L'ECONOMISTA
G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI P R IV A TI
Anno X - Voi. XIV
Domenica 29 Luglio 1889
N. 482
LA CIRCOLAZIONE MONETARIA
Intorno all’argomento della circolazione monetaria si oecupa da qualche tempo la stampa politica, ed anche noi abbiamo in due articoli x) discussi alcuni punti della questione.
Se non che ci pare che molto più sì insista sopra le parti secondarie del problema, e non si voglia o non si sappia con coraggio esporre ed esaminare il vero stato della situazione ed in pari tempo accen nare ai soli rimedi che sarebbero efficaci.
Noi crediamo che troppi interessi generali sieno legati a questa importantissima questione perchè nel discuterla sia possibile rimanere nei mezzi termini, e perciò ci proponiamo di esporre alcune idee in pro posito. Non già che noi pretendiamo di far da mae stri, ma fermi come siamo nella consuetudine di stu diare quanto meglio ci sia possibile le questioni prima di trattarle davanti ai nostri lettori, crediamo di po tervi meglio riuscire in quanto non siamo impacciati dalla politica, la quale spesso obbliga la stampa quo tidiana a non dir tutto intero il suo pensiero.
E prima di tutto poniamo bene in sodo un punto essenziale. L ’ imbarazzo che si manifesta nel paese per ciò che concerne la circolazione monetaria, non è generale a tutta l’ Italia, ma circoscritto a quelle regioni nelle quali è prevalente il biglietto di Banche, il quale ha corso solo in ristretto numero di pro vincia, come la Toscana, la provincia di Roma e la Sicilia. In quelle provincie, dove ha corso special- mente, o quasi esclusivamente, il biglietto della Banca Nazionale Toscana , o della Banca R om ana, o. del Banco di S ic ilia , il portatore di questi biglietti si trova a grande disagio quando voglia fare un paga mento in provincie dove non corre quella moneta. Non può cambiarli in 2/3 d’oro alla Tesoreria, per chè la Tesoreria non accorda il cambio che ai bi glietti già consorziali od a quelli dello Stato ; — non può cambiarli in oro presso le Banche, perchè queste non eseguiscono il baratto che in argento. — non può cambiarli in biglietti di Stato o consorziali, perchè non se ne trovano; — non può cambiarli in biglietti della Banca Nazionale italiana perchè, questa non è obbligata a tale servizio, nè vi si presta. Chi adunque abbia da inviare una vistosa somma fuori di Toscana o della provincia di Roma o della S i cilia, e non possieda che biglietti della Banca To scana o della Banca Romana o del Banco di Sicilia e costretto ad accettare argento, e a sopportare le spese
’ ) Vedi Numeri 480 e 481 delVEconomista.
di trasporto per cambiarlo in oro od in biglietti della Banca Nazionale italiana, e soprattutto la perdita di tempo per fare il riscontro delle monete. — Ed ag giungasi che la Banca d’ Italia non sempre può ac cordare il cambio dell’ argento in biglietti propri (i soli, che con quelli del Banco di Napoli, hanno corso legale in tutto il Regno) ; — può essere spinta a ne gare la domanda, non solo per non fare un vantag gio alle Banche minori che — è inutile nasconderlo - sono sue rivali, ma auche perchè la sua circolazione abbia già raggiunto il massimo, o perchè, pur non aven dolo raggiunto, vuol tenere una sufficiente scorta di biglietti propri per accontentare la sua abituale clientela.
Questo stato di cose è certamente nelle suddette provincie dannosissimo al commercio ed in generale al movimento della circolazione, e ci sorprendiamo anzi che non abbia destato più lamenti di quelli che finora si sono uditi.
Però giova riflettere che la situazione attuale de riva da una condizione provvisoria; ed il Ministro il quale ha affrontala l’abolizione del corso forzoso, nei termini in cui questa operazione si è compiuta in Italia, dovea, nei primi tempi in cui stabiliva il cambio, avere anzi tutto in mira di assicurare la riu scita della impresa , anche se i provvedimenti che prendeva potessero in qualche riguardo tornare noiosi ed anche dannosi ad una parte 'del pubblico. — Era cioè l ’ interesse generale che si imponeva a ll’ inte resse di una parte della nazione.
Ed a bella posta abbiamo detto che questa situa zione non può essere che provvisoria iu quanto cre diamo che sia tempo di pensare sul serio a Fare in modo che il bene dell’ universale non sia in oppo sizione col bene del singolo ; soprattutto se si pensa che in questo caso chi risente maggior danno dalla presente situazione sono i piccoli negozianti, i piccoli proprietari, i quali non hanno modo di esercitare presso le Banche di emissione quella influenza che talora basta, in questi casi, ad agevolare il compi mento di affari di tal genere.
Rimane quindi stabilito che l’imbarazzo della situa zione presente della nostra circolazione metallica è sentito maggiormente nelle provincie dove hanno principale funzione le Banche minori di emissione, il cui biglietto non trova baratto in tutte le piazze d’ Italia.
466 L ’ E C O N O M I S T A 29 luglio 1883
dotti e degli affari agricoli, una maggior copia di 1 medio circolante sarebbe richiesta. — Comunque, ! sia esso prodotto da condizione normale o da una situazione temporanea, sta il fatto che il paese sente il bisogno di una maggior circolazione.
A lcu n i hanno affermato che il mercato sia avido d’ o ro; — crediamo però che questa asserzione sia erronea, giacché un fatto la smentisce ; quello cioè che l’oro non fa aggio, nè verso i biglietti già con sorziali e di Stato, nè verso l’argento. L ’oro è forse ricercato perchè vi è scarsezza di una moneta clic in tutta la penisola possa correre comodamente con eguali condizioni; ma se esistesse un biglietto, egual mente diffuso ed egualmente trasmissibile in tutto il regno, nessuno farebbe ricerca d’oro , iiiquantochè, ormai il maggior comodo della moneta cartacea su quella metallica è profondamente radicalo in tutti.
L ’ imbarazzo quindi non deriva, come credono al cuni, che troppo superficialmente esaminano la que stione, dalla scarsezza dell’ oro in circolazione, ma dalla mancanza di un medio circolante uniforme nella sua potenza d’acquisto e di circolabi'ità per tutto il regno.
Premessi questi punti sui quali speriamo di tro varci d’accordo con tutti quelli che conoscono il meccanismo della moneta e la nostra speciale si tuazione, vediamo ora quali sono le proposto che vengono messe innanzi per rimediare a questo im
barazzo del nostro mercato.
Le proposle fatte sono di due specie. Alcuni vor rebbero che le Banche di emissione fossero tout
court autorizzate a cambiare i biglietti di moneta metallica nella proporzione di due terzi d’oro ed un terzo d’argento come le Tesorerie, ed allegano esser stata questa la intenzione della Camera, la quale omise di farne una speciale prescrizione legislativa solo perchè il Ministro dichiarò essere appunto quello il suo intendimento. Ed aggiungono : — Come ! il Governo ha fatto onore ai suoi impegni barat tando i biglietti consorziali in due terzi d’ oro ed un terzo di argento, e le Banche non hanno da essere costrette ad una eguale condotta ? Il Governo vuol fare gli interessi del pubblico, o quello delle Banche? E mostrano di credere che nel mentre coloro che respingono tale proposta si danno l’aria di parlare a nome degli interessi dello Stato, non si agitano invece che a vantaggio delle Banche.
Ora a noi pare — senza qui intraprendere la difesa di chi può difendere un principio per convinzione non curandosi se esso porti vantaggio a Tizio od a Caio, — a noi pare, diciamo, che il sostenere una proposta che senz’ altro chiami le Banche al cambio dei biglietti in oro, sia pure nella propor zione di due terzi, significhi una ignoranza com pleta delle condizioni della maggior parte dei nostri Istituti di emissione.
Questa proposta vuol dire che chi la formula non si è domandato se sia possibile a tutte le Ban che di emissione di effettuare il baratto nella pro porzione di due terzi d’ oro. — Una cognizione, an che superficiale delle condizioni dei nostri Istituti di credito, avrebbe mostrala inevitabile una risposta negativa.
Infatti è assai chiaro che, se tutte le Banche di emissione fossero obbligate al cambio dei loro bi glietti in oro, quelle che hanno il corso legale so lamente in alcune regioni, avrebbero una quantità di domande di cambio corrispondente agli affari che
si compiono tra il mercato regionale della Banca e quelli delle altre regioni, dove il biglietto non ha corso legale. Il pubblico della Toscana, della provin cia di Roma, della Sicilia, vedrebbe nella sola moneta metallica la moneta legale di tutto il Regno e quindi non terrebbe in circolazione (die una piccola quan tità di biglietti ; le Banche minori sarebbero co strette a rialzare lo sconto per difendere la loro riserva, e quindi a restringere le loro operazioni, con grave danno del commercio e con pericolo delle Banche stesse, le quali, appunto perchè minori, hanno bisogno di allargare sempre più la loro sfera di azione e non potrebbero, senza danno sen sibilissimo, restringerla.
N e deriverebbe nel mercato delle regioni anzi detto un imbarazzo ben maggiore di quello pro dotto dalia condizio ie attuale della circolazione, e si metterebbe per di più a serio pericolo la esistenza, od almeno la prosperità di Istituti i quali sono ne cessari al paese dove funzionano.
Ed è appunto in ciò che va lodata l’ opera del- l’on. Magliani, il quale ha saputo saggiamente re sistere alla corrente bancofoba, che negli affari finan ziari minaccia di diventare tanto imbarazzante agli interessi del paese, come negli affari ferroviari è d i ventata dannosa la corrente avversa alle Compagnie di esercizio. Le Banche sono, è vero, istituti privati, le Banche lavorano, è vero, a guadagno dei loro azionisti, ma, nelle condizioni presenti della Società, rendono un tale servizio al pubblico in generale colle svariate e molteplici loro operazioni, che 1’ inde bolimento di uno di questi Istituti potrebbe essere fatale all’ economia di una regione. Il loro servizio è così legato al meccanismo degli affari delle regioni dove esercitano la loro funzione, che non potrebbero diminurlo, mentre i traffici crescono, senza un per- turbamento molto serio della economia pubblica. Il mantenere una legislazione che permetta loro di vi vere è cosa necessaria, poiché trattasi di un inte resse generale, il quale si sovrappone all’ interesse, apprezzabile certo, ma molto meno generale di co loro che sentono l’ imbarazzo della presente circola zione monetaria. In altri termini : se avessimo il dilemma insolubile: od un rialzo dello sconto ed un pericolo delle banche minori, o l’attuale imbarazzo monetario; — per quanto si tratti in ambedue i casi di un interesse del pubblico, si deve riconoscere che il primo è molto più generale del secondo, ed è di molta maggiore entità del secondo.
Fortunatamente crediamo di poter dimostrare che il dilemma non è insolubile e vi è un terzo corno, ma intanto è beue mettere in sodo un altro punto del nostro ragionamento,ed è questo: — nelle attuali condizioni non è discutibile la proposta di obbligare le Banche al cambio in oro senza grave loro peri colo, e perciò senza procurare al paese danni infi nitamente maggiori di quelli che con quel provve dimento si vorrebbero evitare.
La seconda proposta che viene messa innanzi è quella che parte dal Ministro; autorizzare ci ,è le banche ad aumentare la emissione contro riserva in oro, affinchè possano, mediante questo provvedi mento, accrescere la scorta di metallo giallo e pro cedere poi al cambio senza timore.
29 luglio 1883 L ’ E C O N O M I S T A 467
situazione attuale, nè ohe possa togliere gli imbarazzi che si lamentano, e ciò per due ragioni. Prim a di tutto, mediante l’aumento della circolazione, la riserva metallica oro non potrà accrescere che assai lenta mente, perchè non vi è ancora in circolazione una quantità d’ oro sufficiente a rendere possibile l’ ac cumulamento nelle Casse delle Banche; poi è da notare bene che tal provvedimento non sarebbe pro fittevole che a due sole Banche, a quella Nazionale d’Italia ed al Banco di Napoli, le quali sole raggiun gono il limite massimo, mentre le altre Banche ne sono ancora lontane. Certamente che la osservazione mossa da alcuno che nessuno andrà a depositare oro alle Ban he perchè queste non restituiscono che ar gento, è in gran parte speciosa; poiché qnando si tratta della Banca d'Italia il depositali e riceve vi- glietti che hanno corso in tutta l’ Italia precisamente
come l’ oro e senza alcun aggio, anzi con maggiore comodità di trasporto e di spedizione; ma il fatto sta però che il provvedimento dell’ on. Magliani può in date circostanze, riuscire come u n i pompa as sorbente contro le Banche minori a vantaggio delle maggiori.
Ad ogni modo noi crediamo che l’aver autorizzate
le Banche ad aumentare la circolazione contro r i serva completa metallica, il che vuol dire — con- vien insistere — autorizzarvi solo la Banca d’ Italia — non è provvedimento che risolva, almeno per ora e per molto tempo, la questione attuale dell’ imba razzo in cui si trova una parte del pubblico italiano nel fare i pagamenti in tutto il paese. E ci sorprende che la stampa abbia confusi i due fatti, ed abbia cre duto che la misura presa dal Ministro delle Finanze potesse essere diretta a togliere, ora per ora, gli in convenienti che si lamentano.
Abbiamo detto però che la questione non ci sem bra insolubile; e su questo argomento esporremo nel prossimo numero alcune idee, sembrandoci questo articolo già troppo lungo.
ANCORA IL CANALE DI SUEZ
La questione del secondo canale attraverso l’ istmo di Suez ha preso in Inghilterra un indirizzo che sembra condurre a qualche inaspettata soluzione.Abbiamo nei due ultimi numeri Aq\\'Economista
esposti i punti principali della Convenzione stipulata dal Governo britannico col sig. DeLesseps ed abbiamo ag giunto qualche considerazione sopra la corrente con traria alla Convenzione che si manifestava alla Camera. Era opinione generale però che il sìg.Gladstone avreb be insistito domandando alla Camera la approvazione del trattato e che avrebbe fatto energico appello alla disciplina del partito di iiui egli è capo per riuscire vincitore. Invece avvenne il contrario ; il primo M i nistro inglese ha dichiarato alla Camera che ritire rebbe la Convenzione essendosi accorto che nel P a r lamento e nel paese quell’atto ha destata una forte corrente, avversa agli accordi intervenuti col Presi dente della Compagnia del Canale di Suez.
Non bisogna però dissimularsi la vera causa di questa improvvisa ritirata del ministro inglese. Per quanto egli abbia colorita la cosa ed abbia fatto sfoggio di ossequio ad idee liberali, è evidente che la opi nione pubblica ha forzata la mano del governo, il quale sarà costretto a seguirla, poiché come pare,
egli è impossibile di dominarla. Ora la opinione pub blica inglese non è già contraria alla Convenzione del IO luglio perchè stimi che il governo inglese non debba occuparsi di un secondo canale tra il Mediterraneo ed il Mar Rosso; e neppure è disposta a lasciare che la attuale Compagnia escavi essa stessa questo secondo canale. Tutt’altro! — le manifesta zioni della Camera e del paese sono invece in questo argomento recisamente chiare. Si vuole che il se condo canale sia inglese, esclusivamente inglese; che i capitali sieno forniti dall’ Inghilterra e che in glesi sieno gli amministratori. Si vuole infine che in qualunque evenienza mentre l’attuale passaggio dovrà obbedire alle esigenze internazionali, quello da costruirsi ne sia indipeudente, e l’ Inghilterra possa sempre dire alle altre Potenze : del primo fate pure quello che volete, ma questo è mio.
Tanto è vero essere questo il sentimento che oggi prevale al di là della Manica, che quando il signor Gladstone comunicò la lettera del sig. Lesseps nella quale questi in certo modo autorizza il Ministro in glese ad abbandonare la convenzione e lo assicura che il secondo canale sarà egualmente escavato e che si effettueranno in ogni modo i ribassi di tariffa nella convenzione stipulati, la Camera inglese non manifestò alcun sentimento di soddisfazione, ma ob bligò invece il sig. Gladstone a ripetere che non avveva dato corso ad alcun atto ufficiale dal quale potesse stabilirsi che l’ Inghilterra riconosceva il trattato stipulalo tra il Kedivé ed il sig. Lesseps, nel quale veniva accordata alla Compagnia del Canale la esclusività per le comunicazioni d’acqua tra i due mari.
Ed il sig. Gladstone si è affrettato a dichiarare, pur rinviando ad altro giorno la discussione della proposta di sir Northcote, che il Governo inglese non ha mai, in qualsiasi comunicazione, data una inter pretazione qualunque alla concessione del canale dal punto di vista del diritto esclusivo, il Governo anzi nulla ha fatto che possa rendere obbligatoria per il paese una interpretazione qualunque della conces sione. Il Governo — aggiunse il sig. Gladstone — non ha alcun motivo per modificare' l’ opinione che ha espressa al Parlamento e conclude : il diritto esclusivo di cui è questione si riferisce a poter im pedire ad un’ altra società di scavare un secondo canale attraverso l’ istmo, e non a conferire all’ a t- iuale società il diritto di scavare un secondo canale senza una nuova concessione; il che è questione d i stinta e diversa.
Ora se davanti a queste sottili interpretazioni ri flettiamo che l’ Inghilterra è padrona militarmente dell’ E g itto , che ha un interesse importantissimo per la sua strada alle Indie, che comprende tutta la gravità dell’ errore commesso nell’ aver lasciala ad altri la influenza nel primo canale, e che la opinione pubblica senza reticenze domanda un ca nale inglese, vi è luogo a temere che la questione del Canale di Suez muti indirizzo e vada a discutere se o no il sig. De Lesseps abbia il diritto esclusivo per la costruzione di un secondo canale.
468 L ’ E C O N O M I S T A 29 luglio 1883 Noi speriamo che l ’opinione pubblica inglese si
modifichi, sebbene, malgrado l’asserzione del signor Gladstone che stima tal fatto già incipiente, la stampa si mostri tutta soddisfatta del ritiro deila convenzione. In ogni caso però è d’ uopo essere preparali anche ad una maggior resistenza da parte dell’ Inghilterra.
L ’ Italia a vero dire non figura come una nazione che più aitraversi coi suoi legni il canale, ma ciò dipende più dalla minore entità del nostro commer
cio in generale che da una inferiore proporzione. Ma non si può sconoscere che uu conflitto il quale inceppasse il passaggio di Suez potrebbe riuscir di grave danno alla nostra economia tanto più grave quanto esso è più debole.
IL TRATTATO DI COMMERCIO FRA L’ITALIA E LA GERM ANIA
Un altro dei trattati recentemente approvati nello scorcio della sessione parlamentare, fu quello tra l’ Italia a la Germania. Esso ò destinato come gli altri di cui fu approvala la ratifica, ad aver vigore fino al 1802 salvo il caso di denunzia nel 1888, e anche al di là di quell’epoca, se non sarà denunziato un anno prima.
Da più di un punto di vista questo trattato offre un’ importanza speciale. Se come è sperabile la qui- sione delle tariffe ferroviarie per la linea del Gottardo sarà risoluta in un modo più conforme ad assidi, rarci i vantaggi di questa via di comunicazione, ad aprir la quale tanto abbiamo contribuito col denaro e con l’opera, è evidente che il commercio dell’Italia colla Germania è destinato a prendere uno sviluppo assai maggiore dell’attuale, e forse maggiore di quello che ora facciamo con nazioni finitime. Non è difficile il prevedere che alcuni prodotti germanici acquiste ranno presso di noi la prevalenza su quelli di altri Stati, ed è lecito sperare che la Germania chiederà a noi, a preferenza che agli altri, non solo certe materie prime di cui abbisogna e di cui ora si for nisce altrove, ma anche prodotti manufatti similari a quelli che attualmente altre nazioni le forniscono.
A prova che questa aspettazione è legittima pos siamo citare alcune merci di cui in poco tempo si accrebbe assai l’esportazione, anzi che sono divenute veri e propri articoli di commercio fra le due na zioni, mentre prima non avevano nelle statistiche im portanza alcuna a causa della loro esiguità; il burro che nel 1880 non arrivava a mille quintali arrivò quasi ai 2000 nel 1882; il formaggio da 271 quin tali, sali a 3100; le conterie da 100 quintali a 6528; il sugo di limoue concentrato da 63 a 63 » quintali, e molte altre merci ebbero aumenti in proporzioni minori.
In questo trattato non possiamo invero dire che siasi in favor nostro derogato a quei ferrei principi di protezionismo che informano tutta quanta la po litica commerciale germanica, e oramai quasi può dirsi di tutta l’ Europa continentale, ma uou possiamo neppure dire che la Germania abbia mancato verso di noi di compiacenza nei limiti che questa politica le impone. Essa accordò sgravi di dazio per tutti quanti i prodotti meridionali come l’olio d’ oliva, il riso, le frutta cee.; seppure nell’accordare ciò ebbe la sua convenienza, non possiamo non felicitarcene, poiché la politica protezionista è assoluta e per
se-[ guire i suoi principi non sempre si cura dei danni che ne possono derivare, e d’altra parte noi vediamo queste concessioni qualche volta negate ad altre na zioni che di prodotti simili sono esportatrici.
Non bisogna in questa questione delle concessioni dissimularsi che la situazione della Germania e un poco più vantaggiosa di quella di altre nazioni e perciò è quasi obbligata ad attenersi il più che le sia possibile, alla tariffa generale, e dobbiamo in con seguenza saperle maggior grado, delle eccezioni cho può fare in favor nostro, anche se queste le conven gono; convengono a noi, formano una deroga a mas sime alle quali essa tiene assai, tendono a darci un posto privilegiato in confronto delle altre nazioni pro duttrici dei generi stessi pei quali ci furon date fa cilitazioni, e ciò deve bastarci.
E che questa posizione privilegiata ci appartenga non è a dubitarsi, se si pensa che a tutt’ora nessun trattato lega la Germania colla ¡Spagna, poiché l’ ul timo non venne ratificato, e che colla Francia non esiste altro vincolo commerciale che il trattato di Francoforte, mediante il quale la Germania ha diritto in Francia sempre al trattamento della nazione più favorita, mentre la Francia non può introdurre i suoi prodotti in Germania, che conformandosi agli alti dazi della tariffa generale. Escluse la Francia, e per ora la Spagna, noi restiamo soli a fruire delie con cessioni fatteci, e non è temerario sperare che i no stri commerci se ne avvantaggeranno grandemente.
Un’altra prova di benevolenza ci dette la Ger mania, col non tenere conto delle petizioni fatte gli dai suoi produttori agricoli, di accordare una forte protezione ai legumi e agli ortaggi, il che avrebbe grandemente danneggiato un commercio recentemente stabilito tra l’ Italia e la Germania, e che dà già insperati e grandissimi resultati.
Il nostro commercio colla Germania è da due anni in forte aumento ; le importazioni da 67 mi lioni e mezzo salirono a 107 3|4 dal 1880 al 1881; nelle esportazioni si verifica invece un poco di di minuzione poiché da circa 80 milioni scesero a 70 V,. Queste cifre sono rilevate dalle statistiche tedesche perciò per rispetto al nostro commercio è necessario invertire le intitolazioni ; ila ciò resulta che rispetto al commercio italiano ambo le cifre son favorevoli, perchè esportiamo di più e importiamo meno, segni evidenti ambedue che le nostre industrie progredi scono perchè sono più desiderale dagli stranieri e si adattano maggiormente al consumo interno che ne richiede in minor copia all’estero.
Non è nostro compito di ragionare partitamente delle modificazioni introdotte neile diverse voci delle tariffe; neppur vi è ila osservare gran cosa sulla parte marittima del trattato; solo diremo che in quanto al cabotaggio furono accordati, contro reci procità, i diritti della nazione più favorita ; ciò ri serva in certo modo l’avvenire poiché forse questa parte delle concessioni è destinata ad esser variata con tutte le potenze, quando il Parlamento delibe rerà sulle proposte della Commissione d’ inchiesta sulla marina mercantile.
L ’ E C O N O M I S T A 469
29 luglio 1883
farla accettare « ma si rimane d’ accordo di riser vare l’ esame di questa questione ad ulteriori nego ziazioni ».
A uguriam o all’onorevole Mancini, che queste ne goziazioni divengano quando che sia, un l'alto, e ancor più che in esse possa prevalere la sua idea tanto umanitaria quanto poco pratica, e sopratullo auguriamo al mondo intero, che quando sarà scritta su tutti i trattati, sia pure osservata, sul che non è temerario l’accogliere qualche dubbio, visto lo stato attuale degli armamenti presso tutte le potenze del globo e la smania di conquiste else sembra invadere certe potenze.
Rivista Bibliografica
Godin, fondateur du familistère, de Guise — /.e Gou
vernement ce qu'il a été, ce qu'il doit être et le vrai socialisme en action. — Paris, Guillaumin et C.te
A. Ghio, 1883.
Ci troviamo dinanzi ad un libro di cui è, almeno per noi, difficilissimo dare un cenno bibliografico e critico. Come infatti intraprendere il compito di dar un riassunto al lettore di un libro che in oltre 500 pagine discorre di tutte o quasi di tutte le questioni che si riferiscono alla costituzione dell.a società e dello Stato? — Che incominciando dalle forme di Governo e dal fondamento della sovranità, tratta poi della rappresentanza, dei poteri dello Stato, delle leggi, dell’ Istruzione pubblica come base di direzione della società, delle forme di suffragio, dei diritti dell’ uomo, delle riforme sociali, della pace, della guerra, del pauperismo, della proprietà, dell’imposta, della ripartizione dei benefìci al lavoro, delle que stioni tra capitale e lavoro, della famiglia, dell’abi tazione, ecc. eoe.?
E come poi intraprendere una critica su ciascuna delle proposte e su ciascuno dei giudizi ohe l’Autore espone nel suo libro ?
A chi ben riflette, il compito della critica b i bliografica dovrebbe appunto esser quello di dare un riassunto del libro che si esamina, e farne una critica abbastanza ampia, ma abbisognerebbe allora die i critici fossero quasi tanti, quanti i libri che si pubblicano, od almeno che il numero delle opere che vedono la luce non fosse così grande.
Comunque, bisogna fare di necessità virtù, e nel mentre sul libro del sig. Godin vorremmo aprire una larga discussione, ci limiteremo per forza mag giore a trattarne quanto lo spazio ci permette.
Innanzi tutto devesi premettere die I’ opera del sig. Godin non si intenderebbe bene se non si co noscesse qualche cosa della sua vita. Il Journal des
Economistes nel fascicolo del settembre 1881 con tiene un articolo del sig. Limousin nel quale, sotto il titolo Le familistère de Guise sono date alcune notizie biografiche sul sig. Goditi, vi è fatto cenno della sua dottrina, ed è descritto il Familistero da lui fondato ed il sistema col quale è retto. Il signor Godin nel -1840 era semplice operaio di fucina, quando pensò di stabilire nel suo villaggio natale di Esquehèries una nuova industria, quella degli utensili da cucina in ghis i ; e sei anni dopo si tra sportava a Guise dove apriva una fabbrica più grande, che in breve tempo raccoglieva oltre mille
operai. Il valore di questi ed altri stabilimenti di cui il sig. Godili è ora solamente amministratore- gerente, essendosene disintei essalo con una somma di tre milioni, è calcolato ad oltre quattro milioni e mezzo di lire. Il sig. Godin contribuì con una somma importante alla impresa di colonizzazione del Tex:.s tentata dai sigg. Considórant et Brisbane, fece anche parte del Consiglio direttivo che sedeva a Parigi e fu sul punto di andare egli stesso in Ame rica ad aiutare coll’opera propria l’ impresa. Imbevuto delle idee di Fourier, il sig. Godin, quando si pose all’opera da sè stesso, le modificò non poco, ed in fatti il Familistero che fondò a Guise è molto diverso dal Falanstero del suo antico maestro. Nel F a m ili stero, grande palazzo a tre piani ed a tre ali, che raccoglie in appartamenti separati le diverse famiglie addette allo stabilimento, si trovano quasi tutti i comodi della vita ; un magazzino cooperativo serve di mer cato; la polizia del locale è invigilata da appositi impiegati ; gii abitanti del familistero godono di completa libertà, ma gli atti che turbano la tran quillità generale sono puniti con amenda di 5 lire
mentre i recidivi sono scacciati. Scuola, asilo in fantile, a silo ,pei lattanti, società musicale, società drammatica, completano le istituzioni del Familistero.
L ’ organizzazione economica di questa istituzione si fonda sulla divisione in tre classi del personale,
associés, societaires e participants. I primi devono avere 23 anni, risiedere nel Familistero, sapere leg gere e scrivere, possedere almeno 500 lire del fondo sodine ed essere accettati come tali dalla assemblea generale. Nel mentre hanno diritto di priorità in caso di deficenza di lavoro, godono dei benefici con titoli della società, cioè quote di risparmio. Essi soli formano l’assemblea generale. I secondi, cioè, i so-
ciétaires, debbono avere 21 anno, abitare e lavorare da 3 anni nel Familistero, ed essere ammessi dai Consiglio e Amministratore-gerente. Anche questi vengono pagati del loro lavoro in titoli sociali. F i nalmente i participants devono avere 21 anno ed essere ammessi dall’ Amministratore-gerente.
La distribuzione del prodotto viene così stabilita. Dal prodotto lordo si prelevano innanzi tatto le spese di produzione, poi le spese necessarie ai ser vizi dei bambini e delle assicurazioni, ed infine l'interesse del 5 per cento al capitale. Degli utili netti che così rimangono, il 23 per cento vien as segnato al fondo di riserva che dovrà essere impie gato ogni qualvolta raggiunga il decimo del fondo sociale, a riscattare, prima il capitale fornito dal fondatore (4 m ilioni e mezzo) poi le quote di r i sparmio degli associés e dei societaires, e finalmente a costituire un capitale comune dell’associazione. Il 5 per cento è diviso tra il lavoro ed il capitale in parti eguali, ma gli associés hanno il doppio dei
participants e i sociétaires, una volta e mezza la quota di quelli. Infine il 12 per cento è riservato ali’Arnmimslratore gerente, il 9 per cento ai mem bri del Consiglio (eletti dagli associés), il 2 0|0 al Consiglio di sorveglianza, ed un altro 2 per cento è lasciato a disposizione dell’ Amministratore gerente per rimeritare gli impiegati ed operai che si distingues sero con servizi straordinari.
470 L ’ E C O N O M I S T A
29 luglio 1883
tralascieremo per ultimo di notare che il principio del sig. Godin è « che il concorso della Natura in tutti i fatti della produzione, rappresenti la parte dei deboli, dei malati e degli invalidi, ciò infine che l’ umanità deve a quelli che hanno bisogno ». La assicurazione è quindi obbligatoria ai membri del Familistero.
Abbiamo cosi largamente - in relazione ad un cenno bibliografico - parlato ilei Familistero inquàntochè ci risparmia questa esposizione di parlare troppo del libro. Il sig. Godin esprime in una sua lettera al Journal des Economistes il seguente concetto di cui bisogna tener conto: « A mio avviso i veri partigiani dolla democrazia sono quelli che deside rano che ciascuno abbia accesso a tutte le funzioni secondo la sua capacità ed il suo merito, che ogni privilegio sia tolto, e che le regole della giustizia siano introdotte in tutti rapporti tra gli uomini.... la vera democrazia, la democrazia organizzata, è la gerarchia nel merito del sapere, della capacità, sta bilita senza privilegi e senza errori in tutte le fu n zioni, in vista del gran bene di ciascuno. »
Dopo queste parole nulla di sorprendente se il si gnor Godin, il quale, bisogna pur riconoscerlo, è riuscito a fondare una associazione sotto' molti aspetti degna di ogni considerazione, si perde nel vago e nella astrazione quando nel libro che qui presentiamo ai nostri lettori pretende di applicare le sue idee alla intera società. Il sig. Godin si meraviglia che osser vando il suo Familistero gli venga detto: ma oc corsero la vostra volontà, la vostra esperienza, il vostro capitale per formarlo. E risponde : — pre- tenderebbesi forse che si fosse formato senza fonda tore e senza capitale e senza statuti ?
Ora quando nel suo libro l’Autore, per raggiun gere la felicità di tutto il genere umano, domanda che la guerra sia abolita, che le nazioni si associno per il rispetto della pace, per la protezione e conser vazione della vita umana, e per far prevaler la g iu stizia sulla forza nel governo delle società, che gli strumenti di guerra sieno cambiati in utensili di pace, che il libero scambio sia stabilito; — quando do manda che venga inaugurato in ogni comune il prin cipio obbligatorio della mutualità così che nessuno possa essere abbandonato alle torture della miseria, che nelle scuole le promozioni sieno accordate al solo merito, che gli impieghi pubblici sieno conferiti a chi è più adatto a disirnpegnarli ; — quando vuole che nella produzione e ripartizione della ricchezza imperi la giustizia distributiva, che il salario sia tenuto nella stessa considerazione dell’ interesse, che i profitti sieno divisi dietro il principio dì equità:
« a ciascuno secondo il valore del suo concorso e
dei suoi set-vizi » ; — quando domanda che la pro prietà sia devoluta allo Stato mediante la riforma dell’eredità e che sieno tolte in tal modo le imposte e compiuti gratuitamente i servizi pubblici ; — quando infine vuole che lo Stato fornisca le abitazioni dietro un determinato modello ecc. eco. vi è luogo ad una semplice osservazione che abbraccia tutto il sistema.
È possibile che il sig. Godin abbia saputo e po tuto nel suo Familistero stabilire e mantenere tutti questi principi; ammettiamo come concessa la cosa ; ina si tratta di mille uomini. Avrebbe saputo e potuto il sig. Godin raggiungere lo stesso scopo se si fosse trattato di centomila? — E se no, come è certo, per organizzare secondo il suo concetto la uma nità quanti Godin ci vorrebbero? — e quanti cen e
sono? — 0 non è chiaro che l’aver dovuto stabi lire delle multe di S lire per i disturbatori del Fa milistero e l’ aver facoltà di cacciare quelli che fos sero recidivi, e una prova evidente della possibilità di attuare sim ili idee solamente in piccole propor zioni? — Che farebbe il sig. Godin dei recidivi quando si trattasse della organizzazione di tutta l’ uma nità? L i caccerebbe fuori della umanità? — E se i ribelli alle regole del Familistero (e potrebbero es sere legittimi ribelli quando trovassero un Godin meno buono ed onesto e filantropo del nostro Autore) fossero prevalenti?
Per l’attuazione ili simili generose utopie pare più logico Bakounine, che vuole la distruzione della umanità, per poi, a quella che si riproducesse, ap plicare una nuova organizzazione.
Però la scienza è là ad avvertirci che ad eguali cause succedono eguali effetti ; e se i nuovi uomini avranno la natura dei vecchi ; la nuova umanità non sarà dissimile alla attuale.
Berlini avv. Raimondo. — Del Valore, Saggio di Eco
nomia politica. — Torino, Fodratti, 1883.
Le ricchezze sono economicamente tali quando uti lità e lavoro umano siano concorsi a produrle, ed al lora divengono permutabili; quindi la ricchezza si definisce: la cosa l’utilità della quale fu ridotta dalla potenza all’atto a mezzo del lavoro umano. Si com prendono tra le ricchezze anche quelle così dette immateriali. I due requisiti di utilità e lavoro attri buiscono valore ad una ricchezza che vale un’altra ricchezza quando è degna e meritevole di essere data e ricevuta in cambio di essa.
« Il valore poi delle ricchezze varia col variare della rispettiva misura in cui ciascuno degli elementi suoi costitutivi concorre: per cui, quando l’ elemento utilità prevale sull’ elemento lavoro, il valore della cosa si alza e la produzione ed il consumo della medesima aumentano per conseguenza immediata: e quaudo per contrario l ’elemento lavoro prevale sull’ elemento utilità, il valore della cosa si abbassa e la produzione ed il consumo della medesima diminuiscono. » Siccome però l’apprezzamento di questi elementi costitutivi di pende dalla intelligenza umana che subisce l’influenza di varie circostanze, così il valore varierà col variare di tutte le circostanze che possono influire sopra detto apprezzamento.
Questo è il concetto sommariamente esposto dalle prime venti pagine dell’opuscolo.
29 luglio 1883 L’ E C O N O M I S T A 471
ciascuna industria i produttori siano in efficace con- j
correnza fra loro, il quale fatto diventa difficile collo \ accrescere della civiltà, poiché mentre il lavoro ca
pitale sotto forma di denaro può essere impiegato
j
in tutte indistintamente le industrie, il lavoro indi viduale non può impiegarsi in qualunque specie di occupazioni ma solamente, nella universalità dei casi, in un dato numero di occupazioni comprese in una determinata cerchia.E qui l’Autore divide i lavoratori in quattro ca tegorie: quelli che dispongono solo di forza fìsica,
i quali soi o esclusi da lutti i lavori che richiedono qualche altra cosa che non sia la sola forza fisica; — quelli che si procurano una abilità speciale me diante un tirocinio e possono esercitare un mestiere, e questi sono esclusi « da tutte le altre occupazioni che non richiedono solamente forza fisica od abilità,-» — quelli che apprendono un’arte mediante un tiro cinio più lungo e possouo attendere ad una occu pazione ancora più elevata, « ma rimangono esclusi dalle occupazioni che richiedono scienza; » — final mente quelli che possona spendere la metà della loro vita par attendere ad apprendere una scienza, ed avranno libera scelta per le occupazioni più pro ficue ed importanti, e potranno intraprendere l ’eser cizio dello così dette professioni liberali. Premessa questa divisione l’ Autore crede « che il costo di produzione regoli il cambio dei prodotti di lavoranti che sono impiegati in occupazione di specie diversa, purché nelle rispettive cerehie di occupazioni siano in efficace concorrenza fra di loro ; » perchè nel co- j sto di produzione non dehbesi soltanto comprendere J il lavoro « che è immediatamente necessario per la produzione, ma il lavoro altresì che sia necessario all’ uomo per acquistare l’abilità, l’arte o la scienza che è necessaria alla produzione stessa. »
L ’ Autore vieue poi a cercare se al lavorante spetti un compenso per la sua capacità, e risponde affermativamente aggiungendo che « la misura di un tale compei so sarà determinata dall’ordine di oc cupazioni, dalla categoria di lavoranti a cui il la voratore appartiene. » E conclude: « quando i la voratori appartenenti ai quattro grandi ordini di oc cupazioni siano in efficace concorrenza fra di loro, il principio del costo di produzione governerà il va lore di cambio in tutta le transazioni che hanno luogo entro le diverse cerehie di occupazioni, e in tutte le transazioni che hanno luogo fra contraenti che appartengono a diverse cerehie di occupazioni. »
Segue un ultimo capitolo sul prezzo.
Reso conto delle idee esposte dal signor Berlini senza discuterle e senza dividerle, ci permettiamo questa sola domanda. Non pare all’Autore che tra la prima e la seconda ventina di pagine corra una contradizione od almeno uno slegamento tale che lascia incomprensibile tutto il lavoro. Non aveva detto da principio che i l valore varia rolla utilità e col costo, anzi colla intelligenza dell’ uno e dall’ al tro? — E come conclude poi che il solo costo re gola il cambio? — E come spiega in questo ultimo caso il famoso esempio del diamante trovato a caso, o del quadro di Ralladlo?
Noi temiamo che il lavoro dell’ Autore, pure avendo qualche pregio, manchi di un concetto unitario che lo giustifichi.
Prof. A. J. Db Jo hannis.
SOCIETÀ 0! ECONOMIA POLITICA DI PARIGI
( Seduta del 5 luglio)
Venne adottata come argomento di discussione la seguente questione proposta da Levasseur : Esiste Í una rendita distinta dall' interesse del capitale, dal
salario del lavoro e dal profitto dell’ industria, e, se si, questo fenomeno si produce esso rn altri casi
! oltre quello del possesso della terra?
Levasseur dopo breve storia delle dottrine che sono state propugnate a proposito della rendila r i chiama la teoria di Ricarde che per primo distinse la rendita dal prodotto netto. — La rendita, ha detto Ricardo, è quella porzione di prodotto che si paga al proprietario per avere il diritto di trar pro fitto dalle facoltà produttive, e interminabili della ¡ terra. — Ecco, dice Levasseur, la definizione e la teoria sulla quale la rendita è fondata. G li uomini, hanno dovuto cominciare per coltivare i terreni i più produttivi e finché questi terreni sono stati si abbondanti da bastare a tutto il consumo, non vi è ! stata rendita; ma allorché l’ accrescimento della popolazione li ha resi insufficienti, è stato neces sario che diversi coltivatori dissodassero dei terreni mono produttivi, e che i consumatori pagassero il grano al prezzo che costava la produzione su questi ultimi terreni ; il prezzo del grano è naturalmente cresciuto e i coltivatori dei prim i terreni hanno avuto un eccedente di prodotto, che costituisce pre cisamente la rendita, Allorché poi l’ accrescimento della popolazione ha fatto mettere in cultura terreni di terza qualità, i prezzi hanno proseguilo ad aumentare; la rendita è cominciata allora per i terreni di seconda qualità ed è aumentata per quelli di prima qualità. E così di seguito. L ’ osservazione di Ricardo, dice
Levasseur, è vera, quantunque si possa obiettare che il fenomeno della rendita che rappresenta l’ azione cooperativa si produce e può prodursi legittimamente anche per l’ ultima qualità dei terreni coltivati. Eco nomisti di valore, come Bastiat in Francia e Carey in America hanno tentato di rovesciare la teoria della rendita, ma non vi sono riusciti. Però, secondo
472 L ’ E C O N O M I S T A
29 luglio 1883
altri ¡strumenti, o sugli altri lavoratori dello stesso genere, fruisce di una rendita. Un fabbro ha una gran forza muscolare, e poiché fa una maggior quantità di lavoro degli altri operai, egli riceve un salario più alto : esso ha pertanto una rendita. E dopo aver recato altri esempi di questo genere l’o ratore termina dicendo che sia che si tratti di un uomo o di un terreno, la rendita non pesa mai sul prezzo dei servizi, dei prodotti o delle merci : que sto prezzo si stabilisce dalla generalità dei bisogni. Bisogna adunque provocare la produzione del valore, lo sviluppo delle intelligenze e sforzarsi a far sì che come le terre, esse diano la rendita possibilmente la più elevata.
Tounisseatix vorrebbe che Levasseur esprimesse un giudizio più positivo sulla rendita, desiderehbe specialmente veder dichiarare se la rendita è un bene o un male e cita diversi esempi tolti dalla vita delle grandi città, che mostrano fra le altre cose, letterati senza talento che con libri immorali scritti senza pena e senza fatica, guadagnano molto più di scrittori coscienziosi, autori di op'ere sarte e utili, ma a cui il pubblico ricusa la consacrazione di una fama profittevole.
Levasseur non fa, dice, l’elogio della rendita pro priamente parlando. Fa soltanto notare che essa è come un premio accordato agli ¡strumenti del lavoro dotati di doni naturali, alle facoltà naturali degli uomini, come alle proprietà feconde delle terre. E gli si ricusa ad ammettere un assimilazione, o anche un confronto fra la rendita della terra, e il prodotto di un libro buono o cattivo.
Coste rende omaggio all’eccellente esposizi ne di Levasseur, ma vuole precisarla con alcune cifre. Egli suppone un fondo rustico che valga 20 mila franchi e che sia coltivato da un contadino proprietario; questi ne trae una rendita di 2000 franchi, nella quale si trovano insieme confusi e il salario del suo lavoro, e il profitto della sua industria e l’ in teresse del suo capitale, e la rendita del terreno nel senso che hanno dato a questa parola Adamo Smith, Ricardo e ultimamente Levasseur. Am m et tiamo che il contadino proprietario cessi di lavorare le sue terre ; egli prenderà degli operai e abbando nerà loro la metà della sua rendita agricola, cioè 1000 franchi : gli resteranno così 100Ò franchi per suo profitto, pel suo interesse e per la sua rendita tutto insieme. Ammettiamo anche che lo stesso proprietario voglia esonerarsi dalla sorveglianza o dai rischi della sua industria; locherà la sua p ro prietà, ad un affittuario e subirà per questo titolo una nuova riduzione della sua rendita primitiva. L ’ affittuario avrà circa 500 franchi per remunerarsi del suo lavoro di sorveglianza e del prodotto del suo capitale di esercizio, cioè a dire del suo affitto; il proprietario non avrà più che 500 franchi, cioè a dire il quarto circa della rendita totale del podere e questo quarto, che costituisce l’affitto, dovrà com prendere simultaneamente l’interesse del capitale fisso incorporato nella terra (costruzioni, piantagioni, fossati, miglioramenti eoe.), e la rendita del terreno cioè a dire il prezzo supposto della sua fertilità naturale, e della sua situazione più o meno vantaggiosa. È questa teoria. La quale, secondo l’oratore non è contesta bile in principio, poiché vi si scorge che in certe con dizioni, almeno per ciò che concerne la rendita agri cola, la rendita del terreno è ben distinta dal salario del lavoro dal profitto dell’ impresa, e dall’ interesse
del capitale. Ma egli domanda di conoscere se in realtà nella maggior parte dei casi, e particolarmente hi un paese ben coltivato e civilizzato come la Francia, la realtà si trovi d’accordo con la teoria. E questo, Coste crede, che sia dubbio.
Beaurin Gressier si propone di precisare la dot- Irma ili Bastiat nella materia della rendita della
terra. Sarebbe inesatto egli dice di credere che Bastiat attribuisse al lavoro solo il valore della pro prietà fondiaria. Egli si fondava al contrario sulla teoria del valore per negare V esistenza della ren
dita. Secondo quell’emiaente scrittore, la proprietà fondiaria, la terra è un istrumento di produzione analogo a tutti gli altri, governato, quanto al valore, dai medesimi principi. Il fondamento di questo va lore non si trova più nel lavoro che nell’ utilità, rarità e nella spesa di produzione e come tutti gli strumenti la terra è sottoposta alle legge generale deH’ofierta e della domanda, e il suo valore si ac cresce in ragione dei servizi che rende al proprie tario; minimi qui oggi, rilevanti altrove domani. Alla pari degli altri strumenti di produzione, la terra non è suscettibile di dare prodotti spontanei, e non è che per l’ effetto dei suoi sforzi che l’ uomo trae dalla terra, come da tutte le forze e da tutti i materiali della natura, i mezzi di produrre dei ser vizi nel centro degli scambi generali. L ’oratore ag giunge che è per una deplorabile metonimia che si è arrivato a dire che la terra fornirebbe dei prodotti ; essa è semplicemente e puramente un agente di cui l’ uomo si serve per procurare dei servigi a se stesso, o per renderne agli altri. Se ci si fonda, egli conchiude, su questo concetto dell’ istru- merito terra è fàcile stabilire che la rendita che se ne trae, va divisa fra i compartecipanti abituali di ogni impresa umana cioè il capitalista, I’ intrapren- ditore dell’ industria e i salari; ma è impossibile di ammettere che una porzione speciale e fuori parte sia riserbata al proprietario fondiario per ragione delle facoltà produttive e inesorabili del suolo.
Levasseur replicando alle obiezioni fatte, dice che certamente vi sono dei capitali rilevanti che qualche volta i possessori hanno incorporato nelle terre, e che è deplorabile che non se ne possa recuperare sempre l’ i nleresse nel prezzo di vendita dei pro dotti. Ma, secondo l’oratore, questo prezzo di ven dita, non vien determinato necessariamente dal prezzo della rendita media. E gli conclude che la rendita lungi dal regolare il prezzo del grano è regolata da questo.
Courtois tiene a costatare che l’espressione affitto no i è in economia politica sinonimo della parola
rendita. L afiìtto comprende oltre la rendila propria del terreno, e resultante dalle sue qualità primitive anteriori a ogni lavoro, l’ interesse dei capitali im pegnati nel suolo stesso, o impiegati in costruzioni attrezzamenti eoe. Ciò posto l’oratore passa a spiegare le origini delle idee sviluppate da Bastiat a propòsito della rendita e dice che la rendita è una cosa utile e uno stimolante senza cui l’ uomo non sarebbe tentato di appropriarsi un agente naturalo, per trarne profitto, e questa rendita è la sua ricompensa per il coraggio che egli ha di rischiare i suoi capitali e il suo lavoro applicandoli a un terreno incolto. La rendita, conclude l’oratore, esiste, ed è un ¡stru mento di progresso che contribuisce a eguagliare le condizioni.
29 luglio 1883 L ’ E C O N O M I S T A 473
ritenersi che tutti sono d’ accordo nei fondo della questione. Egli dice che in principio la rendita esiste ma che la parte della rendita netta tende a decre scere come elemento dell’affitto delle terre e per conseguenza la parte, nell’ interesse dei capitali fissi incorporati nel terreno, tende ad aumentare, e a doveutare interamente preponderante, se non unica.
Letort fa osservare che esistono dei beni com - presi sotto il nome generale di Terra che dimo strano forse più nettamente che il suolo arativo, l’ esistenza naturale di questa « rendita » sulla quale si discute: tali sono gli stagni, i prati naturali, i boschi, ecc., che danno un prodotto sovente im portantissimo al proprietario, senza che questi abbia bisogno di spendervi nè capitali, nè lavoro per trarne profitto.
Abzac riferendosi più sppcialmente alla seconda parte della questione, domanda, perchè la maggior parte delle persone interessate a questi studi "eco nomici elevati, fanno distinzione fra due proprietà nel fondo similari, omogenee; la proprietà cioè or dinaria dei beni delle ricchezze di ogni specie, e la proprietà detta artistica e letteraria.
Levasseur insiste sulla distinzione che egli crede dover mantenere fra questi due generi di proprietà, fra ì due ordini di fatti di cui sì tratta. Egli con clude che nella sua esposizione non ha inteso prin cipalmente considerare che la proprietà delle cose dette materiali.
Passy opina che la vera dottrina in proposito sia quella che considera la terra non già come un agente attivo, ma come un ¡strumento passivo, un ricettacolo di servizi una macchina da produrre in attesa della mano dell’ uomo. Quanto poi alla rendita industriale, artistica, letteraria, egli dice che è tutto ciò che vi può essere di più legittimo, inquantochè è la r i compensa della superiorità, il premio accordato al l’eloquenza, alla destrezza, al talento, all’abilità com merciale.
Cieszkotvski considera la rendita come un entrata avente il carattere di perpetuità.
Dopo di che la seduta è sciolta.
11 commercio italiano nel primo semestre del 1883
La Direzione Generale delle Gabelle ha pubblicato la statistica del nostro commercio internazionale per il primo semestre, e complessivamente essa ci offre la somma di L. 1,3 i l ,111,51 4 di cui L. 719,268,929 per la importazione, e L. 621,842,384 per la esporta zione. Nello stesso periodo dell’anno precedente si aveva avuto un movimento totale di L. 1,217,719,073 di cui L. 639,239,937 per l’ importazione, e L .378,459,136 per la esportazione. Così nel semestre dell’ anno cor rente il commercio ebbe uno sviluppo maggiore di L . 123 milioni di cui 80 per la importazione e 43 per la esportazione (notiamo che a pag. 17 del bol lettino della Statistica è incorso qualche errore, poiché le somme delle differenze non corrispondono alle dif ferenze dei totali ; infatti la differenza della im por tazione tra i due semestri e di L. 80,008,992 e non di 80,028,992).
Quattro categorie concorrono specialmente all’au mento della importazione e sono: la prima (spiriti,
bevande ed olii) per oltre 9 m ilioni e mezzo. Y i è
infatti una maggior entrata di 62 mila ettolitri di spi
rilo puro in botti, di 36 mila quintali A’olio d'oliva, e di 40 mila quintali A'olii minerali rettificati.
La sesta [cotone], dà una maggiore importazione di 10 1
12
milioni dovuta quasi interamente a mag gior entrata di materia prima cotone in bioccoli o inmassa per 76 mila quintali.
La dodicesima [minerali metalli e loro lavori] che diede un aumento di 37 milioni; di questi però 4 e mezzo sono dovuti a maggiore entrata di monete d’oro e 22 e mezzo a maggiore entrata di monete d’ argento. Le altri voci non presentano grandi va riazioni ove si eccettui la ghisa lavorata, le rotaie per ferrovie, le macchine la cui introduzione è in aumento.
Finalmente la quattordicesima categoria, (cereali,
farine, paste e prodotti vegetali), che dà un aumento di entrata di IO milioni. Entrarono in Italia nel se mestre 30 mila tonnellate di grano, di riso 33 mila tonnellate, di crusca 84 mila quintali, 28 mila di
carrube, e ,73 mila di semi oleosi, più che nel se mestre corrispondente del 1882, e questi aumenti non furono annullati da 58 mila quintali di gran
turco esportali in meno in quest’anno.
In quanto al movimento della esportazione, che come vedemmo offre un aumento di 43 milioni, vi concorsero principalmente cinque categorie. Cioè la prima (spiriti bevande ed ohi) per oltre 27 milioni, la esportazione del vino in botti arrivò ad un m i lione e mezzo di ettolitri con un aumento di quasi un milione di ettolitri sull’ anno precedente; aumentò pure di 1 1 mila quintali l’ uscita di olii fissi, e di 30 mila quintali quella dc\\’olio d’oliva (notiamo a proposito dell’olio d’oliva elio alcuni giornali ferman dosi solamente sulle cifre del valore, hanno annun ciata la diminuzione di uscita di o m ilioni; però questa differenza è dovuta alla mutazione del prezzo unitario da L. 140 a 120 per quintale, mentre e f fettivamente vi è un aumento di uscita di 30 mila quintali).
Anche la categoria sesta (cotone) dà un aumento ili 6 milioni, dovuto interamente alla maggiore uscita di 43 mila quintali di cotone in bioccoli o in massa di cui vedemmo cresciuta la entrata per 76 mila quintali.
Notevole è l’aumento di esportazione della cate goria quindicesima [animali, prodotti e spoglie d’ani
mali) per oltre 13 milioni. Vi concorrono special- mente il bestiame ed il corallo, il primo dà una maggior uscita di 20 mila capi di bestiame bovino, 12 mila di ovino e mille di caprino, il secondo di 8740 chilogrammi di corallo lavorato. Sono invece in diminuzione le uova di pollame di cui ne usci rono 134 mila quintali invece di 161 mila.
La maggiore uscita della categoria dodicesima
[minerali, metalli e loro lavori) per 4 milioni, è dovuta specialmente al movimento delle monete d’oro.
E per la categoria quindicesima (cereali farine e
paste ecc.) è dovuta principalmente alla maggior uscita degli aranci e limoni, di cui si esportarono 203 mila quintali più del 1882.
L ’ E C O N O M I S T A 29 luglio 1883 474
si conoscono le cause e nelle notizie commerciali che settimanalmente pubblica l’Economista abbiamo cer eato di seguire il cnminciamento e lo sviluppo di questa crisi. É un fatto che le fabbriche non si prov vedono più della materia prima che quasi a giornata e che la campagna serica terminata non Ita ancora rotta questa perplessità e questa incertezza cosi dan nosa a produttori. — Tutto ne indica però che una ripresa debba avvenire e che l’ attuale condizione non sia cbe un differimento delle contrattazioni.
11 movimento però del nostro commercio durante questo primo semestre, sebbene influenzato dalla abo lizione del corso forzoso, non può nel complesso che riuscire confortante.
In base alla statistica, dedotto il movimento dei metalli preziosi, abbiamo una eccedenza della im por tazione di poco più cbe 3 i ]|2 milioni di lire; il cbe darebbe in proporzione all’ anno intero, circa 69 mi lioni di eccedepza della importazione. Erano stati 76 m ilioni nel 1882 e 74 nel 1881. E se notiamo che in genere cresce la importazione della materia prima e diminuisce quella dei manufatti, e cbe d'altra parte continua ad essere prosperose la nostra esportazione agricola mentre quella industriale accenna per qualche ramo a farsi strada, vi è da concludere cbe l’ eco nomia nazionale prosegue nella sua via di progresso.
COMMERCIO ESTERO DELL’ URUGUAY
corrispondente a l i ’ anno 1882 comparato coI 1881
Da una recentissima pubblicazione della Direzione della statistica dell’U ruguay rileviamo cbe il valore complessivo della importazione ed esportazione (com mercio speciale) secondo il valore attribuito alle merci dalla tariffa delle valutazioni ufficiali delle Dogane raggiunse nel 1882 la somma di Piastre 40,157,734 con un aumento sull’anno anteriore di Piastre 1,989,338.
Esaminandi» i paesi di provenienza e di destina zione troviamo cbe le seguenti nazioni hanno impor tato ed esportato nel biennio 18,81 e 1882 merci per i seguenti valori : Importazione P R O V E N I E N Z E A N N I P I Ù N E L - _ -1882 ASSA I n g h i l t e r r a ... 4 , 4 5 4 , 8 4 5 5 , 3 8 1 , 0 5 4 » 9 2 6 , 2 0 9 F r a n c i a ... 2 , 6 - 2 6 ,5 6 0 2 , 9 0 6 , 9 4 9 » 2 8 0 , 3 3 9 B r a s i l e ... 2 , 2 0 4 , 7 4 5 2 .1 9 3 , 4 9 - 2 1 1, 2 5 3 » S p a g n a ... 2 , 0 0 1 , *¿95 1 , 8 9 4 , 4 6 3 1 , 1 0 6 , 8 3 2 » G e r m a n i a ... 1 , 4 0 4 , 6 9 2 1 , 1 8 1 , 1 4 5 2 2 3 , 5 4 7 » S t a t i U n i t i . . . 1 , 4 3 6 , 7 1 1 1 ,2 6 9 , 7 7 8 1 6 6 ,0 3 3 » I t a l i a ... 1 ,2 4 3 , 5 7 1 1 , 0 3 2 , 1 9 4 2 1 1 , 3 7 7 » R e p u b b l i c a A r g e n t i n a 6 4 9 , 8 9 8 4 6 4 . 0 1 8 1 8 5 , 8 8 0 » C h i l i ... 4 9 1 , 5 3 2 1 3 4 , 8 8 8 3 5 6 , 6 4 4 » B e l g i o ... 3 7 4 , 7 4 7 4 5 3 , 7 6 4 » 7 9 , 0 1 7 O l a n d a ... 1 8 5 , 8 0 3 1 4 4 , 2 2 7 4 1 , 5 8 6 » I s o l a d i C u b a ... 1 3 7 , 0 8 1 1 5 5 ,7 9 1 » 1 7 , 8 0 7 P a r a g u a y ... 1 2 0 , 0 6 5 1 1 4 , 4 8 0 6 , 5 8 5 » P e r ù I n d i a , C h i n a e G i a p -5 1 , 4 9 -5 1 3 .1 5 6 3 8 , 3 3 9 p o n e ... 4 7 , 3 2 5 8 4 , 9 6 5 » 3 7 , 6 4 0 S v i z z e r a ... 2 5 , 1 1 2 3 2 . 5 8 0 » ■ 7 , 4 0 8 P o r t o g a l l o ... 2 1 , 6 8 2 4 3 , 3 7 5 * 2 1 , 6 9 3 S v e z i a e N o r v e g i a . . 4 , 6 1 5 8 , 2 6 8 * 3 , 6 8 3 R u s s i a e D a n i m a r c a . 3 , 1 7 9 1 , 1 9 0 1 ,9 8 9 » S . C r o c e ... 5 6 9 1 , 8 4 4 » 1 ,2 7 5 2 6 7 A u s t r i a e U n g h e r i a . 3 1 9 5 8 6 » P o r t i n o n d o t e r m i n a t i 6 8 8 , 0 4 6 4 0 6 , 6 7 7 2 8 1 , 3 6 9 » To t a l e . . . 1 8 , 1 7 4 , 8 0 0 1 7 , 9 1 8 , 8 8 4 2 , 6 3 1 , 3 3 4 1 , 3 7 5 , 4 1 8 D i m i n u z i o n e n e l 1 8 8 2 » 2 3 5 , 9 1 6 » 2 5 5 , 9 1 6
1 valori ufficiali si distribuiscono come segue:
I n m e r c a n z i e s o g g e t t e a d a z i o ... I d . l i b e r e d a d i r i t t o . i i 1 7 , 3 7 6 , 7 3 7 1 1 6 , 7 7 9 , 3 9 0 7 3 8 , 0 6 3 1 , 1 3 9 , 4 9 4 I 5 9 7 , 3 4 7 ; » 3 4 1 , 4 3 1 To t a l e . . . 1 8 , 1 7 4 , 8 0 0 ; 17. 9 1 8 , 8 8 4 5 9 7 .3 4 7 1 3 4 1 , 4 3 Ì A u m e n t o i n 1 8 8 2 . » 1 2 5 5 , 9 1 6 . » 2 5 5 , 9 1 6 Esportazione D E S T I N A Z I O N E • A N N I ASS2 l§81 P I Ù A SS* N E L ISSI I n g h i l t e r r a . . 5 ,4 2 5 , 6 8 2 1 3 . 1 9 1 , 9 5 9 2 , 2 3 3 , 7 2 3 » F r a n c i a . . . 3 , 6 2 0 , 6 8 6 ; 4 , 0 6 9 , 8 4 7 » 4 4 9 ,1 6 1 B e l g i o ... 2 ,8 6 3 ,8 :1 3 1 1 , 8 7 5 , 7 3 0 9 8 8 , 1 0 3 » B r a s i l e . . . . 2 . 7 7 9 . 8 7 4 3 . 5 1 9 , 6 3 9 » 7 3 9 , 7 6 5 S t a t i U n i t i ... 2 , 3 4 7 , 0 5 4 ! 3 , 8 6 7 , 5 9 4 S 1 , 5 2 0 , 4 4 0 I s o l a d i C u b a . . . . 1 , 0 9 9 , O l i i 6 S 9 . 3 0 2 4 0 9 , 7 0 9 )> R e p u b b . A r g e n t i n a . 9 8 4 , 4 8 9 ! 1 , 0 4 0 , 3 0 2 » 5 5 , 8 1 3 G e r m a n i a ... 3 3 8 , 5 7 7 6 9 ,6 -2 6 2 6 8 . 7 5 1 » I t a l i a ... 3 5 2 ,5 9 3 1 5 8 3 , 0 8 3 » 2 3 0 , 4 9 0 P o r t o g a l l o ... 1 8 8 , 4 8 9 1 7 1 ,1 9 1 1 7 , 2 9 8 » S p a g n a ... 1 5 8 , 2 2 6 2 6 5 , 9 6 6 » 1 0 7 , 7 4 0 C h i l i ... 1 5 2 , 4 3 0 1 1 8 , 1 0 7 3 4 , 3 2 3 » A n t i l l e M a u r i z i o R e u -n i o -n e ... 4 0 , 9 3 2 , 2 8 ,7 -2 9 1 2 , 2 0 3 » S a n t a C r o c e d i T e n e r . 1 3 , 1 4 7 3 1 , 4 0 0 » 1 8 , 2 5 3 C a p o d i B u o u a S p e r a n z a ... 9 , 0 7 9 : 1 2 6 , 6 6 8 » 1 1 7 , , 5 8 9 P a r a g u a y ... 0 , 5 0 2 ; 5 , 2 1 2 3 , 2 9 0 V I n d i a , C h i n a e G i a p p o n e ... 2 ,8 2 0 | 2 0 0 2 ,6 -2 0 » I s o l e M a l v i n e . . . . 5 11 1 . 1 8 4 — 6 7 3 P o r t i n o n d e t e r m i n a i 1 , 5 7 6 9 9 9 , 5 7 3 , 6 7 3 1 , 0 0 3 , 3 2 6 * To t a l e. . . 2 0 . 9 6 2 , 9 3 4 2 0 , 2 2 9 . 5 1 2 4 , 9 7 3 , 3 4 6 . 3 , 2 3 9 . 9 2 4 A u m e n t o i n 1 8 8 2 . . » | 1 , 7 3 3 , 4 2 2 » 1 , 7 3 3 , « 2
f valori ufficia ¡ si reparlooo come segue :
P r o d o t t i d e l p a e s e s o g - I
g e t t i a d a z i o . . . . 2 1 , 0 6 8 , 2 7 4 1 9 ,2 9 6 , 6 5 6 1 , 7 7 1 , 6 1 8 » I d . l i b e r i d i d i r i t t o . . 8 9 1 , 6 6 0 $ 1 2 , 8 5 3 » 3 8 , 1 9 3
To t a l e. . . . 2 1 . 9 6 2 . 9 3 4 2 0 , 2 2 9 , 5 1 2 1 .7 7 1 6 1 8 3 8 . 195 A u m e n t o n e l 1 8 8 2 . . * i 1 , 7 3 3 . 4 2 2 » 1 , 7 7 3 , 4 2 2