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2 LO STATO DELL'ARTE

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2 LO STATO DELL'ARTE

Questo capitolo è dedicato all'illustrazione delle strategie utilizzate dall'industria per controllare le emissioni di NOx. Riuscire ad abbattere questi composti è una sfida molto attuale

che vede impegnati molti gruppi di ricerca. Poiché le tecniche variano secondo il tipo di sorgente degli inquinanti, è necessario operare una distinzione tra le varie fonti d'immissione. Una schematizzazione possibile è la seguente:

– fonti combustibili:

− stazionarie (impianti termoelettrici, inceneritori, etc.) − mobili (autotrasporto, etc.)

– fonti non combustibili.

Esistono sostanzialmente due approcci: da un lato si cerca di prevenire la formazione di NOx durante la combustione e, dall'altro si applicano tecniche per abbattere quelli che sfuggono

nei fumi esausti.

Sorgenti del secondo tipo[8] possono essere ad esempio impianti per la produzione di acido

nitrico, di acido adipico o di esplosivi. Questo genere di industrie produce una percentuale molto piccola (circa l' 8%) degli NOx emessi su base nazionale, per di più a discapito della produzione:

scopo, infatti, di questi impianti è fissare gli ossidi d'azoto nel prodotto finale. Laddove le migliorie degli impianti non bastano a contenere le emissioni, vengono utilizzate tecniche di trattamento dei gas esausti simili in tutto a quelle utilizzate per gli impianti visti sopra.

In generale ci sono quattro approcci per controllare le emissioni di NOx da fonti

combustibili:

– modifiche alle condizioni operative della combustione per prevenire la

formazione;

– modifiche all'apparato atto alla combustione per prevenire la formazione; – modifiche del combustibile per prevenire la formazione;

– trattamenti dei fumi.

In questo lavoro l'interesse maggiore è rivolto a quest'ultima tecnica e ad essa verrà dato maggiore risalto.

2.1 T

RATTAMENTI

R

ELATIVIALLA

C

OMBUSTIONE[1],[8]

(2)

sostanziale nei confronti delle emissioni di NOx. Si cerca infatti di diminuire l'eccesso d'aria, di

distribuirla meglio e di ridurre i tempi di permanenza. L'apparato predisposto alla combustione vera e propria è di vitale importanza riguardo tali parametri. Infine esiste la possibilità di intervenire direttamente sui combustibili.

2.1.1 Interventi sulle condizioni operative della combustione

Low Excess Air (LEA). Il normale eccesso d'aria utilizzato nei processi di combustione

viene portato al di sotto del 2%, in modo da diminuire la formazione di fuel NOx. La difficoltà

maggiore è posta dalla calibrazione della percentuale di aria che, se ridotta troppo porta alla comparsa di CO e fumo.

Off-stoichiometric (OSC) o staged combustion. La combustione viene separata in due fasi:

dapprima si accede ad una camera ad alta temperatura ma povera di aria e, subito dopo, si passa in una seconda zona dove, a temperature più basse, si completa la combustione. Si assicura così un minor tenore di fuel e thermal NOx. Applicazioni di questa tecnica sono ad esempio: Over

Fire Air combustion (OFA), Burners Out of Services (BOS) e Biased Burner Firing (BBF).

Flue Gas Recirculation (FGR). Riciclando una piccola parte dei fumi esausti nella camera di

combustione, si riesce ad abbassare la produzione dei thermal NOx. In questo modo infatti si

riduce il picco termico per preriscaldamento e, nel contempo, si riduce il contenuto di ossigeno. Difetto maggiore risulta dall'abbassamento della resa del combustibile.

Reduced Air Preheat (RAP). Se viene diminuita la percentuale di aria preriscaldata prima

dell'ingresso alla combustione, si ha un abbassamento della temperatura di fiamma e, come immediata conseguenza, la riduzione di thermal NOx. Come contropartita si ha un più difficile

controllo della temperatura del processo e perciò un incombente rischio di perdita di efficienza.

Fuel Reburning (FR). Il combustibile viene diviso in due flussi. Il primo, pari a circa l' 80%,

transita in una prima camera povera di ossigeno dove inizia la combustione. Successivamente, viene inviato in una seconda camera, dove il restante 20% del combustibile, unito ad altra aria, alimenta una fiamma che porta al completamento della reazione.

Steam/water injection. L'aggiunta di vapore o di acqua nella zona di combustione,

modificando la stechiometria della reazione e riducendo la temperatura di fiamma, comporta una riduzione nella formazione di thermal NOx. Purtroppo la presenza di acqua può portare anche a

corrosione o diminuzione nella resa termica.

2.1.2 Interventi sull'apparato della combustione

(3)

sostituzione o nell'aggiunta di alcune componenti.

Low-NOx Burners (LNB). Si tratta di bruciatori progettati appositamente per ridurre le

emissioni applicando spesso le tecniche viste sopra. L'approccio più utilizzato consiste nel ripartire la combustione in stadi. Nella maggior parte dei casi il combustibile transita attraverso una prima zona di combustione, seguita da una seconda zona addizionata di combustibile per ridurre chimicamente i thermal NOx. Una terza zona porta la combustione al suo

completamento.

Burner Spacing. La spaziatura fra i bruciatori ha una notevole influenza sulla temperatura di

fiamma. Aumentando tali separazioni si favorisce lo scambio termico e si sfavorisce la formazione di thermal NOx.

Catalytic combustion. La combustione viene effettuata in prossimità di una superficie solida

ricoperta di uno specifico catalizzatore. L'approccio è teoricamente interessante, infatti il catalizzatore non solo abbassa le temperature di combustione mantenendo inalterata la velocità di reazione, ma riduce anche gli incombusti e la CO. L'inconveniente principale è dato dalla degradazione termica del catalizzatore in quanto sottoposto alle alte temperature della combustione.

Air-to-fuel adjustment. Una corretta regolazione del rapporto tra il combustibile e l'aria è

fondamentale nei motori ad iniezione. Se il rapporto è ben bilanciato, la temperatura non crescerà tanto da dare eccessivi problemi di NOx.

2.1.3 Interventi sul combustibile

Fuel Switching. Sostituire il combustibile con uno a minor tenore di azoto o a più bassa

temperatura di combustione può risultare utile laddove non si siano avuti risultati sufficienti con metodi diversi. Tuttavia tale approccio non sempre può essere tentato, un po' per motivi economici, un po' per la difficoltà dovuta all'adattamento degli impianti al nuovo combustibile.

2.2 T

RATTAMENTO DEI

F

UMI[1],[8]

Per ridurre il contenuto degli inquinanti nel rispetto (obbligato) delle leggi e (morale) della salute umana e dell'ambiente, è più che consueto il trattamento dei fumi. In effetti, sebbene la nostra attenzione sia completamente assorbita dagli NOx, i suddetti fumi contengono sovente

molti altri inquinanti e, di conseguenza, devono essere sottoposti a complesse operazioni di abbattimento. Rimanendo comunque nell'ambito di questo lavoro, elenchiamo i principali metodi di trattamento degli ossidi d'azoto.

(4)

Selective Catalytic Reduction (SCR). Si inietta dell'ammoniaca nei fumi poco prima di un letto

catalitico nel quale, in presenza di ossigeno, si ricucono selettivamente gli NOx a N2 ed acqua.

Torneremo più avanti su questa tecnica

Non-Selective Catalytic Reduction (NSCR). Gli ossidi d'azoto sono ridotti mediante la CO

presente nei fumi stessi e su di un catalizzatore a base di platino o rodio. I prodotti finali sono N2

e CO2.

Selective Non-Catalytic Reduction (SNCR). Si riducono selettivamente gli NOx senza l'ausilio di

un catalizzatore. Un primo metodo prevede la riduzione ad alte temperature (1000 °C) mediante ammoniaca (Thermal DeNOx). Un secondo metodo utilizza un composto simile all'urea

(NOxOUT). La variabile che controlla la selettività è la temperatura.

La tabella 2.1 riporta uno schema dei metodi di controllo degli NOx elencati sopra.

tabella 2.1 [1] – Metodi di controllo degli NO x

(5)

2.2.1 SCR ed SNCR a confronto

[19]

Entrambe le tecnologie sono affidabili, ma con diversi punti di forza e diverse debolezze. La prima ad affermarsi storicamente, quella SNCR, ha notevoli vantaggi nella semplicità e nel minor costo di investimento, tuttavia ha ormai raggiunto i suoi limiti fisici. Anche il maggior costo di gestione non depone a suo favore, ma rimane comunque la sua elevata competitività fin tanto che non siano richieste concentrazioni al camino di NOx nettamente inferiori ai 200

mg/Nm3.

Quando però i limiti scendono drasticamente sotto quel valore, il sistema SCR non ha rivali, nonostante i suoi alti costi aggravati, almeno per i termovalorizzatori, dalla necessità di ricorrere all’inserimento della filtrazione a maniche. Tuttavia la tecnologia SCR sta progredendo anche dal punto di vista economico, grazie agli sviluppi di reattori con catalizzatori estrusi a lastre sottili. Inoltre i costi di esercizio sono sicuramente inferiori all’SNCR ed i livelli di abbattimento molto superiori, nonostante richiedano temperature abbastanza elevate.

2.3 L

A

R

IDUZIONE

C

ATALITICA

S

ELETTIVA

(SCR)

[8],[18]

La tecnologia SCR è stata sviluppata originariamente in Giappone negli anni '70 ed è stata ampiamente utilizzata in boilers e caldaie industriali per la produzione di energia elettrica. A tutt'oggi risultano operanti circa 200 sistemi SCR in impianti per la produzione di elettricità, per un totale di circa 100.000 MWe. In Europa la tecnologia SCR è stata introdotta a partire dalla metà degli anni '80 in Austria e Germania e, successivamente, è stata applicata in numerosi paesi della Comunità Europea, tanto da interessare il 90-95% dei trattamenti atti alla riduzione delle emissioni di NOx delle centrali termoelettriche per una capacità totale di circa 100.000 MWe.

Anche in Italia sono già installati, o sono in fase di installazione, impianti DeNOx-SCR su numerose centrali termoelettriche ENEL alimentate a carbone o ad olio combustibile. Un'espansione significativa si sta verificando anche in Asia, in particolare in Cina e nella Repubblica Sudcoreana.

L'applicazione della tecnologia SCR su turbine a gas è meno diffusa, ma rappresenta il metodo di trattamento dei fumi ad oggi più utilizzato: le principali applicazioni sono localizzate negli USA, più precisamente in California.

Recentemente è stata anche applicata a numerosi boilers e caldaie industriali per la produzione di energia elettrica ed unità di cogenerazione, in seguito al riconoscimento della tecnologia SCR quale Best Available Control Technology (BACT). Oltre alle applicazioni diffuse

(6)

in impianti di potenza, la tecnologia SCR è sempre più frequentemente utilizzata nel trattamento di reflui gassosi provenienti da inceneritori, impianti chimici (ad esempio impianti di produzione di acido nitrico, unità di cracking catalitico, centrali termiche di stabilimento), industria del vetro, acciaierie e cementifici. Sistemi SCR sono stati inoltre utilizzati per la rimozione simultanea degli NOx e degli SOx in impianti di potenza e di NOx e diossine negli inceneritori.

2.3.1 La chimica della reazione SCR

La riduzione degli NOx (SCR) avviene attraverso la reazione con ammoniaca (utilizzata in

forma gassosa, in soluzione acquosa, o come soluzione acquosa di urea) a dare composti innocui quali azoto ed acqua, attraverso le seguenti reazioni principali:

4 NO4 NH3O2 4 N26 H2O 2.1

6 NO28 NH37 N212 H2O 2.2

NONO22 NH3 2 N23 H2O 2.3

La reazione (2.1), che decorre velocemente in presenza di un opportuno catalizzatore ed in un intervallo di temperature compreso tra i 250°C e i 450°C, rende conto della stechiometria complessiva del processo in quanto gli ossidi di azoto sono costituiti per più del 90 % da NO. In effetti l’NO2 è presente nei fumi di scarico della combustione in basse percentuali (intorno al

5%), per cui le reazioni (2.2) and (2.3) rivestono un ruolo secondario nel processo SCR.

Il termine selettiva si riferisce alla capacità dell'ammoniaca di reagire con NO invece di essere direttamente ossidata dall'ossigeno dell'aria; tale caratteristica è specifica dell’ammoniaca in quanto non è stata osservata per altri riducenti quali idrocarburi, H2 o CO. La reazione di

ossidazione dell’ammoniaca ad opera dell’ossigeno è altamente indesiderata in quanto riduce l’efficienza del processo di denitrificazione sottraendo il reagente NH3 e portando alla

formazione di NO o di N2O.

Nel caso di combustibili contenenti zolfo, durante il processo di combustione si ha formazione di SO2 che può essere ossidata sul catalizzatore ad SO3 secondo la reazione:

SO21

2O2 SO3

Anche tale reazione è indesiderata in quanto l'SO3 prodotta reagisce con ammoniaca ed

acqua per formare acido solforico e solfati di ammonio. I solfati di ammonio possono depositarsi ed accumularsi sul catalizzatore se la temperatura di reazione non è sufficientemente elevata; tale temperatura dipende dalla concentrazione di SO3 e NH3 e deve essere generalmente mantenuta

(7)

valle del reattore catalitico, in particolare nel recuperatore, ove danno luogo a problemi di corrosione e perdite di carico. Ciò costringe a fermate periodiche dell’impianto per il lavaggio del recuperatore stesso. Per questi motivi i catalizzatori SCR devono essere altamente selettivi nei confronti della reazione di ossidazione dell’SO2 nel caso di utilizzo di combustibili contenenti

zolfo.

Gli studi sull'argomento mostrano quale sia il meccanismo chimico che giustifica la selettività della reazione.

2.3.2 Origini molecolari della selettività nella riduzione di NO

x

con NH

3[20]

Come è stato accennato sopra, la riduzione termica di NOx mediante urea od ammoniaca è

comunemente utilizzata per controllare le emissioni di gas esausti provenienti da fonti stazionarie. Questa tecnica prevede il rispetto di temperature strettamente confinate attorno ai 930 °C. Nel caso della riduzione selettiva catalitica si utilizzano catalizzatori a base di ossidi metallici che aumentano la resa e abbassano le temperature. La stechiometria precisa varia con le condizioni della reazione e con il tipo di catalizzatore, ma in generale si ha:

4 NO4 NH3O2 4 N26 H2O

2 NO4 NH32O23 N26 H2O

In entrambi i tipi di riduzione (termica ed SCR) l’ammoniaca preferisce reagire con NO piuttosto che con O2 nonostante la maggiore concentrazione di O2 (alcuni ordini di grandezza) e

l’intrinseca preferenza termodinamica per O2.

Le reazioni viste sopra devono poi competere con le seguenti: 4 NH33O2 2 N26 H2O

4 NH35O2 4 NO6 H2O

termodinamicamente favorita cineticamente favorita

Il processo termico confida nell’intrinseca preferenza di NH3 per NOx rispetto ad O2; il

processo SCR sfrutta il catalizzatore per mantenere ed aumentare tale selettività. Nel deNOx termico il radicale NH2 è il riducente che reagisce direttamente con NO per produrre in definitiva

NOx. Questi radicali vengono generati in reazioni a catena che coinvolgono atomi O e radicali

OH e perciò O2 è essenziale nel processo. La competizione tra NO e O2 per NH2 è relativa a

tutto il processo. Fortunatamente la reazione tra NH2 e NO ha una velocità superiore di molti

ordini di grandezza a quella della reazione con O2.

In buona sostanza si può dire che la spiegazione dell'efficace funzionamento del metodo SCR è da ricercare nella differente stabilità degli aggregati che si formano dalle reazioni:

(8)

NH2NO  H2NNO

NH2O2 H2NOO

La struttura del primo è planare, con lunghezze di legame N-N (1.35 Å) e N-O (1.24 Å) tipiche dei legami doppi parziali. La corta distanza tra gli atomi N-N ben si lega alla formazione di un legame forte H2N-NO. La chimica del radicale NO è dominata dai due orbitali π occupati

da 2 elettroni singoli che sono polarizzati verso il centro di N e che fanno di NO sia un buon donatore, sia un buon accettore di elettroni. Il radicale NH2 ha un orbitale σ che si sovrappone

bene con il componente π complanare di NO per formare il legame N-N. Completano il sistema

σ i due orbitali π leganti ed antileganti di N-N formati dalla sovrapposizione del livello 2p non ibridizzato di NH2 ed i componenti fuori piano del sistema 2π di NO. Si ha perciò un legame

doppio netto. I legami π spiegano perché la molecola è planare (H2N=NO) e perché non

permette rotazione attorno al legame doppio (figura 2.1 ).

figura 2.1[20] – Struttura molecolare dei complessi H

2NNO e H2NOO

Il complesso H2NOO invece presenta lunghezze di legame maggiori (1.41 Å) per N-O e

(1.40 Å) per O-O. Tali valori sono praticamente uguali a quelli dei singoli composti O2 e NO. Si

capisce perciò l’assenza di legami π tra NH2 e O2, senza bisogno di sottolineare che il legame σ

N-O è debole. O2 ha un elettrone in più di NO e se H2NOO mantenesse la struttura planare,

allora l’elettrone occuperebbe un orbitale π* fortemente antilegante. Per ridurre questo effetto la molecola assume una conformazione non planare, nella quale è ammessa la rotazione attorno al legame N-O.

(9)

Una volta formatisi, i composti H2NXO (X = N, O) possono seguire tre vie: procedere

sino ai prodotti, retrocedere verso i reagenti o dare un intermedio che porta ai prodotti. Da quanto visto sopra il complesso H2NNO forma un doppio legame tra gli atomi di azoto che

porta la molecola a riarrangiarsi prontamente e decomporsi in N2 e H2O; al contrario H2NOO è

debolmente legata e preferisce spezzarsi piuttosto che dare prodotti diversi.

Una funzione del catalizzatore SCR deve essere quella di facilitare l’attivazione del riducente abbassandone le barriere energetiche, ma non deve promuovere l’ossidazione completa dei riducenti. L’azione del catalizzatore può essere descritta come l’agevolazione della competizione tra NO ed O2 per il riducente sulla superficie del catalizzatore (S). Indicando con R

il riducente e con R* il riducente attivato, si ha il seguente meccanismo:

S  O2 ⇔ S−O2 S  NO ⇔ S−NO S−O2  R ⇔ S−R * S−NO  S−R * ⇒ 2 S  1 2 N2  prodotti 2.4 S−O2  S−R * ⇒ 2 S  prodotti 2.5

La vera competizione è tra le ultime due reazioni e se indichiamo con k4 e k5 le costanti

cinetiche rispettivamente della penultima e dell’ultima reazione, per fortuna si ha k4/k5= 10-10.

2.3.3 Limiti operativi e layout di processo

Condizioni operative tipiche dei boilers industriali presentano un 2%vol di O2 e 500-1000

ppm di NOx; nelle turbine a gas i catalizzatori SCR operano con più elevati tenori di ossigeno

(circa 15%vol) e minori concentrazioni di NOx (circa 25-42 ppm). Tali differenze sono

riconducibili al maggior grado di diluizione dei fumi e, nella maggior parte dei casi, alla contemporanea presenza di trattamenti primari di abbattimento di NOx in turbina. Nelle normali

condizioni operative l’efficienza di rimozione si attesta intorno al 75-85% (corrispondenti a 5-10 ppm di NOx in uscita rispetto ad un 15% di O2), ma è possibile raggiungere anche valori di

efficienza superiori al 90%.

L’efficienza di rimozione dipende fortemente dal rapporto NH3/NO in alimentazione; di norma

viene utilizzato un valore prossimo a quello stechiometrico (pari a 1). Elevati valori del suddetto rapporto consentono di ottenere alte efficienze di rimozione, che però possono dare origine a emissioni indesiderate di ammoniaca non reagita nei fumi (slip di ammoniaca). Valori di emissioni di ammoniaca compresi tra 10 e 20 ppm (per un 15% O2) sono comuni.

(10)

Per bassi valori di temperatura la conversione degli NOx è limitata dalla reattività del

catalizzatore, mentre ad alta temperatura la conversione decresce a causa dell’insorgere della reazione di ossidazione di NH3. L’efficienza di rimozione presenta quindi una curva caratteristica

in funzione della temperatura, la cui posizione dipende dal tipo di catalizzatore (si veda la figura 2.2). Il campo di temperatura nel quale il catalizzatore garantisce massima efficienza di rimozione degli NOx (con completa selettività ad N2) viene definito “finestra di lavoro”. Sono oggi offerti

sistemi catalitici operanti a bassa, media ed alta temperatura che coprono complessivamente il campo di temperature compreso tra 200 e 600 °C.

Le configurazioni SCR attualmente applicate prevedono la localizzazione del reattore SCR:

– integrato nel recuperatore (Heat Recovery Steam Generator, HRSG) (SCR

convenzionale);

– dopo lo scarico della turbina (high-temperature SCR); – dopo il recuperatore (low-temperature SCR).

In ogni caso, come verrà meglio descritto nel seguito, i catalizzatori SCR sono utilizzati in forma di monoliti a nido d'ape, di piastre o di monoliti ceramici o metallici rivestiti di materiale

figura 2.2 – Finestre di lavoro di alcuni catalizzatori per deNOx SCR[18]

attivo per garantire basse perdite di carico. Inoltre tali sistemi catalitici offrono una buona resistenza a shock termici legati a brusche variazioni di temperatura che si verifichino in avviamento o spegnimento della turbina.

Nel caso di applicazioni SCR convenzionali il reattore è integrato nel recuperatore in una posizione dove la temperatura dei gas di scarico cade all’interno della “finestra di lavoro”. A

(11)

seconda del livello di attività del catalizzatore impiegato, gli strati catalitici sono collocati a valle del surriscaldatore o in corrispondenza dell’evaporatore. La configurazione SCR di alta temperatura, nella quale il reattore è localizzato direttamente sullo scarico della turbina, è utilizzata prevalentemente per impianti di generazione a ciclo semplice. Nel caso dei sistemi SCR a bassa temperatura il reattore di denitrificazione è collocato a valle del HRSG e ciò evita di apportare modifiche al recuperatore per l’inserimento degli strati catalitici.

2.4 I C

ATALIZZATORI

SCR

TRADIZIONALI[18]

I catalizzatori per applicazioni SCR convenzionali operano in un campo di temperature generalmente compreso tra 260 e 400 °C (310-400 °C per i combustibili contenenti zolfo) e sono costituiti da un supporto ad alta area superficiale (TiO2 anatasio) sul quale vengono dispersi gli

elementi attivi quali ossido di vanadio e tungsteno (o molibdeno). Gli ossidi di Ti, V, W e Mo sono stati selezionati in considerazione della loro resistenza all'avvelenamento da composti solforati e della loro attività. In particolare l'ossido di vanadio presenta una elevata attività specifica nella riduzione degli ossidi di azoto, ma anche nella reazione indesiderata di ossidazione di SO2 a SO3: pertanto il contenuto di V2O5 nei catalizzatori commerciali è generalmente limitato

ed è mantenuto intorno allo 0.3-1.0% in peso. WO3 (o MoO3) è invece impiegato in quantità

superiori (circa 10% in peso) con gli scopi di limitare la reazione di ossidazione dello zolfo, migliorare la stabilità termica dei catalizzatori e conferire elevata acidità superficiale. I sistemi commerciali contengono inoltre piccole quantità di silico-alluminati e di fibre di vetro per garantire adeguate caratteristiche meccaniche. Nel caso di configurazioni SCR di alta temperatura vengono offerti sistemi catalitici di tipo zeolitico, contenenti ioni di metalli di transizione (ad esempio Fe) e caratterizzati da elevati rapporti Si/Al, che sono attivi ad alta temperatura, fino a circa 600 °C.

Più recentemente sono stati sviluppati sistemi catalitici per configurazioni SCR a bassa temperatura in grado di operare a temperature superiori a 200 °C. Vengono offerti in questi casi catalizzatori ad alto tenore di V2O5 o contenenti metalli nobili che presentano attività SCR

superiore rispetto ai sistemi convenzionali. Tali sistemi catalitici presentano anche elevata attività nella reazione di ossidazione di SO2 a SO3 e sono pertanto utilizzabili con combustibili di qualità

a basso tenore di zolfo.

I catalizzatori SCR sono utilizzati in forma di monoliti a nido d'ape, di piastre o di monoliti ceramici o metallici rivestiti di materiale attivo. In considerazione delle alte portate in

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gioco, tali geometrie garantiscono basse perdite di carico e quindi maggiore efficienza energetica globale.

I catalizzatori monolitici a nido d’ape hanno dimensioni dei canali che possono variare da circa 3 mm (nel caso di applicazioni per gas naturale) fino a 5-7 mm ed oltre per combustibili più pesanti. I catalizzatori a piastre dispongono di una luce netta di passaggio superiore rispetto ai monoliti a nido d'ape e presentano una minor superficie geometrica esposta per unità di volume e minori perdite di carico specifiche. Si deve osservare a questo proposito che, essendo la reazione SCR molto veloce, nelle tipiche condizioni di esercizio sono presenti forti gradienti interfase di concentrazione cosicché l'efficienza di riduzione degli NOx aumenta aumentando la superficie

geometrica del catalizzatore, e cioè la densità delle celle. D'altra parte la reazione di ossidazione di SO2 è molto più lenta ed è catalizzata dall'intero volume di catalizzatore. Quindi una riduzione

dello spessore catalitico non diminuisce l'efficienza di riduzione degli NOx ma riduce

proporzionalmente l'ossidazione di SO2 a SO3. Inoltre è stato evidenziato come un appropriato

controllo della morfologia del catalizzatore, ed in particolare un buon bilanciamento tra frazione di macropori (che favoriscono la diffusione intraparticellare dei reagenti NH3 ed NO) e micropori

(che incrementano la superficie specifica del catalizzatore) possa portare a miglioramenti sensibili delle prestazioni catalitiche. In ogni caso il volume dei macropori non deve superare un determinato valore limite per non compromettere le proprietà meccaniche dei catalizzatori. I monoliti a nido d'ape sono costituiti integralmente da materiale catalitico e sono ottenuti per estrusione utilizzando canali a sezione quadrata. Oltre ai catalizzatori monolitici a base di ossidi metallici V2O5-WO3/TiO2, sono stati proposti anche catalizzatori compositi costituiti da una

portante di cordierite ricoperta di ossidi metallici. Nei catalizzatori a piastre, invece, lo strato cataliticamente attivo viene applicato sui lati di un supporto metallico costituito da una rete o da una lastra forata. Tali elementi vengono poi assemblati in modo da generare canali che consentono il flusso parallelo dei gas.

2.5 I C

ATALIZZATORI

SCR

NON CONVENZIONALI

Di seguito riportiamo i risultati di alcuni studi condotti nella incessante ricerca di catalizzatori che possano superare le prestazioni di quelli tradizionali.

2.5.1 Supporti argillosi per SCR con idrocarburi

Rispetto all'SCR con ammoniaca, quella con idrocarburi sembra costituire una buona alternativa. In questo paragrafo elenchiamo alcuni risultati di rilievo. Le matrici argillose

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costituiscono un comune denominatore per le caratteristiche di facile reperibilità e lavorabilità e per il basso costo, senza trascurare le ottime qualità chimico-fisiche.

2.5.1.1 Propilene su argille pilastrate con Ti[21]

Sono stati condotti studi riguardo la possibilità di utilizzare delle argille pilastrate con Ti e scambiate con cationi di Cu, Ni e Fe come catalizzatori per SCR di NO mediante propilene. La riduzione catalitica mediante idrocarburi ha già trovato applicazione nel trattamento di gasoli non completamente combusti e di motori diesel dove si ha presenza di ossigeno. In letteratura questa via viene indicata come un potenziale metodo per l’abbattimento di NOx da motori alimentati

con gas naturale.

Le argille pilastrate vengono preparate introducendo voluminosi aggregati di Ti nella regione tra gli strati dell’argilla di base per poi convertirli, mediante elevate temperature, nei corrispondenti ossidi metallici. Questi ultimi non solo sono sufficientemente rigidi da evitare che gli spazi interstrato collassino, ma generano anche micropori più larghi di quelli delle zeoliti convenzionali.

Utilizzando come argilla di base la bentonite si riesce ad ottenere un’area superficiale di circa 240 m2/g (più di dieci volte superiore a quella della bentonite) ed un’acidità totale di 0.5

mmol NH3/g (circa quattro volte superiore a quella della bentonite).

Riguardo l’efficienza della conversione di NOx a N2 si è visto che il catalizzatore più

efficiente è quello con siti di Cu che presenta un picco alla temperatura di 260 °C, mentre nel caso del Fe e del Ni i picchi si trovano rispettivamente a 325 e 425 °C. Per gli ultimi due metalli, inoltre, le conversioni sono piuttosto basse (35% circa).

La quantità di metallo caricata mostra una notevole influenza nel caso del rame: la resa aumenta con l’aumentare della carica fino a raggiungere un massimo dopo il quale torna a diminuire. Da non trascurare infine il fatto che la presenza di un 10% d’acqua nell’alimentazione inibisce l’attività del catalizzatore.

2.5.1.2 Etilene su argille pilastrate scambiate con vari ioni[22]

Il grande interesse da parte dell’industria per l’abbattimento degli NOx ha portato ad un

notevole sforzo da parte dei ricercatori per individuare catalizzatori che offrano performance sempre migliori. In letteratura vengono perciò confrontati vari catalizzatori in base all’efficienza dei siti attivi ed alla qualità dei supporti sintetizzati. Molti studi sono rivolti alle argille pilastrate perché rappresentano un buon compromesso tra l’area superficiale e la varietà di siti attivi che

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possono ospitare. Uno studio approfondito confronta da una parte la montmorillonite pilastrata con TiO2, la bentonite pilastrata con ZrO2 e con Al2O3, la laponite pilastrata con Al2O3 e ZSM-5;

dall’altra i siti attivi ottenuti mediante scambio ionico con Cu, Ce, Ag, Ga, Fe, Co.

Le aree superficiali ottenute vanno dai 195 ai 467 m2/g (BET) ed il volume dei pori da 0.14

a 0.39 cm3/g. L’attività per SCR delle argille pilastrate scambiate con cationi è stata paragonata

direttamente con quella di Cu-ZSM-5 e si è visto che le argille pilastrate sono più attive. I catalizzatori che si sono rivelati più attivi sono l’argilla pilastrata con TiO2 e scambiata con Cu

(Cu-Ti-PILC) e l’argilla pilastrata con Al2O3 e scambiata con Cu. Il cerio ha mostrato di essere un

buon promotore per il primo catalizzatore: in effetti il drogaggio con lo 0.5 wt% di Ce2O3

aumenta l’attività dal 10 al 30%, mentre lo 0.1 wt% di Ce2O3 diminuisce l’attività a causa del

tapparsi dei pori. Questi catalizzatori si sono dimostrati eccellenti per SCR di NO mediante NH3,

ma non sono attivi quando viene usato CH4 come agente riducente. Le temperature alle quali si

hanno i picchi di conversione si aggirano attorno ai 300 - 350 °C.

Sottoposto al 5% di H2O e 50 ppm di SO2 a 700 °C per 2 h, il catalizzatore Cu-Ti-PILC ha

presentato solo una leggera diminuzione nella sua attività. I risultati della TPR con H2 hanno

mostrato che il provino conteneva Cu2+ e CuO. Il picco di temperature della TPR per

Cu-Ti-PILC è approssimativamente 100 °C più basso di quello di Cu-ZSM-5, il che significa che è più facile per Cu2+ subire il ciclo redox (daCu2+ a Cu+) sulle argille pilastrate e da qui deriva una

maggiore attività SCR.

Per i catalizzatori a base di argille pilastrate che sono stati scambiati con differenti cationi, si è trovata una correlazione tra l’attività ossidativa dell’etilene e l’attività riduttiva di NO. Perciò l’attivazione dell’idrocarburo sembra essere un cammino comune per entrambe le reazioni.

2.5.1.3 Etilene su argille pilastrate delaminate scambiate con Cu2+[23]

Le argille pilastrate laminate sono una classe di argille sintetizzate per la prima volta da Pinnavia nel 1984. Non mostrano piani impilati per lunghi tratti, tuttavia presentano dei piani impilati nella piccola distanza, e la struttura globale è definita come “un castello di carte”. Queste argille presentano sia i micropori tipici di tutte le argille pilastrate laminate, sia i macropori che vengono introdotti proprio dal processo di delaminazione. Questi ultimi garantiscono una maggiore velocità di diffusione e di conseguenza migliorano l’attività e la cinetica. La scelta di Cu come sito attivo è giustificata dalla letteratura che ne attesta la grande efficienza nel caso di SCR mediante etilene.

(15)

scambiata con Cu2+ dà rese, relativamente a SCR di NO mediante etilene, decisamente superiori

sia rispetto a quelle pilastrate con TiO2 e scambiate con Cu2+, sia rispetto a Cu2+–ZSM-5 a

temperature superiori a 400 °C.

Il picco di conversione per NO è del 90% a 550 °C e a velocità spaziali di 15000 h-1 con O 2

pari al 2% e decresce quando la concentrazione di O2 viene aumentata. A 1000 ppm sia di NO

che di C2H4, la conversione mostra un picco al 2% di O2 per tutte le temperature. In più H2O e

SO2 provocano solo miti disattivazioni, probabilmente dovute all’adsorbimento competitivo (di

SO2 su Cu2+ e di H2O sui siti acidi).

L’alta attività delle argille pilastrate con Al2O3 e scambiate con Cu2+ è dovuta ad una

combinazione unica delle proprietà redox dei siti Cu2+ e della forte acidità secondo Lewis delle

argille pilastrate. Il meccanismo suggerito coinvolge il chemisorbimento di NO (in presenza di O2) su Cu2+-O-Al3+- sui pilastri, e l’attivazione di C2H4 sui siti acidi secondo Lewis per formare

specie ossigenate.

2.5.2 Supporti non argillosi per SCR con NH

3

2.5.2.1 Fibre di carbone attivate con ossidi metallici[24]

Il supporto composito di fibre di carbone attivate con ossidi di metallo rappresenta un’innovazione nel settore della riduzione selettiva catalitica di NOx con ammoniaca a basse

temperature. Molti studi sono rivolti alla preparazione e all’ottimizzazione di ossidi di manganese su supporti a base di fibre di carbone come catalizzatori per l’SCR. In seguito a precedenti studi è stato fabbricato un monolite a bassa densità fatta di scarti di Nomex carbonizzato, e sottoposto a diverse condizioni di trattamento superficiale allo scopo di massimizzare la dispersione e il caricamento di ossidi di Mn, molto attivi nel processo SCR.

Sono state usate diverse fibre di carbone per fabbricare il supporto monolitico, e l’attività catalitica del catalizzatore a base di ossidi di Mn è stata analizzata e comparata a quella dei catalizzatori standard con supporto Nomex. In particolare, per la fabbricazione del supporto catalitico sono state studiate le seguenti fibre commerciali:

– scarti di fibre polimeriche: Nomex, e Rayon (seta artificiale); – fibre di carbone: Pitch a base di catrame, pece e carbone; – ACF: a base di PAN, o a base di resine fenoliche.

Nella fase di studio della formazione del supporto, le fibre di carbone derivate da Nomex sono state selezionate per il loro basso costo e l’alta attività catalitica del corrispondente catalizzatore a base di Mn.

(16)

Gli scarti Nomex vengono carbonizzati in azoto a 850°C, macinati e setacciati, allo scopo di ottenere una frazione residua di 0,1-0,4 mm. Questa frazione viene asciugata e miscelata con resine fenoliche in rapporto molare 3:1, e la miscela viene poi trattata in uno stampo cilindrico a 180 °C.

Una procedura simile viene applicata per l’utilizzo di altre fibre, eccetto per alcuni dettagli in base alle caratteristiche specifiche dei singoli precursori. Così, con le fibre Rayon si segue una procedura simile a quella usata con le fibre Nomex, mentre, per le fibre Pitch e ACF la carbonizzazione delle fibre separate viene omessa. Tutte le fibre di carbone sono poi conformate in monoliti rigidi, che vengono carbonizzati come segue: i monoliti Nomex, Rayon e Pitch vengono attivati al desiderato grado di combustione (20–50% in peso) in un reattore di quarzo a 700 °C con vapor d’acqua (vapore ~25% in volume) in N2.

I metodi utilizzati successivamente per il caricamento del metallo sono l’adsorbimento di equilibrio (EA) e l’impregnamento del volume dei pori (PVI) di supporti strategicamente modificati. L’ impregnamento EA di diversi supporti produce caricamenti di Mn che dipendono linearmente dal volume dei micropori, determinato dall’adsorbimento di CO2. Un aumento di

questo parametro permette un aumento dell’attività catalitica, eccetto per i catalizzatori Pitch che mostrano la più bassa attività catalitica di tutti i catalizzatori di Mn testati.

I catalizzatori a base di ossidi di manganese sono molto attivi nell’abbattimento degli ossidi di azoto, ma il loro utilizzo sotto condizioni pratiche presenta un grave inconveniente: la disattivazione dell’SO2. Allo scopo di contrastare questo problema e di superare la performance

catalitica dei già molto attivi catalizzatori a base di ossidi di Mn, vengono preparati catalizzatori basati su ossidi di altri metalli (nichel, cromo, vanadio e ferro).

Per migliorare il caricamento del metallo attraverso l’impregnamento EA del supporto a base di Nomex sono stati ottimizzati il grado di combustione del supporto, il trattamento chimico della superficie (creazione di siti acidi o basici) e il pH della soluzione impregnante, ed è stato ottenuto un aumento del caricamento di metallo (>2% in peso) per tutti i metalli testati.

L’attività catalitica dei supporti viene analizzata alla temperatura standard di reazione di 150 °C. Il miglior risultato catalitico è stato ottenuto con supporti attivati al 20% in peso (Mn), 30-40% in peso (Ni, V) e 50% in peso (Fe, Cr) e ossidati con acido nitrico concentrato a 90 °C per 1-2 h. Tutti i catalizzatori risultanti presentano attività comparabili o superiori rispetto a quelli riportati in letteratura. L’ordine di attività catalitica, in base al peso, risulta essere Fe > Mn > V > Cr > Ni.

(17)

siti attivi, fondamentale per la formazione di complessi NO altamente stabili (ponti nitrati). Studi sugli effetti avversi di SO2 e H2O sulla performance catalitica mostrano che l’SO2

disattiva parzialmente i catalizzatori a base di Mn, Fe, e Cr (ordine di disattivazione Mn > Fe > Cr), e più fortemente i catalizzatori a base di V, mentre l’H2O sembra esercitare un effetto

inibitorio reversibile su tutti i catalizzatori studiati.

In conclusione questi nuovi catalizzatori rappresentano un compromesso tra elevata performance catalitica e bassa disattivazione di SO2.

2.5.2.2 Ossidi misti mesoporosi derivati da oxovanadati pilastrati[25]

Un nuovo tipo di catalizzatori nel processo di riduzione selettiva catalitica di NO con NH3

è rappresentato dagli ossidi misti derivanti da oxovanadati pilastrati LDH e oxovanadati pilastrati LDH sostituiti con rame con proprietà mesoporose. La sigla utilizzata, LDH, significa layered

double hydroxides, perché gli ossidi misti sono ottenuti dalla decomposizione termica controllata

degli idrossidi doppi stratificati.

Oxovanadati pilastrati MgAlLDH (VOLDH) e oxovanadati pilastrati MgAlLDH sostituiti con rame (CuVOLDH) sono stati sintetizzati usando un pH di scambio compreso nel range di 8,5-9,5. L’analisi XRD (X-Ray Diffraction) dimostra che i materiali ottenuti mantengono la struttura stratificata dell’idrocalcite, e il valore degli interspazi indica l’orientamento degli anioni oxovanadati pilastrati. Anche l’analisi FTIR (Fourie Transform InfraRed) conferma la presenza degli oxovanadati come anioni interposti. Dopo il trattamento termico (calcinazione a 900 °C), la struttura viene distrutta e si formano miscele altamente disperse di ossidi misti con caratteristiche mesoporose; in particolare i risultati XRD mostrano la formazione di Mg3V2O8 e, per le LDH

pilastrate sostituite con rame, di CuO.

Test catalitici mostrano che questi materiali, sia VOLDH che CuVOLDH, sono efficienti catalizzatori per ridurre NO a N2. La reazione stechiometrica di ossidazione di ammoniaca è:

NONH31/4O2 N23/2 H2O

e l’energia di attivazione della reazione nel range di temperatura 190-250 °C vale 67 kJ/mol per il VOLDH, e 63 kJ/mol per il CuVOLDH. La conversione di NO e NH3 cresce fino a 430 °C, e

raggiunge efficienze del 70-80% per una velocità spaziale di circa 414000 h-1.

Superata la temperatura di 430 °C si osserva una diminuzione della riduzione di NO, e quindi una maggior formazione di N2O. E’ importante notare che, nel range di temperatura

200-500 °C, la produzione di N2O rimane sotto i 50 ppm; la selettività verso N2O, infatti, non supera

(18)

Per dimostrare l’influenza della struttura del catalizzatore nel processo SCR, sono stati testati anche campioni sottoposti a calcinazione a 200 °C (a temperatura così bassa i solidi mantengono la loro struttura). Fino a 300 °C si osserva una conversione di NO molto debole, dovuta alla cattiva accessibilità dei siti attivi di rame e vanadio, intrappolati dentro la struttura solida. Oltre questa temperatura si osserva la decomposizione della struttura, e i siti attivi diventano più accessibili per le molecole reagenti; di conseguenza la conversione di NO aumenta fino a raggiungere quasi gli stessi valori corrispondenti ai campioni calcinati testati.

Rispetto a un catalizzatore SCR industriale per il trattamento DeNOx di acido nitrico end

of pipe (Cu-FAU), gli oxovanadati pilastrati LDH sono molto più selettivi verso N2 (fino al 90%),

sebbene esibiscano un’attività più debole nella riduzione di NO nello stesso range di temperatura 200-500 °C. In conclusione, questi nuovi catalizzatori costituiscono dei buoni candidati come precursori dei catalizzatori per l’SCR di NO con NH3, e, ad alto contenuto di rame, raggiungono

livelli di attività comparabili a quelli dei catalizzatori V2O5, WO3, TiO2.

2.5.2.3 Ossidi misti MnOx-CeO2[26]

Gli ossidi misti di manganese e cerio sono altamente attivi per la riduzione catalitica (SCR) a bassa temperatura di NOx con NH3 in presenza di un eccesso di O2. I catalizzatori a base di

ossidi misti di Mn e Ce vengono preparati con il metodo di co-precipitazione, e successivamente caratterizzati attraverso la diffrazione a raggi X (XRD), la misura dell’area superficiale e l’FTIR.

L’attività di una miscela fisica di Mn2O3 e CeO2 nell’ossidazione di ammoniaca in aria

umida è minore di quella di Mn2O3-CeO2 co-precipitati. Questo suggerisce che esiste un

meccanismo sinergico tra ossidi di manganese e di cerio, spiegabile attraverso le seguenti reazioni a catena:

2 MnO2 Mn2O3O

Mn2O32CeO2 2 MnO2Ce2O3

Ce2O3

1

2 O2 2CeO2

Normalmente, è l’ossigeno assorbito sul manganese che si stacca per partecipare alla reazione di ossidazione dell’ammoniaca, ma in questo caso l’ossigeno aggiuntivo generato dalla prima reazione è molto più reattivo e accessibile. Inoltre, il trasferimento di ossigeno da CeO2 a

Mn2O3sembra favorire queste reazioni.

Studi riportati in letteratura mostrano che l’attività e la selettività verso N2degli ossidi di

(19)

che Mn2O3 esibisce la maggiore selettività verso l’azoto, mentre MnO2 esibisce la maggiore

attività. E’ noto che diverse temperature di calcinazione causano diversi stati di ossidazione del Mn; una temperatura maggiore induce una valenza più bassa del Mn. Quindi la temperatura di calcinazione è un fattore che interviene nella regolazione dell’attività e della selettività dell’SCR di NO con NH3. Un altro parametro importante per l’efficienza di questa reazione è il contenuto di

manganese: aumentando il contenuto di Mn da 0 a 40% (per esempio la frazione molare di Mn/ (Mn+Ce)), la conversione di NO aumenta significativamente, ma diminuisce per percentuali maggiori.

I risultati sperimentali mostrano che il migliore tra questi catalizzatori è l’ossido misto MnOx(0,4)-CeO2(500), ottenuto con una frazione molare Mn/(Mn+Ce) di 0,4, che ha una resa di

conversione di NO del 95% a 150 °C e velocità spaziale di 42000 h-1. Fino a 150 °C, nel prodotto

è presente solo N2, ma, a temperature più alte, appaiono anche piccole tracce di N2O.

Un possibile meccanismo di reazione per la reazione SCR sul catalizzatore MnOx(0,4)-CeO2

(500) è stato proposto sulla base delle indagini attuali così come delle relazioni precedenti. La fase iniziale è l’adsorbimento di NH3 sui siti acidi (di Lewis) del catalizzatore, seguito dalla reazione

con specie nitrate (NO o HNO2) per produrre N2 e H2O. Si sono presentati possibili in

intermediari e tutti gli intermedi possono trasformarsi in NH2NO, che decomponendosi produce

N2 e H2O.

2.5.3 Zeoliti ed Alluminosilicati

2.5.3.1 Zeoliti ZSM-5 caricate con vanadio[27]

La zeolite ZSM-5 scambiata con ioni vanadio mostra un’attività nella reazione SCR ben comparabile con quella dei catalizzatori commerciali a base di ossido di vanadio (V2O5) e ossido

di titanio (TiO2).

La zeolite ZSM-5 viene caricata con ioni vanadio (VO2+) mediante il trattamento di

Na-ZSM-5 con soluzioni acquose di VOSO4 a pH 1,5-2.

Il test catalitico per l’SCR di NO con NH3 è stato effettuato tra 200 e 550 °C a pressione

normale, usando un’alimentazione di 1000 ppm di NO, 1000 (o 1100) ppm di NH3, e 2% di O2 in

elio.

Il catalizzatore ha dimostrato di essere molto attivo, fornendo conversioni iniziali di NO maggiori del 90% a 400000 h-1 e 450 °C; inoltre ha dimostrato un’alta selettività, fornendo una

resa in N2 uguale alla conversione di NO per un’alimentazione equimolare in un ampio range di

(20)

L’aggiunta di SO2 (200 ppm) provoca un innalzamento netto del campo di temperature

utili, ma, oltre 350 °C, non influenza significativamente il comportamento catalitico. Inoltre, non si riscontra conversione di SO2 a temperature minori di 450 °C e 450 lg-1h-1.

L’effetto di avvelenamento del catalizzatore dovuto all’aggiunta d’acqua (fino al 4,5% in volume) è debole nel range di temperatura 350-500 °C. Durante la calcinazione in aria a 550 °C, i catalizzatori ZSM-5 si disattivano gradualmente, probabilmente a causa dell’ossidazione degli ioni vanadio (VO2+) in specie inattive V5+, mantenendo un’attività residua accettabile. Purtroppo la

presenza di H2O accelera considerevolmente questo processo di disattivazione, limitando le

prospettive di questi catalizzatori nelle applicazioni industriali e nelle unità di purificazione di portate gassose.

2.5.3.2 Alluminosilicati contenenti Fe, Co, e Cu[28]

Per il processo di SCR di NO con NH3 in presenza di O2 a basse temperature (100-450 °C)

possono essere utilizzati catalizzatori a base di ferro, cobalto o rame, supportati da silicati monolitici. Questi silicati, caratterizzati da mesopori finissimi, caricati con alluminio, vengono preparati con l’estrusione diretta del cristallo liquido usando uno stampo tensioattivo non ionico. Successivamente i monoliti vengono caratterizzati mediante adsorbimento-desorbimento di N2 a

-200 °C, diffrazione (XRD) delle polveri, e due cicli di assorbimento di NH3 a 100 °C.

Sono state determinate l’area superficiale, la struttura dei pori e l’acidità della superficie del catalizzatore prima e dopo la prova di catalizzazione, ed è stata riscontrata una buona stabilità della struttura dei pori e delle proprietà superficiali nelle condizioni di SCR. La porosità superficiale del catalizzatore si mantiene dell’ordine di 600-800 m2/g, e non si riscontra

degradazione termica. Tra i catalizzatori a base di ferro, cobalto e rame, supportati da silicati monolitici, il meno funzionale rispetto agli scopi del processo SCR risulta essere quello a base di cobalto; in particolare l’attività decresce nell’ordine Cu > Fe > Co.

La conversione di NO su catalizzatore di allumino-silicati può essere confrontata con quella osservata sul catalizzatore commerciale di riferimento, polvere Eurocat (78% TiO2, 9%

WO3, 6,4% SiO2, 3,15% V2O3, 1,5% Al2O3, 1% CaO, 0,85% SO42- in peso). Due catalizzatori

impregnati e due scambiati con ioni rame e ferro mostrano una performance catalitica comparabile a quella del catalizzatore di riferimento; producono solo una piccola quantità di N2O, e il catalizzatore a base di Fe risulta addirittura più selettivo dell’Eurocat nel range di

(21)

2.5.3.3 Il ruolo dei siti di Fe[29]

Le tecniche tradizionali utilizzate per l’introduzione del ferro nella matrice catalitica si basano sullo scambio ionico in acqua. Uno dei maggiori difetti di questi metodi è che portano a complesse trasformazioni chimiche dei composti del ferro durante la calcinazione e quindi il prodotto finale risulta costituito da materiali molto eterogenei e difficilmente riproducibili.

Nel tentativo di ovviare a questi difetti, si è posta l’attenzione su delle zeoliti sintetiche del tipo ZSM-5 sovrascambiate con ferro. Vengono ottenute mediante deposizione chimica di vapori di FeCl3 entro i pori di H-ZSM-5 seguita da un lavaggio ed una calcinazione. Un secondo metodo

di introduzione del ferro ha visto la molatura intensa di H-ZSM-5 con FeCl3∙6H2O seguita da 2-3

veloci lavaggi con acqua. Un confronto riguardo l’attività nella riduzione selettiva catalitica di NO mediante ammoniaca e isobutano in presenza di ossigeno rispetto alle prestazioni di ZSM-5 scambiata ionicamente con Fe porta alle seguenti conclusioni: l’unico prodotto di reazione è N2 e

corrisponde alla conversione di NO; l’attività dell’ammoniaca risulta molto superiore a quella dell’isobutano.

Il metodo utilizzato per introdurre il ferro ha una decisa influenza sul tipo di siti presenti sul catalizzatore. Mentre nella zeolite di partenza si ha una percentuale molto piccola di Fe e nessuna traccia di Fe3+, si è trovato che la molatura porta soprattutto all’introduzione di

quest’ultima specie, laddove gli altri metodi danno origine a gruppi del tipo FexOy e Fe2O3.

Mediante EPR (Electron Paramagnetic Resonance) si è potuto stabilire che i siti Fe3+ di sono

almeno tre: isolati, tetraedrici ed a coordinazione maggiore. Tuttavia i gruppi isolati sono presenti in gran numero nel catalizzatore prodotto per molatura, mentre negli altri si hanno aggregati FexOy decisamente più grandi.

Il trattamento termico poi porta all’aggregazione di questi gruppi che è favorito anche dall’umidità residua. Si suppone che prima della calcinazione si abbia:

H+FeCl3[ FeCl2] +

HCl [ FeCl2]

+

nH2OmOz[ FeH2OnOzmOH 2] +

2 HCl con mn=3 o 4 La calcinazione porterebbe poi ad un cambio nella coordinazione:

[ Fe  H2OnOzmOH 2] +

[OzpFeO]

+

con p=3, 4 o 5

Quindi è difficile dire quale forma assumerà il Fe dopo la reazione e l’effettiva influenza di un eventuale stoccaggio a temperatura ambiente.

Sottoponendo i catalizzatori alla reazione con isobutano si vede che gli aggregati del tipo FexOy aumentano di dimensione e si ordinano, senza tuttavia influenzare la resa. Se ne conclude

(22)

ha portato nessun tipo di modifica alla struttura e si è rivelata estremamente più efficace, confermando la teoria per cui tutti i tipi di siti contenenti ferro partecipano alla reazione. Giova comunque sottolineare che i siti Fe3+ isolati restano i più attivi. Al di sopra degli 800 K la

riduzione non è più selettiva.

2.5.3.4 Il ruolo dei siti di Cu2+[30]

Se la riduzione selettiva catalitica con ammoniaca è ormai considerata la migliore via per rimuovere NOx da fonti stazionarie, le zeoliti sono considerate la nuova possibile struttura base

per catalizzatori diversi da quelli a base di V2O5/WO3 utilizzati comunemente nell’industria. Tra

le zeoliti scambiate con cationi metallici, quelle che hanno mostrato maggiore attività con ammoniaca sono nell’ordine quelle contenenti Cu, Fe ed ultimo Ce. Per le zeoliti contenenti Cu sembra che l’attività non vari con la struttura. D’altra parte, l’attività specifica dipende dalla capacità di scambiare gli ioni rame e dalla loro accessibilità. La struttura della offretite contiene cavità e canali piuttosto ampi ed ha un basso rapporto Si/Al.

Una volta che si parte da un campione di offretite e si procede allo scambio ionico con ioni rame si può notare che il rame introdotto è comunque poco (3.61 wt%) e che maggiore è il carico metallico e minore è l’area superficiale (BET): si passa da valori di 271 a valori di 234 m2/g.

Indipendentemente dalla quantità di rame si ha comunque un’isoterma di assorbimento del tipo I. Questo indica che gli ioni di rame sono abbastanza difficili da inserire nelle piccole gabbie della struttura dell’offretite. Tuttavia non si ha perdita di cristallinità e non si ha presenza di ossidi di rame.

Nei confronti della reazione di riduzione catalitica selettiva di NO con ammoniaca in presenza di ossigeno, si è trovato che la conversione comincia attorno ai 100 °C, aumenta rapidamente verso i 160 °C per giungere al 100 % a 320 °C. All’aumentare della presenza del rame l’attività tende ad aumentare per poi stabilizzarsi. Come controparte si ha una maggiore formazione di N2O attorno ai 260 °C. Questo prodotto indesiderato compare in due modi: su

aggregati residui di CuO a 240 °C ed attorno agli ioni Cu localizzati nelle cavità della sodalite per temperature superiori a 310 °C. Al di sopra dei 350 °C la formazione di N2O compare

nuovamente e con maggiore consistenza.

In conclusione dagli studi effettuati si può asserire che questi catalizzatori sono molto più attivi di quelli tradizionali a tutte le temperature e che la carica di rame porta ad una resa alta anche se non la si spinge fino a raggiungere la percentuale massima.

(23)

2.5.3.5 Effetti della presenza di NO2[31]

In letteratura è stata appurata l’efficacia delle zeoliti per la riduzione catalitica selettiva degli NOx con ammoniaca e si è quindi studiato anche l’effetto della presenza di NO2 nei fumi esausti.

Si è riscontrato un notevole incremento dell’attività catalitica sia del catalizzatore fresco che invecchiato. Questo suggerisce che con ogni probabilità il meccanismo di reazione prevede il passaggio NO → NO2 che, a causa della bassa velocità, rappresenta la reazione controllante.

Questa conclusione trova buon accordo con la letteratura: è infatti stato osservato che NO2

reagisce molto velocemente con NO e NH3.

L’aggiunta di Cu, Fe o Ag nella matrice neolitica aumenta drasticamente l’attività dei catalizzatori proprio favorendo la reazione NO → NO2. I siti attivi delle zeoliti si comportano da

acidi di Brønsted per l’assorbimento di ammoniaca e portano alla generazione di ioni NH4+.

Inoltre NO2 è molto più reattivo con NH4+ rispetto ad NO. Nel caso in cui NH3 si ossidi in

piccola quantità, allora NH3 ed NOx reagiscono in rapporto stechiometrico 1 : 1. Perciò tanto

minore è la conversione di NOx e tanto maggiore è la perdita di ammoniaca. Le velocità di

riduzione degli NOx e di ossidazione di NH3 sono legate ai cationi metallici ed alla loro quantità

nelle zeoliti. Se i cationi sono pochi, sono presenti più siti acidi disponibili per l’assorbimento dell’ammoniaca e, allo stesso tempo, i cationi sono finemente dispersi. Se i cationi sono presenti in numero elevato, c’è il rischio che fuoriescano dalla struttura e che siano troppo attivi, tanto da ossidare NH3.

L’acidità superficiale delle zeoliti ha una tipica diminuzione associata all’invecchiamento. Questo fenomeno si può spiegare associandolo non solo alla diminuzione dell’area superficiale, ma anche alla perdita di alluminio. Si sa infatti che rapporti Si/Al2 alti non promuovono la

formazione di NH4+ perché aumentano la forza del legame, mentre rapporti bassi aumentano la

capacità di assorbimento. Il fatto che si rafforzi il legame spiega perché, dopo l’invecchiamento, si abbia una maggiore attività a temperatura più alta. Si può senza dubbio concludere che l’acidità del catalizzatore è un fattore fondamentale sia nell’assorbimento, sia nell’attivazione dell’ammoniaca.

I cationi metallici (su matrice neolitica) che hanno dato i risultati migliori sono nell’ordine: Fe > Cu > Ag. In particolare, l’attività a bassa temperatura (150–200 °C) si è dimostrata superiore a quella dei catalizzatori commerciali a base di vanadio.

Figura

tabella 2.1  [1]  – Metodi di controllo degli NO x
figura 2.1 [20]  – Struttura molecolare dei complessi H
figura 2.2 – Finestre di lavoro di alcuni catalizzatori per deNOx SCR [18]

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