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Academic year: 2022

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Lavoro (Rapporto di) - Lavoro subordinato - Indennità di fine rapporto di lavoro - In genere - Insolvenza del datore di lavoro - Obbligazione di fondi di garanzia diversi ex art. 2 legge 297 del 1982 - Accollo ex lege - Configurabilità - Condizione - Verificazione dell'evento protetto - Conseguenze - Fondo competente all'erogazione - Criteri di individuazione - Rapporto di lavoro in essere alla cessazione del rapporto di lavoro - Necessità - Fondamento - Fattispecie.

Corte di Cassazione – Sez. Lavoro - 16.09.2005, n. 18294 - Pres. Senese - Rel. Toffoli - P.M.

Destro (Diff.) - INPS (Avv.ti Triolo e Fabiani) - INPGI (avv. Boer) - Bettelli ed altri (Avv.

Fezzi)

Con riferimento alla previsione di fondi di garanzia diversi (presso l'Inps, l'Inpgi per i giornalisti, essendo oramai soppresso l'Inpdai, per i dirigenti di aziende industriali), di cui all'art 2 della legge n. 297 del 1982, nell'ipotesi di lavoratori assicurati nel tempo presso istituti diversi, ai fini dell'erogazione dell'intero trattamento di fine rapporto assume rilievo la responsabilità del fondo competente in relazione alla natura giuridica del rapporto di lavoro in essere al momento della sua cessazione, atteso che l'obbligo posto a carico del fondo è l'effetto di un accollo cumulativo ex lege e l'assunzione dell'obbligazione è subordinata alla verificazione dell'evento protetto costituito dall'insolvenza del datore di lavoro. A diversa conclusione non può pervenirsi, né per l'esistenza di contribuzioni a favore di fondi diversi, stante la mancanza di correlazione tra misura della contribuzione e misura delle prestazioni, né per l'esistenza di adeguamenti delle contribuzioni all'andamento dei fondi, in considerazione della circostanza che i fondi diversi da quelli istituti presso l'Inps assicurano non le imprese ma una particolare categoria di dipendenti delle stesse, le quali possono occupare anche lavoratori assicurati presso l'Inps. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, con riferimento a giornalisti dipendenti di una società fallita, i quali avevano lavorato come impiegati nei primi anni, aveva condannato l'Inps e non l'Inpgi al pagamento della relativa quota di t.f.r.).

FATTO - Patrizia Luppi, Chiara Bottelli Lelio e Valentina Guerrini, a seguito del fallimento della società alle cui dipendenze avevano lavorato come giornaliste, chiedevano il pagamento del t.f.r. al Fondo di garanzia istituito presso l'INPGI, a norma dell'art. 2 della legge n. 297/1982, Avendo questo istituto rifiutato il pagamento della quota del t.f.r. corrispondente ai periodi iniziali dei rapporti di lavoro, durante i quali le interessate erano state inquadrate come impiegate, le lavoratrici agivano in giudizio chiedendo la condanna dell'Inps e, in subordine, quella dell'Inpgi, al pagamento delle quote di t.f.r. in questione.

Il Tribunale di Milano, con due diverse sentenze, accoglieva la domanda nei confronti dell'Inpgi, che condannava al pagamento delle somme richieste (L. 4.431.789, oltre accessori in favore di

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Luppi e, rispettivamente, L. 14.631.358 e L. 4.085.871, oltre accessori, in favore di Bettelli e Guerrini).

A seguito di appello dell'mpgi e appello incidentale subordinato delle lavoratrici, la Corte d'appello, riuniti i giudizi, accoglieva tali impugnazioni, dichiarando l'Inps e non l'Inpgi tenuto a corrispondere il t.f.r. maturato per il periodo di iscrizione lavoratrici all'Inps. Conseguentemente condannava l'Inps a pagare le relative somme alle interessate e quest'ultime a restituire all'Inpgi gli importi ricevuti per lo stesso titolo.

Il giudice di secondo grado riteneva suggestiva ma non fondata la tesi del primo giudice, che aveva dato rilievo alla circostanza che il diritto al t.f.r. non esiste prima della cessazione del rapporto di lavoro e che l'intervento del fondo ha natura di accollo ex lege del debito.

Doveva, invece, attribuirsi rilevanza decisiva sulle modalità di formazione del fondo previsto dall'art 2 della legge del 1982: esso, in base al comma 8, ha contabilità separata nell'ambito della gestione dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e si forma con il contributo dello 0,03 a carico dei datori di lavoro, la cui aliquota può essere modificata, in diminuzione o in aumento, con decreto ministeriale, sulla base delle risultanze del bilancio consuntivo del fondo stesso e al fine di assicurare il pareggio della gestione. Aderendo all'impostazione seguita dal giudice di primo grado, tale norma fondamentale non sarebbe stata in grado di operare, tenendo anche conto del fatto che sicuramente sono diverse tali risultanze di bilancio, in relazione al diverso tasso di insolvenza delle aziende che fanno capo all'Inps, all'Inpgi o all'Inpdai.

Tale conclusione è confermata dal fatto che la legge non prevede trasferimenti di contributi da uno all'altro dei fondi, in relazione al passaggio di categoria dei lavoratori.

Ciò si spiega con il fatto che ogni ente deve rispondere pro quota solo per il periodo di sua competenza.

Contro questa sentenza l'Inps propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, L'Inpgi resiste con controricorso.

Le tre lavoratrici resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale condizionato nei confronti dell'Inpgi.

DIRITTO - I due ricorsi devono essere riuniti (art. 335 c.p.c.).

L'Inps denuncia violazione e falsa applicazione dell'ari. 2 della legge 29 maggio 1982 n. 297 e insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo.

L'istituto ricorrente sostiene che, rivestendo l'intervento del fondo di garanzia natura di accollo ex

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lege, e non di fideiussione, e costituendo il t.f.r. una retribuzione differita esigibile al momento della cessazione del rapporto di lavoro, l'obbligo di corrispondere tale emolumento non può che gravare sull'ente competente al momento della sua maturazione.

Ne è giustificato fare riferimento al percepimento dei contributi destinati ad alimentare il fondo di garanzia, stante il principio di infrazionabilità del t.f.r. e l'inesistenza di una norma che preveda una rapporto di corrispettività pro quota tra la percezione dei contributi dagli enti gestori dei rispettivi fondi e l'erogazione del trattamento di fine rapporto.

D'altronde, gli adempimenti fiscali previsti a carico del sostituto di imposta dall'art. 23 del d.P.R. n.

600/1973 possono essere espletati solo dall'ente presso cui il lavoratore è iscritto al momento della cessazione del rapporto, in possesso del modello TFR 3-bis, indispensabile per la liquidazione dell'imposta afferente al trattamento di fine rapporto.

Del resto, non si rinvengono ostacoli di principio all'ipotesi di un trasferimento di tutti i contributi versati durante tutto il rapporto di lavoro al fondo di garanzia tenuto in caso di insolvenza del datore di lavoro.

Con il loro ricorso incidentale le lavoratrici rilevano che, in caso di accoglimento del ricorso principale, sarebbe consequenziale l'accertamento dell'obbligo dell'Inpgi di corrispondere loro la quota di t.fr. che è in contestazione solo relativamente all'individuazione del fondo di garanzia competente per il suo pagamento. Dovrebbe quindi essere cassata la pronuncia di appello nella parte in cui ha assolto l'Inpgi dalle domande proposte nei confronti dalle lavoratrici e ha condannato queste ultime alla restituzione degli importi liquidati in esecuzione della sentenza di primo grado; e dovrebbe essere ribadita la condanna dell'Inpgi al pagamento.

Il ricorso principale è fondato.

Come è noto, la giurisprudenza di questa Corte, con riferimento alle prestazioni assicurate dal fondo di garanzia istituito con all'art. 2 della legge 29 maggio 1982 n. 297 in caso mancato pagamento del trattamento di fine rapporto da arte del datore di lavoro insolvente, ha ritenuto l'obbligo posto a carico di detto fondo quale effetto di un accollo cumulativo ex lege, e conseguentemente ha valorizzato la natura retributiva (più che previdenziale) della prestazione al fine di individuare la disciplina legale applicabile in materia di determinazione degli interessi e della rivalutazione e in materia di prescrizione (Cass. sez. un. 3 ottobre 2002 n. 14220; 16 agosto 2004 n. 15945; 20 dicembre 2004 n. 23608; 13 novembre 2001 n. 14091).

Il riferimento all'istituto dell'accollo vale a sottolineare che l'assunzione dell'obbligazione anche da parte dell'istituto assicurativo è subordinata alla verificazione dell'evento protetto, cioè

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l'insolvenza del datore di lavoro accertata nei modi previsti dalla legge a seconda della qualità o meno di imprenditore del datore di lavoro. Del resto, anche il più recente orientamento giurisprudenziale che sottolinea il carattere di assicurazione sociale della garanzia del pagamento del t.f.r., caratterizzata dalla particolarità che la tutela del lavoratore è assicurata non già mediante l'erogazione di un'autonoma indennità ma dall'assunzione della responsabilità solidale per l'erogazione del t.f.r., collega questa assunzione alla verificazione dell'insolvenza del datore di lavoro (Cass. 15 novembre 2004 n. 21595).

Ne discende che, rispetto alla previsione da parte dell'art 2 della legge n. 297/1982 della costituzione di fondi di garanzia non solo presso l'Inps, ma anche presso l'inpgi, istituto assicuratore dei giornalisti, e presso l'Inpdai, istituto assicuratore dei dirigenti di aziende industriali (quest'ultimo, peraltro, ormai soppresso e assorbito dall'Inps), deve ritenersi che assuma rilievo, con riferimento all'intero t.f.r., la responsabilità del fondo competente in relazione alla natura giuridica del rapporto di lavoro in essere al momento della sua cessazione.

Nè fondatamente può valorizzarsi, come nella specie ha fatto la Corte d'appello di Milano, l'esistenza di contribuzioni a favore di un fondo diverso in una fase precedente dei rapporti di lavoro, di cui non è in discussione la unitarietà. Non sussiste, infatti, alcun nesso diretto tra la contribuzione versata anno per anno in relazione alle retribuzioni corrisposte ai singoli lavoratori e la protezione assicurativa garantita ai medesimi per il pagamento del t.f.r. in caso di insolvenza del datore di lavoro. Al riguardo deve in particolare ricordarsi non solo il principio c.d, dell'automaticità delle prestazioni di cui all'art, 2116, primo comma, c.c., ma anche, più in radice, che non esiste alcuna correlazione tra misura della contribuzione e misura delle prestazioni, in quanto i contributi devono essere versati in una certa percentuale della complessiva retribuzione assoggettabile a contribuzione ex art. 12 1. n. 153/1969, e cioè anche sulle voci non computabili ai fini del t.f.r. a norma dell'art. 2120 c.c.

Del resto l'inesistenza di un nesso diretto tra contribuzioni e prestazioni è reso evidente dalla circostanza che la copertura assicurativa è stata integrale, anche per il trattamento di fine rapporto maturato in precedenza, a partire dall'entrata in vigore della legge n. 297/1982.

Peraltro, non appaiono condivisibili neanche le osservazioni più specifiche del giudice di appello circa l'operatività della norma sull'adeguamento della contribuzione a seconda dell'andamento gestionale dei fondi di garanzia (al riguardo cfr. anche l'art 4 del d.igs. 27 gennaio 1992 n. 80, che, istituendo la garanzia anche del pagamento della retribuzione degli ultimi tre mesi, ha elevato l'aliquota contributiva allo 0,05 per cento, salvo successive variazioni). In effetti l'Inpgi (così come in passato anche l'Inpdai) non assicura aziende diverse da quelle assicurate dall'Inps, ma

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piuttosto una particolare categoria di dipendenti di imprese che possono occupare anche lavoratori assicurati presso l'Inps (e in passato presso l'Inpdai). Inoltre non si vede come il fatto che i fondi possano rispondere anche per quote di t.f.r. maturate in periodi di lavoro caratterizzati da versamenti ad un fondo diverso possa incidere sulle valutazioni riguardanti la necessità o meno di variare la percentuale di contribuzione per assicurare il pareggio delle gestioni. Oltrettutto, se si dovessero tenere presenti a tal fine gli oneri per t.f.r. maturati a carico dei datori di lavoro (oneri indicativi del rischio gravante sul fondo di garanzia), tale dato sarebbe disponibile solo da parte dell'istituto presso cui i rapporti di lavoro sono allo stato assicurati, grazie alle denunce annuali di cui all'art. 2, comma 9, che devono riportare anche l'accantonamento complessivo per t.f.r. risultante a credito del lavoratore.

Deve dunque essere accolto il ricorso principale.

E' consequenziale l'accoglimento del ricorso incidentale.Cessata la sentenza impugnata, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto delle domande delle lavoratrici nei confronti dell'Inps e l'accoglimento delle stesse nei confronti dell'Inpgi. Per la quantificazione assumono rilievo le statuizioni dei giudici di primo grado (effettuata naturalmente la conversione delle lire in euro), che non hanno formato oggetto di censura in appello da parte dell'Inpgi.

Quanto alle spese dell'intero giudizio, esse vengono regolate in base al criterio della soccombenza nei rapporti tra lavoratrici e Inps sussistono invece giusti motivi per compensarle tra i due istituti previdenziali e tra le lavoratrici e l'Inps.

(Omissis)

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