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Viscosità. eq. 1. v= 0

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Academic year: 2022

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Viscosità

La viscosità è definibile come un processo di trasporto, cioè un processo irreversibile che avviene soltanto quando il sistema è rimosso dal suo stato di equilibrio. La viscosità dovrà essere descritta attraverso una termodinamica di sistemi non troppo lontani dall’equilibrio, cioè una termodinamica dei processi irreversibili.

La viscosità è una proprietà di trasporto che dipende da peso molecolare, forma e dimensione delle macromolecole. Partiamo da una definizione della viscosità che rappresenta il comportamento dissipativo dell’energia da parte dei materiali.

Un fluido definito viscoso è quel fluido nel quale sono presenti forze attrattive fra porzioni vicine del fluido stesso. Il moto di una porzione di liquido è ostacolato da tali forze. Tutti i fluidi sono viscosi. Le forze attrattive sono forze che si oppongono al moto, sono forze frizionali.

Un fluido ideale viene definito fluido newtoniano, è un fluido incompressibile sotto applicazione di una forza (V = 0), è un fluido isotropo, cioè le proprietà fisiche sono uguali in tutte le direzioni.

Consideriamo due elementi di volume di un fluido. Se sono fermi, l’effetto netto delle forze è nullo.

Confiniamo ora il fluido all’interno di due piastre di superficie A. Suddividiamo il volume del fluido in molte sezioni. Considero inoltre che, applicando una forza, il fluido presenti un flusso laminare, cioè che non ci sia mescolamento tra le sezioni di fluido (flusso turbolento). Applichiamo ora una forza, F, alla piastra superiore (che quindi si muoverà con una velocità v) lasciando invece la piastra inferiore ferma.

Assumiamo che la velocità del liquido in contatto con le piastre abbia la stessa velocità delle piastre. Quando applico una forza alla piastra superiore, questa accelera e al movimento si oppone una forza frizionale che porta ad una velocità stazionaria, v, della sezione di liquido a contatto con la piastra superiore. Questo è il nostro stato stazionario. La velocità della sezione di liquido a contatto con la piastra superiore è zero. Quindi c’è un gradiente di velocità di scorrimento lungo l’asse y. Il gradiente di velocità di scorrimento (shear rate) viene indicato con 𝛾̇ (eq. 1):

𝛾̇ = Δ𝑣

Δ𝑦 eq. 1

La relazione di Newton stabilisce una correlazione tra lo sforzo applicato (forza per unità di superficie) e il gradiente di velocità (eq. 2):

𝐹

𝐴= 𝜎 = 𝜂Δ𝑣

Δ𝑦= 𝜂𝛾̇ eq. 2

L’eq. 2 è la legge di Newton per i fluidi. 𝛾̇, la shear rate, è anche chiamata velocità di deformazione.

La viscosità, , è il coefficiente di proporzionalità tra sforzo e velocità di deformazione.

Dimensionalmente, la viscosità si misura in Pas, la shear rate in s-1 mentre lo sforzo in Pa.

La viscosità è correlata alla dissipazione dell’energia da parte del campione.

F y

v

v= 0

(2)

Possiamo infatti riarrangiare l’equazione 2 nella seguente maniera:

𝐹

𝐴= 𝜂Δ𝑣

Δ𝑦𝐹

𝐴 = 𝜂 Δ𝑥

Δ𝑦Δ𝑡𝐹∆𝑥

𝐴∆𝑦∆𝑡= 𝜂 ( Δ𝑥

Δ𝑦Δ𝑡)2𝐸

Δ𝑉Δ𝑡= 𝜂 ( Δ𝑥

Δ𝑦Δ𝑡)2 Quindi la viscosità e energia dissipata per unità di volume e nell’unità di tempo.

Graficamente, la legge di Newton si rappresenta come segue:

Tuttavia non tutti i fluidi sono Newtoniani, soprattutto per valori elevati del gradiente di velocità.

Tipicamente, lo sono solo in un intervallo limitato di 𝛾̇. In raltà la viscosità può dipendere dal gradiente di velocità o dal tempo di applicazione dello sforzo. Abbiamo delle deviazioni dalla linearità, dei comportamenti non-Newtoniani:

Queste deviazioni dal comportamento lineare non vengono affrontate in questa sezione di appunti.

Riprendiamo la definizione della viscosità per trovare una correlazione con le dimensioni e forma delle macromolecole in soluzione (peso molecolare, volume, forma). La viscosità nasce perché nei liquidi ci sono forze d’attrito tra le porzioni di liquido che si oppongono al moto. Dal punto di vista generale, la molecole possono avere moti traslazionali e rotazionali. La viscosità dipende da

entrambi i moti.

Per correlare la viscosità alle proprietà della macromolecola, partiamo considerando una sfera indeformabile immersa in un liquido con viscosità  che si muove. La sfera trascinerà le molecole di solvente attaccate alla sua superficie con la stessa velocità mentre strati di liquido più distanti a ranno velocità minori fino ad avere, più lontano, un valore nullo. C’è quindi un gradiente di velocità.

Fluido dilatante (shear-thickening)

Fluido pseudoplastico (shear-thinning)

v

(3)

Supponiamo di applicare una forza F sulla sfera per farla muovere, questa provoca un’accelerazione della particella (eq. 3):

𝐹 = 𝑚𝑎 = 𝑚𝑑𝑣

𝑑𝑡 eq. 3

Quando applico la forza F ho una forza frizionale che si oppone al moto che è fv, dove f è il coefficiente frizionale. Combinando le equazioni del moto ottengo (eq. 4):

𝐹 − 𝑓 𝑣 = 𝑚𝑑𝑣

𝑑𝑡 eq. 4

Risolvendo l’equazione differenziale del primo ordine di eq. 4 (Appendice A), posso ottenere l’andamento nel tempo della velocità. (eq. 5):

𝑣(𝑡) = [𝑣0𝐹

𝑓] 𝑒

𝑓 𝑚𝑡

+ 𝐹

𝑓 eq. 5

L’equazione 5 porta ad un grafico della velocita contro il tempo come quello riportato di seguito:

Cioè la velocità della pallina parte da un valore iniziale v0 e poi decresce fino ad arrivare, per effetto delle forse frizionali, ad un valore costante F/f.

Posso guardare la stessa situazione da un punto di vista diverso. Posso anche immaginare di

utilizzare una forza per tenere ferma la pallina indeformabile e vedere le linee di flusso del solvente attorno alla pallina in condizioni stazionarie. Le linee di flusso delle molecole del solvente vengono perturbate, questo dà origine al gradiente di velocità. Nelle linee di flusso, visto che vengono perturbate, la velocità (vettore) cambia, quindi ho un gradiente di velocità e ho una resistenza (frizione) al moto relativo.

Siamo interessati al coefficiente frizionale perché è collegato alla dissipazione dell’energia e quindi anche alla viscosità della soluzione. Il problema del calcolo del coefficiente frizionale è molto complesso, dipende dal moto della particella e del fluido attorno ad essa. Dipende dalle dimensioni ma non dal materiale di cui è fatta la sfera.

Il problema del calcolo è stato risolto da Stokes. Immaginiamo una sfera stazionaria immersa in un fluido di viscosità  che si muove (il fluido) a velocità costante v (moto stazionario). Il fluido è

v

t v0

V = F/f

(4)

isotropo ed incomprimibile e non ci sono forze esterne sulla particella oltre a quella che la tiene in moto stazionario. La risultante delle forze che agiscono sulla sfera è (eq. 6):

𝐹𝑡𝑜𝑡 = −6𝜋𝜂𝑅𝑣 eq. 6

Quindi per mantenere ferma la sfera devo applicarle una forza stazionaria uguale e contraria a quella dell’equazione 6. Quindi posso definire il coefficiente frizionale, f, della sfera rigida come (eq. 7):

𝑓 = 6𝜋𝜂𝑅 eq. 7

dove R è il raggio della sfera rigida. Se la particella non è una sfera ma ha altra forma (elissoidi, discoidi) la forma del coefficiente frizionale varia.

L’equazione 7 riguarda una sfera rigida e indeformabile con dimensioni superiori a quelle delle molecole di solvente. Consideriamo ora una sospensione di sfere in un solvente con viscosità 0. Se ci sono più sfere ci saranno più distorsioni alle linee di flusso, quindi aumenterà la viscosità del sistema. Supponiamo che la concentrazione in volume (frazione in volume) delle sfere in soluzione sia . Einstein ha trovato la soluzione per esprimere la viscosità del sistema con sfere in

sospensione, , in funzione della viscosità del solvente attraverso una espansione in serie (eq. 8).

𝜂 = 𝜂0(1 + 𝜈𝜙 + 𝜈2

2!𝜙2+𝜈3

3!𝜙3+ ⋯ +𝜈𝑛

𝑛!𝜙𝑛) eq. 8

Se consideriamo una soluzione diluita, posso fermarmi al secondo termine dell’espansione in serie (eq. 9):

𝜂 = 𝜂0(1 + 𝜈𝜙) eq. 9

 è un coefficiente che dipende dalla forma della particella. Per una sfera rigida indeformabile,  = 2.5, per altre geometrie assume valori diversi. Ad esempio, per un bastone rigido (forma prolata), il rapporto tra asse maggiore e asse minore dell’elissoide è:

𝜈 = (𝑎

𝑏)1.8

Per altre forme di elissoide (es. forme oblate), la dipendenza del coefficiente  dal rapporto degli assi è molto più complesso (determinabile attraverso l’equazione Einstein-Simha).

Definiamo ora la viscosità relativa, rel, come rapporto tra la viscosità della soluzione e quella del solvente (eq. 10):

𝜂𝑟𝑒𝑙 = 𝜂

𝜂0 = 1 + 𝜈𝜙 eq. 10

Definiamo ora la viscosità specifica, sp, come (eq. 11):

𝜂𝑠𝑝 = 𝜂𝑟𝑒𝑙 − 1 = 𝜈𝜙 eq. 11

La frazione in volume è una grandezza poco agevole. Modifichiamola per esprimerla in termini di concentrazione di sfere nella soluzione (eq. 12):

𝜙 = 𝑉𝑠𝑓𝑒𝑟𝑒

𝑉𝑡𝑜𝑡 =𝑚𝑠𝑓𝑒𝑟𝑒 𝑁𝐴 𝑣𝑠𝑓𝑒𝑟𝑎

𝑃𝑀 𝑉𝑡𝑜𝑡 = 𝐶 𝑁𝐴 𝑣𝑠𝑓𝑒𝑟𝑎

𝑃𝑀 eq. 12

Introduciamo l’equazione 12 nella 11 (eq. 13):

(5)

𝜂𝑠𝑝 = 𝜈𝐶 𝑁𝐴 𝑣𝑠𝑓𝑒𝑟𝑎

𝑃𝑀 eq. 13

dove C è la concentrazione di sfere in massa su volume (g/L). Definiamo il volume specifico, cioè il volume per unità di massa, v, come (eq. 14):

𝒗 =𝑁𝐴𝑣𝑠𝑓𝑒𝑟𝑎

𝑃𝑀 eq. 14

In questo modo l’equazione 13 diventa (eq. 15):

𝜂𝑠𝑝 = 𝜈𝒗𝑐 eq. 15

Volendo esprimere la eq. 15 attraverso un forma limite per la concentrazione C che tende a zero ottengo (eq. 16):

𝐶→0lim

𝜂𝑠𝑝

𝐶 = [𝜂] = 𝜈𝒗 eq. 16

La grandezza [] la chiamo viscosità intrinseca. Il rapporto sp/c è chiamato viscosità specifica ridotta. E’ una proprietà calcolata alla concentrazione di soluto che tende a zero, quindi è una proprietà della singola molecola, non dipende dalla presenza di altre molecole. Dimensionalmente, la viscosità intrinseca è l’inverso di una concentrazione (es. mL/g).

Per le soluzioni polimeriche diluite, la relazione tra la viscosità specifica e la concentrazione polimerica è la seguente (eq. Di Huggins):

𝜂𝑠𝑝

𝑐 = [𝜂] + 𝑘𝐻[𝜂]2𝑐

Dove la kH è la costante di Huggins. L’equazione di Huggins sperimentalmente presenta una dipendenza lineare della viscosità specifica ridotta dalla concentrazione polimerica.

Le misure di viscosità intrinseca vengono effettuate a partire da una concentrazione polimerica di cui si misura la viscosità specifica. La soluzione polimerica viene poi diluita con il solvente e la misura ripetuta.

Supponiamo di considerare ora un polimero anziché sfere indeformabili. Riprendendo la eq. 16 possiamo vedere come la viscosità intrinseca sia legata al volume idrodinamico del polimero, Vh, cioè quel volume che comprende anche il solvente che è intrappolato assieme alla molecola di polimero e che ne fa parte integrante (eq. 17):

[𝜂] = 𝜈𝑁𝐴 𝑉

𝑃𝑀 ⇒ [𝜂] ∝ 𝑉

𝑃𝑀 eq. 17

lnM

kH[]2

[]

(6)

Per i polimeri non-draining, che quindi portano con se parte del solvente, il volume idrodinamico è determinato dal volume specifico del polimero e dal volume del solvente ad esso associato (eq. 18):

𝑉 = 𝑉𝑝𝑜𝑙+ 𝛿𝑉𝑠𝑜𝑙𝑣 eq. 18

Il volume idrodinamico ha una forte correlazione con la rigidità del polimero. Ad esempio, un coil polimerico può avere un peso molecolare elevato, ma essendo molto compatto avrà un volume idrodinamico piccolo. Al contrario, un bastone rigido può avere un peso molecolare relativamente basso, ma essendo rigido nelle sue rotazioni nel solvente (idrodinamico) occupa un volume elevato.

Nel caso di un coil statistico, Flory ha ricavato una relazione tra la viscosità intrinseca e le

dimensioni della catena polimerica, in particolare la distanza testa-coda quadratica media (ℎ̅2) (eq.

19).

[𝜂] = 𝜈 𝑁𝐴 𝑉

𝑀 = 𝜈 𝑁𝐴 4

3𝜋(𝑅̅̅̅̅𝑔

2)3 2

𝑀 = Φ(ℎ̅2)

3 2

𝑀 eq. 19

Si può inoltre riarrangiare l’equazione 19 considerando la correlazione tra la distanza testa-coda e il segmento di Kuhn e la lunghezza di persistenza.

Possiamo fare alcune considerazioni per quel che riguarda la dipendenza della viscosità intrinseca dal peso molecolare. Per un sfera rigida abbiamo la relazione:

[𝜂] ∝ 𝑀0

Quindi non c’è dipendenza dal peso molecolare (Appendice B). per un bastone infinitamente rigido abbiamo invece (Appendice B):

[𝜂] ∝ 𝑀1.8

Consideriamo un coil le cui dimensioni sono determinate dalla statistica della catena liberamente snodata. Per questa vale la relazione (eq. 20):

ℎ̅2 = 𝑛𝑙2 = 𝑀

𝑀0𝑙2 eq. 20

dove M0 è il peso molecolare dell’unità ripetitiva. Utilizzando l’equazione 20 nella 19 si ottiene la seguente relazione (eq. 21):

[𝜂] ∝ 𝑀𝑀3 2 ∝ 𝑀0.5 eq. 21

Quindi un coil statistico (o un polimeri in solvente theta) presenta una dipendenza della viscosità intrinseca dal peso molecolare del polimero con una potenza di 0.5.

Dal punto di vista generale, la relazione tra la viscosità intrinseca di un polimero e il suo peso molecolare viene descritta dalla relazione di Mark-Howink-Sakurada (eq. 22):

Compatto coil

Vh<

Esteso Bastone rigido

Vh>

(7)

[𝜂] = 𝐾𝑀𝑎 eq. 22

Dove K e a sono parametri semi-empirici. In particolare, K dipende dall’interazione con il solvente mentre a dipende dalla forma del polimero. Tipicamente, a = 0.5 per un coil statistico, è tra 0.6 – 0.8 per un worm-like chain, è tra 1 – 1.2 per un polimero rigido. Per una proteina estremamente rigida, come il virus mosaico del tabacco, a raggiunge il valore di 2.

L’equazione 22 può essere riscritta in termini logaritmici come (eq. 23):

𝑙𝑛[𝜂] = 𝑙𝑛𝐾 + 𝑎𝑙𝑛𝑀 eq. 23

Sperimentalmente, si possono effettuare misure di viscosità intrinseca per campioni polimerici di diverso peso molecolare e portare in grafico i risultati sperimentali ottenendo i valori di K e di a.

Il valore di a è una funzione del peso molecolare. Infatti, se il polimero ha un peso molecolare piccolo, allora tenderà maggiormente a comportarsi come un bastone rigido (elevato valore di a).

All’aumentare del peso molecolare, il polimero tenderà ad avere un comportamento più da coil (a diminuisce). Di seguito riportiamo un grafico di ln[] in funzione di lnM per l’alginato a diverso peso molecolare.

La relazione tra la viscosità intrinseca e il peso molecolare presenta una pendenza diversa a seconda del peso molecolare. Questo perché varia il valore di a all’aumentare del peso molecolare.

Infatti, per l’esempio dell’alginato, la Mark-Howink-Sakurada ha valori diversi a seconda dell’intervallo di peso considerato:

lnM a

(8)

All’aumentare di M diminuirà il valore di a, cioè il polimero tanto più grande (peso molecolare) è, tanto più flessibile diventa.

Le misure di viscosità intrinseca permettono di determinare il peso molecolare. Ma quale media viene determinata nel caso di un campione polidisperso? Assumiamo di conoscere K e a per il campione polidisperso e assumiamo che siano gli stessi per ogni componente polimerica del campione. Per la i-esima catena nel sistema polidisperso ho che (eq. 24):

𝜂𝑠𝑝,𝑖 = [𝜂]𝑖 𝑐𝑖 = 𝐾 𝑀𝑖𝑎 𝑐𝑖 eq. 24

La relazione data dall’equazione 24 vale per ciascuna macromolecola della popolazione

polidispersa. La viscosità intrinseca del campione polidisperso si può esprimere come (eq. 25):

[𝜂] = lim

𝑐⟶0(𝜂𝑠𝑝

𝑐 ) = lim

𝑐⟶0

∑ 𝜂𝑖 𝑠𝑝,𝑖

∑ 𝑐𝑖 𝑖 = 𝐾 lim

𝑐⟶0

∑ 𝑀𝑖 𝑖𝑎 𝑐𝑖

∑ 𝑐𝑖 𝑖 eq. 25

Possiamo ora definire una media viscosimetrica del peso molecolare, 𝑀̅𝑣, ed utilizzarla nella Mark- Howink-Sakurada (MKS) (eq. 26):

[𝜂] = 𝐾 𝑀̅𝑣𝑎 eq. 26

Inseriamo l’equazione 25 nell’equazione 26 e otteniamo (eq. 27):

𝑀̅𝑣 = (∑ 𝑀𝑖 𝑖𝑎 𝑐𝑖

∑ 𝑐𝑖 𝑖 )

1

𝑎 eq. 27

Si può osservare che 𝑀̅𝑣 = 𝑀̅𝑤 se a =1. Per altri valori di a, il peso molecolare viscosimetrico sarà diverso dagli altri valori medi già definiti. Nell’intervallo di valori di a per un coil flessibile, cioè 0.5 < a < 0.8, si ottiene:

𝑀̅𝑛 < 𝑀̅𝑛 < 𝑀̅𝑤

L’utilizzo della MHS permette di correlare la viscosità intrinseca ai diversi valori medi del peso molecolare. Infatti (eq. 28):

[𝜂] = 𝐾 𝑀𝑣𝑎 = 𝐾 𝑀𝑛𝑎 = 𝐾′′𝑀𝑤𝑎 eq. 28

Viscosità delle soluzioni di polielettroliti

La presenza di gruppi carichi porta ad un piccolo effetto sulla viscosità della soluzione quando questi sono posizionati sulla superficie di una sfera compatta o su un bastone infinitamente rigido.

Tuttavia, quando gruppi carichi (dello stesso segno) si trovano su polimeri flessibili, si possono avere delle espansioni della catena polimerica rispetto alle dimensioni che si ottengono per lo stesso polimero neutro. Questo è dovuto alla repulsione tra le cariche elettriche. La espansione della catena polimerica sarà tanto maggiore quanto minore sarà la presenza di sale all’interno della soluzione.

Infatti, maggiore sarà la quantità di sale in soluzione, maggiore sarà l’effetto di schermatura della repulsione tra le cariche dello stesso segno presenti sulla catena. Dal momento che la viscosità intrinseca è proporzionale alla distanza testa-coda (o al raggio di girazione) alla terza potenza,

(9)

l’espansione della catena polimerica a seguito della repulsione elettrostatica avrà un effetto notevole sulla viscosità.

Una prima conseguenza di questa espansione è che la viscosità intrinseca deve essere misurata in presenza di una forza ionica costante. In aggiunta a questo, anche il pH della soluzione diventa di importanza fondamentale dal momento che questo influenza la densità di carica del polielettrolita.

Inoltre, bisognerà evitare la presenza di ioni che possano portare a processi di associazione tra catene polimeriche, come avviene per esempio tra lo ione calcio e le catene di alginato.

Quando un polielettrolita viene disciolto in acqua, parte (o tutti a seconda della densità di carica) dei controioni si dissocerà raggiungendo una certa concentrazione di ioni in soluzione che sarà

proporzionale alla concentrazione del polielettrolita. Quando andiamo a diluire la soluzione per effettuare le misure di viscosità intrinseca, la concentrazione dei controioni liberi diminuirà e la capacità di schermare le repulsioni elettrostatiche delle cariche sul polimero diminuirà a sua volta.

Se il polimero viene diluito con acqua pura, senza ioni, il polielettrolita si espanderà via via che viene diluito. Questo porta ad un aumento del valore del rapporto 𝜂𝑠𝑝⁄ al diminuire della 𝑐 concentrazione del polielettrolita. Questo effetto è detto “effetto elettroviscoso” e rende

praticamente impossibile la determinazione della viscosità intrinseca per una forza ionica inferiore a 0.003 M.

Effetto elettroviscoso (cerchi). L’effetto scompare aumentando la forza ionica (quadrati e diamanti).

L’entità dell’effetto del sale aggiunto in soluzione sulla viscosità dipende dal peso molecolare e dalla rigidità del polimero. Infatti, il sale avrà maggior effetto sulla viscosità quanto maggiore è il peso molecolare del polimero. Al contrario, l’effetto del sale sulla viscosità sarà tanto minore quanto maggiore è la rigidità del polimero. Questi effetti possono essere riportati in una relazione semi-empirica (eq. 29):

[𝜂] = [𝜂]+ 𝐴 𝑛12 (𝛽

𝑙)−1 1

√𝐼 eq. 29

Dove A è una costante e [] e [] sono la viscosità intrinseca ad una forza ionica I e a forza ionica infinita, rispettivamente. n è il numero di monomeri nella catena (legato quindi al peso molecolare) mentre il rapporto /l è il rapporto tra la lunghezza del legame equivalente e la lunghezza reale del legame all’interno del polimero ed è un indice della rigidità della catena (maggiore è il rapporto maggiore è la rigidità).

L’equazione 29 mostra come ci sia una dipendenza lineare della viscosità intrinseca e dall’inverso della radice quadrata della forza ionica (eq. 30):

(10)

[𝜂] = [𝜂]+ 𝑆 1

√𝐼 eq. 30

Dove S è la tolleranza al sale del polielettrolita che dipende, per lo stesso polimero, dal peso molecolare.

Possiamo utilizzare la viscosità intrinseca alla forza ionica I = 0.1 M, []0.1, come punto di riferimento per il peso molecolare del polielettrolita. La relazione tra il parametro S e []0.1 è la seguente (eq. 31):

𝑆 = 𝐵 ([𝜂]0.1)𝜈 eq. 31

Il parametro B, chiamato anche B di Smidsrød, può essere definito come una misura dell’abilità del polimero di espandersi o contrarsi in risposta a variazioni della forza ionica. B è quindi una misura della rigidità del polielettrolita. L’esponente  vale normalmente circa 1.3. Questa considerazione ci permette di determinare il valore di B per un polielettrolita ed avere una idea della sua rigidità (eq.

32).

𝐵 = 𝑆

([𝜂]0.1)1.3 eq. 32

Il parametro B è una funzione del rapporto /l. La figura seguente riporta la dipendenza di B dal lunghezza del segmento di Kuhn in condizione .

(11)

Appendice A

Riscriviamo l’equazione differenziale a coefficienti costanti (eq. 1A):

𝐹 − 𝑓 𝑣 = 𝑚𝑑𝑣

𝑑𝑡

𝑑𝑣 𝑑𝑡+ 𝑓

𝑚𝑣 = 𝐹

𝑚 eq. 1A

Riscriviamo nuovamente l’equazione 1A come (eq. 2).

𝑣+ 𝑎𝑣 = 𝑏 eq. 2A

(12)

Per ricavare la soluzione generale, poniamo b = 0. L’equazione diventa (eq. 3A):

𝑣+ 𝑎𝑣 = 0 eq. 3A

L’equazione 3A è detta omogenea associata. Poniamo ora v' = k ed otteniamo l’equazione caratteristica (eq. 4A):

𝑘 + 𝑎 = 0 eq. 4A

da cui 𝑘 = −𝑎

Quindi la soluzione generale della equazione omogenea associata è (eq. 5A):

𝑣 = 𝐶𝑒−𝑎𝑡 = 𝐶𝑒𝑚𝑓𝑡 eq. 5A

La soluzione particolare dell’equazione, dal momento che b è una costante, possiamo definirla come (eq. 6A):

𝑣 = 𝐵 eq. 6A

Sostituendo nella eq. 2A otteniamo (eq. 7A):

𝑣∗′+ 𝑎𝑣 = 𝑏 eq. 7A

Considerando che:

𝑑𝑣 𝑑𝑡 = 0

Abbiamo che (eq. 8A):

𝑎𝑣 = 𝑏 eq. 8A

Da cui si ricava la soluzione particolare (eq. 9A):

𝑣 =𝑏

𝑎 =𝐹

𝑓 eq. 9A

La soluzione generale dell’equazione differenziale 1A è determinata dalla somma tra la soluzione generale e la soluzione particolare (eq. 10A):

𝑣 = 𝐶𝑒

𝑓 𝑚𝑡

+𝐹

𝑓 eq. 10A

Per determinare il valore della costante, risolviamo l’equazione 10A all’instante iniziale, quindi con t = 0 e con v = v0, cioè la velocità iniziale (eq 11A):

𝑣0 = 𝐶 +𝐹

𝑓 ⇒ 𝐶 = 𝑣0𝐹

𝑓 eq. 11A

La soluzione dell’equazione differenziale dell’equazione 1A diventa quindi (eq. 12A):

𝑣(𝑡) = [𝑣0𝐹

𝑓] 𝑒

𝑓 𝑚𝑡

+ 𝐹

𝑓 eq. 12A

(13)

Appendice B

Determiniamo il raggio di girazione e la sua relazione con la massa per una sfera rigida.

Consideriamo una sfera rigida, indeformabile di raggio R e massa M (distribuita uniformemente).

Per trovare il suo raggio di girazione dobbiamo risolvere la seguente espressione (eq. 1B):

𝑅𝑔

̅̅̅̅2 = ∑ 𝑚𝑖 𝑖𝑟𝑖2

∑ 𝑚𝑖 𝑖 eq. 1B

Dovremo procedure trasformando le sommatorie in integrali. Calcoliamo la massa infinitesima di un elemento di volume infinitesimo della sfera (eq. 2B):

𝑑𝑚 = 𝑑𝑉

𝑉 𝑀 = 𝜌 𝑑𝑉 = 𝜌4𝜋𝑟2𝑑𝑟 eq. 2B

Calcoliamo ora il numeratore dell’equazione 1B (eq. 3B):

∑ 𝑚𝑖𝑟𝑖2 = ∫ 𝜌4𝜋𝑟0𝑅 4𝑑𝑟 = 4

5𝜌𝜋𝑟5|

0 𝑅 = 4

5𝜌𝜋𝑅5

𝑖 eq. 3B

Calcoliamo ora il denominatore dell’equazione 1B (eq. 4B):

∑ 𝑚𝑖 = ∫ 𝜌4𝜋𝑟0𝑅 2𝑑𝑟= 4

3𝜌𝜋𝑟3|

0 𝑅 = 4

3𝜌𝜋𝑅3

𝑖 eq. 4B

Combinando i vari termini dell’equazione 1B, otteniamo la seguente espressione per il raggio di girazione della sfera rigida (eq. 5B):

𝑅𝑔

̅̅̅̅2 = 3

5𝑅2 eq. 5B

Cerchiamo ora la relazione tra il raggio di girazione e la massa della sfera. Possiamo scrivere che (eq. 6B):

𝑀 = 𝜌 𝑉 ∝ 𝑅3 ∝ (𝑅2)32 ∝ (𝑅̅̅̅̅𝑔2)

3

2 ⇒ (𝑅̅̅̅̅𝑔2) ∝ 𝑀23 eq. 6B Introducendo l’equazione 6B nella eq. 19 otteniamo (eq. 7B):

[𝜂] ∝ (𝑅̅̅̅̅𝑔

2) 3 2 𝑀 =

(𝑀 2 3)

3 2

𝑀 = 𝑀0 eq. 7B

Determiniamo il raggio di girazione e la sua relazione con la massa per un bastone rigido.

Consideriamo un bastone rigido, indeformabile di lunghezza L e massa M (distribuita

uniformemente). Per trovare il suo raggio di girazione dobbiamo risolvere la seguente espressione (eq. 8B):

𝑅𝑔

̅̅̅̅2 = ∑ 𝑚𝑖 𝑖𝑟𝑖2

∑ 𝑚𝑖 𝑖 eq. 8B

Dovremo procedure trasformando le sommatorie in integrali.

Consideriamo che il bastone rigido abbia il suo centro di massa all’origine degli assi. Consideriamo una sezione dr ad una distanza r dall’origine degli assi.

(14)

Calcoliamo la massa infinitesima di un elemento di volume infinitesimo del bastone rigido (eq. 9B):

𝑑𝑚 = 𝑑𝑟

𝐿 𝑀 eq. 9B

Calcoliamo ora il numeratore dell’equazione 8B (eq. 10B):

∑ 𝑚𝑖𝑟𝑖2 = ∫ 𝑀𝐿 𝑟2𝑑𝑟

𝐿 2

𝐿2 = 𝑀

3𝐿𝑟3|

𝐿2 𝐿

2 = 𝑀𝐿2

𝑖 12 eq. 10B

Calcoliamo ora il denominatore dell’equazione 8B (eq. 11B):

∑ 𝑚𝑖 𝑖 = ∫ 𝑀𝐿 𝑑𝑟 = 𝑀

𝐿𝑟|

𝐿2 𝐿

2 = 𝑀

𝐿 2

𝐿2 eq. 11B

Combinando i vari termini dell’equazione 8B, otteniamo la seguente espressione per il raggio di girazione della sfera rigida (eq. 12B):

𝑅𝑔

̅̅̅̅2 = 𝐿2

12 eq. 12B

Cerchiamo ora la relazione tra il raggio di girazione e la massa della sfera. Possiamo scrivere che (eq. 13B):

𝑀 = 𝜌 𝑉 ∝ (𝜋𝑎2𝐿) eq. 13B

Quindi:

𝑅𝑔

̅̅̅̅2 ∝ 𝑀2 ⟹ 𝑅̅̅̅̅ ∝ 𝑀 𝑔

Da un punto di vista generale, basandoci sui dati cristallografici disponibili per dei polimeri

considerabili come bastoni rigidi, possiamo proporre la seguente relazione tra a, sezione del bastone rigido, e la sua lunghezza:

𝑎2 ∝ (𝐿2)0.05

Riarrangiando l’equazione 13 B, possiamo ottenere (eq. 14B):

𝑀 ∝ ((𝐿2)0.03 (𝐿2)12) ∝ (𝑅̅̅̅̅𝑔2)0.5 ⟹ (𝑅̅̅̅̅𝑔2) ∝ 𝑀1.9 eq. 14B Introducendo l’equazione 14B nella eq. 19 otteniamo (eq. 7B):

[𝜂] ∝ (𝑅̅̅̅̅𝑔

2) 3 2

𝑀 = (𝑀1.9)

3 2

𝑀 = 𝑀1.8 eq. 7B

dr

r L/2

-L/2

(15)

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