Capitolo 2: Inibitori delle MMPs e del TACE.
2.1. Inibitori sintetici delle MMPs.
2.1.1. Design e sintesi.
Il primo approccio usato nella ricerca di inibitori sintetici delle MMPs è stato il design di composti peptidomimetici substrate-based, a partire cioè da informazioni sulla sequenza amminoacidica intorno al sito di idrolisi del substrato. Più recentemente sono stati sintetizzati anche inibitori non peptidici, grazie all’ottenimento di informazioni strutturali dettagliate dai complessi enzima-inibitore cristallizzati ed analizzati con la cristallografia a raggi X e con tecniche di NMR multidimensionale. La conoscenza delle strutture tridimensionali e delle interazioni enzima-inibitore ha reso poi possibile un design razionale di nuovi inibitori structure-based, assistito dal computer. Comunque la distinzione tra composti progettati con l’approccio substrate-based e quelli progettati secondo l’approccio structure-based è piuttosto artificiale: infatti, la maggior parte degli inibitori scoperti con il secondo metodo, sono analoghi dei composti scoperti nei primi anni ’90 con il primo metodo.
Uno dei problemi chiave nello sviluppo clinico degli inibitori delle MMPs riguardava l’identificazione della strategia ottimale per ottenere l’inibizione: se, cioè, fosse meglio sviluppare inibitori a largo spettro, attivi su un numero elevato di enzimi diversi, oppure se fosse più conveniente sviluppare inibitori selettivi verso un particolare gruppo di MMPs18. Dati i risultati insoddisfacenti ottenuti in campo clinico dalle terapie che facevano uso di inibitori a largo spettro, attualmente la ricerca si è rivolta alla progettazione e sintesi di composti selettivi.
I requisiti necessari perché un composto possa essere un inibitore efficace delle MMPs sono:
la presenza di un gruppo funzionale capace di chelare l’atomo di zinco catalitico presente nel sito attivo dell’enzima (detto zinc-binding-group o ZBG);
la presenza di almeno un gruppo funzionale capace di formare legami a idrogeno con l’enzima;
la presenza di una o più catene laterali in grado di stabilire interazioni di Van der Waals con i sottositi dell’enzima.
I primi inibitori delle MMPs furono progettati per omologia con la sequenza amminoacidica in corrispondenza della quale viene idrolizzato il collagene umano da parte della MMP-1 e in seguito utilizzando le informazioni derivanti da studi di specificità per il substrato.
La sequenza amminoacidica presente nel sito di cleavage è glicina-isoleucina. La nomenclatura standard usata per le proteasi è S1, S2, S3, S1', S2', S3' per i sottositi
dell’enzima, e P1, P2, P3, P1', P2', P3' per i corrispondenti gruppi presenti nel substrato o
nell’inibitore, che interagiscono con tali siti a partire dal sito di idrolisi. Sono state sviluppate tre classi di composti: quelli in cui lo ZBG è circondato da residui amminoacidici da entrambi i lati, quelli in cui i residui sono presenti solo sul lato di sinistra e quelli in cui i residui sono presenti solo sul lato di destra dello ZBG (Fig.2.1). In generale, mostravano una maggiore attività quei composti che mimavano la sequenza amminoacidica presente alla destra del sito di idrolisi (P1' e P2') e che possedevano uno
Fig.2.1:Design substrate-based dei primi inibitori.3
Paragonando, infatti, inibitori aventi ZBG diversi, ma con il resto della struttura uguale, emerse che l’attività inibitoria calava nell’ordine idrossammato fosfinato amminocarbossilato carbossilato. Il gruppo idrossammato agisce come un chelante bidentato, con ciascun atomo di ossigeno ad una distanza ottimale (1.9-2.3 A) dallo zinco catalitico; la posizione dell’azoto suggerisce che sia protonato e che formi un legame a idrogeno con un ossigeno carbonilico dello scheletro dell’enzima. I composti contenenti un gruppo idrossammato sono quindi gli inibitori più potenti, ma presentano gli inconvenienti di una rapida escrezione per via biliare e della suscettibilità all’idrolisi al corrispondente acido carbossilico in vivo, fattori che possono limitare la loro utilità come agenti terapeutici. Un altro problema è rappresentato dalla tossicità degli idrossammati, dovuta alla degradazione metabolica ad idrossilammina. Tuttavia la sostituzione del gruppo idrossammato con altri gruppi (come tiolo o fosfonato), conduce a composti con gli stessi problemi farmacocinetici, mentre altri gruppi (come carbossilato) danno luogo a composti meno tossici, ma con un’affinità di legame per l’enzima significativamente ridotta.19
Uno dei problemi principali degli inibitori delle proteasi è la loro mancanza di selettività verso le differenti MMPs. Tali enzimi sono classificati in due gruppi principali in base alle caratteristiche della tasca S1' (detta anche tasca di selettività):
gli enzimi che possiedono una tasca S1' profonda (come MMP2, 3, 8, 9,
-13);
gli enzimi che possiedono una tasca di specificità più piccola (come
MMP-1,-7, -11 tra gli altri) a causa della parziale occlusione da parte di residui amminoacidici più ingombranti, come quelli in posizione 193 (secondo la numerazione dell’MMP-8), che da una Leu nell’MMP-8 diviene Arg nell’MMP-1, Tyr nell’MMP-7 e Gln nell’MMP-11.
Così, introducendo nella struttura dell’inibitore gruppi P1' estesi (come un bifenile) sono
stati ottenuti composti selettivi per gli enzimi a tasca profonda, mentre la presenza di gruppi P1' più piccoli conduce ad inibitori a largo spettro.
Il sottosito S2' è una fessura esposta al solvente con una preferenza per i residui P2'
idrofobici, sia nel substrato che negli inibitori. Il sottosito S3' è una regione esposta al
solvente, non molto ben definita. S2' e S3' non hanno un ruolo dominante nel legame
all’inibitore ed è difficile utilizzarli per ottimizzare la selettività. Sostituzioni a livello di questi sottositi hanno invece permesso di migliorare la biodisponibilità per via orale e la solubilità.20
Ad oggi, dal punto di vista strutturale gli inibitori delle MMPs possono essere divisi in tre classi:
1. Inibitori chelanti lo Zinco catalitico mediante ZBG 2. Inibitori che non sfruttano il legame con lo Zinco
- Inibitori chelanti lo zinco catalico mediante ZBG.
La progettazione degli MMPi spesso si appoggia sull’uso di ZBG per il fatto che il meccanismo con il quale le MMPs idrolizzano i loro substrati coinvolge direttamente lo Zinco catalitico. Come spiegato precedentemente, al momento del legame col substrato, la molecola d’acqua legata allo zinco attacca il carbonio carbonilico del substrato ed il trasferimento dei protoni, attraverso un residuo di Glu conservato all’azoto amidico del legame da rompere, si concretizza nell’idrolisi del peptide. Gli ZBG, pertanto, hanno il compito di spiazzare l’acqua legata allo zinco ed inattivare così l’enzima. Oltre a questo, gli ZBG agiscono come un’ancora, bloccando l’MMPi nel sito attivo e orientando il backbone dell’inibitore all’interno della tasca di legame per il substrato. Tra gli ZBG più utilizzati ci sono gli acidi idrossammici a causa della loro relativa facilità sintetica e il loro legame potente con l’enzima. Gli acidi idrossammici sono chelanti monoanionici bidentati, che legano una grande varietà di ioni metallici, incluso lo zinco. Un fattore che contribuisce all’efficacia degli idrossammati è il legame a idrogeno che si forma tra gli eternatomi dello ZBG e i residui aminoacidici vicini, conservati in tutti i siti attivi delle MMP. Più precisamente, l’NH o l’OH deprotonato dell’acido idrossammico formano legami a idrogeno con residui di Ala e Glu. È, tuttavia, da considerare che l’uso di forti chelanti come gli acidi idrossammici come ZBG può precludere lo sviluppo di MMPi selettivi, a causa di attività off-target verso altre metalloproteasi. Nonostante questo, alcuni idrossammati e carbossilati MMPi hanno dimostrato avere buona selettività tra diverse MMP. D’altronde uno studio recente con un modello di cellule macrofago che mirava a monitorizzare l’attività di alcuni metalloenzimi tra cui il COX (ferro-eme dipendente), l’iNOS (non ferro-eme dipendenten), TACE (zinco dipendente) e alcune MMPs (zinco dipendenti), in presenza
di vari MMPi, ha dimostrato che la sola presenza di di un forte chelante come parte dell’inibitore non produce inibizione metalloproteasica off-target.
A sfavore degli idrossammati quali ZBG è da citare il loro effetto collaterale muscoloscheletrico , causato dall’inibizione di altre metalloproteine; la biodisponibilità orale di questi composti, inoltre, può essere un altro fattore limitante, oltre al fatto che questi gruppi funzionali, metabolizzati tramite deidrossilazione o idrolizzati dalle esopeptidasi, rilasciano idrossilamina. Ciò fa diminuire la reale concentrazione di inibitore e riduce la potenza in vivo.
Recentemente, l’obiettivo principale della ricerca è stato volto allo sviluppo di inibitori con selettività incrementata verso una MMP; con questo obiettivo in mente, Wyeth ha pubblicato una serie di MMPi difenil-carbossilati sulfonammidici nel 2005, progettati per il trattamento dell’osteoartrite ed aventi una notevole selettività verso la MMP-13. Per superare l’effetto off-target verso la MMP-2, che è in gran parte omologa alla MMP-13, il sostituente in P1' è stato esteso per superare quelle limitazioni steriche caratteristiche del loop S1' più corto della MMP-2. Come esempio, il composto 5 si è dimostrato essere un potente inibitore della MMP-13 (IC50=1.8 nM), ragionevolmente
più selettivo rispetto all’attività su MMP-2 (IC50=135 nM), MMP-3 (IC50=81 nM) e
MMP-8 (IC50=42 nM) e estremamente più selettivo rispetto all’MMP-1 (IC50>400
μM), MMP-7 (IC50=1.1 μM), MMP-9 (IC50>7 μM), e MMP-14 (IC50=5μM). Il
composto in questione ha dimostrato avere 100% di biodisponibilità quando somministrato oralmente nel ratto a 20 mg/kg e presenta una inibizione della degradazione della cartilagine nel bovino >50% somministrato ad una concentrazione di 10 ng/mL.
NH O HO S O O O O O Br Composto 5
Nel 2009 è poi stata creata una linea di inibitori per aumentare la selettività verso l’MMP-12 , utilizzando un sistema ad anello fuso; se, infatti, incrementando la lunghezza del sostituente in P1' risulta aumentata la selettività verso l’MMP-13, è stato scoperto che diminuendo la rotazione del gruppo bifenilico si favorisce il legame alla tasca S1' meno flessibile della MMP-12. L’inibitore 6 si è dimostrato essere 60 volte più selettivo verso l’MMP-12 rispetto all’MMP-13.
HO O N H S OO O H N O O Composto 6
Molti altri inibitori idrossammici sono stati sviluppati negli ultimi anni. Rossello ha sviluppato inibitori idrossammici selettivi verso l’MMP-2 come potenti agenti anti-angiogenici. Aggiungere sostituenti alchilici al carbonio adiacente all’idrossammato provvede ad effettuare interazioni lipofile con la tasca S1 del sito attivo e migliora la selettività verso 2. L’inibitore 7 è uno dei più selettivi della serie verso l’MMP-2 (>18-volte rispetto a MMP-8, -9, e -14 e >500-volte rispetto a MMP-1, -3, e -7).
HO N H O N O S O O Composto 7
Sebbene molti inibitori idrossammati e carbossilati come ZBG continuino ad essere studiati, molti ZBG alternativi sono stati sviluppati, al fine di migliorare selettività, biodisponibilità e farmacocinetica (Fig. 2.2).
Fig.2.2: Struttura degli ZBG usati negli MMPi. Lo ZBG più comune è l’acido idrossammico,
rappresentato in figura dall’acido acetoidrossammico (ZBG1, AHA).21
Questi ZBG comprendono gruppi aventi donatori di ossigeno, azoto e zolfo e includono chelanti moni, bi e tridentati. Questa moltitudine di ZBG mostra un’ampio raggio di affinità per il sito attivo dello Zinco e fornisce nuove opportunità per orientare l’inibitore nel sito attivo.
Fig.2.3: Modalità di legami di alcuni ZBG allo ione zinco.21
Nel 2003, Auge ha introdotto l’idrazide (ZBG3) e la sulfonilidrazide (ZBG4) come analoghi dell’idrossammato Illomastat. L’idrazide come ZBG è isostero dell’acido idrossammico e chela lo zinco in modo bidentato, sebbene gli inibitori in questione siano meno potenti dell’Illomastat. Di grande rilievo, tuttavia, risulta il fatto che sia ZBG3 che ZBG4 possono essere derivatizzati al fine di sondare entrambe le tasche laterali al sito attivo. Il sulfonilidrazide 9 è un potente inibitore dell’MMP-1 (IC50=30
nM), MMP-2 (IC50=9.8 nM), e MMP-9 (IC50=3 nM). Il docking della molecola 9
nell’MMP-2 e -9 mostra che lo ZBG può effettuare due legami a idrogeno con il backbone peptidico in modo molto simile agli inibitori idrossammici. Il modeling computazionale ha predetto, inoltre, che il backbone dell’inibitore mira alle tasche S2, S1' e S2'. B r S O O H N N H O O H N H NH O N H Composto 9
Nel 2006, Jacobsen ha introdotto una serie molti conosciuta di chelanti come ZBG donatori di azoto (ZBG10-16). Questi ZBG sono stati scelti a causa della loro affinità di legame per i metalli di transizione; ZBG10 (acido picolinico) lega lo Zn2+ in modo bidentato, attraverso l’ossigeno carbossilico e l’azoto piridinico, come dimostrato dalla struttura cristallizzata di ZBG10 in un modello bioinorganico. I composti ZBG10 e ZBG13-15 sono tutti 100 volte più potenti verso l’MMP-3 rispetto all’acido acetoidrossammico (AHA, ZBG1). AHA e il maltolo (ZBG24), inoltre, inibiscono entrambi l’attività della 5-lipossigenasi, un ferro-enzima, a 300 µM, mentre gli ZBG10-16 non esplicano tale effetto laterale. Questo rafforza l’ipotesi che l’uso di ZBG di questo tipo possono migliorare la selettività verso gli enzimi Zn2+ dipendenti.
Altra classe di ZBG è rappresentata dai chelanti bidentati eterociclici. Nel 2004, Puerta ha introdotto una serie di ZBG di questo tipo (ZBG20-30) come alternativa ai classici ZBG. Questi gruppi sono stati scelti a causa di alcune analogie con gli acidi idrossammici, quali il fatto di essere monoanionici; di rilevanza risulta il fatto che questi gruppi hanno una biostabilità migliore e legano lo zinco catalitico in modo più serrato a causa della loro rigidità. Le modalità di legame di tali composti sono state verificate grazie alla caratterizzazione di un sistema modello di un sito attivo [(TpPh,Me)Zn(ZBG)]. Saggi in vivo hanno mostrato che tali ZBG inibiscono l’MMP-1, -2 e -3 con una potenza superiore allo ZBG1. Saggi di viabilità cellulare hanno confermato che gli O,O chelatori hanno una bassa tossicità fino a 1 mM, mentre gli O,S chelatori iniziano ridurre la viabilità cellulare a concentrazioni al di sopra di 100 µM.
Il composto 25 è un inibitore basato su ZBG24, con amide legata ad un backbone terfenilico, che risulta >2500 più potente su MMP-3 (IC50=19nM) rispetto a MMP1 e
O O O OH N H Composto 25
- Inibitori che non sfruttano il legame con lo Zinco
Da ormai alcuni anni, molti inibitori sono stati progettati privi di ZBG; il loro meccanismo d’azione, pertanto, non si basa sul legame chelante con lo Zn2+
. La ragione che sta dietro tale strategia sintetica sta nel fatto che, eliminare o minimizzare le interazioni con lo Zn2+ catalitico, equivale ad aumentare la selettività degli inibitori verso una particolare MMP. È da considerare, infatti, che il sito del metallo è la zona più conservata tra tutte le MMP. Quasi la totalità di questi composti mostra un’impressionante selettività verso l’MMP-13, legandosi all’interno della tasca S1', per costringere la proteina in una determinata conformazione. Gli inibitori in questione sembrano, quindi, indicati nel trattamento dell’osteoartrite in modelli animali.
Le molecole appartenenti a tale classe tendono ad essere ragionevolmente grandi, con strutture costituite da anelli aromatici o planari, collegati tra loro. Mentre il backbone è tendenzialmente lipofilo, gli ossigeni carbonili e i gruppi N-H offrono l’opportunità di creare legami a idrogeno con i residui presenti nella tasca S1'. Queste informazioni sono state ottenute cristallizzando i composti con MMP-8, -12 e -13. I risultati di questi studi hanno confermato che questi MMPi non svolgono interazioni significative con lo zinco catalitico.
Malgrano, poi, gli inibitori siano strutturamente diversi tra loro, quasi tutti sembrano instaurare le stesse interazioni con i residui nella tasca; legami a idrogeno con il
backbone, interazioni aromatiche idrofobiche e flessibilità della proteina sono le caratteristiche chiave di questi complessi inibitore-enzima.
Le interazioni di un composto rappresentativo quale il 34 con l’MMP-13 possono essere osservate nella Fig. 2.4. Il gruppo fenilico dell’estere benzilico è allineato quasi perfettamente con il piano dell’His201. L’ossigeno carbonilico dell’estere è impegnato
nel legame a idrogeno con l’amide del’enzima tra Thr226
e Met232. L’estremità del gruppo benzilico è, poi, impegnato in interazioni aromatiche con le catene laterali di Tyr225 e Phe231. Con questa configurazione, la Gly227 ruota per permettere all’inibitore di accomodarsi nella tasca S1'.
Fig.2.4: A sinistra la struttura cristallizzata dell’MMP-13 (grigio) con l’inibitore 34 (verde) e l’acido
acetoidrossammico (rosso). A destra una visione ingrandita di 34 all’interno della tasca S1', con evidenziati i legami a idrogeno con Thr224 (ciano), Thr226 (arancio), Met232 (giallo). Lo Zn2+ catalitico è
rappresentato come una sfera violetta in entrambe le immagini.21
Gli studi di cristallizzazione di questi MMPi spesso coinvolge la co-cristallizzazione con AHA (ZBG1), al fine di prevenire l’autolisi; la presenza di AHA, inoltre, nelle condizioni di cristallizzazione, può predisporre l’inibitore che non chela lo zinco ad assumere il corretto orientamento; in assenza di AHA, infatti, l’inibitore tende a posizionarsi in modo diverso.
Il meccanismo con queste molecole esplicano la loro azione è di tipo non competitivo. Gooljarsingh ha recentemente descritto la cinetica di un inibitore quale il 39,
studi di inbizione duali, è stato trovato che AHA e l’MMPi idrossammato agiscono come inibitori competitivi tra loro, mentre il composto 39, non chelando lo zinco, agisce in modo non competitivo. Poco dopo, quando gli idrossammati sono stati testati con il composto 39, è stato evidenziato che AHA agisce in modo sinergico con 39, mentre l’idrossammato ingombrante agisce da antagonista.
N H O N N N H O Composto 39
La lipofilia di questa classe di composti, pertanto è cruciale al fine di mantenere interazioni significative proteina-inibitore; ciò si traduce da una parte in alta potenza, ma anche in una solubilità in acqua molto bassa. Al fine, quindi, di migliorare tale aspetto, intaccando il meno possibile la potenza, sono stati studiati derivati, che vedono modificata la loro porizione esposta al solvente, mantenendo intatto il loro nucleo lipofilo. Dublanchet ha scoperto che, posizionando un acido carbossilico nella parte della molecola esposta al solvente, aiuta in modo consistente l’MMPi a solubilizzarsi. Esempio calzante è rappresentato dal composto 37, efficace a dosi al di sotto di 0.1 mg/kg in ratto a cui è stato indotto danno cartilagineo al ginocchio
HO O N N O O Composto 37 - Inibitori Mechanism-based.
Nel 2000 Mobashery e collaboratori hanno introdotto la molecola SB-3CT, come primo inibitore mechanism-based delle MMP. Tale composto si lega al sito attivo e forma un
legame covalente con la proteina, in seguito a coordinazione con lo Zn2+. Ciò impedisce da una parte la dissociazione, caratteristica dei tradizionali inibitori chelanti competitivi, e dall’altra, assicurando un ridotto turnover catalitico, fa si che occorra meno inibitore per saturare il sito attivo dell’enzima. Il composto SB-3CT è un inbitore selettivo di MMP-2 e -9 e si è dimostrato promettente in studi preclinici come inibitore delle metastasi alle ossa nel tumore alla prostata e nella prevenzione del danno causato da ischemia cerebrale. O S S O O SB-3CT
La sua struttura è relativamente semplice e ciò è rispecchiato dal suo peso molecolare. Il backbone è un difeniletere, motivo noto per il legame alla tasca S1' e presente in molti MMPi. La molecola coordina lo Zn2+ attraverso il solfuro dell’anello tiranico; questa
coordinazione monodentata forma un Zn2+ tetraedrico, confermato anche da
spettroscopia a raggi-X di assorbimento. Il backbone e il solfuro dell’anello tiranico sono connessi da un solfone e un linker metilenico. Gli atomi di ossigeno del solfone sono predisposti al legame a idrogeno con gli idrogeno dell’amide del backbone proteico tra Leu191 e Ala192 . Questo tipo di legame è stato osservato in altri inibitori solfonici. Composti, invece, con due o tre gruppi metilenici tra il solfone e l’anello tiranico risultano inattivi; questo perché l’anello tiranico non si posiziona in modo giusto dentro la sfera di coordinazione dello Zn2+. Il meccanismo di inibizione di
SB-3CT è molto simile a quello di un substrato suicida, nel qualcun gruppo funzionale
attivato porta ad una modifica covalente nel sito attivo dell’enzima. È stato suggerito che è l’anello tiranico, attivato al momento del legame con lo zinco catalitico, porta
questo perché si viene a formare un legame estereo covalente tra il carbonio dell’anello tiranico e il Glu404. Questo legame ancora l’inibitore nel sito attivo, decrementando in modo sensibile la dissociazione del complesso (Fig. 2.5).
Fig.2.5: Schema del meccanismo d’azione di SB-3CT.21
Il legame di SB-3CT è pressoché irreversibile; a seguito del 95% di inbizione, l’MMP-2 recupera il 50% di attività solo dopo 3 giorni di dialisi. D’altra parte questa molecola non è un inibitore suicida a tutti gli effetti, dal momento che, già dopo alcuni minuti, l’enzima tende a recuperare la sua attività, grazie a processi di idrolisi, che liberano il sito catalitico. Si parla, tuttavia, di processi molto lenti.
Diverse variazioni strutturali sono state compiute su SB-3CT al fine di capire meglio la sua attività. Gli effetti stereochimici dell’anello tiranico sono stati esaminati e valutati, sintetizzando i suoi enantiomeri. Sorprendentemente, entrambi gli stereoisomeri –S e –R, sono attivi come MMPi. Derivati contenenti un anello epossidico (composto 41) al posto del tiranico, invece, si sono dimostrati inattivi su tutte le MMP testate, anche a concentrazioni micromolari. O S O O O Composto 41
Altri composti sono stati sintetizzati sostituendo l’anello tiranico con un ditiolo, come nel composto 42. Tale modifica ha permesso di capire come la lunghezza tra il solfone e i tioli possa variare, senza intaccare l’attività degli inibitori.21
O S O O SH SH Composto 42
2.2. Inibitori sintetici del TACE.
2.2.1. Design e sintesi.
Gran parte degli inibitori delle MMPs a largo spettro precedentemente illustrati sono attivi anche sul TACE. Questa duplice azione dipende strettamente dalle somiglianze che esistono tra il sito attivo delle MMPs e del TACE e che rendono difficoltosa la
effetti collaterali, come la sindrome muscoloscheletrica (MSS), che possono essere superati solo con la scoperta di nuove molecole attive e altamente specifiche per il TACE nel trattamento dell’artrite e delle altre patologie dove questo enzima è coinvolto. I primi inibitori del TACE sono stati studiati mediante un approccio di tipo structure-based, in quanto non era nota la struttura cristallizzata dell’enzima apportando delle modifiche prima ai succinil idrossamati, come il marimastat, poi agli idrossamati solfonamidici, e l’attività delle molecole ottenute veniva valutata per analogia con la struttura della MMP-3 La maggior parte degli inibitori selettivi sul TACE derivano in realtà dall’ottimizzazione degli inibitori delle MMPs a largo spettro, dai quali spesso copiano lo scaffold, e come questi vanno ad esplorare quasi esclusivamente il primed site a destra dello zinco catalitico. Difatti, come gli inibitori delle MMPs, gli inibitori del TACE sono costituiti da un gruppo funzionale ZBG, per lo più un idrossamato, da uno scaffold peptidico o peptidomimetico che interagisce con l’enzima e da un sostituente P1’ lipofilico che si introduce nella tasca S1’. Tra le molecole sviluppate
negli ultimi anni soltanto poche di esse si sono affacciate alla fase clinica, perché oltre ad esservi problemi di selettività, spesso i dati dell’attività sull’enzima in vitro sono discordanti da quelli ottenuti sulle cellule dove la produzione di TNFα è stata indotta dal lipopolisaccaride (LPS). Un esempio di questo fallimento è proprio il marimastat che in vitro ha un IC50 < 100 nM ma sulle cellule indotte da LPS ha un IC50 di almeno 2µM.
Studi di docking con il succinilidrossamato marimastat hanno illustrato che l’isobutile P1’ si inserisce nella tasca S1’ ma non la riempe, il che ha suggerito che per aumentare
l’affinità potevano essere utili sostituenti più ingombranti o che sfruttavano anche la tasca S3’. (Fig. 2.6)
N H H N N H HO O OH O O Marimastat
Fig. 2.6: Docking del Marimastat nel TACE.13
Molecole più attive sono state ottenute ramificando la posizione in α all’idrossammato degli inibitori di tipo succinico, fino ad ottenere molecole capaci di inibire il rilascio di TNFα nel sangue con un IC50 inferiore al micromolare. Il composto 20 ha una Ki di 0,57
nM in vitro e 280 nM nel sangue.
N H H N N H HO O NH O O O2S N NH O
Come gruppi funzionali sono stati anche testati le N-idrossiformammidi o idrossammati inversi. Il composto GW4459 è un potente inibitore del TACE e delle MMPs (Ki=4
nM) e inibisce il rilascio di TNFα con IC50 di 34 nM nel sangue. In seguito, al fine di
migliorare la stabilità e la biodisponibilità, sono stati sintetizzati derivati dove è stato introdotto un metile in posizione P2’ dell’arginina che ne ha aumentato la
biodisponibilità orale come il composto 21.
H N OH O O H N NH NH NO2 HN N H O S N H N OH O O H N N H O N
Nel tentativo di rendere più rigida la struttura sono stati sintetizzati idrossammati esabenzotiadiazinici e benzotiadiazepinici. Mentre i primi risultavano poco specifici per il TACE, l’introduzione di un metilene nell’anello benzotiadiazinico e la sostituzione di diversi gruppi sia in posizione P1 che P1’, ne hanno aumentato l’affinità. Tra questi il
più efficace risulta il composto 22 che introduce in S1’ il gruppo 3,5-dimetossi-fenilico
il quale sembra incrementare l’attività sul TACE.22
N NH S O O O H N HO HN SO2 O OCH3 OCH3
Inizialmente furono sintetizzati anche dei macrocicli, ovvero molecole che univano le porzioni P1 e P2’. Un esempio è il composto 23 che in vitro ha sul TACE una Ki di 2.8
nM, sulle cellule ha un IC50 di 70 nM ed è circa 1000 volte più selettivo su questo che
non sulle MMP-1, -2, -9; ma in vivo, a causa dell’elevato peso molecolare, non è biodisponibile.
GW4459 Composto 21
CF3 HOHNOC O N H O H N O N O O O H N
La ricerca di molecole più piccole si è sviluppata nuovamente facendo delle considerazioni sullo scaffold solfonammidico, dove il solfonile è stato sostituito da un carbonile, e per compensare la variazione della geometria da sp3 a sp2 è stato introdotto un metilene; infine per bloccare l’orientamento della molecola è stata fatta una ciclizzazione tra i sostituenti in α e in β all’ idrossammato ottenendo sia derivati pentaciclici che esaciclici dove è necessario che i due gruppi carbonilici siano in configurazione trans. Il composto più attivo della serie è il derivato esaciclico 24 che ha in P1’ il sostituente 4-chinolinmetossi-fenilico, che è stato riconosciuto uno tra i gruppi
più selettivi per il TACE.
N H O HOHNOC O N
Nonostante questa molecola abbia un IC50 di 8 nM sul TACE e abbia un eccellente
selettività su questo rispetto alle MMP-1, -2, -9, e alle aggrecanasi è inefficace quando testata sulle cellule indotte da TNFα perché probabilmente l’anello cicloesilico è troppo lipofilo e tende a legarsi alle proteine plasmatiche.23 Dalla procedura di ottimizzazione è
Composto 23
stato ottenuto il composto 25 che ha un IC50 di 6.2 nM sul TACE, 20 nM sulle cellule
indotte da TNFα ed ha una buona biodisponibilità (43%).24
N CONHOH N H O O N
È, tuttavia, congiungendo alcuni gruppi eterociclici P1' con scaffold idrossammici ß-amino ciclici che si sono ottenuti inibitori potenti ed estremamente selettivi sul TACE. Tra questi il nucleo pirazolpiridinico si è dimostrato essere il migliore, quando combinato con lo scaffold idrossammico ß-amino tetraidropiranilico. Il gruppo trifluorometilico, inoltre, annulla totalmente l’attività sulla MMP-12. In modo particolare l’inibitore 49 si è dimostrato avere un IC50 d 1 nM verso il TACE suino e
170 nM nella soppressione di TNF-α indotto da LPS nel sangue umano. Il composto 49 ha inoltre dimostrato una eccellente selettività verso il TACE rispetto a molte MMP e una buonissima biodisponibilità (F% > 90%) in studi sul ratto n-in-1 PK. È, infatti, giocando sul sostituente P1', e quindi sulla tasca S1' del TACE, che si acquisisce selettività.25 HO H N O O HN O N N F3C Composto 49
Composti che risultano essere ottimi inibitori, non sfruttando una porzione idrossammica, sono costituiti dalla serie delle triptofan solfonammidi non idrossammati,
che contengono un motivo butinilossi come P1'. La relazione struttura-attività di questa serie è stata studiata mediante la sostituzione dell’anello triptofanindolico. Di tutta la serie sintetizzata i migliori composti si sono dimostrati essere l’11c (IC50 su TACE di
0,14 nM) e il 12p (IC50 su TACE di 0,08 nM); il primo costituito dalla sostituzione in -5
dell’indolo con un metile ed il secondo modificato sull’azoto indolico con un gruppo p-metossi-benzilico. N H O HO H N S O O O N O HO H N S O O O OCH3 Composto 11c Composto 12p
In particolare, il composto 11c chela lo zinco catalico grazie all’acido carbossilico e tende a disporre il gruppo butinilossi P1' tra le tasca S1' e S3' del TACE (Fig. 2.7).26
Fig.2.7: Complesso a raggi-X di 11c legato al TACE (risoluzione di 2.1 Å). Tre istidine e il carbossilato
dimostrato che il sito attivo dell’enzima tollera un’ampia varietà di anelli, inclusi cicli carbociclici ed eterociclici a 5 o 6 membri, quali ciclopentano, pirrolidina, tetraidrofurano, cicloesano, tetraidropiridina e sistemi piridinici. Una rappresentazione dei tipi di legami di questi composti con il TACE è riportato in Fig. 2.8.
Fig.2.8: Inibitori del TACE con scaffold cis- ß-amino-α,ß-ciclici.27
Le informazioni fornite dai lead carbociclici della serie ha suggerito che per acquisire una buona biodisponibilità, è necessaria una certa lipofilicità nella porzione ß-amino acida; questo, tuttavia, si è dimostrato essere deleterio ai fini della potenza. I migliori risultati sono stati forniti da molecole aventi come anello A il tetraidropirano, tetraidrofurano e pirrolidina, sostituiti con una porzione idrossammica. Durante l’investigazione dell’effetto dei sostituenti in posizione 4 dello scaffold (1R,2S)-ciclopentano- ß-benzamido idrossammico è stato evidenziato che il motivo 1,3-diossolano (Composto 1) fa acquisire alla molecola una certa efficacia nella soppresione cellulare di TNF-α LPS-indotto del sangue umano (WBA, IC50 = 24 nM). I parametri
predittivi provenienti dallo screening in vitro, poi, hanno evidenziato un buon assorbimento orale e una buona permeabilità del composto in questione (Papp = 1.8 · 10 -6
cm/s). Sfortunatamente la natura acida labile del diossolano ha precluso lo sviluppo di derivati con tale raggruppamento; la risultante idrolisi a chetone, infatti, sebbene la molecola rimanga sempre potente, ha mostrato una bassa permeabilità Caco-2.
HO H N O O O HN O O N Composto 2
Ai fini di superare questi problemi l’anello diossolano è stato trasformato in modo che il risultato ottenesse la polarità necessaria per acquisire potenza cellulare, e la giusta lipofilicità per garantire una buona biosponibilità. La giusta alternativa si è dimostrata essere la trasformazione di un O del diossolano in un carbonio. Il sistema ossaspiro[4.4]nonano risultante mantiene le stesse proprietà in vitro del diossolano e contemporaneamente rimane stabile in condizioni di idrolisi. Entrambi gli isomeri 18 e
19 sono estremamente potenti verso il pTACE (1 nM entrambi) e mantengono una
buona efficacia nella soppressione del TNF-α.27
HO H N O 5 O HN O O N Composto 18 (5R) (57%); Composto 19 (5S) (60%)
È lo stesso gruppo di ricerca che, congiungendo alcuni gruppi P1' ((2-sostituiti-1H-benzo[d]imidazol-1-il)metil)benzamidi con scaffold idrossammici ß-amino, ha ottenuto alcuni inibitori potenti del TACE. Sfruttando la selettività, la potenza e le ottime proprietà farmacocinetiche degli scaffold idrossammici cis -ß-benzamido-α,ß-sostituiti, il gruppo di Ott e collaboratori ha preso visione dei sostituenti P1'
((2-sostituiti-1H-Composti quale il 15 si è dimostrato avere una attività marcata sul pTACE con un IC50 <
1 nM. Interessante è il fatto che, pur incrementando l’ingrombro sterico in posizione 2 del benzoimidazolo, la potenza verso il pTACE non viene interessata.
HO H N O N HN O N O O N SCH3 Composto 15
Per meglio valutare le proprietà in vitro e in vivo dei gruppi P1' benzoimidazolici, è stata studiata quale potesse essere la combinazione più adatta tra gruppo P1' e scaffold idrossammico. Risultati interessanti sono stati trovati accoppiando lo scaffold sostituito con ciclopentano con gruppi isopropilici e ciclopropilici (rispettivamente composto 21 e
22). In accordo con i dati permeabilità forniti dai saggi Caco-2, il derivato ciclopropilico
si è dimostrato avere la migliore biodisponibilità (22%), se confrontato con il composto
21 (8%), sebbene l’IC50 verso il pTACE di 21 sia leggermente superiore di 22.
HO H N O HN O N N i-Pr HO H N O HN O N N c-Pr Composto 21 Composto 22
È, pertanto, necessario ricordare che in questa serie di derivati i risultati migliori di tutti sono stati dati dal composto 49, dove lo scaffold idrossammico tetraidropiranilico è accoppiato con un sostituente benzamido sostituito in posizione 2 con un trifluorometile; questa combinazione, infatti, migliora proprietà farmacocinetiche, senza intaccare potenza e selettività.28
È sfruttando un approccio nuovo, invece, che Zhu e collaboratori hanno sintetizzato inibitori idrossammici del TACE trans-ciclopropil dicarbossilati. Grazie alla cristallografia a raggi-X di questi inibitori legati al TACE si è potuto capire che l’attività risiede negli enantiomeri degli scaffold ciclopropilici. Partendo dal docking del composto DPC-333 con la struttura del TACE cristallografata si è appreso che l’idrossammato coordina lo zinco in modo bidentato ed il gruppo carbonilico lattamico interagisce con i gruppi donatori di legami a idrogeno di Leu348 e Gly349. La porzione
idrofobica si estende poi nelle tasche S1'-S3'.
HO H N O N O NH2 O N DPC-333
Tenendo presenti queste tre caratteristiche il gruppo di ricerca ha studiato la possibilità di creare derivati idrommici trans-ciclopropil dicarbossilati che inibissero in modo selettivo il TACE.
Composto 26 HO H N O O O O N
I risultati migliori risiedono nei composti 26 e 34, che si configurano come strutturalmente simili, ma che legano TACE in modo opposto; entrambi legano lo zinco tramite l’idrossammato e formano legami a idrogeno con il Glu406 con la stessa
geometria. Il composto 34 ha configurazione 1S,2S e il gruppo benzilico attaccato all’anello ciclopropilico si approfonda nella tasca P1'. Il gruppo fenilico forma interazioni con l’imidazolo della catena laterale dell’His405 ed è inoltre impegnato con la
catena laterale dell’Ala439 e della Leu348. Il raggruppamento
chinolinico si estende poi nella tasca S3', definita da Glu398,
Leu401, Ala439, Ser441 e dall’Asn447. Il composto 26,
dall’altra parte, si estende nella direzione opposta attraversa lo scaffold ciclopropilico 1R,2R. In questa modalità di legame la tasca S3' della proteina non cambia in modo significativo conformazione. Il gruppo carbossimetilico risiede nella tasca S1, definito dalle catene laterali di Val314, Lys315 e Leu350. Il m-fenile attaccato al ciclopropile
interagisce con l’imidazolo dell’His415 e viene circondato dalla Ser355. Il
raggruppamento chinolinico terminale si estende nella tasca S3 e compie interazioni van der Walls con la porzione idrofobica delle catene laterali di Lys315 e Tyr352.
HO N H O O O O N Composto 34
Fig.2.10: (a) Sovrapposizione delle strutture a raggi-X dei composti 26 e 34 nel TACE. (b) Interazioni
chiave di 34 (verde) con il TACE. (c) Interazioni chiave di 26 (giallo) con il TACE.29
In definitiva lo sviluppo di una SAR per questa serie di derivati ha portato alla scoperta, in realtà, di due serie distinte di inibitori del TACE, entrambe potenti.29