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The Tsunami challenge

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Academic year: 2021

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SISSA – International School for Advanced Studies Journal of Science Communication

ISSN 1824 – 2049 http://jcom.sissa.it/

JCOM 4 (1), March 2005 2005 SISSA

Editorial

La sfida dello Tsunami

Molte vite potevano essere salvate, il 26 dicembre 2004, quando lo tsunami generato da un terremoto di magnitudo 9,0 al largo dell’isola indonesiana di Sumatra ha investito le coste di una dozzina di paesi che affacciano sull’Oceano Indiano.

Quelle vite potevano essere salvate se la comunicazione della scienza, quel giorno, non fosse andata incontro più volte, in diversi luoghi e a diversi livelli a un clamoroso fallimento.

Tra la scossa, potentissima, di terremoto e la devastazione a opera delle onde di tsunami c’è stato, infatti, una largo intervallo di tempo. Spesso molte ore. In questo intervallo di tempo molti centri scientifici nel mondo sono entrati in possesso di informazioni sufficientemente precise. Ma queste informazioni sufficientemente precise non si sono trasformate in informazioni utili per salvare o, almeno, tentare di salvare migliaia di persone esposte al rischio mortale lungo le coste dell’Oceano Indiano.

Le informazioni sufficientemente precise non si sono trasformate in informazioni utili a causa di almeno due fallimenti nel processo di comunicazione della scienza. Il primo è relativo al passaggio di informazioni dai centri scientifici ai centri politici. Gli strumenti di numerosi centri sismologici sparsi in diverse parti del mondo hanno registrato in tempo reale il terremoto di inaudita potenza. Molti scienziati hanno compreso che quel sisma avrebbe esposto le coste che affacciano sull’Oceano Indiano al rischio tsunami. Ma gli scienziati non avevano e, comunque, non hanno trovato alcun canale con le autorità politiche e/o di protezione civile in grado di trasformare quell’informazione precisa in informazione utile.

Tuttavia molte autorità politiche e/o di protezione civile hanno comunque avuto notizia sufficiente tempestiva del rischio tsunami, ma a loro volta non hanno trovato i canali giusti per comunicare quella notizia alle persone direttamente esposte al rischio. Malgrado alcuni canali di comunicazione – per esempio, quelli relativi al rischio uragani attivi in alcune regioni colpite – potessero essere utilizzati con una qualche possibilità di successo.

Sarebbe utile indagare nel dettaglo i motivi per cui la comunicazione dei dati scientifici il 26 dicembre 2004 sia andata incontro a questi due clamorosi fallimenti. Ma già questa prima analisi ci dice, come ha giustamente notato David Dickson,

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che molto deve essere migliorato nella comunicazione degli scienziati sia con i decisori politici e/o tecnici (decision makers) che con i cittadini. Questa capacità di comunicazione deve diventare parte decisiva della formazione professionale degli uomini di scienza. E non solo per gestire l’emergenza.

Tuttavia David Dickson pone un altro problema, nell’editoriale pubblicato su SciDev lo scorso 17 gennaio. Quello relativo a “quale scienza” debbano comunicare i giornalisti scientifici e, più in generale, i mezzi di comunicazione di massa per contribuire alla migliore gestione delle conoscenze scientifiche da parte della società. Il tema sollevato dal direttore di SciDev è di grande importanza. E, ancora una volta, non solo per la gestione delle emergenze. Su questo tema JCOM tornerà, con appositi approfondimenti, nei prossimi numeri.

Pietro Greco

1 David Dickson, “Tsunami disaster: a failure in science communication”, SciDev, 17 January 2005.

<www.scidev.net/Editorials/index.cfm?fuseaction=readEditorials&itemid=143&language=1>

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