• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.10 (1883) n.492, 7 ottobre

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.10 (1883) n.492, 7 ottobre"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

N OMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

S C I E N Z A E C O N O M IC A , F I N A N Z A , C O M M E R C IO , B A N C H I , F E R R O V I E , I N T E R E S S I P R I V A T I

Anno I - Voi. XIV

Domenica 7 Ottobre 1883

N. 492

I TIMORI SUL BILANCIO

Con troppa precipitazione, noi crediamo, alcuni giornali esprimono giudizi molto tristi sulle condi­ zioni del bilancio italiano, e parlano di disavanzo e di necessità di nuovi prestiti, e peggio di un r i­ torno alla situazione del passato, mentre, per quanto si voglia esser severi nell’esame, per quanto si voglia anche molto concedere allo spirito di parte'che, mal­ grado la buona volontà fa sempre capolino, l ’insieme della finanza italiana, non solo non può ispirare alcun timore, ma anzi contiene in sè tutti i caratteri di una confortante solidità.

Traggono origine le lugubri previsioni dal fatto che nel bilancio del 1884 lo Stato dovrà rinun­ ciare a 52 milioni di entrata provenienti dalla imposta del macinato che va' completamente a ces­ sare colla fine dell’anno corrente. — E non neghiamo che la somma è abbastanza forte, e che può anche, fino ad un certo punto, impensierire il fatto di do­ verla cancellare dal bilancio. Se non che il rimpian­ gere oggi sulla legge che, forse troppo presto, abolì il macinato,è opera oziosa, conviene invece osservare con animo imparziale se e quanto sia reparabile la ferita che da quest’ abolizione ricevono le finanze. I n fili dei conti l’ on. M a g lia n i, se anche lo si può a rigore accusare di non aver saputo resistere alla pressione che si fece per l ’abolizione di quella im ­ posta, (e crediamo che giunte le cose ad un certo stadio, nessun ministro avrebbe saputo resistere) ha però dato prove di una politica finanziaria molto prudente, sia nel mantenere éntro certi lim iti le spese, .ma r»pll’ ooigoro <-JaI PorLmonto E «ppror^ol©«« ,i; nuove imposte. Ed i risultati che egli ha ottenuti finora potrebbero esser garanzia sufficiente per l ’av­ venire ; tanto più che gli avversari dell’ on. Magliani non furono a vero dire molto felici nelle loro pre­ visioni ; e nel mentre nella situazione monetaria e nella legge per l’ abolizione del corso forzoso si sbrac­ ciavano a vedere il finimondo e preconizzavano fu­ neste conseguenze, tatto procedette invece con tanta calma, con tanto ordine, che essi stessi dovettero dichiararsi ammiratori dei fatti compiuti.

Però sembra che tutto questo non abbia abba­ stanza influito a mantenere le tristi profezie almeno entro un certo lim ite, sebbene a dir vero la pru ­ denza del linguaggio nelle attuali situazioni sarebbe, più che consigliabile, comandata. Infatti non bisogna dimenticare che 1’ abolizione del corso forzato, nel modo con cui venne compiuta dall’ on. Magliani — il solo modo d’ altronde che fosse possibile per ottenerla

sollecitamente — non era un fatto che si potesse

rao--O’innfìcaro /»/Gl« <-.«rv.r i : « . « --- ui lilla l e g g e 0

di un decreto; ma è un lento lavoro, mediante il quale l ’economia nazionale è obbligata ad adagiarsi a poco a poco sopra un nuovo stato di cose. E questo lento lavorìo è tutt’ altro che compiuto ; se molto si è fatto dall’ aprile ad oggi, molto ancora rimane a fare, nè T on. Magliani può dire di aver finita l’ opera sua. Però questa situazione transitoria che ora at­ traversiamo esige da parte di tutti la cooperazione ad ottenere una sufficiente tranquillità del mercato, una suffìcente fiducia nella situazione finanziaria dello Stato. A che controperano certamente coloro che nei loro giudizi adoperano un linguaggio, che ci permet­ tiamo di chiamare esagerato. Non vogliamo già dire con questo che si debba tacere e peggio ancora falsare la verità; ma pare a noi che sempre, ma in questo caso sopratutfo, la severità del giudizio non debba eccedere di troppo la entità della cosa di cui si tratta.

Nel prossimo anno finanziario il bilancio dello Stato perde 52 milioni che ora ricava dalla imposta sul ma­ cinato. Questa perdita sarà compensata tutta dalle maggiori entrate? — E se no, quale cifra rimarrà scoperta? E tale deficenza è in misura da compro­ mettere veramente la finanza pubblica ? — Queste sono le domande a cui vogliamo brevemente ri­ spondere.

Nell’ ultimo decennio le entrate ordinarie effettive diedero le seguenti cifre :

1872 milioni 994,39 differenza _ 1873 » 1,034,28 *> + 39,89 1874 » 1,057,87 + 23,59 1875 » 1,092,53 » + 34,60 *.o«r o - "T® 21, <4 1877 » 1,174,01 4" 59,74 1878 » 1,184,14 » + 10,13 1879 » 1,221,68 + 37,54 1880 2> 1,215,84 — 5,85 1881 » 1,272,39 + 56,55

Le quali cifre dimostrano con molta evidenza un aumento continuo nelle entrate ordinarie, il quale aumento n;I decennio si determina con una media di 32 m ilioni per anno, sebbene nei due ultimi anni sia compresa la deficenza prodotta dalla graduale abolizione del macinato.

(2)

mi-626 L ’ E C O N O M I S T A 7 ottobre 1883 lioni ; le tasse sugli affari da 132,49 milioni giun­

sero a 169,04 cioè un aumento di 36,53 milioni; le lasse di consumo da 357,12 salirono fino a 484,17, cioè un aumento di 127,05 m ilioni; finalmente il lotto da 65,96 milioni diede nel 1881 milioni 72,63, cioè un aumento di 6,67.

Si osservi che l’aumento di 127,05 milioni delle tasse di consumo è affetto dalla diminuzione della tassa sul macinato, senza di che sarebbe stato an­ cora più cospicuo, poiché negli ultimi tre anni il macinato diede rispettivamente 71,59 m ilioni, 55,78 milioni, 48,09 milioni di reddito.

Senza entrare a discutere parlitamente delle pre­ visioni di maggiori entrate su cui è possibile ragio­ nevolmente di far calcolo, il passato ci ammaestra - «; ner poter ritenere che le entrate ordinarie daranno un maggior provento vaiuiauuo in 30 milioni.

Se a questo aumento, nel quale è lecito contare, se ne aggiunge uno straordinario, quello ad esempio dei tabacchi dai quali I’ on. Magliani, cessando col 1° gennaio prossimo la Regia cointeressata, intende di ricavare 10 milioni, abbiamo un totale aumento di 40 milioni nel bilancio e quindi una differenza limitata a 12 milioni tra queste maggiori entrate e la perdita dei 52 milioni per l’ abolizione del ma­ cinato.

Ora a noi pare che in un bilancio di quasi un miliardo e duecento milioni come il nostro, la pa­ rola pareggio non debba consistere nell’ imprescin­ dibile annuale equilibrio delle entrate colle spese, quando si tratta non di una situazione normale ed ordinaria, ma di una condizione transitoria nella quale si inizia una trasformazione di tributi. A costo di scandalizzare i timorosi, noi francamente affermiamo che una differenza di una diecina di milioni per un anno, non è tale da poter togliere la solidità al no­ stro bilancio, quando anche dovesse verificarsi. Tanto più se essa non può essere costante ma verrà coperta nel 1883 UnU’aumento naturale delle entrate. Ammettiamo pure che all’on. Magliani non riesca di ottenere alla fino dell’ esercizio tutto quel maggior provento che egli spera, ed ammettiamo che il con­ suntivo si chiuda alla fine del 1884 con una diffe­ renza di 10 milioni. — Dovremmo dire perciò che le nostre finanze sono in pericolo, che si ritorna al­ l ’epoca dei disavanzi, e che si inaugura una politica finanziaria spensierata ? — Non esageriamo questi

oiservazIonT de'na'stam pa W a ffa ^ o \ l r t e . rno da!le Non con vien e dim enticare che il bilancio italiano ha subita una trasfosm azione che ai più rim ase inos­ servata, ed è che rapidam ente m odificandosi, nel brevissim o periodo di un ventennio, dim inuì le sue entrate straordinarie e trovò le sue basi in qu elle ordinarie. Nessun bilancio di nessuno Stato ci pre senta un fenom eno sim ile in tem po così b reve; fe ­ nom eno che è prova solennissim a della stabilità delle finanze italiane e della loro suscettibilità ad essere senza pericolo ordinate.

Nel 1863 le entrate ordinarie si limitavano a 520 mi­ lioni contro 507 di straordinarie e mano a mano an­ darono modificandosi queste cifre, così che nel 1881 abbiamo 1216 m ilioni di entrate ordinarie e 64 di straordinarie. E opportuno assai richiamare alla mente questo sviluppo del bilancio, per cui pre­ ghiamo i lettori a voler osservare il seguente spec­ chio delle entrate:

entrate entrate ordinarie straordinarie

1863 milioni 1,044,4 520,1 507,1 1864 > 1,038,1 572,0 438,4 1865 » 1,258,0 645,5 591,7 1866 > 1,464,7 603,9 849,9 1967 > 910,9 706,5 155,9 1868 » 1,247,9 741,1 472,9 1869 * 1,118,7 867,7 195,7 1870 > 1,159,8 858,2 269,7 1871 » 1,249,2 945,4 259,2 1872 » 1,278,0 994,3 199,6 1873 » 1,294,9 1,034,2 166,3 1874 » 1,293,7 1,057,8 127,8 1875 » 1,413,1 1,092,5 186,4 1876 » 1,429,4 1,114,2 187,1 1877 > 1,491,7 1,174,0 96,3 1878 » 1,443,0 1,184,1 89,0 1879 » 1,470,9- 1,221,6 86,2 1880 » 1,439,3 1,215,8 64,6 1881 » 1,518,5 1,272,4 81,2

D i fronte a questo sviluppo del bilancio italiano, pare a noi che si possa legittimamente rimaner tran­ qu illi sulle conseguenze che possono derivare dal­ l’ abolizione del macinato. Certamente che sarebbe pericoloso lasciare la finania sotto 1’ incubo delle spese di costruzione delle ferrovie e che d’altra parte qualunque altro aumento nelle spese militari o pa­ trimoniali potrebbe riuscire grave assai alla situa­ zione , ma non convien confondere le conseguènze di ciò che è già fatto compiuto, colle conseguenze eventuali di ciò che ancora è allo stato di progetto. La questione delle ferrovie, è in gran parte finan­ ziaria, e per giudicare della influenza di questa que­ stione sul bilancio, attendiamo che il Ministero faccia le sue proposte.

LE AMMINISTRAZIONI LOCALI

E D I M E Z Z I D I C O M U N I C A Z I O N E

In articoli recenti abbiamo fatta qualche osserva­ zione sulle massime alle quali vorremmo che le „.»uimjKjnuu,o,n Ivuah [iicolaoouio il loro studio Cjuondo intraprendono la costruzione di tramvie. — Però al­ cuni fatti che sono a nostra conoscenza, ci lasciano sospettare con qualche fondamento che, non sola­ mente a proposito di tramvie, ma in ogni genere di mezzi di comunicazione le Provincie, ed f Comuni procedano talvolta con criteri economici compieta- mente errati, e quindi lottino tra loro o per la com­ partecipazione sulla spesa, o per la precedenza, o per altro, partendo da falsi principi.

(3)

7 ottobre 1883 L ’ E C O N O M I S T A

627 compartecipazione della spesa i rappresentanti delle

due provineie hanno naturalmente portato il pensiero sul commercio che viene fatto tra i due territori, ai quali dovrebbe servire il ponte; e da questo primo pensiero sono passati a distinguere quello di importa­ zione e di esportazione rispettiva. — Allora parve che si rivelasse un grande mistero, poiché lo studio quan­ titativo degli scambi raffredda una delle parti con­ traenti, e la rende quasi desiderosa di ritirarsi. Ecco la causa del cambiamento.

La provincia. X dice: noi importiamo dalla pro­ vincia Y , per quel tratto di confine a cui il ponte servirebbe circa due milioni, mentre la provincia Y esporta dalla nostra circa il doppio;' dunque per noi, non solo non vi è convenienza a spendere perchè si faccia il ponte ma in certo modo avremmo interesso ad impedirne la costruzione per non rendere piu ta­ cile questa via, dalla quale penetrano nel-nostro ter­ ritorio i prodotti della industria altrui, a danno della nostra. Conclusione : non si faccia il ponte. — E solo dopo lunghe discussioni pare ai rappresentanti della provincia X di fare una magnanima conces­ sione dicendo: — ebbene noi non impediremo che il ponte si costruisca, ma siccome sarebbe ridicolo che si contribuisse da noi, con una spesa, per un lavoro che finirebbe a danneggiarci, così, se il ponte si vuole, sia fatto tutto a spese della provincia Y .

Sembrano cose assolutamente impossibili, eppure, assicuriamo che sono vere e che costituiscono il fondo, della politica economica che corre tra molte delle provineie italiane. 11 che vuol dire che la scienza non ha ancora fatto abbastanza strada e non è pe­ netrata sufficientemente addentro nella coscienza del paese per diradare le tenebre che l’iguoranza, l’er­ rore , il pregiudizio vi hanno mantenuto. Come vi sono ancora quelli che si spaventano per un eclissi 0 per una cometa, perchè l’astronomia non ha an­ cora vinte le convinzioni lasciate dall’astrologia, così vi sono ancora quelli che credono alla bilancia com­ merciale, perchè' l’economia politica non ha ancora abbastanza divulgate le sue verità. Due parole adun­ que sull’argomento non saranno vane, sebbene nulla di nuovo abbia a dirsi.

Ammettiamo clic le statistiche, sulle quali i rappre­ sentanti della provincia X basano le loro conclusioni, sieno vere, malgrado le grandi difficoltà che vi sono per determinare la entità dei commerci, specialmente quando non vi sono dogane. Se la provincia X r i­ cava dalla provincia Y quattro milioni di prodotti, clic cosa vuol dire? ime ì prodotti (iena provincia i sono trovati, dagli abitanti nella provincia X , o mi­ gliori o più a buon mercato di quelli che gli indi­ geni fabbricanti potrebbero dare. Perciò la provincia X , in questa importazione di quattro milioni, guada­ gna e sulle qualità del prodotto e sul prezzo del prodotto stesso, poiché, se non potesse importare, do­ vrebbe consumare dei prodotti indigeni peggiori e più cari. Ne deriva che il famoso ponti, se riuscirà a diminuire la spesa di trasporto ed a far aumentare la importazione, farà che gli abitanti della provincia X abbiano un aumento di guadagno, perchè riceve­ ranno i prodotti stessi ancora più a buon mercato, e quindi se ne accrescerà il consumo. Poiché non è vero che nella importazione guadagni solo chi manda o vende, ma guadagna anche chi riceve o compera ; è questo un canone fondamentale della eco­ nomia politica nel quale sono basati, si può dire tutti, 1 rapporti economici ; ed è assioma che non ha bi­

sogno di dimostrazione, poiché non occorre dim o­ strare che non può esistere compera senza contem­ poranea'vendita , nè vendita senza contemporanea compera ; o che il contratto di compra e vendita è uno scambio in cui ciascuna delle parti vende e compra ad un tempo con proprio vantaggio sog­

gettivo. ° ° °

Però convien tener conto di un altro ragiona­ mento che oppongono ¡ rappresentanti della provin­ cia X . E chiaro — essi dicono — che un paese il quale comperasse sempre e non vendesse, mai impo­ verirebbe tosto, e noi dobbiamo appunto cercare il modo di facilitare la esportazione e non la impor­ tazione; il ponte aumenterebbe la entrata dei pro­ dotti, quindi- ci sarebbe dannoso. — Sebbene anche questa torma di ohbiezinna ut -:..«i— r

termini della precedente, pure vogliamo fare qualche osservazione. - La importazione e la esportazione di un paese, di un territorio, di una nazione, checché ne d i­ cano le statistiche doganali, in un periodo abbastanza largo devono necessariamente equilibrarsi, senza di che bisognerebbe ammettere o che il paese, la provincia, la nazione, avessero un tesoro inesauribile, o che la importazione fosse fatta senza correspettivo. Infatti se la provincia X importasse realmente per A mi­ lioni ed esportasse pure realmente per 2 milioni, è chiaro che perderebbe 2 milioni per anno ; e dato che il suo'capitale fìsso fossa di 100 milioni, in 50 anni si troverebbe ridotta senza capitale , e quindi nella impossibilità di pagare le ulteriori importazioni. Gli abitanti o morrebbero di fame o dovrebbero emi­ grare. Ma siccome i rappresentanti della provincia X si affrettano ad affermare che la ricchezza della loro provincia non diminuisce, conviene che concludano che se dal lato della provincia Y la importazione supera di 2 milioni là esportazione, dal lato della provincia Z, od N vi deve necessariamente essere una sovrabbondanza di esportazione sulla importa­ zione. Ecco adunque che’ se la eccedenza della en­ trata di prodotti, per mezzo del ponte da costruirsi, procura, come si è veduto, un guadagno alla pro­ vincia X , questo guadagno è anzi un mezzo per ren­ dere più ricca e più ampia la esportazione verso altri punti, poiché permette un aumento del risparmio e quindi un’ aumento di capitale, fattore della pro­ duzione indigena. Si faccia pertanto il ponte ; si aumenterà la importazione, cioè si risparmierà nella spesa, si aumenterà il capitale, si avrà maggior mezzo

di „a p----

---la esportazione.

(4)

628 L ’ E C O N O M I S T A 7 ottobre 1883 vrebbero più discutere, ma se è ufficio della stampa

di fare ogni sforzo per diradare l ’ errore, abbiamo creduto nostro dovere di entrare in questo argo­ mento subilochè leggiamo qua e là discussioni sopra argomenti che non dovrebbero permettere alcun

dubbio. . „ . . . .

Non è l’industria, qualunque sia, quella che arricchi­ sce un paese, ma è quell’ industria che sappia produrre per i propri cittadini e per gli altri meglio e più a buon mercato. Ecco perchè non basta impiantare in un paese delle industrie ma bisogna che vi nascano quelle che sono più adatte alle condizioni del paese stesso; ed è sempre meglio importare da altri luoghi le merci, che fa rnascere industrie i cui prodotti sono più cari o di peggior qualità di quelli che si nirpuiiuuu.

Se adunque il ponte in discorso dove servire ad un traffico di 4 milioni di importazione e due di esportazione rispetto alla provincia X , non facciano i rappresentanti una sottrazione, ma si mettano d’ac­ cordo coi rappresentanti della provincia Y , ed am­ bedue convengano che vai la pena di costruire a comuni spese un ponte sul quale si avrà un movi­ mento della somma delle due cifre, cioè 6 milioni.

IL SISTEMA. MONETARIO A TIPO UNICO

i.

S e per attuare in uno Stato la più perfetta libertà m onetaria si adottasse 1’ uso sim ultaneo di monete di diversi m etalli, secondo il loro reciproco e varia­ bile valore corrente, e nello stesso tem po si am m et ■ tessero le m onete d ivision ali, a rapporto fisso con ciascuno di detti m etalli, le quali fossero anche con­ vertib ili colle monete di valore effettivo ; succede­ rebbe naturalm ente, che verreb b e abbandonato quei­ ru so sim ultaneo delle diverse monete a rapporto di va lo re variabile, e si stabilirebbe liberam ente 1’ uso di una sola specie di monete colle sue divisionali a rapporto fisso.

Tu tte le pubbliche am m inistrazion i, per evitare perditem pi, confusioni e frodi, sarebbero le prim e a v o le r escludere l’ uso di m onete di valore variabile.

•" ‘ V* elirvnr, f r n i l i . Q

non com m etterne ne essere sospettati di com m etterne a danno degli altri, p referirebbero l’ uso di una sola specie colle sue divisionali a rapporto fisso. S oli co­ loro che amano di pescare nel torbido pretenderanno di far valere il loro diritto per usare le diverse specie di monete a rapporto variabile. E allora tutti i ga­ lantuom ini penseranno , che tra le altre libertà'’ vi dovrebbe essere anche quella di andare d’ accordo per liberarsi d agli im barazzi e dagli atten tati, che quella m odalità del sistema m onetario renderebbe possibili a tutto benefizio della gente troppo destra.

Così il sistema polim etallico verreb be dalla forza delle cose m utato e trasform ato nel sistema della m oneta unica colle m onete divisionali a rapporto fisso. E però im porta assai di risparm iare le spese e i pericoli e i disordini di un esperim ento desti­ nato ad abortire. E im porta di decidere addirittura circa il m etallo, che liberam ente verreb be preferito nella funzione di moneta.

II.

Ove nella scelta del metallo da adottare come tipo monetario si dovesse aver riguardo al maggior grado d’invariabilità del valore del metallo stesso, tale scelta potrebbe forse pendere incerta tra l’oro e l’ argento. P e r lo meno le presunzioni di minore variabilità del valore dell’ oro, in confronto dell’argento, non sono tali da mettere in imbarazzo i contraddittori un po’ ostinati. Tuttavia, se non per il motivo dell’ in va - ribilità del valore, certo per quello della comodità dei cambii, sarà preferibile I’ oro, il quale per uno stesso valore è molto meno pesante dell’argento, ed è ancora meno ingombrante. Come ognuno sa , a peso eguale il volume dell’oro è minore che quello dell’argento: il pezzo d’ oro di venti lire , col peso di grammi <5.45101 ha il diametro di 21 millimetri, mentre la lira d’argento col peso di grammi 5 ha il diametro di 25 millimetri.

Però soggiungo subito, che i motivi per dare la preferenza alla moneta unica d’oro possono, in talune circostanze di luogo o di tempo, non essere decisivi, e possono anzi essere controbilanciati e vinti dalla preponderanza di altre condizioni in favore dell’a r­ gento. L q qual cosa, a mio avviso, porla solo alla conseguenza, che in qualche Stato possa convenire la moneta unica d’ argento, come in altri può con­ venire la moneta unica d’ oro. E lo riconosco vo­ lentieri, perchè se l’ uso simultaneo di monete di di­ verse specie in uno stesso Stato non è possibile senza troppe difficoltà e pericoli, non ne deriva punto, che i medesimi inconvenienti abbiano da verificarsi nei rapporti tra Stato e Stato. Nel commercio interna­ zionale le monete cessano di essere strumenti di mi­ surazione dei valori e restano semplici controvalori, cioè in sostanza mercanzie, che colmano le differenze tra le importazioni e le esportazioni delle altre. Siano d’oro, siano d’ argento, portino l’ indicazione del peso, 0 non lo portino, siano già coniate, o siano rappre­ sentate da semplici verghe; da un paese all’ altro ser­ vono egualmente per l’ importo della quantità e qualità di metallo che contengono : libero a chi le manda, di calcolarne l’ importo in lire, inarchi, dollari o piastre, e a chi le riceve, di calcolarne l’importo in piastre dollari, marchi o lire. Così l’ Inghilterra fa una con­ tinua importazione ed esportazione di grandissime quantità d’ argento, sebbene per proprio conto non faccia uso simultaneo di diversi tipi monetarii, e si attenga alla moneta d’oro.

Dunque se per qualunque motivo una popolazione

sia aoimaia airusu nelle grosse moneie d’ argento e se ne compiaccia, o se per la smonetazione dell’ar­ gento, già coniato in grande copia, si dovesse te­ mere un forte ribasso del suo valore e quindi una troppo grave perdita per la popolazione stessa o per 10 Stato; in tali condizioni sarà benissimo preferibile 11 sistema della moneta unica d’ argento.

(5)

7 ottobre 1883 L ’ E C O N O M I S T A 629

Veramente vi sono dei paesi in tale situazione, che mentre molto hanno da temere per il ribasso del valore dell'argento, molto potrebbero sperare per il correlativo rialzo del valore dell’ oro. Ma anche questo va inteso con grande riserva e discrezione. L ’arricchimento della popolazione inglese che pos­ siede oro non compenserebbe menomamente la mi­ seria, in cui venisse precipitata la popolazione del­ l’ impero inglese nell’ India , che ha molta moneta d argento. Così se per il rialzo del valore dell’oro po­ tessero raddoppiarsi le fortune degli interessati nelle miniere d’oro degli Stati Uniti, ciò però non impe­ direbbe e non mitigherebbe niente affatto i disastri da cui sarebbero minacciati gli azionisti delle miniere d’argento degli stessi Stati. E in generale se taluno pos­ siede dell’oro e altri possiede dell’argento, la fortuna del primo non ripara, nè bilancia, nè attenua la disgrazia del secondo. Anzi a questo proposito è da ricordare, elio la perdita di un patrimonio rapprooonta un d i­ sastro infinitamente grande, mentre ii raddoppiamento di un altro patrimonio non rappresenta forse che un aumento di superfluo, e che, in proporzione, una perdita del cinquanta per cento ha un’ importanza grandissima, mentre un benefizio del cinquanta per cento non ha che un’importanza assai mediocre.

Solo quando l’oro e 1’ argento fossero equamente distribuiti fra tutti coloro che adesso possiedono sol­ tanto dell’ uno o dell’ altro, o soltanto della carta, i danni si bilancierebbero coi vantaggi. Anzi allora la somma dei vantaggi potrebbe essere da per tutto su­ periore a quella dei danni ; poiché se l’oro sia rial­ zato di valore, basterà per tutti i cambi, anche senza monetarne una quantità molto maggiore del solito; e intanto si avrebbe l’avanzo di tutto l’argento libe­ rato dall’ufficio di moneta, e quindi disponibile per ogni altro uso. Ma lasciamo da parte queste ipotesi e torniamo ai fatti come si presentano.

III.

Poiché vi sono numerose popolazioni abituate alla moneta d’ argento, e vi sono governi grandemente interessati ad impedire Io svilio dell’ argento, giova agli altri Stati, ebe poco sacrificio hanno da affron­ tare per la vendita del loro poco argento, di cogliere senza precipitazione e senza indugi l’ occasione meno sfavorevole. A tal uopo giova lasciare ferma la per­ suasione, che la moneta unica d’argento abbia pregi non troppo inferiori a quelli della moneta unica d’oro; soprattutto se si ammetta contemporaneamente l’ uso di moneta di carta convertibile, che a fronte della moneta d’argento potrebbe essere liberaipente ado­ perata sia per i piccoli che per i grandi importi, e più per questi che per quelli. Tale ordinamento si è già di fatto introdotto nell’ India inglese.

E si può star sicuri, che anche quando si volesse preparare la transizione dalla moneta unica d’ ar­ gento alla moneta unica d’oro, il modo preferito non sarebbe mai quello di una impovvisa smonetazione dell’argento.

Se si fanno all’improvviso o entro brevi termini molte grosse vendite di una qualunque specie di mer­ canzie, è assai probabile, che subito si facciano ca­ lare fuor di misura i prezzi, perchè non si darebbe tempo che la mercanzia trovasse un regolare collo­ camento, e sarebbe acquistata da quegli speculatori, che appunto si propongono di aspettare tutto quel tempo che il precipitoso venditore ha voluto pre­

correre. Lo stesso avverrebbe certamente a propo­ sito dell’ argento. E il ribasso potrebbe poi persistere per lunghissimo tempo, se si temesse che da un momento all’altro nuove grosse vendite potessero es­ sere fatte colla stessa precipitazione. Sarà dunque regola di buona speculazione economica e finanziaria il procedere alla smonetazione dell’ argento con grande lentezza. E tale procedimento diventa possibile me­ diante l’ istituto della carta convertibile, in confronto della quale dovrebbe appunto esistere un corrispon­ dente deposito di moneta d’ argento. Questa servendo nella massima parte per garanzia piuttosto che per cambio effettivo, potrebbe essere a poco a poco con­ vertita in verghe, e quindi sostituita da verghe o da monete d’oro. Nè per ciò occorrerebbe di dissimu­ lare la realtà della transizione, poiché anzi la pub­ blicità, la regolarità e la lentezza del procedimento sarebbero le condizioni più adatte ad impedire ogni ffravft nfti\illn7.1r»nia rlr*l -,«luiv Uol liti SIIlO*” netare

IV.

Veramente molti sono inclinati a credere, che mal­ grado qualsiasi cautela, e ancorché la smonetazione dell’argento venga limitata ai soli Stati dell’ Unione monetaria latina, abbia da derivarne un troppo grave ribasso del valore dell’ argento e di tutte le altre mercanzie.

Taluno anzi si mostra estremamente allarmato. Ma questo allarme esagerato è forse un poco la conse­ guenza di un errore materiale di calcolo. V i sono scrittori lodati e forse anche un poco ascoltati, che calcolano i ribassi in modo da arrivare al cento per cento e anche più; essi discorrono di ribassi di 300, di 400 e perfino di 1700 per cento, come di fatti non solo possibili, ma già avvenuti, senza accorgersi della logica insussistenza di somiglianti proporzioni. Ad ogni modo un supposto ribasso del cento per cento (e anche più! !) deve fare un’impressione gra­ vissima.

Però guardandoci bene dal partecipare ad allarmi che pigliano origine da cosiffatte impressioni, procu­ riamo di fissare i lim iti estremi del ribasso di valore dell’argento e delle altre mercanzie, anche nel caso estremo di una smonetazione universale di tutto l’argento.

La quantità dell'oro monetato sta alla quantità dei- fi argento monetalo come 2819 sta a 2060; poiché secondo le più sicure notizie che giungono fino verso il 1880, fioro monetato in tutto il mondo era di 2819 rvìiiio«»; a: a^uu.t, ^ i argento monetato (a pisnu u~ tolo) era di 2060 milioni di dollari. Ciò posto, se l’oro monetato dovesse anche sostituire l’ argento, e 2819 dovessero servire per tutti quei cambi che ora si compiono con 2819 -[- 2060; il valore di 2819 dovrebbe rialzarsi fino a 2819 -f- 2060, cioè del 73 per cento, e rispettivamente il prezzo delle cose do­ rrebbe apparire ribassato del 42 per cento.

(6)

630 L ’ E C O N O M I S T A

7 ottobre 1883 E tornando al nostro oro, dobbiamo pure tenere

presente, che il rialzo del valore dell’oro monetato si estenderebbe anche all’ oro non monetato, e che allora qualche parte di questo sarebbe ritirato da altri usi e portato alle zecche, e quello che si va man mano estraendo dalle miniere vi sarebbe portato in maggiore quantità del solito. Ora se la quantità di oro monetato si accresca; se cioè non si limiti al peso di 2819 mi11ioni di dollari (di grammi di oro 1,67183 ciascuno), e invece arrivi, per esempio a 2819 più una quantità eguale al.26,19 per 0 f0 del­ l’oro non monetato, vale a dire a rrivia 2819 - f- 1047,6; allora non sara più necessario e nemmeno possibile che il valore dell’oro si alzi del

73

per cento; ba­ sterà che da 2819 -f- 1047,6 arrivi a 2819 -f- 1047,6 + 1012,4, poiché così avremo ancora una somma eguale a 2819 -j- 2060; ossia basterà che si sia nlMtn anounto del 26,19 per cento, poiché col 26 19 per cento di 2 8 1 9 -f-ii» 4 /,o si a n i, u u a u to j

2000

.

Che un rialzo del valore dell’ oro, del 26,19 per cento, abbia da farne restringere il consumo non monetario esattamente nella proporzione del 26,19 per cento, non è sicurissimo. Però bisogna soo-giun- gere, che il riaizo del valore dell’oro, quantunque solo nella detta proporzione, costituirebbe senza dubbio, un fortissimo incoraggiamento alla coltura delle miniere d oro anche meno ricche, sicché la quantità dell’oro monetabile crescerebbe più del so­ lito; e questo fatto e I’ aspettativa del fatto stesso, tenderebbe ad impedire un troppo maggiore rialzo del detto valore. Intanto resti inteso che il rialzo del 26,19 sul valore della moneta non apparirebbe che sotto l’aspetto di ribasso di prezzo delle altre cose, e che tale ribasso sarebbe del 20,76 per OiO del loro prezzo precedente. •

1

Certo si è, che il rialzo del valore dell’ oro, an­ che senza limitarsi al 20,19 per cento, non arrive­ rebbe però al 73 per cento. Infatti supponiamo che- si vada coniando una maggiore quantità di oro • ma che questa nuova quantità arrivi solo al

22

2

’ per cento dell’oro non monetato. Ciò significherebbe che invece ^di 2819 m illioni di dollari (di grammi di oro 1,67183 ciascuno) si avrebbero coniali 2819

888

; e in tal caso apparirebbe ancora evidente, che non sarebbe necessario e nemmeno possibile il rialzo del valore dell’oro nella proporzione del 73 per OiO; basterà, che il rialzo converta la somma di 2819 -ù

888

nella somma 2819 +

888

- f 1172 = 2819 -f- 2060; e cioè basterà un rialzo del 31,5 per_

0

i(). In questa ipotesi un rialzo generale del 31

5

per gin diversi, dalla monetazione non il 31

5

per o'iCT ma solo una quantità eguale al

22,2

per cento del- I oro non monetato ; e quel rialzo di valore, accom­ pagnato da questa aggiunta di quantità, compirebbe la giusta provvista di moneta occorrente por l’ im­ porto d, 2819 + 2060. Con un rialzo v ia r ia mag- g.iore, *lno a 73 per cento, basterebbe uu’agmunta di quantità via via minore, fino a zero. — Nel caso del rialzo ora supposto del 31,5 per cento sul valore dell oro il correlativo ribasso dei prezzi delle cose apparirebbe del 23,93 per cento.

I erò il ribasso del valore dell’ argento monetato dovrà sempre risultare maggiore che il ribasso di prezzo delle altre cose. A riguardo dell'amento bi­ sogna computare;

1

» un ribasso t u t t o 's u o la r t i» , lare, dipendente dalla cessazione di uno de<di usi

a cui era destinato,

2

° il ribasso generale dei prezzi correlativo al rialzo del valore dell'oro.

Ora poiché, l’argento monetato a pieno titolo cor­ risponde a circa un quarto di tutta la massa del­ l’argento esistente, parrebbe che il suo 1° ribasso dovesse essere di un quarto. Vediamo che cosa possa esservi di vero in questa prima apparenza.

Se l’argento non fosse mai stato monetato, e pure se ne fosse prodotto tanto quanto se ne è prodotto lino adesso, certo avrebbe potuto trovare compiuto collocamento in tutte le altre destinazioni, e ciò forse appunto alla condizione che il suo valore si tenesse un quarto più basso di quello che realmente fu. La ragionevolezza di tale congettura sta in ciò, che i consumatori mediante uno stesso sacrificio’ avrebbero sempre avuto un quarto di più di ar­ gento ; e si sa, clic col ribasso di prezzo cresce fa­ cilmente il consumo e cresce anche il numero dei consumatori di ogni cosa utile

0

piacevole.

Ora se questo poteva essere vero per il passato, Io potrà pure essere nell’ avvenire sernprecliò in condizioni perfettamente .uguali. Vale a dire, che se non si avesse da considerare niente altro che la produzione annua dell’argento e questa continuasse a svolgersi come all’ ordinario, il ribasso generale di un quarto sul valore potrebbe bastare a far tro­ vare giusto collocamento a tutta la produzione, senza impiegarla in monete a pieno titolo. .Ma l’ amento già monetato, che diventa disponibile per l’ avvenire costituisce tutto un di più in confronto del passato.’ l e r eliminare questa grande differenza • bisogne­ rebbe procedere alla smonetazione dell’ argento in modo, che la quantità annualmente smonetata non sorpassasse il quarto della produzione ordinaria e bisognerebbe che questa produzione si restringesse appunto di un quarto. Allora si sarebbe di nuovo nelle condizioni della produzione ordinaria, e il r i- hasso di un quarto sul valore dovrebbe sempre

ba-Invece consideriamo il caso meno favorevole. S up­ poniamo cioè che la produzione annua non si re - stringa menomamente, e che ogni anno si renda disponibile una quantità di argento smonetato eguale al quarto della produzione stessa. Ciò significa che, invece di una nuova provvista annua eguale a

4

se ne avrebbe una eguale a cinque. E il ribasso dì valore dovrebbe essere non di un quarto, ma di due quinti, poiché con tale ribasso si verificherebbe di nuovo, che con un sacrificio sempre eguale i consumatori di argento ne avrebbero due quinti di piu del solito, ed è assai probabile, che tanto ribasso matorj.CieM;eiC " <:0nSUm° 0 “ “ ro dei ~

Supponendo una sm onetazione di 25 m illioni di dollari all anno, che è eguale al quarto circa della

C Ì r ne| antma dl argent0; e sull’importo di 2060 millioni, che ogni anno scemerebbe, facendo il cal­ colo scalare delle perdite e dei cali, a cui l’amento monetato e soggetto in ragione del

2

per cento

cÌrca °4 8 -anni^ r f ''0 '' Pr.ocedim ento A v r e b b e durare

t a S E

* “ ■* *

(7)

7 ottobre 1883

V

E C O N O M I S T A il ribasso generale dei prezzi fosse del 23.93 per cento;

all argento toccherebbe per questo riguardo un ri­ basso di 23.93 X 0,60 poiché il suo valore s’ inten­ derebbe già direttamente ribassato del 40 per 0|0. E però in totale il massimo ribasso dell’argento non avrebbe da superare il 40 -f- l i, 37 = 34,37 per cento. Poniamo il caso più estremo, ma che, come abbiamo visto, è veramente impossibile, di un ribasso t’i prezzi del 42 per cento, corrispondente al rialzo dìi 73 per cento nel valore dell’ oro, e allora il r i- bisso complessivo dell’ argento sarebbe 40 -|- 23.2 =j 63,2 per cento.

Ora se invece di una generale smonetazione per l’ ammontare di 2050 millioni di dollari, si tratta di snionetare l’ argento dei soli Stati dell’ Unione mo­ netaria latina (627 millioni di dollari), oppure anche quìllo della Germania, che ha già adottato questo partito, cioè in tutto 736 m illioni di dollari, si può ragonevolmento sperare, che il ribasso dell’argento si arresti al 36 per cento del ribasso testé calcolalo perchè 736 non arrivano nemmeno al 36 per cento ili 2060. G li Stati più interessali a sostenere il va­ lore dell’argento consentiranno volentieri questa smo­ netazione parziale, che nelle stesse condizioni di durala della smonetazione generale produrrebbe un ribasso di 19.57 invece di 34,37. E sarà preferita da tétti anche per riguardo al ribasso dei prezzi; percb« questo è correlativo al rialzo dell’ oro, e questo rialzo è correlativo alla più o meno estesa smonetazione dell’ argento. A conti Patti il rialzo del­ l’oro si arresterebbe a 11.34 per cento e il ribasso dei pretzi 8,61 per cento.

E tutto questo nell’ ipotesi, che tale conversione monetaria venisse operata simultaneamente dalla Germani» e da tutti gli. Stati dell’Unione monetaria latina. Ma se incominciasse un solo di questi Stati, il nostro, per esempio, che ha coniato per meno di un settirdo dei 736 millioni di dollari, è evidente che per esso la durata del procedimento potrebbe essere ridotta ad un settimo, ossia a soli sette anni, senza che i temuti rialzi e ribassi dovessero ecce­ dere le più tollerabili oscillazioni ora accennate.

Anche questa modalità del procedimento sarà pre­ ferita da tutti quegli Stati, che credono la conver­ sione utile e possibile; e sarà tanto più facilmente consentita da quegli altri che non ne vogliano pro­ fittare. Anzi Io Stato che lo adottasse per suo conto porrebbe tutti gli altri nella necessità di aspettare il loro turno, se non vogliono pregiudicarsi.

Certo converrebbe che tutta la conversione mo­ netaria fosse preparata in modo che dovesse proce­ dere con costante regolarità, perchè così il ribasso qualsiasi dei prezzi non recherebbe alcun danno, salvo che per i debiti a termine già stipulati e per le provviste già acquistate prima del momento in cui il ribasso si accentua. In seguito succederà bensì, che una certa quantità di beni sarà data e ricevuta in cambio di una minore quantità di denaro; ma per ciascuno il danno nell’ atto di dare un prodotto è compensato dai vantaggio nell’ atto di riceverne un altro. Il pericolo non istà nel ribasso, ma nella va­ riabilità delle oscillazioni.

V .

Quanto al nome delle monete non parmi che a l­ cun cambiamento meriti per sè stesso di essere rac­ comandato.

631 Se anche non costasse nulla una riconiazione di monete, sarebbe sempre incomodo e dannoso ogni cambiamento di nomi. Solo in uno Stato, in cui fosse ammessa la simultanea circolazione di monete di diversi metalli a valore reciprocamente variabile importerebbe di riconiarle per darò a tutte un peso eguale, e per rendere possibili, se non facili, i con­ teggi di ragguaglio. Ma per lo Stato, che preferisce la moneta unica, questa condizione non ha alcuna importanza; quando ciò non fosse per ottenere la uniformità dell’ unità monetaria con tutti gli altri

Stati. 6

Ma nemmeno per accordo internazionale sarebbe da adottare la proposta di una moneta d’oro da 23 lire, siccome valore che meglio concordi, salvo pic­ cole differenze colle unità monetarie già in uso presso le principali nazioni. La coesistenza delle an­ tiche unità monetarie colla nuova forma di mo­ neta lascerebbe tal quale tutte le difficoltà di rao«.-» gito uet valori espressi piuttosto nell una che nel I’ altra ; e anzi il ragguaglio sarebbe reso più complicato e difficile per le piccole differenze in diversi sensi tra le antiche unità e la moneta nuova. Non si otterrebbe nessuna effettiva unifor­ mità monetaria internazionale, salvo che d’ ora in ­ nanzi tutte le nazioni rinunciassero alle loro unità monetarie, e adottassero come unità la moneta di 25 lire. Nel quale caso ove a detta moneta non si imponesse un nome diverso dalle 25 lire, 1* unità adottata resterebbe propriamente la lira.

Se non che essendovi, e convenendo che v i siano nazioni, le quali continuino ad usare le monete d’ar­ gento, mentre altre preferiscono quelle d’ oro ; l’ac­ cordo internazionale dovrebbe limitarsi a stabilire l'uniformità di peso delle une e delle altre. Già fin d’ora tutte le monete dei diversi paesi servono nel commercio internazionale in ragione del peso del me­ tallo fino che contengono; e a tal uopo non occorre nessun patto espresso tra i paesi stessi. Ma se tutte abbiano peso eguale anche quando siano di metalli diversi, senza dubbio una molto maggiore comodità si sarà ottenuta per tutti gli interessati.

In ciascuno Stato si può e giova arrivare all’ unità quantitativa e qualitativa del tipo monetario. Fra tutti gli Stati bisogna accontentarsi di un’ uniformità quan­ titativa riferibile a due diversi tipi.

Lu igi Bà m e u i.

Rivista Bibliografica

Vadalà-Papale G. — Morale e diritto nella vita. — — Napoli, Dettzene Rocholl, 1882.

È una mania incomprensibile quella di certi scrit­ tori i quali vogliono per forza accoppiare insieme il vecchio ed il nuovo ; e per il gusto di parere eru­ diti adoperano il linguaggio delle scienze moderne ad esprimere idee antiche e sepolte. Non si avvedono che dai loro scritti esce il caos, e che il lettore, giunto in fondo, o confessa di non aver capito nulla, o chiu­ dendo il libro pronuncia il più eloquente degli : ebbene !

(8)

positivi-632 L ’ E C O N O M I S T A 7 ottobre 1883 smo doveva avvertirlo in precedenza che quell’ ar­

gomento, allo stato presente della scienza, è molto prematuro. Tuttavia, giacché l’ Autore lo ha scelto, diciamone qualche cosa ; — ci fermeremo ad alcuni concetti per giustificare le severe parole che abbiamo sopra adoperate. Nella introduzione l'Autore vuol dare un’ esatta idea della Sociologia, scienza , egli dice, nata nella seconda metà del nostro secolo. E trova che la Sociologia ha spezzate lo solite catene, d is ­ sipato il solito velo della metafisica e abbandonando l’apriorismo, vuol procedere con metodo positivo cioè colla osservazione e colla indnzione. Malgrado questa professione di fede nel primo capitolo si incontrano affermazioni che sanno di apriorismo le mille miglia, e che 1’ Autore pone a base delle sue conclusioni, senza neanche sospettare che avrebbero bisogno di prova. Fra le altro, parlando della socialità, egli la ammette come una legge assoluta ; non gli basta il tutw a.» l’ mmn a «fidale, ma vuole andare più in là, e vuole che debba essere sociale. Da che lo deduce? Non si sa; ma con eguale sicurezza ci dice che 1’ umanità va perfezionandosi, e distingue le pure regioni dello spirito probabilmente da quelle impure; ed usa delle parole « 1’ uomo morale » senza dirci che cosa intenda per « morale » ; se cioè si rifesca alla morale chinese, alla indiana , alla greca , alla romana, alla medioevale, alla cristiana, alla epicurea, alla atea, alla materialista ecc. Cento volte ripete che la storia è la « maestra della vita »: maestra si che? — Ma se I’ Autore stesso riconosce che V uomo è un continuo diventare, come il cosmo, e che quindi le condizioni sono nell’ istante mutevoli, che cosa deve insegnare la storia oltre che narrarci il passato? — E poi vediamola questa storia la quale deve darci le « leggi della evoluzione sociale ». Un poca di storia greca malissimo nota, la storia romana un poco più conosciuta, la storia medioevale ancora da farsi, e la moderna appena sbozzata. E sono questi brandelli che debbono dare lo « le leggi della evoluzione so­ ciale ? » Ma ignora 1’ Autore quanti secoli di storia umana contengano l’Europa e l’Asia prima del tempo greco e romano e contemporaneamente ad esso? Ignora che, ad esempio, prima del romano, esisteva un popolo, l’Etrusco, che crediamo meno grande forse perchè pochissimo sappiamo di lu i? Ignora, per ve nire ainostri tempi, che esiste un popolo, il chinese, più numeroso della Europa intera, di cui non conosciamo non solo la storia, ma neanche l’attuale condizione ? S ’ intende ignoranza per le esigenze scientifiche della sociologia. Oh ! sono in verità degni di compianto questi filosofi, questi economisti, questi sociologhi, •

1

-JU.ilìl Iti miipiUIlU 13 DOCUu «lol l o. popola oifwò rt. 0 con essa fanno gran rumore per farsi ascoltare dal volgo dotto, come se questa storia dell’ umanità l’aves­ sero a loro disposizione. Domandate loro dove sia questa storia, e non ve lo sanno dire ; interrogate gli storiche si stringono nelle spalle dicendovi : la storia ? ma e ancora da fare ?

E ritornando al positivismo, non compreso dal no­ stro Autore, troviamo a pag. 27 questa conclusione : « delle leggi assolute, di già tracciate dalla filosofia della storia e dalla statistica ed appoggiate alla so­ ciologia regolano lo sviluppo della vita sociale, in ­ carnato nellq sviluppo esterno dello spirito umano ». Ma che cosa vuol dire « legge assoluta »? legge che non può essere deviata? — Non conosciamo alcuna legge la quale non possa essere da un’altra legge modificata, soppressa e talvolta annullata, così nel mondo fisico

come nel mondo sociale. È la solita confusione tra il significato speciale che nelle scienze sociali ha as­ sunto la parola « legge » ed il significato giuridico- tecnico della parola.

Del i;esto per mostrare che specie di positivi­ smo domini il pensiero del nostro Autore ripor­ tiamo il seguente brano « E la religione di Cristo compì un lavoro mondiale (?) con l’ innalzare l’uomo fino a Dio, con l’ insegnare una morale pura sociale, con lo spiegare un’ avvenire paradisiaco che sari l’ avvenire dell’ umanilà, quando sarà raggiunto quella che da noi si è chiamato equilibrio sociale. » E po­ trebbe bastare, se per ultimo non volessimo aggiuc gere che I’ Autore ammette « g'i scopi della vita » dei quali alcuni furono « incarnati », altri « aspettano miglior tempo »; ed avverte che in questa teoria « niente c’ è che possa accennare a fatalismo, a quel fatalismo che distruggerebbe la libertà umana (!) ».

L ’ Amore non creda che di proposito abbiamo vo­ luto esser severi nel nostro giudizio; se tale gli sén- briarno, reciti il mea culpa poiché le sue professioni ili positivismo, così in contraddizione colle dottiine sostenute, indispongono il lettore e legittimano nel critico certe esigenze a cui il suo lavoro non sod­ disfa. Del resto la nostra buona volontà gli è privata da ciò che ci fermiamo al primo capitolo del suo libro.

Prof. A. J. De Johannis. Calamandrei Rodolfo. — Del fallimento communio al

libro I I I e. al capo I I I titolo I libro I V de, nuovo codice di commercio italiano. — Torino, Unione ti­ pografico editrice, 1883. Volume I.

L ’Autore, già conosciuto per un altro lavoro sulla Cambiale, del quale è in corso di stampa la seconda edizione, tratta, nel volume che presentiamo, del Fal­ limento, commentando articolo per articolo il codice di commercio in quanto si riferisce a quésto sog­ getto. Nel commento l’Autore avverte di a?er tenuto conto « della logica e testuale interpretazione degli articoli esaminati, del confronto di questi con quelli corrispondenti del precedente Codice ; dilla giuris­ prudenza italiana, francese e tedesca quando è ap­ plicabile; delle opere degli autori latini, italiani, fran­ cesi e tedeschi che illustrarono la maleria del fal­ limento; dei lavori delle Commissioni perla riforma del Codice di commercio; finalmente delle osserva­ zioni e dei pareri della magistratura, delle Camere di Commercio e delle facoltà di giurisprudenza del regno sul progetto preliminare del Codice ».

Noi non daremo un giudizio di questo primo vo­ lume poiché non la semplice lettura, ma lo studio e Eliso di qualoho tempo può farne conoscere i pregi ed i difetti; ma fin d’ ora crediamo di poter affer­ mare che questo lavoro dell’ Avv. Calamandrei riesce una vera guida pratica a coloro che per qualunque causa debbono conoscere la non facile procedura dei fallimenti.

È uno di quei libri che nella modesta apparenza di una compilazione, nascondono una vasta dottrina, ed un criterio speciale in chi lo scrive, e portano una grande utilità a coloro che debbono consultarlo.

N otizie. — Dalla solerte Unione tipografico edi­ trice di Toriuo abbiamo ricevuto :

(9)

7 ottobre 1883 L ’ E C O N O M I S T A .

dispensa contiene la fine dell’articolo del Prof. Pa­ squale F io ri «Agenti diplomatici», quello dell’A v ­ vocato Eugenio Calaci « Agenti teatrali », ed uno del Prof. L. Bertagnolli « Agenzie d’ affari ».

\ L fascicolo j 0 della Biblioteca di scienze po­ litiche col quale cominciasi la pubblicazione dell’opera di Tocqueville La democrazia in America.

~ La dispensa 17a del voi. IX della 5® serie della Biblioteca dell’ Economista dove si continua la pubblicazione del Sistema di Contraddizioni eco­ nomiche di P. G. Proudhon, e la dispensa 2® della stessa Biblioteca dove si continua la pubblicazione della Scienza delle finanze di Adolfo Wagner.

— La direzione dell’ Industria e del Commercio negli Annali 1883 pubblica la Gelazione dell'inge­ gnere D. V. Piccoli sul l'esposizione di elettricità in Monaco di Baviera.

La Direzione Generale della Statistica pubblica : istruzione ver v anno scolastico 1880-81, introduzione ; — la Statistica delle cause di morte, anno 1882; — la Statistica della emi­ grazione italiana nel 1882. E negli Annali di Sta­ tistica, Serie 3®, Voi. 7° gli Atti del Consiglio su­ periore di Statistica.

La Direzione Generale dell’Agricoltura negli A n ­ nali 1883, pubblica gli Atti del Consiglio Superiore di Agricoltura, sessione 1882, e la relazione sui concorsi internazionali di Macchine agrarie.

G LI IT A L IA N I IN F R A N C IA

Il Ministero del commercio francese (servizio della Statistica generale) ha pubblicato in questi giorni i resultati statistici del censimento del 1881.

11 censimento della popolazione in Francia fu com­ piuto il 18 decembre 1881, e i resultati furono già pubblicati da qualche tempo, ma la statistica del cen­ simento non era stata ancora elaborata, e ciò forma l ’oggetto del volume pubblicato dal Ministero del commercio.

Quel volume contiene tutte le indicazioni che im­ porta conoscere sulla popolazione di ciascun dipar­ timento dal puuto di vista dell’ origine, della nazio­ nalità, dell’età, del sesso, dello stalo civile, e della professione degli abitanti.

Ecco l ’analisi speciale delle informazioni che vi si trovano relativamente all’ età. Sotto questo punto di vista speciale la popolazione in Francia si divide nel modo che segue :

F r a n c e s i... 36,401,200 Stranieri di ogni nazionalità 4 ,004,090

37.405,290 L a proporzione degli stranieri si trova così essere del 2,68 0/0.

N el 1876, epoca del censimento precedente, questa proporzione non fu che del 2,17, vi è stato adunque aumento.

Ravvicinando del resto i resultati dei due ultim i censimenti quello cioè del 1876 e quello del 1881 si trova che dal 1876 al 1881

Belgi sono saliti da 374,498 gl’ italiani i tedeschi gli spagnoli gli svizzeri gl’ inglesi da da da da da 165,313 59,028 62,437 50,203 30,077 433,265 243,733 81,986 75,781 66,281 37,006 633 Il maggior accrescimento in questi ultimi cinque anni è stato frattanto per gl’ italiani : cioè 75,420 in più ossia il 45 1ja per cento.

Se i Belgi costituiscono sempre la più forte colonia estera, il loro numero non si accrebbe che debol­ mente, mentre che gl'italiani si espandono in E ran cia sempre più. Oggi sono in numero di 241,000; men­ tre che non ve n’erano che 76,000 circa venticinque anni fa.

Tuttavia, nonostante che essi occupino un maggior numero di dipartimenti francesi che per 1’ addietro, continuano a preferire le regioni che più si avvici­ nano alla loro patria, come lo dimostra il seguente quadro che si trova nella statistica sopraindicata :

Bocche del Rodano,. A lpi Marittime . . Senna ... V a ro ... . . . . 66,665 . . . . 34,976 . . . . 26,348 . . . . 9 i s a x Q uroioa... . . . . 15,032 R e n o ... . . . . 9,253 S a v o ia ... . . . . 6.246 Isero ... . . . . 5,721 H e ra u lt... . . . . 3,705 Alte A lp i . . . 3,772 G ard... . . . . 3,015 Se ne contano inoltre p ù di 2000 nelle Basse Alpi, nella Loira, nell’ A lta Marna, nell’ Alta Saona e nel Doubs, e un migliaio nell’Ain, nell’ Aisne, nella Costa d’ oro, nel Giura, nella Meurthe e Moselle, nella Mosa, nel Pas de Calais, nella Saone e Loira, e in Vaichiusa.

In cone’usione i 26 dipartimenti che abbiamo enu­ merati contengono più dei nove decimi dell’ impor­ tante colonia italiana in Francia.

IL TRAFFICO MERCI E PASSEGGERI

SULLE LINEE DELLA SOCIETÀ FLORIO E RUBATTINO

Dalla Direzione generale della società riunite F io ­ rio e Rabattino che come si sa, hanno assunto il nome di « Navigazione Generale italiana » è stata recentemente pubblicata la statistica generale del traffico merci e passeggieri effettuatosi durante il secondo semestre dell’ anno sociale 1881-1882 su tutte le linee della società, vale a dire dal 1 gen­ naio a tutto giugno 1882.

Nella prefazione che si legge prima della esposizione delle cifre «tnéoéoiie che rigumelano il movimento oi merci e valori esportati e dei passeggieri portati da tutti gli scali toccati dai piroscafi della naviga­ zione generale italiana, la Direzione ha esposto le ragioni che ritardarono siffatta pubblicazione, lo quali pervennero dal periodo di transizione, in cui versò la Società, dopo 1’ avvenuta ufficiale fusione delle Società Fiorio e Rubattino, e dall’ avere do­ vuto diramare opportune e generali istruzioni a tutti gli agenti onde preparare su nuovi criteri l’ im­ pianto del lavoro statistico, e finalmente dal bisogno di coordinare gli elementi raccolti in modo da rap­ presentare quanto meglio possibile la vera entità dei traffici a seconda dell’ indole delle varie linee.

(10)

eie-634 L ’ E C O N O M I S T A 7 ottobre 1883 menti che vi sono raccolti sono abbastanza bene

ordinati e scompartiti da offrire un esatta idea del- Ì’esportazione accentuatasi nei singoli scali.

E quegli elementi furono contemplati in due grandi parti :

La 1* comprende il movimento delle merci, del numerario e degli animali in genere, e tien conto del numero dei colli, è dei capi del bestiame del peso in chilogrammi, e del valore commerciale a norma dei listini ufficialmente riconosciuti pressò le amministrazioni doganali dei vari paesi.

La 2* è esclusivamente riservata ai passeggieri, che vengono divisi in Comuni, r. Impiegati e mi­

litari. Questa distinzione fu necessaria ondo potere stabilire un certo rapporto fra il numero comples­ sivo dei viaggiatori, e dei proventi da loro arrecati alla Società in ordine alle varie categorie.

Lo svolgimento di queste due parti venne poi manuali« in ...„ju ¿o. il traffico rispet­ tivo in tre grandi gruppi, a seconda delle linee da esso preferite.

Appartengono al 1 gruppo tutti quei trasporli effettuatisi fra scalo e scalo delle linee transocea­ niche delle Indie e doli’ America, non compresi quelli di carattere puramente interno, malgrado fos­ sero stati eseguiti dai piroscafi stessi addetti a quelle linee.

Nel 2“ gruppo furono raccolte le operazioni av­ venute fra scalo e scalo delle linee internàzionali, ovvero fra uno scalo nazionale ed uno estero, o fra due punti dell’ estero.

Nel 3° gruppo sono segnalate le operazioni fra porto e porto dello Stato eseguite da qualunque piro­ scafo, e a questo gruppo appartengono le linee interne. Nel 2“ semestre frattanto dal 1881-1882 sulle linee transoceaniche fra gli scali delle Indie e dell’ America fu­ rono trasportati 896,574colli del peso di ch. 57,863,325 e del valore commerciale di L . 42,468,131. Sulle l i ­ nee internazionali ovvero fra gli scali nazionali, e gli scali esteri, o fra gli scali esteri vennero traspor­ tati 1,837,390 colli del peso di club 140,419,779 e del valore commerciale di L . 115,349,141. Sulle linee interne cioè fra i porti dello Stato furono tra­ sportati 992,833 colli del peso di chil. 74,165,329 e dei valore di L . 116,926,370. Così nel semestre anzidetto il movimento delle merci si riassume in 3,726,817 di colli del peso di chil. 272,418,633 e del valore commerciale di L. 272,743,642.

Il movimento dei passeggieri ,è rappresentato dalla cifra di 148,539, ’ /2 ìli cui 3,874 1/4 nelle linee transoceaniche; 58,018 3 i4 nelle linee inter­ nazionali, e 106,666 1|2 nelle linee intorno.

A questi traffici presero papte oltantanove piroscafi formanti un complesso di 67,029 tonnellate di re­ gistro, e una forza di 21,810 cavalli. Di essi 46 per 53,982 lonnell. lavorarono sotto la dipendenza del compartimento di Palermo, e 43 per tonnellate 31,047 sotto quella della sede di Genova.

N ell’intero esercizio questi piroscafi percorsero in­ sieme 751,323 leghe sopra una zona che si estende da Singapore e da Batavia sino a N ew -York, e dall’ Equatore al 50” di latitudine.

Dalla statistica del traffico sulle linee transocea­ niche apparisce ehe le maggiori esportazioni da Bombay coi piroscafi della navigazione generale ita­ liana furono diretti : a Genova per un valore di L . 7,764,588; a Marsiglia per un valore di L i ­ re 3,616,181 ; a Napoli per un valore di L. 4,852,925

e a Livorno per un valore di L. 430,861. Le merci che maggiormente si esportano da Bombay per Ge­ nova, M arsiglia, Napoli e Livorno sono: cereali, co­ tone, e semi oleosi di lino, rape, ricino e sesamo. Fra le esportazioni Italiane per le Indie sono in prima linea i marmi che si caricano particolar­ mente a Livorno. Nel periodo cui si riferisce f e- sercizio che stiamo riassumendo, si esportarono marmi dal porto di Livorno nelle seguenti cifre : per Bombay L . 440,000 ; per Calcutta L . 521,940; per Batavia L . 230,000 e per Singapore L . 390,000. G ii altri articoli di maggiore esportazione per le Indie sono il corallo, lo carte e le stampe, bevande diverse, i prodotti chimici, le mercerie, e le ma­ terie commestibili. L ’ insieme delle merci traspor­ tate sulle linee indiane nel 2° semestre 1881-82 ascese a colli 453,798 del peso di chil. 26,029,379 e per un valore commerciale di L . 23,913,768.

Sulle linee transoceaniche americane nello stesso periodo ili tempo furono trasportati 442,776 colli del peso di chil. 51,833,325 e per il valore di Lire 42,468,131. A Nuova-York furono trasportale da Mar­ siglia per L. 2,199,500 di merci consistenti special- mente in legumi,coloniali, formaggio echincaglieria;da Messina per L . 796,000 di agrumi, e di essenze; da Bari per L. 303,683 di olj e medicinali, e da Napoli per 98,298 fra cuoi, paste e biscotti. Da Nuova York furono trasportate merci per un va­ lore di L. 7,891,211 a Marsiglia consistenti spe­ cialmente in caffè, grano, grasso, carne salata, cuoj, spirito e tabacco; di L. 3,484,470 a Genova con­ sistenti in caffè, carboni, grano, resine e spiriti ; e di L . 2,247,563 a Napoli consistenti in grano, grasso, cuoj e tabacco.

Il movimento sulle linee internazionali è rappre­ sentato da 1,837,390 di colli del peso di chilo- gr. 440,419,770 per un valore di L . 113,349,141. ìn questa cifra Marsiglia figura per L . 21,434,910; Trieste per 17,417,574; Malta per 9,512,154; A les­ sandria per L. 9,020,382; Genova per 7,196,093; Costantinopoli per 6,478,078; Odessa per 5,303,990; Messina per 5,290,300 ; Napoli per 4,768,035 Bari per 2,660,570 ; Catania per 2,160,142 ; Palermo per 2,750,863 Tunisi per 2,684,939 ; Livorno per 1,899,901, Venezia per 1,067,545 ecc. Dall’ Italia si esportarono numerario, pietre materiali da co­ struzione, spiriti, carta, velluti, sete, tessuti diversi, riso, olio, vino ecc., e dall’ estero s’importarono sui scali italiani zuccheri, cotoni, semi di cotone ecc.

Sulle linee interne i porti d’imbarco che rappre­ sentano il più gran valore commerciale sempre re­ lativamente ai trasporti fatti coi piroscafi della Na­ vigazione generale italiana furono : Genova per L i ­ re 45,089,056 ; Napoli per L . 28,455,466 ; Livorno per L. 8,143,877; Salerno per L . 7,146,796;. Ca^ gliari per L. 4,156,023 ; Messina per L . 3,503,155; Catania per L . 3,513,220 ; Brindisi per L . 3,035,450; Bari per L. 2,903,298 e Yenezia per L . 2,450,812.

Riferimenti

Documenti correlati

cato dei valori pubblici, determinando alternative di rialzi e di ribassi a seconda che le notizie sono più o meno favorevoli ad un immediato componi­ mento

Camera di Commercio di Catania. — Nella tor- nata^ del 4 aprile esauriti alcuni altari d’ indole am­ ministrativa il Presidente fece dar lettura della c ir­

Lasciando però queste osservazioni, che hanno im ­ portanza solo perchè in un lavoro di mole nuoce veder sprecate ingiustificatamente due pagine, e la­ sciando

le Casse di risp. Il suo impiego in titoli è esorbitante, come pure è troppo alto quello in portafoglio, e ciò a de- trimento dei mutui, i quali hanno scarsa parte del

A ren d ere più vivo e più intenso questo lam ento nelle ultim e settim ane è intervenuto un fatto a cui accennam m o solo incidentalm ente, ma che è senza

Vatlalà-Papale G. — Del sistema economico bor­ ghese in rapporto alla civiltà. — Principi di economia politica. — Guida allo studio del diritto co­

Scendendo adesso a segnalare l’andam ento del m er­ cato finanziario negli ultim i otto giorni com incerem o col rilevare che è sem pre la borsa di P arig i, che

Camera di commercio di Pisa. — La Camera di commercio di Pisa, considerando che la tassa di fabbricazione dello spirito estratto dai viticoltori dalle vinaccie