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4.1. La senescenza cellulare

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4. Introduzione

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4.1. La senescenza cellulare

Il fenomeno della senescenza cellulare fu descritto per la prima volta da Hayflick nel 1961 (30) come l’incapacità dei fibroblasti primari umani di proliferare indefinitamente in coltura. Hayflick osservò un primo periodo di rapida proliferazione seguito da una diminuzione e infine da un arresto del tasso di divisione cellulare. Ciò era accompagnato da forti cambiamenti nella morfologia (aumento di volume, aspetto appiattito e allargato), nelle caratteristiche nucleari, nell’espressione genica, nella sintesi proteica e nel metabolismo. In questa condizione, le cellule erano incapaci di rispondere a stimoli mitogenici benché fossero metabolicamente attive (13), (75). Questa condizione fu chiamata “senescenza replicativa” in quanto causata dalla diminuzione, ad ogni replicazione, di fattori la cui perdita limitava la proliferazione cellulare. Inizialmente, quindi, fu vista come un meccanismo intrinseco alla cellula. Uno dei fattori intrinseci fu individuato nell’accorciamento dei telomeri che avviene progressivamente, di generazione in generazione, in cellule primarie umane a causa della mancanza dell’enzima telomerasi (10). L’accorciamento dei telomeri, quindi, limita il potenziale proliferativo di queste cellule tanto che costituisce il loro

“orologio biologico” ma non è sicuramente l’unico meccanismo alla base della senescenza delle cellule di mammifero. Ciò è dimostrato dal fatto che fibroblasti embrionali di topo (MEFs), se propagati in coltura, dopo 5-10 generazioni manifestano senescenza pur avendo lunghi telomeri e alti livelli di telomerasi (64). Questo tipo di senescenza prematura, chiamata “indotta da stress”, è causata dall’accumulo in coltura di tutta una serie di insulti fisiologici che agiscono sulla cellula danneggiandola a più livelli (7), (8), (48). È quindi un meccanismo di tipo estrinseco. Alcuni di questi stress, come danni al DNA, la presenza di radicali liberi dell’ossigeno, l’over-espressione di oncogeni possono dare origine a un fenotipo senescente (Fig.4.1).

Fig.4.1. I molteplici tipi di stress che possono indurre senescenza cellulare(22)

(3)

L’arresto proliferativo che accompagna la senescenza è una strategia che la cellula mette in atto per difendersi dalla tumorigenesi (14). L’altra strategia, non meno importante, è l’apoptosi. Ciò è dimostrato dal fatto che alla base di entrambi i processi c’è l’attivazione di due assi fondamentali ad azione oncosoppressoria: l’asse p19

ARF

/p53/p21 e l’asse p16/Rb (Fig.4.2).

4.2. L’asse p19

ARF

/p53/p21

4.2.1. La proteina p53.

È un fattore di trascrizione molto importante nella regolazione del ciclo cellulare e nella soppressione tumorale. Il suo gene (TP53) si trova sul cromosoma 17 nell’uomo e 11 nel topo.

Deriva il suo nome dal peso molecolare (53kDa) e, nella sua struttura terziaria, possiamo distinguere tre domini: un dominio di trascrizione-attivazione (TAD) N-terminale che attiva altri fattori di trascrizione, un dominio centrale che si lega al DNA (DBD) e un dominio di omo- oligomerizzazione (OD) in posizione C-terminale che promuove la formazione della forma attiva tetramerica. In condizioni normali, la proteina si trova legata a MDM2 (ubiquitina ligasi di tipo E3) che ne promuove la degradazione ed è per questo estremamente instabile percui non raggiunge concentrazioni abbastanza elevate da esplicare la sua funzione di attivatore trascrizionale. Nel caso di danno al DNA, invece, p53 esplica la sua azione antitumorale bloccando la cellula in fase G1 o G2 se il danno è riparabile o mandando la cellula in apoptosi se il danno è di ampia portata. In risposta a insulti come, per esempio radiazioni γ, si attiva una cascata di trasduzione del segnale mediata dalle proteine ATM/ATR (Ataxia Telangiectasia Mutated/ATM and Rad3-related kinase) e Chk1/Chk2 (Check-point kinase 1 e 2) che porta alla stabilizzazione di p53 mediante forsorilazione.

Fig.4.2. I due assi regolatori p19ARF/p53 e p16/Rb alla base della senescenza cellulare e le loro interazioni (8)

(4)

p53 stabile può adesso indurre il blocco proliferativo associato alla senescenza passando attraverso l’attivazione di p21 o, nell’uomo, indipendentemente da esso (8).

Un altro pathway di attivazione di p53 coinvolge il fattore pro-senescente p19

ARF

.

4.2.2. La proteina p19

ARF

.

Questo fattore pro-senescente (p14

ARF

nell’uomo) è codificato da un gene che si trova nel locus INK4A (Inhibitor of Kinase 4) e che comprende sia il gene codificante per p19

ARF

sia per p16 (22) (Fig.4.3).

Il locus INK4A si trova nella parte distale del cromosoma 4 nel topo, sul cromosoma 9 nell’uomo ed è composto da sei esoni e tre promotori, che controllano l’espressione di tre proteine, p15, p16 e p19

ARF

. Queste ultime due condividono l’esone 2 partendo dallo stesso promotore. Sono due varianti dello stesso locus con diversi moduli di lettura, determinati da due promotori distinti. In questo modo, la suddivisione dei messaggeri a formare le due proteine è, per p19

ARF

: esone E1β e parte dell’esone 2. Per p16 invece: esone E1α, parte dell’esone 2 e parte dell’esone 3 (22), (67).

L’overespressione di oncogeni come Myc, Ras, promuove la sintesi di p19

ARF

(50) che, legandosi all’ubiquitina MDM2, la sequestra al legame con p53 impedendo la degradazione di quest’ultima e, quindi, stabilizzandola.

4.2.3. La proteina p21.

Anch’esso fattore pro-senescente, appartiene alla famiglia delle CIP (Proteina Inibitoria delle Cicline chinasi-dipendenti) che si legano a tutti i complessi Cdk1-, Cdk2-, Cdk4- e Cdk6-ciclinaD inibendoli. Questa famiglia, quindi, ha un ruolo importantissimo nel controllo del ciclo cellulare (Fig.4). Nei mammiferi, le proteine CIP sono tre: p21, p27 e p57. Esse hanno sequenze molto simili tra loro. Come detto in precedenza, p53, agendo come fattore di trascrizione, induce l’espressione di p21 che, inibendo il legame Cdk-cicline, porta al blocco del ciclo cellulare in G1 e G2. Questo blocco persiste fino a quando il danno al DNA non è stato riparato e i livelli di p53 e p21 non sono diminuiti (49). Sorprendentemente, cellule MEF in cui p21 sia stata deleta vanno ugualmente in senescenza (59) suggerendo che questa proteina non è necessaria nello stabilirsi del processo e che

Fig.4.3. Il locus INK4A e il contributo dei singoli esoni alla sintesi dei vari messaggeri (22)

(5)

esistono altre proteine che possono compensare la sua assenza. Inoltre, ciò va contro il modello secondo il quale p21 costituirebbe un legame tra l’asse p19

ARF

/p53/p21 e l’asse p16/Rb (Fig.4.2).

4.2.4. PAI-1, un altro bersaglio di p53.

L’Inibitore dell’Attivatore del Plasminogeno (PAI-1) è considerato un marcatore della senescenza in fibroblasti di mammifero, sia in vivo che in vitro. Esso è coinvolto nell’induzione della senescenza cellulare da parte dell’asse p19

ARF

/p53/p21 (34), (40), (51), (53). PAI-1 è una serpina extracellulare che, inibendo l’attività di uPA (urokinase-type Plasminogen Activator) controlla il rimodellamento della matrice extracellulare. La trascrizione di uPA è indotta da numerosi fattori di crescita. Quando uPA è legata a questi fattori di crescita, quindi, promuove la proliferazione cellulare attraverso una cascata di segnali che, passando attraverso PI(3)K/PKB/GSK3β, attiva la ciclina D1 e promuove il passaggio G1/S del ciclo cellulare (19). Durante la senescenza invece, secondo il modello proposto da Kortlever e colleghi (42) (Fig.4.4), p53 induce PAI-1 il quale, inibendo uPA, blocca direttamente la ciclina D1. Questa via, nei fibroblasti, è prevalente su quella di inibizione della ciclina da parte di p21 e induce senescenza passando attraverso la defosforilazione di Rb.

4.3. L’asse p16/Rb

4.3.1. La proteina Rb.

Rb, o proteina del retinoblastoma, è un oncosoppressore. Deriva il suo nome dall’omonimo tumore della retina che si manifesta quando entrambi gli alleli del gene RB1 sono inattivati da una mutazione (54). La funzione di questa proteina è di bloccare in fase G1/S la proliferazione di cellule che hanno il DNA danneggiato legandosi, insieme a due proteine ad essa affini (p170 e p130), al fattore di trascrizione E2F. In condizioni normali, Rb è fosforilata e quindi non può inibire E2F il

Fig.4.4. Rappresentazione schematica dell’induzione della senescenza in fibroblasti da parte di p53 e PAI-1 (42)

(6)

quale è libero di promuovere la trascrizione di geni coinvolti nella sintesi del DNA durante il passaggio G1/S. Tra questi abbiamo i geni per le Cdk2 e le cicline A e E (Fig.4.5).

La fosforilazione di Rb viene indotta da stimoli mitogenici e viene effettuata in un primo momento dai complessi Cdk4-ciclinaD, Cdk6-ciclinaD e in un secondo momento, durante la G1 avanzata, dal complesso Cdk2-ciclinaE. Poiché E2F autoalimenta la sua produzione oltre a quella delle cicline, si instaura un ciclo a retroazione che mantiene Rb fosforilata finché la cellula non esce dalla fase M per entrare nuovamente nella G1 (Fig.4.6). A questo punto i livelli dei complessi Cdk-ciclina diminuiscono e Rb ipofosforilata può legarsi a E2F inibendolo (49).

Rb è attivata, oltre che da p21, dalla proteina p16.

4.3.2. La proteina p16.

Come accennato in precedenza, p16 è uno dei prodotti del locus INK4A dal quale derivano anche p15 e p19

ARF

in seguito a diversi schemi di lettura (Fig.4.3). È un inibitore dei complessi Cdk4,6- ciclina D ed è normalmente espresso nei tessuti adulti (50), (79). In cellule sottoposte a stress e in cellule senescenti, i livelli di p16 sono più alti del normale (1), (58); è stato riportato in numerosi

Fig.4.6. Regolazione dell’attività di Rb e E2F durante la fase G1 avanzata (49) Fig.4.5. Attività dei complessi Cdk-ciclina durante il ciclo cellulare dei mammiferi (49)

(7)

studi che in MEF propagate in coltura i livelli di p16 aumentano con i passaggi e correlano con la diminuzione della proliferazione (1), (28), (79). Quindi stress colturali dannosi per la cellula agiscono sul locus INK4A attivando la produzione di p16 (68). Questo inibisce le cicline e impedisce la fosforilazione di Rb bloccando così il ciclo cellulare e mandando le cellule in senescenza (Fig.4.2).

4.4. Un pathway alternativo: senescenza indotta dai ROS

In un recente lavoro (71) è stata riportata la presenza, in cellule umane, di un pathway di induzione della senescenza indipendente dall’azione di p53 e collegato all’attività di p16. Questo pathway è attivato da alti livelli di ROS, specie reattive dell’ossigeno, che sono prodotti normalmente durante il metabolismo cellulare ma che possono danneggiare DNA, proteine e lipidi se presenti in quantità elevate. Il ruolo importante dei ROS nello stabilimento della senescenza è stato anche descritto in un altro lavoro di Takahashi del 2006 (72): i livelli di ROS in cellule in cui era stata indotta la senescenza erano significativamente più alti di quelli di cellule in attiva proliferazione. Inoltre, questi livelli rimanevano alti anche dopo inattivazione di p53 e di Rb. Il pathway di produzione dei ROS blocca il ciclo cellulare in fase M attraverso l’attivazione di PCK-δ (Fig.4.7), un membro delle serina/treonina proteina chinasi. PCK-δ attiva poi una NAPDH-ossidasi mediante fosforilazione di p47. Il risultato è un blocco della citochinesi (74) ma il vero meccanismo alla base di questa inibizione è ancora poco chiaro. Il coinvolgimento di p16 è dimostrato dal fatto che una diminuzione dei suoi livelli porta a una minore attività del pathway ROS/PCK- δ e a un mancato blocco della proliferazione. Inoltre, è stato visto che l’inibizione di E2F conseguente all’attivazione di p16 porta ad un aumento di ROS (Fig.4.7) e che il successivo blocco del ciclo cellulare non viene rimosso dall’inattivazione degli assi p19

ARF

/p53/p21 e p16/Rb (72). In cellule umane senescenti quindi l’attivazione dell’asse p16/Rb porta ad un arresto irreversibile del ciclo cellulare attraverso la via ROS/PCK-δ.

In conclusione, la senescenza cellulare è un fenomeno molto complesso perché complessi sono i meccansmi alla base della sua regolazione. D’altra parte, questa complessità è necessaria per garantire la giusta risposta protettiva e far fronte agli stimoli esterni che sono diversi e molteplici.

Questi stimoli possono avere conseguenze diverse sulla cellula a seconda della loro intensità e della

loro interazione reciproca. Inoltre, il tipo di risposta dipende anche dall’organismo che si prende in

considerazione: mentre nell’uomo l’attivazione dell’asse p19

ARF

/p53/p21 o p16/Rb dipende

sostanzialmente dal tipo di cellula (66), nel topo l’asse p19

ARF

/p53/p21 sembra essere il più

utilizzato (69).

(8)

4.5. I microRNA

I microRNA fanno parte di un meccanismo di regolazione genica post-trascrizionale scoperto in tempi abbastanza recenti che si aggiunge al complesso macchinario di controllo della divisione cellulare e dei pattern di differenziamento richiesti nello sviluppo di un organismo pluricellulare. La scoperta risale al 1993 quando Lee e colleghi osservarono che lin-4, un gene coinvolto nello sviluppo larvale del nematode Caenorabditis elegans, non codificava per una proteina bensì per una coppia di piccoli RNA. Uno, il più lungo, era il precursore dell’altro (44). Una decina di anni dopo, Lee, Ambros e colleghi (43), (63) osservarono che lin-4 andava a legarsi con la regione 3’UTR del trascritto di lin-14, down-regolandone la traduzione e promuovendo così il passaggio dal primo al secondo stadio larvale. Lin-4 è considerato il capostipite dei microRNA.

I microRNA costituiscono una classe di RNA altamente conservata; li troviamo infatti in tutti gli organismi pluricellulari (dalle piante all’uomo) nei quali partecipano a molteplici funzioni: lo sviluppo di foglie e fiori nelle piante (2), (17), (21), (57), il controllo di differenziazione e morte cellulare nonché il metabolismo dei lipidi in Drosophila (11), (77), lo sviluppo neuronale nei nematodi (38), la modulazione dello sviluppo ematopoietico (16) e l’insorgenza del cancro (12), (52) nei mammiferi.

Fig.4.7. Interazione tra l’asse p16/Rb e il pathway ROS/PCK-δδδδ nella senescenza cellulare (71)

(9)

4.5.1. Localizzazione nel genoma e meccanismo d’azione.

Il 70% dei geni che codificano per microRNA sono localizzati in introni o esoni e il rimanente 30%

in zone intergeniche (62). Quelli localizzati in introni o esoni possono avere un orientamento senso o antisenso con i loro geni ospiti: nel primo caso formeranno con questi ultimi una stessa unità di trascrizione, nel secondo caso ne formeranno una indipendente. Anche i microRNA che si trovano in regioni intergeniche formano unità trascrizionali indipendenti (45) così come quelli separati da almeno 50kb, mentre quelli strettamente vicini formano lunghi trascritti policistronici (6). Al giorno d’oggi, si pensa che più del 30% dei geni siano controllati da microRNA (5). Inoltre, le sequenze codificanti per la metà circa dei miRNA conosciuti sono localizzate in regioni associate al cancro (39). Queste regioni sono spesso sede di rotture e riarrangiamenti cromosomici, perdita di eterozigosità, amplificazioni o delezioni, siti fragili (12).

La biogenesi dei microRNA (75) all’interno della cellula è un processo compartimentalizzato (Fig.4.8). Essa inizia con la trascrizione del gene del microRNA da parte della RNA polimerasi II.

Ne derivano i pri-miRNA, lunghi trascritti che vengono processati nel nucleo a precursori a forcina di 70-80 nucleotidi, detti pre-miRNA, da parte della RNAsi III Drosha. I pre-miRNA sono esportati nel citoplasma dall’esportina 5 che catalizza la reazione usando Ran-GTP come cofattore. Qui, i pre-miRNA sono ulteriormente processati a miRNA a doppio filamento dalla RNAsi III Dicer (enzima coinvolto nel processamento di lunghi RNA a doppio filamento in small interference RNA o siRNA, le molecole effettrici dell’RNA interference, (9), (20), (27), (78)). I miRNA duplex vengono poi svolti da elicasi a partire dall’estremità termodinamicamente più instabile. Il filamento che ha il 5’ in questa estremità diventerà il miRNA maturo o RNA guida. Questo viene incorporato in un complesso ribonucleoproteico, miRNP, del tutto simile a RISC dell’RNA interference. Il miRNA così legato si dirige verso la regione 3’UTR del gene target dove la sua attività inibitoria della traduzione può avvenire secondo due modalità a seconda del livello di appaiamento tra le sequenze: un appaiamento perfetto, mediato da una proteina della famiglia Argonauta, porta al taglio del messaggero con successiva sua degradazione; un appaiamento imperfetto porta al blocco della traduzione. Nel primo caso, quindi, si ha una diminuzione dei livelli del messaggero mentre nel secondo caso non accade. Ciò che si verifica sempre è una diminuzione dei livelli della proteina.

A differenza delle piante, nei mammiferi l’appaiamento miRNA-target è quasi sempre imperfetto.

Per questo motivo, un gene può avere siti di legame per più miRNA e uno stesso microRNA può

legare fino a 200 mRNA diversi (65). La specificità di legame miRNA-target è determinata da una

sequenza di 6-8 nucleotidi che, per quanto riguarda il target prende il nome di “seed-match” e per

quanto riguarda il miRNA prende il nome di “miRNA seed” (Fig.4.9). Questa sequenza è la più

conservata tra i miRNA omologhi dei metazoi (46), (47).

(10)

4.5.2. Differenze miRNA-siRNA.

Gli short interfering RNA (siRNA) costituiscono, insieme ai miRNA, un’altra classe di piccoli RNA ad azione silenziante. Sono indistinguibili dai miRNA per la loro composizione chimica e per il loro meccanismo d’azione. Inoltre, condividono con essi alcuni stadi della biogenesi (processamento da parte di Dicer e legame col complesso RISC) e alcune funzioni (4). Le differenze più importanti tra le due classi si basano essenzialmente sulla loro origine, sulla loro evoluzione e sul tipo di geni che silenziano (3):

Fig.4.8. Biogenesi e meccanismo d’azione dei microRNA (75)

miRNA seed

seed match

Fig.4.9. L’appaiamento della sequenza miRNA-seed con la sequenza seed-match a livello del 3’UTR del gene target

(11)

− mentre i miRNA derivano da sequenze specifiche poste nel genoma, i siRNA derivano da RNA messaggeri, trasposoni, virus o DNA eterocromatico

− mentre i miRNA sono processati a partire da molecole che possono avere strutture a forcina, i siRNA derivano da lunghi RNA a doppio filamento

− mentre ciascun precursore di miRNA dà origine a un solo miRNA maturo, dal precursore dei siRNA derivano molti siRNA diversi

− mentre le sequenze dei miRNA sono altamente conservate negli organismi evoluzionisticamente vicini, quelle dei siRNA lo sono raramente

− mentre i miRNA silenziano loci diversi da quello che li ha originati (eterosilenziamento), i siRNA silenziano il loro stesso locus (autosilenziamento). Ciò spiega l’alta conservazione di sequenza dei miRNA: una mutazione in un miRNA sarà difficilmente accompagnata da una mutazione compensatoria in tutti i suoi target (cosa che accade invece con i siRNA).

Poiché i microRNA sono parte integrante della rete regolatoria cellulare, una loro perturbata funzione o un’alterata espressione può disorganizzare i processi cellulari (in maniera severa o più nascosta) e, alla fine, causare o contribuire all’insorgere di malattie.

4.5.3. MicroRNA con proprietà oncogeniche.

Sono quei microRNA che, promuovendo la proliferazione cellulare e impedendo l’apoptosi, sono coinvolti nell’oncogenesi (Fig.4.10).

L’esempio più significativo è sicuramente quelli del cluster miR-17 che comprende sei microRNA:

miR-17-5p, -18, -19a, -19b, -20, e –92. Si trova sul cromosoma umano 13q31 in una regione che è

spesso amplificata in molte forme di mielomi e tumori solidi (56). Recentemente, infatti, è stato

osservato che i microRNA appartenenti al cluster miR-17 sono overespressi in campioni di linfomi a

cellule B (32). Per indagare le proprietà tumorigeniche di questi miRNA, He e colleghi hanno

creato un topo transgenico nel quale l’espressione del proto-oncogene c-Myc era sotto il controllo

dell’enhancer della catena pesante delle immunoglobuline. Dopo 4-6 mesi questi topi sviluppavano

il linfoma e le loro cellule erano altamente apoptotiche. Introducendo il cluster, privo del miR-92, in

cellule staminali ematopoietiche di questi topi transgenici si osservava una forte anticipazione della

malattia con bassi livelli di apoptosi suggerendo una sua attività pro-proliferativa. In un lavoro

indipendente del 2005 (55), inoltre, è stato visto che c-Myc regola direttamente la trascrizione del

cluster miR-17 legandosi al locus che lo contiene. In questo modo, c-Myc attiva trascrizionalmente

il fattore proproliferativo/proapoptotico E2F1 mediante i miRNA miR-17-5p e miR-20. Questo tipo

di regolazione su E2F1 fa prevalere le sue proprietà proproliferative spiegando così il basso livello

di apoptosi delle cellule tumorali di topo transgenico overesprimenti il cluster miR-17.

(12)

4.5.4. MicroRNA con proprietà oncosoppressorie.

Questi microRNA, avendo proprietà antiproliferative e proapoptotiche, sono sottoespressi in cellule tumorali (Fig.4.10).

Un esempio è quello della famiglia let-7, un gruppo di miRNA conservati in Drosophila, C.elegans e in molti vertebrati. Nell’uomo, let-7 controlla tre potenti oncogeni RAS. La perdita di let-7 impedisce la regolazione di RAS promuovendo la sua overespressione nel cancro al polmone. Let- 7, infatti, è espresso a bassi livelli in questo tessuto tumorale rispetto al tessuto normale (37).

Inoltre, l’espressione di let-7 in linee cellulari di cancro al polmone inibisce la loro proliferazione in vitro evidenziando le sue proprietà di soppressore di tumore (73).

Anche i mcroRNA 15a e 16-1 hanno proprietà oncosoppressorie; essi si trovano sul cromosoma 13 in una regione frequentemente deleta nella leucemia linfocitica cronica a cellule B (B-CCL). Nel 2005 Cimmino e colleghi (18) individuarono siti target per i due miRNA sul 3’UTR di BCL2, un potente inibitore della morte cellulare. Nei pazienti affetti da B-CCL i livelli dei due miRNA erano bassi e, di conseguenza, quelli della proteina Bcl2 erano alti. Al contrario, overesprimendo i due miRNA nelle cellule di linfoma, si aveva un abbassamento di Bcl2 con conseguente attivazione del pathway apoptotico seguita dalla morte della cellula.

Anche la famiglia miR-34 (comprendente i microRNA 34a,b,c) ha proprietà oncosoppressorie. In un recente lavoro (31), infatti, è riportato che la trascrizione dei geni codificanti per la famiglia miR-34 è sotto il diretto controllo di p53, fattore di trascrizione antiproliferativo stabilizzato sia in vivo che in vitro da danni al DNA e overespressione di oncogeni (Fig.4.2). Gli studiosi hanno visto che facendo esprimere ectopicamente il miRNA 34 in linee cellulari primarie o tumorali si ha un arresto del ciclo cellulare. Il miR-34 quindi, insieme ad altri effettori attivati da p53, inibisce la proliferazione cellulare inappropriata.

Fig.4.10. Nello schema sono messi in evidenza i microRNA ad attività oncogenica e oncosoppressoria nell’uomo insieme ai loro geni target (35)

(13)

4.6 Scopo della tesi

Lo scopo di questa tesi è stato quello di vedere se i microRNA sono coinvolti nella senescenza

indotta da coltura in fibroblasti embrionali di topo primari (MEF).

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