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3 LA QUALITA' 3.1 La definizione di qualità

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3 LA QUALITA'

3.1 La definizione di qualità

La qualità è un fattore chiave per il successo del prodotto e per la crescita e lo sviluppo di un'azienda. Quanto è avvenuto negli anni '70 e, soprattutto, negli anni '80, ha evidenziato come il costante miglioramento qualitativo si dimostri essenziale non solo per migliorare le posizioni di mercato, ma addirittura per conservarle. Il mantenimento di livelli elevati nella qualità dei prodotti permette di raggiungere una serie di traguardi fondamentali per l'impresa: aumento della fedeltà della clientela, minore importanza del prezzo nella scelta del consumatore, incrementi delle vendite e della quota di mercato.

Sembra inoltre rappresentare una delle sfide fondamentali per le imprese degli anni '90. Chiave di volta del rapporto con il consumatore, la qualità, nelle sue varie forme, diviene un pre requisito per la scelta del prodotto.

Esiste una forte, concreta difficoltà nel definire il significato e le componenti della qualità.

Nonostante essa sia divenuta simbolo positivo del nostro vivere, discussioni irrisolute tra produttori, distributori, consumatori ne fanno uno dei misteri più noti.

Il termine qualità indica l'aspetto determinato di una realtà formale, ma il soggetto lettore della forma ne impedisce una sua definizione oggettiva. Il primo attributo della qualità è perciò la soggettività. Il passo successivo verso una definizione del concetto consiste nell'identificare i soggetti lettori della qualità.

I soggetti coinvolti nel giudizio di qualità di prodotto sono tutti coloro che entrano in qualche modo nella creazione, gestione, fruizione del bene stesso. Seguendo un processo ideale di sviluppo e uso del prodotto, possiamo allora identificare:

* = 1. il progettista;

* = 2. il produttore;

* = 3. il venditore;

* = 4. il distributore;

* = 5. il consumatore-utilizzatore.

Il progettista privilegia un concetto che si può definire di prodotto, in cui gli elementi dominanti sono le componenti tecnologiche, materiali e di funzionalità tecnica del prodotto. In questa ottica la qualità è una variabile precisa e misurabile, in qualche modo "oggettiva", anche se questa oggettività è valida solo nell'ottica soggettiva del lettore, cioè nell'accettazione del canone di misura. Le differenze nella qualità riflettono le differenze nella quantità di alcune componenti, per cui un gioiello con maggiore quantità di oro è superiore qualitativamente, un amplificatore con estensione a 60.000 Hz è superiore a uno a 30.000 Hz, un mobile in noce è superiore ad uno in faggio. La misura della qualità avviene quindi classificando in ordine d'importanza gli

"ingredienti" del prodotto e misurandone la quantità. Il problema consiste nello stilare una classifica d'importanza.

Quando qualcuno si fa consigliare nell'acquisto da un esperto (un tecnico) commette in genere un errore di ottica. Si accorgerà ben presto che la scala di valori di misura del prodotto in oggetto

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non è la stessa. L'esperto tende a privilegiare fattori tecnici, tecnologici, di prestazione assoluta, che spesso oltrepassano l'interesse o le potenzialità d'uso di un consumatore normale. Il patito della macchina fotografica consiglierà una reflex multi programmabile o una completamente manuale, con ottiche luminose e specialistiche, che servirà magari per un uso di foto ricordo.

L'esperto di automobili raccomanda il motore particolarmente brillante, l'assetto da rally, gli optional tecnici, attributi certamente non in sintonia con le esigenze di un tranquillo automobilista domenicale.

Il produttore segue un concetto che si può definire di produzione, centrato sulla pratica produttiva e sull'industrializzazione del prodotto, per cui la misura della qualità di un prodotto è data dalla sua conformità alle specifiche di produzione. In questo senso, ogni scostamento dallo standard implica una diminuzione di qualità. In questa ottica non sono confrontabili prodotti diversi, ma il prodotto con il suo ideale produttivo. Un orologio Rolex e uno Swatch si considerano parimenti di elevata qualità purché aderiscano perfettamente allo standard di industrializzazione.

Anche se si tratta di un concetto con contenuti di forte oggettività - si toglie infatti l'interferenza di ogni riferimento esterno al prodotto in sé e alla sua costruzione - ben difficilmente può venire apprezzato dall'acquirente. Può servire all'impresa per mantenere un'offerta costante, scevra da cedimenti o da variabilità che mal verrebbero accettate dalla clientela. E' quindi un concetto che risponde a criteri di controllo interni, non alla competizione di mercato.

Il venditore considera un concetto di qualità che possiamo definire di vendita: l'elemento chiave nel giudizio sul prodotto è dato dalla facilità con cui, nel breve, viene assorbito dal mercato.

L'idea di qualità si lega così alle condizioni contingenti del mercato, come l'assenza o la difficoltà della concorrenza, l'esistenza di una forte pressione sociale verso l'acquisto di un dato prodotto, fenomeni accentuati di moda e in genere tutti quegli eventi esterni, che possono favorire la vendita di un determinato bene. Evidentemente, sono importanti anche le caratteristiche intrinseche del prodotto, ma queste potrebbero rimanere le stesse e la sua qualità di vendita potrebbe invece cadere.

Si tratta di un concetto contingente che si allontana relativamente dagli attributi del prodotto.

Naturalmente privilegia una visione di breve termine, scarsamente consolidata, che è sottoposta a condizioni di rischio elevate, e considera il prezzo non come misura, ma come attributo della qualità del prodotto. Le imprese che seguono questo criterio nella gestione della qualità solo casualmente raggiungono la leadership di mercato; affidano infatti la loro sopravvivenza alla velocità e capacità imitativa del prodotto di successo del momento, a un prezzo di vendita inferiore. La qualità di vendita e quella di prodotto stanno perciò ai lati opposti della scala.

Il distributore ha un concetto di qualità che si può definire di trasferimento, legato cioè alla facilità con cui il prodotto può essere "trasferito" dal produttore al consumatore. In questo modo entrano nel concetto di qualità non solo e non tanto gli elementi in parte mutuabili dal concetto di vendita, ma soprattutto quelli relativi a caratteristiche intrinseche di prodotto, che ne rendono ottima la gestione nella distribuzione: facilità di stoccaggio, di movimentazione, di conservazione, di durata commerciale.

Si tratta quindi di valutazioni relative al parcheggio e all'uscita del prodotto dalla struttura distributiva. Il possesso di questa qualità non garantisce di per sé un successo del prodotto, ma ne rende più semplice l'accettazione da parte della distribuzione.

Il consumatore-utilizzatore possiede un concetto di qualità che si può definire di utilizzo, quindi fortemente soggettivo, in cui la valutazione qualitativa di un bene viene fatta in base al prodotto ideale. Si tratta cioè di misurare le distanze tra le alternative reali, sottoposte a giudizio, e l'ideale, valutando di maggiore qualità quella più vicina. Si abbandona così ogni ricerca di oggettività nella misura, relativizzandola al segmento di consumatori-utilizzatori prescelto.

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Questo concetto di qualità pone il consumatore come giudice e sottolinea che gli attributi contenuti nel prodotto sono strumenti per l'ottenimento di un giudizio di qualità, non sono la qualità. Anzi, la loro presenza in quantità elevate, non completamente utilizzabili, diviene fattore negativo di giudizio qualitativo. Si può parlare di qualità giusta o sbagliata e non di buona o cattiva [Stanton, Varaldo, 1986]. Esiste quindi un prodotto eccessivo, accanto a un prodotto insufficiente, ed entrambi non ricevono un giudizio positivo. Si badi che questa condizione di eccesso non riguarda il possedere attributi superiori a quelli della concorrenza, ma componenti non utilizzabili in toto o in larga misura dal consumatore, attributi che non costituiscono un insieme coerente per la soddisfazione del suo bisogno. Parafrasando Robert Musil, un prodotto senza qualità è fatto da qualità senza prodotto. In effetti basterebbe chiedere a dei consumatori potenziali cosa si intende per qualità di un dentifricio, di un pneumatico, di un caffè, per trovarsi di fronte a una discussione interminabile: ogni intervistato indicherebbe la sua scala di valori, convinto di avere la migliore.

Un corollario riguarda la caducità temporale del giudizio di qualità, che muta rispetto alle innovazioni tecnologiche, all'offerta di mercato, alla valutazione sociale. Un frutto, che pur non si presenta perfetto dal punto di vista estetico e del gusto, può venire considerato di qualità superiore perché non trattato chimicamente. In piena crisi petrolifera (1973-77) un'auto con ridotti consumi di carburante veniva considerata di qualità superiore, mentre negli anni '80 si sono privilegiati comfort e sicurezza. Prevedibilmente, negli anni '90 potrà divenire metro di giudizio il rispetto dell'ambiente.

Nella scelta del prodotto l'utente introdurrà delle valutazioni collegate alla disponibilità di risorse di acquisto, che porteranno a considerare anche il rapporto tra i benefici riconosciuti, e ricevuti, e il prezzo che deve pagare, relativizzando ulteriormente il giudizio di qualità. In questo senso il prezzo rappresenta la misura e non, come nell'approccio di vendita, un contenuto della qualità. A volte, addirittura, in mancanza di fonti di informazione più specifiche, la qualità di un prodotto viene giudicata esclusivamente in base al prezzo, secondo un assioma che recita: prezzo alto uguale a qualità elevata.

L'approccio di marketing, per l'ottica di attenzione al mercato che lo caratterizza, tende a privilegiare il concetto di qualità di utilizzo. Pur tuttavia ciò non significa che esista un concetto di qualità migliore degli altri, solo uno più adatto alla fase del processo di sviluppo e di uso del prodotto in cui ci si trova. Il progettista deve poter seguire una filosofia di prodotto, il produttore di produzione, il venditore di vendita, il distributore di trasferimento, ma comunque nessuno può perdere di vista il giudizio del consumatore-utente, al quale è indirizzato il frutto del loro lavoro.

Si può parlare di qualità totale, come del risultato dell'attenzione all'insieme di questi concetti.

Quindi la qualità totale risponde alla qualità attesa dal consumatore-utilizzatore attraverso la percezione della qualità relativa, che deriva dal confronto tra la qualità fornita dall'impresa e quella fornita dai concorrenti. La qualità fornita si sviluppa su quattro dimensioni:

* = 1. la progettazione; prende forma dalla collaborazione tra le funzioni di Ricerca e Sviluppo, che presiedono alle conoscenze tecnologiche, Acquisti, che porta le conoscenze relative ai mercati di fornitura di materie prime e componenti, Marketing, che evidenzia le attese della clientela;

* = 2. gli acquisti; ad essi è demandata la responsabilità della selezione della qualità delle forniture di materiali e componenti del prodotto;

* = 3. la produzione; deve fornire uno standard di prodotto costante nel tempo e per lotti diversi;

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* = 4. la logistica; assicura il livello di servizio al clien-te, da cui dipende spesso la percezione della qualità del servizio promessa.

La qualità totale di prodotto, cioè la capacità complessiva che questo ha di svolgere le sue funzioni rispetto alle attese di un pubblico definito, riavvicina quindi il consumatore e il produttore in un vincolo di fedeltà, riducendo il turn over dei clienti, attraendo nuovi clienti attraverso prestazioni più elevate, aiutando a combattere la concorrenza e divenendo un punto di forza stabile nei confronti della distribuzione.

Recenti ricerche<$FCi si riferisce in particolare alla ricerca PIMS (Profit Impact df Market Strategy) svolta su più di 450 aziende e 3.000 unità strategiche di business, da parte dello Strategic Planning Institute, Cambridge, Mass., U.S.A.> hanno evidenziato un collegamento diretto tra qualità percepita, quota di mercato e redditività, fino ad affermare che "sul lungo periodo il fattore più importante che influisce sul rendimento di una unità di business è la qualità dei prodotti e dei servizi forniti, in relazione a quelli dei concorrenti" [Buzzell e Gale, 1988].

3.2 Le dimensioni della qualità

Evidenziata l'importanza che la qualità ha assunto come base per il successo di un prodotto, diviene necessario identificare quali siano le dimensioni che costituiscono la percezione della qualità nel consumatore. Garvin [1984] ne propone otto, altri autori [Serraf, 1983; Blanchard, 1983; Buzzell e Gale, 1988] ne aggiungono e accorpano altre. Una classificazione potrebbe percorrere i seguenti punti:

* = 1. prestazioni; si riferiscono alla capacità che il pro-dotto possiede di soddisfare i benefici attesi di tipo funzionale e fisico; per un computer può riguardare la velocità di elaborazione, la capacità di memoria RAM, la definizione grafica; per un paio di jeans la robustezza del tessuto, delle cuciture, la vestibilità;

* = 2. attributi; riguardano il contenuto tecnico del pro-dotto, che viene valutato in sé, relativamente a possibili prestazioni aggiuntive, al momento non considerate o giudicate interessanti, o a una qualità di prodotto generica; per un computer può essere il tipo di processore, per un mobile il tipo di legno o di verniciatura, per un libro il tipo di carta, per una maniglia verniciata il genere di metallo (ottone, ferro, ecc.);

* = 3. estensioni; sono relative a prestazioni aggiuntive ri-spetto ai benefici attesi, completano spesso il livello di servizio legato al prodotto; la percezione di qualità che suggeriscono dipende dalla capacità dell'impresa di evidenziarle come elementi aggiuntivi e differenzianti; per un'automobile potrebbe essere un numero elevato di accessori opzionali, per una maglia le versioni di colore, per una segreteria telefonica le funzioni sofisticate di gestione a distanza, per un video registratore la programmabilità mensile, per un prodotto alimentare la confezione;

* = 4. affidabilità; riguarda la possibilità di rotture in un periodo di tempo definito, e quindi soprattutto beni di utilizzo durevole; può essere misurata in MTFF<$FMean Time to First Failure.>, tempo medio fino alla prima rottura, o in MTBF<$FMean Time Between Failures>, tempo medio fra rotture; si tratta di una dimensione cui il consumatore è in genere piuttosto sensibile, poiché il disagio percepito di fermata e riparazione di un prodotto è sempre più elevato, sia per la difficoltà di reperimento del riparatore, sia per il costo, sia per i tempi necessari; spesso occorrono mesi per ottenere riparazioni di elettronica o di meccanica di consumo, senza parlare dei disagi dei costi che una rottura può comportare nel caso di un bene destinato alla produzione;

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* = 5. conformità; misura la corrispondenza del prodotto al suo standard e quindi agli altri prodotti della stessa marca e/o tipo; al di là di intuibili vantaggi interni per l'impresa, conformità significa facile sostituzione, riparazione, utilizzo del bene da parte del consumatore; permette inoltre un uso multiplo e un acquisto successivo nel tempo di diverse quantità di prodotto;

* = 6. compatibilità; valuta l'aderenza del prodotto allo standard di mercato; questo fattore ha assunto importanza crescente in prodotti complementari o che entrano in combinazione con altri;

la compatibilità dei computer è divenuta parte fondamentale del giudizio di qualità, i radiatori, come pure spine e interruttori, devono risultare compatibili allo standard degli impianti preesistenti, i mobili devono potersi combinare secondo le necessità del singolo e quindi le loro parti devono avere assoluta compatibilità;

* = 7. durata; esprime la misura della vita del prodotto nelle sue componenti tecniche, economiche e di mercato; dal punto di vista tecnico è la "quantità d'uso" che si ottiene da un prodotto prima che si deteriori definitivamente; il concetto è facilmente comprensibile nel caso dell'usura di una lampadina; dal punto di vista economico il giudizio riguarda la sua convenienza di funzionamento, cioè il rapporto costo/prestazione relativo al suo uso o alla sua sostituzione, ad esempio nel caso di un'auto vecchia ancora funzionante, con costi di consumo e riparazione elevati; dal punto di vista di mercato un prodotto può avere durata più o meno breve a seconda dell'influenza delle mode, come nell'abbigliamento, o dell'obsolescenza indotta dall'apparire di altri beni sostitutivi, come il lettore di compact disk rispetto al giradischi tradizionale;

* = 8. assistenza; si riferisce alla facilità di contatto, rapidità, competenza, cortesia, delle riparazioni o delle consulenze relative all'uso del prodotto; la percezione della qualità riguarda quindi sia il servizio pre vendita che post vendita; come si è già sottolineato, a volte all'azienda produttrice sfugge il controllo dell'assistenza; si rischia così di vanificare, nel caso si riveli deficitaria, l'immagine di qualità del prodotto;

* = 9. estetica; riguarda la forma, il colore, il design di un prodotto; la misurazione di questa dimensione presenta alcune difficoltà relative alla soggettività della percezione, ma deve comunque venire considerata, poiché, spesso, almeno il giudizio iniziale è legato al modo di apparire, diventando, in molte tipologie di prodotti, parte significativa della valutazione; è questo il caso ad esempio delle automobili, dell'arredamento, dei dolciumi, dell'abbigliamento;

* = 10. comunicazione; è la capacità di comunicare la qualità al pubblico obiettivo; spesso, a causa di imperfezioni o errori nella comunicazione, l'immagine percepita di un prodotto non è coerente con le altre dimensioni della qualità; ci si dimentica che l'utente è raramente un esperto, che la tecnicità va tradotta in valore d'uso.

L'attenzione dell'impresa deve essere posta su ognuna delle dimensioni; infatti, la percezione complessiva può risultare negativa o bassa anche solo per incuria in una o poche di esse. Le dieci dimensioni rivestono, inoltre, un'importanza strategica, poiché l'impresa può decidere di affrontare la competizione di mercato e la differenziazione attraverso l'enfatizzazione di alcune, mantenendo comunque un livello accettabile nelle altre. In questo senso, rispetto alle attese di qualità del consumatore, è necessario identificare una scala gerarchica delle dimensioni facendo leva su quelle più importanti.

Le dimensioni della qualità possono rappresentare delle direttrici di posizionamento.

L'affidabilità può servire a colpire una nicchia del mercato particolarmente sensibile a questa caratteristica. E' il caso della Caterpillar, che studia condizioni di utilizzo estreme per le proprie

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macchine movimento terra, in luoghi lontani da officine o riparatori, posizionandosi come estremamente affidabile. La Fiat ha considerato per anni le prestazioni (ripresa, accelerazione, velocità) come elemento portante, ma non i materiali componenti. Il posizionamento risultante è stato di marca di buone prestazioni motoristiche e di scarsa qualità dei materiali.

L'analisi delle dimensioni rappresenta il primo passo per la soluzione dei problemi della qualità.

Occorre poi trovare misure della qualità confrontabili nel tempo; si deve attuare un processo continuo di creatività e affinamento qulitativi in ogni fase del processo di sviluppo del prodotto, dalla creazione al suo utilizzo; è necessario valutarne il risvolto economico e di redditività indotta.

3.3 La misura della qualità

La misurazione del livello di qualità raggiunto avviene attraverso la valutazione della qualità di utilizzo, ovvero della qualità percepita dal consumatore utilizzatore del prodotto. La fonte del giudizio è quindi il mercato e non l'esperto, al quale sarà invece demandata la ricerca delle soluzioni di miglioramento. Il processo di valutazione della qualità può essere suddiviso nelle seguenti fasi:

* = 1. costruzione della graduatoria delle dimensioni per segmento di mercato;

* = 2. specificazione delle componenti di ogni dimensione;

* = 3. assegnazione dell'importanza relativa di ogni componente nel giudizio del consumatore- utilizzatore;

* = 4. valutazione del livello di qualità in ogni singola componente, raggiunto dall'impresa e dai suoi principali concorrenti;

* = 5. valutazione del livello di qualità di ogni componente, raggiunto nel settore;

* = 6. valutazione del livello di qualità della tipologia di componente nel mercato;

* = 7. valorizzazione dei differenziali di qualità;

* = 8. scelta delle "strade" di miglioramento percorribili.

La prima fase consiste nella costruzione di una graduatoria delle dimensioni, valutando quali siano le più importanti per il consumatore, riferendole al segmento di mercato a cui il prodotto è diretto. La graduatoria dovrebbe essere stilata per ogni prodotto/segmento e non in generale per il segmento, poiché all'interno dello stesso raggruppamento di consumatori la chiave di giudizio potrebbe variare, come indicato nella figura 3.1, per categorie di prodotti diversi. La percezione dell'importanza della dimensione cambia, inoltre, a seconda della sua diffusione. Una dimensione a cui corrisponde un'offerta di tutti i concorrenti allo stesso livello, ad esempio la compatibilità, può essere sentita relativamente poco importante perché data per scontata, salvo ridivenire essenziale in caso di improvvisa mancanza.

Il momento successivo riguarda la specificazione delle componenti. Si tratta di descrivere con completezza gli elementi di ogni dimensione, non scartando quelli che non vengono comunemente sottoposti a controlli di qualità o che vengono considerati normalmente ininfluenti

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nella votazione. Al limite, nella fase successiva (figura 3.2), verrà loro assegnato un peso equivalente a zero.

Nella terza fase, a ogni componente si assegna un peso (figura 3.3), che può essere percentile, come valutazione dell'importanza che questa ricopre nel giudizio di qualità del consumatore. Al mutare delle condizioni di offerta e/o di domanda, il peso può variare anche rapidamente nel corso del tempo. Va quindi monitorato continuamente, variandone il valore ogni qualvolta si renda necessario, rivolgendo l'attenzione al cambiamento dei giudizi sulle singole offerte delle imprese concorrenti solo successivamente. E' possibile, infatti, che l'impresa cada nell'errore di concentrarsi su componenti interne ormai poco importanti.

Successivamente si assegna un punteggio al livello di qualità raggiunto dall'impresa e dai concorrenti principali (figura 3.3), badando di scegliere come riferimento sia quelli considerati al top della qualità, sia quelli con cui esiste un confronto quotidiano sul mercato. Avrebbe poco senso allargare la valutazione alla concorrenza inferiore per qualità, se non per riverificarne il distacco. E' importante che il giudizio sia quello del mercato, così come viene percepito, senza indulgere, da parte dell'impresa,in autogratificazioni o in commiserazioni eccessive.

Interessante è, a questo proposito, il confronto con la situazione complessiva del settore e con il giudizio che, in generale, sta ottenendo nel mercato quel tipo di componente. S'intende così tenere sotto osservazione cosa sta avvenendo in altri settori, che notoriamente costituiscono ipotesi di tendenza, anche lontani da quello di pertinenza. Evidentemente questo confronto si può condurre soltanto per quelle parti che non presentano una specificità eccessiva. Nel caso della figura 3.4, che riguarda il radiatore da bagno, si può confrontare in termini generali il peso e la situazione del colore, del design complessivo, della rifinitura delle saldature (migliori in generale di quanto l'azienda riesca a proporre), del tipo di verniciatura (in cui la qualità fornita dall'azienda è superiore), mentre le altre componenti, essendo specifiche, non possono partecipare alla valutazione .

Il passaggio più difficile del processo riguarda senza dubbio la valorizzazione del differenziale di qualità. Per ottenerla si dovrebbe operare su due dimensioni: una esterna, relativa alla crescita di prezzo che il consumatore accetta alla percezione di un incremento di qualità di prodotto; una interna, relativa alla crescita di redditività all'aumento della qualità.

Sulla seconda dimensione esistono studi empirici (PIMS, ASSESSOR<$FIl sistema ASSESSOR, ideato da Novaction (F) e da Management Decision System (Boston, U.S.A.), ha esaminato 500 casi di prodotti di largo consumo sottoposti a test in Europa, U.S.A., Giappone, Australia.>) che dimostrano un forte legame tra incremento della qualità, aumento della quota di mercato, crescita della redditività (figura 3.5). La correlazione può naturalmente essere verificata soltanto su base statistica, poiché una valutazione diretta sul singolo caso risentirebbe in maniera sensibile della situazione ambientale (azioni della concorrenza, atteggiamento del consumatore, immagine dell'impresa, innovazione tecnologica, ecc.); inoltre, i risultati dell'effetto della qualità sono misurabili soltanto in tempi medio-lunghi.

Maggiore incertezza esiste sulla prima dimensione, superabile in parte richiamandosi al concetto di prezzo psicologico [Collesei, 1989 a] e adattandolo alla misura del valore monetario della qualità. In questo senso si dovrebbe quindi procedere a un'indagine presso il consumatore, chiedendo di valorizzare il differenziale percepito di qualità, in assoluto o tra un gruppo ristretto di concorrenti. La risposta dovrebbe prevedere un valore minimo e un valore massimo. La maggiore distanza delle curve dei valori minimi e massimi darebbe il valore della differenza di qualità maggiormente condiviso dal mercato. Evidentemente si tratta di una valorizzazione teorica, che dovrebbe servire come base per la scelta dell'impresa. Quest'ultima, infatti, potrebbe decidere di riversare il differenziale sul prezzo; oppure costituirne un vantaggio competitivo al fine di aumentare la quota di mercato, a seconda della situazione interna (dimensione, capacità produttiva, capacità distributiva) o esterna (situazione della concorrenza e della domanda),

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posizionando la propria offerta di prezzo/qualità in termini economici, medi o di premio, come indicato nella figura 3.6, purché accettabili dal mercato. Non bisogna dimenticare infatti che una politica di prezzo molto elevato potrebbe vanificare la risposta di mercato alla qualità superiore, non venendo più percepito come conveniente il rapporto tra i due elementi.

Per riuscire ad ottenere un buon risultato di mercato, il differenziale positivo di qualità percepita rispetto a quella della concorrenza deve essere significativo, non minimo. La misura infatti, avendo base soggettiva e percettiva, non ha senso su differenze molto basse. Lo scarto deve quindi essere sensibile. I costi relativi al miglioramento qualitativo dovranno risultare compensati dai vantaggi di reddito, sebbene questi raramente potranno emergere nel breve termine.

Il paradosso della qualità percepita di prodotto consiste quindi nel fatto che, pur trattandosi senza ombra di dubbio di un elemento cardine per la crescita della quota di mercato e della redditività dell'azienda, non si riesce a definirne in modo diretto e preciso il valore per il mercato. L'unica misura possibile riguarda la posizione nei confronti della concorrenza, e quella rispetto a un'ideale teorico del consumatore-utilizzatore. L'analisi dei differenziali esistenti traccia le strade da percorrere nel miglioramento della qualità, indirizzando gli sforzi secondo una logica gerarchica; assegnando cioè precedenza alle dimensioni e alle componenti più importanti per il mercato.

Il raggiungimento di una ottima qualità di prodotto passa attraverso due sforzi complementari:

l'accuratezza nel miglioramento continuo del particolare e la creatività dell'innovazione.

Entrambi sono necessari, assieme a quello dell'impresa nel rendere edotta la propria clientela sulle conquiste ottenute nel campo della qualità. Al raggiungimento dei risultati di reddito, si aggiungono quelli di soddisfazione del consumatore e del miglioramento dell'offerta complessiva del mercato, ma non basta. La ricerca della qualità ha un valore positivo sia in termini personali, che sociali. L'identificazione con il prodotto da parte dell'imprenditore, del management, delle maestranze è comunque presente, ma gratifica solo nella percezione del ben fatto: il prodotto di qualità è il buon lavoro di un uomo di qualità.

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