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Capitolo 6

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Academic year: 2021

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Capitolo 6

DISCUSSIONE

I primi anni 90 hanno visto la tecnica laparoscopica affermasi come gold standard nel trattamento in elezione della calcolosi della colecisti.

Inizialmente la colecistite acuta litiasica rappresentava una controindicazione all’approccio laparoscopico ma col passare degli anni è diventata metodica di riferimento, dove è attualmente considerata superiore per risultati alla colecistectomia tradizionale “open”.

Sebbene l’approccio laparoscopico abbia riscosso sempre più successi e la sua adozione si sia diffusa fortemente in tutto il mondo, scarsa attenzione è stata posta al problema riguardante la coesistenza di colecistite acuta e coledocolitiasi.

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Considerando l’incidenza in cui la colecistite acuta si associa alla coledoco litiasi, sia negli studi precedenti che nel nostro studio ci si rende conto che questo problema ha dimensioni non trascurabili.

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La stragrande maggioranza dei lavori e degli studi effettuati con lo scopo di quantificare il problema e delineare un protocollo terapeutico univoco risalgono al periodo a cavallo tra gli ultimi anni 70 e i primi anni 80, in era pre-laparoscopica. Questi studi sottolineavano l’importanza di effettuare un esame radiologico intraoperatorio durante la procedura di colecistectomia open,al fine di ottenere una diagnosi certa e precisa di coledocolitiasi.Una volta fatto questo la clearance coledocica veniva effettuata in un solo tempo.

32-38

Oggi non solo mancano studi mirati sul problema, ma anche valutando i più

recenti studi sulla colecistectomia laparoscopica per colecistite acuta,

risulta difficile se non impossibile identificare l’incidenza di coledocolitiasi

associata e tanto meno il trattamento ideale da attuare.

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Infatti l’uso della diagnostica intraoperatoria durante gli interventi di colecistectomia laparoscopica in urgenza non viene applicato in modo sistematico e routinario. Negli studi concernenti il trattamento laparoscopico della colecistite acuta, l’atteggiamento nei confronti della colangiografia intraoperatoria è difforme: essa viene omessa di principio perché ritenuta complessa o inutile

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, oppure viene utilizzata con criteri selettivi nei pazienti in cui vi sia,una clinica suggestiva(ittero), alterazione dei parametri laboratoristici ( bilirubina diretta, fosfatasi alcalina) o degli esami strumentali (esami ultrasonografici).

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Solo raramente viene impiegata in maniera sistematica

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Nei casi in cui viene applicata sistematicamente però il suo utilizzo sembra più finalizzato alla prevenzione/esclusione di lesioni iatrogene dell’albero biliare, piuttosto che alla identificazione di calcoli coledocici.

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Nella nostra esperienza la colangiografia intraoperatoria è stata eseguita con successo in più del 90 % dei casi anche in presenza di un ambiente sottoepatico molto ostile, quale può riscontrarsi in caso di colecistite acuta.

Risultati simili si registrano anche in altri reports. Cox et al., in uno studio prospettico sulla colecistectomia laparoscopica per colecistite acuta riportano un successo dell’80% nell’esecuzione delle colangiografie intraoperatorie

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.

Nel nostro studio è stato ritenuto importante applicare questa metodica diagnostica in quanto ritenuta necessaria non solo per la prevenzione o l’identificare delle lesioni iatrogene dell’albero biliare (che rappresentano una delle complicanze più temute di questo interevento) ma soprattutto per l’individuazione della presenza di calcoli coledocici.

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Dall’analisi dei dati presentati si può notare quanto la diagnostica

preoperatoria, in caso di colecistite acuta, non sia estremamente precisa e

attendibile nella diagnosi di coledocolitiasi .

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Gli esami bioumorali di laboratorio suggestivi di colestasi risultavano alterati in solo il 76 % circa dei pazienti affetti da calcolosi del coledoco(falsi negativi 24%). Inoltre risultavano alterati anche in circa il 29

% dei pazienti che invece poi sono risultati non affetti da coledocolitiasi(falsi positivi). Analogamente se si considerano gli esami strumentali di diagnostica per immagini si nota che risultavano positivi solo nel 42 % dei pazienti portatori di calcolosi della via biliare principale(falsi negativi 58%) e che erano alterati anche nel 13 % circa di quelli con sola colecistite acuta(falsi positivi). Ciò avviene molto probabilmente perché le modificazioni strutturali e bio-umorali indotte dal processo flogistico acuto rendono i criteri di diagnosi per immagini di calcolosi della via biliare principale usati in elezione(es. ecografia) meno affidabili in urgenza.

Probabilmente, attuare l’ impiego sistematico e routinario della colangiografia intraoperatoria consente l’identificazione di un numero rilevante di calcolosi del coledoco, e pone quindi il dilemma di scelte terapeutiche importanti da prendere durante la procedura laparoscopica. Per molti chirurghi il riscontro di calcolosi del coledoco durante l’esecuzione di una colecistectomia laparoscopica in urgenza rappresenta tutt’ora una controindicazione al proseguimento della procedura mini invasiva, ovviamente insieme ad altri fattori ( grado di severità della flogosi colecistica, alla inceretezza anatomica, ed al sanguinamento intraoperatorio.)

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Se si applica l’algoritmo terapeutico che porta a convertire la

colecistectomia laparoscopica per colecistite acuta in caso di coledoco

litiasi, considerando che questa viene diagnosticata in circa il 15-20 %

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(23% nella nostra casistica ) dei casi, se ne deduce che circa un quinto dei pazienti viene convertito e privato dei vantaggi della tecnica mini invasiva.

Un’altra scelta terapeutica possibile e alternativa a quella sopra descritta potrebbe consiste nel portare a termine la normale procedura laparoscopica di colecistectomia e, solo in un secondo tempo e selettivamente, intervenire per via endoscopica.

Nel nostro studio, una volta diagnostica la calcolosi coledocica, si è scelto di trattare ambedue le patologie (colecistite acuta e coledocolitiasi) in un solo tempo prolungando per quanto possibile la procedura mini-invasiva e ciò ha consentito in circa il 71 %( 27 casi ) dei pazienti la bonifica della via biliare principale interamente per via laparoscopica. Nella maggior parte di questi (24 casi), la bonifica laparoscopica è avvenuta in maniera semplice e rapida tramite il dotto cistico utilizzando un catetere a cestello tipo Dormia.

I criteri richiesti per l’attuazione di questa tecnica sono un dotto cistico di calibro sufficiente o comunque dilatabile, calcoli coledocici con diametro che non superi il centimetro e non siano localizzati nel coledoco in sede prossimale rispetto allo sbocco del cistico nella via biliare principale.

La bonifica coledocica per via trans cistica offre il vantaggio di essere una procedura rapida ed efficace con bassa incidenza di complicanze e rapido recupero postoperatorio.

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In 2 pazienti la bonifica è avvenuta tramite una coledoco litotomia. Tra le opzioni di bonifica laparoscopica della VBP questa rappresenta una valida alternativa al trattamento per via transcistica.

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Tuttavia a differenza della procedura in elezione , in urgenza il legamento epato-duodenale e il coledoco stesso sono spesso interessati dal processo flogistico acuto. Cio’

rende complessa la preparazione del coledoco, la sua incisione e soprattutto

la sua sutura. In un solo caso si è optato per il trattamento combinato endo-

laparoscopico. Questa metodica, sebbene molto efficace richiede un

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notevole impegno organizzativo in termini di risorse strutturali, in quanto comporta un aumento dell’occupazione della sala operatoria , la necessità di disponibilità della strumentazione endoscopica e la presenza di un endoscopista .Inoltre è gravato dai rischi propri della metodica.

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Per questi motivi la bonifica con ERCP rendez-vous è stata utilizzata solo nei casi in cui non sia stata possibile la scelta delle altre opzioni di clearance (un solo caso nel nostro studio).

In definitiva, la scelta dell’accesso mini-invasivo al coledoco nelle situazioni di urgenza è stato lo stesso che comunemente adottiamo in chirurgia laparoscopica di elezione.

Globalmente confrontando i pazienti trattati per la sola colecistite acuta con quelli in cui è effettuata la clearance coledocica si nota che quest’ultima ha comportato apparentemente effetti svantaggiosi. I tempi operatori sono aumentati in media di circa 80 minuti , la degenza postoperatoria è quasi raddoppiata e anche il numero di conversioni è più elevato ( 7.3 % tra i pazienti con sola colecistite acuta e 28.9 % in quelli trattati anche per coledoco litiasi ).

Tuttavia la morbilità non presenta differenze significative tra i due gruppi.

Inoltre gli incrementi della degenza post-operatoria e dei tempi operatori non sono da ritenersi inaccettabili se si confrontano con quelli riportati in alcuni reports in cui si è trattato in un tempo la colelitiasi non complicata e la coledocolitiasi.

Meyer e coll per esempio,in uno studio in cui si eseguiva colecistectomia

per colelitiasi e sfinterotomia endoscopica in un solo tempo per via

laparoscopica, hanno registrato una degenza media di 4.6 gg e un aumento

dei tempi operatori di circa 60 minuti, valori che non si discostano di molto

da quelli ottenuti nel nostro studio.

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Trattando in due tempi, si riduce la durata dei tempi operatori e la lunghezza delle degenze relative all’intervento di colecistectomia. Tuttavia se a questi valori si sommano quelli relativi alla successiva procedura di bonifica endoscopica probabilmente le differenze si assottigliano. Inoltre vanno considerate le complicanze che gravano la bonifica endoscopica, e la loro incidenza.

In uno studio sulla bonifica endoscopica condotto da Schreurs e coll, si rilevano complicanze nel 8.3% dei pazienti trattati ( su tutte emorragia 3.6% , pancreatite iatrogena 1.4% e colangiti 1.4% perforazioni duodenali 0.4% e colecistiti 1.4%)

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, e una mortalità dello 0.4%. Si devono poi considerare tutte le situazioni in cui risulta molto difficoltoso eseguire una bonifica endoscopica. Ad esempio, nei pazienti che hanno subito una gastroresezione secondo Billroth II, la bonifica tramite sfinterotomia risulta difficoltosa a causa del non facile accesso alla papilla: Tai e coll. riportano tassi di successo non superiore al 62%. Altra condizione che mette in difficoltà la maggior parte degli endoscopisti è la presenza di diverticoli periampollari, reperto patologico non molto raro soprattutto nell’anziano, tanto che sempre Tai e coll. registrano una percentuale di successi del 78 %.

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. E’ quindi ipotizzabile in sintesi che la somma degli effetti indesiderati ossevati nei trattamenti sequenziali non sia inferiore a quella riscontrata per le due procedure condotte simultaneamente.

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Criticamente infine si puo’ discutere sulla effettiva necessità di esporre il

paziente ad effetti sfavorevoli per rimuovere delle formazioni litiasiche il

cui destino naturale potrebbe essere quello di essere eliminati

spontaneamente e silentemente nel tratto intestinale, soprattutto se di

dimensioni ridotte. Secondo Ammori e coll questa evenienza è possibile

soprattutto per calcoli di diametro uguale o inferiore a 5 mm.

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Collins e

coll. hanno recentemente osservato che tale evento si verifica in un 26% dei

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pazienti, entro 6 settimane dalla diagnosi, indipendentemente dal numero e dalle dimensioni dei calcoli come pure dalle dimensioni del coledoco.

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Queste osservazioni sono state fatte però su pazienti operati in elezione con una clinica silente per ambedue le patologie.

In caso di colecistite acuta a partire dalla colecisti la propagazione della flogosi acuta può interessare il coledoco e la coledocolotiasi a sua volta facilitare e mantenere una condizione di colangite. Inoltre le modificazioni strutturali di parete del coledoco dopo colangite acuta consensuale a colecistite acuta potrebbero ostacolare il passaggio spontaneo di calcoli attraverso la papilla. Sembra poi molto difficile poter stabilire con sufficiente attendibilità se i segni di infezione, pressoché costanti nel quadro clinico di questi pazienti, siano da attribuirsi esclusivamente al grado di flogosi della colecisti o trovino una loro motivazione anche nel contesto di una eventuale colangite sostenuta dalla coledocolitiasi associata. In altri termini non si può avere la certezza assoluta che la sola rimozione della colecisti flogosata, lasciando intatti i calcoli nel coledoco, sia sufficiente a controllare l’infezione biliare.

Nell’impossibilità di attribuire il mantenimento della sintomatologia infettiva all’una, all’altra o ad ambedue le condizioni patologiche sottostanti, è da ritenere corretto trattare allo stesso tempo la colecistite acuta e la coleodocolitiasi .

In definitiva, il trattamento simultaneo della colecistite acuta e della coledocolitiasi sembra offrire, almeno concettualmente, alcuni vantaggi di strategia :

1) Il trattamento simultaneo non richiede una seconda procedura che

seppure endoscopica non sempre è attuabile, talvolta fallisce ed è

gravata da proprie complicanze.

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2) Il trattamento simultaneo mira a rimuovere calcoli coledocici che potrebbero avere un ruolo essenziale nella condizione settica del paziente e che non sempre sono destinati a migrare spontaneamente in duodeno.

Infine, poiché in una buona parte dei casi il trattamento simultaneo può

essere condotto in sicurezza per via laparoscopica, molti pazienti riescono a

beneficiare anche dei vantaggi offerti dalle procedure mini-invasive.

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