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La bici storica di Armando Bovini nel museo dei campioni

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Academic year: 2022

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La bici storica di Armando Bovini nel museo dei campioni Questa è una storia di artigianalità, passione, ciclismo d’altri tempi con un filo conduttore sullo sfondo: Montalcino. Perché questo non è solo un territorio dove le bici a pedali trovano il proprio habitat ideale, tra strade bianche, panorami mozzafiato, altimetrie che stimolano imprese e gesti eroici indelebili. C’è tutto questo, è vero, ma ci sono anche personaggi diventati a loro modo dei simboli e che hanno scritto una pagina di storia locale. Uno di questi è Armando Bovini, pioniere del ciclismo a Montalcino, corridore di uno sport che non era certo quello di oggi. Bovini, nato nel 1927, si è appassionato alla bicicletta e alle competizioni ammirando il grande Primo Volpi, campione “adottato” da Torrenieri e uno capace di entrare nella top ten del Giro d’Italia, di vincere il Giro d’Europa e di battere in volata al Giro delle Asturie, a quasi 40 anni, uno dei più straordinari artisti della bicicletta di tutti i tempi: Charly Gaul. 

Bovini ha fatto un’altra carriera, lui era immancabile nelle gare locali, perché una volta tutte le domeniche c’era una corsa nei paesi. Bovini è nato a Montalcino, all’inizio gareggiava con una bici di 18 chili, una cosa

impensabile con i mezzi ultra-leggeri di oggi, ma fino all’ultima goccia di energia non la dava vinta alla fatica. Si 15/04/2021

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trasferisce a Firenze, compra una bici Legnano nel 1961, continua a correre. E lo farà per sempre, perché finita l’adrenalina agonistica Bovini non poteva di certo rinunciare alla sua passeggiata tra i pedali. Ne ha viste tante quella bicicletta, non poteva finire nel dimenticatoio. Ed ecco che oggi ha trovato il posto dove merita, nel museo della bicicletta di Paolo Bianchini, gioiello di cimeli e rarità che si trova a Ciacci Piccolomini d’Aragona, la prestigiosa griffe del Brunello di proprietà della famiglia Bianchini. Insieme alle maglie rosa e gialle, a quelle dei campioni del mondo, alle biciclette delle grandi firme adesso c’è anche quella di colui che è stato uno degli interpreti più importanti e genuini di questo sport a livello locale. La Legnano di Bovini è tornata splendida come un tempo grazie alle mani di Sergio Pinarello, un cognome che ha fatto la storia del ciclismo. Pinarello vive a Torrenieri ed è stato un ciclista a livello giovanile ed un dirigente sportivo. Questo mondo, nonostante ora si occupi di altro, non lo ha mai abbandonato e la sua abilità a soffiare nuova vita a bici già in pensione ed a rischio estinzione, è da artigiano puro, di quelli con le mani d’oro. Custodisce anche un gioiello rimesso a posto personalmente, la bicicletta di un mito, quella di Gino Bartali. Così ha fatto anche con la bici di Bovini,

riconducibile ai primi anni ’50, che poi ha deciso di donare a Paolo Bianchini in quel museo bellissimo dove starà in buona compagnia. “Questa bici - spiega Pinarello - mi fu data nel 2005 da Armando Bovini, detto “Bissi”, con queste parole: “Sergio, prendi questo cancello e portalo via. Rimettila in funzione, altrimenti la sua fine sarà quella di finire nel ferraccio”. Ho impiegato due anni per la sua ricostruzione, cercando di rimanere il più possibile fedele all’originale”. Missione compiuta tanto che la compagna fedele del “Bissi” ha partecipato con Pinarello all’Eroica con tanto di iscrizione nel Registro delle biciclette eroiche. “Bovini abitava a Firenze -

continua Pinarello - faceva il fornaio, e con questa bici tornava a Montalcino. Quando mi disse di prenderla non ci pensai due volte, la caricai nel furgone e mi misi subito a lavoro: c’era molto da fare e sono orgoglioso di esserci riuscito. Porta con sé un ricordo di tanta fatica e amore per questo sport, Armando una volta mi raccontò che correva mangiando solo due fette di pane con una di mortadella e poi, finita la gara, doveva tornare indietro, sempre in bici. Immaginiamo che fame aveva… Era un altro ciclismo, Bovini e un montalcinese Docg, donarla a Paolo credo sia il modo migliore per ricordarlo”. Senza dubbio, non c’è posto più adatto del museo di Ciacci Piccolomini d’Aragona per custodire un pezzo di storia del ciclismo. “Oltre che una bellissima bicicletta - spiega Paolo Bianchini - è un ricordo importante di uno dei primi ciclisti montalcinesi. Ringrazio Pinarello, siamo molto amici: è stato lui a darmi le prime dritte sul mondo del ciclismo”. Bovini, da lassù, sarà orgoglioso di Sergio e di Paolo. E quando tra meno di un mese la maglia rosa (il 19 maggio, giorno in cui tra l’altro ricorre l’anniversario della scomparsa di questo amato ciclista) arriverà a Montalcino, Bovini sicuramente sorriderà, applaudendo i campioni di oggi che continuano a scrivere la storia di uno sport meraviglioso.

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La bici storica di Armando Bovini nel museo dei campioni Questa è una storia di artigianalità, passione, ciclismo d’altri tempi con un filo conduttore sullo sfondo: Montalcino. Perché questo non è solo un territorio dove le bici a pedali trovano il proprio habitat ideale, tra strade bianche, panorami mozzafiato, altimetrie che stimolano imprese e gesti eroici indelebili. C’è tutto questo, è vero, ma ci sono anche personaggi diventati a loro modo dei simboli e che hanno scritto una pagina di storia locale. Uno di questi è Armando Bovini, pioniere del ciclismo a Montalcino, corridore di uno sport che non era certo quello di oggi. Bovini, nato nel 1927, si è appassionato alla bicicletta e alle competizioni ammirando il grande Primo Volpi, campione “adottato” da Torrenieri e uno capace di entrare nella top ten del Giro d’Italia, di vincere il Giro d’Europa e di battere in volata al Giro delle Asturie, a quasi 40 anni, uno dei più straordinari artisti della bicicletta di tutti i tempi: Charly Gaul. 

Bovini ha fatto un’altra carriera, lui era immancabile nelle gare locali, perché una volta tutte le domeniche c’era una corsa nei paesi. Bovini è nato a Montalcino, all’inizio gareggiava con una bici di 18 chili, una cosa

impensabile con i mezzi ultra-leggeri di oggi, ma fino all’ultima goccia di energia non la dava vinta alla fatica. Si 15/04/2021

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trasferisce a Firenze, compra una bici Legnano nel 1961, continua a correre. E lo farà per sempre, perché finita l’adrenalina agonistica Bovini non poteva di certo rinunciare alla sua passeggiata tra i pedali. Ne ha viste tante quella bicicletta, non poteva finire nel dimenticatoio. Ed ecco che oggi ha trovato il posto dove merita, nel museo della bicicletta di Paolo Bianchini, gioiello di cimeli e rarità che si trova a Ciacci Piccolomini d’Aragona, la prestigiosa griffe del Brunello di proprietà della famiglia Bianchini. Insieme alle maglie rosa e gialle, a quelle dei campioni del mondo, alle biciclette delle grandi firme adesso c’è anche quella di colui che è stato uno degli interpreti più importanti e genuini di questo sport a livello locale. La Legnano di Bovini è tornata splendida come un tempo grazie alle mani di Sergio Pinarello, un cognome che ha fatto la storia del ciclismo. Pinarello vive a Torrenieri ed è stato un ciclista a livello giovanile ed un dirigente sportivo. Questo mondo, nonostante ora si occupi di altro, non lo ha mai abbandonato e la sua abilità a soffiare nuova vita a bici già in pensione ed a rischio estinzione, è da artigiano puro, di quelli con le mani d’oro. Custodisce anche un gioiello rimesso a posto personalmente, la bicicletta di un mito, quella di Gino Bartali. Così ha fatto anche con la bici di Bovini,

riconducibile ai primi anni ’50, che poi ha deciso di donare a Paolo Bianchini in quel museo bellissimo dove starà in buona compagnia. “Questa bici - spiega Pinarello - mi fu data nel 2005 da Armando Bovini, detto “Bissi”, con queste parole: “Sergio, prendi questo cancello e portalo via. Rimettila in funzione, altrimenti la sua fine sarà quella di finire nel ferraccio”. Ho impiegato due anni per la sua ricostruzione, cercando di rimanere il più possibile fedele all’originale”. Missione compiuta tanto che la compagna fedele del “Bissi” ha partecipato con Pinarello all’Eroica con tanto di iscrizione nel Registro delle biciclette eroiche. “Bovini abitava a Firenze -

continua Pinarello - faceva il fornaio, e con questa bici tornava a Montalcino. Quando mi disse di prenderla non ci pensai due volte, la caricai nel furgone e mi misi subito a lavoro: c’era molto da fare e sono orgoglioso di esserci riuscito. Porta con sé un ricordo di tanta fatica e amore per questo sport, Armando una volta mi raccontò che correva mangiando solo due fette di pane con una di mortadella e poi, finita la gara, doveva tornare indietro, sempre in bici. Immaginiamo che fame aveva… Era un altro ciclismo, Bovini e un montalcinese Docg, donarla a Paolo credo sia il modo migliore per ricordarlo”. Senza dubbio, non c’è posto più adatto del museo di Ciacci Piccolomini d’Aragona per custodire un pezzo di storia del ciclismo. “Oltre che una bellissima bicicletta - spiega Paolo Bianchini - è un ricordo importante di uno dei primi ciclisti montalcinesi. Ringrazio Pinarello, siamo molto amici: è stato lui a darmi le prime dritte sul mondo del ciclismo”. Bovini, da lassù, sarà orgoglioso di Sergio e di Paolo. E quando tra meno di un mese la maglia rosa (il 19 maggio, giorno in cui tra l’altro ricorre l’anniversario della scomparsa di questo amato ciclista) arriverà a Montalcino, Bovini sicuramente sorriderà, applaudendo i campioni di oggi che continuano a scrivere la storia di uno sport meraviglioso.

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La bici storica di Armando Bovini nel museo dei campioni Questa è una storia di artigianalità, passione, ciclismo d’altri tempi con un filo conduttore sullo sfondo: Montalcino. Perché questo non è solo un territorio dove le bici a pedali trovano il proprio habitat ideale, tra strade bianche, panorami mozzafiato, altimetrie che stimolano imprese e gesti eroici indelebili. C’è tutto questo, è vero, ma ci sono anche personaggi diventati a loro modo dei simboli e che hanno scritto una pagina di storia locale. Uno di questi è Armando Bovini, pioniere del ciclismo a Montalcino, corridore di uno sport che non era certo quello di oggi. Bovini, nato nel 1927, si è appassionato alla bicicletta e alle competizioni ammirando il grande Primo Volpi, campione “adottato” da Torrenieri e uno capace di entrare nella top ten del Giro d’Italia, di vincere il Giro d’Europa e di battere in volata al Giro delle Asturie, a quasi 40 anni, uno dei più straordinari artisti della bicicletta di tutti i tempi: Charly Gaul. 

Bovini ha fatto un’altra carriera, lui era immancabile nelle gare locali, perché una volta tutte le domeniche c’era una corsa nei paesi. Bovini è nato a Montalcino, all’inizio gareggiava con una bici di 18 chili, una cosa

impensabile con i mezzi ultra-leggeri di oggi, ma fino all’ultima goccia di energia non la dava vinta alla fatica. Si 15/04/2021

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trasferisce a Firenze, compra una bici Legnano nel 1961, continua a correre. E lo farà per sempre, perché finita l’adrenalina agonistica Bovini non poteva di certo rinunciare alla sua passeggiata tra i pedali. Ne ha viste tante quella bicicletta, non poteva finire nel dimenticatoio. Ed ecco che oggi ha trovato il posto dove merita, nel museo della bicicletta di Paolo Bianchini, gioiello di cimeli e rarità che si trova a Ciacci Piccolomini d’Aragona, la prestigiosa griffe del Brunello di proprietà della famiglia Bianchini. Insieme alle maglie rosa e gialle, a quelle dei campioni del mondo, alle biciclette delle grandi firme adesso c’è anche quella di colui che è stato uno degli interpreti più importanti e genuini di questo sport a livello locale. La Legnano di Bovini è tornata splendida come un tempo grazie alle mani di Sergio Pinarello, un cognome che ha fatto la storia del ciclismo. Pinarello vive a Torrenieri ed è stato un ciclista a livello giovanile ed un dirigente sportivo. Questo mondo, nonostante ora si occupi di altro, non lo ha mai abbandonato e la sua abilità a soffiare nuova vita a bici già in pensione ed a rischio estinzione, è da artigiano puro, di quelli con le mani d’oro. Custodisce anche un gioiello rimesso a posto personalmente, la bicicletta di un mito, quella di Gino Bartali. Così ha fatto anche con la bici di Bovini,

riconducibile ai primi anni ’50, che poi ha deciso di donare a Paolo Bianchini in quel museo bellissimo dove starà in buona compagnia. “Questa bici - spiega Pinarello - mi fu data nel 2005 da Armando Bovini, detto “Bissi”, con queste parole: “Sergio, prendi questo cancello e portalo via. Rimettila in funzione, altrimenti la sua fine sarà quella di finire nel ferraccio”. Ho impiegato due anni per la sua ricostruzione, cercando di rimanere il più possibile fedele all’originale”. Missione compiuta tanto che la compagna fedele del “Bissi” ha partecipato con Pinarello all’Eroica con tanto di iscrizione nel Registro delle biciclette eroiche. “Bovini abitava a Firenze -

continua Pinarello - faceva il fornaio, e con questa bici tornava a Montalcino. Quando mi disse di prenderla non ci pensai due volte, la caricai nel furgone e mi misi subito a lavoro: c’era molto da fare e sono orgoglioso di esserci riuscito. Porta con sé un ricordo di tanta fatica e amore per questo sport, Armando una volta mi raccontò che correva mangiando solo due fette di pane con una di mortadella e poi, finita la gara, doveva tornare indietro, sempre in bici. Immaginiamo che fame aveva… Era un altro ciclismo, Bovini e un montalcinese Docg, donarla a Paolo credo sia il modo migliore per ricordarlo”. Senza dubbio, non c’è posto più adatto del museo di Ciacci Piccolomini d’Aragona per custodire un pezzo di storia del ciclismo. “Oltre che una bellissima bicicletta - spiega Paolo Bianchini - è un ricordo importante di uno dei primi ciclisti montalcinesi. Ringrazio Pinarello, siamo molto amici: è stato lui a darmi le prime dritte sul mondo del ciclismo”. Bovini, da lassù, sarà orgoglioso di Sergio e di Paolo. E quando tra meno di un mese la maglia rosa (il 19 maggio, giorno in cui tra l’altro ricorre l’anniversario della scomparsa di questo amato ciclista) arriverà a Montalcino, Bovini sicuramente sorriderà, applaudendo i campioni di oggi che continuano a scrivere la storia di uno sport meraviglioso.

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