C t IORNALE s t o r i c o
E LETTERARIO DELLA
d i r e t t o d a A C H I L L E N E R I * * *
pu bblicato sotto g li auspici della S
o c i e t àL
i g u r e d iS
t o r i aP
a t r i aF . L . M a r r a u c c i : D i L a n f r a n c o C ica la e d e lla s c u o la tro va d o rica g e n o v e s e , p a g . 5 . — G . C a p a s s o : U n m a n ip o lo di le tte re di A n d r e a e G ia n n e ttin o D ’ O ria, pa g . j j. — A . B o z z o : L ’ in d u st ria e i c o m m e r c i in S estri P o n e n te nel m e d io e v o , p a g . ./6. — P . B o l o g n a : D i alcuni scrittori p o n t r e m o i v ^ d e l l a fam ig lia B o lo g n a , p a g . 6/. — V A R I E T À : A . N . U n a l e t t e r a d i G ia m b a ttis ta R e n i e r i , pa g . Sç.
— B O L L E T T I N O B I B L I O G R A F I C O : V i si p a rla d i: M ich e le L u p o G e n t ile (C . M a n fro n i), F . M. C o s t a (U . A sscreto) pag. g ì. — A N N U N Z I A N A L I T I C I : V i si p a r la d i : P. G i a n n o n e , G . C o g o , A . D ' A n c o n a , C . S fo r z a , E . B o g h e n C o n ig li ani, F . F l a m i n i, G . D o lc e tti , A . C o m a n d in i , F . P o d e s t à , p a g . 100.
S P I G O L A T U R E E N O T I Z I E , p a g . 105. — N E C R O L O G I E , pa g . 108. — A P P U N T I D I B I B L I O G R A F I A L I G U R E , p a g . 114; B ibliografia m azziniana, p a g . 117.
L IG U R IA
e d a U B A L D O M A Z Z I N I + * -*■A N N O V I I F a s c i c o l o 1-2-3
1906
G e n n a i o - F e b b r a io - M a r z o
SOMMARIO.
DIREZION E A M M I N I S T R A Z I O N E
GIORNALE STORICO E LETTER AR IO
DELLA LIGURIA
GIORNALE
STORICO E LETTERARIO
D E L L A
LIGURIA
D I R E T T O D A
A C H I L L E N E R I E U B A L D O M A Z Z I N I
E P U B B L IC A T O S O T T O G L I A U S P IC I
D E L L A S O C I E T À L I G U R E DI S T O R I A P A T R I A
V O L U M E V I I
L A S P E Z I A
SOCIETÀ d’ i n c o r a g g i a m e n t o e d i t r i c e
MCMVI
G E N O V A - T I P . D E L L A G I O V E N T Ù
DI L A N F R A N C O C I C A L A
E D E L L A S C U O L A T R O V A D O R I C A G E N O V E S E
(c o n r a g g u a g l i b i o g r a f i c i e d o c u m e n t i i n e d i t i)
Confesso eh’ io non avrei scrupolo veruno a negare l’e sistenza d ’ una scuola trovadorica g e n o v e se , se la parola scuola volesse soltanto designare un particolare indirizzo d ’ un genere di letteratura largam ente coltivato e se non tosse anche usata e usabile nel suo significato originario, per indicare un gruppo di persone intese a una qualsiasi operazione ; giacché nessuno dei trovatori genovesi, quando se ne eccettui il Cicala di cui prendo a tracciare il profilo letterario, eccelle, nel m aneggio dell’arte prediletta, per n o
vità d ’ espressioni o d’argomenti, e nessuno, neppure il C i
cala, impone agli altri speciali forme e spiriti di poesia. In altre parole intendo con ciò dire che, sebbene la m aggior parte dei cantori italiani di provenzale — e non son pochi e pare voglian crescere di numero giorno per giorno — risulti di Genova, questa città non fu centro ove la gaia scienza deliberatamente si stabilisse, si sviluppasse e s’ irradiasse.
A traviare la verità dei fatti in questo senso, come pure
a far credere ben più antico di quel che non sia 1* inizio
dei poetici ritrovam enti in G en o va, p otrebbe contribuire il com pianto D esim oni, il quale,
t o c c a n d odelle relazioni corse fra alcuni trovato ri e la casa di M onferrato , lascio inten
dere essersi diffuso l ’influsso d ella poesia occitanica per la penisola, e segnatam ente in q uella città, dopo la crociata a
b ig e s e , quasi com e un prodotto im portato dai numerosi cantori stanziativi o transitanti per essa ( i) ; e più ancora v i contribuirebbe, o g g i , un altro illustre scrittore , lo in garelli, afferm ando che in « G en o va, λ enezia e B o lo g n a ...
le grandi fam iglie ten evan o... corte, ove la poesia era il principale ornam ento », e che esistono rassegne di « si gn ore fam ose per b ellezza e per virtù civili » e apparte
nenti a queste « repubbliche » (2). 'la n to le asserzioni e D esim oni quanto quelle dello Zingarelli
s a r e b b e r o, a mio parere, da rigettarsi, se q u egli non avesse voluto forse in
dicar piuttosto che l’ im m igrazione dei provenzali in Italia precede di poco la fioritura lirica di G en o va o quasi con essa c o in c id e , e questi non avesse esteso alle illustri corti dell’A p p en n in o superiore la denom inazione di liguri. Infatti non si p otreb be facilm ente supporre che tanti canon p a
rassiti si ferm assero e trovassero esca in mezzo ad un po polo quale il g en o ve se , tutto dedito agli affari , pieno di fr e tt a , pratico e positivo in ogni suo a t t o , e tanto meno ancora che le donne am assero di sentire qui decantati in versi i lo r p r e g i , a m o’ di quelle vissute negli ambienti aulici: dalle rassegne poi del V a q u e ir a s , di G uillem de la T o r , di A lb e rte t de Sisteron e di A im eric de Belenoi nessuna dam a gen ovese trasse onore e gloria , se non si riesca a riconoscerne forse qualcuna tra quelle che rim an
gono tuttora non identificate nelV
Amoroso Carroccio(3). h notorio in vece com e il V a q u e ira s 1’ autore appunto di q u e
st’ ultimo com ponim ento, suscitasse le più gioconde risa fra
— 6 —
(1) Il marchese Bonifazio del Monferrato e i trovatori alla corte di lui in G tot». Ligustico, vol. V , p. 253
(2) Partir, ed . V all a rd i, fase. 1, p. H .
(3) V ed . To r r a c a , / > dotine italiane netta poesia proveniate, in Bihl.
c r ii, della le tl i l ., Firenze. 1901, n, 39; e la recens, del BERTONI in G io rn .
le. dame della corte dei Malaspina e dei signori del M onfer
rato, ricordando nel suo contrasto bilingue il bel modo con cui 1’ aveva accolto una donna genovese, quand egli, m al
cauto, s’era permesso d’offrirle il suo amore in termini non troppo sibillini (i). Costei certo non ave va conoscenza degli aristocratici trovatori: non ne capiva, per espressa sua di
chiarazione , il lin guaggio : e trattò lo spasimante col d i
sprezzo onde solean coprirsi i giullari della piazza. Oh quelli sì ch’eran ben noti in città ! E il povero R am baldo non ancor cavaliere, non ancor amato dalle belle di corte, senza un soldo in tasca, era proprio costretto, com e g li rin
facciò più tardi A lb erto Malaspina, ad
an a r a p e , a le y d e c r o y j o g l a r , p a u b r e d ’ a v e r e m a le s tr u x d ’ a m ia (2).
Il qual contrasto, se fu per lui uno sfogo necessario a lenire 1’ offesa p a tita , riesce tanto più prezioso per il caso nostro e ben s’accorda con le notizie che quotidianamente, rispetto alle consuetudini femminili in G enova, vanno esu
mandosi dalla polvere degli archivi. E non vorrei che la bella genoeisa, cantata da A lb ertet de Sisteron e così osti
nata nei suoi rifiuti da indurre l ’innamorato poeta a male
dire violentemente l ’amore e le donne, traesse pur da G e nova la sua origine , proprio perchè il V aqu eiras , amico d’A lb ertet e con lui accolto nella stessa corte , ave va di
vulgato quel bel concetto delle donne genovesi (3). D el resto , prescindendo anche da queste testim onianze, cui si
(1) Ved . l ’ ediz. critica datane dal Cr e s c i s i , II contrasto bilingue di Rambaldo di Vaqueiras, Padova, 1891.
(2) V e d . Testi antichi provenzali, a cura di E. Mo n a c i, Roma, Forzani, 1889* col 70, n. 24, v v 32-5· Q uel « malastrux d ’amia » si riferisce proba
bilmente al fiasco con la genovese e contribuisce a con valida re la realtà storica d e ll’episodio.
(3) B a r t s c h , Grundiss sur Geschichte der prov. Liter. Elb erfe ld, 1872, 16-/1. Cfr. in proposito T o r r a c a , op. cit , p. 25. Anche il Bertoni inclina a credere che questo trovatore non fosse stato a G e n o v a: Studi e ricerche sui trovatori minori di Genova, in Giorn. St. della Leti. It., Vol. X X X V I , p. 19. Per la sua dimora alla corte di Monferrato e le sue relazioni con R a m b a ld o , ved. ib. , p. 20 , n. 1 ; e S c h u l t z , Le epistole del trovatore Ramb. di Vaq., in Bibl, crii, cit., nn. 23-4.
può concedere solo un valore r e la tiv o , troviam o che I Tg o di San Cir non nom ina la L igu ria· tra i lu ogh i fam igliali ai tro v a to ri, i q u a li, al suo d ir e , piuttosto alla T oscan a, alla Lom bardia e alla M arca v o lg e v a n o i passi ( i) , e che appunto da qualcuna di queste regioni , « de Lom bardia, de P rovin cia et T ush ia », secondo g li annalisti , vennero in G enova trovatori e giullari nel 1227 , al tem po delle feste promosse dal podestà Lazzaro di G herardino Ghian- done : segno evidente che non eran soliti a b azzicarvi (2).
E quest’ ultima notizia conferm erebbe vieppiù l ’ ipotesi del Casini che il b o lo gn ese R am b ertin de B u valel, fecondo ri
matore in lin gu a d ’ oc e podestà in G en o va fino al 1218, non in tal città, bensì a F errara, e certo più tardi, con la guida d’A im e ric de P egulh an , acquistasse la ben nota te c
nica (5). M a il 1227 non è d a ta , si b ad i, da valicarsi con troppa leggerezza. A q uest’ora qualcuno canta g ià in p ro
venzale ed è g en o v e se puro sangue. T oltin e il G attilusio e il Panzano, che ancor nei primi lustri del trecento vissero e vestiron panni, tutti g li altri trovato ri gen ovesi si r e g gono a cavallo della m età del d u g e n to , sp orgen d o più di là che di qua. E chi mai ha potuto dunque insegnare a costoro la b e ll’ arte? Com e a vvien e c h e , senza precedenti lo c a li, tu t t i, ad un tratto , m an eggian o cosi agevolm en te una lingua non fam igliare al grosso della popolazione?
Fin dal secolo X I I la P ro v en za era una regione ben conosciuta e frequentata dai G enovesi. L a bontà dei suoi prodotti, la sua posizione p rivilegiata nel territorio gallico, il suo sbocco sul M editerraneo e infine le sue fiere ad e- poche fisse attiravano in gran numero i mercanti della R e pubblica vicin a e li in vogliavan o a costituire quelle società commerciali, che divennero poi cosi potenti nel secolo su c
cessivo , da ob bligare i M arsigliesi stessi a tutelare con
(1) C fr . in Canzoniere prov. //, e d . G a u c h a t e K e h r e i , in Studi di Filol. Rom , v o l . V , p. 533, n . 220.
(2) Ba r t h o l o m e i Sc r i b a e, Annales, in Pe r t z, M. G. //., X V I I I , 165.
(3) La vita e le poesie di Rambcrtino lìovarello, in Propugnatore , to.
X I I , 1879, P* 104 ; e S c h u l t z , Die lebensvcrfùiltnisse der i/al. trobadors, in Zeitschrifi f f t r rotti, p/ii/., to V I I , p. 200.
nuove leggi i propri commerci (i). Questi m ercanti appar
tenevano , com ’ è noto dalla storia interna della città no
stra (2), alla classe aristocratica, epperò venivano a trovarsi facilmente a contatto con la parte più eletta degli abitanti, non esclusi i personaggi stessi della corte di R aim ondo B e rlin g h ie ri, supremo signore di quella terra. E , anche quando essi l ’oltrepassavano per recarsi ai mercati delle città situate al di là del R odano e delle Cevenne, altro lin g u a g g io o altre consuetudini che le provenzali non accadeva mai loro d ’incontrarvi. Or, se a tutto ciò s’aggiu n gerà che spes
sissimo magistrati e ottimati gen ovesi doveano spingersi oltre il V aro per politiche am basciate, non parrà certo strano che ne conseguissero una notevole diffusione del li
gure dialetto in quei luoghi e una larga conoscenza nei G enovesi della lingua e delle tendenze artistiche occitaniche.
Un tardo scrittore italiano , Mario Equicola , del rina
scimento lombardo, v ’accenna, nel suo trattato intorno alla natura d’amore, là dove dice che nella Corte di R aim ondo
« conversarono molti gentilhuomini et virtuose persone di Francia, di Provenza, di Catalogna et d’ Italia d e l p a e s e d i G e n o v a , tra i quali molti trovadori et giocolari ivi si radunavano componendo et recitando chançon, servantes, coupaletz et lettres et ballades d’ amours »; e che il loro idioma soleasi chiamar provenzale « perciò che in P rovenza era più che altrove esercitato, ben che dalla Francese, Ca- thelana et Provenzali lingue fosse composto, c o n a l c u n i v o c a b o l i G e n o v e s i » (3). Queste osservazion i, vera
mente, potevan essergli suggerite dai Bem bo, intimo e suo dotto amico , il quale a sua volta v ’ era forse indotto dal trovare esempi non pochi di poeti provenzali e gen ovesi tra di loro tenzonanti, e fors’anche da un superficiale esame linguistico dei canzonieri posseduti ; ma sta il fatto che sì
(1) Cfr. Ru p p i, Histoire de la Ville de Marseille, M arsiglia , 1642, pa
gina 136, e anche per notizie in proposito alle relazioni p o litic h e , Pa p o n, /fisi, gétier. de Provence, Paris., to. II, 1778, p. 228 e segg.
(2) Cfr. il mio studio sulle Società genovesi d'arti e mestieri durante il sec. X III, in Giorn. St. e Leti, della L i g anno V I , p. 241.
(3) Ed di Venezia, Giolito. 1561, p. 333 e segg.
della conoscenza del lin gu aggio g en o ve se oltralpe , e più estesa e più necessaria che per ogni altro dialetto italico, com e pure di alcune relazioni fra i cantori delle due re gioni, in età non tarde , s’ hanno p ro ve lum inose nei can
zonieri stessi. Ci è stato conservato del V aqueiras un com ponim ento polilingue, ogni strofa del quale è scritta in un lin g u a g g io differente ; vi si trovan cioè com pagni tutti quei lin g u a g g i che più eran fam igliari al poeta e noti nelle corti del tempo. O rbene di tutti g l’ idiomi nostri il poeta non usa che il gen ovese e gli assegna un posto ragg'uardevole nella seconda codia, subito dopo il provenzale, cui spettano g li onori m aggiori (i). E un altro trovatore , A rn a ld o de M aruoil, che la biografia fa g iro v a g o per la Provenza prima di capitare alla corte di R u g g e r o I I , pare sia stato bene
ficato assai da un signore gen ovese, perchè termina alcune canzoni lodandolo svisceratam ente: « i fatti di questo il
lustre » egli canta, « sono scelti ove più s ’odon dim andare fatti belli e cortesi di re o d ’altra g en te ; il ricco suo pregio risplende sopra i m ig lio r i, cresce e s ’ affina di giorno in giorno » (2). E P eire V id ai ha di tutti i G enovesi la mas
sima stima e al loro carattere viene informando le sue a- zioni, come a quello che più s’accorda con l ’ideale suo (3).
E ad un G en ovese ancora rivo lge una questione Pujol, circa un avvenim ento di cui era stato protagonista un c o mune amico eh* egli chiama « un nostre » : ad un G en o
vese che poetava in provenzale, che risponde nella tenzone stessa, che potrebbe esser uno dei trovatori gen ovesi a noi noti e potrebbe anche non esserlo (4).
(1) V e d . in Mo n a c i, op. cit., col. 63.
(2) In R a y n o v a r d , Choix des poesia originales des Irouhadores, to. I, Paris, 1844, p. 351; Nouveaux Choix in to. I del Lexique roman, p. 358»
e in Canzoniere A, in Studj di FU. Rom.t voi III, p. 323.
(3) E teing m ’a l ’ us dels genoes Q ’ab bel senblan gai e cortes Son als am ics amoros
E z als enemics orgoillos.
In Canzonieri //, ed. cit., p. 370, n. 20. V ed . anche D i e z . Lehen und urrhr der Troubadours t Leipsig , 1882, p. 127.
(4) Il merito di aver scoperto un poeta genovese in questa t e n z o n e , è
M a il linguaggio gen o vese, in tatto di galanterie e d ’ idealità eh’ eran monopolio di case illustri , dovè accon
tentarsi di quell’unico om aggio resogli da un cantore s tra niero ; e, se pure orgoglio gliene venne, fu fiammolina che guizzò e s’estinse. Esso era destinato a sorti più umili, seb
bene più utili, in quello stesso torno di tempo , per opera d ’ un onesto conservatore delle tradizioni paesane. Conse
guenza inevitabile di quella condizione di cose cui s è ac cennato , era invece 1’ assimilazione lenta ma continua, da parte dei Genovesi, degli elementi onde risultava costituita la vita di quel lembo di Francia, dove prima e più tenace
mente avean tenuto dimora le aquile romane. T utti que- g l’instancabili negoziatori, quei g iu d ic i, quei n o t a i, quella gens nova, non p otevan o , per rozzi che fossero, rimanere tnsensibili di fronte a una fiorente consuetudine di cortesie, le q u a li, oltreché nelle pratiche più co m u n i, si m anifesta
vano con norme nette e precise, quasi in un galateo della buona so cie tà , in molteplici carmi composti a ll’ om bra dei più cospicui manieri, facilmente rintracciabili nelle raccolte in voga, recitati da mille e mille giullari. Stringono quindi amicizia coi migliori trovatori di que’ luoghi : cominciano a scrivcr versi ne* momenti d ozio : tentano e ritentano, con lo scopo d’ avvicinarsi ai buoni modelli. E non solo riescono così ad accontentare quelle aspirazioni che ha lor comunicato la civiltà d’un popolo contiguo, ma intravedono nell’abilità di recente acquisita, come una salvaguardia fu
tura della loro d ig n ità , giacché anche in quelle illustri corti appollaiate fra gio go e gio g o dell A ppennino e ove pur è necessario ch'essi vadano per conto del Comune, si canta, si tenzona, ci si comporta a mo dei provenzali. R i gettare l’ usanza, sarebbe un voler esser b arb a ri; e i G e novesi cantarono d’ amore , riassume egregiam en te il C a r
ducci, e rimarono in provenzale « per non parer villani » (i).
E d ecco formarsi in G enova il gruppo ben noto che in
+■ del Sei.bach , Slrelgedìchl in der allprov. L yrik . , in S t e n g e l , Ausga- fygn u. A b h a n d lu g e n ans dem S cb . d e r . rom . P I ,il., to. L V I I , M a r b u r g , 1886
p. 72. — Pujol è contemporaneo di Sordello e di Blaeatz.
(i) Il secondo centenario di L. A . Muratori, in Bozzetti e scherme, Bo
domestiche accadem ie si piace di rinnovare e ripetere le tenzoni, i coupletz, le can zon i, i discordi: sono i D o ria, nelle case dei quali risiede la curia del Com une (i); i Cicala, fam iglie di giudici e di m agnati (2); i Grillo, govern ato ri non solo della città ma altresi dei castelli circonvicini (3); i Gri-
(1) Dei Doria trovatori sta raccogliendo documenti il Fer retto (Studi medioevali
,
fase. I , p. 126 e s g g . ), ma gli sarà ben difficile, in mezzo a tante o m o n im ie , fissare qualcosa di positivo. Basti dire che alla battaglia della Meloria presero parte sei Perei valle Doria (Cfr. D o r i a , La chiesa di S. JfatteOy G e n o v a , 1S60, p. 250), nessuno dei quali è figlio di Montanaro o di Ma nu ele o di Gugl ielm o.(2) Di Lanfran co e della sua famiglia ved. più innanzi.
(3) Parecchi pe rsonaggi compaiono a Genova, verso la metà del sec. X I I I , con la denom inaz ione di Iacopo Grillo. Uno, marito di certa Montanaria, t morto già nel 12 gen nai o 1255 (cfr. in not. IOHANNis d e Ve g i o, Reg. I, anni 1235-64, c. 13 v . R. Arch ivi o di Stato genovese) e non può quindi ri
tenersi per il tro v a to r e , identificabile invece con q u e l l ’ ottimate che fu ret
tore della R e p u bb li ca nel ’Ó2. Per altri è impossibile trar ragguagli precisi e utili al la nostra ricerca. T r o v o ricordati come vi vi , nel 4 aprile 1253, un Iacopo Grillo, fratello di O liv ie r o e figlio del quoniam Alberto (not. B a r - t o l o m e u s d e F u r n a r i i s , Reg. IV , anno 1253, c. 28 v. e 29 r ) , e , nel 16 luglio 1263, un Ia copo figlio del quondam Andrea (ib. Reg. V , P. II , c. 57
\ . ) · e nessuno dei d u e eccelle per più nobile con diz io n e, giacche Andrea G rillo è console dei placiti in G en ova nel 1206 e pure lo è Alberto nel 1175, e nel 1213 (cfr. A g o s t i n o O l i v i e r i , in Serie dei consoli del Comune di Ge- nova, pu bb l in A tti della Soc. Lig. di St. Pal., vol. I, p. 447 e sgg ). Ma, se non riesce facile stabilire la paternità d e l nostro, possiamo consolarci con l ’acquisto di due notizie riferibili certamente a lui e che non furono rilevate nel lavoro dell o S c h u l t z , Die LebensverhiìUnisse cit. (ved. a p a gina 220) nè in quello del Bertoni (ved. a p. 10). Il 4 giu gno 1257, *» un atto di d ivisione fra i marchesi di Ponzone è teste per conto della Repub- blica il genov es e Iacopo Grillo, giudice ( M o r i o n d o , Monumenta Aquensia, to II. Torin o, 1789, col. 434); e , nel 1 maggio del 1260, Giovan ni Rocca, ca stellan o di G a v i , a suo nome e per Giacomo Grillo suo s o c i o , assente, consegna il castello, div en uto ormai proprietà dei Genovesi, ad Oberto A d voc ato, Bonifacio Pi ccam ig li o e G u glie lm o Picella, nuovi castellani per q u e l
l ’anno, giusta il mandato del Co m une ( De s i m o n i, Annali storici della città di Gavit Alessandria, 1896, p 59). — L a mancanza di ogni accenno a q u a l
che Iacopo Grillo nella vita pubblica genovese dopo il 1262, c'indurrebbe a credere che il trovatore fosse morto jx>co dopo quel l'anno e quindi a esclu
dere dal campo delle nostre indagini anche q u e ll’ Iacopo Grillo, la cui mo
glie A n d in a f a c e v a , lui v i v o , contratti in accomandita nel 23 luglio e 15 agosto 1281 (cfr. Fe r r e t t o, Codice diplomatico delle rela:, fr a la Liguria, la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante, P. I I , nel vol. X X X I V degli A tti dalla Soc. Lig. di St. Pat.. p. 427, n. 1). Tralascio poi di citare tutti gli Iacopo Grillo che dal 1231 al '40 ricorrono in uno o in altro atto d e i r arc hivio g e n o v e s e , perchè non hanno volontà alcuna di distinguerai e farsi riconoscere.
malcli, capi irrequieti delle più importanti fazioni cittadine (i);
(i) R i g u a r d o al t ro v ato re della fa m ig lia G r i m a l d i , p a r e c c h io s ’è g i à d etto , m a farragin osam ente. L o S c h u l t z , in u n ’ a g g i u n t a al su o s t u d io sui t r o v a tori italiani (Zeilschrift cit., vol. I X , p. 406), e il B ertoni [Studi, p. 12) lo identificano s e n z ’ altro con quel L u c a G r i m a l d i figlio di U g o , c h e vie n r i c o rd a to in un o sp og lio s t ro zz ia n o s c o v a t o d al H a r t v i g . U n d o c u m e n to i n fatti m enziona, co m e d im o r a n t e in G en o va , nel 24 g e n n a i o 1239, u n « L u c a s d e G r i m a l d i s , filius et h eres q u o n d am In g o n is d e G r i m a l d i s » (not. I o - h a n n i s d e P r e d o n o , R e g. I, P. I, c. 269 r.) e un a ltr o fa c e n n o d e l l a s u a c a ric a di pod està fiorentino nel *57 ( v ed . F e r r e t t o , o p. cit., P. I, p . 134)*
Ma , n ello stesso te m p o , q u e s to L u c h e t t o d ’ In goile s a r e b b e , s e c o n d o lo S c h u lt z {Die Lebensverhàltnisse , p. 219) e a n c h e il B ertoni (Studi, 1. cit.), il fratello di quel B o va re llo ch e con lu i c o m p a r e s p es s iss im o in a t t i s t i p u lati per im p re se c o m m e rc ia li (il 1 lu g lio 1241 , in B a r t . d e F u r n a r i i s , R e g . I V , c. 253; il 10 e 11 lu g lio 1257 e ^ 5 s e tte m b re 1258, in A n g e l i n u s d e S i g e s t r o , R e g . I, c. 135 v., e c. 308 r.; il 27 n o v e m b r e 1262, in F r i -
d e r i c u s DE S i g e s t r o , R e g . I, c . 145 v. ; e il 23 m a rz o 1263 in B a r t . d e
F u r n a r i i s . R e g. V , P. II, c. 107 r.) e c h e co n lu i si t r o v a p u r n o m in a to n e l l ’e p is t o la di C a rlo d ’ A n g i ò ( F e r r e t t o , op. c i t . , P. I, p. 284, n. 4) : i q u a li d u e p erso n a g g i, L u c a e B o v a r e llo , a p p a io n o e n tra m b i g i à m o rti nel 18 a p r ile 1275 e certo non sono d a co n fo n d e rsi co n d u e n ip o ti o m o n i m i e a n c o ra v iv i a q u e lla d a t a . D u e atti t e s tam e n tar i d à n n o in p r o p o s i t o r a g g u a g l i in te re s sa n tis s im i: « N ic o lin u s et M a rc o a ld u s filii et h e r e d e s p ro d u a b u s p a r tib u s q u o n d a m d o m in i L u c e d e G r i m a l d i s , E n r i c u s et G a s p a r u s e t L u c h e t u s fìlii e t h e re d e s pro d u a b u s p a r tib u s c o n tin g e n t ib u s q u o n d a m d o m in i G a- b rie lis d e G rim a ld o , filii et h e re d is p ro a lia tercia d icti q u o n d a m d o m in i L u c e , e o r u m p ro p riis n o m in ib u s e t n om in e R ic a rd i, filii q u o n d a m d icti G a- b r i e l i s e t C a t h a lin a , u x o r q u o n d a m d ic ti G a b r i e l i s , t u t r i x e t c u r a t r i x B o - va relli, R a p h ae li, C a rlin i et Bonifaci, filiorum su o ru m e t d icti q u o n d a m G a b r i e l i s ; C o n ra d u s , filius et h e re s pro d i m i d i a p a r te q u o n d a m d o m in i B o va relli d e G r im a ld o , su o p ro p rio n om ine , et A g n e s , u x o r q u o n d a m d ic ti B o v a r e lli , et C a t h a lin a , u x o r q u o n d a m Ia co b in i, filii et h e r e d is pro a lia d i m id ia d ic ta p arte dicti q u o n d a m B o v a re lli, t u t r ix Io h an n is e t O d o a r d i filio
ru m su oru m et h e re d u m q u o n d a m d icti Ia c o b in i e t c ... » (18 a p r i l e 1275, n o t . I o h a n n i s d e L a n g a s c o , c. 15 v . , c o i,. 1) ; « N os, C o n r a d u s d e G r i m aldo, filius et h e re s pro d im id ia p a r te q u o n d a m B o va re lli d e G r i m a l d o , e t A g n e s i n a et C a th elin a , tu trix Io h an nis e t O d o a r d i filiorum e t h e r e s pro a l i a d im id ia d icti q u o n d a m B o va re lli, e t c ... » (5 m a g g io 1278, n ot. I o h . d e La n g., c. 17 r.). — O rb e n e , i d u e fratelli L u c a e B o v a re llo n on so no p u n t o figli di In go n e , m a di G rim a ld o d e G r i m a l d i s di U b e r t o (cfr. Be l g r a n o, Documenti riguardanti le due Crociate di S. Ludovico, G e n o v a , 1859, p a g in a 306; Fe r r e t t o, op. cit., P. I, p. 80, n. 1 ; e a n c h e l ’a tt e n d i b i l i s s i m o Gi s c a r d i, Origine e fa sti delle nobili famiglie di Genova. M s . d e l la B ibl.
d e lla M ission e U r b a n a di G e n o v a , 30-9-3, v o l. I, p. 182) e r is u lt a n o c u g in i p rim i de l L u c a d ’ In go n e , perchè a n c h e In goile , c o m e G r i m a l d o d e ’ G r i m a ld i, è d e t t o , negli atti , quondam O b e r ti. E in p a t r ia i d u e fratelli I n go ile e G r i m a ld o di O b e r to sono e n tra m b i nom inati fra g l i o tto n o b ili d e l Po d e stà, p rim a del sec. X I I I (cfr. Ol i v i e r i, o p ., cit., p. 305). Q u a l e sarà
i G attilusi (i), i C alvo (2), i Ponzano (3); uomini tutti fra i principali, di grande le v a tu ra , raggu ard evo li per uffici pubblici o traffici a rrisc h ia ti, molti dei quali la storia ci presenta proprio in P ro v e n z a , nella prim a metà del du- gento, o registra con altri cantori di P roven za nelle clau- sule dei trattati e nelle testimonianze delle am bascerie. Non dunque i Provenzali recarono a G en ova il fiore della gaia scienza, ma i G enovesi stessi, quelli più colti e illustri, ve lo trapiantarono. E di quel fiore avvenne come d’ogni fiore esotico tolto alla natia zolla: restò privilegio di pochi e
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d u nq u e il trovatore dei due chiam ati Luca G rim ald i ? In via di congettura io lo riconoscerei nel figlio di G rim aldo e fratello di Bovarello, il quale d i morò quasi sempre in G en ova e rivesti al di fuori cariche non meno c o spicue di quelle del cugino. NÈ sarà da trascurarsi ch e Bovarello fu pur degli otto nobili nel '42, andò ambasciatore al conte di Provenza dieci anni d opo (cfr. Me r k b l, Un quarto di vita comunale e le origini della domi
nazione angioina nel Piemonte, Torino, Loescher, 1890 , p. 1?-) e forse al re di Fran cia nel '62 (cosi il Gi s c a r d i, Ms. c i t , I. cit.). Ecco in ogni modo un ramo genealogico della famiglia, elevato su prove ormai ineccepibili:
O b crto d e ’ G rim aldi
In g on e G rim aldo
I _ J __
Lu ca
B ovarello Luca
m aritalo ad A g n ese
N icolin o M arcoaldo G abriele
Co-dò O i „ - J -
a C aterin a
--- i--- !--- v«rim i .nrhetto Riccardo BovardloRaflideCarlino Bon L t f o
la co b in o O d oard o minorenni
(1) V e d . su di lui il mio articolo Per la biografia di Luehetlo Gattilmio, in Giorn. S t. e Lelt. (Ulla Lig.* IV , pag. 455·
(2) N e scrisse definitivamente il P E L A E Z , in Giorn. St. della U I L //., v o l . X V I I I . Resta però incerto s ’ egli abbia tenzonato a G en ova o fuori (ved. ib , p. 5) ; ma fo r s e g l i in G e n o v a non mise mai piede. L o Z o m non tenzonò con lui; scrisse bensì un componimento di risposta e gliel o mando:
« Bonifaci C alvo, mon sirven tcs — vos man ►, ( M o n a c i , op. cit. col. 99).
Per quante ricerche io ab bia fatto fra i documenti d e l l ’cpoca, non riuscii a trovare nemmeno larghe tracce della sua famiglia in Genova.
(3) Su buone e sicure basi tracciò la biografia di Galega Pansano il F e r r e t t o , recen temente, Notizie intorno a C. /*. trovatore genovese e alla sua fam iglia, in Studi di FU. Rom., vol. IX , p. 595 e sgg.
crebbe chiuso in una serra e perse in breve la fragranza ond’ era tanto pregiato, e mutò i tratti che gli erano carat
teristici, per acquistar quelli del nuovo ambiente.
Lanfranco Cicala è il più fecondo dei trovatori gen o
vesi o quello almeno che ci giunse con più abbondante pa
trimonio. A b itò in G enova quasi sempre dal 1235 (1). Col-
(1) Le notizie sulla sua vita, raccolte dallo S c h u ltz , vanno dal 1241 al 1256. Una correzione alle congetture del dotto tedesco pubb lic ò il Cr e s c i n i,
Note Provenzali, in Studi di FU. Rovi. , vol. V I , fase. 15» P· r5^· H Ber toni (Studi cit., p. 16) aggiunse nuove ricerche circa le donn e nominate dal trovatore, ma forse non colse giusto quando volle riconoscerlo in quel Lanfranco Cicala che nel 1265 — non 1245, come per isbaglio si legge nel lavoro suo — fu console per Genova in Siria (cfr. Ca r o , Genua und die Màchie am Mittelmeer, Halle, Niemeyer, 1899, vol. II, cap. V , p. 182). A n che le ricerche intorno a lui sono continuamente intralciate da omonimie contemporanee'; convien quindi procedere ancora col metodo dell e li m in a
zione, non trascurando alcun dato cronologico , genealogico e qualificativo.
Elimineremo subito parecchi genovesi denominati come lui e che compaiono in atti notarili dei primi anni del secolo X I V , stante la certezza, ormai a s soluta, c h ’egli il 15 dicembre 1278 non era più (cfr. Fe r r e t t o , Cod. cit., P. II, p. 203: e documento II, in append. al presente scritto). Più fastidio assai ci recherebbe un Lanfranco Cicala di Ansaldo, che insieme con il no
stro sottoscrive nel 1253 l ’ atto d ’ accordo coi V e n e t i , se l ’ archivio notarile non ci soccorresse, offrendoci modo di stabilire i due rami genealogici e d i
stinguere quello che c ’ interessa. Nel 16 giu gno 1267 Ansaldo Cicala fa te
stamento e vi nomina sua moglie Clara di Lanfranco de V o l t a , Castellina,
<l uxor Lanfranci, filii sui » — il qual Lanfranco ebbe « e x domina quon
dam Maria, sua prima uxore » — la nipote lacoba, figlia d ’ una sorella, le nipoti Marietta e Caracosia , figlie di Ugone Mallone suo genero e della sua Adelasia, non che le figlie Tommasina, Alamannina e Iacobina (notaro Gu i l l e l m u s d e S . Gi o r g i o, Reg. II, c. 45 v.). Un altro atto fa cenno di questa famiglia Cicala, con le figlie di Lanfranco stesso , Leonetta e G io - vannina (cfr. Fe r r e t t o, op. cit., P. II, p. 202). Invece il Cicala trovatore è anzi tutto riconoscibile perchè ha quasi sempre la qualità espressa di giuris
perito o quella di consigliere della Repubblica. Come tale compare per testi
monio in atti di cessioni e di compere nel 20 luglio 1235 , nel 7 luglio 1239 e nel 21 febbraio 1240 (not. Si m o n d e Fl a c o n o , Reg. I , c. 27 r., notaro En r i c u s d e Po r t a, Reg. I, c. 199 r. e c 214 r.) ; e v ’ è detto figlio di quel Guglielmo Cicala che troviamo consigliere della Repubblica nel 1218 e tra 1 , nobili nel ’ 2i (cfr. oltre che l ’ indice del Liber lurium, anche Se l l a, Codex Astensis, in Atti e Menu. della R. Acc. dei Lincei, vol. II, ser. I l i , n. 985).
Nel 1248, il 7 ottobre, Lanfranco Cicala è « quondam W ilielmi » (not. Pa- l o d i n o d e Se x t o, R es. I , P. I, c 57). Il 1 7 dicembre 127S egli stesso è dato per morto in un contratto riguardante la dotazione nuziale della figlia sua Caterina « filia quondam Lanfranci Cicalae, iurisperiti ». e che ricorda la moglie sua quondam Safiria, il fratello Oberto Cicala, e gli altri figli, dei quali Pietro, canonico della cattedrale di Genova, e Ugolino son dichiarati
locherem o quindi anteriorm ente i suoi v ia g g i , il suo tiro cinio poetico e i suoi s t u d i , i quali studi p o tè com piere, m a non si sa di preciso , a B o lo g n a o a P a rig i. In p atria esercitò la professione di giu d ice e più spesso q u ella di g iu risperito, fu console di giustizia deversus B u rg u m ed ebbe tra m ano i più delicati e im portanti affari della R e p u b blica. N el 1241 vien m andato com e am basciatore in P r o ven za e quivi si trovò con G uglielm o di M on tan h agol (1).
non forse per la prim a volta , giacch e ho qualche ragio n e
--- I ò ---
v iv i, Corradino, Pasq uale e Ottaviano, defunti (ve d. doe. II in app.)· Resta così escluso da ultimo un Lanfran chino Cicala « filius Nicolae C i c a l a e », m u tuante il 17 aprile 1248 (not. Bà r t o l o m. d e Fu r n a r i i s, R eg II, c. 63 r ).
Il ramo gen ea lo gic o del nostro è il se g ue n te : G ugli elm o C ica la
Lanfr an co O b cr to Nicolosio
Corra dino O ttav ian o Pasquale U golino Pietro Cat er in a Margherita Non sarà trascurabile qualche altro d a to intorno alla famiglia sua. Ugolino,
« filius quond am Lanfranci », è teste nel 1279 ( F E R R E T T O , Cod, cit., P. II»
p 2SS, η. i) : fa testamento dieci anni dopo e lascia eredi « dominam mar
garitam sororem suam et dominum Petrum Cicadam fratrem suum ► (no
taro Ri c c o b o n u s d e Sa v i g n o n o, Reg. I, c 164 v ). Molto tempo innanzi, il primo aprile 1255, O ttav ia no costituisce procuratori i suoi zii Ob erlo e Nicolosio, per venire in possesso di alcu ne prebende concessegli da Inno
cenzo IV' ( Fe r r e t t o, / Genovesi in Or unie dal carteggio d’Innocenzo I I, in Giorn. Star, e Leti. della Liguria, anno I, p. 368). Oberto, fratello del tro
vatore, è un attivissimo trafficante e ci si presenta in numerosissimi con
tratti come accomandante di somme ingenti ( Fe r r e t t o, Cod. cit. , p.
II.
p g g . 24, 37, 43/ 121, 203. 234, 238, 282, 393, 298, 299, 300. 302. 323, 328, 347. 351» 389» 427); ma, perchè nobile e certo di provata saggezza, viene eletto con Marchesino di Cassino, giurisperito, e Giovanni Rovegno, il 12 ottobre 1272, procuratore di tutte le questioni vertenti nella Curia pontificia fra Genovesi e Veneziani, con facoltà di obbligare anche i beni del Comune. La procura è rinnovata il 13 gennaio delTanno seguente e vi si traccia il man
dato di presentarsi al Pontefice col pretesto di comporre la pace con i V e neziani e con Γ intento segreto di spiare piuttosto le intenzioni di Carlo d ’A n giò ( Fe r r e t t o, Cod. c it., P. I, pgg. 272, 287, 291). Il 26 ottobre, col giudice Lanfranchino Pignolo, egli segna a nome di Genova un trattato di lega offensiva e difensiva tra la Repubblica e alcuni Comuni dell'alta Italia, contro Carlo stesso (ib., p. 316). Come si vede , le dignità e le cariche il
lustri non erano, nella famiglia dei Cicala, privilegi speciali di Lanfranco il trovatore.
(1) Cfr. Be r t o n i, Studi, p. 17 e 35.
per credere che le relazioni tra questi due risalissero a ben più innanzi. Fin dal 1230 Lanfranco poetava, e ne fan te
stimonianza due poesie: quella diretta ad A delaid e di V i- dallana, nella quale già egli m aneggia con disinvoltura la lingua occitanica (1), e quella ove nomina « na S aivaia » e che comincia: « N ’A n ric no m ’ agrada nim platz » (2).
Ora la tenzone eh’ egli combattè con Guglielm o e che re centemente si esumò dal codice Campori (3) , va collocata ancor p rim a , giacché questo componimento sem bra ap
punto condotto per iniziare un inesperto nei misteri d el
l’arte. Domanda Guglielm o se è m iglior cosa possedere a- more di donna senza ch’ altri n’ abbia sentore o non piut
tosto aver fama di amator fortunato senz’ alcun frutto. Come si vede, questo secondo stato
èil cardine di quasi tutta la dottrina dell’amor trovadorico. Il Cicala si m eraviglia della quistione, chiede se Guglielm o lo ritenga proprio un fan
ciullo e si dichiara subito per aver donna sul serio, anche di nascosto. Com e? — ribatte l ’ interlocutore — per com piere vostro talento una n o tte , un sol giorno , respingete la gioia suprema che vi verrebbe per lungo tem po? E , quando Lanfranco rincalza la sua opinione affermando che fatti, risultati sicuri ci vogliono, non vani romori, prorom pe tutto scandalizzato, in questa invettiva :
L a n fra n c , ben a v e t z vii talan E ben p a u c v o s vei e n v e io s d e ioi, ni d ’ o n o r c o b e it o s .
E cosi si procede. D el resto la prova pare che lasci contento per qualche rispetto il m aestro:
L an fra n c , d e v o s ai c o n h o g u t q u ’ a ssatz ben a v e t z c o m b a t u t e t e n z o n a i lo p a rtim en :
p e ro 110 i a v e t z a g u t sen.
In altre parole la patente sua è questa: voi, caro L an franco, siete un buon verseggiatore o m eglio un buon ten-
(1) V ed . Ba r t s c h, Grundriss, 282, 24 ; per la data, Be r t o n i, Studi, p a
gin a 16, n. 4.
(2) Ba r t s c h, Grundriss, 282, 15; cfr. Be r t o n i. Studi, p. 16 n. 4.
(3) P ubb l. dal Be r t o n i, Studi, Testi, η. V , a p. 35.
Giorn. St. c I^ett. della Liguria. 3
z o n a to r e , non però un perfetto poeta ; a v e te la tecnica, vi m anca la m ateria. E Lanfranco è contentone a sua volta, del risultato, alm eno per essere alle prim e sue armi :
G u i l h e m , p o i s ie u s ai v e n c u t , s e n s a b e r , q u e i e u n o n h a i a g u t , s ’ ie u a g u e s p r o n d ’ e n s e n h a m e n , g a r d a t z c o u s v e n c e r a c o r r e n .
Q uesta confessione che fa il poeta stesso , di non aver avu to saber , di non possedere ancora Γ cu se uh a tu e n , mi sem bra sufficiente dunque per inferirne che la tenzone v e n iva com battuta prim a assai del *30 e che con G uglielm o di M ontanhagol si foss* egli trovato ben prim a di quanto si creda. X è trascurabile riesce quella riluttanza al canone d ell’ am or trovadorico , giacch e pur negli altri gen ovesi si m anifesta e in com ponim enti che non si h^ ragione alcuna per crederli, com e questo, primi sa g gi in quel campo. B o nifacio C alvo , che svolse la sua preparazione artistica in una corte lontana da G en o va e frequentatissim a dai tro vatori, farà, non prim a del 1260, le stesse parti di G uglielm o di M ontanhagol con un altro g e n o v e se , lo S c o tto , identi
ficabile forse in quello S co tto Scotto di cui resta memoria in scritture sincrone (1). Questi preferisce « far totas vo-
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(1) L a tenzone fra questi due concittadini è in BERTONI, Studi, η. V i l i , p. 40. Il Bertoni stesso, a proposito di u n ’altra tenzone fra Simon D o ria c un certo Alber t, tentò u n ’ indagine riguardo a quest' ultimo e , polche nes
suno dei trovatori noti e recanti il nome di Albert, poteva con lui identifi
carsi, accostò il nome Alb ert al cognome Scotto, supponendo « così un poeta provenzale di nome Al ber to Sco tto » ; « ma questa ►, egli conchiudeva, « c una congettura ed io non v ’ insisto oltre ». E in fatto egli si trovav a su basi men sicure di quelle su cui lo Schultz voleva vedere in q u ell 'A lb ert il de Sisteron. Senonchè v ’è una circostanza che toglie valore alle argomentazioni dello Schultz e del Bertoni, come anche a l l ’opinione del Casini, secondo il q u ale si sarebbe dovuto riconoscervi il contemporaneo Ogerio Scotto (Gior
nate St. detta Leti. I l, vol. II, p. 406, 11 3): ed è che Scotto sicuramente non è il cognome, bensì il nome del poeta. Scotto chiama Bonifacio il suo interlocutore, anziché Calvo, e questi, in altra occ as ione, chiama Luchetto il G attilusio ; del resto in siffatta guisa si comportano quasi tutti i t r o v a tori nei componimenti a botta e risposta. Ora, non essendo comunissimo in G e n o v a il nome S c o t t o , si può giustamente ritenere che sia av venuto ri*
spetto al poeta ciò che spessissimo av ve niv a rispetto ad altri , che cioè gli sia stato assegnato fin dalla nascita un nome derivato dal cognome. Come
lontatz » con donna che non ama e non vorrebbe ascoltar p a ro la , piuttosto che stringere relazione con una gen tile che l’amasse ma non consentisse nulla. E, come Scotto, la pensava su per giù Simon Doria, quando tenzonava v iv a cem ente con A lb e r t , sostenendo esser più soddisfacente
donna spogliata di notte che calzata e vestita in pieno giorno :
Q u e q an ieu vei m id o n s sen c a m is a L ' e m p e r a d o r non e v e i F r é d é r i c ;
cui l’ ignoto interlocutore rispondeva esser messo in oblio da lui amore e parlar egli di donne di bordello:
Q u e q u a n t ieu v e i la b e l a cre a tu r a l e u sui m a g e r d el s e g n e r d e l M a r o c ( i) .
Non crederei che tutto ciò fosse dovuto al caso o che g l’ interlocutori non esprimessero convinzioni proprie. Qui forse troviamo documentati quegli atteggiam enti che si do
vrebbero supporre a priori in trovatori genovesi, per il ca
rattere e le abitudini loro. L ’ o ggetto della poesia trova- dorica è 1’ amore cavalleresco. L a nota che continuamente vibra nei suoi cultori indigeni, è un senso di soggezione che si manifesta persin col tremore , col rinnegam ento di ogni bene terreno per un sol segno d’ approvazione della donna amata, con 1’ assorbimento del poeta nella sem plice visione di essa. La donna è sempre regina : il cantore è sempre vassallo. O rigine dell’ arte di Provenza è stato il feudalismo, sotto la cui immagine quell’ arte poi si diffuse.
troviamo Grimaldo d e ’ Grimaldi , Stancone S ta n c o n i, Cicalino Cicala , (cfr.
F e r r e t t o , Cod., P. II, p. 302) e c o m e , dal luogo d ’ origine, anche G a v io di Gavi (cfr. D e s i m o n i , Annali storisi della città di Cavi, ed. cit., p. 52, a l l ’anno 1233), nessuna meraviglia che ci si possa imbattere in uno Scotto Scotto (not. I U r t o l . d e F u r n a r i i s , Reg. IV, c. 183 v.) ; nel 1239, 25 s e t tembre, son nominati infatti « lacoba, uxor Wilielmi Scoti, et M a ria , uxor Ogerii Scoti * con « Wilielmus Scotus, Conradus Scotus, Baldus Sco tu s et Scotus Scotus, fratres » (not. B o n v a s s a l l u s d e C a s s i n a , Reg. 1, c. 108 v., due atti). Gli Scotto abitavano « in angulo Canneti » e « in carrubeo Sancti Laurentii » (cfr f'andsltc Ricìurianc, Ms. d e l l ’ Arch. di St. di Genov a, vol. I l i , p. 441, e IV , p. 125J presso i Doria.
(1) B a r t s c h , Grnndriss, 436, 2. Ved. il testo pubblicato poi dal S e l -
b a c h, in op. cit. p. 106.
M a in Italia l ’ ideale cavalleresco non era esistito mai e quindi non ve n iv a sentito protondam ente, quando \ i fu in^
portato ; e solo ebbe pallidi riflessi in quelle terre o v e più da coronati e potenti si riproduceva la vita straniera, n una repub blica autonom a poi, nella quale era principale in tento il g u a d a g n o destinato ad accrescere gli agi m ate
riali e da secoli spirava un’aura d ’opposizione contro q u a
lunque ingerenza cesarea, quest’ideale dovea parer rammol lim ento e so ggezio n e rip rovevole, quand anche non ridico la g g in e da perdigiorno.
M a torniam o a Lanfranco Cicala. N essuno m eglio del M ontanhagol, poteva indurlo ad esercitarsi per la via d un platonism o perfetto. U n sirventese suo racchiude un fiero chastìam en contro i falsi am atori, contro quelli che cercano l ’ amore più che V o tir amen (i) e , com e in altri luoghi 1 questo trovatore si vede che am ore non e peccato, perche voluto da D io , che anzi è fonte di castità e virtù (2), qui se n’ha la definizione di cosa non reale, di astrazione e le vatissim a :
C a r n o n a m a ni d e u e s s e r a m a tz C e l q u e si d o n z p r e c d e nuill fa illim e n , C ’ a m a n s n on d e u v o l e r p e r nuill talen F a i c h q ’ a si d o n z to r n e s a d e s o n ran s s a , C ’a m o r s n o n e s r e s m a s aisso c ’a v a n s s a ; S o q u e a m a eil vo i b e n le ialm e n E q in q ie r als, lo noni d ’ a m o r d e s m e n .
L ’amore cosi concepito divien presto o ggetto di studio per i cantori italiani del secolo X I I I : la ricerca della sua essenza form a il tem a di alcuni componimenti di siciliani : il processo con cui nasce e prende sede nel cuore mediante la coadiuvazione degli occhi, è la materia iniziale di quella poesia dotta che troverà nel Guinicelli il suo più valente cam pione e darà origine al dolce stil nuovo- E già stato posto in evidenza però che il Cicala rivela appunto nei
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(1) Ba r t s c h, Grundriss, 225, 10. C i t o dal Canzoniere prov, A , n. 621, p. 664.
(2) Ma i i n , Gedichte der Troubadours in provens. S p r ., B e r l i n o , 1856, n. 321.
sto indirizzo (i). E g li va, prima d ’ o g n ’ altro forse, senten
ziando che amore sia prodotto di cuor leale e gen tile, an
ziché gentilezza di cuore innamorato, e, se neH’affinamento del suo concetto d ’amore fu superato da G uglielm o di M on
tanhagol che si dichiara un vero innovatore, lo avanza g ra datamente nella chiarezza dell’ espressione e nella personi
ficazione di quegli elementi che la psicologia del tempo d oveva indicare come fattori principali del fenomeno. Sicché, mentre gli antichi cantori provenzali idealizzavano l ’amore per una causa reale, ossia per la propria inferiorità rispetto all’oggetto amato, in lui lo stesso fatto avven iva per l ’ in tromissione, nella materia ereditata, di ricordi e nozioni dot
trinali. Il contrasto fra le astrazioni fondamentali dell* arte presa a coltivare e la vita italiana di quel secolo , vita di commerci e d ’industria in taluni, ma ben anco di pensiero e d ’ iniziativa per altri cui era possibile prender parte al movimento degli studi , veniva a to g lie rsi, perchè queste astrazioni si collocavano ormai su basi scientifiche. L a dot
trina psicologica era dunque il rifugio ove ancor si poteva trovar nuova fonte d ’ inspirazione , massime in argom enti che riguardavano molto dappresso le nostre facoltà na
scoste. E quanto più la poesia del Cicala di ^realistica di
venta astratta sotto la guida di maestri saggi come il M on
tanhagol, tanto più si manifesta come risultato ed espres
sione di ricerche sperimentali interiori.
A n z itu tto , non è più il caso di cantare oscuramente come gli antichi che nella preziosità del lin guaggio e nel perfezionamento della tecnica riponevano ogni pregio ar
tistico. E g li saprebbe ben farlo, ma non vuole : i suoi nuovi concetti resterebbero incompresi e quindi inutilmente archi- tettati in coble :
E s c u r p r im ch an ta r e sotil S a b r ia far sim volia,
(t) V ed . D e L o l l i s , Sul Canzoniere di Chiaro Davanzali in Giornale Si. della IMI. IL, Suppi. I , p. 115 e seg g ; Dolce s/il nuovo e <s noe/ dig de nova maestria », in Studi medioevali, fase. I, 1904, p. 15 e sgg.
M a s n o s t a i n g c ’ o m s o n t c h a n t afil A b ta n p r i m a m a e s t r i a
Q u e n o s ia c la r s c o m dia;
Q u e s a b e r s a p a u c d e v a l o r S i c la r d a t z n o ill d o n a l u g o r , Q u ’ e s c u r e t a t z t o t a v ia
T e n h o m p e r m o r t m a s p e r c la r t a t r e v i u : P e r q u ’ e u c h a n t c la r e t d ’ ive rn e d ’e s t iu ( i ) .
Causa d e ll’ innam oram ento sono gli occhi e il cuore del poeta, falsi com pagni che ne gu erreggian o la pace. Invano e gli tenta di p o rvi riparo col senno: questo è insufficiente:
E n m i c u i a v a a v e r t a n t d e s a b e r E d e v e r t u t q u e d e P a f o r t i m e n t D ’ a m o r p o g u e s g a r i r e t b e n e g e n ; M a s e n g a n a t z m i su i t r o b a t z p e r v e r Q u e v e n c u t m ’ a e m ten en s a faillia.
P e r ò b e n d ie q u ’ eil c o l p a n on e s m ia A n z e s t o t a d e m o s fais c o m p a i n g n o s Q a g u e r r e r s a il c o r e ills oills a m d o s E q u i d e for a g u e r r e r d in z lostal N o n p o t a v e r p l a g p lu s d e s c o m u n a l (2).
A m algrado del sabers oppostogli, amore prende stanza specialm ente in cuor leale e di lì invade tutte le altre fa
co ltà d ell’anima, crescendo e dilagando a dism isura:
l a fo ta is t e m p s q u ’ e u au ia c re z e n z a C ’ o m si p o g e s d ’ a m o r a b sen co b rir, M a s a r noi c r e i, a n z sai s e n e s faillir Q u e , s ’ a m o r p r e n en leia l c o r n aisse nza B ro ila n vai tan c h a s c u n iorn e c re is sen Q u e p r e n lo c o r el g ie n e l ’ e n t e n d e n z a (3).
A ltr o fatto reale. L a prova dell’ amore in donna e del suo aggradim ento è il riso. Donna che ride, ama. Il riso sincero nasce di cuor gentile , quando il cuore vede cosa piacente :
... ris nais d e ioi e d ’ a le g r a n z a E d ’ a m o r o s talen
(1) M a h n , G e d ic h te , n. 561.
(2) M a h n , G e d ic h te , n. 753.
(3) M a h n , G e d ic h te , n. 715.
E t es del c o r ve raia d e m o s tra n z a Q u ’ el v e ia ren p la z e n .
D o n c s sim g u a r d a m id o n s rizen
N o m p o t d ’ a m o r far plus b e la s e m b ia n z a (i).
In una tenzone il poeta stesso entra a discutere col senno e il cuore intorno al faillem en don s i plaingnon Va- mons, cioè intorno agli scacchi in amore. V i s’ a g g iu n g e l ’amore non meno che entità agente. Il cuore incolpa Γ a- more che rende amante l ’uomo o la donna e non entram bi, appunto perchè il cuore , come stazione di transito d ell’ a- more , può dire se questo è passato per lui: il senno in
colpa senz’ altro la donna che prova piacere ad amare chi non la prega e a fuggire chi ne implora amorosa condi
scendenza: il poeta, pur ammettendo l’esperienza del cuore, taccia di leggerezza entrambi g l’interlocutori e la colpa at
tribuisce galantem ente a g l’ inganni degli uomini. M a è un sogno — nulla più — eh’ egli ha fatto ; e il sogno ter
mina con l ’apparizione della donna amata, che lo ringrazia, fulgente di sovrumana beltà e di assoluta celeste perfe
zione (2).
Or si comprende ch’egli, a quel modo eh’ era giunto a considerare 1’ amore in sè, come fenomeno p sich ico , senza alcun riferimento a episodi della vita reale , e a dramma
tizzarne il processo , simbolizzando audacemente con esso altri fatti interni, potesse riuscire, dopo un certo tempo, a un concetto astratto di beltà e di perfezione femminile, se non proprio anche ad un ideale generale di perfezione u- mana, velato dal nome di donna, dal nome dell’essere che ormai la tradizione artistica avea reso più venerabile nel- 1’ universo e che anche il popolo sceglieva per rappresen
tare le cose più care (3) ; sebbene a tutto ciò riuscisse ne
bulosamente, embrionalmente, non occorrendogli alla mente alcuna di quelle comparazioni che chiariscono il significato del poetare di Guido Guinicelli o di quelle scolastiche ar
(1) Be r t o n i, Studi, Testi, p. 39, n. V II.
(2) Ra y n o u a r d, C hoix, to. V , p. 244.
(3) Cfr. il mio lavoro : L ’ Anonimo genovese e la sua raccolta di rim e, Genova, 1904, pgg. 179 e 200.