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Academic year: 2021

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mente significativi sia per uno studio epidemiologico dei principali cloni, sia per studi di tassonomia e filo-genesi.

L’applicazione delle metodiche classiche di tipizzazio-ne molecolare (PFGE::ClaI-mecA::ClaI-Tn554), insieme ai dati della MLST, elaborati mediante l’algo-ritmo BURST e alla caratterizzazione delle diverse SCCmec, hanno permesso al nostro gruppo di ricerca di intraprendere uno studio sulle correlazioni genetiche degli MRSA diffusi in Italia, predire il genotipo ance-strale dal quale discendono attualmente due dei cloni maggiormente diffusi, ”Romano” e “Italiano” e stabi-lire le relazioni evolutive che intercorrono tra questi rispetto ai cloni di S.aureus più diffusi in ambito inter-nazionale.

Dai nostri risultati è emerso che il clone Romano ha subito, negli anni, un’evoluzione consistente nell’ac-quisizione di due copie del Tn554 e nell’integrazione del plasmide pUB110 a valle del gene mecA (passag-gio dal clonal-type II::NH::C a I::J::C); questi eventi di ricombinazione hanno portato alla modificazione di SCCmec-type da I a IA e l’acquisizione di nuovi deter-minanti di resistenza ha reso questa nuova variante resistente a eritromicina, spectinomicina e clindamici-na e con bassi livelli di sensibilità ai glicopeptidi.

Tali ceppi mantengono inalterato il loro sequence type ST247 (3-3-1-12-4-4-16), PFGE-type (C) ed apparten-gono al agr type I. Al contrario, gli isolati appartenen-ti al clone Italiano mostrano invariate negli anni, le loro caratteristiche fenotipiche (sensibilità a tetracicli-na e rifampicitetracicli-na) e genotipiche (clotetracicli-nal-type II::E::E; ST228: 1-4-1-4-12-24-29; SCCmec I e agr type II), suggerendo l’immediato successo ottenuto da questi ceppi, nell’ambiente.

Attraverso la correlazione con i principali cloni diffusi in ambito internazionale è emerso che gli MRSA appartenenti a questi due cloni si evolvono secondo due linee evolutive differenti.

Gli isolati appartenenti al clone “Romano” hanno subi-to eventi di ricombinazione recenti, ma derivano dallo stesso progenitore dei cloni “Arcaico”, “Iberico” e “Brasiliano”.

Mentre, il background genetico del clone “Italiano”, correlato a quello di ceppi di S.aureus con diverse caratteristiche (MSSA, MRSA e GISA), conferma l’i-potesi del trasferimento orizzontale di mecA tra diffe-renti lineages ancestrali.

Il cambiamento della epidemiologia di S.aurues meti-cillino-resistente è certamente un aspetto molto preoc-cupante, che unito alla sempre maggiore insensibilità agli antibiotici (allarmante è la recente acquisizione del gene vanA), richiede studi sempre più approfonditi al fine di rispondere a quesiti tuttora aperti.

La pressione selettiva degli antibiotici è certamente responsabile della disseminazione di cloni resistenti: un uso corretto degli antibiotici potrebbe evitare alme-no l’aumento indiscriminato nella prevalenza.

S4.4

GRAM-NEGATIVI E NUOVE ß-LATTAMASI Rossolini G.M.

Dipartimento di Biologia Molecolare,

Laboratorio di Fisiologia e Biotecnologia dei Microrganismi, Università di Siena

Dati recenti di sorveglianza epidemiologica indicano che i batteri Gram-negativi multiresistenti stanno riemergendo in modo significativo come causa di infe-zioni nosocomiali. Tra i patogeni Gram-negativi, i principali problemi di chemioresistenza si incontrano attualmente nelle Enterobacteriaceae, in Pseudomonas aeruginosa ed in altri Gram-negativi nonfermentanti, e possono riguardare tutte le principa-li classi di farmaci antimicrobici.

Riguardo agli antibiotici ß-lattamici, che sono i farma-ci più utilizzati per la terapia delle infezioni da Gram-negativi, i più importanti problemi di resistenze emer-genti sono quelli a carico delle cefalosporine a spettro esteso e dei carbapenemi, e il principale meccanismo di resistenza acquisita a questi farmaci è rappresentato dalla produzione di enzimi degradativi (ß-lattamasi), anche se i difetti di permeabilità e i sistemi di efflusso attivo possono contribuire in maniera rilevante, soprat-tutto in alcune specie.

Nelle Enterobacteriaceae i problemi di resistenza ai b-lattamici riguardano principalmente le cefalosporine a spettro esteso, e interessano anche quelle specie (ad es. Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Proteus mirabilis, Salmonella enterica) che non sono capaci di dare origine a mutanti resistenti iperproduttori di una ß-lattamasi endogena di classe molecolare C. Tra gli enzimi acquisiti più frequentemente responsabili di questo fenotipo di resistenza figurano le cosiddette b-lattamasi a spettro esteso (ESBL) di classe A, che idro-lizzano le cefalosporine a spettro esteso e i monobatta-mi, ma non le cefamicine o i carbapenemi. Si tratta più spesso di varianti degli enzimi TEM-1/2 o SHV-1, a codificazione plasmidica, che hanno evoluto la capaci-tà di idrolizzare questi composti a seguito di mutazio-ni puntiformi. Tuttavia possono anche essere coinvolti enzimi di natura diversa, alcuni dei quali presentano una notevole prevalenza in certe aree geografiche (es. le ESBL di tipo CTX-M). Più rara per il momento è la presenza di carbapenemasi a serina (di classe lare A o D) e di carbapenemasi a zinco (classe moleco-lare B), e di ß-lattamasi di classe C a codificazione pla-smidica. In P. aeruginosa i problemi di resistenza riguardano tutti i ß-lattami anti-pseudomonas, compre-si i carbapenemi. In questa specie il repertorio degli enzimi emergenti è ampio e include varie ESBL di classe A (di natura generalmente diversa dai derivati

volume 19, numero 2, 2004 RELAZIONI

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TEM ed SHV; le principali sono gli enzimi di tipo PER, GES/IBC e VEB), ESBL di classe molecolare D (ad es. OXA-10, OXA-18), e le carbapenemasi a zinco di tipo IMP, VIM, SPM e GIM.

Queste ultime destano particolare preoccupazione a causa del loro spettro di substrati estremamente ampio (che include praticamente tutti i ß-lattami ad eccezione dei monobattami) e della loro insensibilità agli inibito-ri enzimatici attualmente disponibili.

In Acinetobacter, infine, la resistenza acquisita ai bapenemi può essere mediata dall’acquisizione di car-bapenemasi a serina di classe D (ad es. OXA-23, OXA-24) o di carbapenemasi a zinco di tipo IMP o VIM, che rappresentano i principali tipi di ß-lattamasi acquisite emergenti in queste specie.

La disseminazione dei geni per le ESBL e le carbape-nemasi che attualmente circolano nei patogeni Gram-negativi è dovuta alla loro associazione con elementi genetici mobili di varia natura (plasmidi coniugativi, trasposoni, cassette genetiche mobili inserite in inte-groni), che possono permettere più livelli di mobiliz-zazione, e alla espansione clonale dei ceppi che hanno acquisito il gene di resistenza.

La rilevazione dei ceppi produttori di ESBL e di car-bapenemasi acquisite rappresenta un aspetto molto importante nel laboratorio di batteriologia clinica, sia a scopo diagnostico sia per la sorveglianza epidemiolo-gica di questi geni di resistenza.

Il fenotipo di resistenza può essere suggestivo per la produzione di alcuni di questi enzimi, ma non è un indicatore sufficientemente sensibile e specifico.

Numerosi test fenotipici sono attualmente disponibili per la rilevazione dei ceppi produttori di ESBL e di carbapenemasi a zinco.

L’identificazione precisa del gene di resistenza richie-de tuttavia l’impiego di indagini molecolari.

S4.5

DETERMINAZIONE DELLA FARMACORESISTENZA DI HIV Menzo S.

Istituto di Microbiologia, Università di Ancona

Dopo alcuni anni dall’introduzione delle terapie antire-trovirali di combinazione con più classi di farmaci, é ormai chiaro che l’obiettivo di eradicare con questi l’infezione da HIV è irrealizzabile.

Per quanto potente possa essere l’azione antivirale, è stato dimostrato che in vivo rimane sempre una residua replicazione virale che, con il tempo, selezionerà varianti resistenti ai farmaci utilizzati.

In un tempo variabile di alcuni anni, che dipende dalle caratteristiche dei composti utilizzati, dalla precedente storia terapeutica di ogni paziente (e eventualmente del

suo virus anche prima dell’infezione) e dalla sua ade-renza alla terapia, sembra inevitabile che il virus diventi resistente a tutte le classi di farmaci antiretro-virali attualmente disponibili.

Per questo motivo rilevare precocemente l’insorgere di virus resistenti è della massima importanza, per poter gestire razionalmente la terapia in ogni soggetto a livello del singolo paziente ma anche a livello di popo-lazione.

Gli strumenti tecnici per assolvere a questo compito non mancano, e si avvalgono di una duplice metodolo-gia.

Da una parte lo studio del genotipo virale, inteso come sequenziamento del genoma virale ed interpretazione delle combinazioni di mutazioni associate a resistenza, dall’altra l’analisi fenotipica, ossia lo studio del virus isolato dai pazienti (o di chimere ricombinanti con por-zioni genomiche amplificate ex vivo) e cimentato in vitro con i farmaci.

Quest’ultimo approccio è complesso, molto più labo-rioso, non è eseguibile nella maggior parte dei labora-tori di virologia diagnostica e è perciò estremamente costoso.

Tuttavia il suo impiego è indispensabile per la com-prensione della funzione biologica delle mutazioni di resistenza e per gettare le basi dell’interpretazione genotipica.

Al momento è anche l’unico metodo per determinare la capacità replicativa conferita dalle sequenze mutate e il potere patogeno dei virus resistenti.

In questo scenario il nostro gruppo ha svolto diversi studi per caratterizzare le relazioni tra le sequenze vira-li mutate isolate in vivo e la funzione biologica delle proteine da esse codificate.

Abbiamo messo a punto metodi di ingegneria genetica che permettono l’inserzione nello scheletro del clone molecolare virale NL4-3, opportunamente modificato, di sequenze esogene relative al gene pol o al gene env. Inoltre, esperimenti di mutagenesi sito-diretta hanno evidenziato il ruolo di specifici residui aminoacidici sul fenotipo conferito al virus ricombinante e la possi-bilità di modulare la capacità replicativa di varianti mutagenizzate in vitro.

L’insieme dei dati fenotipici accumulatosi negli anni da parte di diversi laboratori ha permesso una migliore comprensione dei meccanismi molecolari che sono alla base della selezione dell mutazioni.

Nella prospettiva di una continua rincorsa farmacolo-gica ai virus resistenti con l’introduzione di nuovi colmposti antiretrovirali (appartenenti sia a nuove che a vecchie classi) gli studi fenotipici rappresentano uno strumento indispensabile per valutarne l’efficacia anti-retrovirale su ceppi virali multiresistenti e ottimizzare fin dall’inizio il loro impiego.

volume 19, numero 2, 2004 RELAZIONI

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