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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.10 (1883) n.475, 10 giugno

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SC IE N Z A ECO N OM ICA , F IN A N Z A , COM M ERCIO, B A N C H I, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno X - Voi. XIV

Domenica 10 Giugno 1883

N. 475

s u l l a r e s p o n s a b i l i t à d e g l i i n t r a p r e n d i t o r i

Nel numero 472 dell’ Economista abbiamo mossa una domanda a proposito dell’art. 0 del progetto di legge intorno alla responsabilità civile dei padroni, imprenditori ed altri committenti per i casi di in­ fortunio. Pareva a noi die lo scopo di detto arti­ colo sesto non potesse raggiungersi per il chiaro disposto del Codice civile e di commercio.

La Gazzetta Italiana, riportato nel n.° 12tì il nostro articolo, nel n.° 130 torna sull’ argomento asserendo che la contraddizione da eoi supposta non esiste e che l’articolo è chiaro, esplicito ed in per­ fetta armonia colle vigenti disposizioni di legge. E cerca provare il suo asserto dicendo : — che il pro­ getto ili legge farebbe all’operaio una posizione giu­ ridica eccezionale poiché lo presumerebbe lino a prova contrariatile deve essere fornita dall’impren­ ditore, vittima di una disgrazia cagionata da negli genza e da colpa ; — che I’ assicurazione sarebbe contratta dall’assicurato e che soltanto nel pagamento dei premi l’imprenditore concorre per un terzo; — che quindi sono due azioni assolutamente distinte una dall’ altra, e nella seconda la Società assicura­ trice non ha nulla a vedervi, inquantochè essa non può nè deve conoscere le relazioni giuridiche che passano fra uno dei suoi assicurati e l’imprenditore dei lavori. E aggiunge la Gazzetta Italiana:

« Una sola azione regolata dal diritto comune spetta alla Società assicuratrice. Essa è compieta- mente distinta e separata dalla prima, e consiste nel poter ripetere da un terzo, nel caso concreto dal­ l’imprenditore, la somma che essa ha pagato ad un suo assicurato, quando riesca a provare che il terzo, l’ imprenditore, si trovava in uno dei casi previsti dagli articoli 454 e 438 del Codice di commer­ cio, 1151 e 1152 dei Codice civile. Si avranno due liti separate e distinte. Una di essa, quella fra l’ope­ raio ed intraprenditore, per ottenere la indennità, falcidiata da quanto la Società avrà pagato, sarà re­ golata da sanzioni eccezionali. L ’ altra scaturirà dai principi generali del diritto fra Società ed impren­ ditore per ripetere da questo ciò che la Società ri­ peterà di aver pagato ad un suo assicurato per colpa o negligenza di Un terzo.

« Non solo adunque fra i ricordati articoli di legge vi è (non vi è ? ) opposizione e contrasto, ma, dato il caso di una legge eccezionale qualar è quella sulla responsabilità degli imprenditori, sarebbe im­ possibile applicare i principi di diritto in modo di­ verso da quello seguito. »

I Ora non sappiamo invero conciliare le premesse di questo articolo della Gazzetta Italiana colle sue conclusioni, e colle osservazioni fatte sulle nostre parole.

Noi avevamo discussi nel nostro articolo due punti.

Nel primo in forma dubitativa domandavamo se mai il l'atto che l’imprenditore concorre a pagare il l premio coll’assicurato non metta la Società assicu- ! ratrioe, pel caso in cui giudizialmente l’imprenditore ; sia dichiarato colpevole del danno, nella possibilità di valersi dell’art. 434 del Codice di commercio, il quale articolo esime l’ assicuratore dal rispondere delle perdite e dei danni.... cagionati da fatto e colpa \ dell’assicurato o dei suoi agenti, committenti o com­ missionari. E dubitammo, come dubitiamo ancora, che l'imprenditore, il quale concorre coll’assicurato a pagare il premio, possa a fortiori essere compreso | tra quelli i quali, causando il danno per loro fatto o colpa, esimono l’assicuratore dal pagare l’ inden­ nità. — A questo nostro dubbio l’ articolista della

Gazzetta Italiana nou risponde, poiché non cre­ diamo una buona ragione il dire che nel concorso dell’imprenditore la Società non ci ha nulla a ve­ dervi ; si potrebbe dire la stessa cosa in proposito del contratto tra l’assicurato ed il suo agente, com­ mittente o commissionario di cui parla il citato ar­ ticolo 434 dèi codice.

Nel secondo punto esprimevamo qualche cosa di più che un dubbio; ci parve vedere che le disposi­ zioni dell’art. 138 del Codice di commercio e 1151 e 1152 del Codice civile togliessero efficacia all’ar­ ticolo 6 del progetto di legge. Il nostro ragiona­ mento partiva dal concetto della relazione, la quale dice che l’articolo sesto è introdotto per dar modo agli intraprenditori di liberarsi, almeno in parte, dalle ! conseguenze della propria responsabilità, e quindi

pagare una indennità minore.

Ora noi non entriamo nel caso in cui tra intra­ prenditore ed operaio si venga od una qualunque convenzione prò bono et aequo, ma naturalmente noi | ci occupiamo solo della rispettiva posizione giuridica delle tre persone : ¡’assicurato danneggiato, il col­ pevole del danno, e la Società assicuratrice. E sic- j come il progetto è fatto perchè l’operaio trovi nella autorità giudiziaria la competenza ed il diritto di ottenere dall’intraprenditore colpevole la indennità, ripetiamo che in questi casi, nei quali l’intrapren- ditore sia giudizialmente dichiarato colpevole dell’in­ fortunio — e sono questi soltanto i casi contemplati dal progetto di legge — nessun vantaggio può ac­ c o r d a r e all’intraprenditore l’art. 6 del progetto stesso,

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ditore a mente dell’articolo 438 del Codice di com­ mercio.

E ci pare che a questa conclusione sia pure ve liuto anche l’articolista della Gazzetta Italiana, il quale ha preso equivoco sul nostro concetto cre­ dendo che noi volessimo mettere in contraddizione l’articolo del disegno col disposto dei due codici, > mentre noi concludemmo che « di fronte alle chiare disposizioni del Codice civile di Commercio non ha alcun significato l’articolo 6 del progetto, in quanto, \ come accennerebbe la relazione, pretenda di esone­ rare l'intraprenditore dallo sborsare quella somma di indennità che l operaio colpito riceva da una assicurazione, alla quale ha contribuito lo stesso in- traprenditore.

Noi non diremo come lo seritlore della Gazzetta italiana che sia indossitele applicare i principi di diritto in modo diverso da quello seguito, ma que- sto solo diciamo: — se un operaio assicurato col­ pito da infortunio, muovo lite per avere l’indennità dall’imprenditore e questi sia giudicato colpevole, ed ; abbia pagato una parte dei premi, sarà bensì eso- ; nerato per l’art. 6 del progetto di esborsare all’o­ peraio quella quota che a questi vien pagata dalla j Società, ma viceversa egli, l’intraprenditore, dovrà poi per l’art. 438 pagarla alla Società.

La quale conclusione è in contraddizione non coll’art. 6 del progetto, ma collo scopo che all’art. 6 la relazione attribuisce.

Ed aggiungemmo che per rivalersi sull’intrapren- ditore la Società ha appianata di molto la via, subi- j tochè esiste già una sentenza che afferma essere av­ venuto il danno per colpa o negligenza dell’im­ prenditore.

E non crediamo neppure la sia accettabile il con­ cetto dell’ articolista della Gazzetta italiana dove dice che « è in uso presso le società d’assicura­ zione il palio in forza del quale queste, con o senza retribuzione di premio speciale, rinunziano al diritto di regresso verso i terzi. > La logge non può oc­ cuparsi che delle disposizioni di legge e non può far assegnamento sugli usi, liberi e mutevoli, che corrono tra le parti contraenti.

Onde a noi pare che ove si voglia che l’articolo 6 \ del progetto raggiunga l’ efficacia a cui mirerebbe j nel concetto di chi lo ha redatto, bisognerebbe ag­ giungervi che nei casi da esso contemplati le società assicuratrici non avranno diritto di valersi del di­ sposto del l’art. 438 del Codice.

Bene inteso che questo diciamo per spiegare chia­ ramente il nostro pensiero, non già per suggerire \ simile disposizione, il progetto di legge fa già strappo ' abbastanza grande al diritto comune in favore del privilegio, perchè vi si aggiunga un’ altra e cosi grave lesione.

E il povero consumatore?

Da molti giorni alla Camera si discute intorno | alla revisione della tariffa doganale; i nostri lettori (orse avranno con meraviglia osservato che non ab­ biamo tenuto parola nè della relazione del Ministro, nè di quella della Commissione parlamentare, e neppure abbiamo fatto cenno della discussione che si aperse alla Camera negli ultimi giorni della

scorsa settimana. Non disconosciamo che molte cose si sarebbero potute dire, e che la materia forniva largo campo ad osservazioni ; ma in pari tempo francamente osserviamo essere ben strano che in si fatto argomento, nel quale si tratta di una parte così alta degli interessi economici della nazione, tutta la discussione si aggiri intorno ad un solo punto, che forma la preoccupazione generale, cioè l’interesse del produttore, e non una sola voce si elevi a favore del consumatore.

Ammiriamo in verità tutte le acute analisi che si fanno intorno ai nostri scambi internazionali, ci sen­ tiamo compresi di un alto senso di rispetto per quelle menti superiori, le quali sanno con molla profondità di esame scrutare le influenze prime e seconde che sulla produzione recano le tariffe, ma non intralasciamo di meravigliarci grandemente che nessuno pensi ai consumatore, il quale è dimenti­ cato, come se a p rio ri fosse ammesso essere egli già condannato e mantenere il produttore in qua­ lunque condizione si trovi.

Venti oratori hanno domandata la parola alla Camera dei deputati ed hanno lungamente intratte­ nuta la attenzione dei loro colleghi, e ciascuno ebbe ad esprimer lagnanze perchè non era provveduto abbastanza ad assicurare un beneficio al produttore di questa o quella merce. Nessuno, diciamo nessuno, sinora si è alzato a ricordare alla Rappresentanza nazionale che essa era chiamata a discutere e trat­ tare gli interessi di tutti i membri dello Stato e non solamente di una classe di essi; nessuno si balzato per rammentare che solo gli interessi del consu­ matore erano generali, mentre quelli del produttore di questa o quella merce, non rappresentavano la col­ lettività.

Il consumatore fu da tutti dimenticato.

È bene il caso di ripetere le parole che il Sny ha pronunciate sulla tomba di Bastiat: Povero Ba- stiat tu sei morto, ed il consumatore non ha più nessuno che lo difenda !

E sventuratamente la prevalenza che oggi viene esercitata dagli interessi del produttore ci ha ri­ dotti a capovolgere, senza neanche dubitarlo, i car­ dini fondamentali della logica, e l’ordine naturale delle cose esigendo che il consumatore debba ser­ vire al produttore, mentre questi dovrehbe da quello dipendere.

Ogni industria trova un generoso patrocinatore, il quala propugna un alzamento di tariffe, cioè un in- carimento della merce, affinchè il produttore sia sicuro di un benefizio; il consumatore, che do­ vrehbe trovar patrocinatori dei suoi interessi tutti i rappresentanti, non trova alcuno che lo difenda.

Eppure vorremmo che i deputati, i quali impie­ gano tanto tempo a redigere lunghe ed elaborate relazioni, presentassero alla Camera una documen­ tata risposta intorno a questo quesito : « quanto ri­ sparmierebbe il paese se potesse acquistare i pro­ dotti esteri esenti da dazio invece dei nazionali più costosi? e quanto-guadagnerebbe il paese se, aboliti i dazi di importazione, ottenesse in compenso dagli altri Stati la abolizione di quelli di esportazione e potesse così far concorrenza con maggior vantaggio alla merce estera sui mercati esteri? — »

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è aiiclie vero che essa, oltrecchè recare con ciò un danno al consumatore, eli e compera più cara la merce, impaccia gli interessi di un altra classe di produttori, quelli che dai dazi esteri hanno diflì- euItato il loro commercio di esportazione.

Sappiamo bene quali ostacoli si presentino ora per la attuazione della dottrina del libero scambio, ma vorremmo che non dimenticassero i molti cul­ tori delle discipline liberali, che s edono nel nostro Parlamento, con quale insistenza, con quale costanza si combattè in Inghilterra nella prima metà del no­ stro secolo la lotta contro il protezionismo. Vorremmo che nessuna occasione fosse lasciata passare senza che la voce di coloro, i quali hanno fede nelle li­ bertà economiche, ed hanno la convinzione del danno Che porta al paese il regime doganale, si facesse j

sentire à ricordare a tutti, quali sierio t veri ideali della scienza negli scambi tra le nazioni, quali gli errori che oggi dominano, quale la via tracciala all’Italia dalle sue tradizioni.

E se non abbiamo parlato della revisione delle ! tariffe doganali, eg'i è appunto perchè deploriamo I quella specie di indifferentismo ohe ha guadagnato I animo di molti; perchè ci duole che il sentimento della opportunità momentanea soffochi e faccia met- : tere da parte quello della meta ultima a cui aspi­ riamo; perchè infine temiamo che gli .avversari tri­ onfino più per la fiacchezza dei liberali, che per la

j

loro intrinseca potenza.

Oh ! sappiamo benissimo che ci si obbietta come i l’Italia si trovi in mezzo ad una viva azione di idee socialiste e protezioniste, e non possa quindi essa sola tener alta la bandiera delle libertà economiche. Ma a questo specioso ragionamento opponiamo due j importanti riflessioni. La prima che è appunto nei momenti di maggior pericolo che importa rimaner sulla breccia e combattere sempre e dovunque, senza stancarsi, senza dar tregua agli avversari]; la se conda, che ¡1 periodo di reazione alle teorie libe- j rati consacrate nel 1860 e da quasi dieci anni com battute, sembra abbia raggiunto il vertice della curva, e la esperienza già fatta abbia avvertito quasi tutti, delle conseguenze che derivano dalla gretta econo­ mia considerata nella cerchia ristretta di una sola nazione.

Vi sono delle verità che si impongono in modo assoluto, e sono esse il germe dal quale nascono poi le ulteriori resipiscenze.

Non è molto tempo tempo clic in Parlamento e fuori si gridava al soccorso, contro la concorrenza che l’America faceva ai prodotti agrari, e si doman­ dava che l’agricoltura fosse protètta con dazi di entrata.

Si esigeva il ripristinamento della scala mobile per i cereali.

Qualche anno fa forse non si sarebbe esitato a proporre al Parlamento tale misura ; — oggi non se ne ha il coraggio, e lo stesso Relatore deTla com­ missione per la revisione della tariffa doganale, ri­ conosce che la diminuzione di prezzi, determinala dalla concorrenza americana, è un gran benefizio per l’umanità e che il buon mercato dei viveri, è un prezioso dono per tutte le classi sociali, tranne per coloro che li producono; però escogita altri prov­ vedimenti che non sieno quelli del dazio per venire in soccorso della agricoltura.

A nostro modo di vedere è questo un omaggio fatto ai principi dalla scuola liberale difesi, e dal—

! applicare tale principio ad una classe di prodotti, ad estenderla a tutti gii altri, non è che un passo, a cui la logica delle cose trascinerà anche i più restii.

Deve infatti venire il momento in cui tutti com­ prenderanno essere sano compito dello Stato quello di proteggere il consumatore. La protezione del produt

tore deve derivare indirettamente dal fatto di aver cercato il vantaggio del consumatore. Ogni diversa teoria è esiziale nella sua ultima conseguenza, per quanto possa apparire momentaneamente vantag­ giosa.

Quando il consumatore abbia conseguita quella piena libertà, che oggi, per mezzo di uua serie di artifizi, gli è negata, allora soltanto la produzione potrà definitivamente esaminare il terreno nel quale esercitare il suo compito e svolgersi io quel lo. Fino a oliò d mercato sia determinato artifiziosainente, appunto perchè gli artifizi sono caduchi, la produ­ zione avrà una vita incerta a languente.

A raggiungere questo intento di accordare al con­ sumatore tutta la sua libertà, non vi sono che due un zzi : o lasciare alla scuola socialista e protezio­ nista di moltiplicare i suoi errori attendendo la inevitabile reazione ; o lottare sin d’ ora per impe­ dire che gli errori si moltiplichino e riparare a quelli già commessi. — Questa seconda via spetta all’ Italia, poiché è l ’ Italia la sola nazione che nella sua storia ha una gloriosa tradizione di libertà economiche da uomini eminenti difese; perchè l’ Italia è la sola nazione che abbia mostrato al mondo di saper ac­ coppiare la massima libertà politica al più rigoroso rispetto alle leggi.

Ma un paese, il quale alla libertà politica non aggiungesse quella economica, rischierebbe di per­ dere l’una, avendo disprezzato l’altra.

La cauzione degli Amministratori delle Società commerciali

L’articolo 123 del nuovo Codice di Commercio dispone che :

« Ogni amministratore deve dar cauzione per la sua gestione sino alla concorrenza della cinquante­ sima parte del capitale sociale, però nell’atto costi­ tutivo può stabilirsi che la cauzione non ecceda la somma di lire cinquantamila di capitale o di valore nominale delle azioni. »

Tale misura era certamente richiesta da vari mo­ tivi, primo dei quali l’ evitare il pericolo che gli Amministratori di una società anonima fossero punto, o troppo poco, interessati al buon andamento della Azienda loro affidata, e quindi, nei casi di conflitto tra i loro particolari interessi e quelli della società, fossero necessariamente spinti a curar più quelli che questi. Poi il non meno importante bisogno di trovar modo che gli Amministratori avessero una responsabilità più concreta che quella morale, cioè una responsabilità economica. Da ciò la il ¡sposizione del codice che obbliga gli Amministratori a depo­ sitare, prima che assumano la carica a cui sono chiamati, una determinata somma in azioni della so­ cietà stessa.

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tuti di credito hanno richiamato anche la nostra attenzione, e noi ci facciamo volentieri interpreti dei loro voti trattandone nel nostro periodico non senza aggiungere alcune considerazioni.

Uno degli orgomenti che si presentano per com battere l’art. 123 del codice di commercio è quello della restrizione che in tal modo vien fatta alle as­ semblee degli azionisti nella loro attribuzione di eleggere gli Amministratori. Può darsi e si dà, che gli azionisti abbiano dinanzi a loro come candidati due ordini di persone: — degli uomini abilissimi,'! quali potrebbero dare alle amministrazione della S o ­ cietà un eccellente indirizzo, ma non possono o non vogliono sopportare il peso di una cauzione che è senza dubbio abbastanza alta; — e degli uomini nè abili nè capaci, o non tanto abili nè tanto capaci, i quali però sarebbero pronti a fornire la chiesta cau­ zione. — L’Assemblea in omaggio alla legge è c o ­ stretta a non eleggere i primi, ma a contentarsi dei secondi con grave danno degli interessi sociali.

In questi casi è evidente che la legge non rag­ giunge interamente lo scopo che si prefigge, poi­ ché nel mentre è suo intendimento di provvedere al miglior bene delle Società, ne arresta invece od impedisce con simile disposizione restrittiva lo svi­ luppo. Però è anche opportuno osservare che nel men­ tre non si può sconoscere questo inconveniente, non bisogna dimenticare che la nuova disposizione tende ad evitarne un altro, a nostro avviso, più grave, e quindi non si può già esaminare la conseguenza in modo assoluto, ma bensì in modo relativo ; veder cioè se sia più pericoloso al buon andamento delle società in genere lasciare gli Amministratori senza cauzione, o restringere di qualche poco la libertà di scelta delle Assemblee. Diciamo di qualche poco, perchè il caso che la scelta della Assemblea cada sopra un nome il quale offra ogni garanzia di ca­ pacità, ma non voglia 0 non possa prestar la cau­ zione, non sarà poi tanto frequente. Nè crediamo d’altronde che sia accettabile la proposta che alcuno ci ha comunicata, di accordare alle Assemblee la facoltà di esonerare volta per volta gli Amministra­ tori dalla cauzione. Infatti da una parte l’Ammini­ stratore in tal modo dispensato dalla cauzione, si troverebbe in una posizione di inferiorità davanti ai suoi colleglli che l’avessero prestata, di più io si obbligherebbe in certo modo, a mettere in piazza le sue condizioni economiche il che, crediamo, non può far piacere ad alcuno; infine non ci pare so­ stenibile tale proposta perchè stimiamo che un uomo capace, abile, ed onesto non possa accettare questo personale esonero, il quale in caso di un interlu­ nio della Società, lo metterebbe quasi al coperto di ogni perdita materiale.

Da questo lato quindi non vi è da scegliere che tra l’obbligare o no alla cauzione.

Lo ripetiamo è questo un argomento disputabilis­ simo, ma se nei casi particolari e non frequenti può una Assemblea dolersi che tale obbligo esista, nella generalità dei casi è giustificato dall’indole stessa delle attribuzioni dell’amministrazione. — Avviene così in tutte o quasi tutte le cose ; i provvedimenti gene­ rali riconosciuti necessari, impediscono le eccezioni anche più consigliabili ; ma guai a noi se non ri­ spettiamo la legge. Gli esami, ad esempio, per la con­ cessione degli impieghi più alti, possono parere in qualche caso speciale una dannosa restrizione, ma nella generalità sono una garanzia.

Più importante è un altro argomento col quale viene combattuto l’articolo 123 citato. Si osserva cioè che molle società commerciali avendo un nu­ mero notevole di amministratori, e dovendo ciascuno prestare una cauzione sino alla concorrenza della cinquantesima parte del capitale sociale in azioni della società, viene sottratta alla circolazione una parte considerevole delle azioni. Poniamo una società anonima che abbia 12 amministratori, ciascuno dei quali vincola una cinquantesima parte delle azioni, ed abbiamo tolto alla circolazione quasi un quarto del loro totale. Il che, è pur d’uopo riconoscere, in determinate circostanze può essere dannoso alla so­ cietà, la quale può aver bisogno di restringere o di allargare il numero delle azioni in circolazione, o di f /rie convergere più su una piazza elio su un’altra, e può quindi riuscirle di impaccio il vincolo di un quarto di esse.

Qui il rimedio potrebbe esser facile permettendo agli amministratori di vincolare altri titoli con de­ terminate cautele. Se non che abbiamo osservato che la disposizione dell’art. 123 è suggerita da due scopi; quello di far prestere agli amministratari una garanzia del loro operato, e quello di aver prova che I’ amministratore è interessato nella società in una sufficente misura.

Naturalmente, ove si disponesse bastante la cau­ zione anche di altri valori, il secondo scopo non si raggiungerebbe.

Come si vede l’argomento è non solo interessante allo sviluppo delle nostre società commerciali, ma anche complicato, quando riconoscendo gli incon­ venienti che l’articolo 123 trae con se, si voglia cercarne il rimedio.

Noi ci siamo limitati oggi ad esporre queste brevi considerazioni più per invogliare allo studio di tale questione che nell’intendimento di darne una solu­ zione ; — volentieri ci faremo interpreti nelle colonne AeWEconomista del pai ere che su tale argamento professano quegli Istituti di credito che ci hanno intrattenuti in proposito, e gli altri che credessero di farlo, ripromettendoci di trattarne ancora.

L’ INDUSTRIA DEL COTONE IN ITALIA

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cotoniera per la carezza del capitale, il maggior costo del materiale macchine, la necessità di for mare la maestranza e per conseguenza la scarsità di abili operai, la incostanza della forza motrice idrau­ lica, e la ubicazione sua in sili lontani dai centri di consumi, e la insufficente protezione doganale. Aggiunge che senza il corso forzoso tali diffi­ coltà non avrebbero potuto superare gli industriali italiani, ed avelie malgrado queirindiretto sussidio non giunsero ad eliminare i prodotti similari esteri, ma pervennero solo a provare che « l’ industria cotoniera poteva svilupparsi e fiorire e diventare as­ solutamente nazionale, purché le tariffe doganali fos­ sero meno matrigne, fossero tali cioè da dare agio, almeno per alcuni anni, ad accrescere e meglio uti­ lizzare il materiale macchine ed ammortizzare il capitale d’impianto. » Il relatore non vuol esten­ dersi a dimostrare la necessità per le industrie na­ scenti di essere sostenuti da tariffe doganali favo­ revoli, ma tuttavia non « vuol passare sotto silenzio uno degli argomenti che più soventi si portano in campo dai liberi scambisti, contro le tariffe che essi chiamano (?) protettrici: l'interesse cioè del consumatore, il benefizio che esso ricava dalla con­ correnza. » Ed il Relatore a questo proposito vuol distinguere fra la concorrenza estera e quella in­ terna, e così svolge il suo concetto.

« A riguardo della prima crediamo- non errare coU’asserire che gran parte del beneficio derivante dalla tenuità del dazio d’entrata, noti arriva al con­ sumatore, ma resta nelle mani degli intermediari fra lui ed il fabbricante che se invece le tariffe doga­ nali sono tali da permettere lo sviluppo dell’ indu­ stria nazionale, assicurai dole un certo beneficio, allora la concorrenza nascerà fra le fabbriche stesse del paese ohe si moltiplicheranno ; e facendosi essa a contatto col consumatore, questo ne sentirà real­ mente il beneficio. Quindi mentre il consumatore avrà vantaggi nè avrà pure l’economia nazionale, per il capitale che rimarrà in paese, a maggior beneficio dell’industria stessa e dell’agricoltura, e particolar­ mente della classe operaia, che altrimenti è obbligala, per mancanza di lavoro, ad emigrare all’estero, an­ dando così ad arricchire col lavoro e coll’intelli­ genza i fabbricanti stranieri. »

Abbiamo riportato tutto questo periodo perchè stimiamo utile che le idee del protezionismo vengano combattute in qualunque modo si manifestino. Ed, a vero dire, il ragionamento del sig. Trovez è per lo meno strano. Se fosse vero che il beneficio deri­ vante dalla tenuità del dazio d’entrata restasse nelle mani degli intermediari tra il consumatore ed il fab­ bricante, la industria nazionale non troverebbe in questi incettatori di una parte del prezzo, un dazio protettore? Che importa alla industria nazionale chi sia colui che assorbe il maggior prezzo quando la merce estera sia cara sul mercato davanti al con­ sumatore? — Alzate le tariffe, dice il Relatore, assi­ curate un certo beneficio alla industria nazionale, ed allora tra esse nascerà la concorrenza. Ma non si ac­ corge che la concorrenza non potrà nascere se non entro i limiti dell’assicurato beneficio, cioè al diso­ pra del prezzo della merce similiare estera respinta per mezzo del dazio. Ed è bene che si sappia an­ che che cosa sia l’ attuale protezione accordata ai filati e tessuti di cotone ; ricaviamo dalle pubblica­ zioni ufficiali i seguenti dati :

P er i filati (per quintale)

Valore

Semplici greggi di 10,000

Dazio

m etri per 1/2 chilogr. L . 220 L . 18,00 Id . di 20,000 m etri . » 240 » 22,00 Id. di 30,000 » » 280 » 26,00 Id. di 40,000 » » 320 » 32,o0 Id . di 50,000 » » 345 » 39,00 Id . di 60,000 » » 380 » 48,00 Id. oltre 60,000 >» » 435 » 60,00 Semplici im bianchiti di 10,000 m etri per 1[2 chilogr. . . . » 260 » 21,60 Id. di 20 m ila m etri » 283 » 26,40 Id . di 30 » » 323 » 31,20 Id. di 40 » » » 378 » 38,40 Id. di 50 » » 448 » 57,60 72,00 Id. di 60 » » >» 513 » Semplici tin ti di 10,000

m etri per Ip2 chilogr. » 280 » 43,00 Id. di 20 m ila m etri » 300 » 47,00 Id. di 30 » » » 340 » 51,00 Id . di 40 » » » 380 » 57,00 Id. di 50 » » » 440 » 73,00 Id. di 60 » » 495 » 85,00 per 0/0 di protezione sul valore L. 8,20 » 8,90 » 9,29 » 10,00 » 11,00 » 12,60 » 13,82 >» 8,30 » 9,30 x. 9,60 » 11,00 » 12,96 » 14,00 » 15,00 .» 15,66 » 15.30 » 15,00 » 16,75 » 17,17 E sarebbe molto lunga riportare tutte le altre voci di filati ; basti notare che in media oscillano i dazi dal 10 al 15 per cento sul valore; il che vuoi dire che in quanto ai filati, gli italiani pagano già la merce nazionale e la estera gravata del 10 o 15 per cento affine di assicurare un certo benefizio alle industrie nostrane , e tuttavia queste non ne sono contente, ma domandano di più, e se non lo ot­ tengono egli è perchè i produttori, i quali impor­ tano dall’estero i filati come materia prima, non vo­ gliono che sia aumentato il dazio.

P er i tessuti

per 0/0

G reggi di cate g o ria l a

V alore L. 310 L D azio 57,00 di protezione sul valore L. 18,30 Id. id. 2a » 360 » 64,00 V 17,77 Id. id. 3a » 350 » 66,00 » 18,85 Id. id. 4 a » 390 » 75,00 » 19,23 Id. id. 5a » 385 » 80,00 » 23,35 Id . id. 6a » 435 » 100,00 » 22,98 Im b ian ch iti categ. l a » 372 » 68,40 » 18,39 Id. id. 2“ » 432 » 76,80 » 17,77 Id. id. 3a >. 420 » 79,20 » 18,85 Id. id. 4a » 486 » 90,00 » 19,20 Id. id. 5a » 462 » 96,00 » 20.60 Id. id. ■ 6a » 522 » 120,00 » 22,90 A colori o tin ti, cat. l a » 390 » 92,00 » 23,50 Id. id. 2» » 440 » 99,00 » 22,50 Id. id. 3a » 430 » 101,00 » 23,00 Id. id. 4a » 470 » 110,00 » 23,40 Id. id. 5a » 465 » 115,00 v 24,70 Id. id. 61 » 515 >J 135,00 » 26,20 S tam p ati, cate g o ria 1" » 562 )) 138.40 >. 24,62 Id. id. 21 » 622 » 146,80 » 23,50 Id. id. 3“ » 610 » 149,20 » 24,60 Id. id. 4a » 658 » 160,00 » 24,00 Id. id. 5a » 652 » 166,00 » 25,50 Id. id. 6a » 712 » 190,00 » 26,50 Nei tessuti di cotone adunque, per assicurare un certo beneficio alle industrie nazionali si arriva ad aggravare la merce estera quasi sempre di 1/5 e non di raro di 1 [4 del suo valore. E tuttavia queste tariffe si chiamano matrigne!

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Dopo ciò procediamo a dir brevemente della in- ! dustria cotoniera.

Il Relatore avverte che le nostre fabbriche, spe­ cialmente per la mancanza di personale abile, e per­ chè le macchine debbono essere provvedute all’estero (appena ora avendo le Case Odero di Genova e Can­ toni e Krum ili Legnano intrapreso la fabbricazione dei telai meccanici), sono costrette a limitarsi ai pro­ dotti più grossolani e comuni. E conclude che seb­ bene la esposizione della industria cotoniera non ab­ bagliasse il visitatore, come la sua sorella maggiore la serica, colla magnificenza dei suoi tessuti, « de­ stava però una sensazione di sorpresa per l’abbon­ danza, varietà e finitezza dei suoi prodotti, destinati alla consumazione per la maggioranza della na­ zione. »

E qui ricorda la ditta Schlaepfer Wenner e C\ di Salerno che lavora con 20 mila fusi e 1100 te­ lai; la ditta Spoerry e C. di Albino con lo mila fusi e 500 telai ; la dilla Hussy Giovanni Rodolfo di Luino con 700 telai ; la ditta Legler H efti e Ci­ di Bergamo con 15,000 fusi e 350 telai; la ditta Catonificio Cantoni con 22 mila fusi e -420 telai ecc. \

Ecco le parole colle quali termina la relazione : « La filatura ha sviluppata e perfezionata la pro­ duzione dei filati di titolo inferiore e medio : nei I titoli fini vi ha solo un saggio isolato, lodevolissimo j come lavorazione. Si introdusse pure e si sviluppò discretamente, e con assai perfezione, la produzione dei filati cucirini per macchina. La tessitura mec­ canica si sviluppò e perfezionò la produzione dei tessuti comuni non tinti e tinti, ed iniziò pure quella dei tessuti meno ordinari. Notevolissimo progresso : fecero la tintoria e l’apparecchiatura. La tessitura a mano lotta con molta difficoltà colla concorrenza della meccanica, solo si mantiene favorevolmente in certi generi. Si può quindi constatare che mentre colla perfezione della lavorazione l’industria cotoniera ha dimostrato che anche in Italia si sa fare, colla produzione ha pur dimostrato quanto si potrebbe fare se meglio fosse aiutata. »

Dopo le quali parole ci sia lecito aggiungere del nostro die l’aiuto che le vien dato è già cospicuo come vedemmo ; e che una industria non nasce e si sviluppa in pochi anni in un paese. Se in si breve I periodo dà campo di dare un giudizio cosi confor­ tante come quello dettato dal Relatore, vuol dire ' che la possibilità di fare non manca. Il pretendere poi di giungere la meta senza fatica, senza lotta ed a spese della intera nazione, è una illusione pur troppo alimentala dai protezionisti, ma contraria a quell’ ordinario e naturale processo evolutivo che solo permette alle condizioni economiche ed indu­ striali di un paese di radicarsi in modo duraturo, mentre ogni artifizioso sistema può bensì accellerare |a riuscita, ma a scapito della consistenza.

Rivista Bibliografica

Plperno Settimio. — L e pensioni d i vecchiaia presso le società di mutuo soccorso. Torino, Loesclier, 1883.

Questo scritto del prof. Piperno, estratto dal fa­ scicolo 111 e IV dell’ anno settimo A ll’Archivio di Statistica, merita tutta la attenzione degli studiosi in un momento in cui appunto sta dinanzi alla rap­

presentanza nazionale un progetto di legge per as­ sicurare le pensioni di vecchiaia agli operai.

L ’Autore si propone per tesi di esaminare quali condizioni presentino le Casse di pensioni per la vecchiaia in genere fondate sulla mutualità; e sulla scorta delle statistiche ufficiali viene a dimo­ strare la esistenza di due fatti escludentisi ; o le Società di mutuo soccorso si accontentarono di premi, corrispondenti dal più al meno alle condi zioni economiche dei loro membri, ed in tal caso corsero ad irreparabile rovina, inquantocliè ben pre­ sto fu dimostrato che non avrebbero potuto mante­ nere le promesse fatte di accordare delle sufficenti pensioni; — o le Società, affine di essere in caso di mantenere le loro promesse, esigettero dei premi molto alti, ed allora non risposero allo scopo di es­ sere accessibili ai loro clienti.

L’Autore cominciando a parlare delle tre Società, le quali avevano ottenuto il riconoscimento giuridico non vincolato all’accertamento preventivo delle con­ dizioni di solvibilità, ricorda come due non avessero potuto pagare le pensioni promesse, e l’altra, la So­ cietà fr a gli impiegati delle ferrovie dell’Alta Ita­ lia, si trovi in tali condizioni che I’ ingegnere Gasligi inno ne scrisse: gli introiti non essere propor­ zionati agli oneri, e perciò occorrere qualche prov­ vedimento per togliere il pericolo di andare incontro ad una crisi finanziaria. Un’altra società tra le più cospicue, la Associazione generale di mutuo soc­ corso ed istruzione degli operai di Torino dovè quasi scomparire, cambiando nome, poiché nel men­ tre prometteva una pensione fra L. 365 e L. 730 ai suoi soci, in base ai premi che essi versavano non avrebbe potuto accordare che L. 97,99. An­ dava quindi incontro ad un fallimento inevitabile.

In quanto alle altre Società di mutuo soccorso l’Autore, riportandosi ad una pubblicazione della di­ rezione generale di statistica, narra eomesieno stati posti ad esame gli statuti di 265 Società, alcune delle quali si prefiggono di accordare al socio, me­ diante un unico contributo, tanto dei sussidi per malattia, ohe delle pensioni, raggiunta una certa età; come da quegli statuti si presentassero -478 casi di­ versi da sottoporre al calcolo, e ne risultasse che 51 casi contemplavano un contributo tanto tenue da non bastare neppure per la spesa probabile dei sus­ sidi di malattie ed a fortìori nulla restasse per la pensione. Dei rimanenti 427 casi, ben 399 promet­ tono una pensione per la quale è assolutamente in­ sufficiente il premio pagato, e solamente 28 in cui il premio è superiore. Per esempio una società pro­ mette di dare L. 490,95 di pensione mentre, in base al premio, non può dare che L. 49,10, un’ altra ne promette 720, mentre il premio basta per sole Li­ re 38,88.

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come invece di occuparsi, come sembrerebbe do­ vesse, della più bisognosa categoria di operai, con­ fessi lo stesso Ministro di non poter venire in soc­ corso se non degli operai più agiati.

Prof. J. De Johànnis. Pasini Giovanni, — Legge sulla istituzione della Corte dei Conti del degno (V Ita lia annotata. — Torino, Unione T ip. editrice, 1888.

È un bel volume iu-ottavo di più che 000 pa • gine nel quale, dopo breve introduzione, l’Autore ri­ porta ed annota'i 54 articoli della legge -14 ago­ sto 1862 tuttora in vigore sulla istituzione e com­ posizione della Corte dei Conti.

Ogni articolo viene illustrato sotto diversi aspetti in una serie di paragrafi che in tutta l’ opera rag­ giungono il numero di 769, e numerose note ripor­ tano interamente o parzialmente leggi, regolamenti, disposizioni che si riferiscono alla Corte dei Conti ed alle sue attribuzioni. Laddove questioni impor­ tanti si presentino l’Autore raccoglie cori discerni­ mento e larghezza la giurisprudenza pratica della Corte stessa, delle Corti d’ Appello e di Cassazione, e del Consiglio di Stato.

L ’ Autore (pag. 410) divide le attribuzioni della Corte dei Conti in tre categorie: attribuzioni di controllo, che vestirebbero un carattere costituzionale, essendoché il controllo si estende agli atti del po­ tere esecutivo, impedendone perfino* talvolta la ese­ cuzione, e mettendo capo al potere legislativo; — attribuzioni di vigilanza, o più veramente ammini­ strativi, consistenti nella vigilanza sulla riscossione delle entrate pubbliche, sui contabili che maneggiano valori dello Stato, e specialmente sulle cauzioni che da questi devono darsi, e finalmente, la liquidazione delle pensioni a carico dello Stato; — attribuzioni di giurisdizione contenziosa che potrebbe dirsi mista per cagione di oggetto e di persona, ed a cui ap­ partengono i giudizi sui conti dei contabili dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni desi­ gnate dalle leggi, ed i giudizi definitivi nelle pensioni. Per il complesso di tali funzioni, l’Autore dice che la Corte dei Conti, senze appartenere nè all’ ordine costituzionale, nè all’ordine giudiziario, nè a quello amministrativo, compartecipa dell’ uno e degli altri e forma una istituzione sui generis, la quale è quindi necessariamente organizzata in forma tutta sua pro­ pria, e cioè con elementi misti di giudiziario ed am­ ministrativo.

Per verità non ci troveremo d’accordo coll’Autore in questa sua definizione della Corte dei Conti che a noi pare debba essere un’ ufficio semplicemente amministrativo, ma non sconosciamo che non man­ cano buone ragioni in appoggio della teoria esposta dall’ Autore.

E facile però da queste sole citazioni compren­ dere di quanta importanza riesca per tutti coloro i quali hanno rapporti colle Amministrazioni dello Stato, e per gli studiosi di diritto amministrativo e costituzionale, un opera che con tanta ampiezza il­ lustra una delle leggi fondamentali dello Stato De Cupis Adriana. — Legge su ll’Amm inistrazione del

patrim onio dello Stato e sulla contabilità generale annotata. — T orino, Unione tip. edit-, 1883.

E un altro utilissimo volume di quasi 500 pagine edito dalla stessa Casa di Torino che pubblicò il pre­ cedente; in questo viene illustrata la legge, sul

patri-j monio dello Stato e sulla contabilità. Da un rapido esame dato a questo lavoro potemmo scorgere con J quanta ampiezza siano stati trattati anche questi im­

portantissimi argomenti. Una breve introduzione esa- ; mina la importanza delle amministrazioni finanziarie ! dello Stato, deplora la mancanza di una storia finanzia­ ria, specialmente in Italia, studia la legislazione italiana J prima della legge 22 aprile 1 8 6 9 ,i tentativi di riforma, ed infine la legge 22 aprile 1869. Fatte quindi alcune I considerazioni generali sulla legge stessa, l’ Autore co­ mincia ad illustrarne ciascun articolo svolgendo tutte questioni che direttamente ed indirettamente vi si ri­ feriscono, ed esaminando i dubbi che possono sor­ gere sulla interpretazione delle disposizioni di legge. Naturalmente una cosi larga illustrazione di una parte tanto importante della nostra legislazione obbligava l’Autore a riferirsi ad altre leggi; ed infatti si incon­ trano numerose citazioni delle leggi romane, con­ fronti colla legge sarda del 1855 e del 1860, col decreto legislativo 1859 eoe., e con moltissime leggi vigenti come quella comunale e provinciale, sul Con­ siglio di Stato, sul contenzioso amministrativo, sui lavori pubblici. Né I’ Autore ha trascurato la legi­ slazione straniera, sebbene siasi limitato a quella francese ed a quella belga.

Una accurata scelta di pareri del Consiglio di Stalo, della Corte dei Conti e delle altre magistra­ ture giudiziarie accompagna i commenti di moltis­ simi articoli della legge. È insomma un volume uti­ lissimo dove è raccolta ed ordinata abbondante ma­ teria sino ad ora sparsa e di difficile uso.

Di Marco Pietro. —■ La, neutralità nelle guerre m a­ rittim e secondo il diritto pubblico italiano. — P a ­ lermo, V irzì, 1882.

Questo lavoro è dei pochi che videro la luce in Italia su tale importante materia del diritto marittimo. L ’Au­ tore tratta della neutraliià in tempo di guerra secondo le regole del codice italiano per la marina mercan­ tile, e dimostra come esse racchiudano quanto di più civile e di più umano ha suggerito il diritto internazionale moderno. L ’Autore svolge l’ardua ma­ teria con uno stile netto e conciso, ed esamina con sano criterio e coll’autorità dei più chiari scrittori le teoriche di diritto pubblicò intorno ai diritti e doveri della neutralità, alla merce neutrale, al con­ trabbando di guerra, al blocco, e al diritto di visita.

Il metodo di trattazione è chiaro, essendo divisa in due parti la materia, nella prima parte parla della condotta che l’Italia neutrale terrà durante la guerra in faccia agli stati belligeranti ; nella seconda del trattamento che l’Italia belligerante promette ai popoli neutri.

È un lavoro che merita di esser lette.

Notizie. — Abbiamo ricevuto la dispensa 4* del

Volume X , p. Ia della Biblioteca dell’ Economista pubblicata dalla solerte Unione Tipografico editrice di Torino, che arriva fino al capitolo VII del libro II del T rattato della Scienza delle Finanze di Leroy- B e a u lie u ;— e la dispensa l a del Voi. X, parte IIa che contiene la introduzione e parte del capitolo 1° della Scienza delle Finanze di Adolfo Wagner.

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del Y ‘dell’ opero la Democrazia in Enropa di Erskine May.

— Il Ministero del Commercio pubblica negli Annali una memoria del Sig. A. Monzilli, Segretario del Consiglio del Commercio e dell’Industria, sulla riforma della legge 6 luglio 1862 sull’ ordinamento delle Camere di Commercio ed Arti.

— Lo stesso Ministero pubblica pure negli An­ nali un altro volume che contiene la Relazione sulle scuole industriali e commerciali ; anno scolastico 1 8 8 1 - 8 2 .

— E negli Annali di Agricoltura 1883 sono pubbli­ cati dal Ministero anzidetto gli atti della Commissione Consultiva per i provvedimenti contro la filossera.

I NOSTRI ISTITUTI DI CREDITO

(9) Banca Napoletana

La Banca Napoletana nel 1882 contava l’ undi­ cesimo anno di vita ed ha un capitale versalo di cinque milioni di lire in tante azioni da L. 500. Dal resoconto che il Consiglio di Amministrazione diede agli azionisti nell’Assemblea generale tenutasi il 10 maggio u. s. rileviamo alcune considerazioni che ci paiono degne di essere note.

Come si sa , e come lo abbiamo già desunto da relazioni di altri istituti, l’anno 1882 fu per le Banche in genere, e specialmente per le maggiori, piuttosto difficile. La crisi avvenuta nel gennaio a Parigi, non fu propriamente un kracìi di grandi proporzioni, ma ebbe una soluzione lunga e laboriorissima, quindi i valori in genere ebbero forti ribassi dapprima, ampie oscillazioni più tardi. Il contraccolpo di questa situazione che impauri il risparmio e fece che si ri­ tirasse dal mercato, fu sentito naturalmente anche in Italia. Di più il nostro paese aveva, in via di at­ tuazione la legge sull’abolizione del corso forzato, di cui erano ignoti ancora molti degli effetti e quindi doveva destare e mantenere quella certa riservatezza che negli affari finanziari non è certo di stimolo alla speculazione.

Queste due cause principali e generali, unite ad altre secondarie o solamente locali, produssero per molti mesi una situazione anormale in forza della quale gli Istituti di credito dovevano essere singo­ larmente guardinghi ed oculati nelle loro operazioni, mentre il pubblico era più che mai bisognoso di tro­ vare larghezze e facilitazioni. Tra questo Scilla e Cariddi alcuni Istituti, lo abbiamo veduto in prece­ denti nostre rassegne, stimarono loro dovere di av­ venturarsi anche nell’ incerto, e di pensare più a soddisfare la domanda del mercato, che a salvaguar­ dare l’ Istituto dai pericoli a cui andava incontro. Questa condotta, se ha un lato lodevole e generoso, tale che merita encomio, ne ha un altro che a noi pare degno di censura. I Consigli preposti agli Isti­ tuti di credito debbono sopra ogni altro criterio aver sempre dinanzi il fatto che sono chiamati ad am­ ministrare nel miglior modo, colla maggior diligenza e col maggior profitto, il capitale degli azionisti. Questa è a nostro credere la guida prima della loro azione. Niente di meglio se a questo scopo possono senza lederlo, aggiungervi anche altri nobili e ge­ nerosi compiti, ma il sentimento non deve mai es­

sere sovrapposto all’utile dell’azionista. Alcuno dirà che questa teoria, così recisamente utilitaria, rischierà di non essere scrupolosamente morale, ma crediamo di esser nel vero asserendo il contrario, inquanto— chè se un Istituto di Credito giova al paese pur fa­ cendo il vantaggio dei suoi azionisti, si converrà della necessità di allargarne le basi per aumentare il beneficio che reca. Ora noi crediamo una illusione il ritenere che una tale meta si raggiunga altrimenti che dando prova di circospezione e di cautela. Un Istituto sacrificando I’ interesse dei propri azionisti può acquistare un titolo platonico di benemerenza dinanzi al paese dove funziona , ma in pari tempo perderà o non aumentará nella intensità della sua stessa funzione, poiché il capitalista, quando abbia a collocare il suo denaro, si rivolgerà più volentieri a chi gli dia un più alto interesse ed una più va­

lida garanzia, che non sia a chi si mostra disposto di avventurarsi nel campo dei rischi pericolosi, dando alla propria opera un indirizzo che rasenta la b e- ficenza.

Ecco perchè lodiamo francamente il Consiglio della Banca Napoletana, la quale di fronte alle difficoltà che presentava il mercato si persuase « della impe­ riosa convenienza di limitare la sua operosità entro confini più ristretti di quelli che permetteva il suo campo d’azione » E perciò non esitò a non con­ sentire operazioni di credito a lunga scadenza, e curò la progressiva restrizione dei crediti che non miravano direttamente a favorire il commercio e le industrie locali.

« Tali misure — aggiunge il Consiglio nella sua relazione — che erano il riflesso di quei principi di prudenza che soprattutto in circostanze eccezionali s’ impongono ad ogni savia amministrazione, furono oggetto ili apprezzamenti così erronei e fantastici da non metter conto di serbarne ricordo e tanto meno di curarne la troppo facile confutazione. Agli ap­ punti che a larga mano si facevano alla nostra amministrazione, da chi per ignoranza o malvo­ lere ne disconosceva i sani e prudenti criteri, noi ab­ biamo data la sola risposta adeguata-all’onore della Banca, pagando a cassa aperta le vistose somme di cui eravamo richiesti dai timidi depositanti. »

Vediamo ora quale sia il movimento di questa Banca nei diversi capitoli del suo bilancio.

La Cassa di Risparmio ebbe un totale di tre mi­ lioni 1/3 di versamenti e 4 1/2 milioni di preleva­ menti, quindi una rimanenza di L. 1,520,860, al 31 deeembre 1882 con diminuzione dì L. 1,154,034 a paragone dell’ anno precedente. I conti correnti a cheques ebbero un movimento di oltre 135 milioni di lire; rimanendo alla fine dell’ anno nella somma di 3 e mezzo milioni, mentre erano stati 8 1/2 al 21 deeembre 1881.

Il portafoglio diede un movimento di L. 90,720 effetti per L. 27 4 1/2 milioni; anche qui vi è una diminuzione di 3937 effetti e di 10 milioni di lire. La Banca scontò 65 mila effetti sull’Italia per 149 mi­ lioni, 13 mila sull’estero per 94 1/2 milioni, 4956 in effettivo per 9 milioni, 1660 vvarrants per 19 1/2 milioni, e 5637 effetti di credito popolare per L. 8 milioni.

La Banca possiede L. 2,876’,067 in valori prin­ cipalmente azioni dei Magazzini generali, della Cassa Marittima, delle Cartiere Meridionali, della Impresa industriale italiana e Cartelle del debito pubblico.

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razioni, ecco le proposte del Consiglio accettate dal­ l’Assemblea :

« I fatti esposti e le condizioni tutt’altro che do­ ride del commercio e della possidenza nelle nostre provincie, non ci permettono di fare assegno sopra un largo ripristinamento di depositi, e poiché d’altra parte ci preme di conservare disponibile la maggior quota dei nostri Capitali allo scopo ili continuare alle operazioni bancarie l’importanza che hanno as­ sunta mercè la estensione delle nostre relazioni, così, non dubitiamo vorrete approvare il concetto di ap­ plicare cioè ad un fondo speciale di previsione la maggior parte degli utili conseguiti e realizzati nello scorso Esercizio,comprendendovi naturalmente quelli emergenti dalla Conversione dei Prestiti della Città di Napoli. »

Così venne data ad ogni azione solo un comples­ sivo dividendo di L. 2 7 ,SO e venne aumetala la ri­ serva a L. 354,014.

Il Direttore della Banca Napoletana è il sig. com­ mendatore Lodovico Arduin.

IL B ILA N C IO F R A N C E S E

A proposito di quanto abbiamo detto nei nostri articoli parlando della conversione della rendila francese, rileviamo oggi dai resoconti ufficiali come le previsioni degli uomini più prudenti vadano sem­ pre più avverandosi ; la Francia sembra aver oltre­ passato il culmiue della prosperità favolosa di cui aveva dato prova e pare declini rapidamente. Non citeremo come sintomo di tale malessere la inquie­ tezza che essa manifesta, e il bisogno che sente di cercare avventure in lontane contrade non essen­ dole concesso di tentarne davvicino ; e neppure ci varremo delle incerte e sempre discutibili cifre del commercio di importazione ed esportazione, il quale per la Francia non presenterebbe una condizione favorevole, ma riporteremo solamente i dati del mo­ vimento delle imposte nei primi quattro mesi del­ l’anno corrente.

Durante il solo mese di aprile, paragonando le riscossioni effettuate con quelle che erano state pre­ ventivate nel bilancio, si ha una diminuzione di L. 5,667,000. E durante i quattro primi mesi del­ l’anno la diminuzione si eleva a L. 10,821,000.

Egli è ben vero che paragonate queste cifre a quelle del 1882 si ha invece un aumento di Li­ re 12,186,000 a favore dell’anno in corso, ma ciò significa tuttavia che le imposte non diedero in realtà quell’ aumento che era stato preventivato. Tanto più è degno di studio questo fatto, inquanto- chè alcune imposte assai importanti,' quali indica­ trici del movimento della ricchezza nazionale, danno una diminuzione anche a paragone del 1882, come le tasse di registro e d’ipoteca che sono inferiori di L. 1,554,000, e quelle di bollo di L. 160,000, e la tassa sul vino e sidro di 314,000 lire.

Non sono queste cifre che appaiono inconclu­ denti se si osservvano in modo assoluto, quelle da cui si può ricavare dei timori sulla prosperità del bilancio francese ; — ma se ci ricordiamo che nei quattro mesi scorsi il Ministero è già stato auto­ rizzato di spendere 35 milioni oltre i limiti del bi­ lancio; se teniamo conto che la Francia è già a v

-j

venturata in tre spedizioni, la Tunisia, il Madaga- ; scar ed il Tonchino, due dtdle quali le assorbiranno mollo danaro, e che gli ultimi anni hanno già lasciato dei disavanzi; — e che infine il suo credito è un po' scosso dalle conseguenze interne dell’ultima conver­ sione della rendita, — non si può che vedere con dolore che il bilancio 1883 nella sua prima terza parte, lungi dal dare quell’aumento di cui lo Stato avrebbe bisogno, segni già un disavanzo di quasi 50 mi­ lioni.

Bisogna che gli uomini di Stato si convincano final­ mente che il modo unico col quale una nazione può raggiungere e conservare la sua prosperità è la so­ lidità del Governo da cui è retta. Quando il mer­ cato è sempre minacciato dalle rivoluzioni politiche od inquietato dalle scompigliate esigenze della poli­ tica fatta in piazza, la sicurezza manca e con essa il commercio e le industrie languiscono.

Oh ! se i popoli volessero, avrebbero molti esempi da cui ricavare come e da chi sieno poi pagate le spese di coloro che si divertono di agitare le pas­ sioni.

IL m i r a DI COMMERCIO COLLA GERMANIA

Il Reichstag germanico ha approvato in questi giorni senza alcuna modificazione il trattato di com­ mercio stipulato tra quella nazione e l’Italia. Questo fatto per la parte concreta, ha più importanza poli­ tica che economica. E noto infatti quali idee emi­ nentemente esclusive abbia da più* che un settennio il principe di Bismarek introdotte in Germania, e come il protezionismo sia in quel paese ornai do­ minante mercè la preponderanza dei socialisti della cattedra.

Non può quindi essere se non un omaggio a principi estranei alla economia e suggeriti dalla op­ portunità politica, il fatto che la Germania si adatti a fare uno strappo, per quanto leggero alla barriera di dazi che ha innalzati contro le nazioni limitrofe nel la pretesa di difendere la produzione nazionale. — È impossibile ora stabilire se> la convenzione stipulata potrà riuscire più vantaggiosa alla Germa­ nia o all’Italia; nello stesso Reichstag germanico le opinioni si manifestarono discordi, poiché nel mentre qualche deputato come il sig. Sonnemann dichiarò di approvare la legge, sebbene alla Germania non apporti grandi utili, il Ministro del Tesoro sig. Bu- chard affermò che i sagrifizi richiesti dal trattato non saranno troppo grandi di fronte ai benefici ed ai vantaggi che ne trarrà il commercio germanico. Anche la questione economica fece capolino nel Parlamento tedesco, ma anche questa lasciando in­ certo il significato del trattato. Mentre infatti il Mi- j nistro del Tesoro otteneva gli applausi dei prote­

zionisti dichiarando che il trattato non era una con­ cessione alle teorie liberali, il deputato dott. Barn- terger credeva di potersi consolare colla destra riguardando la presentazione del trattato come un felice avvenimento che riconduce alla osservanza deile teorie liberali in fatto di economia.

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hanno una importanza troppo tenue in paragone al complesso del nostro commercio.

Infatti nel 1879 noi importammo dalla Germania circa 45 1/2 milioni cioè ¡13,62 per cento del totale della nostra importazione; nel 1880 tale importazione si elevò ad 87 1/2 milioni cioè il 7,17 per cento ; e nel 1881 ridiseese a poco meno del 5 per cento, cioè a 66 1/2 milioni. — In quanto alla nostra esportazione colla Germania essa fu di 23 1/2 mi­ lioni di lire nel 1879, cioè appena il 2,15 per (>¡0 del totale ; ma l’anno dopo sali a 78 milioni di lire, cioè il 6,90 per cento del totale; infine nel 1881 scese a poco meno di 68 milioni, cioè il 5,70 0/0.

In quanto alle specie di merci che scambiamo colla Germania primeggiano :

N ella im p o rta zio n e : i m inerali, metalli e loro lavori nel 1881 per undici milioni; però la mag­

gior cifra di questa categoria è fornita dal ferro d i 2 “ fa b b rica zio n e semplice, dagli utensìli e strom enti p e r a r ti e m estieri e p e r V a g rico ltu ra , il fe r ro ed acciaio la m in a ti grossi, ed i rottam i, scaglie e lim a tu re d i ferro , ghisa ed acciaio. Poi la lana,

crino e peli per 9 1/2 milioni; ed importiamo di

questa categoria specialmente la lana in fa ld e o in bioccoli per 6600 quintali, cioè 2 1/2 milioni, e quasi 500 quintali di tessuti d i la n a scardassata e p e ttin a ta per oltre 5 milioni di lire. Viene quindi in ordine dì importanza la categoria dei coloniali,

droghe e tabacchi, di cui la Germania ci fornisce

per oltre 8 1/2 milioni, cioè oltre 6 di zucchero n o n ra ffin a to (95 mila quintali) ed uno milione di tabacco in foglia. Vengono poi gli oggetti diversi di cui importiamo per 6 1/2 milioni, specialmente m ercerie com uni, e fin i, e strumenti di ottica, d i calerlo, d i precisione ecc. Infine è anche rilevante la categoria del cotone che dà quasi 6 milioni di importazione, la maggior parte di prodotti lavorati.

Nella nostra esportazione che si elevò, come di­ cemmo a 68 milioni nel 1881, occupa il primo posto la categoria degli animali, prodotti e spo­

glie ecc., che giunse a 33 milioni ; vi mandiamo

fra Poltre 18 milioni di lire di uova d i p o lla m e ; il secondo posto è occupato dal cotone per 10 mi­ lioni quasi tutto in bioccoli od in m assa. Vengono poi per 7 I /2 milioni i cereali, farine e paste, e cioè per 3 1/2 milioni le m andorle, per un milione i legum i ed ortaggi. È anche importante ia espor­ tazione della categoria spiriti, bevande ed oli che arriva a 5 milioni di lire; mandiamo in Germania per (piasi 2 milioni di lire in vino, e 2 1;2 mi­ lioni di olio d i oliva.

Da questi cenni si comprenderà la secondaria importanza che ha avuto per noi fm’quì il mercato germanico. — Il nuovo trattato muterà i rapporti dei nostri scambi con quel paese ? — È lecito spe­ rarlo come ordinaria espansione del nostro commer­ cio, ma nulla ci pare potrebbe giustificare la cre­ denza che la nuova convenzione ci permetta di fare una breccia molto larga nel mercato germanico.

PRODOTTI FERROVIARI

Dal Ministero dei lavori pubblici è stato pubbli­ cato il prospetto dei prodotti del mese di febbraio p. p. confrontati con quelli del febbraio 1882. E c­ cone i resultati:

Il prodotto generale del febbraio 1883 ascese a lire 13,901,889, costituito come segue:

Viaggiatori . . . • L. 5,198.949

Bagagli. . . » 223,882

Merci a grande velocità . » 1,291,289 Id. a piccola velocità . » 7,132,468

Prodotti diversi » 62,301

Totale L. 13,910,889 Tale prodotto va poi ripartito come segue:

.2 _ t A lta Italia . . L. 1883 - 6,999,078 L. 1882 6,827.392 £ =5 3 j R om ane. . . » 2,488,043 » 2,4(19,051 ¿5 05 ( Calabro-Sicule. » 938,993 » 941,684 F errovie di diverse So­

cietà eserc. dallo Stato » 1,298,271 » 1,292,290 Ferrovie M eridionali. . » 1,789,897 » 1,624,152 » V enete . . . » 80,980 » 77,366 » Sarde . . . » 102,004 » 108,398 » D iv e rs e . . . » 213,623 » 200,947 Totale L. 13,910,889 L. 13,481,280 I prodotti poi dal 1 ° gennaio a tutto febbraio 1883, confrontati con quelli del 1° bimestre 1882, furono i seguenti :

■ S o =• ( A lta Italia . . L. g jg 3 < Romane . . . » =2 ( Calabro-Sicule. » Ferrovie di diverse So­

cietà eserc. dallo Stato » F errovie M eridionali. . » » Venete . . . » » Sarde. . . . » Ferrovie diverse . . . » 1881 1882 14,120,016 L. 13,542,320 4,994,857 » 4,684,585 1,992,891 » 1,947,649 2,635,855 » 2,576,326 3,795,052 » 3,536,764 177,207 » 161,018 210,959 » 22 4 ,lc8 447,074 » 424,956 Totale L. 28,373,911 !.. 27,097,726 li prodotto chilometrico delle diverse linee ili esercizio nel febbraio 1883, confrontato con quello del febbraio 1882, fu il seguente:

« ( A lta I ta lia . . . , L 1883 2,543 L. 1882 2,614 £ = -g ! R o m a n e ... » 1,474 » 1,432 ¿s J ( (Jalabro Sicule . . » 699 » 701 » di Società esercite » dallo S tato . . . . ». 1,363 » 1,382 » M eridionali . . . . » 1,120 » 1,074 » V e n e te ...» 591 » 564 » S arde ... » 262 » 278 F erro v ie diverse . . . . , » 651 » 612 M edia com plessiva L. 1,514 L. 1,508 F in alm en te il prodotto chilom etrico d a l 1 0 gen-uaio a tutto febbraio 1883, confrontato con quello d e ll’eguale periodo del 1882, fu il seguente

1883 1882

.s 1 A lta I ta lia . L. 5,149 L. 5.186 £ T5 3 1 R om ane . . . . » 2,900

1,483

» 2,7 85 iC "a “ ( (Jalabro Sicule . . » » 1,450 ; F errovie di diverse So­

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Camera di Commercio di Bologna.

— Nella tornata del 14 maggio le Camera di Bologna, dopo avere risoluto alcune questioni relative all’elettorato commerciale, si occupò di varie istanze rivolte al Ministero e ad altri uffici dalia Camera di com­ mercio di Arezzo ritenendo quanto appresso :

Circa all’obbligo che la Camera di Arezzo vor rebbe imporre agli impiegati ferroviari di suggerire essi stessi le tariffe speciali che importano per le lerrovie diminuzione di responsabilità fu unanime volo della Camera che non convenga chieder ciò, lasciando ai commercianti che possono sempre prò curarsi le tarilìe e i regolamenti di tutelare come credono meglio il lore interesse.

Riguardo alle notifiche ferroviarie per le quali si lamenta che ritardi troppo l’avviso a coloro che hanno diritto al rimborso per eccedenza di tasse pagate, la Camera riconobbe essere giuste le la­ gnanza della Camera di Arezzo, e meritare appog­ gio, perchè infatlo accade che molte volte non giova il ricorrere per ottenere una sollecita restituzione delle somme indebitamente pagate.

Quanto alla classificazione delle lane fra le ma­ terie infiammabili di prima categoria la Camera de­ liberò di udire in proposito il parere del direttore del laboratorio chimico agrario prima di prendere qualsiasi deliberazione in proposito.

Camera di Commercio di Catania.

— Pel nuovo rimaneggiamento delle tariffe ferroviarie che anda­ rono in vigore il 1(5 maggio, la neve si trova esclusa dal trasporto a piccola velocità, e per conseguenza esclusa dalle tariffe differenziali. Com’ è notorio la neve costituisce un cespite d’ industria e di traffico in Sicilia assai importante, l’ Etna provvedendo di neve specialmente nell’estate non solo lo provinole di Girgenti, Caltanisetta, Siracusa, Messina e Cata­ nia, ma anche la vicina isola di Malta. La Camera di Commercio di Catania, convinta della necessità, di age­ volare il più possibilmente ¡1 trasporto della neve fi convinta altresì che coll’esclusione di essa dal tra­ sporto a piccola velocità si verrebbe ad annientare questo ramo di commercio deliberò di fare istanza al governo del Re perchè si provveda e si revochi la deliberazione su lamentata ; si ammetta cioè la spe­ dizione neve a piccola coll’applicàzioue delle diffe­ renziali giusta le nuove disposizioni sul proposito andate in vigore col 16 maggio, e si permetta così alla neve di essere spedita a piccola e viaggiare a grande come per lo passalo.

Deliberò inoltre dar partecipazione del presente deliberato alle consorelle Camere Siciliane ed alla direzione generale delle Meridionali, perchè questa emetta parere favorevole e le altre appoggino tale giusta pretesa presso il Governo del Re.

Camera di commercio di Cremona.

— Esaurita la nomina di una commissione per I’ adeguato dei bozzoli e surrogato un consigliere camerale dimis­ sionario, la Camera di Cremona deliberava quanto appresso :

l ” Si associò al voto della Camera di Mantova, la quale, come si sa, rivolse istanza al Ministro ili agricoltura acciò gli uffici postali delle località nou congiunte con ferrovia al capoluogo delia provincia

vengano autorizzati a ricevere e a spedire i valori metallici.

2° In appoggio ad analoghi voti della Camera di Arezzo, fu deliberato di trasmettere- una rimo­ stranza ai Ministri del commercio, e dei lavori pub­ blici e alla direzione delle ferrovie dell’Alta Italia, af­ finchè sia reso obbligatorio agli impiegati ferroviari di suggerire le tariffe speciali e di applicarle ben­ ché queste non sieno richieste dal mittente; affin­ chè sia raccomandato all’ ufficio di controllo che nei casi di erronee tassazioni — trattandosi di re ­ stituzione delle eccedenze di tasse pagate dai terzi — l’Amministrazione ferroviaria provveggo ad avvisare gli aventi diritto a rimborso delle differenze in più, colla stessa cura e sollecitudine con cui provvede quando si verificano differenze in meno: sia tolto infine il prodotto lana dalla categoria delle materie infiammabili, per lasciar adito a spedizioni a gran velocità superiore a Kil. IO.

3° Riguardo alla circolare con cui la stessa rap­ presentanza commerciale di Arozzo deliberava di ri­ volgere raccomandazioni al Governo, perchè nella occasione della revisione della tariffa doganale si ab­ biano presenti gl’ interessi agricoli industriali, la Ca­ mera giudicando che i provvedimenti proposti pre­ sentano poca probabilità di favorevole accoglienza, in causa delle attuali strettezze finanziarie dello Stato, deliberò astenersi dall’ aderire alle succitate racco­ mandazioni della Camera Aretina.

4° In ordine ad un voto della Camera di Pavia affinchè per legge si renda obbligatoria la denuncia deile ditte commerciali, la Camera coerente ad ana­ loghe deliberazioni prese sull’oggetto in varie occa­ sioni ed ultimamente nel Maggio 1880, si associò al­ l’istanza della Consorella Pavese, rimostrando al Mi­ nistero che la legge invocata concorrerà a rendere più sicuro ¡1 commercio colla pubblicità del movi­ mento delle Ditte, e contribuirà a svolgere meglio l’azione delle Rappresentanze commerciali, le quali potranno più efficacemente adempire agli uffici per cui vennero istituite.

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