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Capitolo 3

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

Misure di Caratterizzazione

dell’Interfaccia

3.1 Introduzione

In questo capitolo, saranno esaminate e discusse, le misure effettuate per la caratterizzazione dell’interfaccia per sensori capacitivi.

Saranno presi in esame i segnali generati dagli integratori di riferimento e di inseguimento dello stadio differenziale di ingresso, e dell’integratore che genera il segnale PWM modulato dalla capacità che simula il sensore capacitivo.

Si effettueranno le misure dell’impulso di uscita, mostrando come esso dipenda dalla capacità che simula il sensore.

Verificheremo il funzionamento dell’interfaccia in un intervallo di temperatura che varia tra 0°C e 80°C, per valutare l’errore introdotto da essa sulla durata dell’impulso.

Si cercherà di capire quali siano i limiti di funzionamento dell’interfaccia al variare della frequenza di clock, e della tensione di alimentazione.

Si effettueranno misure su un condensatore esterno, possibilità prevista dall’interfaccia, e oltre a considerare i transitori di accensione delle rampe generate dagli integratori, in ultima analisi saranno considerate le misure del jitter dell’impulso di uscita.

(2)

3.2 Misure a Temperatura ambiente

In questo paragrafo, saranno presi in esame i segnali in uscita dagli integratori INT1 ed INT2 del circuito analizzato nel capitolo precedente.(paragrafo 2, fig. 2.7)

Il circuito integrato, è stato progettato con la possibilità di esaminare questi segnali che sono bufferizzati e sono accessibili attraverso due dei ventisei piedini del circuito; le uscite sono denominate convenzionalmente testrif e testmis. Il segnale testrif è la rampa generata dall’integratore INT1; questo segnale funge da riferimento per il sistema differenziale, infatti, come analizzato nel capitolo precedente testmis nella fase denominata di integrazione (clock basso), deve inseguire testrif, e questo e ciò che ci auspichiamo e che andremo a verificare, in particolare devono avere lo stesso intervallo di variazione.

Nella fase successiva, vale a dire nella fase di deintegrazione (clock alto), i due integratori si trovano nelle condizioni di far scaricare i condensatori.

Dall’osservazione del circuito in figura 3.1, si può notare come i due condensatori, Cr e Csens, vedano nella fase di scarica due resistenze diverse; ci aspettiamo quindi che nella fase di deintegrazione (clock alto), le due curve di scarica siano diverse.

(3)

I segnali testrif e testmis subiscono una scarica diversa in virtù del fatto che il condensatore Cr si scarica attraverso la resistenza della pass-gate che comanda lo switch s1, e questa risulta molto piccola; il condensatore Csens invece si scarica, inseguendo la scarica di Cr, ad opera della corrente di uscita di OTA2, limitata da progetto.

Le misure che andremo ad illustrare in questo paragrafo, sono state effettuate sul banco di lavoro del laboratorio, alimentando il circuito con una tensione continua di 3.3 V e fornendo un segnale di clock generato da un generatore di segnale. I segnali saranno osservati sull’oscilloscopio, che sincronizziamo con il trigger esterno del generatore di segnale, tramite sonde opportunamente tarate.

La taratura delle sonde è controllata sull’oscilloscopio stesso collegando la massa della sonda alla massa dell’oscilloscopio e controllando che il segnale misurato dalla sonda sia un’onda quadra, in caso contrario, si agisce sull’opportuna regolazione fino ad avere il risultato voluto.

Si noti che tutte le misure sono realizzate in modo che tutti gli strumenti e il circuito abbiano lo stesso riferimento di massa.

Andiamo ad analizzare la misura effettuata sulle rampe generate dagli integratori INT1 e INT2 di fig. 3.1.Il risultato di questa situazione, si può osservare nella figura 3.2 in cui sono rappresentati i segnali testrif e testmis, che da ora in poi chiameremo per semplicità Vrif e Vmis

(4)

Il seguente grafico è stato ottenuto attraverso i dati prelevati dall’oscilloscopio, tramite porta seriale.

Il valore delle due tensioni, con la relativa scala temporale di osservazione è stata acquisita come file di testo dall’oscilloscopio tramite porta seriale direttamente collegata ad un Personal Computer; questo file contenente i dati relativi all’osservazione sono stati riconvertiti nelle forme d’onda corrispondenti attraverso il programma MICROCAL-ORIGIN.

La figura 3.2 mostra la rappresentazione dei segnali Vrif e Vmis in un intervallo di osservazione di 100 μS, pari a cinque cicli di clock.

Questa misura è stata effettuata a temperatura ambiente (circa 22°C) ed in una particolare configurazione delle correnti Iin, Iα e Ipol e del condensatore interno al sistema, che ricordiamo possono essere controllati attraverso la modifica di bit di configurazione.

Il controllo sulle correnti avviene modificando gli interruttori, comandati manualmente, della scheda di calibrazione che abbiamo discusso nel capitolo precedente (vedi paragrafo 2.9).

Ricordiamo che il controllo sulle correnti viene realizzato modificando quattro bit mentre per il condensatore ne abbiamo tre.

In particolare in questa misura i corrispondenti bit di configurazione sono Iin=7, Iα=7, Ipol=7 e per C il condensatore minimo secondo la tabella 2.1.

Dalla fig. 3.2 si può osservare che il sistema si comporta come previsto nel capitolo precedente cioè le tensioni all’uscita degli integratori nella fase di integrazione sono praticamente sovrapponibili.

Una migliore visione di questo risultato, è visibile nella figura 3.3 in cui la scala dei tempi è stata ridotta a 20 μs.

Il grafico è stato estrapolato dalla figura 3.2 dilatando l’asse dei tempi e selezionando l’intervallo 40 μs –60 μs.

La figura 3.3 dimostra inoltre come la calibrazione delle correnti permetta di avere per le tensioni in uscita dagli integratori una dinamica di circa 2 V come accennato nel paragrafo 2.9 (vedi fig.3.4).

(5)

fig. 3.3 Vmis e Vrif su scala temporale di 20 μs

(6)

L’intervallo di variazione approssimato alla seconda cifra decimale per difetto, rappresentato in fig. 3.4 è stato rilevato manualmente attraverso i cursori per misure differenziali di tensione di cui è dotato l’oscilloscopio, e confermato dalle misure acquisite.

Si osserva una escursione di circa di circa 1.9 V (ΔV= (2.58-0.68)V).

Questo è il risultato della misura effettuata sulle tensioni Vrif e Vmis, andiamo a considerare ora il segnale in uscita al terzo integratore, cioè quello che genera l’impulso utile funzione della capacità del sensore simulato.

La carica del condensatore CI durante la sua fase di carica segue la legge:

Q

IC

=

(

C

sens

· I

in

- I

α

)

·

T

ck con

I

α

= k

1

· I

in

(3.1)

C

r

2

e durante la fase di scarica segue la legge:

Q

IS

= T

pw

· I

pol

(3.2)

dove Tpw è la durata dell’impulso di uscita.

Il risultato finale è un impulso di durata Tpw che segue la seguente:

T

pw

= k

2

·

(

C

sens

– k

1

C

r

)

·

T

ck

(3.3)

C

r

2

Le tensioni, anch’esse bufferizzate, rappresentative la carica e scarica del condensatore di integrazione CI, e quella relativa all’impulso di uscita sono prelevate dal circuito attraverso i pad testrampa che chiameremo convenzionalmente Vrmp, e Vout.

(7)

Il risultato dell’osservazione di queste tensioni, nelle stesse condizioni di temperatura e correnti di calibrazione della misura precedente è rappresentata in figura 3.5.

fig. 3.5 Segnali Vrmp e Vout osservati in 5 cicli di clock per Csens=C1

Nella figura 3.5 si può osservare che l’impulso di uscita parte quando comincia la scarica della tensione Vrmp, cosi come previsto.La figura 3.6 mostra un impulso ingrandito.

(8)

Fino ad ora sono state rappresentate le tensioni significative del circuito tenendo fisso il valore del condensatore simulato al valore minino (vedi tab. 2.1 configurazione dei bit pari a bc2=0, bc1=0 e bc0=1); vogliamo ora modificare il valore del condensatore interno per far vedere come l’impulso di uscita si modifichi significativamente.

Ad esempio se configuriamo il sistema in modo che il condensatore abbia il valore massimo (C7), ci aspettiamo una variazione significativa della tensione Vrmp in modo che la durata dell’impulso di uscita aumenti.

Il risultato di un aumento del valore del condensatore Csens, provoca un aumento della durata dell’impulso poiché la carica accumulata dal condensatore CI secondo la legge 3.1, è maggiore a parità di corrente di carica Iin e delle altre correnti di calibrazione.

La figura 3.7 conferma, la precedente affermazione.

(9)

Confrontando le figure 3.5 e 3.7 si nota immediatamente che sia la tensione Vrmp che il segnale di uscita Vout per Csens=C7, si siano modificati sensibilmente. Si notano principalmente due cose, un aumento della durata dell’impulso di uscita (fig. 3.8) e un aumento della pendenza della rampa di carica del condensatore CI (fig.3.9).

fig. 3.8 Confronto tra Tpw minimo e Tpw massimo dell’impulso di uscita

(10)

Dalle forme d’onda di figura 3.9 si può osservare che la scarica del condensatore avviene con la stessa corrente, infatti, Ipol in queste misure non è stata modificata e la pendenza delle due rampe di scarica rimane la stessa.

Nella fase di carica, la corrente che va a caricare il condensatore di integrazione (CI) segue la legge:

(I

2

I

α

)

=

I

in

· C

sens

-

I

α

(3.4)

C

r

a parità di corrente Iα e Iin, la carica accumulata da CI è maggiore poiché C7 è maggiore di C1; questo spiega la maggiore pendenza di Vrmp(C7) rispetto Vrmp(C1). Le figure 3.8 e 3.9, evidenziano che le rampe sono generate durante la fase in cui il clock è basso, mentre la generazione dell’impulso si ha quando il clock commuta verso l’alto; si noti che la durata dell’impulso del segnale PWM, è una frazione del semiperiodo del segnale di clock (fig. 3.10), come previsto dalla formula (3.3).

(11)

Si noti che l’impulso del segnale PWM cessa quando la rampa (Vrmp) di scarica raggiunge il valore Vref (fig. 3.11 [a] e [b]).

[a] [b]

fig. 3.11 [a] e [b] Istante di scatto.

Fino ad ora, sono state effettuate e rappresentate le misure della durata dell’impulso per valori del condensatore minimo e massimo.

Vogliamo prendere in considerazione una situazione intermedia, con il condensatore a metà (C4) e rappresentare le tensioni Vrmp e Vout. Le forme d’onda, rappresentative dei due segnali sono visibili nelle figure 3.12 e 3.13.

(12)

fig. 3.13 Segnale PWM al variare di C

Le misure ricordiamo sono state effettuate a temperatura ambiente (T=25°C). Come si può notare dalle figure precedenti, il segnale di uscita aumenta la durata temporale in funzione del condensatore di riferimento; maggiore è il condensatore, maggiore è la durata. La figura 3.14 mostra la rampa di generazione dell’impulso e il segnale di uscita per i valori del condensatore C1, C4 e C7.

(13)

Vogliamo ora studiare il circuito per capire se la durata Tpw del segnale di uscita Vout, sia o meno funzione lineare della capacità del sensore.

Per fare ciò, variamo il condensatore simulato attraverso i bit di configurazione, dal valore minimo al valore massimo e di volta in volta andiamo a misurare la durata temporale dell’impulso di uscita.

Le misure effettuate variando il condensatore danno come risultato dei valori di Tpw che sono rappresentati nella tabella 3.1.

I valori di Tpw sono stati rilevati manualmente attraverso i cursori temporali di cui è dotato l’oscilloscopio.

Bit di

configurazione

Condensatore [ fF ]

PWM (T

Durata Impulso

pw

) [μs]

001 799 1,52

010 869 2,68

011 930 3,52

100 992

4,4

101 1060 5,48

110 1130

6,4

111 1200

7,4

Tab. 3.1 Valori di Tpw al variare di Csens

Se andiamo a rappresentare i valori di Tpw della tabella 3.1 in funzione della capacità il risultato che si ottiene è quello di figura 3.15.

(14)

La figura 3.15 mostra un comportamento quasi lineare della durata dell’impulso al variare della capacità di simulazione.

Approssimando i dati ottenuti dalla misura (tab. 3.1) con una funzione lineare di 1°grado si ottiene la figura 3.16, da cui si evince che lo scostamento della funzione reale Tpw, dalla funzione interpolante è minima.

fig. 3.16 Interpolazione Lineare di Tpw dai dati in tabella 3.1

La funzione interpolante è stata ricavata con l’ausilio del programma MICROCAL-ORIGIN; lo scarto relativo massimo tra la funzione rappresentativa l’impulso e la funzione di primo ordine (Linear fit) è contenuto nel 5% (fig. 3.17).

(15)

Fino ad ora abbiamo studiato il circuito, effettuando misure a temperatura ambiente e abbiamo visto che il segnale PWM generato in uscita è funzione lineare del sensore capacitivo simulato dall’interfaccia.

Se consideriamo la rampa di generazione dell’impulso di uscita e prendiamo l’istante temporale in cui commuta dall’alto verso il basso (fronte in discesa), esso differisce dall’istante ideale (Vrmp raggiunge Vref) di circa 40ns (valore calcolato sulla base dei dai dati acquisiti con l’oscilloscopio).

Questo significa che si compie un errore sulla misura di circa il 2,6 % sull’impulso di durata minima e dello 0,5% su quello di durata massima.

Dopo aver analizzato questi primi dati, il nostro scopo è capire come si comporta il circuito al variare della temperatura, poiché questo è uno dei parametri più importanti per l’effettivo utilizzo del dispositivo.

Lo studio al variare della temperatura, sarà considerato nel paragrafo successivo in cui riconsidereremo i segnali indicativi del circuito, e cercheremo di valutare se il sistema, in particolare l’impulso utile continua ad avere un comportamento linerare in funzione della capacità del sensore.

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3.3 Analisi al variare della Temperatura

Lo studio del circuito integrato al variare della temperatura, è stato realizzato posizionando la basetta di test all’interno di un criostato.

Il criostato sfrutta l’effetto Peltier ed è in grado di far variare la temperatura tra 0°C e 80°C; la variazione della temperatura avviene per mezzo di una manopola di regolazione che imposta il set-point mentre la temperatura effettiva è visualizzata su un display digitale.

La basetta di test viene collocata direttamente sulla base della cella e viene fatta aderire ad essa attraverso un sottile strato di grasso siliconico; questo garantisce un buon contatto termico tra cella Peltier e basetta.

Per poter confrontare il comportamento del circuito a temperatura ambiente ed a temperature diverse (superiori o inferiori all’ambiente), si lasciano invariati i valori delle tre correnti Iin, Iα e Ipol mentre il condensatore è stato fatto variare

all’interno dei sette valori disponibili.

La prima misura effettuata, riguarda la durata dell’impulso del segnale PWM per ogni valore di capacità, e per variazioni di temperatura comprese tra 0°C e 80°C. La temperatura segue delle variazioni, da noi scelte i cui valori si rifanno a quelli della tabella 3.2, in cui al posto dei valori effettivi delle capacità si è utilizzata la seguente simbologia: valore di capacità Ci per i = 1…7.

Temperatura [ °C ]

T

pw

(C

1

)

[μs]

T

pw

(C

2

)

[μs]

T

pw

(C

3

)

[μs]

T

pw

(C

4

)

[μs]

T

pw

(C

5

)

[μs]

T

pw

(C

6

)

[μs]

T

pw

(C

7

)

[μs]

0 1,64

2,8

3,6

4,52 5,6 6,52 7,52

5

1,6 2,76 3,6 4,48 5,56 6,48 7,48

15 1,56

2,68

3,52

4,44 5,48 6,44 7,44

25 1,52

2,68

3,52

4,4 5,48 6,4 7,4

40 1,48

2,64

3,48

4,36

5,4

6,32

7,32

60

1,44 2,56 3,4 4,28 5,32 6,24 7,24

80 1,36

2,52

3,32

4,2

5,28

6,16

7,16

(17)

Si può andare a rappresentare l’andamento della durata dell’impulso al variare della capacità e al variare della temperatura, il risultato che si ottiene è rappresentato in figura 3.19.

fig. 3.19 Durata Impulso al variare della temperatura e della capacità

Anche in questo caso si può notare un andamento quasi lineare della durata dell’impulso al variare della temperatura e al variare della capacità del sensore simulato.

Per capire come vari la durata dell’impulso del segnale PWM, si può pensare di rappresentare l’andamento di Tpw al variare della temperatura per ogni singola capacità, vale a dire tenendo fisso il valore della capacità facciamo variare il valore della temperatura tra 0°C e 80°C; il risultato che si ottiene è rappresentato in fig. 3.20 in cui si nota un andamento quasi costante del valore di Tpw.

(18)

fig. 3.20 Andamento di Tpw per ogni capacità al variare della Temperatura.

Dalla figura 3.19 ci si rende conto che la variazione di temperatura causa un aumento dell’ampiezza dell’impulso di uscita quando questa diminuisce e provoca una diminuzione dell’impulso quando la temperatura aumenta.

Considerare caso per caso, sarebbe troppo oneroso perciò considereremo la variazione dell’impulso nei casi limite di temperatura, 0°C e 80°C, e a temperatura di 25°C (fig.3.21).

(19)

Cerchiamo di capire i motivi, che possono causare la diminuzione o l’aumento della durata dell’impulso, partendo da come variano le rampe di generazione Vrif e Vmis in funzione della temperatura.

Prendiamo ad esempio, la tensione Vrif e vediamo come si modifica agli estremi dell’intervallo di temperatura in cui stiamo effettuando le misure.

A 0°C e ad 80°C la Vrif ha un andamento del tipo: vedi fig.3.22

fig. 3.22 Vrif agli estremi di temperatura

Dalla figura sembrerebbe non esserci per la Vrif una variazione rilevante, in realtà non è cosi.

La Vrif, infatti, dipende linearmente dalla corrente Iin e questa aumenta all’aumentare della temperatura, perciò la pendenza della rampa aumenta con T. Si possono calcolare i coefficienti angolari delle rampe che risultano rispettivamente 202,75 V/ns a zero gradi e 204,11 V/ns ad ottanta gradi centigradi, e come si vede sono diversi.

Andiamo a vedere come la tensione Vmis si modifica al variare della temperatura. La Vmis nella fase di carica insegue la tensione Vrif, questo significa che l’aumento della corrente Iin, provoca un aumento della corrente I1 in uscita all’OTA2.

Quello che ci aspettiamo quindi, è che la pendenza della rampa Vmis nella fase di carica aumenti (fig. 3.23).

(20)

fig. 3.23 Vmis al variare della temperatura

Si possono calcolare anche per Vmis i coefficienti angolari a zero e ad ottanta gradi e sono rispettivamente 204,64 V/ns e 205,86 V/ns, come si vede, la pendenza della curva aumenta come avevamo previsto.

Per capire l’importanza di queste variazioni dobbiamo in ogni modo studiare come variano le due funzioni insieme e non separate, perché come sappiamo la Vmis deve inseguire la Vrif, per garantire la validità dell’equazione 3.3.

I grafici che raffigurano le tensioni in uscita agli integratori di riferimento, e d’inseguimento, sono visibili nelle figure 3.24 [a] e 3.24 [b], per le temperature rispettivamente di 0°C e 80°C.

(21)

fig. 3.24 [a] Vmis e Vrif a 0°C

Quando si ha un aumento di temperatura, la rampa di misura Vmis segue Vrif in

dipendenza della corrente I1 che dipende dal gm dell’OTA2 e diminuisce

all’aumentare di T; l’errore introdotto sulla carica accumulata dal condensatore CI durante la fase di integrazione aumenta in dipendenza del rapporto fck/ π·fpl (vedi capitolo 2), ed è dovuto al fatto che il sistema chiuso in reazione INT2-OTA2 ha un guadagno finito. Poiché fpl dipende dal gm, all’aumentare della temperatura, la carica accumulata da CI, che dipende anch’essa dal rapporto fck/ π·fpl, diminuisce e questo provoca una diminuzione della durata dell’impulso Tpw.

La diminuzione della carica accumulata dal condensatore CI, all’aumentare della temperatura, si manifesta con una diminuzione della pendenza di Vrmp (fig. 3.25) e di conseguenza con una diminuzione del valore massimo raggiunto nella fase di integrazione (in pratica diminuisce la carica accumulata da CI) (fig. 3.26).

(22)

fig. 3.25 Misura della pendenza di Vrmp con Microcal-Origin

fig. 3.26 Rampe di Integrazione ai limiti di Temperatura.

Il valore del coefficiente angolare, è 154,63 V/ns per la rampa a 0°C e 150,1 V/ns per quella a 80°C e il valore massimo per le due curve come si vede è diverso.

(23)

La conseguenza diretta sul sistema, e quindi sull’impulso d’uscita è una diminuzione (aumento) dell’ampiezza dell’impulso Tpw quando la temperatura aumenta (diminuisce). Inoltre se studiamo il comportamento del circuito nella fase

di deintegrazione, ci accorgiamo che la scarica di Vrmp, avviene con due

coefficienti diversi e segue la tendenza all’aumento o alla diminuzione della tensione Vrif con la temperatura.Questo significa che non vi è possibilità per il sistema di recuperare lo scarto di carica accumulato nella fase di integrazione; gli impulsi partono insieme ma quelo a temperatura maggiore finisce prima (la scarica dipende da Iin che aumenta).

Il cambio di pendenza della rampa è causa della differenza dei valori dell’impulso generato, al variare della temperatura.

Se calcoliamo il coefficiente angolare delle due rette, si ottengono i valori –275,95 V/ns per la rampa a 0°C, e –278,57 V/ns per la rampa a 80°C, da cui si nota che la rampa a zero gradi si scarica più velocemente di quella ad ottanta come per la carica di Vrif (fig. 3.27).

(24)

Ora che abbiamo capito come mai l’impulso varia al variare della temperatura, andiamo a rappresentare la rampa di generazione dell’impulso al variare della temperatura in tre casi diversi (fig. 3.28).

fig. 3.28 Rampa Vrmp al variare di T

La misura è stata effettuata nelle stesse condizioni di correnti, della misura del paragrafo precedente e con condensatore pari a C4; il grafico è stato aggiustato per avere lo stesso istante iniziale, vale a dire è sincronizzato al segnale di clock. Dal seguente grafico si possono fare principalmente due osservazioni: la prima è che alle basse temperature la tensione Vrmp si alza, e alle alte la tensione si abbassa, il motivo è stato spiegato in precedenza; la seconda è che la tensione di riferimento alle basse temperature subisce una piccola variazione.

Questo fatto è in linea con il comportamento della tensione del bandgap che aumenta leggermente al diminuire della temperatura.

Dalla figura 3.28, potrebbe sembrare che il contributo della variazione di corrente nella fase di scarica si manifesti in eguale misura anche nella fase di scarica, questo porterebbe ad una specie di compensazione; ma come abbiamo spiegato in precedenza non è cosi, per questo motivo le curve di fig. 3.20 non sono piatte.

(25)

Si può calcolare il valore della pendenza delle tre curve sempre con l’ausilio del programma ORIGIN, come fatto in precedenza, ma ciò che vogliamo far notare è che sia a zero gradi sia ad ottanta gradi, il rapporto dei coefficienti angolari delle funzioni interpolanti le rampe di riferimento (Vrif) e di inseguimento si mantiene pressoché costante; per la Vrif a 80°C il coefficiente è 204,11 V/ns e per Vmis è

205,86 V/ns, mentre a 0°C risulta 202,75 V/ns per Vrif e 204,64 V/ns per Vmis. Se indichiamo il rapporto dei coefficienti a zero e ad ottanta gradi con η otteniamo:

η (0°C) = 0,9908 e η (80°C) = 0,9915

Come si può vedere differiscono di un valore molto piccolo e questo lascia supporre che l’errore introdotto dal non perfetto inseguimento, (a livello di ampiezza del segnale s’intende causato dall’anello INT2-OTA2), introduca un errore sì ineliminabile ma costante; basti pensare che abbiamo considerato una variazione di temperatura elevata (ΔT = 80°C).

Per confermare questo risultato abbiamo effettuato ulteriori misure, sempre con la stessa configurazione di correnti ma cambiando il valore del condensatore; ci siamo messi nella condizione di valore massimo (C7).

Le misure acquisite, sono state eseguite prendendo come riferimenti di temperatura i valori 20.6°C, 60°C e 80°C per Vrmp e gli estremi di temperatura per Vrif e Vmis.

Assumendo valide le considerazioni precedenti, consideriamo solamente le tre tensioni indicative del circuito (Vmis, Vrif e Vrmp) e vediamo se anche in questo caso il comportamento è ripetitivo nei risultati.

Le figure 3.29 [a], [b] e [c], raffigurano rispettivamente la rampa di generazione dell’impulso, e le tensioni degli integratori d’ingresso per lo stadio differenziale rispettivamente a 20.6°C e ad 80°C.

(26)

Si noti che la scala dei tempi delle figure coincide con la scala temporale di acquisizione dell’oscilloscopio; in altre parole lo zero del grafico coincide con lo zero del video dell’oscilloscopio, mentre il nostro time = 0 s, inizia quando il segnale di clock è basso.

fig. 3.29 [a] Vrmp al variare della temperatura per C=C7

(27)

fig. 3.29 [c] Vrif e Vmis alla temperatura 80°C per C=C7

La figura 3.29[a], mostra una sovrapposizione quasi perfetta tra le rampe di generazione a temperatura diversa; in realtà non è cosi (vedi tab. 3.2), infatti, se ingrandissimo le tre curve ci accorgeremmo che non sono sovrapposte.

La cosa importante che si riscontra però, è che le tre rampe nella fase di carica, hanno gli stessi coefficienti angolari e questo vale anche la fase di scarica, ciò significa che la durata dell’impulso nei tre casi differisce dello stesso ordine di grandezza in virtù del meccanismo di compensazione di cui abbiamo parlato in precedenza, ma questo è merito del fatto che sia a 20.6°C che a 80°C, le tensioni Vmis e Vrif si inseguono con lo stesso coefficiente angolare e quindi la loro distanza si mantiene costante il che provoca un errore sulla misura anch’esso costante. Resti inteso che le misure sono state rilevate non in intervalli continui di variazioni di temperatura; il fatto che il circuito si comporti così per grandi variazioni, lascia presagire che per le piccole variazioni, rientri in questo comportamento.

(28)

Si può pensare a questo punto, di ricavare l’errore relativo sulla durata dell’impulso, in alcuni intervalli di temperatura, secondo la tabella 3.2; il risultato dell’operazione è visibile in figura 3.30.

fig. 3.30 Errori relativi di Tpw in funzione di variazione della temperatura

L’errore che si ricava sulla durata dell’impulso per valori piccoli di capacità, è maggiore poiché a parità di scarto, la durata dell’impulso è minore.

Si nota in ogni caso che per variazioni di temperature ridotte l’errore relativo è contenuto nel 3 %.

Quello che comunque abbiamo capito dallo studio al variare della temperatura è che la principale fonte di errore sulla misura è provocata dal non perfetto inseguimento delle rampe Vrif, e Vmis causato dal guadagno finito dell’anello INT2-OTA2 che introduce un errore proporzionale a fck/ π·fpl.

Il prossimo passo sarà dunque diminuire la frequenza di clock per cercare di minimizzare la variazione dell’errore sulla durata dell’impulso al variare della temperatura.

Un’ultima osservazione da fare è che le misure sono state eseguite, su diversi circuiti integrati e comunque portano sostanzialmente agli stessi risultati.

(29)

3.4

Analisi al variare della frequenza di clock

Nei paragrafi precedenti, abbiamo analizzato le misure effettuate sull’interfaccia, a temperatura ambiente e a temperatura variabile, facendo lavorare il circuito con la frequenza di clock stabilita dalle specifiche di progetto, cioè di 50KHz (periodo T=20µs).

La possibilità di variare le correnti fondamentali consente tuttavia di poter adattare il circuito a lavorare con differenti correnti di clock.

Quello che ci proponiamo in questo paragrafo è quindi analizzare il comportamento dell’interfaccia al variare della frequenza di lavoro, sia per capirne i limiti di funzionamento, sia per capire se a frequenze diverse dalla nominale il circuito risenta degli stessi problemi incontrati in precedenza.

Le misure realizzate terranno conto del funzionamento del circuito anche al variare della temperatura; in particolare si terrà conto del problema introdotto sulla qualità della misura dell’impulso di uscita, dovuto al rumore introdotto dal non perfetto inseguimento delle rampe degli integratori INT1 e INT2 (fig. 3.1).

3.4.1 Misure a frequenza di clock di 20KHz

In prima analisi, ci siamo posti il problema di ricavare la frequenza minima di clock per un corretto funzionamento del circuito, questo ci porta a dover fare alcune considerazioni sulle correnti da fornire al sistema, in modo che esso continui a funzionare in modo lineare.

Nel paragrafo precedente abbiamo visto che il sistema consentiva con un’opportuna calibratura delle correnti una dinamica delle tensioni Vrmp e Vmis di circa 2V; vorremmo anche in questo caso mantenere questa condizione.

La prima cosa da fare quindi è diminuire le correnti in modo che la pendenza delle rampe sia minore rispetto alle misure precedenti, facendo in modo che la tensione di 2V, sia raggiunta nel maggior tempo a disposizione coincidente con il semiperiodo del clock a 20KHz (25µs). Questo consente di mantenere il sistema in zona lineare.

(30)

Una configurazione di correnti, che ci permette di lavorare in queste condizioni risulta: Iin=1, Iα=2 e Ipol=2 (valori decimali delle corrispondenti configurazioni dei bit di calibrazione); in questo modo abbiamo appunto una dinamica di circa 2V come dimostrato dalla fig. 3.31.

fig. 3.31 Dinamica Tensione Vrif.

Anche in queste condizioni ci proponiamo di rappresentare il segnale di uscita PWM e di verificare se effettivamente risulta funzione lineare del condensatore Csens.

In particolare, le misure effettuate sulla durata dell’impulso danno i risultati della tabella 3.3.

Bit di configurazione Condensatore

[ fF]

Durata Impulso

PWM (Tpw) [μs] 001 799 3,4 010 869 7,1 011 930 9,8 100 992 12,7 101 1060 16,1 110 1130 19,1 111 1200 22,4

(31)

Rappresentando i dati relativi la tab. 3.3, si ottengono le di figure 3.32 [a] e 3.33 [b] da cui si evidenzia che anche in questo caso la durata dell’impulso di uscita è funzione lineare del condensatore.

fig. 3.32 [a] Durata Impulso in funzione di C

(32)

Anche in questo caso sono state effettuate delle misure, sulla durata dell’impulso del segnale PWM per ogni valore di capacità, e per variazioni di temperatura comprese tra 0°C e 80°C, secondo la tabella 3.4.

Condensatore

[ fF]

Tpw [μs] 0°C Tpw [μs] 20°C Tpw [μs] 50°C Tpw [μs] 80°C 799 3,6 3,4 3,3 3,1 869 7,16 7,1 6,9 6,7 930 9,9 9,8 9,6 9,5 992 12,8 12,7 12,5 12,4 1060 16,2 16,1 15,9 15,7 1130 19,2 19,1 18,9 18,8 1200 22,5 22,4 22,2 22

Tab. 3.3 Misura durata Tpw al variare della temperatura

Rappresentando in un grafico i valori di Tpw al variare di T otteniamo la seguente figura 3.33 [c]

(33)

Come fatto per la figura 3.20, possiamo pensare di rappresentare Tpw per ogni capacità e per ogni valore di temperatura; il risultato è mostrato in fig. 3.33 [d], in cui si nota che le curve non sono costanti, cosa che ci aspettavamo dalle misure ottenute precedente a frequenza di clock di 50KHZ, ma sono quasi parallele tra loro; il motivo sarà spiegato nelle prossime discussioni del paragrafo.

fig. 3.33 [d] Misura della durata Tpw al variare di C ed al variare di T

Come fatto per lo studio dell’interfaccia a frequenza di 50KHz, possiamo studiare e rappresentare la rampa di generazione dell’impulso, Vrmp, e le relative uscite, Vout, in funzione del condensatore simulato.

Questo ci servirà per capire i motivi per cui in prima analisi il circuito sembra rispondere meglio alle variazioni di temperatura, nel senso che anche se non di durata costante, Tpw sembra avere sempre lo stesso scostamento tra misure effettuate a diversa temperatura e per ogni valore di capacità.

(34)

La fig. 3.34 [a] e [b] mostrano rispettivamente la tensione Vrmp e la tensione di uscita Vout, in funzione del condensatore per il valore minimo (C1), medio (C4) e massimo (C7).

fig. 3.34 [a] Rampe di generazione impulso Vrmp.

fig. 3.34 [a] Rampe di generazione impulso Vrmp.

Se consideriamo la tensione Vrmp e la tensione di uscita Vout e le rappresentiamo su un unico grafico otteniamo la seguente: fig. 3.35

(35)

fig. 3.35 Tensioni Vrmp e Vout per frequenza di clock pari a 20Khz

Come si vede dal grafico il circuito funziona correttamente anche con una frequenza di clock molto inferiore la frequenza nominale di lavoro; quello che vogliamo capire ora è come l’interfaccia si comporti al variare della temperatura. Per effettuare le misure, posizioniamo la basetta all’interno del criostato, e misuriamo le tensioni significative alle temperature di 0°C e 80°C, ci mettiamo agli estremi del nostro intervallo di temperatura; in questo modo potremo calcolare l’errore relativo sulla durata dell’impulso.

La prima cosa che facciamo è vedere come le tensioni di riferimento Vrif e la tensione di inseguimento Vmis, variano al variare della temperatura.

Se rappresentiamo queste tensioni si ottengono i risultati delle figure 3.36 [a] e [b], in cui si prendono come riferimento le temperature di 0°C, 20°C e 80°C.

(36)

fig. 3.36 [a] Vrif al variare della temperatura

(37)

Dalle forme d’onda di figura 3.36, si può notare come a differenza del comportamento del circuito a frequenza di clock nominale, le tensioni Vrif e Vmis siano quasi sovrapposte; in realtà non lo sono, ma la loro distanza non risulta significativa come per le misure fatte in precedenza (vedi paragrafo 3 fig. 3.27) Come fatto in precedenza, confrontiamo le due tensioni a temperatura di 0°C fig. 3.37, e ad 80°C fig. 3.38.

fig. 3.37 Vrif e Vmis a 0°C

(38)

Come si può vedere dalle precedenti figure, anche in questo caso si presenta il problema dell’errore introdotto dal non perfetto inseguimento delle due rampe, soprattutto ad ottanta gradi, ma se confrontiamo queste misure con quelle effettuate a 50Khz, ci possiamo rendere conto che l’errore introdotto sulla misura dell’impulso di uscita, è minore. Si può osservare meglio questa situazione se prendiamo le rampe di generazione dell’impulso (fig. 3.39).

fig. 3.39 Vrmp al variare della temperatura

A differenza delle misure effettuate a frequenza nominale (f=50KHz, fig. 3.24 e 3.25), la pendenza nella fase di carica e di scarica della tensione Vrmp alle diverse temperature rimane la stessa, questo permette di avere uno scarto relativo sulla misura dell’impulso per ogni valore di capacità sempre costante.

(39)

3.5 Misura del Jitter

Nel capitolo precedente, abbiamo detto che l’effetto delle sorgenti di rumore all’interno del sistema, si manifesta sull’impulso di uscita attraverso un jitter, causato principalmente dal blocco CMP-INT3.

Il jitter è visibile sulla tensione di uscita sul fronte in discesa (on-off), e si manifesta purtroppo, come fluttuazione dell’istante di scatto, rispetto la transizione ideale nel tempo.

La presenza di questo fenomeno, provoca un errore sulla qualità, poiché le fluttuazioni non consentono di stabilire l’istante esatto in cui avviene la transizione come visibile dalla figura 3.40.

Si ricordi che gli impulsi acquisiti sono stati mediati nel tempo e perciò risultano ripuliti dell’eventuale rumore.

(40)

Le misure sul jitter sono state ricavate, ingrandendo la transizione on-off dell’impulso di uscita.

Le misure rilevate, attraverso i cursori temporali dell’oscilloscopio, sono state ricavate bloccando di volta in volta l’immagine dell’impulso ed andando a misurare la distanza che intercorre tra lo zero temporale, che coincide con il fondo scala dell’oscilloscopio per la misura in questione, e l’istante temporale in cui il valore dell’impulso attraversa Vdd/2 come da fig.3.40. Se sottraiamo ad ogni valore acquisito il valor medio calcolato sulla totalità delle misure, si ha un’indicazione del bitter sull’impulso di uscita.

fig. 3.41 Scarto rispetto al valor medio dell’impulso misurato con fck=20KHz

Il jitter in queste condizioni di lavoro, presenta una varianza σ di 43,53791 ns. Ulteriori prove sono state effettuate sulla misura del jitter, sempre a temperatura ambiente e a frequenza di clock di 20KHz, ma cambiando la tensione di alimentazione e si arriva sostanzialmente agli stessi risultati.

(41)

3.6 Transitori di accensione

Per testare l’interfaccia, abbiamo effettuato delle misure che ne accertassero la capacità di portarsi rapidamente nella corretta situazione di funzionamento dopo l’accensione.

In altre parole forniamo al sistema una Vdd variabile a gradino, da 0V a 3,3V per verificare il comportamento completo del circuito.

Utilizzando un segnale di alimentazione che passi da 0 a Vdd in circa 20µs si ottengono per i segnali Vrif, Vmis, Vrmp e Vpw i seguenti risultati: fig. 3.45 [a], [b], [c], [d]

fig. 3.45 [a] e [b]

(42)

fig. 3.45 [c] Transitorio di accensione di Vrmp

fig. 3.45 [d] Transitorio di accensione di Vout

Dalle figure si può notare che il sistema inizia a produrre la corretta forma d’onda PWM dopo un tempo dall’accensione dell’ordine di un solo ciclo di clock, questo consente un’ottimizzazione del consumo dell’intero sistema e garantisce una velocità sulla lettura quindi un tempo per la misura ridotto.

(43)

Si sono anche effettuate delle misure con la Vdd variabile, che passi da zero al valore massimo in 200µs; la risposta del circuito in questa circostanza è rappresentata nelle figure 3.46 [a], [b], [c], [d].

fig. 3.46 [a] Transitorio Vrif

(44)

fig. 3.46 [c] Transitorio Vrmp

fig. 3.46 [d] Transitorio Vout

Dalle figure si può vedere come dopo 200µs i segnali significativi del circuito, si portino a regime; il transitorio dei segnali segue il transitorio della tensione di alimentazione.

(45)

Come ultima misura possiamo considerare la risposta delle tensioni Vrmp e dell’ impulso utile contemporaneamente; anche in questo caso viene rispettato il ritardo introdotto dalla transizione del segnale di alimentazione (fig. 3.47)

fig. 3.47 Transitorio di Vrmp e Vout

Le figure riguardanti il transitorio, come si può vedere, hanno un valore finale diverso da 3.3V; questo perché abbiamo voluto verificare se il sistema risponda o meno correttamente all’accensione, anche per valori di tensione diverse dal valore nominale.

(46)

3.7 Misure con Condensatore Esterno

Come menzionato nel capitolo precedente, l’interfaccia ha la possibilità di utilizzare un condensatore esterno per generare il segnale PWM di uscita.

Per rendere possibile questo tipo di operazione, bisogna disattivare il condensatore di simulazione e collegare un condensatore di valore opportuno tra gli ingressi conpos e conneg.

Disattivare il condensatore interno significa mettere a zero i bit di configurazione bc2, bc1 e bc0; per condensatore di valore opportuno intendiamo un condensatore che abbia un valore compreso tra 800fF e 1200fF in modo che l’interfaccia continui a funzionare correttamente.

L’idea di partenza era quella di utilizzare un condensatore a capacità variabile ma condensatori variabili di valore affidabile, con capacità così piccola sono difficili da trovare.

Per ovviare a questo inconveniente abbiamo realizzato il nostro condensatore variabile con un cavo per sonda “RGB58”, per il quale dalle caratteristiche ricaviamo una capacità pari a 1 pF/cm, e di lunghezza pari a 3cm.

Il filo caldo del cavo è stato saldato al terminale conpos, mentre la guaina metallica è stata collegata al terminale conneg; sfilando di volta in volta la guaina metallica si ottengono valori di capacità differenti.

Per determinare il valore (approssimato) della capacità, è stata disegnata una scala graduata in millimetri sul dielettrico del cavo RGB, in questo modo si può ricavare il valore di C in base alla distanza dallo zero della scala.

Se la guaina è inserita completamente (ipotetico x=0 dell’asse del cavo), la capacità è di circa 2,5pF; in questa condizione il sistema non è in grado di generare alcun impulso essendo il valore di capacità troppo grande.

Se ad esempio sfiliamo la guaina a distanza di circa 2,5 cm, per cui rimangono 0,5cm di sovrapposizione (valore di capacità di circa 0.5pF), si nota che il sistema genera l’ impulso PWM ; il risultato è rappresentato in figura 3.48.

(47)

fig. 3.48 Vrmp e Vout misurata con condensatore esterno.

La figura mostra che il circuito continua a funzionare correttamente anche per valori di capacità inferiori a quelle del condensatore simulato.

Le misure ricordiamo sono state effettuate in condizioni standard delle correnti di polarizzazione Iin=8, Iα=8 e Ipol=8 e frequenza di clock di 50KHz.

I dati raccolti sulla durata dell’impulso, per diversi valori di sovrapposizione sono visibili nella tabella 3.4.

d(cm)-sovrapposizione Durata impulso Tpw(µs) Valore di Capacità

1,25 7,8 1,25 1,5 7,7 1 1,75 7,6 0,75 2,0 7,4 0,5 2,25 7,2 0,25 2,5 6,4 < 0,25 2,75 4,8 <<0,25

(48)

Notevoli difficoltà ha incontrato questa misura poiché uno dei terminali cui è collegato il condensatore esterno, e cioè conpos, risulta sensibile ai disturbi.

Nelle prime misure effettuate il terminale conpos, che risulta ingresso dell’operazionale INT2, in termini posizione nella mappa di saldatura sul case si trovava vicino il segnale di clock e questo fatto provocava una sovrapposizione del clock con la rampa di generazione, che logicamente risultava distorta.

Il problema è stato risolto organizzando un piano di saldatura, che isolasse il terminale conpos; e cioè è stato saldato sul case in modo che rimanesse tra il reset, che è sempre a massa tranne quando si decide di dare l’impulso relativo (impulso di reset),e un pin libero che successivamente abbiamo messo a massa in modo da renderlo insensibile ad eventuali sovrapposizioni di segnale.

Figura

fig. 3.8 Confronto tra T pw  minimo e T pw  massimo dell’impulso di uscita
fig. 3.11 [a] e [b] Istante di scatto.
fig. 3.16 Interpolazione Lineare di T pw  dai dati in tabella 3.1
fig. 3.20 Andamento di Tpw per ogni capacità al variare della Temperatura.
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