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forma di Giacometti, il quale, sin dall’infanzia, si avvalse di siffatto

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4. IL DISEGNO

A conclusione di tale lavoro, desideriamo soffermarci su un elemento che rivestì una posizione centrale nella carriera artistica di Giacometti: il disegno. Le ragioni di questa scelta si ravvisano facilmente nel fatto che esso ebbe nell’esistenza di Giacometti il ruolo di vero e proprio maestro di vita e di arte e, conseguentemente, in quanto costituisce il tema principale del testo che qui di seguito ci siamo accinti a tradurre: Alberto Giacometti.

Zeichnungen und Druckgraphik di Reinhold Hohl e Dieter Koepplin.

L’includere la realtà nel disegno corrispose al primario impulso della

forma di Giacometti, il quale, sin dall’infanzia, si avvalse di siffatto

strumento per la riproduzione della realtà. Dapprima in maniera naïf,

tramite la riproduzione meccanica, servendosi ben presto del modello del

padre Giovanni, pittore post-impressionista, e di numerosi altri stimoli,

primo fra tutti Cézanne, sino al precoce raggiungimento di uno stile

autonomo. Esempi indicativi a tal proposito provengono dai numerosi

capolavori creati dall’artista a partire dall’età di otto anni: per lo più

soggetti e oggetti familiari, tra cui rivestono un ruolo di prestigio le

numerose raffigurazioni della madre, frontalmente o dedita ad attività

casalinghe (cfr. Fig. 5 dell’Appendice). Al sorgere della prima crisi

creativa, manifestatasi nel passaggio dall’adolescenza all’attività

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XLVII

professionale, Giacometti fa fronte avvalendosi del prezioso strumento del disegno. Invero, proprio nei momenti maggiormente infelici per la resa scultorea o pittorica, sorgono numerosi disegni altamente espressivi: per esempio, i cristallini nudi (cfr. Figg. 23, 26 dell’Appendice) che risalgono al periodo della frequentazione dell’accademia e richiamano alla mente gli altrettanto numerosi nudi di Klimt. Giacometti fissava nel disegno, servendosi di linee più o meno pronunciate, una sorta di dialogo con la persona che posava per lui. Siffatte linee corrispondevano alla sua percezione delle cose e, confuse e aggrovigliate energicamente, alludevano all’incessante movimento degli occhi, che discernevano in maniera incalzante il significante dall’insignificante.

Come accade per le opere scultoree, anche nei disegni Giacometti

manifestò il suo accostamento alle avanguardie, in particolare ai surrealisti,

intorno al 1925, pur elaborando uno stile autonomo. In seguito, intorno al

1935, a testimonianza del distanziamento dalla corrente surrealista,

Giacometti dette vita a disegni che ritraggono, per esempio, il neonato

nipote Silvio e la sorella Ottilia morta alla nascita dell’artista e che, per

l’importanza degli eventi che riecheggiano, documentano il ritorno all’arte

imitativa, ovvero alla ritrattistica.

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XLVIII

4.1. La donna nel disegno: l’esempio di Donna Madina

Risulta ai nostri occhi particolarmente significativa la serie di disegni che ritraggono Donna Madina, in quanto illustrano nuovamente l’elaborazione di quel rapporto perennemente in bilico che Giacometti ebbe costantemente nei riguardi delle donne. Prima di procedere all’analisi di alcuni particolari dei disegni che generarono dagli incontri tra la donna e Giacometti, occorre accennare brevemente all’identità di Donna Madina Arrivabene Valenti Gonzaga.

La giovane signora appartenente alla nobiltà romana, nel 1932, appena divenuta Contessa per mezzo del matrimonio e, in seguito, Principessa V., una sera di primavera incontrò a Parigi Alberto Giacometti in occasione di un importante ricevimento. Ella indossava lussuosi gioielli; Giacometti, di contro, si distinse per il suo aspetto tipicamente trasandato. Durante quella serata Giacometti fornì sotto forma di bigliettino l’indirizzo del suo atelier a Donna Madina, la quale in un primo momento meditò di non servirsene. A partire dal contrasto fisico tra i due, ben curata lei, sciatto lui, che Reinhold Hohl riassume efficacemente nell’espressione «la belle et la bête», sembra preannunciarsi la tipologia di rapporto conflittuale che sorgerà tra l’artista e la donna. Gli incontri ebbero come conseguenza l’elaborazione di numerosi disegni. Il primo di essi datato «23 marzo 1932», come osserva Reinhold Hohl

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, arreca la cifra «XII» che probabilmente allude al fatto di rappresentare il dodicesimo disegno di quel pomeriggio.

Importante ai fini della nostra trattazione risulta in particolare il disegno ideato in occasione del loro terzo incontro nel quale la donna viene raffigurata di profilo con il collo enormemente lungo. Arreca con sé, infatti,

1 Cfr. R. HOHL – D. KOEPPLIN, Alberto Giacometti. Zeichnungen und Druckgraphik, Hatje, Basel 1981, passim.

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XLIX

tratti della percezione violenta della donna da parte di Giacometti.

Diversamente dai più, che decantavano la bellezza del collo di Donna Madina, l’artista, come ricorda Hohl, osservò: «Badi: un giorno verrà strozzata, strangolata e rinvenuta con la gola tagliata …»

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. In siffatte parole leggiamo chiaramente il richiamo alla scultura dal titolo Donna con gola tagliata (Tav. 29: in primo piano) che venne eseguita in contemporanea o

successivamente alle visite di Donna Madina all’atelier di Giacometti.

L’alternanza di odio e amore nel difficile tormento interiore che insidiava l’animo dell’artista è ben esplicitata dalla dedica che troviamo in entrambi i disegni d’atelier, luogo nel quale si incontravano, del 1932. Sembrano parole di lode indirizzate a Donna Madina che contrastano con il succitato monito di Giacometti alla donna carico di connotati violenti. E, a dispetto del fatto che in seguito a tali incontri i due non si videro più, Giacometti, come ricorda Giorgio Soavi, nel corso del tempo accennò in termini positivi a una contessa che in passato aveva posato per lui nel suo atelier.

Veniva a posare ogni giorno. Credevano che fosse la mia amica. Non l’ho mai toccata a causa della sua tenuta. Tutta vestita, con i gioielli la pelliccia e il cappello in testa. […] mi aveva regalato un bell’orologio d’oro3.

In tal modo, ci auguriamo di aver offerto un piccolo spunto all’interpretazione, per niente lineare, del rapporto conflittuale tra Giacometti e le donne che si estende con le stesse caratteristiche ostili nell’arco dell’intera esistenza dell’artista.

2 R. HOHL – D. KOEPPLIN, Alberto Giacometti, cit.

3 G. SOAVI, Il mio Giacometti, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano 1966, p. 61.

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