DIRITTO PENALE = insieme delle norme dell’ordinamento giuridico che prevedono e disciplinano l’applicazione di una particolare misura sanzionatoria, definita pena (o sanzione criminale), come conseguenza di un determinato comportamento umano – tali fatti illeciti, per il solo fatto di essere collegati dalla legge all’applicazione di una pena, si definiscono reati, a prescindere dal loro contenuto (criterio nominalistico, di tipo formale). È reato, cioè, quel fatto che la legge rende tale mediante la minaccia di una sanzione criminale
CRITERIO NOMINALISTICO = ogni tipo di illecito può essere individuato, al di là dei contenuti (criterio di tipo sostanziale), solo in base allo specifico nomen iuris della sanzione prevista come conseguenza dell’illecito stesso. L’illecito civile, amministrativo, penale ecc, potrà essere qualificato come tale solo se la sanzione per esso prevista sarà qualificabile, in base alla sua denominazione giuridica, rispettivamente come sanzione civile (es. “risarcimento del danno”), come sanzione amministrativa (es. “sanzione pecuniaria amministrativa”), come sanzione penale (ad es. “reclusione”, “arresto”, “multa”). In particolare, il reato è quel fatto illecito per il quale l’ordinamento giuridico prevede come conseguenza l’applicazione di una delle pene principali previste dall’art. 17 c.p. (comportamento umano illecito = reato solo se la sanzione prevista è una pena). Dall’ art. 17 c.p., ricaviamo inoltre, sempre in base al criterio nominalistico, la distinzione dei reati in delitti e contravvenzioni
Possiamo quindi distinguere le pene per
1) genere: pene previste per i delitti/ pene previste per le contravvenzioni
2) specie: pene detentive (o restrittive della libertà personale): ergastolo; reclusione; arresto - pene pecuniarie: multa; ammenda.
Il diritto penale si caratterizza, rispetto agli altri rami dell’ordinamento giuridico, per essere incentrato esclusivamente sulla previsione di fatti illeciti: il diritto civile, il diritto commerciale, il diritto amministrativo, ecc. prospettano ai soggetti (privati o pubblici) dei modelli positivi di comportamento, ai quali l’ordinamento ricollega l’efficacia e gli effetti giuridici capaci di realizzare gli interessi sostanziali perseguiti dai soggetti agenti (ad es. il contratto, il testamento, lo statuto di una società, il procedimento e l’atto amministrativo, ecc), e solo una piccola parte di quelle branche del diritto, concerne i comportamenti illeciti tenuti dai consociati in violazione delle rispettive norme (responsabilità contrattuale o extracontrattuale, responsabilità amministrativa ecc). il diritto penale, invece, indica solo dei modelli negativi di comportamento, fatti indesiderati perché socialmente nocivi e di cui pertanto l’ordinamento pretende l’astensione da parte dei consociati.
Da tale circostanza ricaviamo due informazioni fondamentali:
1) il diritto penale non è definibile in base al contenuto delle sue norme, potendo riguardare potenzialmente ogni tipo di comportamento illecito, se l’ordinamento ritiene di doverlo punire con la sanzione criminale
2) la pena diventa il tratto distintivo del diritto penale, per cui occorre verificarne contenuti e funzioni Art. 17 c.p.
Pene principali previste per:
Delitti 1) l’ergastolo 2) la reclusione 3) la multa
Contravvenzioni 1) l’arresto
2) l’ammenda
TIPOLOGIE E FUNZIONI SANZIONATORIE
Funzione ripristinatoria – la realizzazione del fatto illecito produce una situazione di sofferenza per l’interesse che risulta offeso dal comportamento inosservante. La sanzione, in questo caso, ha lo scopo di togliere l’interesse da quello stato di sofferenza in cui è venuto a trovarsi, ripristinando lo staus quo ante. Le sanzioni ripristinatorie hanno una immediata efficacia sull’interesse o sugli interessi lesi, poiché hanno la virtù di neutralizzare, almeno in linea tendenziale, le conseguenze del comportamento illecito. Tipici esempi di sanzioni con funzione ripristinatoria sono:
- nel diritto civile: la restituzione (art. 1168 c.c.), il risarcimento del danno patrimoniale in forma specifica (art. 2058 c.c.), o per equivalente (art. 2056 c.c.);
- nel diritto amministrativo: la demolizione di un immobile abusivamente edificato (art. 30 d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380); l’obbligo alla remissione in pristino per le violazioni concernenti la tutela delle zone di particolare interesse ambientale (art. 181.1 d. lgs 22 gennaio 2004, n. 42).
Funzione conciliativa – partendo dalla premessa per la quale ogni violazione comporta una situazione di conflittualità non risolta tra due o più soggetti, si ricerca una mediazione tra le posizioni venutesi a trovare in conflitto, così da pervenire alla conciliazione delle parti. In questo caso, la sanzione, piuttosto che agire sulle conseguenze materiale dell’illecito, mira ad intervenire su quelle psico-sociali (anche se di solito tali sanzioni sono accompagnate anche da misure ripristinatorie). Tali istituti conciliativi non sono molto sviluppati nel nostro ordinamento. Un esempio si può trovare nel diritto minorile, ove è prevista, nel caso di sospensione del processo con messa alla prova del minorenne autore di reati, la possibilità che il giudice adotti
“prescrizioni dirette a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato” (art. 28.2 d.p.r. 22 settembre 1988, n. 448).
Funzione preventiva - il legislatore cerca di prevenire la commissione di fatti illeciti, non potendosi accontentare della semplice riparazione delle conseguenze dei fatti dannosi posti in essere dai soggetti agenti.
La prevenzione può avvenire attraverso diversi criteri di condizionamento dell’agire umano. Una prima essenziale distinzione è quella tra:
- prevenzione mediante impedimento: il legislatore pone degli ostacoli di ordine fisico-materiale, o di ordine giuridico, tra il soggetto autore della violazione e la ripetizione da parte sua dell’illecito. Si possono immaginare misure che riguardano direttamente la persona fisica dell’autore dell’illecito (castrazione chimica per l’autore di reati di natura sessuale, particolari forme di inabilitazione), o che agiscono sulle cose o sui mezzi che rendono possibile o agevolano la commissione degli illeciti (confisca della droga posseduta dallo spacciatore, chiusura di uno stabilimento in cui si svolgono attività produttive o commerciali in violazione delle relative norme, revoca di una concessione o di una autorizzazione amministrativa)
- prevenzione mediante persuasione: tale forma di prevenzione presenta caratteri di maggiore complessità, dovendosi ulteriormente distinguere a secondo dei soggetti cui è rivolto tale effetto persuasivo, e degli strumenti di persuasione utilizzati. Sotto il primo profilo si distingue una prevenzione speciale, se l’opera di persuasione è svolta nei confronti dello stesso soggetto autore dell’illecito che subisce la sanzione nella sua concreta applicazione, da una prevenzione generale, se l’effetto persuasivo è ricercato rispetto ad una cerchia indeterminata di soggetti, a prescindere dalla pre-commissione di un precedente fatto illecito. Sotto il secondo aspetto, si deve distinguere tra una persuasione mediante intimidazione, intrinseca nella minaccia di una sanzione dal contenuto affittivo (prevenzione negativa), da una forma di persuasione attuata mediante strumenti pedagogico- educativi, diretta, nel caso di prevenzione speciale, ad un migliore adattamento sociale del soggetto autore dell’illecito ai valori ed alle norme dell’ordinamento, e nel caso di prevenzione generale, ad una più diffusa e convincente affermazione dei valori proprio dell’ordinamento, così da accreditarli quali motivi determinanti dell’agire dei consociati
Le diverse tipologie sanzionatorie sono individuabili in base al criterio
teleologico della funzione o delle funzioni svolte
Funzione preventiva - si cerca di prevenire la futura commissione di fatti illeciti - non si mira immediatamente a soddisfare gli interessi lesi
Funzione ripristinatoria - Si mira a ripristinare lo staus quo ante
- efficacia immediata rispetto alla riparazione degli interessi lesi
Funzione conciliativa - basate sulla mediazione
- si mira a conciliare le posizioni di autore e vittima, operando sul piano delle conseguenze psico-fisiche
Prevenzione mediante persuasione Generale/speciale; positiva/negativa
Prevenzione mediante impedimento - fisico/giuridico
- sulla persona/sulle cose o sui mezzi
Speciale
Si agisce sul singolo, autore del fatto illecito
Generale
Si agisce su di un numero indeterminato di persone, anche sulla intera cerchia dei consociati
Positiva
Valorizzazione di beni ed interessi, per favorire comportamenti rispettosi degli stessi
Negativa
Dissuasione dai comportamenti lesivi mediante minaccia di un male
Positiva
Si cerca di ottenere un migliore adattamento sociale dell’autore di
fatti illeciti
Negativa Si cerca di neutralizzare la pericolosità dell’individuo, o comunque di dissuaderlo dal ripetere
comportamenti illeciti
LA FUNZIONE GENERALPREVENTIVA
La prevenzione generale “negativa”: lo schema logico della funzione generalpreventiva mediante intimidazione è molto semplice: la pena consiste in una sofferenza (in quanto privazione o limitazione di diritti individuali) che viene minacciata dal legislatore nei confronti della generalità dei consociati come necessaria conseguenza dell’illecito a carico di chi lo abbia poi concretamente realizzato. Per evitare tali conseguenze spiacevoli, i consociati si asterranno, presumibilmente, dal compiere tali fatti illeciti. Diventa fondamentale, per garantire efficacia dissuasiva alla minaccia, che a questa seguano sempre l’inflizione e l’esecuzione della pena nei confronti del singolo soggetto autore dell’illecito (una minaccia non seguita da una concreta inflazione di pena non sarebbe in grado di esercitare alcuna pressione o controspinta nei confronti dei destinatari del messaggio legislativo).
MINACCIA INFLIZIONE ESECUZIONE
Se l’irrogazione e la successiva esecuzione della pena sono momenti irrinunciabili per mantenere integra la funzione intimidatoria della minaccia, non devono tuttavia, in un ordinamento rispettoso della persona e della dignità umana, svolgere una autonoma funzione dissuasiva: l’esecuzione non può essere pubblica, spettacolare, come avveniva in passato (“splendore dei supplizi”), ove era soprattutto alla atrocità ed alla cruenza delle pene (corporali) che veniva ricollegata una efficacia dissuasiva nei confronti dei consociati
“spettatori” delle esecuzioni pubbliche
Minaccia = pubblica per esercitare una efficacia dissuasiva nei confronti della generalità dei consociati
Esecuzione = privata per rispettare la dignità umana e non strumentalizzare il corpo o la persona del condannato
La retribuzione
La pena, rispetto alle altre tipologie sanzionatorie, si caratterizza per la sua capacità di svolgere una funzione preventiva, si pone cioè, in chiave utilitaristica, come strumento volto non solo a punire fatti già commessi, ma anche, attraverso lo schema della minaccia, ad impedire la futura commissione di fatti illeciti
Problema: l’esclusivo ricorso allo schema della prevenzione generale, per giustificare la potestà punitiva dello Stato, comporta il rischio di una sua estremizzazione: per aumentare l’efficacia dissuasiva, si aumenta, logicamente, il carico sanzionatorio (più grave è la pena minacciata, maggiore sarà la capacità dello strumento sanzionatorio di dissuadere i consociati dal compiere fatti illeciti) → è forte il rischio di una strumentalizzazione della persona umana
1. le sanzioni risulteranno sproporzionate rispetto al fatto compiuto:
se la logica è solo quella preventiva, ne conseguirà una valutazione del carico sanzionatorio in base alla maggiore/minore frequenza statistica del numero di reati commessi: ad es., se aumentano i casi di furto, il legislatore tenderà ad aumentare progressivamente le pene previste per il furto, anche al di là della gravità del singolo fatto di reato In particolare ci si espone ad un triplice rischio:
2. la pena, per esercitare maggiore efficacia dissuasiva, rischia di diventare esemplare: il contenuto afflittivo sarà particolarmente intenso, in maniera tale di “mostrare” alla generalità dei consociati, attraverso la persona del condannato, quali sono le conseguenze dei comportamenti illeciti
3. la persona del condannato rischia di assumere la figura del
“capro espiatorio”, sia perché pagherà (in conseguenza anche di quanto detto ai nn. 1 e 2) per tutti, al di là della propria responsabilità personale e della gravità del solo fatto di reato a lui imputabile, sia perché il legislatore avrà maggiore convenienza, se ciò risulta utile per condizionare i comportamenti della collettività, a punire un soggetto anche se eventualmente innocente
All’utilitarsimo della prevenzione generale, si aggiunge l’idea della retribuzione, come ulteriore giustificazione della sanzione punitiva: la pena, cioè, non deve servire solo per la protezione degli interessi sociali mediante il condizionamento del comportamento dei consociati, ma, per essere giusta, deve innanzitutto essere meritata dal soggetto agente. Solo in questa maniera si riesce infatti a ristabilire, secondo un ideale di giustizia, l’equilibrio tra male commesso e male che bisogna subire, per riaffermare il valore della legge universale di umanità. Lo schema è semplice: al male corrisponde (deve corrispondere) il male, ma per poter ristabilire l’equilibrio, e per rendere giusta la sanzione (e farla sentire come tale anche alla persona del condannato), è necessario che la pena rispetti i principi di colpevolezza e proporzione
Principio di colpevolezza: il soggetto deve essere personalmente responsabile del fatto commesso (art. 27 della Costituzione) – ciò vuol dire che non è possibile affermare nessuna forma di responsabilità se non si prova l’appartenenza del fatto al suo autore, non solo dal punto di vista oggettivo (con esclusione di responsabilità per il fatto altrui), ma anche dal punto di vista soggettivo (è necessario un elemento psicologico che leghi l’autore al fatto, nei termini del dolo o almeno della colpa). Solo così è possibile muovere un rimprovero nei confronti del soggetto agente
Principio di proporzione: la sanzione deve essere commisurata alla gravità dell’illecito
Solo rispettando tali corollari, si evita di strumentalizzare la persona umana, che non potrà essere punita se innocente o se non si provi la sua colpevolezza, ed evitando di calibrare l’entità della sanzione su indici diversi dalla gravità del proprio fatto di reato, come ad esempio la frequenza statistica di un certo tipo di delinquenza. In tal modo, inoltre, si evita di attribuire alla pena una funzione esemplare, garantendo al reo la predeterminazione dei limiti edittali in misura proporzionale al disvalore del fatto commesso.
La prevenzione speciale
Se la funzione retributiva si pone come limite garantista alle possibili degenerazioni della prevenzione generale, attraverso i principi di colpevolezza e proporzione, la prevenzione speciale mira alla massima personalizzazione del trattamento sanzionatorio.
Da un lato si evidenzia come la scelta verso l’inosservanza della legge, non è imputabile solo al libero arbitrio del singolo, poiché in realtà, vivendo egli in società, è comunque condizionato da diversi fattori, sia endogeni (fisici, psichici, psichiatrici, ecc) che esogeni (famiglia, ambiente scolastico o lavorativo, condizioni sociali, ecc.). La pena deve quindi tendere al riadattamento sociale del reo, non potendosi essa esaurire nella mera punizione del condannato, ma dovendo essere rivolta alla rieducazione dello stesso, in modo tale da fornirgli gli strumenti per spingerlo verso l’osservanza delle regole sociali
I presupposti della prevenzione speciale sono due
Dall’altro si sottolinea l’esistenza di un impegno solidaristico, da parte dello Stato, ad offrire al reo un’opportunità di reinserimento sociale, senza abbandonarlo al suo destino di criminale
N.b. Anche la prevenzione speciale può intendersi sia in senso positivo (appunto come risocializzazione o rieducazione del condannato), che in senso negativo, intesa cioè alla neutralizzazione del reo, o attraverso la sul eliminazione fisica (pena di morte), o attraverso la sua esclusione perpetua dal consesso sociale (ergastolo, ricovero in manicomio)
Secondo la nostra costituzione, “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, e devono tendere alla rieducazione del condannato (art. 27, comma 3° Cost.). Non è ammessa la pena di morte (art. 27, co. 4° Cost)