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FONDENTE. L arte nasce per unire e comunicare e Fondente ne è piena espressione.

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Academic year: 2022

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FONDENTE

Fondente è un progetto creato da Niccolò Mannini di Galleria d’Arte La Fonderia assieme a Giulia Filippini ed Alessandro Tortora allo scopo di valorizzare le eccellenze del territorio attraverso l’arte contemporanea e realizzare un network di artisti, aziende, istituzioni, collezionisti, studiosi e appassionati che generi valore condiviso e opportunità attraverso arte e cultura. La mission di Fondente, infatti, è quella di progettare e realizzare iniziative artistiche, attività formative e divulgative che favoriscano incontro, interazione e scambio.

L’arte nasce per unire e comunicare e Fondente ne è piena espressione.

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WHATSART

2021

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WHATSART

Whatsart è un bando ciclico aperto a tutti gli artisti emergenti. Ogni edizione si ispira ad un tema specifico che caratterizza il territorio e la sua storia e che ogni artista partecipante indaga e reinterpreta. Gli artisti selezionati espongono in una mostra collettiva presso Galleria d’arte La Fonderia a Firenze. Una giuria di esperti e professionisti del settore seleziona l’artista vincitore al quale Galleria d’arte La Fonderia dedica una mostra personale.

Whatsart 2021

Whatsart 2021 ha avuto come tema “profumo: tra scienza e arte”. Le iscrizioni al bando sono state aperte dal 1 al 14 marzo 2021 e sono stati selezionati 18 artisti, ognuno dei quali ha realizzato un’opera ispirata al tema di riferimento. Dall’8 al 22 maggio 2021 si è tenuta la mostra collettiva in Galleria d’Arte La Fonderia e sabato 15 maggio una giuria di esperti ha decretato il vincitore.

I giudici:

 Alessandro Baldanzi, docente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze;

 Teo Cavallini, fondatore e presidente del Centro Studi Sauro Cavallini;

 Fulvio Cervini, storico dell’arte e docente dell’Università degli Studi di Firenze;

 Giovanni Cipriani, docente dell’Università degli Studi di Firenze e membro dell’Accademia delle Arti del Disegno;

 Riccardo Nicoletti, stimato collezionista di arte contemporanea.

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IL TEMA

Profumo: tra arte e scienza

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Il profumo è qualcosa di impalpabile, di delicato, di sopraffino. Il profumo può avere molte facce, può essere molte cose, il tutto e il niente. Da dove cominciare allora?

Come ci descrive nel suo Alla ricerca del tempo perduto, Marcel Proust ricorda attraverso il profumo di una madaleine un episodio del suo passato, quella fragranza aveva rievocato nella sua mente lontani ricordi. Un profumo, un odore, una sensazione. Era bastato poco per far riaffiorare ricordi lontani, il semplice senso dell’olfatto. Semplice, incredibile, complicato.

La percezione aveva affascinato un altro grande della storia, un altro Marcel. L’artista visionario Duchamp che nel 1921 realizzò un’opera legata al profumo: Belle Haleine, Eau de Voilette, una boccetta di profumo Rigaud alla quale l’artista aveva cambiato l’etichetta con una rappresentante Rrose Sélavy, il suo stesso alter ego femminile, fotografato dall’amico Man Ray. Ma oltre a questo Duchamp aveva aggiunto il concetto al quale era più legato: la percezione. Belle Haleine deriva infatti dal modo di dire francese “de long haleine”, di lungo respiro, che ci rimanda proprio al suo infra-mince, infrasottile: rappresentare qualcosa che potesse richiamare altro con la sua sola presenza. Rendere visibile in modo lirico. Una candela appena spenta, il vapore di gocce d’acqua, un fiore appassito, il fumo di una pipa. Quel fugace istante che ci fa percepire l’accaduto, un gesto, un sapore, un odore. L’estremo stesso della percezione.

Tutto passa attraverso la percezione ma tutto passa anche attraverso la natura nella quale troviamo quelle che sono le essenze perfette per la realizzazione di veri e propri profumi.

Se pensiamo a Firenze non possiamo non andare subito con la mente nelle officine di santa Maria Novella o di san Marco nelle quale i monaci preparavano i loro impiastri che sono arrivati fino a noi, tramandandoci una storia raffinatissima. Già nel XII secolo i domenicani preparavano infusi, elisir, pomate che dovevano servire principalmente come disinfettanti e dai quali si sarebbero poi sviluppati i profumi che tutt’oggi deliziano il nostro olfatto. Per realizzarli, le due farmacie si servivano dello stesso giardino dei semplici, quello che oggi conosciamo come orto botanico, anche se la realizzazione vera e propria della farmacia di santa Maria Novella si ebbe solo nel 1612 grazie al granduca Ferdinando II de Medici. Più di quattro secoli di storia che oggi possiamo ammirare anche nel grande giardino attiguo a villa la Petraia dove si coltivano ancora piante ed arbusti i cui distillati servono per allietare i nostri nasi.

Basta spostarci di poco per trovare un altro pezzo di storia riconducibile al nostro tema, il profumo.

A poca distanza, nella real villa di Castello, non possiamo far a meno di ricordare Caterina Sforza, madre di Giovanni dalle Bande Nere, capostipite del ramo mediceo che darà i natali al grande Cosimo I de Medici.

Caterina, signora di Imola e contessa di Forlì, che osò sfidare Cesare Borgia e sua padre papa Alessandro VI, si ritrovò infine a Firenze, avendo contratto matrimonio con Giovanni De Medici detto il Popolano. Qua condusse una vita ritirata occuparsi, fra l’altro, di erboristeria, cosmetica e alchimia, cosa che diede vita al famoso Ricettario di bellezza, un insieme di formule, esperimenti e ricette che servivano per mantenere una bellezza intatta attraverso l’uso di unguenti e profumi.

Tradizioni antiche, quindi, ci lasciano a bocca aperta se apriamo la porta al profumo.

Tanto antiche quanto moderne. E se vogliamo andare avanti nella storia non possiamo non parlare di quei grandi artisti che hanno rielaborato il concetto di profumo. Come abbiamo già visto Duchamp, il suo infrasottile e il suo Eau de voilette, il profumo più costoso al mondo essendo battuto all’asta da Christie’s per quasi 9 milioni di euro. Ma già il surrealista Salvador Dalì aveva realizzato la sua boccetta di profumo: a forma di labbra sormontate da un naso che altro non è che il tappo. E continuando troviamo Andy Warhol, il grande artista della pop art, con la sua celebre serie di Chanel n. 5, le stampe che rappresentano la famosa boccetta di profumo Chanel che quasi

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sembra sfumare su quei colori innaturali ed evanescenti, a simboleggiare quella merce di consumo tanto desiderabile quanto inarrivabile.

E allora come non ricordare che quel profumo per eccellenza, quel francese Chanel n. 5, altro non è che il risultato di una lunga storia che proviene proprio da Firenze? Perché è dalla nostra città che il profumo fu portato alla corte di Francia, diventandone poi un perno centrale e da tutto il mondo invidiato, proprio da una donna fiorentina, Caterina de Medici, regina di Francia, La regina madre, avendo dato alla luce tre di quelli che saranno sovrani della corona francese.

Nelle corti della penisola il profumo era abitualmente indossato da dame e nobildonne, tanto che Caterina non volle privarsene, infatti quando dovette trasferirsi in Francia decise di portare con lei il proprio profumiere di fiducia, Renato Bianco, René le Florentin che formò la prima classe profumiera di Francia. E forse sarà un caso se proprio in questa terra viene ambientato il macabro romanzo che vuole trovare il profumo perfetto, perfetto perché essenza di donna.

Perché il profumo non è solo quello che indossiamo ma ci appartiene a prescindere, che sia fragranza o sia olezzo, sempre di percezione olfattiva si tratta.

Non a caso il simbolo stesso di Firenze è un fiore, l’iris, il giaggiolo. Firenze si prende cura di lui con un giardino alla destra di piazzale Michelangelo, il giardino dell’iris, dove in circa due ettari e mezzo di terreno si trovano varie specie di questo particolare fiore. Dall’altra parte del piazzale, verso ovest, si estende invece un altro giardino che oltre ad allietare la vista allieta anche l’olfatto: il giardino delle rose. Qua si possono ammirare notevoli varietà di rose fra cui molte antiche.

Percorrendo le strade di Firenze non si possono che sentire quelli odori che da sempre caratterizzano la città, le sue abitudini ed i suoi lavori.

Passando dalle rive dell’Arno si potranno notare le peschiere mentre nei vicoli attorno a san Lorenzo non si potrà fare a meno di sentire quell’acuto odore di pelle e cuoio che ha tradizioni antiche in città avendo dietro alla chiesa di santa Croce la sua pregiata scuola.

Parlando di strade non possiamo che citare l’episodio che ha fatto sì che Ponte Vecchio si riempisse di bellissime botteghe orafe. I beccai, cioè i macellai, prima spostati proprio sul ponte per non maleodorare i vicoli cittadini con la lavorazione delle carni e i loro scarti, con la costruzione del Corridoio Vasariano vennero nuovamente spostati sia per rendere la zona più decorosa sia per lo stesso problema dell’odore. Percorrendo il Corridoio Ferdinando I De Medici non voleva più sentire quell’odore così sgradevole.

E quindi non mancano i mercati con i loro profumi, da quello di sant’Ambrogio a quello centrale, ospitato nell’edificio dell’epoca del Risanamento, quando Firenze era capitale.

Qua, a pochi passi, si trova un’antica casa nobiliare, oggi museo di casa Martelli, che al suo interno presenta un particolare dipinto della famiglia riunita nelle proprie stanze a bere in delle tazzine ben specifiche, le chicchere. Il dipinto seicentesco vuole rappresentare la famiglia al meglio e, fra le altre cose, facendo vedere come bevessero della cioccolata calda, bevanda molto costosa per l’epoca. E se non è invogliante l’odore di una cioccolata calda, che cosa lo è? E il cioccolato a Firenze ha una storia tutta particolare, di morbide torte e gustosi cioccolatini. E se ci chiedete il gusto, noi vi rispondiamo una cosa sola: Fondente!

Giulia Filippini

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LA VINCITRICE

Cristina Materassi

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CRISTINA MATERASSI

La ricerca di Cristina Materassi parte dal concetto di paesaggio, dalla ricerca di elementi conosciuti nel mistero di uno spazio ignoto, si crea una nuova geografia, una sconosciuta mappa fatta di frammenti di paesaggi, nuovi, vecchi e immaginari. La terra su cui lasciamo tracce di ogni nostro passaggio per l’artista rimanda alla possibilità di aprire una nuova strada, di ricordare passi già fatti o scene già vissute, esclusivamente vivendone delle nuove.

Fioritura, infatti, è un percorso, è un insieme di immagini che danno vita ad un paesaggio: solo grazie al ricordo di passi già fatti, di odori già sentiti, di momenti già vissuti, possono esistere nuove esperienze e si può dar vita a nuovi percorsi.

Il profumo si lega inevitabilmente al ricordo perché fa rivivere tutto ciò che ha avuto importanza nel nostro passato, tutte quelle esperienze che non sono più solo ricordi ma sfumature che ci permeano l’animo. Allo stesso tempo il profumo deriva ineluttabilmente dalla terra, quella terra sulla quale lasciamo tracce, come percorsi che si fanno strada grazie a immagini, ricordi e sovrapposizioni.

“Tutto ruota attorno a ricerche spaziali e relazionali. Non si può ignorare il paesaggio, appartiene all'esistenza degli uomini, è il luogo delle relazioni e allo stesso tempo relazione. E non si tratta di rapporti gerarchici tra le cose, ma piuttosto di un gomitolo che crea nodi e forme.”

Cristina Materassi

Cristina Materassi, Fioritura, collografia, polimaterico e tecnica mista su tavola, 31,5 X 41,5 cm

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GLI ARTISTI

partecipanti 2021

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FRANCESCO BIDETTI

Gli acquerelli sono il segno distintivo di Francesco Bidetti, che gioca con i colori in tutte le loro sfumature. I suoi disegni raccontano di personaggi fantastici che sono sempre i protagonisti di un’appassionante storia tutta da scoprire.

Nella sua opera Esperienza Francesco Bidetti interpreta il profumo come linfa di vita. Il personaggio rappresentato è una fantasia, un sogno che si lega al territorio circostante, alla natura, grazie al suo braccio-radice. Dal suo cuore, invece, arriva la linfa e lui ne conserva gelosamente ogni singola goccia di profumo.

“I miei acquerelli rappresentano viaggi onirici immersi nel gioco e nell'intensità dei colori.”

Francesco Bidetti

Francesco Bidetti, Esperienza, acquerello su carta cotone, 45x30 cm

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IRENE BULLETTI

L’arte di Irene Bulletti è sempre di grande impatto, con colori e sfumature che enfatizzano idee precise ed emozioni forti.

Nella sua opera Profumo Irene Bulletti rappresenta l’essenza come un dono invisibile che cattura la nostra attenzione e innalza i nostri sensi verso la purezza ma anche verso il più segreto fascino femminile. Il gesto evocativo delle mani che custodiscono qualcosa di prezioso e nello stesso tempo lo donano, fa anche pensare al dono dei tre Magi, Melchiorre, Gaspare e Baldassarre, che sotto la guida della Stella arrivarono a Betlemme e portarono in dono a Gesù Bambino oro, incenso e mirra. Nel dipinto questi profumi vengono richiamati dai colori che, intensi e palpabili, divengono

“profumo della bellezza”.

“Non dimenticare che dare gioia dà anche gioia.”

Friedrich Nietzsche

Irene Bulletti, Profumo, tecnica mista su carta intelata, 50x70 cm

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RICCARDO CALEFFI

Riccardo Caleffi, marcando il disegno con tratti ben delineati, linee dritte e colori saturi e intensi, ha la capacità di mescolare generi e stili per creare qualcosa di completamente innovativo. Le sue opere raccontano di non-luoghi, di assenza di tempo, del coraggio di guardare dentro il proprio io, dentro la profondità interiore.

Nella sua opera √ della coscienza mette a confronto due figure: l’arte e la scienza, lo stesso potente connubio del profumo. Le due figure si scrutano, sono lontane ma, nello stesso tempo, sono compagne di viaggio: bramano la conoscenza, l’essenza. I personaggi, le linee dritte, i colori forti, tutto nell’opera di Caleffi ci porta ad assaggiare un’emozione rara, una ricerca costante, un profumo inaspettato.

“L'arte è per me circoscrivere spazi per creare un non luogo. È assenza di tempo. È espressione dell'io più profondo, fatto di lunghi silenzi e intimi pensieri.”

Riccardo Caleffi

Riccardo Caleffi, √ della Coscienza, acrilico e inchiostri su tela, 70x50 cm

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SILVIA CRIPPA

Il processo creativo di Silvia Crippa parte dallo studio e dalla ricerca di immagini di alto valore che ritrova in riviste e giornali ma anche in sue foto che stampa su carta da lucido. Questa ha l’obiettivo di dare quell’effetto di sfumato che conferisce alle figure una nuova vita. Una volta individuate le immagini, le scritte, e tutto ciò che la ispira, Crippa le ferma su un supporto in cartone molto spesso che ha la caratteristica di mostrare la sua anima.

Per l’opera Skin, Crippa ha preso ispirazione da un’antica statua di Villa Litta, antica residenza nei pressi di Milano, che con la sua nudità dimostrava una sensualità spontanea, delicata così come il profumo è intriso di sensualità.

I ritagli che fanno da sfondo all’immagine della statua non sono casuali ma hanno una funzione grafica ed alcuni danno risalto al tema di riferimento, in questo caso il profumo, come la stampa del frontespizio di un antico volume sull’ars profumatoria.

“Il vero viaggio, la vera scoperta non consiste nello scoprire nuovi territori, ma nell’avere nuovi occhi.”

Marcel Proust

Silvia Crippa, Skin, stampa e tecnica mista su cartone, 20x20 cm

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DAVIDE DI VETTA

Davide Di Vetta è un fine artista che dipinge sapendo ascoltare il proprio io interiore, il mondo che lo circonda ed il mondo onirico.

Per la sua opera Profumo: III Millennio, Di Vetta ha seguito una retorica onirico-surrealista ispirata alle cromie notturne di Osvaldo Licini, realizzando nella sua opera una parte pittorica ad olio su tela di canapa ed una parte materica.

Nella parte pittorica possiamo riconoscere sia il sogno, attraverso l’immagine della notte stellata che veglia sul mare, archetipo dei moti dell’animo, sia il profumo, dato dall’immagine della rosa- calice, duplice simbolo del concetto di profumo: quello naturale del fiore e quello creato dall’uomo del vino.

La parte materica, invece, realizzata tramite una colata di cemento, ingloba e sorregge l’opera e rappresenta l’antitesi moderna del concetto di profumo. Al suo interno si trovano plastiche e cicche di sigaretta ad identificare tutto lo smog delle città, l’essenza del mondo contemporaneo.

L’opera vuole quindi esaltare l’idea del profumo ma anche il suo esatto opposto, la parte aromatica e quella d’olezzo, tutte le fragranze della vita.

“L'artista dopo che ha lavorato deve sentirsi stanco, eccitato, qualche volta felice e quasi sempre insoddisfatto!”

Giacomo Balla

Davide Di Vetta, Profumo: III Millennio, olio su tela preparata e cemento, 65x40 cm

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GATRILLO

La pittura di Gatrillo è naturale, fluida, piena di respiri e sensazioni. La sua arte si nasconde in brevi movimenti che rimangono impressi nella tela e nelle emozioni. La ricerca costante delle sensazioni, anche quelle più nascoste e ormai lontane: l’emozione dei grandi artisti del passato, la vita nei loro studi, il profumo delle loro opere.

Gatrillo si è lasciato ispirare dal profumo che riporta a ricordi lontani nella memoria, che fa riaffiorare sensazioni. Così ha voluto far rivivere le emozioni di uno studio d’artista di una Firenze passata, di un’opera che si impregna di colori ed odori definiti dall’ambiente circostante. La sua opera vuole tingersi del passato, di ricordi, di luoghi, del profumo che muta in ognuno di noi.

“Quando l'astratto si fa opera... la realtà pensata diventa verità.”

Gatrillo

Gatrillo, Senza titolo, acrilico su carta da parati intelata, 50x70 cm

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ETTORE GIACCARI

La ricerca artistica di Ettore Giaccari è da sempre influenzata dal mito: i suoi colori ad olio si legano alla storia mitologica in un turbinio di emozioni.

Per Selenes Essentia Ettore Giaccari si ispira alla storia della mitologia greca di Selene che, innamorata del pastore Endimione, chiede a Zeus di farlo cadere in un sonno eterno così che non possa più invecchiare ma per sempre stare in sogno con la dea della luna, piena come il grembo fecondo di una donna. La figura rappresentata distesa sull’acqua interpreta la sensualità femminile che evoca non solo le passioni ma anche la maternità: il profumo della vita.

La percezione del profumo non è solo conseguenza dell’olfatto ma anche di un ricordo, di un’immagine, di un sapore, di qualcosa di proprio, di profondo che richiama all’essenza stessa delle emozioni.

“Nella mia mente cadono come gocce frammenti di luna che avvicina e allontana maree di cristallo.”

Ettore Giaccari

Ettore Giaccari, Selenes Essentia, olio e collage su tela, 50x70 cm

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DANIELE GIANNETTI

Il processo artistico di Daniele Giannetti parte sempre da ricerche personali su aspetti sia scientifici che alternativi. Il suo lavoro è legato alla terra e al profondo legame fra uomo e natura.

La sua opera Phyllotaxis si lega intimamente al suo percorso sui mandala, simboli visivi utilizzati nella meditazione visiva, in quanto sono essi stessi una costruzione geometrica di punti e linee, piani e solidi e per questo simboleggiano il nostro universo. Le sue opere si presentano come Yantra moderni con geometrie derivate da antichi simboli sacri, ricerche scientifiche e geometrie della Natura. Ed è proprio in questa che Giannetti ritrova la costruzione geometrica, come nella fillotassi che studia la disposizione delle foglie delle piante. Infatti, il termine “Phyllotaxis” deriva dal greco phyllon, foglia, e taxis, ordine: la sequenza nella quale spesso si sviluppano le foglie è quella della successione numerica di Fibonacci, la sezione aurea.

L’opera, inoltre, si apre alla terza dimensione attraverso i suoi fori che danno l’impressione di celare del polline e con esso il profumo.

“La mia pratica artistica ruota intorno alla mia ricerca sulla connessione profonda tra l’uomo e la natura. […] Le mie materie prime sono la spiritualità, la geometria e la vibrazione.”

Daniele Giannetti

Daniele Giannetti, Phyllotaxis, acrilico e buchi, 50x50cm

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LIBER, VITTORIO VENTURINI

L’arte di Vittorio Venturini, in arte Liber, è qualcosa di completamente nuovo. Attraverso l’uso di scarti di produzione, di libri e riviste pronti per il macero, l’artista riesce a creare qualcosa di diverso, di esplosivo, un linguaggio nuovo che dalla distruzione si fa rinascita. Sensibile ai temi della sostenibilità, sceglie di utilizzare solo materiali di risulta, in questo modo cartone, tela, inchiostro, carta e colla vanno a creare nuove immagini, nuove forme diafane che la mente rilegge e ricompone.

E-senza di parole è, infatti, un’opera che nasce dalla distruzione perché utilizza materiale pronto per il macero ma che invece viene reinterpretato e portato a nuova vita. Le pagine scritte perdono il loro primo significato per acquisirne un altro. In questo modo ciò che aveva un senso compiuto etimologicamente e semanticamente, adesso ne acquista un altro: si rivela la storia della materia e le texture generate da tagli e fresature diventano un nuovo racconto nel quale, nonostante un dolore, il taglio, si è generata una nuova vita, più potente, incisiva e piena del profumo delle parole. L’immagine che traspare dalla resina è quella di libri tagliati ed il profumo diventa quel mix di carta, inchiostro e colla che richiama alla memoria la parola scritta, la stessa parola che risveglia nel subconscio ricordi ed immagini, proprio come fa il profumo.

“Nel tempo della comunicazione liquida il discorso diventa segno da decifrare, i libri un'immagine diafana, della parola si percepisce solo il profumo.”

Liber, Vittorio Venturini

Liber - Vittorio Venturini, E-senza di parole, polimaterico, 33x48 cm

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MATTIA MANCOSU

L’uso sapiente dei colori da parte di Mattia Mancosu fa vibrare l’anima di chi guarda i suoi dipinti.

Questo vuole trasmettere nelle sue opere, sensazioni che vengono dal profondo, che si incastonano perfettamente nella sua pittura astratta.

Ignis, dal greco fuoco, vuole essere un’opera onirica intimamente legata all’essenza del profumo.

Mancosu indaga questo tema partendo dall’etimologia della parola “per fumum”, attraverso il fumo, visto che i primi aromi erano ricavati da piante aromatiche, carcasse di animali o incensi bruciati. E per bruciare serve fuoco, “ignis”, qua rappresentato in tutte le sue manifestazioni: la fiamma rossa, la carbonizzazione nera, i vapori fluttuanti nella parte alta dell’opera. Nella tela stessa è impressa l’idea della vaporosità del profumo sia che si pensi ad una foresta in fiamme che ad un semplice fuoco che brucia.

“Se i quadri si potessero spiegare e tradurli in parole, non ci sarebbe bisogno di dipingerli.”

Paul Courbet

Mattia Mancosu, Ignis, tecnica mista su tela, 50x70 cm

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CRISTINA MANGINI

Il linguaggio artistico di Cristina Mangini nasce da una continua ricerca e profonde riflessioni.

Artista concettuale che nella sua ultima serie “Spazio Prossemico” indaga lo spazio come distanza, soprattutto in riferimento agli ultimi accadimenti che hanno costretto il mondo a cambiare il modo di vivere le proprie relazioni, il proprio spazio. A questo si aggiunge l’amore per la natura, bene prezioso da proteggere.

La prossemica è lo studio dello spazio e delle distanze come fatto comunicativo, infatti, analizzando come le persone si relazionano fra loro, acquisisce informazioni sul tipo di rapporto che esiste fra i vari interlocutori. In questo momento storico lo spazio di azione interpersonale è cambiato, le persone si sono dovute adeguare ad un confine fra se stessi e gli altri. Questo confine è rappresentato in Profumo dalla circonferenza, resa ellisse per ottenere una giusta prospettiva.

Grazie all’uso del disegno e del colore, la figura in piedi col mazzolino di fiori evoca la sensazione di contatto con la natura e la percezione del profumo.

La serialità dei soggetti delle sue opere rievocano emozioni e smuovono moti interiori. Elemento chiave che unisce la sua arte è la rappresentazione del tempo: perpetuo e infinito.

Cristina Mangini

Cristina Mangini, Profumo - serie Spazio Prossemico, pastello su carta, 21x30 cm

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CRISTINA MARIANI

Cristina Mariani realizza opere uniche grazie all’antica arte della tessitura: le fibre naturali vengono fuse con concetti e temi sempre diversi, portando alla luce emozioni e sensazioni istantanee.

Per Solve et Coagula Mariani si è ispirata a Caterina Sforza, appassionata sperimentatrice e scrittrice del codice contenente ricette di cosmesi, profumeria, medicina e chimica chiamato

“Experimenti de la Ecc.ma Signora Caterina da Furlj” dal quale ha ripreso esperimenti e materiali per la tintura naturale delle fibre come allume di rocca, radice di robbia tintoria, rose, cipolla, edera e ortica. Lo stesso nome dell’opera, solve et coagula, riprende il celebre motto alchemico che vede nella trasformazione la chiave della conoscenza. Una trasformazione non solo della materia ma anche dello spirito, i quali si fondono in perfetta unione ed equilibrio.

Anche la scelta cromatica dell’opera non è casuale ma riprende i colori ricercati dal “Ricettario di bellezza” di Caterina: il bianco per il viso e le mani, il rosa per il colorito della pelle, il giallo per i capelli biondo grano. Allo stesso tempo questa triade di colori indica le tre note olfattive che compongono un profumo: di testa, di cuore e di fondo.

“La tessitura è ritualità; attraverso la ripetizione di gesti, lentezza e attenzione io abito il tempo.”

Cristina Mariani

Cristina Mariani, Solve et Coaugula (per Caterina Sforza), lino, filo dorato, tintura naturale, tessitura a mano, 50x70 cm

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CHIARA NANNELLI

Nelle sue opere Chiara Nannelli crea turbinii di colori, pennellate forti che evocano momenti, emozioni e sensazioni contrastanti. Ci si imbatte in furori e calme, fuochi ed acque, il tutto intriso del profumo della libertà, della giovinezza e dei sogni appesi al cuore.

Nella sua Aestate vespera Chiara Nannelli ci regala un’emozione di libertà, una sera d’estate come ci ricorda il titolo dell’opera. Partendo da quello che stiamo vivendo in questo preciso momento storico, Nannelli vuole far ricordare e rivivere quella spensieratezza che abbiamo abbandonato, quell’odore di follia e di sogni che si viveva nelle affollate serate estive. Un ricordo di quella pienezza di vita che profumava solo di libertà.

In particolare il ricordo dell’artista deriva da quei profumi pieni che viveva nelle estati alla casa al mare dei nonni, come i profumi che ricorda Steinbech nel suo “La valle dell’Eden” perché la memoria degli odori è molto tenace.

“Un paesaggio che inizia dove il visibile si interrompe; si estende attraverso luoghi sospesi negli occhi di chi non vede, ma ricorda, ne attraversa i confini, oltre i profili alberati dei colli che li nascondono, consentendomi solo di immaginarli, che inafferrabili sfuggono alla mia vista;

immobili.”

Chiara Nannelli

Chiara Nannelli, Aestate vespere, olio su carta applicata su tavola, 70x50 cm

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MIRIAM POGGIALI

Miriam Poggiali attua una ricerca che parte da concetti e pensieri profondi, radicati nel vivere quotidiano.

Per la sua opera Il profumo di un viaggio l’artista si è lasciata ispirare dal ricordo di un viaggio, da quelle sensazioni, immagini e colori che rimangono impresse lasciando un segno indelebile, una memoria del vissuto. Per Poggiali il viaggio è quello in Iran e il profumo principale quello dello zafferano, spezia che ha una storia antica e che si ritrova anche nella campagna toscana. L’opera lignea, infatti, è colorata utilizzando lo zafferano puro come nelle antiche tavole della tradizione fiorentina e com’è descritto da Cennino Cennini nel suo Libro dell’Arte che ci ricorda anche come, essendo fotosensibile, il colore dello zafferano tende a perdere nel tempo il proprio vigore. Questa caratteristica lo lega inevitabilmente al profumo che smuove un ricordo, lascia una traccia, un pensiero. Sul legno di tiglio è poi inciso lo stesso fiore dal quale si estraggono i pistilli dello zafferano, così da non perderne mai l’idea del profumo. La tecnica dell’intaglio, poi, richiama nuovamente l’Iran e gli intagli decorativi, floreali o geometrici che si ritrovano in molti oggetti del mercato della città di Esfahan, dove la stessa Poggiali ha vissuto.

“L'opera vive degli sguardi di chi la osserva.”

Miriam Poggiali

Miriam Poggiali, Il profumo di un viaggio, incisione su legno e pigmento, 20x20 cm

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FRANCESCA ROSSELLO

La ricerca artistica di Francesca Rossello parte sempre da una profonda osservazione della natura per creare un proprio linguaggio pieno di esperienze, pensieri e sensazioni.

Per la sua opera Iris, Rossello si è lasciata ispirare dalla sua terra di origine, la campagna Toscana, dalla quale ha colto il fiore più rappresentativo: il giglio. Per il simbolo di Firenze, da un punto di vista botanico, si fa sempre riferimento allo stesso fiore e cioè l’Iris che cresce spontaneo nelle colline intorno alla città, anche se questa particolare specie vegetale è in estinzione e l’opera vuole quindi esserne testimonianza.

Celebrando Firenze attraverso il suo simbolo, un fiore, Rossello vuole evocare anche la sua lunghissima tradizione profumiera. La poetica dell’opera vibra nei solchi incisi nell’ottone e di cui possiamo ammirarne la maestria e quell’emozione che ci pervade di profumo.

“Là dove il verde si fonde con il cielo, ho iniziato a vedere.”

(Monte Spazzavento, Vecchiano) Francesca Rossello

Francesca Rossello, Iris, incisione su ottone, 50x70 cm

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SANTHIAGO

Con la sua arte Santhiago riesce sempre a trasmettere un messaggio, a dire più di quello che vediamo. La sua ricerca abbraccia temi quotidiani, reali, forti, che ci fa percepire sempre più importanti e vicini.

Per la sua opera Ecstasy Santhiago ci porta ad immergerci in tutte le emozioni della natura utilizzando, fra l’altro, materiali come muschio, licheni delle renne, legno ed incensi; racchiudendo tutto in una teca che nelle sue imperfezioni rivela i suoi pregi e ci fa esplorare un profumo inaspettato. Lo scopo dell’artista è quello di farci vivere l’emozione della natura, quello stato di estasi che si prova immergendosi in un bosco, odorando il suo profumo selvaggio. E nonostante l’uomo, tra inquinamento e disboscamenti, stia piano piano distruggendo la natura, questa non smette di stupirci e regalarci quel profumo che ci fa sentire vivi, che ci inebria di emozioni diverse e mutevoli. Queste sensazioni sono catturate nell’opera attraverso i colori: il giallo per il sole, la luce, la positività; il verde per la natura, la libertà, l’equilibrio; il turchese per l’acqua, la purezza, l’evoluzione; blu indigo per la serenità, l’introspezione, la calma; il lampone per la terra, le radici, la stabilità.

La teca di plexiglass, inoltre, vuole simboleggiare uno stato di assoluto isolamento dal mondo esterno e dai nostri stessi pensieri: un momento intoccabile, a tu per tu con noi stessi e con la testa inebriata del solo profumo.

“L'arte è l'unica cosa che riesce a farmi uscire dalla realtà e far sì che io possa crearmi un mondo dove sto semplicemente bene.”

Santhiago

Santhiago, Ecstasy, polimaterico e plexiglass, 50x50x50 cm

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FEDERICO SEVERINO

Per Federico Severino l’opera artistica non è solo un oggetto fatto di materia e colore, ma un’opera completamente sensoriale, il linguaggio visivo non può prescindere dalla componente olfattiva e per questo un dipinto e un profumo, in realtà, condividono molti aspetti.

La sua opera Breath è realizzata con la tecnica del pastello ad olio, scelta non casuale in quanto l’opera, così leggera, delicata ed evanescente, riesce ad introdurre in una nuova dimensione, in quell’essenza del non visibile che è la percezione, così come la presenza labile della percezione di una fragranza con le sue tante note olfattive.

Per entrare davvero nell’opera bisogna avvicinarsi, mettersi quasi a contatto di quel lieve e graduale passaggio cromatico delle tinte rosate che si dissolvono appena si sposta leggermente lo sguardo verso l’alto. Bisogna provare a cogliere ogni sottile sfumatura cromatica.

“L'arte è armonia. L'armonia è l'analogia degli opposti, l'analogia delle somiglianze di tono, di tinta, di linea che tengono conto di una dominante e sotto l'influenza dell'illuminazione, in combinazioni allegre calme o tristi.”

George Seurat

Federico Severino, Breath, pastello ad olio su carta intelata, 65x45 cm

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SPAZIO IN CERCA D’ARTISTA

2021

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SPAZIO IN CERCA D’ARTISTA

Spazio in cerca d’artista è un concorso dedicato agli artisti emergenti che realizzano opere a tutto tondo. Il bando è stato aperto dal 15 al 28 marzo 2021 compreso e il 5 aprile 2021 è stato annunciato il vincitore che ha esposto l’unica opera scultorea o installativa al centro della mostra collettiva di Whatsart, dall’8 al 22 maggio 2021 presso Galleria d’arte La Fonderia.

La vincitrice dell’edizione 2021 è stata Giulia Spernazza

Giulia Spernazza, L’essenza di te, carta giapponese e cera paraffina, cm 30x35x25 cm

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GIULIA SPERNAZZA

“Il mio lavoro ha sempre avuto una forte propensione all’essenzialità della forma e alla delicatezza del colore. In tal senso, la lezione di Morandi e Giacometti è stata fondamentale. Fondendo il linguaggio pittorico e quello scultoreo, con lo sguardo rivolto ai grandi maestri dell’Arte concettuale, ho iniziato ad utilizzare la carta e il tessuto per creare forme tridimensionali semitrasparenti e leggere tese a trascendere la forma attraverso la materia. Non posso non aggiungere che l’evoluzione del mio lavoro è intimamente legata al mio percorso interiore e spirituale che, in arte, si traduce in una ricerca di estrema sintesi formale, armonia ed equilibrio.”

Giulia Spernazza

Giulia Spernazza riesce sempre ad esprimere se stessa e, attraverso il suo approccio emozionale con la creatività, ci regala opere intense che vanno lette, comprese ed interiorizzate.

Con L’essenza di te Spernazza ci parla del profumo ma anche dell’assenza e delle parole inespresse.

L’opera, oltre ad evocare un libro aperto, racconta una storia, quella di una camicia indossata, quella di un corpo che non occupa più il suo posto e lascia una mancanza, uno spazio che può solo essere colmato da pagine intrise di memorie. Immergendo la carta nella cera paraffina liquida, Spernazza è riuscita a donarle una leggerezza ed una trasparenza che danno all’opera stessa quel senso di morbidezza e purezza che rendono la scultura un fragile e simbolico contenitore di pensieri in emersione.

La parte concava dell’opera, e quindi il vuoto che lascia, corrisponde alla mancanza, a quel corpo che indossava quella camicia e che adesso è solo ricordato, fa parte di quelle pagine intrise di ricordi come ci ricorda la sua stessa forma che suggerisce un libro. “Le parole ancora inespresse sono pensieri, frammenti di carta aggrovigliate sulla superficie esterna che nel tempo diventeranno pagine… stratificazioni di ricordi e sensazioni provate.”

“I miei lavori inducono al silenzio perché nascono da un ascolto profondo. La mia intenzione è rendere il mio percorso assoluto, cioè non raccontare le mie esperienze ma il mio cammino verso la verità, l’autenticità, che può risuonare in chiunque osservi le mie opere. Per questo do molta importanza al vuoto, alla trasparenza, alla connotazione minimalista nel mio lavoro, per spogliarlo di qualunque riferimento soggettivo.”

Giulia Spernazza

Giulia Spernazza, L’essenza di te, carta giapponese e cera paraffina, cm 30x35x25 cm

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Dicembre 2021

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