché non gli resta un'altra possibilità: ogni uomo "è" sua lingua come forma allo stesso tempo essenziale e particolare di essere.
Imparare a parlare e a scrivere è una priorità fondamentale in qualsiasi società, per ciò l'importanza d'includere alle nuove generazioni, al più presto possibile, nel dominio dei codici linguistici de la loro comunità, per raggiungere cosí una piena partecipazione.
Avendo conto di questi concetti, si puó capire l'interesse delle minorie linguistiche per difendere la loro lingua, e lottare per l'uso, non solo a livello domestico, ma ufficiale, nella scuola e negli uffici pubblici.
I dialetti in Italia
La realtà lingüística italiana costituisce un mosaico di dialetti e minorie linguistiche che includono altre lingue come idioma materno. Quella varietà lingüística si produce dal fatto che la Repubblica Italiana è costituita originalmente da piccoli Stati con delle differenze socio-economiche e fondamentalmente socio- culturali (tradizioni, folklore, lingua, ecc.).
Oltre alle isole linguistiche dove si parla tedesco, albanese, catalano, greco o serbo-croato, in Italia troviamo numerosi dialetti come il piemontese, l'umbro, il campano, il siciliano e il campidanese tra altri.
Sardegna in confronto alle lingue è un chiaro esempio di quefaa varietà che fa dell'Italia un caso unico al mondo, e che ha condizionato l'unità culturale di questo Paese che paradossalmente, ha avuto prima l'unione politica e soltanto molto dopo l'unita lingüística (in gran parte grazie ai mass-media, in particolare la radio).
Al momento dell'unità d'Italia, fuori della Toscana e di Roma, soltanto l'otto per cento della popolazione conosceva la lingua ufficiale, e tuttavia nel 1954, quando incominciarono le puntate della televisione, il 55 per cento era dialettofono. Per ciò c'è stato un tempo in cui delle persone parlavano soltanto la lingua materna, il loro dialetto, situazione questa che gli ha portato non pochi problemi come i plasmati in Padre Padrone racconto autobiografico di Gavino Ledda: un giovane originario dell'isola di Sardegna che solo parlava
il sardo, quando si trasferì in "continente" per il servizio militare, è costretto dai superiori ad esprimersi in italiano e gli venne proibito di parlare in sardo con altri coterranei che per caso erano insieme con lui nello stesso destino militare fuori l'Isola.
Durante molto tempo i giovani, nonostante capire la lingua dialettale dei nonni e genitori, non la parlavano in pubblico o davanti agli stranei per considerarla un segno d'arretratezza. Quest'atteggiamento contribuì ad affermare l'uso della lingua ufficiale, oltre ai mass- media e alla scuola dell'obbligo dove, com'è naturale, era proibito parlare nei numerosi dialetti.
I dialetti in Sardegna
Alla caduta del Fascismo, la popolazione sarda, che ancora registrava un tasso del 30% di analfabetismo, contava pure con un 80/90 % di sardo-parlanti.
Tutt'ora oggi la comunicazione orale nell'interno della Sardegna si fa attraverso una doppia via: quella dell'italiano (considerato come una seconda lingua fino agli anni cinquanta) e il dialetto sardo nelle sue diverse varietà. Nell'Isola sono presenti tre grandi forme dialettali che attendendo al dominio territoriale e al numero di parlanti si possono ordinare del seguente modo: nella zona meridionale il campidanese, nel centro-settentrionale il logudorese nel centro- orientale il chiamato barbaricino o nuorese.
Altre varietà corrispondono al gallurese, (una specie influenzata dal corso, il toscano e il genovese), il sassarese (che si parla nella città di Sassari), l'algherese, una curiosa varietà che s'identifica col
catalano, il carlofortino tipico dell'isola di San Pietro che ha una forte presenza per non dire identificazione col genovese (come traccia della colonizzazione da parte dei genovesi nel secolo diciottesimo).
A quest'elenco si devono aggiungere varietà minori o sub-dialettali che si possono costatare in paesini staccati da pochi chilometri.
Si può affermare che, più che altre lingue, il sardo presenta aspetti pragmatici che fanno che non sia capito veramente da chi non conosca dall'interno la cultura generale del popolo sardo. Allo stesso modo, non si può fare studi seri sull'antropologia isolana senza conoscere la lingua.
Per alcuni linguistici, il logudorese (originario del Logudoro regione del nord isolano) è considerato come una lingua derivata del latino come lo spagnolo, il francese, il portoghese, il romeno e l'italiano.
Pier Enea Guarnerio, uno dei maggiori esperti italiani del sardo, nel 1905 pubblicò nel volume 16 dell'Archivio Glottologico Italiano, un articolo in cui proponeva considerare la varietà logudorese come un membro della famiglia linguistica romanza e non più subordinato al gruppo dei dialetti italiani.
In generale il sardo è, tra le lingue romanze, quella che conserva meglio i caratteri morfologici del latino e fa parte del sistema delle lingue latine occidentali perché mantiene i plurali in -os e -as , le forme verbali in -s e in -t e i neutri in -s.
All'interno del repertorio di lingua sarda le funzioni di linguaggio sacro sono assunte dal logudorese, il quale pur parlato per un numero inferiore di persone in confronto al campidanese, e considerato superiore giacché è la lingua dei testi antichi, come l'arcaico codice
chiamato Carta de Logu, dei poemi storici e mitologici, delle canzone scritte e delle poesie improvisate delle gare, molto frequenti nell'Isola; oltre ad essere la lingua della predicazione della Chiesa.
Nonostante esistevano studi anteriori, si considera il fondatore della lingüística sarda a Giovanni Spano (1803-1878) chi scrisse nel 1840 un'Ortografia Sarda Nazionale, un testo per l'insegnamento contrastativo del sardo e dell'italiano, oltre ad un vocabolario sardo- italiano e italiano- sardo, più un'importante raccolta di poesie e proverbi. Ma il maggiore studioso della lingua sarda fu Max Leopold Wagner chi insieme alla questione fonetica s'interessò per aspetti antropologici ed etnografici. Nel 1964 finisce il Dizionario Etimologico Sardo in tre volumi; quest'opera insieme ad un gran
numero di libri sul particolare colloca Wagner tra i più rilevanti etimologisti del secolo ventunesimo.
Il bilinguismo nella scuola
Dopo tantissimi anni di lotta parlamentare, per istituire il bilinguismo nella scuola oltre agli uffici pubblici, i parlamentari sardi sono riusciti nell'1997 ad affermare il diritto del popolo sardo di tutelare la sua identità culturale attraverso la difesa della loro lingua. Nel 1948 nello Statuto Speciale che istiuisce la Sardegna come Regione Autonoma non si fece posto alla sardità, cioè alla cultura sarda e in essa alla lingua.
Per anni lo Stato Italiano ha bocciato sistematicamente gli intenti di istituire ufficialmente il bilinguismo in Sardegna, sotto la premessa che corrisponde allo Stato assicurare un minimo d'omogeneità nei
programmi di studi, e perché autorizzare l'insegnamento dei dialetti, significherebbe andare contro il diritto dello Stato a fare leggi valide per tutti gli italiani. Non è difficile sospettare che sulle misure prese in questo senso, lo Stato abbia voluto proteggere l'unità lingüística così faticosamente raggiunta vedendo nel bilinguismo un pericolo.
È importante rilevare che in altre Regioni come Val d'Aosta, il Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia Giulia, il Parlamento Italiano autorizó il bilinguismo nelle scuole, pero non di un dialetto ma di una lingua straniera per andare incontro alle minorie linguistiche di questi territori che parlano francese, tedesco e ladino, ed sloveno rispettivamente.
Nella Legge Regionale Nº 26 del 15 ottobre 1997 sulla promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna si afferma nell'articolo 2 quanto segue: "1. Ai sensi della presente legge la Regione assume come bene fondamentale da valorizzare la lingua sarda - riconoscendole pari dignità rispetto alla lingua italiana- la storia, le tradizioni di vita e di lavoro, la produzione letteraria scritta e orale, le espressioni artistiche e musicali, la ricerca tecnica e scientifica, il patrimonio culturale del popolo sardo nella sua specificità e originalità, nei suoi aspetti materiali e spirituali".
La tutela della lingua sarda in tutte le sue varietà, includendo "alla cultura e lingua catalana d'Alghero, al tabarchino delle isole del Sulcis, al dialetto sassarese e a quel gallurese" (art.2 comma 4), si basa nei principi della pari dignità e del pluralismo linguistico sanciti dalla Costituzione e nella Carta europea delle lingue regionali e
minoritarie, come anche nella Convenzione quadra europea per la protezione delle minoranze.
La Legge prevede tra altre azioni, la creazione di un Osservatorio regionale per la cultura e la lingua sarda, un censimento del repertorio linguistico dei sardi, conferenze annuali, interventi finanziari, l'uso del linguaggio sardo nella pubblica amministrazione e l'integrazione dei programmi scolastici nell'ambito dell'autonomia didattica delle scuole.
È importante porre l'accento che negli uffici di Cagliari, Sassari, Nuoro e d'Oristano il sardo si alterna da sempre all'italiano nella comunicazione orale. L'uso del sardo serve a marcare il carattere amichevole, cordiale, affettivo di una comunicazione pur incominciata al compimento di un atto ufficiale.
Conclusioni
La legge 26/97 sull'uso del sardo negli uffici pubblici, non fa altro che ripristinare una situazione che da sempre si è data in Sardegna. I dialetti sardi vivono oggi un rifiorire ufficiale grazie alla varata legge, che non è altro che il risultato del particolare interesse dei sardi per affermare il diritto a tutelare la loro cultura (che si conta tra le più antiche del mondo) e soprattutto la loro lingua.
L'atteggiamento dei sardi è in consonanza con quello di altre regioni europee ed americane che lottano per imporre il proprio linguaggio.
Bibliografía
-Brigaglia, Manlio; Mattone, Antonello e Melis Guido . La Sardegna Enciclopedia. Edizioni Della Torre. Cagliari. 1982.
-Nilo,Mario Direttore. Italia. Ministero Affari Esteri. Istituto Geografico De Agostini. 1987.
-Orrú, Tito Direttore. Bollettino Bibliografico e Rassegna Archivistica e di Studi Storici Della Sardegna Nº 23. Cagliari 1997 - Legge Regionale Nº 26/ 1997. Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna.
In confronto all'italiano, da sempre, i sardi hanno esperimentato un gran rispetto per le persone bilingui, particolarmente per gli avvocati, che erano capaci di difendere ai loro clienti, che solo parlavano in sardo, davanti ai giudici che naturalmente si esprimevano in italiano.
Di fronte a questa gran varietà dialettale i sardi, specialmente gli anziani, hanno avuto da sempre un atteggiamento etnocentrista, in altre parole, essi considerano che il loro dialetto sia il "vero sardo";
non ostante quello si è giudicato di gran saggezza imparare diverse parlate locali oltre alla lingua materna.