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Tribunale di Lagonegro , n. 1591/00 - Dott. Morosini - Cristaldi (Avv.ti Falabella, De Fina) - INPS (Avv. Rinaldi).

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Prestazioni - Indennità di disoccupazione agricola

- Determinazione - Riferimento al salario medio convenzionale dell'anno precedente - Art. 45 L. n.

144/1999 - Norma di interpretazione autentica - Rinvio a norma abrogata - Ammissibilità.

Tribunale di Lagonegro - 19.9.2000, n. 1591/00 - Dott. Morosini - Cristaldi (Avv.ti Falabella, De Fina) - INPS (Avv. Rinaldi).

L'art. 45 co. 21 della L n. 144/1999 deve ritenersi norma di interpretazione autentica, in quanto, fermo restando il tenore letterale della disposizione interpretata, ne chiarisce il significato o comunque privilegia una delle interpretazioni possibili, imponendola ai giudici.

Il legislatore ben può richiamare, ai fini interpretativi, una norma abrogata; in tale ipotesi, tuttavia, il rinvio non deve intendersi in senso tecnico (materiale o formale), ma come ausilio per il chiarimento del dettato normativo.

Il rinvio, per meri fini interpretativi, ad una disposizione abrogata, conferma il carattere di norma di interpretazione autentica propria dell'art. 45 co. 21 della L. n. 144/1999.

FATTO. - Con ricorso depositato il 7/12/1999 il ricorrente adiva questo Giudice esponendo:

che era bracciante agricolo a tempo determinato;

che aveva percepito per gli anni 90/92/93/94/95 l'indennità di disoccupazione agricola da parte dell'INPS;

che l'Istituto aveva determinato l'ammontare dell'indennità in parola assumendo a base di calcolo la retribuzione media giornaliera dell'anno precedente a

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quello di competenza;

che tale metodo di liquidazione era errato, giacché per i braccianti agricoli a tempo determinato doveva utilizzarsi il parametro del salario medio convenzionale rilevato nell'ottobre dell'anno di competenza come indicato dal relativo Decreto Ministeriale ex artt. 28 DPR n. 488/68 e 3 L. n. 457/72;

che gli importi percepiti erano inferiori a quelli spettanti;

che, quindi, aveva diritto alla riliquidazione dell'indennità in parola.

Chiedeva, pertanto, la condanna dell'INPS al pagamento delle somme a lui spettanti in conseguenza del dedotto ricalcolo.

Si costituiva tardivamente l'INPS che domandava il rigetto del ricorso, eccependo in rito la decadenza ex art. 4 L.

n. 438/92, e sostenendo nel merito che in virtù dell'art.

45 comma 21 L. n. 144/99 il terzo comma dell'art. 3 L. n.

457/72 doveva interpretarsi nel senso che il termine ivi previsto del 30 ottobre per la rilevazione della media delle retribuzioni era il medesimo di quello previsto dal secondo comma dell'alt. 3 L. n. 457/72 e dunque si riferiva al 30 ottobre dell'anno precedente a quello di competenza.

Sosteneva l'istituto che tale norma, di interpretazione autentica e dunque ad efficacia retroattiva, legittimava il proprio operato.

All'odierna udienza il Giudice deliberava la sentenza.

DIRITTO. - In rito deve reputarsi inammissibile l'eccezione di decadenza proposta dall'INPS poiché sollevata oltre il termine perentorio di cui all'art. 416 c.p.c..

Quanto al merito la domanda è infondata.

Si può muovere dall'art. 45 comma 21 L. n. 144/99 a mente del quale: "il terzo comma dell'art. 3 L. n. 457/72 si

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interpreta nel senso che il termine ivi previsto del 30 ottobre per la rilevazione della media delle retribuzioni per le diverse qualifiche previste dai contratti collettivi provinciali di lavoro ai fini della determinazione media da porre a base per la liquidazione delle prestazioni temporanee per gli operai agricoli a tempo determinato è il medesimo di quello previsto al secondo comma dell'art. 3 L. n. 457/72 per gli operai a tempo indeterminato".

La norma dispone in modo chiaro che l'indennità di disoccupazione per cui è causa si deve determinare adottando come base di calcolo la retribuzione media giornaliera dell'anno precedente a quello di competenza.

Assodato ciò occorre verificare l'efficacia nel tempo della menzionata disposizione, al fine di stabilirne l'applicabilità o meno al caso di specie.

Secondo il principio generale codificato dall'art. 11 delle disp. prel. al cod. civ. la legge non dispone che per l'avvenire.

Tuttavia possono emanarsi leggi aventi efficacia retroattiva con l'unico limite di cui all'art. 25 Cost. in campo penale.

Tipiche leggi ad effetto retroattivo sono quelle di interpretazione autentica.

Si parla di interpretazione autentica per indicare l'interpretazione proveniente dalla stessa fonte (o fonte equiparata) che ha emesso la disposizione da interpretare al fine di fornire non l'interpretazione "corretta", bensì quella "voluta" dal legislatore.

Come spiega autorevole dottrina, l'interpretazione autentica assume sempre valore normativo, poiché vieta tutte le interpretazioni diverse da quella prescelta, vincolando gli interpreti in una data direzione.

L'effetto innovativo si ottiene per mezzo di un meccanismo logico che fa risalire il contenuto prescrittivo indicato

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nella legge di interpretazione al contenuto già espresso in origine dalla disposizione da interpretare. Questa fictio consente di attribuire alla legge di interpretazione autentica una efficacia ex tunc, per cui varrà per tutti i giudizi in corso o futuri, anche se relativi a rapporti e situazioni anteriori, purché non esauriti.

L'art. 45 comma 21 in esame deve senz'altro ritenersi norma interpretativa, in quanto, fermo restando il tenore letterale della disposizione interpretata, ne chiarisce il significato o, comunque, privilegia una delle interpretazioni possibili, contestualmente imponendola ai giudici (in tal senso cfr. giurisprudenza della Corte Costituzionale ex multis sent. n. 403/93).

Se ne trae conferma da indici sintomatici quali:

l'inequivoco tenore letterale ("si interpreta nel senso") e dunque la autodefinizione della norma in senso interpretativo contenuta nel corpo del testo legislativo;

la struttura della disposizione la quale "coniuga un momento logico - assertivo - che consiste nella enunciazione di un apprezzamento interpretativo circa il significato della disposizione precedente (nella specie art. 3 comma 3 L. n. 457/72) - con un momento precettivo consistente nella imposizione di un significato con esclusione di ogni altro" (cfr. in motivazione Cass. n.

107/94).

Neppure può sostenersi che la norma originaria contenesse una disciplina chiara e come tale non bisognosa di intervento interpretativo dato che:

- l'art. 3 comma 3 L. n. 457/72 si limita a richiamare il 30 ottobre di ogni anno senza fornire altre precisazioni temporali laddove al comma 2, per i lavoratori agricoli a tempo indeterminato, fa espresso riferimento al 30 ottobre dell'anno precedente, il che impone all'interprete comunque una operazione ermeneutica, peraltro idonea a

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sfociare a conclusioni contrapposte secondo il criterio applicato: argomentando a contrario si giungerebbe al 30 ottobre dello stesso anno, argomentando dall'implicito richiamo a quanto già disposto nel comma 2 si dovrebbe parlare del 30 ottobre dell'anno precedente;

- la elaborazione giurisprudenziale in materia non aveva fornito un indirizzo univoco; in senso contrario all'assunto degli odierni ricorrenti esisteva una prassi amministrativa dell'INPS che è stata accettata senza contrasti fino al c.d. "blocco" dell'indennità avvenuto nel 1995 (cfr. Corte d'Appello di Bari sent. n. 5 del 13.3.2000(1)).

Viene altresì in rilievo il c.d. "principio di conservazione", secondo cui una norma va interpretata nel senso che abbia qualche effetto.

In tale ottica, puntualmente evidenziata dalla difesa dell'INPS, l'art. 45 comma 21 citato deve necessariamente applicarsi agli anni anteriori alla sua entrata in vigore, altrimenti rimanendo, nella sostanza, privo di effetto poiché dal 1995 in avanti il sistema di calcolo è stato modificato (congelamento del salario convenzionale rilevato nel 1995 per gli anni 1996, 1997, 1998 e per il futuro abbandono graduale del salario convenzionale verso il parametro delle retribuzioni reali).

In definiva l'art. 45 comma 21 L. n. 144/99 è da ritenere norma di interpretazione autentica che, in virtù della sua connaturale efficacia retroattiva, si applica anche al rapporto giuridico in rassegna il quale, sorto anteriormente alla sua entrata in vigore, non è ancora esaurito, sia perché sub indice sia perché afferente a prestazioni non versate.

Nessun dubbio, infine, residua circa la legittimità e la portata del rinvio operato dai menzionato comma 21 dell'art. 45 all'art. 3 comma 2 L. n. 457/72 (norma almeno in parte abrogata dall'art. 14 comma 7 D.L. n. 791/81).

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Sul punto vanno disattese le argomentazioni spese, nelle note illustrative, da parte ricorrente.

Rammentato infatti come, secondo un principio generale, il legislatore ben possa richiamare una legge abrogata; nella specie basta osservare che il rinvio in esame non deve intendersi in senso tecnico (né materiale né formale), giacché risulta impiegato come "mero materiale di chiarimento dei dettato normativo del comma successivo, rimasto immutato, perché il comma 2 era appunto più chiaro e preciso nell'esplicitare ciò che non emergeva bene dalla disposizione che immediatamente lo segue" (così Corte di Appello di Bari sent. n. 5/2000 cit.).

Siffatto "rinvio" ad una disposizione abrogata per meri fini interpretativi conferma, ad abundantiam, il carattere appunto interpretativo dell'art. 45 comma 21 L. n. 144/99 (cfr. Corte Appello di Bari sent. cit.).

Consegue il rigetto della domanda.

(Omissis)

(1) V. in q. Riv., 2000, p. 1363

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