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5 R EALIZZAZIONE DELLE CARTE DI SUSCETTIBILITA’ DI FRANA POTENZIALE

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5

R

DI SUSCETTIBILITA’ DI FRANA POTENZIALE

L’instabilità dei versanti nel territorio oggetto di studio è, senza dubbio, da riferire ai movimenti franosi. Quest’ultimi costituiscono una delle cause principali di rischio per la incolumità di beni e persone. Infatti, un rapporto del Ministro dei Lavori Pubblici (Catenacci, 1992), riporta che nel periodo 1945 – 1990, le vittime accertate a causa dei movimenti franosi, corrispondono al 32% del totale delle vittime per catastrofi naturali in Italia. Tale dato evidenzia il fatto che le frane rappresentano, dopo i terremoti, le calamità naturali più pericolose per l’incolumità pubblica.

La genesi di un movimento franoso è determinata dall’azione di molteplici fattori. Si ha una distinzione tra i fattori predisponenti e le cause scatenanti. I primi sono di carattere geologico, geomorfologico, litotecnico, topografico, uso del suolo e idrologico (Soeters, R., Van Westen, C. J., 1996) e concorrono alla predisposizione dell’instabilità. Le cause invece sono da ricercare soprattutto in eventi meteorici e terremoti che determinano invece l’innesco del movimento franoso.

I fattori predisponenti che sono stati ritenuti maggiormente responsabili, per una valutazione della propensione al dissesto, sono stati analizzati cercando di stabilire le relazioni che intercorrono tra tali fattori e il manifestarsi dei fenomeni di instabilità. Nell’area oggetto di studio, i fattori predisponenti che hanno dato maggiori informazioni per una valutazione della propensione all’instabilità, sono i seguenti:

uso del suolo;

caratteristiche litologico – tecniche; curvatura dei versanti;

acclività dei versanti.

La scelta dei fattori utilizzati per una valutazione della propensione al dissesto è avvenuta selezionando quelli che, considerando anche le caratteristiche dell’area di studio, hanno fornito dati significativi una volta messi in relazione con la distribuzione delle frane. Altri fattori considerati quali, ad esempio, la distanza dalle aste fluviali , non hanno fornito dati significativi e, pertanto, sono stati scartati.

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Ogni fattore predisponente è stato rappresentato mediante carte tematiche (Cotecchia, 1978; Varnes & Iaeg, 1984; Gruppo Nazionale Geografia Fisica e Geomorfologia, 1987).

La valutazione della pericolosità di un fenomeno franoso è definita come la probabilità che un fenomeno potenzialmente distruttivo si verifichi in un dato periodo di tempo ed in una data area, come stabilito dal rapporto UNESCO di Varnes & Iaeg (1984). In questo studio è stata valutata la pericolosità relativa, ovvero, la stima del grado di pericolosità di un versante definita nello spazio, ma non nel tempo.

Il grado di pericolosità relativa dei versanti può essere espresso con diversi criteri; quelli più comunemente impiegati si possono raggruppare nelle seguenti categorie:

a) valutazione empirica : viene effettuata una zonazione del territorio, in base alla

valutazione oggettiva della suscettibilità all’instabilità dei versanti, sulla base delle informazioni raccolte con l’inventario delle frane e con la cartografia tematica;

b) indicizzazione degli effetti : la distribuzione dei fenomeni franosi presenti o passati

viene utilizzata come base per la previsione di fenomeni futuri, tramite la definizione di percentuali areali in frana per singole litologie;

c) indicizzazione delle cause : per ogni fattore della franosità e sulla loro combinazione,

vengono assegnati dei pesi, in modo tale da ricavare degli indici di pericolosità relativa;

d) analisi statistica : l’analisi dei fattori di franosità avviene mediante analisi statistica

multivariata e condizionale; anche in questo caso si ottengono indici di pericolosità relativa;

e) analisi morfometrica : vengono confrontati altezza e pendenza tra pendii stabili e

pendii interessati da fenomeni franosi, in modo tale da ottenere indicazioni sulla pericolosità relativa per unità litologiche omogenee che presentano sempre la stessa pendenza;

f) analisi deterministica : la pericolosità relativa è espressa dal fattore di sicurezza,

ricavato con i metodi di stabilità all’equilibrio limite;

g) analisi probabilistica : l’analisi dei parametri necessari alle analisi di stabilità porta ad

ottenere distribuzioni di probabilità del fattore di sicurezza;

h) analisi cinematica : nel caso di ammassi rocciosi, dove le frane sono influenzate

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può essere analizzata in funzione dei requisiti cinematici richiesti per l’innesco del movimento.

La valutazione empirica dell’instabilità dei versanti e l’indicizzazione delle cause sono vincolate alla soggettività dell’operatore, in quanto valutazioni attendibili richiedono operatori estremamente esperti e, inoltre, mappe redatte da operatori diversi sono difficilmente confrontabili. Per quanto riguarda l’analisi morfometrica, si correla direttamente l’aumento di frane all’aumento della pendenza di un versante. L’analisi deterministica si basa sul calcolo del fattore di sicurezza dei pendii mediante analisi di stabilità all’equilibrio limite e avviene considerando fattori, tra i quali precipitazioni e scosse sismiche, dati che non abbiamo potuto ricavare. Inoltre tale metodologia viene applicata laddove si dispone di una conoscenza geotecnica del sottosuolo sufficientemente approfondita. Le analisi probabilistiche e cinematiche trovano un largo uso nell’analisi di stabilità dei pendii in roccia. Poiché nel territorio oggetto di studio i movimenti franosi interessano, nella quasi totalità dei casi, le coperture, tali metodologie non sono state considerate.

Per i motivi precedentemente elencati, si è scelto, per una valutazione della propensione al dissesto, un approccio di tipo statistico. La scelta è ricaduta su tale metodologia perché fornisce una valutazione quantitativa dell’importanza dei fenomeni che generano instabilità partendo da dati che sono facilmente rilevabili.

Le analisi statistiche che sono state utilizzate e confrontate, utilizzano le tecniche dell’analisi condizionale e dell’analisi statistica multivariata (che spiegheremo nei paragrafi successivi), hanno permesso una zonazione del territorio in domini caratterizzati da diversa propensione al dissesto. La zonazione è stata ottenuta procedendo per passi successivi :

rilevamento geomorfologico e carta inventario dei fenomeni franosi : l’osservazione delle foto aeree e il rilevamento di campagna, hanno permesso di identificare i dissesti, i processi e le forme connessi con l’instabilità e la redazione di una carta inventario dei fenomeni franosi;

caratterizzazione litologico – tecnica : lo studio a carattere litologico – tecnico integrato con prove effettuate in laboratorio, ha permesso di classificare gli ammassi rocciosi e le coperture in U.L.T. ;

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selezione, organizzazione e elaborazione dei fattori dell’instabilità mediante analisi spaziale in ambiente GIS : i fattori di instabilità sono stati elaborati in modo tale da ottenere delle carte tematiche per ogni fattore di instabilità (definite come layer); analisi statistica condizionale e multivariata dei fattori di instabilità : è stata effettuata una valutazione statistica dei fattori di instabilità considerati e delle possibili relazioni tra tali fattori e l’occorrenza dei dissesti;

classificazione del territorio in classi di instabilità : la distribuzione di probabilità di frana è stata suddivisa in cinque classi ad instabilità crescente attraverso l’uso di algoritmi.

L’Analisi Statistica, Condizionale e Multivariata, mira a valutare le relazioni statistiche tra i fattori di instabilità considerati e alla ricorrenza delle frane nell’area di studio.

Per ogni fattore predisponente è stata creata una carta tematica. La carta delle caratteristiche litologico – tecniche realizzata con il rilevamento di campagna e integrata con le analisi effettuate in laboratorio, è stata trasformata in formato raster. L’utilizzo del suolo è stato derivato utilizzando la carta del progetto CORINE Land – cover.

Per i fattori predisponenti quali, curvatura e acclività dei versanti, utilizzando un’applicazione del software ArcGIS 9, è stato creato un modello digitale del rilievo (DEM, Digital Elevation Model), in modo tale da ottenere le carte tematiche per tali fattori.

L’analisi delle carte tematiche, confrontate con la carta inventario delle frane, ha permesso di valutare quantitativamente le relazioni che intercorrono fra i fattori predisponenti e l’occorrenza di frana, in modo tale da ottenere zone caratterizzate da un diverso grado di occorrenza di frana.

La valutazione statistica dell’occorrenza di frana utilizzando le metodologie statistiche (analisi statistica condizionale e multivariata), ha reso possibile il confronto dei risultati che sono stati ottenuti e l’analisi dei principali vantaggi e svantaggi relativi a tali applicazioni.

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5.1 Carta Inventario dei Fenomeni Franosi

La carta inventario dei fenomeni franosi è stata realizzata a partire dalla carta geomorfologica (vedi carta geologico – geomorfologica allegata) redatta grazie alla fase di rilevamento in campagna e allo studio delle foto aeree.

Le frane, come già detto nel capitolo 3, sono le forme di dissesto più diffuse e significative dell’area studiata. In tale area sono state individuate frane che si differenziano sia in funzione del tipo di movimento, sia del tipo di materiale coinvolto e sia dello stato di attività. Nell’ area studiata prevalgono frane di scorrimento, con dimensioni che vanno dalle decine di metri fino ad arrivare a diverse centinaia di metri, frane in roccia che si impostano prevalentemente nella maiolica (sul versante nord – est del M.te Uccelliera) e frane di colamento che si impostano sulla formazione del Macigno. I dissesti interessano in modo principale le coperture detritiche derivanti dall’alterazione del substrato. Per quanto concerne lo stato di attività, le frane di scorrimento che sono state cartografate, sono da considerarsi per la maggior parte dei casi quiescenti; sono presenti però frane che sono state considerate come attive.

Da quanto detto si evince che il tipo di movimento più rappresentativo, per l’area oggetto di studio, è lo scorrimento. Per questo motivo è stata valutata la pericolosità relativa da frana per le frane che presentano questo tipo di movimento e per queste ultime si è proceduto alla digitalizzazione in formato vettoriale e successivamente in formato raster.

La carta inventario dei fenomeni franosi è stata utilizzata come parametro di confronto con i fattori predisponenti, al fine di valutare la propensione al dissesto da frana di ciascuno dei fattori considerati.

E’ stato inoltre determinato l’Indice di Frana (IF), che ricordiamo essere dato dalla relazione :

IF (%) = (Superficie di frana / Superficie totale della classe) × 100

L’estensione areale dell’area oggetto di studio, dell’area interessata da frana e relativo indice di frana, sono riportati nella tab. 5.1 :

DIMENSIONI AREA [m²]

AREA FRANE

[m²] IF [%] 18 395 200 2 158 600 11,73 Tab. 5.1 : Indice di Frana medio dell’area oggetto di studio.

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I dati riportati nella tabella precedentemente esposta, sono stati ottenuti dall’utilizzo di una apposita funzione del software GIS. Con tale funzione è stato possibile anche sapere il numero effettivo di frane presenti nel territorio e quante di esse erano attive e quante quiescenti, come mostrato nella tab. 5.2 .

TIPO DI FRANA NUMERO

Scorrimento

Quiescente 518 Scorrimento Attivo 58

Tab 5.2 : Elenco delle frane presenti nell’area di studio, divise in funzione dello stato di attività.

Nella fig. 5.1 è riportata la carta inventario dei fenomeni franosi, relativa all’area di studio, dove sono riportati i corpi di frana :

Fig. 5.1 : Carta inventario dei fenomeni franosi. METELLO

M.TE UCCELLIERA RONTANO

T. TURRITE SECCA LE COSTE SAN ANTONIO M.TE DI GESU M.TE PIGLIONICO 1000 m 0

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5.2 Analisi Statistica Condizionale

L’analisi statistica condizionale è basata sul teorema di Bayes (Morgan, 1968), nel quale l’Indice di Frana (IF) di ogni “unità di mappa”, può essere assimilabile alla suscettibilità di frana. Tale indice è uguale al rapporto percentuale tra la superficie di frana di ogni unità e la superficie totale dell’unità, come mostra la seguente espressione:

IF(%) = (Superficie di frana / Superficie totale della classe) × 100

Ciascun fattore predisponente viene considerato singolarmente, in modo tale da ottenere classi discriminanti per la loro influenza sulla stabilità dei versanti, caratterizzate da valori diversi dell’Indice di Frana (Noti, 1997).

Questo procedimento porta alla determinazione dell’IF per ciascuna delle classi individuate. Successivamente è stata effettuata una riclassificazione di tali classi in funzione di IF e si è attribuito un codice unico per ogni classe. Classi con valori di IF(%) simili sono state poi accorpate e ordinate per valori (dell’indice di franosità), crescenti. Questo tipo di analisi ha consentito di ottenere, per ciascuno dei fattori predisponenti considerati, dei livelli informativi (o layer) contenenti le classi individuate in precedenza. La sovrapposizione di questi layer tematici, tramite una apposita funzione del GIS, ha portato alla determinazione delle Unità di

Condizioni Uniche (UCU). Le UCU rappresentano domini omogenei rappresentati da

porzioni di territorio che contengono un set di parametri tali da poter differenziare tale area, attraverso confini ben definiti, dalle unità adiacenti (Hansen, 1984).

Il numero di UCU dipende dal numero delle classi che sono state individuate per ciascuno dei fattori predisponenti considerati. Infatti il numero massimo di UCU è dato dal prodotto del numero delle classi di ciascun fattore considerato, come espresso dalla seguente relazione :

Nmax = N1 × N2 × … × Nn

Attraverso l’utilizzo del GIS, è stato valutato il rapporto percentuale tra l’area di frana in ciascuna UCU e l’area totale della UCU. Il valore ottenuto mi rappresenta, per ciascuna UCU, la probabilità di avvento da frana a tempo indefinito secondo il concetto statistico di Bayes.

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La distribuzione dei valori dell’indice di frana è stata suddivisa in cinque classi di instabilità potenziale : molto bassa, bassa, media, alta, molto alta. Quest’ultima fase è stata resa possibile mediante un sistema di classificazione automatico del software GIS usando l’algoritmo Jenks.

5.2.1

Carta dell’Uso del Suolo

La carta riguardante il fattore predisponente l’uso del suolo è stata derivata dalla carta in scala

1 : 100 000 del progetto CORINE Land – cover

(http://www.sister.it/itaCorine/Corine/Corine.htm) ed è stata adattata alle finalità del presente studio. Per il territorio studiato, il progetto CORINE prevede la suddivisione in sei unità dell’uso del suolo, che risultano essere :

231 Prati stabili : superfici a copertura erbacea densa, a composizione floristica rappresentata principalmente da graminacee, non soggette a rotazione e sono aree per lo più destinata al pascolo.

311 Boschi di latifoglie : formazioni vegetali, costituite principalmente da alberi, ma anche da cespugli e arbusti, nelle quali dominano le specie forestali a latifoglie. La superficie a latifoglie copre almeno il 75% dell’unità.

313 Boschi misti : formazioni vegetali, costituite da latifoglie e conifere, ma anche da cespugli e arbusti.

321 Aree a pascolo naturale e praterie d’alta quota : aree foraggere a bassa produttività. Sono situate spesso in zone accidentate e interessano spesso superfici rocciose, roveti e arbusteti.

324 Aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione : vegetazione arbustiva o erbacea con alberi sparsi. Formazioni che possono derivare dalla degradazione della foresta o da una rinnovazione della stessa per ricolonizzazione di aree non forestali.

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Nella tabella che segue (tab. 5.3) viene riportata, per ciascuna unità dell’uso del suolo, l’estensione areale delle singole unità e la relativa estensione areale in frana :

USO DEL SUOLO AREA [m²] AREA IN FRANA [m²] 313-Boschi misti 6800 0 333-Vegetazione rada 67600 0 231-Prati stabili 12100 500 324-Vegetazione in evoluzione 3564900 346800 311-Boschi latifoglie 13373100 1593200 321-Aree a pascolo 1370600 218100

Tab. 5.3 : Distribuzione areale (m²) delle unità dell’uso del suolo e relativa area in frana (m²).

La figura 5.2 mostra sottoforma di istogramma l’estensione areale delle unità dell’uso del suolo : 6800 67600 12100 3564900 13373100 1370600 0 2000000 4000000 6000000 8000000 10000000 12000000 14000000 A re a [ m x m ] 313 333 231 324 311 321

Uso del suolo

313 333 231 324 311 321

Fig. 5.2 : Istogramma relativo all’estensione areale (in m²), delle unità utilizzate nel fattore predisponente uso del suolo.

Per una immediata visualizzazione dei dati, i valori in frana di ogni unità del suolo (riportati nella tabella 5.3), vengono rappresentati graficamente con un grafico a torta (fig. 5.3) e espressi in valori percentuale :

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Area in frana [%] 321-Aree a pascolo 10% 324-Vegetazione in evoluzione 16% 311-Boschi latifoglie 74% 231-Prati stabili 0% 333-Vegetazione rada 0% 313-Boschi misti 0%

Fig. 5.3 : Grafico a torta indicante l’area in frana (%) per ogni unità considerata dell’uso del suolo.

Il calcolo dell’indice di frana (IF), ha permesso, per ogni classe riguardante l’uso del suolo, di ottenere il relativo indice di frana, come indicato nella tabella 5.4 .

USO DEL SUOLO IINDICE DI

FRANA [%] CODICE 313 - Boschi misti 0,00 333 - Aree con vegetazione rada 0,00 1 231 - Prati stabili 4,13 2 324 - Aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione 9,73 3 311 - Boschi di latifoglie 11,91 4 321 - Aree a pascolo

naturale e praterie d'alta quota

15,91 5

Tab. 5.4 : IF (%) per le aree caratterizzate da usi del suolo diversi e relativi codici identificativi.

Anche in questo caso, per una più immediata visualizzazione dei dati, i valori dell’IF(%) vengono riportati su di un grafico a istogramma (fig. 5.4).

Osservando l’istogramma riportato di seguito possiamo notare come le aree a pascolo naturale e praterie d’alta quota siano le unità dell’uso del suolo dove si ha un valore dell’indice di frana superiore a quello medio calcolato per l’intera area (pari a 11,73%).

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0,00 0,00 4,13 9,73 11,91 15,91 0 25 50 75 100 IF[%] 313-Boschi misti 333-Vegetazione rada 231-Prati stabili 324-Vegetazione in evoluzione 311-Boschi latifoglie 321-Aree a pascolo Uso del suolo

Fig. 5.4 : Indice di frana IF (%) per i vari usi del suolo presenti nell’area oggetto di studio.

Poiché questa unità dell’uso del suolo, arealmente, non è molto estesa, (questo si evince osservando i dati riportati nella tab. 5.3 e nel diagramma di fig. 5.2), non può essere considerata rappresentativa di una correlazione tra l’occorrenza da frana e l’uso del suolo stesso.

Valori elevati e indicativi dell’indice di frana, si ritrovano nelle aree costituite da boschi di latifoglie. Tale unità dell’uso del suolo è, infatti, quella più presente nell’area oggetto di studio, dove ne ricopre circa i 2/3 e quindi, quella che meglio rappresenta una correlazione tra la distribuzione delle frane e, appunto, l’uso del suolo. Questo può essere dovuto al fatto che tale unità si colloca su versanti più o meno acclivi. Infatti i boschi di latifoglie sono ubicati su versanti che presentano valori di acclività moderata e alta.

Per tali valori di acclività, in seguito a fenomeni piovosi intensi e/o prolungati, si instaura un regime di saturazione nel detrito e conseguente appesantimento, che aumenta le pressioni neutre all’interno del materiale e quindi un aumento della forza di taglio: condizione tale che porta ad una propensione all’instabilità. La situazione per tale aree è aggravata dall’uso del suolo. Quest’ultimo, in queste zone, è caratterizzato da specie arbustive ad alto fusto (come i castagneti che sono ampiamente rappresentati sul territorio), che contribuiscono ad appesantire le coperture e quindi aumentare la propensione all’instabilità.

Valori elevati di IF(%) rappresentano le aree caratterizzate da una vegetazione in evoluzione. Anche per tali aree abbiamo una correlazione tra uso del suolo e acclività dove, quest’ultima, assume valori da 10° a >42°. Il fatto di non avere specie arbustive ad alto fusto non aggrava ulteriormente la stabilità delle coperture che, comunque, sono soggette allo stesso fenomeno

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visto in precedenza.

Per quanto riguarda i prati stabili, valgono le stesse considerazioni effettuate a proposito delle aree a pascolo naturale. Infatti l’estensione areale è piccola (12100 m²), e quindi non rappresentativa per poter valutare una correlazione tra uso del suolo e occorrenza al dissesto. La riclassificazione delle differenti unità di utilizzo del suolo, ha permesso di attribuire un codice a ciascuna classe che abbiamo individuato, come indicato nella tabella 5.4, vista in precedenza.

Le unità dell’uso del suolo, boschi misti e aree a vegetazione rada, sono state riclassificate e ubicate nella medesima classe in quanto presentano valori dell’indice di frana uguali. Nella fig. 5.5 è riportata l’area oggetto di studio in funzione della riclassificazione effettuata (vedi tab. 5.4), nella quale sono state individuate cinque classi relative all’uso del suolo.

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Elaborazione della carta dell’uso del suolo

LEGENDA

Boschi misti + aree vegetazione rada Prati stabili Vegetazione in evoluzione Boschi di latifoglie Aree a pascolo naturale

Fig. 5.5 : Carta riclassificata dell’uso del suolo.

METELLO RONTANO M.TE UCCELLIERA LE COSTE T. TURRITE SECCA SAN ANTONIO M.TE PIGLIONICO M.TE DI GESU 1000 m 0

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5.2.2

Carta delle caratteristiche Litologico – Tecniche

La caratterizzazione litologico – tecnica effettuata seguendo le indicazioni del programma VEL (Ferrini et al., 1998), come già argomentato nel capitolo 4, ha permesso di identificare all’ interno dell’area oggetto di studio 9 unità litologico – tecniche. Nella tab. 5.5 viene riportata l’estensione areale (in m²) e una breve descrizione per ciascuna unità litologico – tecnica .

LITOLOGIA ULT CARATTERISTICHE AREA[m²]

MAS A r1-3 d4-5 c4-5

Roccia lapidea non stratificata, con una resistenza meccanica da estremamente resistente a resistente, con una spaziatura da fitta a molto fitta e con apertura da 1 a 5 mm. 1767300 CCA, VIN, GRE, MDL A r2-3 d3-4 c3-5

Roccia lapidea non stratificata, con resistenza a compressione uniassiale da resistente a molto resistente, con una spaziatura da fitta a media,con apertura da 1mm a >5mm molto alterate e/o bagnate.

5424500

MAS, MMR B1 r1-3 d3-4 c3-4

Rocce lapidee stratificate, strutturalmente ordinate, con resistenza meccanica da resistente a estremamente resistente, con una spaziatura da media a fitta. 418500 CLF, LIM, MAI, SSR, ENT, SVL, MCP, MMR B2 r2-3 d4-5 c3-5

Rocce lapidee stratificate, strutturalmente ordinate, con resistenza meccanica da resistente a molto resistente, con una spaziatura da fitta a molto fitta e discontinuità con apertura da 1 a 5 mm.

7201100 DSD, RSA, POD, MAC, PSM B2 r3-5 d4-5 c4-5

Rocce lapidee stratificate, strutturalmente ordinate, con una resistenza meccanica da resistente a debole, con una fratturazione da fitta a molto fitta e discontinuità con apertura da 1 a 5 mm.

2258300

RET, ANL, STO3

B3 r2-3 d3-5 c3-5

Roccia stratificata costituita da una alternanza di livelli lapidei e livelli pelitici. Gli strati lapidei risultano molto resistenti, mentre la porzione pelitica varia da mediamente resistente a debole. Le discontinuità presentano una spaziatura da molto fitta a media. Le pareti delle discontinuità sono da alterate a leggermente alterate e da rugose a leggermente rugose.

680900

STO B5 r5 d5 c5

Roccia stratificata costituita quasi interamente da peliti, in percentuale > 75% con intercalazioni di calcilutiti e calcareniti e strutturalmente disordinata. Roccia debole, con spaziatura molto fitta, con discontinuità molto alterate e con apertura >5mm.

378500

PLB C1 r5-6 Conglomerati clasto - sostenuti, con una resistenza da

debole a molto debole 1200

Depositi

Alluvionali E1 a2-4 t2

Ciottoli da moderatamente addensati, a poco addensati a sciolti, con presenza di una frazione sabbiosa.

264800

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Per visualizzare il contributo di ciascun valore al totale e mettere in evidenza i singoli fattori, i dati delle aree di ogni ULT vengono rappresentati mediante un grafico a torta esplosa (fig. 5.6). 29% 2% 40% 12% 4% 2% 0% 1% 10% MAS

CCA, VIN, GRE, MDL

MAS, MMR

CLF, LIM, MAI, SSR, ENT, SVL, MCP, MMR

DSD, RSA, POD, MAC, PSM

RET, ANL, STO3

STO

PLB

Depositi Alluvionali

Fig. 5.6 : Grafico indicante l’estensione areale (in m²), di ogni ULT presente nell’area oggetto di studio.

Nella tabella 5.6, per ogni ULT, vengono riportati i valori relativi all’area in frana. Inoltre, in tale tabella, viene riportato il valore dell’Indice di Frana (IF%) di ogni ULT, calcolato confrontando la carta litologico – tecnica con la carta inventario dei fenomeni franosi.

LITOLOGIA ULT AREA IN FRANA

[m²] IF [%]

PLB C1 r 5/6 0 0

Depositi alluvionali E1 a 2/4 t 2 200 0

MAS, MMR B1 r1/3 d3/4

c3/4 36500 9

CCA, VIN, GRE, MDL, A r2/3 d3/4 c3/5 576600 11 CLF, LIM, MAI, SSR, ENT,

SVL, MCP, MMR

B2 r2/3 d4/5

c3/5 782800 11

RET, ANL, STO3 B3 r2/3 d3/5

c3/5 79100 12

MAS A r1/3 d4/5 c4/5 233700 13

STO B5 r5 d5 c5 60400 16

DSD, RSA, POD, MAC, PSM B2 r3/5 d4/5

c4/5 389300 17

Tab. 5.6 : Tabella indicante l’area in frana di ogni ULT e relativo IF (%). Le varie ULT sono disposte in ordine crescente di IF (%).

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Per visualizzare meglio i rapporti tra IF e le classi litologico – tecniche, i dati riportati nella precedente tabella (tab. 5.6), vengono visualizzati mediante un grafico a istogrammi 3D non in pila (fig. 5.7) : 0 0 9 11 11 12 13 16 17 0 25 50 75 100 IF[% ] C1 r 5/6 E1 a 2/4 t 2 B1 r1/3 d3/4 c3/4 A r2/3 d3/4 c3/5 B2 r2/3 d4/5 c3/5 B3 r2/3 d3/5 c3/5 A r1/3 d4/5 c4/5 B5 r5 d5 c5 B2 r3/5 d4/5 c4/5 S1 ULT Indice di Frana

Fig. 5.7 : Istogramma 3D non in pila, indicante l’IF (%) delle ULT dell’area oggetto di studio.

Valori elevati dell’indice di frana si trovano in corrispondenza della ULT B2 r3-5 d4-5 c4-5, alla quale sono riferite le formazioni dei Diaspri, Rosso Ammonitico, Marne a Posidonia, Macigno e Pseudomacigno e, della ULT B5 r5 d5 c5, alla quale corrisponde la formazione della Scaglia Toscana.

Per quanto riguarda la prima ULT menzionata, il valore elevato dell’indice di frana (IF = 17%), è da riferirsi alle caratteristiche meccaniche delle formazioni che ricadono in tale unità. Infatti le rocce sono caratterizzate da una resistenza meccanica che varia da resistente a debole e da una fratturazione da fitta a molto fitta con pareti delle discontinuità alterate. L’intensa fratturazione e alterazione porta ad una disgregazione del substrato con conseguente formazione di coperture detritiche.

Per quanto concerne l’altra ULT precedentemente menzionata, valori elevati di IF(%) sono, anche in questo caso, dovuti alla caratteristiche fisiche e alla struttura della roccia. In questa ULT ricade, come detto in precedenza, la formazione della Scaglia Toscana. Questa, oltre ad avere le stesse problematiche della ULT precedentemente descritta, presenta anche valori di resistenza meccanica deboli (10 – 25 MPa).

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Valori elevati dell’indice di frana si riscontrano anche per l’ULT A r1-3 d4-5 c4-5, alla quale corrisponde il Calcare Massiccio. Anche in questo caso la spaziatura delle discontinuità gioca un ruolo determinante, in quanto, varia da fitta a molto fitta e questo porta ad una disgregazione della roccia.

Valori significativi dell’indice di frana si trovano in corrispondenza dell’ULT B3 r2-3 d3-5 c3-5, alla quale sono riferite le formazioni dei Calcari ad Angulati, Calacari a Rhaetavicola Contorta e il membro calcarenitico della Scaglia Toscana, ovvero le Calcareniti di Montegrossi. Questo può essere dovuto al fatto che queste formazioni presentano una alternanza di livelli lapidei e livelli pelitici e quest’ultimi rappresentano superfici di debolezza.

Considerando l’unità litologico – tecnica B2 r2-3 d4-5 c3-5, in questo caso, abbiamo giunti aperti che diminuiscono la resistenza al taglio, poiché diminuisce il contributo della coesione. Situazione analoga la troviamo anche nella ULT A r2-3 d3-4 c3-5.

Valori di IF(%) inferiori ai precedenti ma, comunque significativi, si riscontrano nella ULT B1 r1-3 d3-4 c3-4. Nonostante la buona resistenza, la spaziatura che va da fitta a media ricopre, anche in questo caso, un ruolo determinante sulla propensione al dissesto per le rocce che rientrano in questa ULT.

Valori prossimi allo 0% si trovano in corrispondenza dei depositi alluvionali. Questo è dovuto allo stato di addensamento, che indica il grado di compattazione dei terreni granulari, che si presenta anche come sciolto, quindi, ad esempio, si verifica una diminuzione della resistenza al taglio con conseguente propensione all’instabilità. Inoltre il valore prossimo allo zero è da imputare al fatto che tali depositi sono quasi orizzontali-

Infine, valori prossimi allo 0%, si trovano anche per i Conglomerati di Barga. Nonostante si tratti di conglomerati clasto – sostenuti con resistenza che varia da debole a molto debole, come detto, presentano un valore di IF prossimo allo 0%; questo può essere imputabile al fatto che tale formazione è presente come un piccolo affioramento (1200 m²) e quindi arealmente non rappresentativo.

(18)

Le varie unità litologico – tecniche, sono state riclassificate in funzione della variazione dell’indice di franosità e, a ciascuna delle classi individuate, è stato assegnato un codice, come indicato nella tabella 5.7, che segue:

LITOLOGIA ULT CODICE

PLB C1 r 5/6

Depositi alluvionali E1 a 2/4 t 2 10

MAS, MMR B1 r1/3 d3/4

c3/4 20

CCA, VIN, GRE, MDL, A r2/3 d3/4 c3/5 30 CLF, LIM, MAI, SSR, ENT,

SVL, MCP, MMR

B2 r2/3 d4/5

c3/5 40

RET, ANL, STO3 B3 r2/3 d3/5

c3/5 50

MAS A r1/3 d4/5 c4/5 60

STO B5 r5 d5 c5 70

DSD, RSA, POD, MAC, PSM B2 r3/5 d4/5

c4/5 80

Tab. 5.7 : Riclassificazione delle ULT, in base a IF(%) crescente e relativi codici identificativi.

Nella riclassificazione effettuata, i Conglomerati di Barga e i depositi alluvionali sono stati inseriti nella solita classe. Questo è stato fatto poiché entrambi assumono dei valori dell’indice di frana prossimo allo 0% e quindi, per tale motivo, sono state accorpate in una unica classe.

Sulla base della riclassificazione effettuata, indicata nella tabella 5.8, è stata elaborata la carta litologico – tecnica (fig. 5.8).

(19)

Elaborazione della carta litologico – tecnica

LEGENDA C1 r5/6 + E1 a2/4 t2 B1 r1/3 d3/4 c3/4 A r2/3 d3/4 c3/5 B2 r2/3 d4/5 c3/5 B3 r2/3 d3/5 c3/5 A r1/3 d4/5 c4/5 B5 r5 d5 c5 B2 r3/5 d4/5 c4/5

Fig. 5.8 : Carta litologico – tecnica.

METELLO RONTANO M.TE UCCELLIERA LE COSTE T. TURRITE SECCA SAN ANTONIO M.TE DI GESU M.TE PIGLIONICO 1000 m 0

(20)

5.2.3

Carta della curvatura dei versanti

La curvatura dei versanti è stata derivata direttamente da DEM utilizzando una apposita funzione di ArcView. Con la curvatura dei versanti si ottengono informazioni circa la geometria di questi, cioè la suddivisione in forme concave, convesse e piane.

La curvatura dei versanti è stata definita considerando due tipi di curvatura differenti (Peschier J., 1996):

Curvatura planare : definita come l’intersezione di un piano orizzontale su un punto P, passante per il punto.

Curvatura di profilo : definita come l’intersezione di un piano verticale su un punto P, passante per il punto.

Le tre possibili curvature planari vengono indicate nella fig. 5.9 :

Fig. 5.9 : Le tre possibili curvature planari, rispettivamente convessa, concava e piana (Peschier J., 1996).

Le tre possibili curvature di profilo, vengono invece rappresentate in fig. 5.10 :

Fig. 5.10 : Le tre possibili curvature di profilo, rispettivamente convessa, concava e piana (Peschier J., 1996).

Se combiniamo i concetti di curvatura planare e di profilo, otteniamo la curvatura totale, considerata nel nostro studio. La combinazione delle due curvature porta ad avere nove possibili tipi di curvatura totale, come possiamo vedere nella fig. 5.11 :

(21)

Convex Concave Plane Convex

Concave

Plane

Fig. 5.11 : Possibili tipi di curvatura totale, ottenuta dalla combinazione tra la curvatura planare e di profilo. Sull’orizzontale abbiamo la curvatura planare; sulla verticale la curvatura di profilo (Peschier J., 1996).

Tra le possibili combinazioni si è scelto di calcolare quelle relative a tre tipi fondamentali : convessa – convessa, concava – concava e piano – convessa.

Quello che andiamo ad ottenere con la curvatura totale sono delle informazioni circa la suddivisione del territorio in displuvi, impluvi e zone pianeggianti o sub-pianeggianti. Questo è importante poiché la curvatura totale è data, come detto in precedenza, dalla curvatura di profilo che influenza la velocità di un flusso (es. acque meteoriche) e quindi influenza l’erosione o la deposizione e dalla curvatura planare che, invece, influenza la convergenza o la divergenza del flusso.

Utilizzando il software GIS, sono state individuate tre classi di curvatura e, la relativa estensione areale è riportata nella tabella 5.8 e nel grafico a torta di figura 5.12:

CURVATURA AREA [m²]

Convessa 5303700 Piano-convessa 5281300 Concava 7810200

(22)

29%

29%

42% Convessa

Piano-convessa Concava

Fig. 5.12 : Grafico a torta indicante l’estensione areale, di ognuna delle classi di curvatura individuate, espressa sia in percentuale sulla superficie totale.

Confrontando ognuna delle classi con la carta inventario dei fenomeni franosi è stato calcolato, per ogni classe di curvatura, l’indice di frana. Questi valori vengono riportati nella tabella 5.9 e, per una migliore lettura, su un grafico a istogramma (fig. 5.13).

CURVATURA AREA IN

FRANA [m²] IF [%]

Convessa 240500 5

Piano-convessa 678500 13

Concava 1239600 16

Tab. 5.9 : Tabella indicante l’area in frana e IF(%) per le classi di curvatura .

5 13 16 0 25 50 75 100 IF[%]

Convessa Piano-convessa Concava

Curvatura

Convessa Piano-convessa Concava

(23)

I dati che sono nella tabella 5.9, sono stati ottenuti facendo una precedente operazione di filtraggio. Questa tecnica attribuisce agli agglomerati di pixel “indesiderati”, perché di dimensioni troppo piccole, in genere minore di 10 pixel, il valore dei vicini più vicini (nearest neighbor interpolation). In definitiva si interpola il valore del punto con i punti al contorno (fig. 5.14).

Fig. 5.14 : Esempio di Nearest neighbor interpolation di un set di punti in 2D (immagine presa da Wikipedia).

Questa procedura è necessaria per ridurre la probabilità che si formino UCU di dimensioni troppo piccole per avere un significato statistico.

Osservando l’istogramma riportato in fig. 5.13, possiamo notare come il valore più elevato dell’indice di frana corrisponda ad aree che hanno superficie concava. Come detto in precedenza, la curvatura di profilo influenza l’accelerazione o la decelerazione di un flusso, e quindi, influenza l’erosione o la deposizione, mentre, la curvatura planare influenza la divergenza o la convergenza del flusso. Il fatto di avere valori elevati dell’IF per superfici concave, può essere imputabile al fatto che tali superfici costuiscono dei piani preferenziali di scorrimento, ad esempio delle acque meteoriche, e su tali superfici si ha una accelerazione e una convergenza dei processi di erosione.

Alle classi di curvatura, precedentemente individuate, è stato assegnato un codice di riferimento (tab. 5.10):

CURVATURA CODICE

Convessa 100

Piano-convessa 200

Concava 300

Tab. 5.10 : Classificazione delle classi di curvatura in funzione dell’Indice di Frana.

(24)

Elaborazione della carta della curvatura dei versanti

LEGENDA

Convessa

Piano - Convessa

Concava

Fig. 5.15 : Carta della curvatura dei versanti.

METELLO RONTANO M.TE UCCELLIERA LE COSTE T. TURRITE SECCA SAN ANTONIO M.TE PIGLIONICO M.TE DI GESU 1000 m 0

(25)

5.2.4

Carta delle acclività dei versanti

La carta delle acclività è stata derivata, come detto in precedenza ad inizio capitolo, dal DEM, utilizzando celle 10 m × 10 m. Utilizzando una apposita funzione chiamata Natural Breaks (Jenks) (fig. 5.16) del programma ArcView, sono state individuate nove classi di pendenza (tab. 5.11 ). Questa tecnica suddivide il territorio in classi (nel caso specifico in classi di acclività), in modo tale da identificare i punti di rottura e scegliendo classi di rottura in base a valori simili, in modo tale da massimizzare le differenze tra le classi.

ACCLIVITA’ [°]

Fig. 5.16 : Classi di acclività ottenute con la funzione Natural Breaks (Jenks). A destra è inoltre riportata la tabella indicante i valori ottenuti dall’elaborazione statistica, dove i più significativi sono : Count = numero totale di pixel dell’area studiata; Minimum = valore minimo di acclività individuato nell’area; Maximum = valore massimo di acclività individuato nell’area; Mean = valore medio di acclività dell’area.

PENDENZA [°] AREA [m²] 0-10,7 551700 10,7-19,86 1705400 19,86-26,8 2643200 26,8-32,47 3448100 32,47-37,52 4087700 37,52-42,56 3170600 42,56-48,87 1722300 48,87-57,69 787700 > 80,71 278500

Tab. 5.11 : Classi di pendenza individuate e relative estensioni areali.

P

IX

E

(26)

Di ogni classe di pendenza individuata è stato valutato l’indice di franosità (tab.5.12 e fig. 5.17). PENDENZA [°] IF [%] 0-10,7 6 10,7-19,86 14 19,86-26,8 14 26,8-32,47 12 32,47-37,52 13 37,52-42,56 11 42,56-48,87 9 48,87-57,69 9 > 80,71 4

Tab. 5.12 : Indice di Frana (IF%) per le classi di pendenza.

6 14 14 12 13 11 9 9 4 0 25 50 75 100 IF[%] 0-10,7 10,7-19,86 19,86-26,8 26,8-32,47 32,47-37,52 37,52-42,56 42,56-48,87 48,87-57,69 > 80,71 Acclività [°]

Fig. 5.17 : Istogramma 3D rappresentativo dell’indice di frana per le classi delle pendenze.

In base all’indice di frana, calcolato per le varie classi di acclività considerate, l’acclività stessa è stata riclassificata, ottenendo quattro classi (tab. 5.13):

(27)

PENDENZA [°] CLASSE

0 - 10,7 I

10,7 - 26,8 II 26,8 - 42,56 III

> 42,56 IV

Tab. 5.13 : Classi di pendenza individuate utilizzando IF.

Una volta fatto questo, con tali valori è stata costruita la carta tematica relativa all’acclività (fig. 5.18).

Come fatto in precedenza a proposito della curvatura dei versanti, anche in questo caso è necessaria una operazione di filtraggio. La metodologia è la solita, si applica cioè la funzione del programma GIS nearest neighborg interpolation. Così facendo, si interpola il valore del punto (nella fig. 5.18 sono in giallo), con i punti al contorno.

LEGENDA 0° - 10,7° 10,7° - 26,8° 26,8° - 42,56° > 42,56° NO DATA

Fig. 5.18 : Carta delle acclività dei versanti non ancora filtrata.

METELLO RONTANO M.TE UCCELLIERA LE COSTE T.TURRITE SECCA SAN ANTONIO M.TE DI GESU M.TE PIGLIONICO 0 1000 m

(28)

A questo punto, confrontando le classi di acclività con la carta inventario dei fenomeni franosi, abbiamo ottenuto l’IF (%) per ogni classe considerata (tab. 5.14 e fig. 5.19) e relativo codice : PENDENZA [°] IF [%] CODICE 0 - 10,7 6 1000 10,7 - 26,8 14 2000 26,8 - 42,56 12 3000 > 42,56 9 4000

Tab. 5.14 : Riclassificazione delle classi di acclività in base all’IF e relativo codice.

6 14 12 9 0 25 50 75 100 IF[%] 0 - 10,7 10,7 - 26,8 26,8 - 42,56 > 42,56 Acclività[°] 0 - 10,7 10,7 - 26,8 26,8 - 42,56 > 42,56

Fig. 5.19 : Istogramma in 3D delle classi di acclività riclassificate in base all’IF.

Osservando la tabella e l’istogramma riportati sopra, possiamo vedere come il valore dell’Indice di Frana più elevato corrisponda a condizioni nelle quali l’acclività rientra nella classe dove assume dei valori che vanno da 10,7° a 26,8°.

Per tale classe l’Indice di frana assume il valore del 14%. Tali valori di acclività, si ritrovano in aree dove affiorano : la formazione della Scaglia Toscana, il Macigno, lo Pseudomacigno, il Calcare Selcifero di Limano, il Rosso Ammonitico, i Diaspri e le Marne a Posidonia.

(29)

Abbiamo quindi una correlazione tra la classe di acclività che presenta valori alti dell’indice di frana e la geologia: infatti si tratta di materiali che sono stratificati. La superficie di stratificazione rappresenta, quindi, una zona di potenziale debolezza sulla quale possono innescarsi scorrimenti. Inoltre, le formazioni appena menzionate, hanno dei valori di resistenza meccanica da debole a mediamente resistente e sono accumunate dal fatto di essere fittamente fratturate. Una considerazione particolare va fatta a riguardo delle marne a Posidonia. Quest’ultime, quando si collocano in aree che presentano valori di acclività variabili da 10,7° - 26,8°, hanno una spaziatura molto fitta e presentano una resistenza meccanica media. Questa situazione si ritrova negli affioramenti presso gli abitati di Rontano e Le Coste, e lungo la strada che porta al M.te Piglionico. Questa situazione conferma il fatto che la morfologia è funzione del litotipo.

Valore alto dell’Indice di Frana, si ha anche per le classi dove i valori di acclività hanno un range che va da 26,8° - 42,56° e dove sono > 42,56°. Anche in questo caso abbiamo la presenza sia di rocce stratificate, ma anche di rocce non stratificate, entrambe caratterizzate da una intensa fratturazione : questi piani di discontinuità possono essere zone preferenziali sulle quali possono avvenire eventuali scorrimenti. A questa situazione dobbiamo aggiungere il fatto che nelle aree caratterizzate da questi valori di acclività, durante eventi meteorici, l’acqua scorre più velocemente rispetto ai versanti con pendenza minore: questo determina una erosione più accentuata delle coperture.

Valori bassi dell’Indice di Frana si ritrovano in aree caratterizzate da valori di pendenza che vanno da 0° a 10,7°, cioè in condizioni pianeggianti e sub-pianeggianti.

Nella fig. 5.20, sulla base della riclassificazione dell’acclività precedentemente esposta, è stata elaborata una carta tematica relativa, appunto, all’acclività dei versanti.

(30)

Elaborazione della carta delle acclività

LEGENDA 0° - 10,7° 10,7° - 26,8° 26,8° - 42,56° > 42,56°

Fig. 5.20 : Carta delle acclività.

METELLO RONTANO M.TE UCCELLIERA LE COSTE T. TURRITE SECCA SAN ANTONIO M.TE DI GESU M.TE PIGLIONICO 1000 m 0

(31)

5.2.5

Carta della instabilità potenziale dei versanti

L’analisi dei fattori predisponenti presi in considerazione per la valutazione della suscettibilità di frana ha permesso di creare dei livelli informativi per tali fattori, portando alla creazione di carte tematiche.

Tramite la funzione Raster Calculator del programma ArcView, sovrapponendo le varie carte tematiche, otteniamo la carta delle Unità di Condizioni Uniche. Il numero massimo di UCU è dato dal prodotto del numero delle classi relative a ciascun fattore :

Nmax = N1 × N2× ….. × Nn

che, nel presente elaborato risulta essere dato da :

uso del suolo : 5 classi;

caratteristiche litologico-tecniche : 8 classi; curvatura : 3 classi;

acclività : 4 classi;

per un totale di UCU possibili, dato dal prodotto del numero delle classi, che risulta essere pari a:

N = 5 × 8 × 3 × 4 = 480

Non tutte le combinazioni sono presenti, infatti il numero di UCU individuate nell’area oggetto di studio risulta essere uguale a 226.

Ogni UCU è identificata da una sigla numerica composta da codici parziali delle classi di ogni fattore come riportato nella tabella sottostante (tab. 5.15).

Per ciascuna UCU è stato valutato l’Indice di Frana che, come detto precedentemente rappresenta per il teorema di Bayes (Morgan,1968) la probabilità di accadimento della frana stessa.

(32)

FATTORI DESCRIZIONE CODICE

Boschi misti + Aree

a vegetazione rada 1 Prati stabili 2 Aree a vegetazione

in evoluzione 3 Boschi di latifoglie 4 USO DEL SUOLO

Aree a pascolo 5 PLB + Depositi

alluvionali 10

MAS, MMR 20

CCA, VIN, GRE,

MDL 30

CLF, LIM, MAI, SSR, ENT, SVL,

MCP, MMR

40

RET, ANL, STO3 50

MAS 60 STO 70 U.L.T. DSD, RSA, POD, MAC, PSM 80 Convessa 100 Piano - Convessa 200 CURVATURA Concava 300 0° - 10,7° 1000 10,7° - 26,8° 2000 26,8° - 42,56° 3000 ACCLIVITA' > 42,56° 4000

Tab. 5.15 : Tabella indicante i codici parziali delle classi di ogni fattore considerato.

La valutazione dell’Indice di Frana per ogni UCU presente nell’area oggetto di studio, è riportata nell’istogramma (fig. 5.21).

In base ai valori dell’Indice di Frana, utilizzando la funzione del programma ArcView definita

natural breakes, le UCU che abbiamo precedentemente individuato, sono state riclassificate

in cinque classi di instabilità potenziale, come possiamo vedere nella tabella riportata di seguito (tab. 5.16).

(33)

LIVELLO DI INSTABILITA' IF[%] Molto bassa 0 - 3,66 Bassa 3,66 - 7,84 Media 7,84 - 13,31 Alta 13,31 - 21,35 Molto alta 21,35 - 66,67

Tab. 5.16 : Classi di instabilità potenziale e intervalli relativi all’IF(%).

Nella figura 5.22 è riportata la carta risultante dell’Analisi Statistica Condizionale per l’area studiata. 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 2 3 1 4 4 1 4 5 3 1 5 4 1 2 3 4 4 2 4 4 2 1 4 4 4 1 8 5 1 1 4 4 4 1 3 4 3 1 4 2 4 3 4 4 3 2 6 3 2 3 2 3 1 2 7 4 2 3 4 3 3 2 5 5 2 3 2 4 2 3 6 3 2 3 7 4 2 2 5 5 2 2 8 3 1 3 5 5 UCU IF [ % ]

Fig. 5.21 : Istogramma delle possibili UCU che si possono trovare nell’area. Sull’asse X è riportata la sigla di alcune delle UCU presenti nell’area; per ciascuna unità è indicata l’IF. Esempio : la UCU 3263 è caratterizzata dalla combinazione dei fattori 3000 = acclività 26,8° - 42,56°; 200 = curvatura piano – convessa; 60 = Calcare massiccio; 3 = area a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione.

(34)

Carta dell’instabilità potenziale dei versanti (Analisi Statistica

Condizionale)

LEGENDA Molto bassa (0 % – 3,6 %) Bassa (3,6 % - 7,8 %) Media (7,8 % - 13,3 %) Alta (13,3 % - 21,3 %) Molto alta (21,3 % - 66,7 %)

Fig. 5.22 : Carta dell’instabilità potenziale dei versanti, ottenuta attraverso l’Analisi Statistica Condizionale.

Dall’analisi della carta in figura 5.22 emerge che le aree ad instabilità potenziale alta e molto alta si collocano presso gli abitati di Rontano, Metello, a nord del M.te Uccelliera, lungo la strada che porta all’ abitato di Le Coste e, infine, a est di San Antonio. Confrontando la

M.TE PIGLIONICO SAN ANTONIO M.TE DI GESU T. TURRITE SECCA LE COSTE MTE UCCELLIERA METELLO RONTANO 0 1000 m

(35)

distribuzione di queste aree con la carta tematica dell’acclività, osserviamo alcune corrispondenze. Infatti aree che hanno valori di acclività moderata o moderatamente bassa denotano aree ad instabilità potenziale molto alta. Sempre in queste zone, affiorano (come già detto in precedenza a riguardo delle acclività, vedi paragrafo 5.1.5), rocce calcareo – marnose e arenarie, che presentano diversi sistemi di discontinuità e che hanno caratteristiche tecniche scadenti. Abbiamo quindi un’ incidenza, sulla valutazione dell’instabilità potenziale alta e molto alta, da parte delle caratteristiche litotecniche. Queste ultime, unite all’acclività, costituiscono il peso maggiore per una valutazione dell’instabilità. Un altro fattore che incide su queste classi di instabilità potenziale è la curvatura dei versanti. Infatti osservando la carta tematica della curvatura dei versanti (fig. 5.15), e la confrontiamo con la carta dell’instabilità potenziale, notiamo una correlazione tra aree a instabilità potenziale alta – molto alta e aree che presentano una curvatura concava. Questo perché la morfologia dei versanti è direttamente influenzata dalla geologia.

Aree a instabilità potenziale bassa e molto bassa si trovano in corrispondenza del Torrente Turrite Secca, a sud del M.te Piglionico, e in tutte quelle zone dove si hanno superfici convesse. Infatti se osserviamo la carta tematica relativa alla curvatura dei versanti e la confrontiamo con quella relativa all’instabilità potenziale, notiamo una corrispondenza tra superfici convesse e aree a instabilità bassa – molto bassa. Su queste superfici si ha quindi uno scorrimento delle acque meteoriche e non uno stazionamento, che può portare ad una saturazione delle coperture e conseguente innesco di un movimento franoso. Aree a instabilità bassa – molto bassa sono, inoltre, caratterizzate da valori di acclività > 42,56° (come si può osservare guardando la carta tematica delle acclività, fig. 5.20). In tali aree affiorano formazioni quali Calcare Massiccio, Calcare Cavernoso, Grezzoni, Marmi Dolomitici e Dolomie, Formazione di Vinca, che presentano caratteristiche litotecniche buone.

Valori medi di instabilità potenziale si ritrovano in tutte le zone che presentano superfici concave. Infatti in tali aree, la presenza di superfici concave determina un richiamo di acqua con conseguente diminuzione della forza agente normalmente alla superficie di taglio e rottura del pendio. Inoltre su tali superfici si impostano formazioni stratificate caratterizzate da una intensa fratturazione, condizione che può portare, anche in questo caso, all’instaurarsi di movimenti di taglio che si impostano su questi piani di debolezza. L’azione è però mitigata dal fatto che si tratta di rocce che sono resistenti – molto resistenti.

(36)

5.3

Analisi Statistica Multivariata

L’ Analisi Statistica Multivariata è stata applicata a partire dagli stessi fattori utilizzati nell’Analisi Statistica Condizionale.

Il Modello Lineare Generalizzato (GLM, Generalized Linear Model) implica risposte variabili che seguono qualsiasi distribuzione di probabilità nelle famiglie di distribuzione esponenziale (Mc Cullagh & Nelder, 1989). Tale modello descrive un qualsiasi modello dato in termini della sua funzione di legame e della sua funzione di variante. Quest’ultima esprime le relazioni che intercorrono tra la media e la variazione della variabile dipendente, in modo da permettere il calcolo, sotto condizioni “non normali”, della variabile e di tutto ciò che dipende da essa.

Per quanto riguarda la funzione di legame, essa delinea le relazioni non lineari che intercorrono tra la media della variabile dipendente e la parte lineare.

Un Modello Lineare Generalizzato, è composto da tre componenti fondamentali: una componente casuale;

una funzione lineare dei regressori; una funzione di legame invertibile.

La componente casuale, che è solitamente un esponenziale, specifica, dati i predisponenti, la distribuzione condizionale del responso variabile, Yi.

La funzione lineare dei regressori che viene chiamata predisposizione lineare, è data dalla seguente relazione :

ηi = α + β1 Xi1 + … + βkXik

(Mc Cullagh, Nelder, et al. , 1989), sul quale il valore atteso µi di Yi dipende.

La funzione di legame invertibile, trasforma le aspettative del responso nella predizione lineare. Tale funzione è espressa dalla seguente relazione :

g (µi) = ηi tale che g -1 = (ηi) = µi

Nel presente lavoro, è stata utilizzata una funzione di legame chiamata funzione logistica o

logit:

(37)

La funzione logistica valuta la probabilità che la variabile risposta assuma un valore piuttosto che un altro (nel nostro caso 1 piuttosto 0), in funzione dei valori che le variabili ausiliarie (X) assumono : Pr(Y = 1 X = x), oppure Pr(Y = 0 X = x).

Questo, produce un risultato costituito da una funzione matematica che valuta la capacità delle variabili, cioè dei parametri scelti come fattori predisponenti al dissesto, di classificare le unità fondamentali di mappa in classi a diversa propensione all’instabilità (Federici et al. , 2005, 2006).

A ciascuno dei parametri considerati è stato assegnato un codice (variabile), come mostrato nella tabella 5.17 che segue :

CATEGORIA DESCRIZIONE VARIABILE

0° - 10,7° A1 10,7° - 26,8° A2 26,8° - 42,56° A3 ACCLIVITA' > 42,56° A4 313(Boschi misti) + 333(Aree a vegetazione rada) U1 231(Prati stabili) U2 324(Vegetazione in evoluzione) U3 311(Boschi di latifoglie) U4 USO DEL SUOLO

321(Aree a pascolo naturale) U5 C1 r5-6 + E1 a2-4 t2 L1 B1 r1-3 d3-4 c3-4 L2 A r2-3 d3-4 c3-5 L3 B2 r2-3 d4-5 c3-5 L4 B3 r2-3 d3-5 c3-5 L5 A r1-3 d4-5 c4-5 L6 B5 r5 d5 c5 L7 U.L.T. B2 r3-5 d4-5 c4-5 L8 Convessa C1 Piano - Convessa C2 CURVATURA Concava C3

(38)

A partire dagli stessi fattori predisponenti utilizzati per l’analisi statistica condizionale, è stato quindi creato un database contenente, per ogni UCU, i valori assunti dai fattori considerati e le informazioni circa la presenza o assenza di frana. Le UCU sono state suddivise in UCU stabili e UCU instabili sulla base dell’indice di frana medio calcolato sull’intera area.

L’analisi di ogni UCU, tramite l’analisi di ogni singolo fattore predisponente considerato, ha portato ad ottenere, per le 226 UCU individuate nell’area oggetto di studio, i seguenti dati :

UCU stabili = 145; UCU instabili = 81.

La valutazione statistica è stata resa possibile mediante l’utilizzo di un software statistico, che ha fornito i risultati elencati nella tabella 5.18 :

Tab. 5.18 : Risposte del software statistico, dove con risp. è indicato il codice delle variabili (le classi dei fattori predisponenti utilizzati); Coef. , sono i coefficienti delle variabili; Std. Err. è l’errore standard legato alla misura.

I dati più importanti che ci fornisce il software statistico, sono rappresentati:

dai codici delle variabili esplicative, cioè le classi dei fattori predisponenti utilizzate; dai coefficienti delle variabili, cioè il peso statistico delle varie classi di valore di ciascun fattore nella propensione alla frana, rispetto alla classe di riferimento;

dalla significatività, che indica il potere di previsione della variabile corrispondente. Analizzando i risultati dell’elaborazione statistica, possiamo vedere che il modello di predizione considera, come fattori predisponenti che hanno un peso statistico alto, le caratteristiche litotecniche e l’uso del suolo.

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Considera, invece, come fattori predisponenti molto significativi l’acclività e la curvatura dei versanti.

Come già visto per l’Analisi Statistica Condizionale, anche con questo metodo statistico (Analisi Statistica Multivariata), è stato confermato che curvatura e acclività dei versanti influenzano in modo maggiore la probabilità da frana, infatti, come detto in precedenza, sono i fattori predisponenti che hanno una significatività maggiore.

Dai risultati dell’elaborazione statistica relativa all’acclività, dove le varie classi sono indicate con le variabili A2, A3 e A4, osserviamo che le variabili A2 e A3, corrispondenti a valori di acclività dei versanti, rispettivamente di 10,7° - 26,8° e 26,8° - 42,56°, assumono il medesimo peso statistico per una valutazione da frana. Ciò, come detto in precedenza per l’Analisi Statistica Condizionale, è dovuto al fatto che, versanti dove si riscontrano questi valori di acclività sono caratterizzati da formazioni che presentano caratteristiche tecniche scadenti e quindi più soggette a fenomeni di instabilità. La variabile A4, corrispondente a valori di acclività dei versanti > 42,56°, invece, rappresenta la classe che ha il peso statistico più basso. Questo è da attribuire al fatto che, versanti con valori alti di acclività, sono caratterizzati da litologie calcaree e, in genere da rocce lapidee generalmente poco stratificate, con buone caratteristiche tecniche (Calcare Massiccio, Calcare Cavernoso, Formazione di Vinca, Marmi dolomitici e dolomie, Grezzoni).

Un ulteriore fattore ritenuto molto significativo è la curvatura dei versanti. La variabile C3, alla quale corrispondono superfici concave, è quella che assume un peso statistico maggiore (tra le classi di curvatura). Questo, come già detto in precedenza, è dovuto al fatto che tali superfici sono quelle che, ad esempio in caso di piogge, richiamano l’acqua. Questo determina una saturazione del materiale con conseguente appesantimento delle coperture, aumento delle pressioni neutre e aumento della forza di taglio, condizione tale che porta ad un aumento della propensione all’instabilità.

Il fattore relativo alla caratterizzazione litologico – tecnica è importantissimo, tuttavia vista la notevole variabilità delle classi litologico – tecniche e gli accorpamenti effettuati, risulta avere un basso potere predittivo. Comunque tale fattore influenza i risultati del modello complessivo.

Valori più bassi, ma leggermente inferiori rispetto alle due classi appena descritte, si ritrovano anche per le altre U.L.T. . Il fatto di avere valori più bassi, rispetto alle precedenti classi, è dovuto, anche in questo caso, alle caratteristiche tecniche delle formazioni che ricadono in

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queste classi. Infatti il valore della propensione al dissesto è “aumentato” dal grado di fratturazione della roccia, che si presenta come da fratturata a molto fratturata ma è “diminuito” dalla resistenza meccanica della roccia. Da notare come la probabilità di frana, per le caratteristiche litologico – tecniche, mostri valori simili per le varie U.L.T. . Questo può essere dovuto al fatto che le varie classi contengono, al loro interno, non una singola formazione, ma più formazioni che hanno caratteristiche tecniche simili e, quindi, ad una omogeneizzazione delle caratteristiche litologico – tecniche.

Per ciascuna UCU è stato calcolato la probabilità che la variabile risposta sia 1 (UCU instabile) o 0 (UCU stabile).

Confrontando le unità fondamentali di mappa che erano state valutate a priori, con l’analisi condizionale, come stabili (o instabili), con le UCU stabili (o instabili) determinate in base al valore medio della previsione (0,358), è possibile calcolare la % di unità o casi statistici correttamente classificati e le relative percentuali di errore.

Questo confronto ha fornito i risultati riportati in tabella 5.19, con una percentuale di successi pari allo 84% : UCU ANALISI CONDIZIONALE ANALISI MULTIVARIATA ERRORI Stabili 145 118 27 Instabili 81 72 9 Totale 226 190

Tab. 5.19 : Tabella indicante il “confronto” tra le UCU che erano precedentemente stabili (o instabili), con le UCU stabili (o instabili), ottenute mediante l’analisi statistica multivariata.

Utilizzando la funzione Natural Breaks (Jenks), l’area è stata suddivisa in cinque classi, che sono state utilizzate per ottenere una zonazione del territorio in base alla propensione al dissesto (tab. 5.20). CLASSI DI INSTABILITA' PROBABILITA' DI DISSESTO Molto bassa 0 - 0,083 Bassa 0,083 - 0,286 Media 0,286 - 0,561 Alta 0,561 - 0,789 Molto alta 0,789 - 0,985

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Nella figura 5.23 è riportata la carta risultante dell’Analisi Statistica Multivariata, per l’area studiata.

Osservando la carta dell’instabilità potenziale dei versanti ottenuta attraverso l’Analisi Statistica Multivariata, possiamo osservare una predominanza di aree che ricadono nelle classi di instabilità alta e molto alta.

La concomitanza in queste aree, come già detto in precedenza, dei fattori predisponenti quali acclività e curvatura, gioca un ruolo determinante. In più in tali aree dobbiamo aggiungere un altro fattore importante come le caratteristiche litologico – tecniche. Infatti la litologia, come detto in precedenza (capitolo 3), influenza la morfologia dell’area con, ad esempio, versanti acclivi là dove sono presenti rocce lapidee con una buona resistenza meccanica.

Formazioni con caratteristiche tecniche più scadenti, o formate da alternanze con forte contrasto di competenza, come ad esempio la Scaglia Toscana o le Marne a Posidonia, si collocano in aree che hanno una instabilità alta o molto alta e questo, appunto, è dovuto alla loro bassa resistenza meccanica associata ad una intensa fratturazione. A ulteriore dimostrazione di quanto già detto durante la discussione dei dati forniti dall’analisi statistica (effettuata tramite un software statistico), le zone dove abbiamo una curvatura concava ricadono nelle classi di instabilità alta e molto alta. Questo è essenzialmente dovuto al fatto sono aree dove si ha una raccolta naturale delle acque durante le piogge, quindi, su tali porzioni di terreno, si ha una azione erosiva delle acque che destabilizza, appunto, questi versanti.

Le zone a instabilità bassa e molto bassa ricadono sul fondovalle, in corrispondenza dei depositi alluvionali attuali o antichi, in quanto, a conferma di quanto asserito fino a questo momento a riguardo dell’acclività, si trovano in zone pianeggianti o poco inclinate. Per quanto concerne l’acclività, questa è direttamente collegabile con la morfologia. Infatti in zone a instabilità bassa e molto bassa, si trovano anche aree dove sono presenti versanti caratterizzati da pareti verticali o sub – verticali, formati da rocce che presentano buone caratteristiche litotecniche. Inoltre zone a instabilità bassa o molto bassa si ritrovano in corrispondenza di aree dove la curvatura è convessa, cioè là dove si hanno dei displuvi e dove quindi il ristagno d’acqua non è favorito.

Confrontando la carta dell’instabilità potenziale ottenuta attraverso l’Analisi Statistica Condizionale (fig. 5.22), con la carta ottenuta attraverso l’Analisi Statistica Multivariata (fig.

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5.23), vediamo che abbiamo una buona corrispondenza, anche se possiamo mettere in evidenza delle differenze che emergono.

Nell’Analisi Statistica Condizionale, abbiamo ampie zone dove l’instabilità potenziale ricade all’interno della classe media : questa situazione nell’Analisi Statistica Multivariata non avviene.

Infatti tali aree sono ulteriormente suddivise e, nella maggior parte dei casi, si ha un aumento dell’instabilità che passa a alta o a molto alta.

Questo perché l’analisi statistica multivariata presenta un maggior dettaglio e mette meglio in evidenza le caratteristiche dei fattori predisponenti che incidono maggiormente sulla stabilità potenziale dei versanti.

Possiamo quindi affermare che l’Analisi Statistica Multivariata permette di supportare meglio l’ipotetica correlazione tra i fattori di instabilità e l’occorrenza da frana, con un responso quantitativo e molto più affidabile, come già asserito da Carrara, 1983; Carrara et al., 1985, 1990, 1991, 1992, 1995; Amanti et al., 1992; Clerici & Dall’Olio, 1995; Mark & Ellen, 1995; Clerici et al., 2002; Ayelew & Yamagichi, 2004.

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Carta dell’instabilità dei versanti (Analisi Statistica Multivariata)

LEGENDA Molto bassa (0% - 8,3%) Bassa (8,3% - 28,6%) Media (28,6% - 56,1%) Alta (56,1% - 78,9%) Molto alta (78,9% - 98,5%)

Fig. 5.23 : Carta dell’instabilità potenziale dei versanti ottenuta attraverso l’Analisi Statistica Multivariata.

METELLO M.TE UCCELLIERA LE COSTE RONTANO T. TURRITE SECCA SAN ANTONIO M.TE PIGLIONICO M.TE DI GESU 0 1000 m

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6

CAPITOLO

C

ONCLUSIONI

Lo scopo di questa tesi è quello di valutare la pericolosità geologica connessa con i fenomeni di instabilità dei versanti attraverso l’analisi spaziale dei fattori predisponenti al dissesto, tramite l’utilizzo di tecniche statistiche quali analisi statistica condizionale e analisi statistica multivariata.

La pericolosità è stata intesa come pericolosità relativa, valutata in aree caratterizzate da diversa propensione al dissesto, senza fare riferimento al tempo di ritorno e all’intensità del fenomeno atteso.

Le forme principali e i processi legati al dissesto sono stati osservati mediante l’utilizzo di foto aeree e il rilevamento in campagna; sono stati inoltre identificati i fattori maggiormente responsabili dell’instabilità dei versanti. Il rilevamento in campagna ha permesso di definire le caratteristiche litologico – tecniche degli ammassi rocciosi e delle coperture, e di campionare rocce e coperture detritiche per le analisi in laboratorio. Questa serie di indagini ha portato alla realizzazione di una carta litologico – tecnica, dove rocce e coperture sono suddivise in Unità Litologico - Tecniche (U.L.T.), e alla redazione di una carta geologico – geomorfologica rappresentante le unità stratigrafiche presenti e le forme del rilievo generate dall’azione delle acque correnti, della gravità e dall’azione glaciale. Entrambe le carte sono state riportate, in scala 1 : 5 000, su basi topografiche della Carta Tecnica Regionale della Regione Toscana.

Nel territorio oggetto di studio sono presenti formazioni appartenenti alla Successione Toscana non metamorfica e al complesso Metamorfico Apuano. Si tratta prevalentemente di rocce stratificate differenziate principalmente in funzione della loro competenza, da resistenti a mediamente resistenti, intensamente fratturate e variamente alterate. I depositi alluvionali sono caratterizzati da una predominante presenza di ciottoli e ghiaie con matrice sabbiosa da moderatamente addensati a sciolti, così come i depositi morenici caratterizzati anch’essi da ciottoli e detrito grossolano in una matrice sabbiosa ma con maggior grado di addensamento. Le coperture detritiche risultano invece prevalentemente sabbiose con presenza di elementi di dimensione maggiore, generalmente poco addensate. Inoltre abbiamo la presenza di detrito costituito prevalentemente da elementi lapidei con matrice sabbiosa da moderatamente addensato a sciolto, corrispondente ai coni detritici e alle falde detritiche.

Figura

Fig. 5.2 : Istogramma relativo all’estensione areale (in m²), delle unità utilizzate nel fattore predisponente uso  del suolo
Tab. 5.4 : IF (%) per le aree caratterizzate da usi del suolo diversi e relativi codici identificativi
Fig. 5.4 : Indice di frana IF (%) per i vari usi del suolo presenti nell’area oggetto di studio
Fig. 5.5 : Carta riclassificata dell’uso del suolo.
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