Finora abbiamo studiato il moto ed alcune proprietà del singolo punto ma- teriale. In particolare, nella descrizione fatta del moto della Terra e dei pianeti intorno al Sole, data la grande differenza tra la massa del Sole M¯ = M1 e la massa della Terra M⊕= M2(o degli altri pianeti) abbiamo considerato pratica- mente fermo il Sole. Nel fare ciò, abbiamo approssimato il moto dei due corpi, per esempio il sistema Sole-Terra, al moto della sola Terra intorno al Sole. Ci proponiamo di esaminare il problema di due corpi (penseremo sempre al sistema Sole-Terra), senza alcuna approssimazione.
1 Il problema dei due corpi
Ora, dobbiamo fare un passo avanti e cercare di capire come un sistema di due particelle possa essere descritto. Ci limiteremo al caso di due punti materiali.
Le equazioni fondamentali, per due punti materiali di massa M1 ed M2sono:
M1a1= Fe1+ F12 M2a2= Fe2+ F21 (1) dove con il pedice ”1” indicheremo il Sole e con il pedice ”2” la Terra. La forza F12è la forza gravitazionale esercitata dalla Terra sul Sole, mentre la forza F21
è la forza gravitazionale che il Sole esercita sulla Terra.
Per la terza legge di Newton, avremo
F12= −F21 (2)
Inoltre, con Fe1 e Fe2 abbiamo indicato le risultanti di tutte le forze che il restante universo esercita, sul Sole e sulla Terra, rispettivamente. Nella de- scrizione del moto del sistema Sole-Terra, si possono trascurare le azioni grav- itazionali degli oggetti fuori dal sistema solare. Anzi, potremo pensare, con buona approssimazione, che la sola forza esterna agente sul sistema Sole-Terra sia la forza gravitazionale esercitata dalla Luna su entrambi.
Dobbiamo allora risolvere il problema del moto del sistema Sole-Terra, sotto la sola azione della forza di gravitazione universale della Luna. Il metodo di risoluzione di un tale problema consiste nel separare l’azione delle forze esterne dalle quella delle interne. Si procede nel modo seguente. Sommiamo membro a membro le due precedenti equazioni:
M1a1+ M2a2= Fe1+ F12+ Fe2+ F21
Per il principio di azione e reazione, la somma delle forze interne è nulla, quindi la precedente equazione si riduce a
M1a1+ M2a2= Fe1+ Fe2 (3)
1.1 Il Centro di Massa
Questa equazione può essere interpretata in termini di equazione del moto di un singolo punto materiale fittizio, detto Centro di Massa, cui viene
assegnata una massa, indicata con Mcm, pari alla massa totale del sistema in esame
Mcm= M1+ M2 (4)
e una posizione, indicata da rcm, espressa dalla relazione rcm=M1r1+ M2r2
Mcm
(5) Nella (5), r1e r2sono i vettori posizione dei punti materiali ”1” e ”2”, rispetto ad un sistema di riferimento inerziale.
Poiché le masse dei corpi sono costanti, il punto materiale Centro di Massa si muoverà con velocità
vcm=M1v1+ M2v2
Mcm
(6) dove v1 e v2 sono le velocità dei punti materiali ”1” e ”2”, rispetto ad sistema di riferimento inerziale. Infine, se si indicano con a1 e a2 le accelerazioni dei punti materiali ”1” e ”2”, l’accelerazione del Centro di Massa sarà
acm= M1a1+ M2a2
Mcm (7)
Quest’ultima relazione può essere riscritta nel modo seguente:
Mcmacm= M1a1+ M2a2 (8) Se si confronta la (8) con la (3), si ha:
Mcmacm= Fe1+ Fe2 (9)
Per completare la nostra interpretazione di tale equazione in termini di singolo punto materiale, dobbiamo assumere che la risultante delle forze esterne,
Fecm= Fe1+ Fe2 (10)
agisca sul solo Centro di Massa. In tal caso, l’eq.(3), ovvero l’equazione (9), diventa
Mcmacm= Fecm (11)
La soluzione di tale equazione ci risolverà il problema del moto del Centro di Massa:
rcm= rcm(t) (12)
Si può, allora, dire che l’azione delle forze esterne governa il moto del Centro di Massa. In particolare, se si possono trascurare le azioni delle forze esterne, Fecm= 0, avremo
Mcmacm= 0
ed il Centro di Massa si muoverà di moto rettilineo uniforme o sarà fermo:
vcm= costante
Per il sistema di due punti materiali questa è la forma che assume il principio d’inerzia.
Avendo risolto il problema dell’azione delle forze esterne sul sistema di due particelle, possiamo pensare al problema del moto per le sole forze interne.
1.2 La massa ridotta
Le equazioni (1), escludendo le forze esterne per le quali abbiamo già risolto il problema, si riducono a
M1a1= F12 M2a2= F21 (13)
che possiamo riscrivere come:
a1=F12
M1 a2=F21
M2
Sottraendo, membro a membro, la prima dalla seconda, avremo a2− a1=F21
M2 −F12
M1
Poiché F12= −F21, per il principio di azione e reazione, la precedente equazione diventa
a2− a1=F21
M2 +F21
M1 ovvero
a2− a1= µ 1
M1
+ 1 M2
¶
F21 (14)
Anche questa equazione, come quella per le sole forze esterne, può essere inter- pretata in termini di un singolo punto materiale, fittizio, detto massa ridotta.
La massa di tale punto è, per definizione, data dall’espressione Mµ= M1M2
M1+ M2 (15)
e la sua posizione sarà individuata dal vettore
rµ= r2− r1 (16)
Il corpo di massa ridotta è stato messo al posto della particella reale M2 e il suo vettore posizione ha origine sul punto, in precedenza occupato dal corpo di massa M1. Su di esso si esercita la forza che prima veniva esercitata su M2. Si poteva anche porre il punto di massa ridotta al posto della particella di massa M1. In tal caso avremmo avuto rµ= r1− r2 e la forza agente sul corpo di massa ridotta sarebbe stata F12. La velocità del punto materiale di massa ridotta sarà
vµ= v2− v1 (17)
mentre la sua accelerazione sarà
aµ = a2− a1 (18)
Se si tiene conto della eq.(18) e della definizione di massa ridotta, eq (15), l’equazione del moto, per le sole forze interne, diventa
aµ= µ 1
Mµ
¶ F21
ovvero
Mµaµ= F21 (19)
La soluzione di tale equazione ci risolverà il problema del moto della massa ridotta:
rµ= rµ(t) (20)
Possiamo dire che le forze interne governano il moto del punto materiale di massa ridotta. Abbiamo ricondotto il problema del moto dei due punti materiali M1ed M2, al problema del moto di due punti materiali fittizi, il Centro di Massa, MCM e la Massa Ridotta, Mµ.
1.3 La soluzione del problema
Risolto il problema del moto dei due punti materiali fittizi, cioè attenuta la forma esplicita delle (12) e (20), si può risalire, usando la
rcm=M1r1+ M2r2 Mcm
(5) e la
rµ= r2− r1 (16)
al problema del moto effettivo, cioè trovare
r1= r1(t) r2= r2(t) Infatti, usando la (5) e la (16) si trova
r1(t) = rcm(t) − M2
M1+ M2rµ(t) r2(t) = rcm(t) + M1
M1+ M2rµ(t)
1.4 Cosa si può generalizzare per N corpi
Nel caso di N corpi è possibile introdurre il concetto di Centro di Massa rcm=M1r1+ M2r2+ ... + MNrN
Mcm
(5N) dove la massa del Centro di Massa è pari alla somma di tutte le singole masse delle particelle costituenti il sistema:
Mcm= M1+ M2+ ... + MN (4N) E’ sempre possibile, scrivendo N equazioni del tipo (1), sommarle e usando il principio di azione e reazione eliminare le forze interne:
M1a1+ M2a2+ ... + MNaN = Fe1+ Fe2+ ...FeN che
Mcmacm= Fe1+ Fe2+ ...FeN (9N) Allora, le forze esterne governano, in ogni caso, il moto del Centro di Massa e in assenza di forze esterne il Centro di Massa si muove di moto rettilineo uniforme.
Non è possibile risolvere in maniera esatta il problema del moto di N particelle.
In particolare, è stato dimostrato che già il problema di tre corpi non è risolvibile esattamente.
1.5 Il problema Terra-Sole
Possiamo, ora, capire le approssimazioni fatte nello studio del moto dei pi- aneti. Abbiamo trascurato l’azione delle forze esterne e questo ha giustificato l’assunzione del Sole fermo (eq.(11)). Per le forze interne, la massa ridotta del sistema Terra-Sole è praticamente la massa della Terra:
Mµ= M1M2
M1+ M2 ' M2
la posizione del Centro di Massa coincide, praticamente, con il centro del Sole
rcm=M1r1+ M2r2 Mcm
∼= r1
e la forza interna è quella di gravitazione universale FG= −GM1M2
r2 ur
dove r = r21 . Allora, si può approssimare l’equazione per le forze interne Mµaµ= −GM1M2
r2 ur con l’equazione
M2a2= −GM1M2
r2 ur
ponendo il centro del sistema di riferimento nel centro del Sole. Questa è l’usuale forma dell’equazione del moto (equazione di un singolo punto materiale) usata per la discussione delle leggi cinematiche di Keplero. La grande differenza di massa tra il Sole e la Terra rende tale approssimazione ragionevole, per una discussione generale.
1.6 Esempi
Ora mostreremo alcune applicazioni del problema dei due corpi.
Esempio 1: Si abbiano due corpi poggiati su di un piano orizzontale privo di attrito. Essi siano legati da una fune inestensibile e di massa trascurabile. Al corpo di massa M2 è applicata una forza F .
Con riferimento alle figure precedenti, nella parte destra sono analizzate le forze agenti su ciascun corpo. Si può osservare che la tensione della fune svolge il ruolo di forza interna mentre la forza F quella di forza esterna al sistema. Le
due tensioni sono uguali e di segno contrario. Le equazioni del moto per le due particelle sono:
M1a1= Fτ M2a2= −Fτ+ F Sommando membro a membro si ottiene
M1a1+ M2a2= F da cui, poiché il filo è inestensibile, si ha
a1= a2= a e quindi
(M1+ M2) a = F
L’accelerazione con cui si muovono i due corpi è uguale a quella con cui si muove il Centro di Massa del sistema. Nota l’accelerazione, dall’equazione
M1a= Fτ otteniamo la tensione della fune.
2 Le equazioni cardinali
Ora ,deriveremo delle equazioni che riguardano il comportamento globale del sistema di due particelle.
2.1 L’equazione per la quantità di moto
Considerando due particelle possiamo definire la quantità di moto totale del sistema ptot, come segue:
ptot≡ M1v1+ M2v2= p1+ p2 (1) Abbiamo dimostrato, nella precedente sezione, che l’equazione del moto delle due particelle si può ridurre a:
M1a1+ M2a2= Fe1+ Fe2 (2) Il primo membro si può anche scrivere
d
dt(p1+ p2) = Fe1+ Fe2 ovvero
dptot
dt = Fe1+ Fe2 (3)
cioè, la variazione nell’unità di tempo della quantità di moto del sistema è uguale alla risultante delle forze esterne. In particolare, se il sistema è isolato
Fe1+ Fe2= 0
la quantità di moto totale si mantiene costante nel tempo:
dptot
dt = 0 → ptot= p0tot (4)
Osservazione importante: Nella derivazione della (3) e quindi della (4), è implicito che le forze interne debbano ubbidire alla terza legge di Newton, altrimenti non possiamo eliminarle. Dobbiamo, allora, concludere che se in- contrassimo forze che non obbediscono alla terza legge, la conservazione della quantità di moto totale, in un sistema isolato, non può essere valida. Questo caso si presenterà con la forza magnetica di Lorentz (tale forza non soddisfa la terza legge di Newton) e sarà naturale concludere che per due particelle cariche in moto, non si conserverà la loro quantità di moto totale. D’altra parte, la conservazione della quantità di moto è considerata, a giusta ragione, uno dei principi basilari della fisica moderna. Il dilemma si risolve se si tiene anche conto della quantità di moto associata al campo elettromagnetico. Ciò che si conserva è la quantità di moto delle particelle e del campo.
Analoghe considerazioni valgono per il momento della quantità di moto, che discuteremo nel capitolo della meccanica della rotazione.
2.2 Cosa si può generalizzare al caso di N corpi
Nel caso di N particelle, definita la quantità di moto totale del sistema, come ptot≡ M1v1+ ... + MNvN = p1+ ... + pn (1N) procedendo come si è fatto per le due particelle si ottiene
dptot
dt = Fe1+ Fe2+ ... + FeN (2N)
3 Lavoro ed energia cinetica
Se si hanno due particelle, abbiamo imparato che occorre tener conto sia delle forze interne che di quelle esterne al sistema. Ciascuna forza potrà compiere un lavoro sul corpo su cui agisce. Possiamo dire che sulla particella M1 agiranno sia una forza interna che la risultante delle forze esterne, quindi ci saranno due forze che potranno compiere un lavoro sulla particella M1. Lo stesso dicasi per la seconda particella. In conclusione, su un sistema di due particelle ci devono essere quattro possibili contributi al lavoro totale esercitato da forze sul sistema.
Andiamo ad esaminare questi contributi e il loro esito sul moto dei due corpi.
Come ovvia generalizzazione del caso di singola particella, l’energia cinetica totale del sistema di due particelle, si scriverà:
Etot≡ 1
2M1v22+1
2M1v22= E1+ E2 (1) Ricordiamo che, nel caso di particella singola, abbiamo dimostrato che il lavoro è sempre uguale alla variazione di energia cinetica:
LF(A → B) = 1
2M v2B−1
2M vA2 (2)
Nel caso di due particelle si dimostra che la somma del lavoro fatto sia dalle forze interne che da quelle esterne è ancora uguale alla variazione di energia cinetica totale tra due configurazioni
Letot(A → B) + Litot(A → B) = Etot(B) − Etot(A) (3) Prova:
Riscriviamo l’equazione fondamentale per ciascuna delle singole particelle:
M1a1= Fe1+ F12 M2a2= Fe2+ F21 che trasformiamo in
M1a1· ∆r1= Fe1· ∆r1+ F12· ∆r1 M2a2· ∆r2= Fe2· ∆r2+ F21· ∆r2 e sommando membro a membro, si ottiene
M1a1· ∆r1+ M2a2· ∆r2= Fe1· ∆r1+ Fe2· ∆r2+ F12· ∆r1+ F21· ∆r2 (4) Al secondo membro abbiamo i quattro contributi, annunciati nell’introduzione.
I primi due sono dovuti alle forze esterne e li indicheremo come lavoro delle forze esterne, Letot(A → B):
Fe1· ∆r1+ Fe2· ∆r2= Letot(A → B) (5) Gli ultimi due contributi sono dovuti all’azione delle forze interne e le in- dicheremo come Litot(A → B):
F12· ∆r1+ F21· ∆r2= Litot(A → B) (6) In definitiva, la (4) è diventata:
M1a1· ∆r1+ M2a2· ∆r2= Letot(A → B) + Litot(A → B) (7) Inoltre, in analogia con le dimostrazioni fatte sulla particella singola,
M a · ∆r = E (B) − E (A) deve aversi, al primo membro della (7)
M1a1· ∆r1= E1(B) − E1(A) e
M2a2· ∆r2= E2(B) − E2(A) Sommando membro a membro le due ultime equazioni:
M1a1· ∆r1+ M2a2· ∆r2= E1(B) − E1(A) + E2(B) − E2(A) (8) ovvero, posto
Etot(B) = E1(B) + E2(B) Etot(A) = E1(A) + E2(A) (9) avremo che
M1a1· ∆r1+ M2a2· ∆r2= Etot(B) − Etot(A) (10) Allora la (7) diventa
Etot(B) − Etot(A) = Letot(A → B) + Litot(A → B)
Abbiamo così dimostrato la (3). Essa ci dice che la variazione dell’energia cinetica totale del sistema tra due configurazioni è uguale alla somma dei lavori totali fatti, sia dalle forze esterne che dalla forze interne, per portare il sistema da una configurazione all’altra (la (3) è anche nota come il teorema dell’energia cinetica per i sistemi con più particelle).
3.1 L’energia propria del sistema
Alcune ulteriori relazioni possono essere ottenute se le forze in gioco sono conser- vative. Infatti, se le forze interne sono conservative, possiamo definire un’energia potenziale totale interna, mediante la seguente relazione:
Litot(A → B) = Utoti (A) − Utoti (B) (10) Facciamo osservare che A rappresenta l’insieme delle posizioni di tutte le particelle ad un certo istante; B è l’insieme delle posizioni ad un istante finito successivo. A e B sono due differenti configurazioni del sistema.
Si intende per energia propria, U , di un sistema di particelle, le cui forze interne siano conservative, la quantità
U ≡ Etot+ Utoti (11)
In tal caso, la (3), si scrive
U (B) − U (A) = Letot(A → B) (12) cioè, la variazione di energia propria di un sistema di particelle, tra due configurazioni, è uguale al lavoro totale delle sole forze esterne per portare il sistema da una configurazione iniziale ad una finale. Se il sistema è isolato, le forze esterne sono assenti e possiamo scrivere
U (A) = U (B) (13)
Per un sistema isolato, le cui forze interne sono conservative, l’energia pro- pria del sistema si mantiene costante nel tempo.
3.2 Cosa si può generalizzare ad N corpi
Nel caso di N particelle tutte le equazioni della precedente sezione si possono generalizzare. Infatti, definendo l’energia cinetica totale come
Etot≡ 1
2M1v22+ ... +1
2MNv2N= E1+ ... + E2 (1N) si può generalizzare il teorema dell’energia cinetica
Etot(B) − Etot(A) = Letot(A → B) + Litot(A → B) (2N) dove il lavoro, sia esterno che interno, deve essere esteso a tutte le forze e lo spostamento è riferito a tutte le particelle. In maniera analoga, tutte le equazioni che vanno dall’eq. (10) alle (13) sono generalizzabili, con le dovute nuove interpretazioni.
4 Esempi
Esempio 1: Due corpi di massa nota M1e M2sono a contatto come è mostrato in figura. Tra i due corpi vi è attrito ed il coefficiente di attrito statico λs è anch’esso noto. Il corpo M2 è poggiato su di un piano senza attrito, mentre M1
è sospeso. Su M1 si esercita una forza F . Determinare il valore minimo di F affinchè il corpo non cada.
Come si vede dal grafico, fra le forze agenti sui due corpi, ve ne sono due interne: la forza di attrito Fae la reazione dei due corpi.Fr . Le equazioni del moto dei singoli corpi sono:
M1a1= F + Fa+ M1g+ Fr (E1) M1a1= Fr+ Fa+ M2g+ Fr (E2) dove Fr è la reazione vincolare esercitata dal tavolo su M2. Decomponiamo lungo gli assi le due equazioni.
M1ax1= F − Fr (E3a)
M1ay1 = Fa− M1g (E3b)
M2ax2= Fr → ax2 = Fr
M2
(E4a) M2ay2 = Fr− Fa− M2g (E4b) Affinché il corpo M1non scivoli, non vi deve essere moto lungo l’asse y; dalla (3b) segue:
0 = Fa− M1g → Fa= M1g (E5)
Ma, per definizione di forza di attrito,
Fa= λsFr → FR= Fa λs
=M1g λs
(E6) Anche il corpo M2non si muove lungo l’asse y e dalla (4b) segue:
0 = Fr− Fa− M2g → Fr= Fa+ M2g (E7) I due corpi avranno la stessa accelerazione nella direzione dell’asse:
ax1= ax2 = a (E8)
Sommando membro a membro la (E3a) e la (E4a) si trova:
(M1+ M2) a = F (E9)
Usando la (E4a), avremo
(M1+ M2)FR
M2 = F (E10)
ed infine, usando la (E6) si otterrà il risultato cercato:
(M1+ M2) 1 M2
M1g λs
= F (E11)
Osservazione: Notiamo che nel precedente esempio la forza di attrito, che è una forza interna, non è conservativa; pertanto, in questo caso, non si può definire un’energia interna e quindi un’energia propria. Solo l’introduzione del Primo Principio della Termodinamica potrà portare chiarezza al problema della conservazione dell’energia.
5 Collisioni elastiche
Siano dati due punti materiali di massa M1 ed M2. Chiameremo collisioni binarie (o urto binario) tra i due punti materiali, l’evento fisico, estremamente breve nel tempo ed estremamente localizzato nello spazio, durante il quale i due punti materiali variano bruscamente le proprie velocità. Se v1 e v2 sono le velocità prima dell’urto, le velocità delle stesse particelle dopo l’urto saranno indicate con v01e v02:
Inoltre, durante l’urto, le forze esterne si possono trascurare sempre. In virtù di quest’ultima proprietà dell’urto, l’equazione fondamentale della dinamica dei due punti materiali, come si evince dallo studio del problema dei due corpi, ci dice che:
a)La quantità di moto totale del sistema dei due punti materiali è costante nel tempo, in particolare prima e dopo l’urto, ovvero
M1v1+ M2v2= M1v01+ M2v02 (1) b)Il momento quantità di moto totale del sistema dei due punti materiali è costante nel tempo, in particolare prima e dopo l’urto, ovvero
j1+ j2= j01+ j02 (2)
c) Inoltre, poiché l’urto è estremamente localizzato nello spazio, l’energia potenziale interna del sistema non varia durante l’urto, ossia, l’energia iniziale posseduta da un punto materiale è solo cinetica.
Si dice che l’urto è elastico, quando l’energia cinetica del sistema delle due particelle prima dell’urto è uguale all’energia cinetica del sistema delle due par- ticelle dopo l’urto:
1
2M1v21+1
2M2v22= 1
2M1v012+1
2M2v022 (3)
Se la precedente relazione non è verificata l’urto sarà detto anelastico. In tal caso, è chiaro che, in qualche modo, si sta verificando che il corpo non è più puntiforme.
Possiamo concludere dicendo che le equazioni che governano le collisioni elastiche sono, in un sistema inerziale generico S,
½ M1v1+ M2v2= M1v10 + M2v02
1
2M1v21+12M2v22=12M1v012+12M2v022 (4) Notiamo che le equazioni che esprimono la conservazione della quantità di moto sono vettoriali, mentre quella che esprime la conservazione dell’energia cinetica è scalare.
5.1 Esempi
Esempio 1: Un punto materiale di massa M1 urta elasticamente un punto materiale di massa M2, inizialmente fermo. Determinare la velocità di M2, dopo l’urto, in funzione dell’angolo di rinculo, φ2, del rapporto di massa e della velocità di M1prima dell’urto.
Nella figura, gli angoli φ1e φ2 sono gli angoli di deflessione, rispetto alla di- rezione incidente, delle particelle M1ed M2rispettivamente. Le ipotesi sull’urto ci consentono di scrivere le due seguenti equazioni:
M1v1= M1v01+ M2v20 (E1) 1
2M1v12= 1
2M1v102+1
2M2v022 (E2)
dove gli apici sulle velocità indicano le quantità dopo l’urto. Introducendo la quantità
A ≡ M2
M1
(E3) le precedenti equazioni diventano
v1= v01+ Av02 (E4)
v21= v012+ Av202 (E5) Ricavando v01 dalla (E4) e sostituendo nella (E5) si trova
2v1· v20 = v022(A + 1) ed esplicitando il prodotto scalare
2v1v02cos φ2= v022(A + 1) si ottiene il risultato cercato:
v02= 2v1
A + 1cos φ2 (E6)
Chiameremo urto centrale l’urto caratterizzato da un angolo di rinculo nullo, φ2= 0. In tal caso, le due particelle dopo l’urto si potranno muovere solo lungo la direzione della particella incidente.
Esempio 2: Un punto materiale di massa M1urta elasticamente un punto materiale di massa M2, inizialmente fermo. Determinare l’energia cinetica di M2, detta energia trasferita, dopo l’urto, in funzione dell’angolo di rinculo φ2, del rapporto di massa e dell’energia di M1prima dell’urto.
Indicheremo con T, l’energia trasferita. La velocità di M2dopo l’urto è stata determinata nel precedente esempio:
2v1v02cos φ2= v022(A + 1) (E1) dove A = M2/M1. Quadrando la (E1) e moltiplicando per M2/2, troveremo
T = 4M1M2
(M1+ M2)2E1cos2φ2 (E2) Introducendo la quantità
γ ≡ 4M1M2
(M1+ M2)2 (E3)
la precedente equazione diventa
T = γE1cos2φ2 (E4)
ovvero, introducendo anche la notazione
TM ≡ γE1 (E5)
avremo
T = TMcos2φ2 (E6)
La quantità TM rappresenta la massima energia trasferibile in un urto bina- rio ed elastico e si ottiene in un urto centrale (la particella 2 rincula nella stessa direzione della particella incidente).
Esempio 3: Un punto materiale di massa M1 urta elasticamente e cen- tralmente un punto materiale di massa M2, inizialmente fermo. Determinare le velocità di M1e M2, dopo l’urto, in termini del rapporto di massa M2/M1= A e della velocità di M1 prima dell’urto, nel caso in cui A >> 1.
Le equazioni di partenza sono:
M1v1= M1v10 + M2v02 (E1) 1
2M1v21= 1
2M1v012+1
2M2v022 (E2)
Ricaviamo v01dalla (E1)
v10 = M1v1− M2v02 M1
(E3) che sostituita nella (E2) ci darà:
[(1 + A) v02− 2v1] v02= 0 (E4) Questa equazione ammette due soluzioni:
v02= 0 v02= 2
1 + Av1= 2 M1 M1+ M2v1 La prima soluzione, comporta anche che v01= v1,
v02= 0 v01= v1
corrisponde al caso in cui l’urto non è avvenuto e quindi va scartata. Rimane la seconda soluzione, che esplicitata è
v10 = 1 − A 1 + Av1=
µM1− M2
M1+ M2
¶
v1 v02= 2
1 + Av1= 2 M1 M1+ M2
v1 (E5) Nel caso in cui, A >> 1, le precedenti equazioni diventano
v01∼=−v1 v02∼= 2
Av1 (E6)
cioè, M1 rimbalza su M2 ed M2 prosegue nella direzione della particella incidente.
6 Collisioni anelastiche
Un modo per definire l’anelasticità di una collisione binaria è quello di introdurre un termine Q, che inglobi tutta l’energia non più rintracciabile sotto forma di energia cinetica. La conservazione dell’energia totale, non più solo quella cinetica, si scriverà:
1
2M1v12= 1
2M1v102+1
2M2v022 + Q (C1)
o anche
¡p21¢ 2M1
= (p01)2 2M1
+(p02)2 2M2
+ Q (C2)
La conservazione della quantità di moto è ancora:
p1= p01+ p2 (C3)
Ci limiteremo ai casi di urti, nei quali l’energia cinetica totale, dopo l’urto, è inferiore a quella cinetica prima dell’urto (parte dell’energia cinetica è stata usata per modificare lo stato interno di uno od entrambi i partners collisionali).
6.0.1 Collisioni anelastiche con il coefficiente di restituzione
Le equazioni di partenza degli urti binari anelastici si possono descrivere usando il coefficiente di restituzione ε e sono:
M1v1+ M2v2= M1v01+ M2v20 v02− v01= −ε (v2− v1) (C4) Caso di masse uguali: M1= M2. Avremo:
v1+ v2= v01+ v02 v02− v01= −ε (v2− v1) (C5) Limitiamoci al caso in cui l’urto è centrale. In tal caso,
v02+ v01= v1+ v2 v02− v01= −ε (v2− v1) Sommando membro a membro le due ultime equazioni si trova
v01= 1
2[v1(1 − ε) + v2(1 + ε)] (C6) v02= 1
2[v1(1 + ε) + v2(1 − ε)] (C7) In caso di urto elastico (ε = 1) si otterranno le seguenti soluzioni:
v10 = v2 v02= v1 (C8)
Le particelle dopo l’urto si sono scambiate le velocità. In caso di urto total- mente anelastico (ε = 0) si ottiene:
v01=v1+ v2
2 v02= v1+ v2
2 (C9)
Le particelle dopo l’urto viaggiano unite.
Caso di masse differenti: M16= M2. Le equazioni di partenza sono, ora:
M1
³ v1− v01
´
= M2
³
v02− v2´
v20 − εv2= v01− εv1 (C10) Moltiplicando la seconda per M1 e sommando membro a membro, si trova
v01= 1 2M2
[M1v1+ ε (M1− M2) v1+ M2v2− ε (M1− M2) v2] (C11)
v02= 1
2M2[M1v1(1 + ε) + v2(M2− M1ε)] (C12)
7 Problemi
1. Un punto materiale di massa M1= 0, 12kg è fermo nell’origine di un sistema di riferimento. Lungo l’asse x è posto un punto materiale di massa M2= 0, 25kg.
Se M2si avvicina, con una velocità costante di v metri al secondo, si determini la velocità del centro di massa.
Soluzione
vcm= M2 M1+ M2
v