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Analogia di Reynolds

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Academic year: 2022

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(1)

Lezione del 04/04/2013 – 9:30-12:30

LEZIONE 6 Indice:

Riassunto lezione precedente...1

L’analogia di Colburn...3

Lo strato limite...3

La separazione dello strato limite...7

Esercizio: superficie piana riscaldata e lambita dal vento...15

Analogia di Reynolds

Riassunto lezione precedente

Alla fine della scorsa lezione si era giunti ad alcune formule che mostravano il comportamento di tre grandezze adimensionali (temperatura, concentrazione della specie A e velocità). Queste grandezze possono assumere valori compresi tra 0 e 1 ma non è detto che passino da un estremo all’altro del loro dominio in modo uguale. Le formule trovate erano le seguenti:

* A

*

*

*

A C

Sc Re Dt

DC  

 1 2

(Diffusione)

*

*

*

*

Pr T Re Dt

DT

1 2 (Scambio termico)

*

*

*

*

*

*

Re v Dt p

v

D



1 2 (Fluidodinamica)

In particolare la terza equazione (Navier-Stokes) presenta due incognite, pressione e velocità, per questo motivo è necessario utilizzare una seconda equazione per risolvere il sistema, tipicamente si considera l’equazione di continuità.

Facendo l’ipotesi, molto restrittiva, di trascurare il gradiente di pressione (

*p*

 ), e contemporaneamente avere Sc=Pr=1, allora il comportamento di queste grandezze è esattamente lo stesso e si può giungere all’analogia delle tre relazioni sopra. Sono poi stati calcolati i loro gradienti alla parete, che rappresentano ulteriori raggruppamenti adimensionali:

D Sh L h z

C

AB m p

*

*

A

(Numero di Sherwood, diffusione)

(2)

L’analogia di Reynolds è quindi la seguente (analogia completa):

2 Cf

Re Nu Sh

Che si può anche scrivere in modo diverso dividendo tutto per il numero di Reynolds:

2 Cf

Re Nu Re

Sh (1)

Nel campo di validità dell’analogia di Reynolds, questa presenta il grande vantaggio di permettere l’analisi di fenomeni fluidodinamici e diffusivi attraverso l’equazione dello scambio termico. Infatti lo studio di un sistema attraverso il caso termico risulta essere quello di più semplice applicazione in quanto le temperature sono facilmente deducibili attraverso prove sperimentali con sensori di temperatura.

Per esempio, se fossimo nel caso di acqua che scorre in un tubo potremmo applicare la relazione di Dittus-Boelter: in questo caso se fosse valida l’analogia di Reynolds e si conoscesse il numero di Nusselt, si potrebbe ottenere facilmente anche il numero di Sherwood e il coefficiente di attrito Cf. Tuttavia per l’acqua Sc Pr 1 e inoltre si ha anche una certa perdiat di carico nel tubo, quindi p0, pertanto l’analogia non è per nulla valida. Se nel tubo scorresse aria, pur non potendo trascurare la caduta di pressione, si potrebbe però approssimare che Sc=Pr e sarebbe quindi valida l’analogia, ma solo tra il problema termico e quello diffusivo, ovvero si avrebbe solo l’analogia parziale T*=CA*.

L’unico caso in cui è possibile trascurare il p è quella di una corrente fluida che lambisce una superficie piana, come ad esempio il caso di una piscina lambita da una corrente d’aria, dove l’analogia sarebbe completa, come visto nella lezione precedente.

L’analogia di Colburn

Cerchiamo di allargare il campo di validità dell’analogia di Reynolds con una formula più generale, detta analogia di Colburn (oppure anche

(3)

3 2

1 3

1

Cf

Pr Re

Nu Sc

Re

Sh

 

 (2)

Questa formula vale anche con Sc Pr 1 e con gradiente di pressione non nullo, quindi a differenza dell’analogia di Reynolds ha valenza del tutto generale.

Definiamo il fattore di Colburn termico JH e il fattore di Coluburn diffusivo JM come segue:

3

Pr1

Re JH Nu

  13

Sc Re JM Sh

 

L’analogia di Colburn si può quindi riscrivere come segue:

2

f M H

J C

J

Lo strato limite

Lo strato limite è la zona in cui il flusso di fluido in moto risente della prossimità di un corpo.

Consideriamo inizialmente il caso di uno strato limite dinamico o fluidodinamico, cioè il caso di un lamierino fermo investito da una corrente di aria:

(4)

Alla parete si ha:

  x

z p

v

(3)

Dove il segno meno indica che lo sforzo tende a frenare il moto del fluido. Definiamo l’altezza dello strato limite dinamico come la quota alla quale il valore della velocità del fluido è pari al 99% della velocità del fluido indisturbato v, ovvero:

  , v v 099

Poiché nella scorsa lezione abbiamo definito la velocità adimensionale v*

come v v , vale quindi che:

    0,99

v v* v

Sperimentalmente si è osservato che il valore di aumenta in maniera sublineare con l’aumento di x, come mostrato nella precedente figura: per x vicina alla quota iniziale x=0 lo strato limite aumenta molto velocemente, e alla quota z=0 il fluido passa bruscamente da v v a v=0, quindi il suo gradiente v z p è elevatissimo. Di conseguenza, a causa della (3), anche la tensione tangenziale  è molto elevata in quel punto. Gli andamenti delleX

due grandezze in funzione di x sono quindi:

(5)

Quello che abbiamo appena illustrato riguarda il problema fluidodinamico, ma discorsi analoghi valgono anche per il problema termico e quello diffusivo: ogni problema avrà in generale un proprio strato limite, quindi una propria quota , diverso da quello degli altri problemi. Infatti lo strato limite fluidodinamico, lo strato limite termico e lo strato limite diffusivo sono in generale diversi fra loro, come mostrato nella seguente figura:

Gli strati limite sono uguali solo nel caso particolare in cui vale l’analogia di Reynolds.

Analizziamo per esempio il problema diffusivo:

(6)

L’altezza dello strato limite diffusivo c è definita come segue, analogamente allo strato limite fluidodinamico:

   

99 C 0,

C

C C C

Ap A

Ap c A c

*

A

 

Dato che:

DAB

Sc

Se Sc<1 significa che lo strato limite fluidodinamico ha uno sviluppo meno rapido dello strato limite diffusivo, e viceversa.

Inoltre, siccome:

2

  Pr

Se Pr<1 significa che lo strato limite dinamico ha uno sviluppo meno rapido dello strato limite termico, e viceversa.

Dato che in aria Pr=0.7 e Sc=0.6, quindi sia il numero di Prandtl che quello di Sherwood sono minori dell’unità, si avrà che lo strato limite fluidodinamico è più lento di quello diffusivo che a sua volta è più lento di quello termico, quindi la situazione sarà la seguente:

(7)

Dove appunto t è l’altezza dello strato limite termico, definita così:

   

99 T 0,

T T T T

p p t t

*

 

Grazie alla teoria dei modelli si può ridurre in scala un fenomeno fisico.

Per riuscirci è necessario, infatti, scalare non le singole grandezze fisiche ma i rapporti adimensionali tipici di quel fenomeno: se ci si basa sulla possibilità di variare soltanto un parametro presente nei raggruppamenti adimensionali, la teoria della similitudine non è valida. In questo modo si potrà, ad esempio, studiare un problema termico in un tubo con un certo diametro, un certo fluido e una certa velocità e sfruttare poi i risultati ottenuti come modello per un problema diffusivo in un tubo con diametro, fluido e velocità diversi.

La separazione dello strato limite

La seguente trattazione mostra come lo strato limite di un fluido che lambisce una lastra piana possa assumere un comportamento di separazione in due strati, in corrispondenza di una certa ascissa critica xcr:

(8)

Ad una distanza di xcr dall’origine, lo strato limite si divide creando il substrato limite , al di sotto del quale si genera il moto turbolento (indicato con “T” nel disegno precedente). In corrispondenza della zona centrale “T” il campo di velocità del fluido non è più identificato e in un preciso istante, in quanto la sua distribuzione vettoriale è casuale, condizione che per definizione costituisce il moto turbolento. Nella zona di moto turbolento la stima della velocità si effettua calcolandone il valore medio nel tempo.

Al di sopra di il fluido presenta un moto di traslazione rigida, mentre al di sotto L di si ha il moto laminare.

Si è rilevato empiricamente che in corrispondenza dell’ascissa critica xcr il numero di Reynolds è sempre pari circa a 500000 (qualunque sia la geometria del problema), ovvero:

500000

x v Rexcr cr

Tale valore di Re è molto maggiore del valore di transizione da moto laminare a turbolento per casi di fluido che scorre in una tubazione, valore che, come vedremo più avanti trattando il flusso interno, è pari circa a 2300.

(9)

Per esempio, ipotizzando una velocità all’infinito dell’aria pari a

m/s 10

v e ricavando da apposite tabelle che la viscosità cinematica dell’aria a 20°C (temperatura ambiente) è 20C16106m2 /s ,si calcola con la formula precedente che xcr=0,8 m. Ciò significa che basta un contatto con la lastra molto ridotto per creare il moto turbolento in uno strato interno di fluido.

In regime turbolento aumentano le perdite di carico, questo implica un incremento del coefficiente Cf, e per analogia anche di Nu. In quelle applicazioni quindi dove è necessario favorire lo scambio termico è bene favorire la generazione di moto turbolento.

Riprendendo la definizione di numero di Nusselt, è stata elaborata una relazione empirica che identifica questo valore dal punto di vista locale, ad un’ascissa generica x, detta relazione di Colburn:

3 1 2

332 1

0, Re Pr x

Nu h x

fluido x

x   

  (4)

Tale relazione è valida nella zona dove lo strato limite è unico, ovvero per:

Rex < 500000 cioè per x<xcr

Utilizziamo adesso l’analogia di Colburn, equazione (2), che presa per i primi due membri dà che:

1/3 1/3 x 1/3 x

x x 1/3

x x

Pr Nu Sc c Sh

S Re

Sh Pr

Re

Nu   

 

Sostituendo in questa formula l’espressione di Nux dettata dalla relazione di Colburn, il termine Pr1/3 si semplifica e si ottiene la seguente relazione:

3 1 2

332 1

0, Re Sc D

x

Sh h x

AB mx

x     

Tale relazione di fatto è l’analogia in campo diffusivo della legge di Colburn.

L’analogia di Colburn si può però anche sfruttare per ricavare un’espressione di Cfx. L’equazione (4) presa con gli ultimi due membri e esprimendo poi Nux tramite la relazione di Colburn dà che:

2 1 3

1 3 1 2 1 3

1 0332 0332

2

 

 

  , Re

Pr Re

Pr Re ,

Pr Re C Nu

x x x

fx x

Prendendo il primo e l’ultimo membro della relazione appena scritta si ottiene che:

(10)

2

2 1

x Cfx v

Se su uno stesso grafico si riportano i coefficienti convettivi termici, di trasporto e gli sforzi tangenziali (legati al coefficiente d’attrito), si può notare che in caso di analogia presentano lo stesso andamento, ma possono anche differire tra loro nel caso in cui Colburn non sia verificato.

In figura è mostrato come, dati gli andamenti del coefficiente di convezione per lo scambio termico ed il trasporto di materia nonché la distribuzione degli sforzi tangenziali, sia possibile calcolare il valore medio del coefficiente di convezione hL , il valore medio del coefficiente di trasporto di materia hmL e risalire poi anche al valore medio del coefficiente di penetrazione aerodinamico CfL .

Conoscendo questi valori, si possono stimare la potenza termica Q scambiata tra il fluido e la parete, la portata di fluido Mev che può evaporare al contatto con questa e la forza di attrito complessiva Ft:

h S T T

Q L p [W]

mL v v

ev h S ρ ρ

M p [Kg/s]

(11)

2

2 1

S C S v

Ft x fL [N]

Viene di seguito riportata la metodologia di calcolo del valor medio del coefficiente convettivo relativo allo scambio termico, estendibile al calcolo degli altri parametri medi:

L Pr λ Re ,

υ L L

λ Pr v dx ,

υ x L

λ Pr v ,

dx λ υ Pr

x , v

dx L x Pr λ υ

x , v

L

x dx Pr λ Re ,

x dx λ Nu dx L

L h h

/ / L /

/ / L /

/ /

/ /

L

/ /

/ L /

/ /

L

/ / x L

x L

x L

3 1 2 1 2

1 2

1 3 1 2 1

0 2 1 2

1 3 1 2 1

0

3 1 2

1 2 1 2 1

0

3 1 2 1

0

3 1 2 1 0

0

664 0 332 2

0 332

0

332 1 0

332 1 0

332 1 0

1

Dove nell’ultimo passaggio è stata inserita la definizione del numero di Reynolds sulla lunghezza L, ovvero ReL Lv (non è altro che la definizione di Rex applicata con la condizione x=L).

Utilizzando il valore di hL che abbiamo calcolato si può scrivere la relazione di Colburn espressa coi valori medi:

3 1 2

664 1

0, Re Pr

L

Nu h L

fluido L

L

E anche l’analogia diffusiva:

3 1 2

664 1

0, Re Sc

D L

Sh h L

AB L

L

E infine anche l’analogia fluidodinamica:

2 1 2

1 1328

664 0

2   

L L

f , Re , Re

C L

Con ciò termina l’analisi del moto per x<xcr.

Esaminiamo adesso il caso di x>xcr. In questo caso vale la seguente formula empirica:

5 1 3 1 5 4

0296

0

Pr x

υ λ v ,

hx

Ovvero:

3 1 5

0296 4

0, Re Pr

λ x u h

N xx   x  (5)

(12)

E anche l’analogia in campo fluidodinamico:

5 1 5

1 00592

0296 0

2   

x x

f , Re , Re

C X

Confrontando gli andamenti del coefficiente di convezione termica in regime laminare e turbolento, si nota che il primo presenta una pendenza maggiore, mentre la pendenza è minore oltre l’ascissa critica; questo comporta un valore medio di hx più elevato nel caso di moto turbolento, il che significa che nelle applicazioni in cui è necessario fornire un certo scambio termico risulta conveniente creare il moto turbolento del fluido: per innescare lo strato limite turbolento, si possono realizzare superfici corrugate oppure indurre un moto vibratorio alla superficie liscia.

L’area evidenziata mostra quanto scambio di calore possa essere impedito mantenendo il fluido in regime laminare.

Se si vuole calcolare un coefficiente di convezione medio che consideri i contributi di entrambe le condizioni di moto (ovvero per x=L>xcr), si procede come segue:

(13)

 

 

   

  

cr

cr

x L

x x, turb x,

lam L

0 x

L

h dx h dx

L dx 1 L h

h 1

0

Per risolvere il primo dei due integrali nella quadra basta utilizzare il calcolo di hL per L<xcr (svolto in precedenza), e sostituire xcr al posto di L, avendo poi anche l’accortezza di rimuovere la divisione per L, ovvero:

λ Pr Re ,

dx

h Xcr/ /

x lam,x

cr

1 2 1 3

0

664 0

Per quanto riguarda il secondo integrale dentro la quadra, si risolve come segue (utilizzando il calcolo di hx nella zona turbolenta, ovvero per x>xcr):

 

  

4/5Xcr

4/5 L 1/3

4/5 cr 4/5 1/3 4/5

4/5 cr 4/5 1/3

L 4/5

x 1 1/3 1/5

4/5

L

x 1/5 1/3

L 4/5

x

1/5 1/3 L 4/5

x x , turb

e R 0,037 e

R 0,037 Pr

λ x L v Pr

λ 0,037

x L v Pr

λ 0,0296 1

1/5 Pr x

λ v 0,0296

dx x

v Pr λ 0,0296 dx

x v Pr

λ 0,0296 dx

h

cr

cr cr

cr

4 5

Quindi vale che:

4/5Xcr

4/5 L 1/2

Xcr 1/3

x L

x x , turb x

,

lam dx h dx λ Pr 0,664 Re 0,037 Re 0,037 Re h

cr

cr

0

Ma il termine ReXcr in realtà sappiamo che vale circa 500000 (vedi precedentemente), quindi i due termini contenenti ReXcr all’interno della parentesi tonda si possono riassumere in questo modo:

871

500000

1/2Xcr 4/5Xcr

Xcr 0,664 Re 0,037 Re Re

Inserendo questa considerazione all’interno della precedente equazione si giunge al risultato finale:

0 037

45

871

3 1

0

 

 

 

 

   

 

x

 

L L

x x , turb x

, lam L

0 x

L

, Re

L dx Pr

h dx L h

dx 1 L h

h 1

cr

cr

La costante 871 sottratta è rappresentativa dell’area “scambio perso in regime laminare” indicata nella precedente figura.

Quindi possiamo calcolare il numero di Nusselt medio come segue:

(14)

0037 15 871 1

2   

, Re Re

Cf L

L

Conviene riportare adesso una panoramica dei casi trattati fino ad ora:

Caso di temperatura alla parete costante: Tp = cost.

Moto LAMINARE (x<xcr) Moto TURBOLENTO (x>xcr)

3 1 2

332 1

0, Re Pr

Nux x Nux 0,0296Re4x5Pr13

3 1 2

664 1

0, Re Pr

NuL L NuL

0,037ReL45871

Pr13

Dove nel caso “TURBOLENTO” è sottinteso che si tiene conto anche del moto laminare che lo precede, quindi in realtà sarebbe più preciso dire

“LAMINARE+TURBOLENTO”.

Come scritto all’apice, le equazioni fin ora esaminate valgono nel caso in cui la temperatura di parete rimane costante questo primo approccio si utilizza per esempio in ottica fluidodinamica.

Ci sono altri casi in cui risulta più conveniente imporre il flusso alla parete costante. La seguente tabella illustra le formulazioni da utilizzare in tal caso:

Caso di flusso alla parete costante: q = cost.

Moto LAMINARE (x<xcr) Moto TURBOLENTO (x>xcr)

3 1 2

453 1

0, Re Pr

Nux x Nux 0,0308Re4x5Pr13

3 1 2

906 1

0, Re Pr

NuL L NuL

0,0385ReL45755

Pr13

Esercizio: superficie piana riscaldata e lambita dal vento

(15)

Una lastra piana, larga B=1m, formata da tante stecche accostate, ciascuna lunga L=50 mm, viene riscaldata da una serie di resistenze elettriche (poste all’interno delle stecche) che la mantengono a una temperatura Tp=230°C. La lastra viene investita da un flusso d’aria con

C

T 25 e v 60m s.

Calcolare quale delle stecche necessita di una maggiore potenza elettrica per essere mantenuta a temperatura costante e quanto vale tale potenza.

Dati aggiuntivi:

C T ,

Tm T p

1275

2

 

s

Tm m

aria

2

10 6

26

 

K m , W Tm

aria

00338 Praria 0,7

Quindi l’ascissa critica xcr vale, ricordando che il numero di Reynolds a xcr

vale circa 500000:

m v ,

xxr aria ReXcr 022

60

500000 10

26 6

Quindi la separazione dello strato limite e l’inizio del moto turbolento avviene presso la quinta stecca (che infatti è posizionata fra x=4*L=0,2 m e x=5*L=0,25 m) quindi l’andamento di h è quello mostrato in figura.

(16)

La stecca più svantaggiata (cioè quella che avrà bisogno di una potenza elettrica maggiore) sarà quella che presenta il valore medio di h più elevato (infatti h elevato significa grande scambio termico, il che significa che la temperatura della stecca diminuisce rapidamente e quindi per mantenerla alta, pari a 230°C, bisognerà fornire una potenza elettrica elevata). Dalla figura si osserva che tale stecca potrebbe essere la 1 (in cui h è ancora elevatissimo ma cala rapidamente), la 5 (in cui inizia il moto turbolento) oppure la 6 (in cui h è a un valore intermedio ma cala molto lentamente).

Bisognerà, dunque, calcolare h medio in queste tre stecche per verificare dove esso assume il valore maggiore.

Stecca 1

Utilizzando  e aria  ricavati precedentemente si calcola il coefficientearia di convezione medio nella stecca 1 come segue:

K m , W Pr L

L , v

Pr L Re L ,

Nu

h1 L L

13 2

2 1 3

1 2

1 0664 1286

664 0

Applichiamo poi la legge del raffreddamento di Newton:

  W

, . T S h

Q1 1 1 12860051 23025 1318

Stecca 5

In questo caso il calcolo è complicato dal fatto che la stecca è in parte in moto laminare e in parte in moto turbolento. Bisogna quindi calcolare il coefficiente h medio sulle prime 4 stecche (h1-4 di tipo laminare) e il coefficiente h medio sulle prime 5 stecche (h1-5 , di tipo turbolento):

K m , W Pr L

L , v

Pr L Re L ,

Nu

h1-4 4L L

13 2

2 1 3

1 2 1

4 643

4 664 4

4 0 664

4 0

(17)

 

K m . W Pr L

Re L ,

Nu

h1-5 5L L

 

 

 

 

545 13 721 2

871 5 037

5 0

Ma dato che:

T S h T S h T S h Q Q

Q5 15 14 1-5 15 1-4 14 5 5

Si ha che, considerando anche la lastra è larga B=1m:

   

K m . W L

B

L B . L B . S

S h S

h5 h1-5 1-4

2

5

4 1 4

1 721 5 643 4 1033

Essendo h5 h4 vuol dire che la stecca 5 scambia meno calore della 1 e di conseguenza la potenza termica smaltita dalla stecca 1 è maggiore del calore smaltito dalla stecca 2.

Come ulteriore verifica calcoliamo la potenza termica smaltita dalle serie di stecche 1-4 e 1-5, facendone poi la differenza troveremo quella erogata sulla quinta stecca:

.    . W

. T S h

Q14 1-4 14 64314005 23025 36963

.    . W

. T S h

Q15 1-5 15 72115005 23025 26363 W Q

Q

Q5 15 14 3696.32636.31060

NB. Un modo alternativo di calcolare Q5 è il seguente: Q5 h5S5T

Essendo Q 5 Q1 si conferma che la stecca 5 dissipa meno potenza termica della stecca 1.

Stecca 6

Anche in questo caso il calcolo di h1-6 viene eseguito effettuando con la formula del moto turbolento, mentre h1-5 è già noto perché l’abbiamo calcolato prima:

 

K m , W Pr L

Re L ,

Nu

h1-6 6L L

 

 

 

 

645 13 825 2

871 6 037

6 0

Ma dato che:

T S h T S h T S h Q Q

Q6 16 15 1-6 16 1-5 15 6 6

Vale che:

(18)

ideali, per avere un certo margine di sicurezza ed affrontare agevolmente i transitori di funzionamento dovranno venir acquistate delle resistenze che in grado di fornire una potenza termica fra i 1,5 kW e i 2 kW.

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