Fabrizia Francabandera
Presidente della Corte di Appello di L’Aquila
RELAZIONE
sull ’ amministrazione della giustizia nel distretto della
C orte di a ppello di l’a quila
Assemblea Generale
L’Aquila, 28 gennaio 2017
Relazione sull’amministrazione della giustizia nel distretto della Corte di Appello di L’Aquila
1° luglio 2015 - 30 giugno 2016
Considerazioni introduttive
È consuetudine dare avvio alla relazione con i saluti alle Autorità, agli illustri ospiti e agli amici, che ringrazio di cuore per averci, ancora una volta, onorati della loro presenza, ma, ancor prima, un saluto caloroso è dovuto al Presidente della Repubblica, che in ogni frangente esercita con saggezza e autorevolezza il ruolo di massimo garante dei valori costituzionali e, in particolare, nella sua veste di Presidente dell’organo di autogoverno, dei valori di autonomia e indipendenza della Magistratura.
Prima di entrare nel merito, voglio insieme a voi rinnovare il ricordo, per la ve- rità mai spento, del sacrificio di Emilio Alessandrini, collega valoroso, figlio dell’Abruzzo migliore, che 38 anni fa a Milano, il 29 gennaio 1979, trovò la mor- te per mano di giovani terroristi che videro il nemico da abbattere proprio in lui, all’epoca giovane magistrato, ravvisando la sua “colpa” non solo nell’indagine sul gruppo Prima Linea che lo vedeva in quel periodo impegnato, ma nella sua grande professionalità, nella sua piena consapevolezza della sfida nuova che, in un momento drammatico per le istituzioni democratiche, sollecitava le riflessioni della magistratura più attenta al mutare dei tempi e delle sensibilità.
Non posso nascondere la mia emozione nell’affrontare da neo-Presidente, im- messa da pochi giorni nelle funzioni, l’impatto, anche pubblico, di questa ceri- monia, che vorrei, davvero, non fosse la mera ripetizione di un rito che, nella solennità che la consuetudine e il cerimoniale impongono, rischia di perdere di vista la sua vera ed ancora necessaria essenza: l’occasione di un incontro tra la massima istituzione giudiziaria del distretto, le donne e gli uomini che ogni gior- no amministrano la giurisdizione d’appello, con i rappresentanti del CSM e del Ministero della Giustizia, le autorità locali, civili, militari e religiose, i Magistrati degli altri ordini, i rappresentanti degli Ordini forensi del distretto, i dirigenti degli uffici di primo grado, che saluto tutti con vera gratitudine per il tempo che ci dedicano.
Questo incontro, al di là del cerimoniale, è il momento istituzionale in cui la Corte d’Appello rende conto dell’attività svolta nell’anno e prospetta le pro- blematiche che si affacciano per l’anno che verrà; è il luogo del confronto con l’avvocatura, che quotidianamente lavora con noi, non solo sul piano dialettico -di rilievo costituzionale- che si esprime nel processo, ma anche su quello che potremmo definire “di sistema”, che si esprime nel continuo dialogo istituzio- nale, nella ricerca di soluzioni organizzative condivise, nel confronto finalizzato all’adozione di buone prassi, per es. alla formulazione dei “protocolli”, strumen- to già utilizzato in modo soddisfacente anche in questa Corte, nella Sez. Penale, da sviluppare sempre più, anche nel settore civile.
Ai magistrati, che ogni giorno amministrano giustizia nei tribunali e nelle pro- cure di questo distretto, tra difficoltà e carenza di risorse, riuscendo sempre ad essere un punto di riferimento per le parti, e non solo quelle professionali, va il mio doveroso ringraziamento; così come ai giudici onorari, il cui contributo nell’amministrazione della giustizia di prossimità, quella che forse più interessa il comune cittadino, è ormai imprescindibile; essi sono oggi fondamentali anche per la realizzazione dell’ufficio del processo, cui la magistratura togata aspira da tempo, in stretta sinergia con i giovani tirocinanti che rallegrano ogni giorno i nostri uffici con la loro curiosità e il loro entusiasmo.
Un grazie affettuoso, anche se sono pienamente consapevole di correre il rischio dell’autoreferenzialità, voglio dirlo ai presidenti di sezione della Corte, perché sono loro tre, insieme ai Consiglieri tutti (e colgo l’occasione per dare il benve- nuto ai tre nuovi arrivati, i colleghi Orlandi, Grimaldi e Ciofani), la “squadra di lavoro” dell’ufficio, le colonne che sostengono ogni giorno le sezioni tra mille difficoltà; un grazie particolare alla collega Sannite, con la quale, per la fiducia accordataci dal Pres. Schirò, ho condiviso un anno di vicariato, in collaborazione e pieno accordo, soprattutto per la saggezza e la tenacia con cui ha guidato i la- vori della Commissione Permanente, cui si deve il completamento del Palazzo di giustizia che oggi ci ospita e che a breve la Corte tornerà ad occupare.
Riprenderemo così possesso dei nostri uffici, a distanza di otto anni da quel tragico 6 aprile che ha segnato il prima e il dopo di questa città bella e dolente, che sta finalmente recuperando la sua vera immagine, quella del suo splendido patrimonio storico-artistico, dei suoi palazzi, delle sue chiese, delle sue piazze, scoprendosi talvolta ancora più bella, man mano che le impalcature e i teloni che hanno nascosto le sue rovine cadono e svelano il rinnovato splendore dei luoghi che la caratterizzano e ne raccontano la storia.
E il ricordo degli eventi drammatici del 2009 offre l’occasione per rivolgere un pensiero solidale alle vittime del terremoto che ha colpito nuovamente anche l’Abruzzo, le tante dello scorso anno e quelle di pochi giorni fa, in un rinnovarsi di dolore e timore che sembra non lasciare tregua a popolazioni così duramente provate.
Al personale amministrativo, che quotidianamente assolve con professionalità ai suoi molteplici doveri, in condizioni di particolare difficoltà, intendo esprime- re la mia stima e gratitudine; grazie alla loro competenza e dedizione essi costi- tuiscono un pilastro dell’amministrazione giudiziaria, pur subendo, più dei ma- gistrati, il peso, ormai insostenibile, di un progressivo svuotamento di presenze, cui finora non si è posto adeguato rimedio. La recente indizione di un concorso per figure professionali intermedie, seppure importante, non risolve il problema della carenza di cancellieri e funzionari, mentre è necessario attrarre nella nostra amministrazione giovani professionalmente qualificati, attrezzati a far fronte alle sfide, anche di natura tecnologica, che ci attendono. Anche la più volte decla- mata mobilità di personale, da altri più fortunati settori dell’amministrazione che presentano esuberi, non ha risolto alcun problema, poiché è stata seguita la strada dei trasferimenti volontari, notoriamente poco in linea con le aspettative individuali oltre che in palese contraddizione con i principi di ragionevolezza ed efficienza che devono informare l’attività della P.A..
L’Abruzzo, da questo punto di vista, è stato fortemente penalizzato, anche per- ché il previsto accorpamento dei quattro tribunali sub-provinciali, stabilito sin dal 2013 ma oggetto di proroga sino alla fine del 2018, ha di fatto congelato le piante organiche, già considerate accorpate a livello ministeriale, sì che si è arrivati al paradosso di mantenere in piedi, pretendendone il regolare funzionamento, uffici giudiziari che non risultano più inseriti tra i destinatari di risorse umane e materiali, con il risultato di impoverire ulteriormente tutti gli uffici, senza alcuna immediata prospettiva di miglioramento.
Il ricorso ai lavoratori in mobilità (o in tirocinio formativo), che tanti buoni risultanti ha dato negli scorsi anni nell’intero distretto, è oggi di fatto congelato al Ministero della Giustizia, in attesa di una non ben chiarita regolamentazione generale, nonostante sia stato raggiunto un accordo con la Regione Abruzzo, cui va il merito di avere individuato la strada di una soluzione del problema, impe- gnandosi anche al reperimento delle necessarie risorse finanziarie.
Il tema dell’accorpamento, peraltro, lungi dal costituire un punto fermo in vista del quale organizzare le risorse, è tuttora all’ordine del giorno, almeno in sede locale.
Sono state infatti sollevate, come è ovvio e forse giusto, molte perplessità, se non convinte contestazioni, in ordine alla opportunità di sopprimere ben quattro sedi giudiziarie, alcune di antica istituzione, tanto più che queste hanno offerto al territo- rio un servizio di certo positivo: penso al Tribunale di Lanciano che, com’è noto, si pone ai primissimi posti nel panorama nazionale per efficienza della risposta di giu- stizia; ai Tribunali di Avezzano e Sulmona, che, pur frequentemente afflitti da gravi scoperture e difficoltà, hanno comunque costituito una presenza importante in ter- ritori impoveriti dalla crisi economica; al Tribunale di Vasto che, a sua volta, ammini- stra un territorio che, come si vedrà, è forse il più infiltrato nella regione da fenomeni di criminalità organizzata di matrice pugliese e campana, ed ha costituito senz’altro un valido presidio di legalità sul versante meridionale della dorsale adriatica.
Non so se contrasti simili siano sorti anche in ordine all’accorpamento di altri tribunali minori, ormai risalente al 2013, ma è certo che si parla di revisione della geografia giudiziaria da decenni e che, per la mutata qualità delle comunicazioni, per l’innovazione tecnologica, per la ormai necessaria specializzazione richiesta ai giudici, è giunto il momento di tenere adeguatamente conto del fatto che la dimensione minima di un ufficio giudiziario efficiente è certamente maggiore di quella dei nostri quattro tribunali sub-provinciali.
Naturalmente la scelta di proseguire o interrompere questo progetto riformato- re ormai divenuto legge è, e non può che essere, squisitamente politica, perché solo chi ha il mandato popolare può soppesare le diverse e spesso contrastanti esigenze, valutando se privilegiare il dato dell’efficienza degli uffici o quello della presenza capillare sul territorio, individuando tra queste il miglior livello possibi- le di sintesi e rispondendo alla cittadinanza della bontà delle sue scelte.
Ai giudici spetta applicare la legge del momento, il che impone, se si rinuncerà all’accorpamento o si opterà per una semplice proroga, di continuare a farsi carico di tutte le complesse misure organizzative (tabelle infradistrettuali, sup- plenze, applicazioni e coassegnazioni) che consentono oggi a questi tribunali di continuare a lavorare, ma ciò implicherà necessariamente che siano apprestate le risorse umane per garantire un livello minimo di efficienza.
Se, invece, si sceglierà di dar corso alla revisione che il parlamento italiano ha deciso ormai qualche anno addietro e che ha dato buoni frutti in tutto il territo- rio nazionale, i giudici abruzzesi e il personale si faranno trovare pronti alla sfida della riorganizzazione delle risorse e degli spazi.
Un pensiero, infine, prima di entrare nel vivo dei temi della giurisdizione, a due giovani donne abruzzesi, la cui morte violenta ha strappato dolorosamente il tessuto sociale della nostra collettività nello scorso dicembre.
Penso a Jennifer Sterlecchini, morta per mano dell’ex compagno, ennesima vittima di una violenza di genere che ha assunto connotazioni drammatiche per il numero delle donne coinvolte e l’efferatezza delle condotte aggressive. Ancora una volta abbiamo visto il tragico manifestarsi di mentalità che credevamo se- polte da anni di emancipazione femminile e di cultura della parità, e che, invece, troppo spesso ci sorprendono, lasciandoci sgomenti di fronte alla trasversalità per censo, cultura, età di coloro che mostrano di temere, più di ogni altra cosa, la libertà e l’autonomia (nel senso di autòs e nòmos, darsi regole) delle “loro” donne.
Penso a Fabrizia Di Lorenzo, che ha trovato la sua fine assurda a Berlino, città simbolo delle tragedie del ‘900, oggi di quell’Europa che, dopo decenni di pace che hanno cancellato anche la memoria personale delle guerre e dei lutti, fatica a ritrovare la spinta ideale che portò alla sottoscrizione dei Trattati di Roma, di cui ricorre tra poco il 60° anniversario. Quei trattati, allora, sembrarono realizzare l’idea della crescita nella libertà e nella pace di cui Kant aveva parlato sin dalla
fine del secolo dei lumi (Progetto per una pace perpetua, 1795), ma oggi siamo in molti a chiederci dove sia finita quell’Europa capace di immaginare un futuro sulle rovine della guerra e di approntare gli strumenti necessari.
Fabrizia, in Germania da qualche tempo ma sempre legatissima alla sua terra, a Sulmona, alla sua famiglia, ci ha raccontato ancora una volta, nel compiersi della sua tragedia personale, la “meglio gioventù” del nostro fragile tempo. Li chiamiamo “generazione Erasmus”, i nostri figli che parlano le lingue, aprono la mente ad altre culture, viaggiano e lavorano all’estero, si mescolano con i loro coetanei di tutti i paesi. Mi piace vederli come cittadini europei per vocazione, per scelta personale, non -o almeno non solo- per la necessità di sottrarsi alla di- soccupazione che affligge il nostro paese. Ragazzi che incoraggiano la speranza di ritrovare le passioni e le ragioni che dovrebbero unire gli abitanti del vecchio mondo in un destino comune, per abbattere i vecchi muri ideali sopravvissuti al tempo, e non già, come sta purtroppo accadendo, per costruirne di nuovi, fatti di filo spinato e pesantissimi mattoni.
Solo un approccio unitario, infatti, può consentire ai nostri Paesi di affronta- re con spirito e strumenti adeguati quella che il papa chiama la “terza guerra mondiale”, conflitto diffuso e subdolo tra cultura e terrore, che semina paura, discordia, diffidenza. Mira a cambiare il nostro modo di vivere, a indebolire la nostra fiducia nel prossimo, ci induce a guardare con sospetto e ostilità chi arriva nella nostra Europa pacificata, tra i rischi e le sofferenze che i media ci mostrano troppo spesso. E invece, sono convinta, il bagaglio dei migranti non è fatto di ostilità, ma di fame, guerre, persecuzioni, del dolore del distacco dalla terra, del credo religioso, delle tradizioni, e, soprattutto, del desiderio di vivere e far vivere ai propri figli una vita degna di questo nome.
E veniamo così al tema dell’immigrazione, che, per la giurisdizione, è, più cor- rettamente, quello della protezione internazionale, cui ho voluto dedicare un intero paragrafo.
La sua scottante attualità è sotto gli occhi di tutti. Non siamo nella sede adatta per affrontarne la complessità politica e sociologica, ma dobbiamo prendere atto che la nostra regione - che per la sua posizione geografica non è meta di sbarchi clandestini - è stata tuttavia destinataria del collocamento di numerose persone richiedenti protezione internazionale, provenienti per lo più dai paesi dell’Africa subsahariana.
La popolazione abruzzese è ospitale per tradizione, forse anche per aver vissu- to sulla sua pelle una storia di migrazioni, a volte dolorose, a volte di successo.
E infatti non si registrano condotte ostili da parte delle comunità locali, i cui rappresentanti stanno governando con saggezza il problema dell’accoglienza, probabilmente agevolati dall’assenza di grandi centri, in cui la convivenza ne- cessariamente precaria tra troppe persone e la vicinanza alla popolazione locale può più facilmente creare pericolose scintille. Questo mi fa pensare che l’idea di
inclusività, che talvolta sembra passata di moda, sia ancora largamente condivisa e che non riuscirà a svilirla chi - cavalcando le paure e le ansie dei cittadini italiani, soprattutto dei più deboli, a loro volta esposti a situazioni ricorrenti di precarietà economica - tenta di proporre soluzioni semplici a problemi di estrema com- plessità.
A noi giudici, tutori del diritto e dei diritti, spetta affermare con chiarezza che il bisogno di sicurezza dei cittadini deve trovare le risposte nelle regole giuridiche, nel rispetto della legge. Lo Stato democratico è garante dei diritti sia dei cittadini che dei migranti, perché i diritti umani sono di tutti o di nessuno e negarli oggi ai migranti significa ritenere possibile scegliere chi può essere tutelato, il che ci farebbe diventare tutti più deboli ed esposti, meno sicuri.
Questa è la sfida nuova che lo stato democratico deve affrontare, il doppio do- vere cui deve assolvere: lenire la paura di chi accoglie ed esaudire la speranza di chi arriva, rispondere al bisogno di sicurezza dei cittadini e garantire accoglienza e solidarietà alle persone che necessitano di protezione internazionale.
Il presidio di legalità - che è il cuore della giurisdizione - deve, infatti, essere of- ferto a tutti: ai cittadini, legati allo Stato dal patto sociale, i quali sanno bene che senza sicurezza non c’è libertà; ai migranti, perché la promessa della democrazia è quella di estendere le tutele dei diritti umani fondamentali anche a chi cittadino non è.
I danni collaterali del tradimento di quella promessa sono la perdita della propria essenza, l’oblio di ciò che siamo, della nostra civiltà e della nostra cultura, non a caso nate - da migrazioni e contaminazioni- proprio sul Mediterraneo, mare nostrum e di tutti: da Enea - profugo da una guerra persa in Asia minore - alle donne e agli uomini senza nome che oggi affidano le loro vite e quelle dei loro figli a fragili imbarcazioni che troppo spesso diventano la loro bara.
1. Situazione logistica degli Uffici Giudiziari di L’Aquila
Nell’anno di riferimento le problematiche di natura logistica sono state al centro dell’attenzione da parte degli uffici aquilani. La programmata consegna del se- condo edificio di via XX Settembre, in particolare, ha consentito di pianificare l’iter di ricollocazione di tutti gli uffici giudiziari in una sede che potrà ormai considerarsi definitiva.
Gli spazi che, in questi ultimi anni, hanno avuto una destinazione necessaria- mente provvisoria, potranno essere riorganizzati secondo un piano complessivo e unitario, frutto di valutazioni condivise fra tutti i soggetti interessati, compreso l’Ordine degli Avvocati.
Rispetto alla situazione ante sisma è stata eliminata ogni forma di locazione passiva, come in precedenza avveniva per il Commissariato agli Usi Civici, l’Ufficio del Giu- dice di Pace e la sede di Bazzano. Quest’ultima, dal corrente mese, è oggetto di defi- nitiva dismissione, con il mantenimento a titolo gratuito di limitati spazi residui, quali
magazzini ed archivi, secondo una prima intesa raggiunta con l’ente proprietario.
Allo stato, quindi, tutti gli uffici giudiziari aquilani hanno sede in edifici di pro- prietà pubblica, senza oneri locativi, in piena coerenza con le direttive di conte- nimento della spesa pubblica. È un risultato di grande valore che premia le scelte operate con grande lungimiranza sin dal 2009. Rispetto ad esse profili critici sono derivati unicamente dalla successiva revisione della geografia giudizia- ria, che, come si è detto, prevede che al Tribunale di L’Aquila siano accorpati i tribunali di Avezzano e Sulmona, le cui esigenze di spazi non furono all’epoca considerate. E tuttavia, al momento, l’ampiezza degli spazi ricavati e la disponi- bilità della struttura ove oggi è ancora allocata la Corte d’Appello, consentono di guardare con realistica fiducia alla possibilità di dare seguito, ove il legislatore mantenga ferma la data del 2018, al previsto accorpamento.
A L’Aquila resta da affrontare nelle aree di pertinenza degli uffici giudiziari il problema annoso del cd. “I lotto”, già oggetto, prima del terremoto, di appalto da parte del Comune di L’Aquila, sul quale purtroppo hanno gravato in pieno le emergenze post-sismiche. In merito a tale vicenda, tuttavia, il Comune ha presentato alla Conferenza Permanente degli Uffici Giudiziari di L’Aquila uno specifico crono-programma, con l’indicazione del 14 gennaio 2018 quale data del previsto collaudo dei lavori. Si auspica che tale data sia rispettata perché l’area ha enorme rilevanza per la fruibilità del Palazzo di Giustizia: il cantiere, infatti, insiste sulle immediate adiacenze del Palazzo, nel tratto iniziale di Via XX Settembre, nel senso di scorrimento verso il centro della città, e lo condiziona sotto diversi profili, a partire da quello più immediato dell’impatto visivo. La per- sistenza del cantiere in parola, inoltre, limita gravemente la gestione delle uscite di sicurezza, pregiudica la possibilità di una più adeguata sistemazione delle vie di accesso, delle aree di parcheggio, anche a vantaggio della cittadinanza, in una zona di sicuro pregio architettonico, per la presenza dell’antica cinta muraria, da poco oggetto di un importante restauro, che sarà certamente valorizzata all’esito dei lavori.
Proprio l’annosa e complessa vicenda del cantiere incompiuto ci consente, tutta- via, di valorizzare quanto, invece, è già stato fatto per la sede che oggi ci ospita, nel contesto di una solidale cooperazione fra uffici giudiziari, Provveditorato alle Opere Pubbliche e la ricordata Amministrazione Comunale.
Le criticità, che pure sono emerse, sono sempre state discusse ed affrontate con spirito costruttivo. Quando non è stata possibile una soluzione immediata, ne sono state delineate prospettive di superamento che hanno dato e, siamo certi, continueranno a dare i risultati attesi.
Di questo impegno si trova visibile riscontro nei lavori della Conferenza Perma- nente, sede istituzionale di confronto fra i vari soggetti e le diverse competenze d’interesse della locale funzione giudiziaria, presieduta con sagacia e accortezza dapprima dal Presidente Schirò, quindi dal Presidente Sannite, coadiuvati con
grande professionalità e impegno dal dirigente dott. Luise.
Nel rispetto della logica delle conferenze di servizio, si è saputo tener conto dei diversi punti di vista, favorendo il dialogo fra i diversi orientamenti al fine, finora riuscito, di pervenire a determinazioni unanimemente condivise.
Un merito che è giusto sottolineare e riconoscere a quanti hanno dato il proprio contributo ai lavori, siano stati essi componenti di diritto, in quanto rappresen- tanti degli uffici giudiziari, oppure “invitati” a partecipare, sulla base della previ- sione normativa (art. 3, comma IV, D.P.R. n. 133/2015) che consente la parteci- pazione alle riunioni, oltre che del Presidente del locale Consiglio dell’Ordine de- gli Avvocati, di esperti o rappresentanti degli enti locali e di altre amministrazioni pubbliche. Facoltà di cui la Conferenza ha inteso costantemente avvalersi, anche per promuovere quel clima di collaborazione istituzionale, nel quale la Giustizia, nella sua dimensione organizzativa, è destinata a trovare ragioni importanti di sostegno e di miglioramento.
2. La giustizia civile
2.1 Indicazioni sulla realizzazione e sugli effetti delle riforme più recenti Occorre innanzitutto dare atto che siamo nel corso di una nuova stagione di ri- forme che hanno ad oggetto il miglioramento del servizio, intervenendo sul lato della domanda di giustizia, a fini deflattivi, e sul rito, a fini di razionalizzazione delle risorse; il tutto sulla base delle analisi e delle proposte, ormai risalenti negli anni, ma purtroppo - almeno fino a non molto tempo addietro- non abbastanza considerate, cui hanno dato vita le diverse Commissioni di studio insediatesi presso il Ministero della Giustizia.
Il che non elide il convincimento che la migliore, e la più corretta, misura deflatti- va è quella del fisiologico funzionamento del servizio: la giusta durata dei pro- cessi (oltre che aspirazione di rango costituzionale) è di per sé valido disincenti- vo alle tattiche dilatorie di chi preferisce mantenere in piedi un contenzioso giu- diziario anziché trovare soluzioni concordate, confidando nel lungo tempo che lo separa dalla decisione del giudice; la prevedibilità delle decisioni, e quindi la loro tendenziale stabilità, è l’altro modo in cui una giustizia sana disincentiva azioni e impugnazioni manifestamente infondate o addirittura temerarie.
Nel settore civile si è guardato soprattutto alla mediazione civile, come stru- mento utile, divenuto obbligatorio, per filtrare la gran parte della domanda che appesantisce i ruoli del contenzioso in tutto il territorio nazionale, con le note conseguenze negative sulla crescita del Paese.
Nel nostro distretto, tuttavia, continua a rilevarsi la scarsa efficacia deflattiva dell’istituto, segnalata da tutti i Presidenti dei tribunali del distretto, a desolata conferma di un paradosso tutto italiano: siamo uno dei paesi europei con la mi- nor fiducia nella giustizia civile -vista come lenta, costosa e complessa-, eppure
siamo anche il paese con il maggior tasso di litigiosità dinanzi al giudice profes- sionale, in un circolo vizioso di causa-effetto sul quale non si riesce a incidere.
Il Presidente della Sezione Civile chiarisce, tuttavia, che iniziano a vedersi gli effetti indiretti del c.d. “decreto giustizia” (legge n.162/2014), di remora ad af- frontare il giudizio a causa dei maggiori costi e tempi, cui va probabilmente at- tribuita la - lieve - flessione registrata in ordine nelle nuove iscrizioni dei giudizi contenziosi ordinari, fenomeno generale correlato anche alla nuova normativa sulle spese, che limita a pochi casi il potere di compensazione (v. art. 92 c.p.c.
nella sua nuova formulazione).
Il che può essere salutato come dato positivo, ove si consideri che un accesso alla giustizia civile maggiormente ponderato, in relazione alla sua utilità funzionale, dovrebbe selezionare, escludendole dal contenzioso, le controversie di minor ril- evanza economica e sociale; ma - ed è l’altro angolo visuale del dato - può anche essere il sintomo di un impoverimento degli strumenti di tutela che la giustizia civile offre ai soggetti economicamente più deboli, sui quali grava in misura mag- giore il peso dell’anticipazione di spese il cui recupero è rinviato nel tempo. Il che rischia di risolversi, inevitabilmente, in un diniego di giustizia.
Questi i dati del distretto relativi alla mediazione civile: nell’anno 2015 - 2016 sono state avanzate 2.557 istanze, ne sono state definite 2.370, ma con esito positivo in soli 338 casi (pari al 14%). Ancora più significativo, peraltro, è il dato secondo il quale in 1.565 procedimenti (pari al 66% del totale), l’altra parte non si è neppure presentata dinanzi al mediatore (pur a rischio delle sanzioni che la legge stabilisce e che forse trovano scarsa applicazione), a conferma della sfidu- cia che la classe forense locale nutre nella mediazione e nella possibilità che una giustizia più celere, e probabilmente meno formalistica, possa costituire comun- que una risposta adeguata a quella domanda di “giustizia minore” che ingolfa i nostri uffici giudiziari, appesantiti da arretrati annosi di difficile gestione.
In particolare, con riferimento alla negoziazione assistita in materia di sepa- razione e divorzio, non sono noti i dati quantitativi relativi a procedure even- tualmente intraprese in sede extra giudiziaria (nelle ipotesi di mancanza di figli minori o non autosufficienti) poiché il procedimento si conclude con il nulla-osta del Pubblico Ministero; lo stesso per i casi in cui, presenti figli minori, il Pubblico Ministero conceda l’autorizzazione, poiché trattasi di procedure che non transi- tano in Tribunale. In caso di diniego della prescritta autorizzazione dal parte del Pubblico Ministero e conseguente trasmissione del fascicolo al Presidente del Tribunale, sovente le parti non si adeguano ai rilievi del P.M., preferendo non comparire e presentare autonomo ricorso giudiziale, così vanificando l’auspicato effetto deflattivo.
L’introduzione del c.d. “divorzio breve” (l. 55\2015), auspicato da anni e salu- tato con estremo favore da famiglie in attesa di regolarizzare situazioni “aperte”
da troppo tempo, ha comportato nell’immediato, in sede di prima applicazione, un sensibile incremento dei relativi procedimenti, prevedibilmente destinato ad esaurirsi nel giro di pochi anni, una volta che la riforma sia entrata a regime.
Permane comunque il dato del limitato ricorso alle procedure non giudiziarie, pur a fronte della maggiore celerità e del minor costo, probabilmente anch’esso riconducibile allo scarso favore delle parti, le cui ragioni meritano di essere ap-e parti, le cui ragioni meritano di essere ap- profondite insieme all’avvocatura.
Non si ha notizia relativa al numero di procedimenti introdotti presso le Camere arbitrali istituite presso i Consigli degli Ordini (l. 162\2014), nonostante questi abbiano formato numerosi mediatori professionali; sembra, tuttavia, che tali organismi non abbiano sinora svolto efficacemente la funzione per la quale sono stati istituiti, con frustrazione della finalità deflattiva per cui erano sorti.
Del pari, i Presidenti dei Tribunali segnalano che il rito sommario di cognizio- ne continua a non incontrare il favore del ceto forense: al Tribunale di Pescara, per fare un esempio, sono stati iscritti solo 404 procedimenti sommari, a fronte di 6.656 nuove iscrizioni.
E tuttavia, si ritiene possibile che quel rito trovi nuovo impulso per effetto (indiretto, ancora una volta) delle recenti modifiche apportate agli artt. 1 ter e 2 della l. l. 89\2001 (cd. legge Pinto), dall’art. 1, comma 777, della l. 208\2015. Si tratta, infatti, di modifiche che renderanno inammissibile la domanda d’inden- nizzo per eccesiva durata del procedimento (strumento purtroppo abusato e pa- radossalmente causa a sua volta di ulteriori disservizi) quando la parte non abbia posto in essere rimedi preventivi atti a scongiurare il rischio di durata eccessiva:
tra i quali viene appunto indicato l’utilizzo del ricorso al rito sommario di co- gnizione. Detto rito, peraltro, è quello che regola i procedimenti di “protezione internazionale” cui si dedicherà più oltre un intero paragrafo.
In campo esecutivo, ha avuto scarso successo (se non in un’ottica di breve periodo, tesa a paralizzare l’esecuzione per qualche tempo) la facoltà accordata dalla l. 3\2012, e poi disciplinata dal D.M. 202 del 24\9\2014, alle persone fisi- che e giuridiche non fallibili (piccoli imprenditori sotto la soglia di cui all’art.1 L.F., imprenditori agricoli, professionisti, fondazioni, associazioni riconosciute, associazioni sportive, start up innovative e consumatori) di formulare, con l’ausi- lio degli Organismi di Composizione della Crisi per il sovraindebitamento (OCC), una proposta di accordo con il ceto creditorio, con un progetto di ri- strutturazione dei debiti, oppure di presentare un “piano del consumatore”, o di chiedere la liquidazione del patrimonio.
Mentre non si avvertono ancora gli effetti del d.l. 59\2016, convertito nella l. 119\2016, che impone la chiusura anticipata delle procedure esecutive immobiliari dopo tre esperimenti di vendita andati deserti.
Apprezzabili risultati in senso deflattivo ha, invece, conseguito la modifica della l. 89\2001 (cd. legge Pinto) ad opera dall’art. 1, comma 777, della l. 208\2015:
la novella, infatti, è entrata in vigore il 1\1\2016, e nel primo semestre del 2016 sono stati iscritti solo 66 nuovi ricorsi per “equa riparazione”, a fronte dei
198 che erano stati depositati nel primo semestre del 2015.
È purtroppo rimasto fermo l’ambizioso disegno riformatore che sembrava or- mai delineato lo scorso anno, allorché, terminati i lavori della commissione mini- steriale sul processo civile (presidente Berruti) sembrava avviato l’iter legislativo in materia di specializzazione (ampliando le competenze del tribunale delle imprese e istituendo i tribunali della famiglia e delle persone), di semplifica- zione dei riti a fini acceleratori, di potenziamento del carattere impugnatorio dell’appello, di sinteticità degli atti di parte e del giudice (principio cui la Corte di cassazione ha già dato corso con la nota direttiva in tema di motivazio- ne).Di questo disegno è stata realizzata solo la riforma del rito civile in cassazione (legge 197/16), che ha introdotto la distinzione tra giudizi a valenza nomofi- lattica, da trattare in pubblica udienza, e giudizi privi di tale valenza, destinati alla trattazione in camera di consiglio non partecipata. Il fine, anche di natura
“culturale” della riforma, è quello di valorizzare il ruolo del giudice di legittimità non già come giudice di terza istanza, ma come giudice “del precedente”;
precedente che, seppure non vincolante in coerenza con la nostra tradizione giu- ridica e con la natura diffusa della giurisdizione, contribuisca però ad allargare gli spazi di prevedibilità delle decisioni e quindi di stabilità delle stesse, in un’ottica ragionevole di mantenimento della soluzione raggiunta, almeno fino a quando non sorgano dalla collettività, veicolate dai giudici di merito, nuove sensibilità e nuove istanze che meritino una meditata rivisitazione.
L’importanza della riforma ai fini di abbattimento dell’imponente arretrato e diminuzione dei tempi di durata dei giudizi si vedrà sul campo nei prossimi mesi, agevolata dai protocolli subito sottoscritti tra i vertici della Cassazione, il Consi- glio Nazionale Forense e l’Avvocatura dello Stato, riprendendo i temi già trattati nei protocolli dello scorso anno aventi ad oggetto le modalità di redazione dei ricorsi.
È auspicabile, dunque, che il disegno riformatore sia ripreso al più presto e, alla luce dell’ampio dibattito nel frattempo suscitato, trovi una sintesi che possa por- tare al miglioramento del servizio giustizia, consentendo la ricaduta positiva delle innovazioni anche presso gli uffici di merito.
2.2 Caratteristiche della giustizia civile nel distretto
Queste sono rimaste sostanzialmente invariate, con una netta prevalenza del- le cause in materia di diritti reali, di contratti (soprattutto appalto e contratti bancari), di risarcimento dei danni e di opposizione alle sanzioni ammini- strative. In particolare, risultano sostanzialmente concentrate nel circondario di L’Aquila, sede dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, le cause contro la Pub- blica Amministrazione e quelle aventi ad oggetto le opposizione alla stima in materia di espropriazione per pubblica utilità (che risentono ancora for- temente degli espropri seguiti al sisma del 2009).
Risulta in crescita, per le ragioni già esposte, il numero dei procedimenti di di- vorzio, mentre l’introduzione della facoltà di proporre reclamo contro il prov- vedimento presidenziale (ultimo comma dell’art. 708 c.p.c.) ha comportato un apprezzabile incremento, presso la Corte, dei procedimenti di volontaria giu- risdizione.
In materia di fallimento, le iscrizioni mostrano una sostanziale stabilizzazione in quasi tutti i Tribunali, ad eccezione di quelli situati nelle aree a più larga diffu- sione imprenditoriale (Teramo e Pescara), dove si registra un incremento, parti- colarmente significativo presso il Tribunale di Teramo, evidentemente esposto in misura maggiore alla crisi che ormai da anni colpisce il settore manifatturiero.
Le procedure concordatarie - il cui numero era aumentato per effetto dell’in- troduzione del cd. concordato “in bianco” (art. 161 L.F., modificato dall’art. 33 L.
134\2012) - si sono invece drasticamente ridotte, per effetto della L. 134\2015, che ha aggravato le condizioni di ammissibilità e di approvazione del concordato preventivo, all’evidente fine di scoraggiare proposte scarsamente satisfattive per i creditori. La durata delle procedure risulta ancora molto alta, soprattutto a causa del protrarsi delle controversie civili e tributarie promosse dai curatori, e della difficoltà di collocare sul mercato i beni immobili acquisiti al fallimento, a causa del crollo del mercato immobiliare.
L’istituto dell’amministrazione di sostegno ha reso ormai residuali le doman- de d’interdizione ed inabilitazione, avendo dato prova di costituire strumento più agile e meno invasivo per i diritti della persona.
In aumento i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia di famiglia, anche in virtù del trasferimento di competenze dal Tribunale per i Minorenni al Tribunale ordinario.
La Corte ha fatto diretta applicazione delle decisioni comunitarie che vietano il
“bis in idem”, tutte le volte in cui la medesima condotta sia punita sia penalmen- te che con sanzione amministrativa, ed uno dei due procedimenti sia stato già avviato.
In tema di patrocinio a spese dello Stato, il numero dei procedimenti è in co- stante aumento, a dimostrazione di una sempre più diffusa conoscenza dell’isti- tuto, del perdurare della crisi economica, e delle domande di protezione inter- nazionale, tutte promananti da soggetti sprovvisti di reddito, in vistoso aumen- to (v. 3).
2.2.1 Sopravvenienze e definizioni
Nel settore della giustizia civile si registra una generale tendenza alla dimi- nuzione delle sopravvenienze, che si attesta tra il 10 ed 20% in quasi tutti i Tribunali del distretto.
Fanno eccezione la Corte d’Appello, il Tribunale di L’Aquila ed il Tribunale per i Minorenni.
15
In decremento è anche il numero delle definizioni totali, compreso entro il 10%, quanto ai Tribunali di Avezzano, Sulmona e Teramo; più marcato per i Tri- bunali di Pescara (-12%), Lanciano (-13%) e Vasto (-24%), mentre il Tribunale di L’Aquila ha incrementato le definizioni del 17%, il Tribunale di Chieti del 2%), ed il Tribunale per i Minorenni del 9%.
1. Riepilogo contenzioso civile del Distretto
2. Riepilogo procedimenti contenzioso ordinario Corte di appello
Corte di
Appello % Tribunali % Giudici di
Pace % Corte di
Appello Tribunali Giudici di Pace
Sopravvenuti 3.466 41.235 17.551 3.532 43.825 18.854
Definiti 3.797 43.653 19.444 3.770 46.616 21.010
Pendenze 7.901 34.333 7.325 8.229 44.955 9.077
- 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 50.000
Lug 15- Giu 16 % Lug 14- Giu 15
Sopravvenuti 1.958 1.876
Definiti 1.623 1.887
Pendenze 6.809 6.476
Produttività media 208 220
- 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 6.000 7.000 8.000
-2%
1%
-4%
2014 - 2015 2015 - 2016
130 20
0 50 100 150 200
Personale amministrativo Organico
In servizio 130
Vacanti 20
% scopertura
-6%
-6%
-24%
-7%
-7%
-19%
2014 – 2015 2015 - 2016
4%
-14%
5%
-5%
2.2.2 La Sezione Civile della Corte d’Appello
Presso la Corte, la diminuzione delle sopravvenienze è stata solo del 2%, posto che, al decremento delle iscrizioni relative alle cause di lavoro e di previdenza ed ai procedimenti di volontaria giurisdizione tesi al riconoscimento di un “equo in- dennizzo” (cd. Legge Pinto), è corrisposto un incremento quasi pari degli altri procedimenti di volontaria giurisdizione e dei giudizi contenziosi, quest’ultimo per larga parte ascrivibile ai processi aventi ad oggetto le domande di protezio- ne internazionale avanzate da persone immigrate. Si registra un lieve aumento (1%) delle definizioni, derivante dall’aumento significativo in materia di volon- taria giurisdizione, mentre sono in diminuzione le definizioni del contenzioso ordinario, anche a causa della scopertura per tutto il periodo di un posto di consigliere.
Di seguito i dati relativi al contenzioso ordinario (compresi procedimenti in materia di fallimento, separazioni e divorzi, procedimenti speciali):
- le sopravvenienze ammontano a 1.958 (di cui 13 procedimenti in materia fallimentare e concorsuale; 83 procedimenti di separazione e divorzio; 23 proce- dimenti speciali; 1.839 procedimenti contenziosi ordinari);
- le definizioni ammontano a 1.623 (14 in materia fallimentare e concorsuale, 146 in materia di separazione e divorzio, 15 procedimenti speciali e 1448 proce- dimenti contenziosi ordinari), di cui 1.214 con sentenza;
- l’indice di ricambio è stato pari ad 1,08 nei procedimenti in materia falli- mentare e concorsuale; 1,76 nei procedimenti in materia di separazione e divor- zio; 0,65 nei procedimenti speciali; 0,79 nei restanti procedimenti in materia di contenzioso civile ordinario;
- l’indice di smaltimento è stato pari allo 0,74 nei procedimenti in materia fallimentare e concorsuale; 0,67 nei procedimenti in materia di separazione e di- vorzio; 0,54 nei procedimenti speciali; e 0,18 nei procedimenti contenziosi civili ordinari;
- la durata media dei procedimenti è tata pari a 113 giorni nei procedimenti in materia fallimentare e concorsuale; 620 giorni nei procedimenti in materia di separazione e divorzio; 113 giorni nei procedimenti speciali; e 1.119 giorni nei procedimenti contenziosi civili ordinari;
- in relazione alla produttività media per magistrato, tenuto conto delle vacanze e considerato che oltre a contribuire ad azzerare l’arretrato dei pro- cedimenti di volontaria giurisdizione, ciascun Consigliere ha dovuto affiancare uno o due Giudici Ausiliari, al fine di farli familiarizzare con la nuova funzione e renderli edotti della giurisprudenza della Corte, questa è leggermente diminu- ita, risultando pari a 208 procedimenti contenziosi definiti, di cui 158 con sentenza.
Questi i dati relativi ai:
procedimenti camerali in materia di famiglia e persone:
- le sopravvenienze ammontano a 131;
- le definizioni ammontano a 258, di cui 33 con sentenza;
- la durata media è pari a gg. 473;
- l’indice di ricambio è stato 1,97;
- l’indice di smaltimento è stato 0,85;
- la produttività media per magistrato è stata pari a 32,25.
procedimenti camerali non in materia di famiglia e persone (tutti assegnati al Presidente della Sezione):
- le sopravvenienze ammontano a 21;
- le definizioni ammontano a 62;
- la durata media è pari a gg. 358;
- l’indice di ricambio è stato 2,95;
- l’indice di smaltimento è stato 0,87
procedimenti di equa riparazione (trattati anche dai consiglieri della Sezione Lavoro):
- le sopravvenienze ammontano a 271;
- le definizioni ammontano a 476;
- la durata media dei procedimenti è pari a gg. 274;
- l’indice di ricambio è stato 1,76;
- l’indice di smaltimento è stato 0,91;
- la produttività media per magistrato è stata pari a 43,2.
L’analisi dei predetti dati statistici conduce alle seguenti conclusioni:
- sono ulteriormente aumentate (di oltre il 4%), le sopravvenienze del con- tenzioso ordinario, passate dai 1.876 procedimenti del periodo precedente, a 1.958; sono diminuite (del 28%) le sopravvenienze in materia di equa riparazione (271, a fronte di 379 nel periodo precedente); sono rimaste stabili quelle relative ai procedimenti camerali in materia di famiglia (131, a fronte di 127 nel periodo precedente), ed ai procedimenti camerali non in materia di famiglia (21, a fronte dei 26 dell’anno precedente);
- le definizioni complessive sono aumentate dell’1%, ma le definizioni in materia contenziosa hanno manifestato un decremento (del 13%, essendo passate da 1.887, del periodo precedente, a 1.623), che trova spiegazione nei rilievi che precedono; ed altrettanto va detto in relazione alle cause definite con sentenza, passate da 1.470 a 1.214 (-17%).
-sono invece aumentate, sensibilmente, le definizioni dei procedimenti di volontaria giurisdizione (passate da 94 dell’anno precedente, a 320, con un incremento del 240%), che in materia di equa riparazione (da 446 dell’anno pre- cedente, a 476);
- la pendenza dei procedimenti contenziosi è lievemente aumentata (del 6%, passando dai 6.390 processi del 30\6\2015, ai 6.786 al 30\6\2016): ma l’incremento si giustifica sia in ragione delle scelte operative di cui si è detto, sia in considerazione dell’aumento (di oltre il 4%) della sopravvenienza, per quanto detto passata dai 1.876 procedimenti contenzioni iscritti nell’anno precedente, ai 1.985 iscritti nel periodo qui considerato, in parte derivante dai procedimenti di protezione internazionale, di cui oltre;
- in virtù delle medesime scelte operative, è stata invece praticamente azzerata la pendenza dei procedimenti camerali in materia di famiglia, passati da 172 (al 30\6\2015) a 47 (al 30\6\2016), con una riduzione del 73%; ed altret- tanto è accaduto in relazione ai procedimenti camerali non in materia di famiglia, passati da 48 a 12 (con una riduzione del 75%); ed ai procedimenti in materia di equa riparazione, passati da 251 a 47 (con una riduzione dell’81%);
- la durata media dei procedimenti contenziosi ordinari ha subito un ul- teriore decremento (del 10,7%), passando dai 1.254 giorni del periodo 2014 - 2015, ai 1.119 giorni del periodo 2015 - 2016.
Riduzione che si riscontra anche in relazione alla durata media dei procedimenti di equa riparazione (del 30,8%, passata da 396 a 274 giorni), mentre l’aumento (del 92%) della durata media dei procedimenti di volontaria giurisdizione (pas-
sata da 246 a 473 giorni) costituisce la causa precipua che ha poi spinto l’Ufficio a dedicarsi all’azzeramento dell’arretrato.
- la produttività media per magistrato è rimasta sostanzialmente immutata, quanto ai procedimenti contenziosi (si è passati dai 220 processi definiti nell’anno precedente, agli attuali 208); ma, per quanto detto, ciascun magistrato ha esaurito, in aggiunta, anche 75 procedimenti in materia di volontaria giurisdizione.
Da ultimo deve evidenziarsi che la pendenza ultrabiennale (c.d. a rischio Pin- to) al 30.6.2016 era così ripartita:
anno 2011: 1121 procedimenti anno 2012: 1084 procedimenti anno 2013: 848 procedimenti anno 2014: 1096 procedimenti
per un totale di 4149 procedimenti, pari al 61% del totale.
Trattasi, com’è evidente, di un dato numerico troppo alto, che riverbera i suoi effetti negativi non sulle legittime aspettative delle parti, ma, più in generale sull’intero sistema, al quale sottrae notevoli risorse economiche: si pensi che nel nostro distretto, solo nell’anno in considerazione (1.7.2015/30.6.2016), è stata liquidata a titolo di equa riparazione per durata eccessiva dei procedimenti la considerevole somma di € 9.527.000, che ben avrebbe potuto trovare più utile destinazione (senza contare il costo e l’impegno delle risorse umane e materiali per la liquidazione dei relativi decreti).
1. Riepilogo contenzioso civile del Distretto
2. Riepilogo procedimenti contenzioso ordinario Corte di appello
Corte di
Appello % Tribunali % Giudici di
Pace % Corte di
Appello Tribunali Giudici di Pace
Sopravvenuti 3.466 41.235 17.551 3.532 43.825 18.854
Definiti 3.797 43.653 19.444 3.770 46.616 21.010
Pendenze 7.901 34.333 7.325 8.229 44.955 9.077
- 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 50.000
Lug 15- Giu 16 % Lug 14- Giu 15
Sopravvenuti 1.958 1.876
Definiti 1.623 1.887
Pendenze 6.809 6.476
Produttività media 208 220
- 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 6.000 7.000 8.000
-2%
1%
-4%
2014 - 2015 2015 - 2016
130 20
0 50 100 150 200
Personale amministrativo Organico
In servizio 130
Vacanti 20
% scopertura
-6%
-6%
-24%
-7%
-7%
-19%
2014 – 2015 2015 - 2016
4%
-14%
5%
-5%
2.3 Programmi predisposti per la riduzione dell’arretrato
Nella sezione civile continua lo spoglio preventivo dei fascicoli di nuova iscri- zione, che consente d’individuare, fissare e decidere entro un breve lasso tem- porale gli appelli inammissibili (perché tardivi, o perché non rispettano i canoni formali prescritti dal novellato art. 342 c.p.c.), quelli improcedibili (art. 348 c.p.c., perché l’appellante s’è costituito in ritardo), quelli che non presentano una ra- gionevole probabilità d’essere accolti (art. 348 bis c.p.c.), e le cause di pronta soluzione.
Non ha invece sinora prodotto risultati significativi nella auspicata riduzione dell’arretrato ultrabiennale la cooperazione data dai dieci Giudici Ausiliari:
immessi nelle funzioni il 16\2\2016, esonerati dal tirocinio in quanto esercenti la professione di avvocato, hanno cominciato a prendere cause in decisione a decorrere dal mese di marzo 2016 e - tenuto conto dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. - nel primo semestre del 2016 hanno potuto depositare un numero insigni- ficante di sentenze (26).
L’arretrato è diminuito rispetto all’anno precedente del 4% (considerando l’in- tero contenzioso civile, la volontaria giurisdizione e il contenzioso del lavoro e previdenza) con la precisazione che nel primo semestre del 2016 la Sezione civile ha azzerato l’arretrato dei procedimenti di volontaria giurisdizione (gran parte dei quali pendeva da oltre uno/due anni, benché si trattasse di giudizi intrinsecamente urgenti). Si tratta, per la gran parte, di procedimenti che hanno ad oggetto questioni relative all’assegno di mantenimento dovuto al coniuge o ai figli, oppure alla disciplina di modi e tempi d’incontro dei genitori separati o divorziati coi figli; oppure giudizi urgenti per esplicita previsione normativa (ricorsi per equo indennizzo, e relative opposizioni - cd. “legge Pinto”-, che do- vrebbero essere definiti, rispettivamente, in un mese ed in quattro).
La progressiva erosione dell’arretrato continua anche nel distretto: risulta diminuito del 3,41% presso il Tribunale di Sulmona; del 5,72% presso il Tribunale di Teramo, del 6,58% presso il Tribunale di Vasto, dell’11,14 e dell’11,66% presso i Tribunali di Lanciano e Chieti, del 12,90% in quello di Pescara, del 17,60% in quello di Avezzano, del 6% presso il Tribunale per i Minorenni.
In controtendenza è il solo Tribunale di L’Aquila (presso il quale la penden- za è aumentata del 21,65%), ma il fenomeno trova spiegazione nell’abnorme incremento dei procedimenti tesi al conseguimento di misure di protezione internazionale (cui si dedica altro paragrafo della presente relazione), per la definizione dei quali solo dallo scorso ottobre è stata richiesta e disposta l’appli- cazione extradistrettuale di un magistrato dell’ufficio del massimario.
Quanto ai tempi di durata dei procedimenti, continua la generale tendenza
declinante, nonostante le descritte scoperture di organico. E, tuttavia, deve evi- denziarsi come il principio della ragionevole durata sia rispettato per la quasi totalità delle cause in materia di lavoro e previdenza, di separazione e divorzio, delle esecuzioni mobiliari e dei procedimenti in camera di consiglio.
Avuto riguardo, invece, ai processi civili contenziosi diversi da quelli appena indicati, ai fallimenti ed alle procedure esecutive immobiliari, il risultato ri- sulta raggiunto, anche quest’anno, dal solo Tribunale di Lanciano, presso il quale è assolutamente trascurabile il numero di processi di durata ultratriennale.
Presso i Tribunali del distretto il contenimento va riferito soltanto alla durata
“media” di tutti i processi contenziosi, ma resta ancora apprezzabile il numero di quelli che eccedono il termine di ragionevole durata, specialmente presso i Tribunali di Avezzano e Teramo e presso la Corte d’Appello.
2.4 Lavoro, previdenza ed assistenza
Le controversie sono significativamente diminuite in tutto il distretto, con il ri- sultato di ridurre del 37% la pendenza finale. La Sezione Lavoro di questa Corte vanta in assoluto le migliori condizioni di operatività: la pianta organica (4 con- siglieri, oltre al presidente) è interamente coperta da anni, la sopravvenienza è si- gnificativamente diminuita, la resa definitoria è stata, come sempre, eccellente.
Proprio per tali ragioni, fatta la doverosa comparazione con i carichi di lavoro della sezione civile e considerata la costante sofferenza in cui questa continua a versare, a far tempo dal marzo del 2016 uno dei consiglieri della sezione è stato applicato in via esclusiva alla sezione civile.
La Sezione, che tiene una udienza settimanale, dedica regolarmente una udienza mensile alle cause di previdenza, diminuite sotto il profilo quantitativo, a seguito della legge 111/2011, che ha inserito l’art. 445 bis nel codice di rito, escludendo l’appello avverso le sentenze in materia di invalidità civile, di pensione e di asse- gno di invalidità; residuano peraltro le cause più complesse, aventi ad oggetto, per la gran parte, contributi e pensioni, cui viene dedicata in media una udienza mensile con un carico numerico medio di 12 procedimenti per consigliere; que- sto è, invece, più basso (6 in media) nell’udienza mensile dedicata ai licenziamenti della c.d. riforma Fornero, fissati in tempi molto ristretti in coerenza con quanto stabilito dalla legge, al fine di garantire tempi certi e vicini di definizione.
Nel periodo di riferimento, si attestano i seguenti dati per l’intero contenzioso:
pendenti 1.7.2015 1227
sopravvenuti 1083
definiti 1372
pendenti 30.6.2016 938
con un abbattimento percentuale del 27%
secondo il seguente prospetto diviso per materia:
previdenza-assistenza obbligatoria:
pendenti inizio periodo 20 cause
sopravvenute 41 cause
definite 28 cause
pendenti fine periodo 33 cause
previdenza - prestazioni
pendenti inizio periodo 227 cause
sopravvenute 315 cause
definite 284 cause
pendenti fine periodo 258 cause
previdenza - opposizione a ordinanze ingiunzione
pendenti inizio periodo 11 cause
sopravvenute 18 cause
definite 12 cause
pendenti fine periodo 17 cause
lavoro dipendente da privato
pendente inizio periodo 403 cause
sopravvenute 285 cause
definite 482 cause
pendenti fine periodo 206 cause
procedimenti speciali (licenziamenti legge fornero)
pendenti inizio periodo 10 cause
sopravvenute 42 cause
definite 33 cause
pendenti fine periodo 19 cause
pubblico impiego
pendenti inizio periodo 455 cause
sopravvenute 339 cause
definite 421 cause
pendenti fine periodo 373 cause
pubblico impiego con pregiudiziale in materia di efficacia, validità o interpretazione
pendenti inizio periodo 70 cause
sopravvenute 15 cause
definite 20 cause
pendenti fine periodo 65 cause
22
rapporto di lavoro parasubordinato
pendenti inizio periodo 80 cause
sopravvenute 24 cause
definite 89 cause
pendenti fine periodo 25 cause
altri istituti e leggi speciali
pendenti inizio periodo 1
sopravvenute 4
definite 3
pendenti fine periodo 2
In aggiunta al lavoro ordinario sopra riportato, dal febbraio all’aprile 2016, nell’ambito di una fattiva collaborazione, i giudici della sezione lavoro (con esclu- sione del Presidente) hanno definito all’incirca 400 procedimenti monitori ine- renti i risarcimenti di cui alla legge Pinto.
Non sono ancora valutabili gli effetti delle riforme del c.d. pacchetto Jobs Act che stabiliscono l’introduzione del contratto di lavoro a tutele crescenti, valido solo per gli assunti in data successiva al 7 marzo 2015; la medesima data segna il passaggio al rito semplificato, che si aggiunge al rito “speciale” introdotto dalla legge Fornero.
3. Riepilogo controversie in materia di lavoro previdenza e assistenza obbligatoria nel Distretto
4. Riepilogo giustizia penale Tribunali del Distretto
Corte di
Appello % Tribunali % Corte di
Appello Tribunali
Sopravvenuti 1.083 9.335 1.120 12.652
Definiti 1.372 10.235 1.344 13.466
Pendenze 938 6.551 1.278 10.394
- 2.000 4.000 6.000 8.000 10.000 12.000 14.000 16.000
Trib.
Dibatt.
Coll. % Trib.
Dibatt.
Mon. % Trib.
GIP/GUP % Trib.
Dibatt.
Coll.
Trib.
Dibatt.
Mon.
Trib.
GIP/GUP
Sopravvenuti 445 10.830 24.904 446 10.176 24.005
Definiti 362 11.196 26.220 390 10.201 25.036
Pendenze 881 17.311 10.311 795 17.703 11.697
- 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000
2014 - 2015 2015 - 2016
2014 - 2015 2015 - 2016
-3%
2%
-27%
-26%
-24%
-37%
-0,2%
-7%
11%
6%
10%
-2%
4%
5%
-12%
3. I procedimenti di protezione internazionale
Come anticipato nelle note introduttive, l’immigrazione è il tema dell’anno per la politica, per l’Europa, per il mondo, e lo è anche per la giurisdizione che, ancora una volta, deve essere capace di rispondere alle sollecitazioni della realtà ed appre- stare i presidi indispensabili per tutelare “i diritti senza terra… che vagano nel mondo glo- bale alla ricerca di un costituzionalismo anch’esso globale che offra loro ancoraggio e garanzia”
(S. Rodotà), in cerca di opportunità economiche o per sfuggire a condotte perse- cutorie, conflitti interni, cambiamenti climatici e disastri naturali.
Com’è noto, la maggior parte dei migranti proviene dall’Africa sub-sahariana, passando per la Libia dopo un lungo viaggio attraverso l’Africa; spesso l’Italia è soltanto una tappa versopaesi più a nord. La durata media del viaggio dal paese di origine, organizzato da trafficanti di esseri umani operanti per lo più in Niger e Sudan, è in media di 20 mesi, mentre il tempo di permanenza in Libia è di circa 14 mesi. Vi è una ragionevole certezza che il lungo tempo del viaggio sia spesso vissuto in un contesto di violenze (anche sessuali), torture e detenzioni, talvolta anche lavori forzati per pagare ai trafficanti un viaggio che costa in media 1.500 dollari. Sono questi, infatti, i racconti che ricorrono continuamente nelle richieste di protezione internazionale rivolte alla giurisdizione, confermati da numerose in- chieste giornalistiche e dalle indagini svolte dagli uffici giudiziari di “confine”.
3.1 L’art. 10, comma 3, della Costituzione recita: “Lo straniero, al quale sia impe- dito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.”
Secondo la Convenzione di Ginevra “è riconosciuto rifugiato colui che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese”.
La norma ordinaria di riferimento è l’art. 2 lett. a) d. lgs. n. 251/2007, secondo il quale la “protezione internazionale” comprende sia lo status di rifugiato, sia la protezione sussidiaria, di cui alle successive lettere f) e h), mentre la c.d.
protezione umanitaria è disciplinata dall’art. 5 co. 6° d. lgs. n. 286/1998.
Il Giudice è chiamato ad accertare e valutare le circostanze di fatto (talvolta sup- portate da altri elementi o documentazione, se disponibili) che il migrante pre- senta con la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, per verificare se siano soddisfatti i requisiti sostanziali per la protezione internazionale. L’onere della prova della persecuzione grava, infatti, sul richiedente lo status di rifugiato, ma l’allegazione sul fumus persecutionis è supportata dall’attività di ufficio nella ri- cerca delle informazioni sulle condizioni geopolitiche del Paese di provenienza.
Il secondo livello di protezione, in difetto delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato, è quello della protezione sussidiaria. In tal caso, lo straniero ha diritto alla protezione nella prospettiva di danni gravi ed ingiusti- ficati che potrebbero attingerlo nel caso di ritorno al paese di origine, ossia la tortura o altre forme di trattamento inumano, la condanna a morte o la minaccia grave contro la propria vita derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.
Vi è infine, come anticipato, una terza categoria rappresentata dalla protezione umanitaria, che può essere concessa quando sussistono gravi motivi di ca- rattere umanitario, alla luce degli obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano. La normativa sul punto non è chiara, ma si può affermare che il rilascio di permessi di natura umanitaria (principio di non refoulement) è consentito, sia pure in assenza di elementi identificativi del fumus persecutionis, sulla base di cir- costanze di fatto che inducono a ravvisare un pericolo effettivo per l’integrità psi- cofisica dello straniero. La giurisprudenza di merito più recente, preso atto della dimensione economica della migrazione, spesso scaturente dallo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali del Paese di provenienza, inizia a riconoscere le motivazioni umanitarie anche sotto il profilo della impossibilità di sopravvivenza del migrante nel Paese d’origine per l’estrema povertà che l’attinge.
Un tentativo di analisi del fenomeno per l’anno trascorso conferma una sorta di quadro etnico: i dati UNHCR - Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati - confermano, infatti, che gli immigrati sbarcati in Italia nel 2016 pro- vengono soprattutto da Nigeria (15%), Gambia (10%), Somalia (9%), Eritrea, Guinea e Costa d’Avorio (8%). La spinta all’emigrazione da questi paesi deriva da fattori di instabilità politica e sociale e, di riflesso, di natura economica; le incursioni di Boko Haram, in particolare, sono le principali responsabili della emigrazione dalla Nigeria, un Paese in cui il solo 2015 ha fatto registrare quasi 11mila morti violente.
Questi dati per la giurisdizione sono cruciali perché per la valutazione della domanda di protezione deve aversi riguardo anche alle vicende politiche del paese di origine al momento della decisione giurisdizionale, oltre che al fatto che l’istante abbia già subito persecuzioni, alla sua situazione individuale (il passato, l’età, il sesso) e a qualsiasi accadimento successivo alla fuga. Poiché è evidente la difficoltà obiettiva per chi fugge dal proprio paese d’origine di docu- mentare circostanze ed eventi che possano supportare la richiesta di protezione, ogni domanda deve essere esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul paese di origine. Il che comporta che il giudice ha davvero un ruolo attivo per l’accertamento del fatto e che la giurisdizione diviene vero e proprio presidio del rispetto dei diritti umani fondamentali e delle norme internazionali e sovrana- zionali di riferimento, vagliando la credibilità soggettiva del richiedente rispetto all’onere di provare la sussistenza degli atti di persecuzione nel paese d’origine.