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CAPITOLO 7
Il soggiorno alle terme
7.1 Il rilancio delle stazioni termali toscane tra XVIII e XIX secolo
Le località termali che riuscirono ad imporsi come mete di villeggiatura nei secoli XVIII-XIX
nacquero grazie ad un’amministrazione locale disposta a fare investimenti per dotare la città di
strutture ricreative e di un assetto urbanistico adatto al consumo del tempo libero (piazze,
passeggiate, parchi), un ceto imprenditoriale disposto ad investire in servizi (alberghi, teatri, sale da
gioco) e il consolidamento, dove possibile, di uno stretto legame con l’Università in grado di
garantire un elevato standard qualitativo nonché un adeguato prestigio alle cure mediche. Lo
sviluppo delle cittadine termali richiese dunque una convergenza tra investimenti nel settore
medico, in quello edile e urbanistico e in strutture per il loisir: questo avvenne soprattutto in
Toscana, dove il governo lorenese, fin dalla metà del XVIII secolo, si prodigò per il rilancio di
numerose stazioni termali in senso ‘turistico’.
Durante il periodo lorenese i bagni di San Giuliano e quelli di Montecatini divennero le stazioni
termali più importanti del Granducato: i primi, situati a poca distanza da Pisa, furono ristrutturati
nella prima metà del Settecento, divenendo ben presto un luogo alla moda frequentato da
importanti famiglie straniere; i secondi, riedificati durante il governo di Pietro Leopoldo,
raggiunsero nella seconda metà del Settecento una notevole fama, che consentì loro di essere
conosciuti anche oltre i confini toscani.
Fuori dal territorio granducale si trovava l'antico centro
termale di Bagni di Lucca, già conosciuto ed utilizzato fin dall'antichità. Sotto il governo di Elisa
Bonaparte Baciocchi, questi bagni divennero uno dei centri termali più famosi in Italia e all'estero.
Grazie agli investimenti fatti nel corso del XVIII secolo, durante il periodo immediatamente
successivo le città termali della Toscana goderono di ulteriore fama e successo non solo come centri
curativi, ma soprattutto come luoghi di villeggiatura: Agli albori del XIX secolo, San Giuliano,
Montecatini e Bagni di Lucca raggiunsero il loro massimo splendore e diventarono meta privilegiata
del colto e raffinato Grand Tour ottocentesco.
Primo tra tutti, il rilancio dei Bagni di San Giuliano comportò una serie di investimenti che
andarono dal 1742 al 1766 e che coinvolsero e riorganizzarono tutta la struttura urbanistica,
funzionale e ricettiva del borgo
1.
1 In epoca antica i bagni di San Giuliano erano già noti ad etruschi e romani per le qualità curative delle sue
acque termali, come testimoniano i resti ancora visibili dell’acquedotto romano di Caldaccoli (Calideacque). Durante il predominio della Repubblica Marinara di Pisa, dal X al XIII secolo, l’importanza della comunità dei Bagni di San Giuliano crebbe grazie alla sua posizione strategica che costituiva un passaggio obbligato per chiunque andasse da Pisa a Lucca o viceversa. Nel XII secolo in prossimità dei bagni, per garantire assistenza ai malati e alle persone che praticavano le cure termali, furono costruite la chiesa di San Giovanni e la chiesa di San Bartolomeo con annessi i rispettivi ospedali. Alcune cronache dell’epoca narrano che il borgo di San Giuliano fosse ben fortificato: una cinta muraria e due torri cilindriche proteggevano le abitazioni, i bagni, le case, le chiese e gli ospedali. Castello, palazzi e bagni vennero completamente saccheggiati e distrutti l’8 ottobre 1405 dalle truppe fiorentine guidate da Bertoldo Orsini, conte di Sovana. Dopo la conquista fiorentina, per tutto il Quattrocento, si aprì un periodo di decadenza dovuto allo spopolamento e all’impaludamento del territorio circostante. Per la storia dei Bagni di Pisa, cfr. G.NISTRI, San Giuliano. Le sue
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Quando nel 1581, Michel De Montaigne aveva soggiornato a San Giuliano non aveva potuto far
altro che annotare nel suo diario che i bagni erano poco frequentati, scrivendo: “Loco ermo: cattivo
alloggiamento. Sono queste acque abbandonate: e chi se ne serve ci va la mattina di Pisa a quattro
miglia, e torna a casa”
2. Con la signoria dei Medici furono apportati alcuni miglioramenti alle
strutture termali: alla fine del secolo, Ferdinando I vi fece costruire delle abitazioni, un ospedale e
un’osteria
3. Incaricò inoltre Girolamo Mercuriale, noto medico dell’ateneo pisano, di scrivere un
trattato sulle acque curative dei bagni per promuoverne l’utilizzo: l’opera fu pubblicata nel 1602, ma
almeno fino alla metà del XVII secolo i Bagni versarono in stato di evidente degrado
4. Nella
relazione di Persio Falconcini a Ferdinando II de Medici si legge: "per essere i bagni in mezzo a una
palude, si è persa la bagnatura delle persone comode, restando in hoggi il bagnarsi solo ai poveri
miserabili e particolarmente a quelli che vi manda lo spedale di Santa Maria Nuova che tutti hanno
la ritirata et alloggi gratis nello spedale ivi fabbricato per tale effetto"
5. Nel 1684 Cosimo III decise
di alienare le terme alla Pia Casa della Misericordia di Pisa per 1200 scudi: a quella data lo
stabilimento era composto di nove bagni, otto piccole abitazioni, uno stanzino a uso ospedale con
portico e stalle
6. Ai primi del Settecento, secondo una descrizione di Giuseppe Zambeccari, le terme
dovevano presentarsi così: "i vasi dei bagni erano dieci divisi da una piazza o prato di mezzo, sei da
una banda cioè sulla destra di chi arriva o a levante e quattro dall'altra, cioè alla sinistra o a
ponente"
7. La Pia Casa di Misericordia, grazie allo strumento di una apposita Deputazione che si
occupava di gestire i bagni, iniziò opere di aggiornamento e di riadattamento delle strutture,
realizzando i bagni coperti con spogliatoi e recinzioni, come quello detto della Regina e il palazzo
della Misericordia, eretto nella posizione di quello attuale con alloggi e servizi per il soggiorno termale.
Come è possibile osservare in una Pianta dei Bagni di Pisa e delle Fabbriche Adiacenti nello stato che erano
l’anno 1742 (Figura 1), il borgo contava già numerose strutture dedicate alle bagnature (n. 1 bagno
grande scoperto, n. 2 bagnetto, n. 3 bagno caldo, nn. 4 e 5 bagno delle docce per gli uomini e per le donne, n. 6
bagno dei cavalli, n. 7 bagno della Regina), di cui alcune abbandonate, come al n. 8), un’osteria (n. 13),
diverse case e casette ad uso della Misericordia (nn. 14-15-16) e di alcune corporazioni religiose (n.
18 casa dei padri di san Francesco, n. 20 casa della badia di san Zeno), la chiesa di San Bartolomeo (n. 19) e la
dogana (n.22).
A partire dagli anni Quaranta del Settecento, con l’avvento dei Lorena alla guida del Granducato di
Toscana, ci fu un cambiamento radicale nella politica gestionale delle terme. Il Granduca Francesco
Stefano di Lorena, marito della futura imperatrice Maria Teresa d’Austria, attivò un’accurata politica
di incentivi per rendere il borgo luogo di svago e di villeggiatura. Il rilancio turistico fu la chiave per
il successivo sviluppo del paese e delle terme che in pochi anni furono in grado di ospitare forestieri
di alto lignaggio. Furono reperiti i finanziamenti necessari a ripopolare il borgo, ad accrescerne le
comodità, a risanare i terreni impaludati e a ricostruire gli edifici termali. Nel 1741 il Granduca
commissionò a Bartolomeo Mesny, medico di corte e direttore degli ospedali militari toscani, una
prima analisi scientifica sull’efficacia delle acque termali; l’anno successivo furono interpellati pareri
di importanti medici dell’ateneo pisano fra i quali Antonio Cocchi, e tutti ribadirono l’efficacia di
2 J.DE MONTAIGNE, Viaggio in Italia, cit., p. 72. 3 ASPI, Fiumi e Fossi, 2552, cc. 140r-143v.
4 G.MERCURIALE, De’ Bagni pisani, Francoforte, 1602; per il riferimento a questo trattato, cfr. ACOCCHI, Dei
bagni di Pisa, Firenze 1750, pp. 382-384.
5 ASFI, Regie possessioni, n. 1316, c. 186. 6 ASFI, Regie possessioni, n. 1325, c. 275. 7 A.COCCHI, Dei bagni di Pisa, cit., p. 341.
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queste acque nella cura di determinate patologie. La promozione dei Bagni di San Giuliano venne
ulteriormente sancita dalle pubblicazione delle opere scientifiche che scaturirono da questi studi
8.
Gli interventi edilizi per la ricostruzione e l’ampliamento delle strutture termali iniziarono nel 1742
e furono misurati sulla base di un progetto urbanistico redatto dall’architetto Giuseppe Ruggeri, lo
stesso che costruì i rondò di Palazzo Pitti a Firenze. Con lui collaborarono Francesco Pecci,
Soprintendente dell’Ufficio dei Fossi e l’architetto veronese Ignazio Pellegrini, cui fu affidata la
costruzione del Palazzo Pretorio (l’attuale municipio), della casa dell’abbazia di San Zeno, della
loggia del mercato e di altre abitazioni e botteghe. I lavori furono affidati a due fratelli fiorentini, i
capimastri Filippo e Niccolò Billi
9. La costruzione del nuovo borgo di San Giuliano e degli edifici
termali non fu lasciata al caso e ogni dettaglio architettonico e urbanistico fu studiato secondo i
canoni della razionalità e della comodità, ma anche della magnificenza. Gli edifici termali e le nuove
residenze furono disposti in perfetta coerenza con l’andamento della collina sovrastante, della
viabilità e del canale antistante e la distribuzione degli edifici distingueva le diverse funzioni della
balneazione, delle residenze e dei luoghi collettivi e di svago, disciplinata da un rigoroso sistema
geometrico. Il progetto considerava anche l’articolazione dei confini fra gli edifici, i percorsi delle
passeggiate e le alberature, il nuovo ponte e gli argini lungo il canale.
Il palazzetto vecchio della Misericordia fu riorganizzato con la costruzione al suo interno di salotti, sale
da ballo e ritrovi (casino); vennero predisposte due nuove ali simmetriche al palazzo, destinate ad uso
ricettivo; nel contempo furono ampliati i bagni già esistenti e fu costruita una nuova e più ampia
chiesa.
La pianta del 1749 ci dà la possibilità di gettare uno sguardo sull’andamento dei lavori (Figura 2): vi
erano otto bagni restaurati con i loro spogliatoi (n. 1); mentre al palazzetto vecchio della Misericordia (n. 13)
erano state aggiunte e quasi completate le due ali simmetriche e laterali (n. 12 palazzo che si termina; n.
14 palazzo nuovo della Misericordia) ad uso ricettivo e funzionale; a nord ovest del borgo, sulla strada di
Lucca per il Piano era stata costruita una nuova chiesa al posto della vecchia chiesa di San Bartolomeo
che era stata inglobata nelle nuove strutture dei bagni (n. 15 chiesa fatta di nuovo con quartieri intorno);
da questa pianta è possibile percepire l’inizio della costruzione delle nuove strutture (n.17 principio di
fabbrica) prettamente ad uso residenziale con appartamenti, botteghe, osterie che andarono a
formare l’invaso antistante al palazzo della Misericordia, in perfetta continuità tra il canale antistante
e gli edifici delle terme.
La Pianta dei Bagni di Pisa e delle Fabbriche Adiacenti nello stato che devono essere ridotte ci presenta il
progetto urbanistico completo guidato da Ruggeri con la completa definizione della nuova piazza
antistante ai bagni (Figura 3): su essa si affacciano le strutture riservate alla balneoterapia (numeri
1-6), il complesso del Palazzo della Misericordia e le due ali adiacenti (numeri 15-16- 17) ad uso
ricettivo-comunitativo, i nuovi fabbricati gestiti dalla Deputazione della Misericordia ad uso
residenziale e di servizio con rimesse e stalle (n. 7 quartieri della Misericordia ad uso d’osteria, nn. 8-10
stalle e rimesse, n. 11 fabbrica composta da sette casette, i quartieri delle quali possono essere di duo o di quattro
stanze tutte libere). I particolari di studio dell’impianto visivo della nuova piazza dei Bagni sono visibili
8 B.MESNY, Analyse des eaux des bains de Pise, de l'Emprimerie de François Moücke, Firenze 1758. La relazione
del Mesny illustrava le importanti proprietà terapeutiche delle acque termali. Nel 1750 fu pubblicato Dei Bagni
di Pisa, trattato scientifico di Antonio Cocchi che all’epoca godeva di grandissima fama per aver svolto con
successo la sua professione di medico a Londra. Nel 1757 Giovanni Bianchi, medico primario di Rimini, scrisse un volume più divulgativo dal titolo De’ Bagni di Pisa posti a pié del monte di San Giuliano, che ripercorreva la storia delle terme e trattava delle malattie curabili.
9 Cfr. AM.PULT QUAGLIA, Terme e promozione turistica: la nascita di un borgo, pp. 438-444 e M.A.GIUSTI, Le terme
e le ville, i luoghi di delizia del territorio di San Giuliano, pp. 601-669 in San Giuliano Terme: la storia il territorio, volume
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in alcune piante conservate nel fondo dello Scrittoio delle Regie Fabbriche presso l’Archivio di
Stato di Firenze (Figure 4-5).
Questo complesso disegno architettonico- urbanistico, gestito dalla Deputazione dei Bagni della Pia
Casa della Misericordia, fu fortemente sostenuto da un programma statale che tendeva, attraverso la
concessione di speciali agevolazioni a coloro che avessero investito, ad avviare i meccanismi
imprenditoriali. L’iniziativa sovrana incoraggiò gli investimenti dei proprietari fondiari della zona
che si impegnassero nella realizzazione di edifici residenziali; “per ottenere poi che le abitazioni
aumentassero, si accrescessero i comodi s’ingrandisse il paese, [Pietro Leopoldo] raccomandò alle
corporazioni religiose possidenti di fabbricare ciascuna, a seconda dei propri mezzi, una bella casa e
spaziosa nel sito che appariva più opportuno, concedendo gratuito tutto il terreno occorrente”
10; le
stesse agevolazioni furono estese ai privati che contribuirono all’accrescimento del nucleo termale
con una serie di addizioni residenziali
11.
Il nobile pisano Jacopo Upezzinghi, uno dei membri della Deputazione, propose alcuni interventi
per favorire uno stabile insediamento della popolazione e trovare alcune soluzioni per rendere più
confortevole il soggiorno dei villeggianti. Per comodo dei “bagnanti” era necessaria l’apertura di
rivendite di generi alimentari e la disponibilità di tutti quei servizi che solo l’esistenza di un borgo
avrebbe potuto assicurare: “formare insomma ai Bagni un paese abitato”
12. Il progetto
dell’Upezzinghi fu accolto dal Granduca che trasferì la sede della Podesteria da Ripafratta a San
Giuliano e autorizzò l’apertura di un mercato settimanale da tenersi il lunedi e di una fiera annuale
di bestiame dal 24 al 26 agosto;
fu approvata la costruzione delle botteghe del macellaio, dello
“spezziere” e di un forno per il pane
13e fu inoltre promosso l’insediamento di attività
manifatturiere
14. A metà del Settecento la popolazione cominciò a crescere e la gran parte degli
abitanti dei Bagni furono impiegati come inservienti, custodi, addetti ai bagni termali e per queste
ragioni furono chiamati “bagnaioli”.
La Pianta delle Fabbriche e Bagni di Pisa come stanno presentemente, ci mostra lo stato attuale del borgo al
1757 (Figura 6): vi compaiono ben definiti i luoghi per le diverse classi sociali (al n. 5 due bagni
grandi per uso dei poveri con i loro spogliatoi e al n. 14 ospedale ad essi riservato)
15e per le diverse
nazionalità (al n. 9 due bagni e quattro a tinozza con i loro spogliatoi per uso della nazione ebrea e al numero
21 il quartiere destinato al loro insediamento). Sono identificabili le case costruite e gestite dalle
comunità religiose che avevano investito nei bagni: al n. 20 la casa della deputazione dei Bagni, sorta
sugli ambienti già gestiti dalla Deputazione stessa, al n. 16, sulla strada di Lucca per il monte, la casa dei
padri minori conventuali, di fronte alla quale sorgeva la Dogana (n. 17) e la casa della badia di San Zeno
(n. 18); affacciati sulla nuova piazza abbellita da due fontane e dal ponte nuovo (nn. 27-28) vi erano
i quartieri dei padri vallombrosani (n. 19) e i quartieri dei padri di Certosa (n. 22). Affianco a queste
erano visibili alcune case dei privati: la casa del signor Piloti e l’adiacente casa del signor Landucci
(n. 23-24). Sulla strada vicarese venne predisposto il quartiere per uso dei soldati (n. 13) e la fabbrica
10 G.NISTRI, San Giuliano, le sue acque termali e i suoi dintorni, cit., p. 151.
11 M.SCARDOZZI, Un paese intorno alle terme. Da Bagni di Pisa a San Giuliano Terme, 1742-1935, ETS, Pisa 2014,
p. 33.
12 IVI, p. 34.
13 Tutti questi interventi sono documentati in ASFI, Segreteria di Finanze, ante 1788, n. 754, inserto del 1760-62. 14 Nel 1762 si concedeva a Domenico Keller e Gabriele Racah, mercanti livornesi, di impiantare una fabbrica
per stampare stoffe di cotone (le “indiane”)su un terreno dato loro in perpetuo con l’uso del prato adiacente per stendervi le tele. Cfr. A.M.PULT QUAGLIA, Terme e promozione turistica, cit., p. 443.
15 La presenza ai Bagni della Nazione ebrea era dettata da necessità di finanziamento: la Nazione era stata
infatti coinvolta fin dall’inizio nella ristrutturazione dei bagni stessi e di difficile gestione fu la loro compresenza durante la stagione delle bagnature; essi predisposero infatti un quartiere con bagni a loro espressamente dedicato; cfr. M. SCARDOZZI, Un paese intorno alle terme, cit., pp. 40-45.
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delle stalle (n. 12); ad esse seguivano due nuovi edifici posti l’uno di fronte all’altro: l’osteria con
grande stalla (n. 25) e il macello (n. 26).
La dettagliata pianta di Giuseppe Gaetano Niccolai illustrava la situazione del borgo ormai definito
al 1770, con i bagni, le abitazioni, il palazzo centrale con le sale da gioco
16, le botteghe, le case di
privati: il confronto con le precedenti carte evidenzia come, nell’arco di neanche trent’anni, si fosse
attuato un notevole investimento, pubblico e privato intorno alle terme (Figura 7).
I bagni di San Giuliano divennero ben presto una piccola località di soggiorno rinomata tra
l’aristocrazia toscana; come le altre località di cura europee, Spa, Buth, Wisbaden, i bagni furono al
centro di licenziose ambientazioni letterarie per "la straordinaria libertà di costumi, di sentimenti e
di maniere"
17. L’impegno profuso nel corso di più di venti anni di investimenti permise alla località
toscana di proporsi già alla fine del XVIII secolo come “la più bella villeggiatura d’Italia”
18e come
meta di turismo internazionale.
.Con l'ampliamento e l'innovazione delle sue strutture, i bagni
acquisirono i requisiti di luogo di soggiorno di piacere. L'antico luogo di cura si era attrezzato di
impianti termali adeguati alle più attuali esigenze igieniche che di strutture ricettive e di svago. Qui
avevano compimento, insieme ai rituali della balneazione, alle cure mediche, agli ozi della natura, gli
svaghi che la società mondana inseguiva nei luoghi di cura. Gli aspetti della villeggiatura e del
piacere, piuttosto che quelli della malattia e della cura, furono i nodi portanti del nuovo
microcosmo termale
19.
I bagni di Pisa divennero un laboratorio sul ruolo dello Stato nello sviluppo turistico ed economico
regionale: il sostegno del governo nel rilancio dei bagni di San Giuliano venne motivato da uno
scopo economico e politico che riguardava “il bene generale della Toscana e in specie della città e
campagna di Pisa”. Pompeo Neri, artefice della riforma del Granducato di Toscana, quando si vide
affidare il compito di studiare la situazione e i provvedimenti per il rilancio dei Bagni di Pisa,
teorizzò nella relazione redatta nel 1765 due importanti principi: sottolineò l’importanza del turismo
per l’economia del paese dovuta alla sua capacità di attirare stranieri e quindi valuta estera e collegò
la capacità della località di attirare viaggiatori agli investimenti realizzati. In una relazione di Neri del
1765 indirizzata a Pietro Leopoldo, egli affermava che:
“oggi lo stabilimento si sostiene in piedi coi propri assegnamenti e se si dovesse riguardare in vista mercantile il rinvestimento di denari che si è fatto, si potrebbe dire gettata la spesa. Ma l’utilità di questa opera non si deve desumere dal prodotto di questi fondi, ma dal beneficio che risentono il territorio pisano e tutta la Toscana dall’affluenza dei forestieri che a questi bagni sono allettati dalla loro ammirevole situazione e dalla comodità ed eleganza”20.
16 La gestione del Casino fu un’altra incombenza a cui il Granducato e la Deputazione dei Bagni dovettero
ottemperare, con regole e Tempistiche precise; cfr. M.SCARDOZZI, Un paese intorno alle terme, cit., pp. 46-47.
17 DE POELLNITZ, Amusements des eaux de Spa, Amsterdam, 1735, T.1. p. VIII.
18 CAVALIER S.B., Relazione di Pisa e del suo territorio , Pisa 1785, p. 14: “si può dire giustamente che i Bagni di
Pisa recano ad alcuni sollievo, a molti rendono la salute perduta, a tutti procurano allegria grande, essendo per così dire, la più bella villeggiatura d'Italia”.
19 Nel 1826 Giovanni Lodovico Bianconi in una lettera al principe Enrico di Prussia descrisse così i bagni: "Il
comodo dei bagni che sono distanti una mezza lega dalla città, vi richiama molti forestieri sanissimi e allegri che vengono, come è il solito de' bagni, a divertirsi [... ]vi è un bel canale per cui si va in barca dalla città al bagno e si ritorna: occasione di molti deliziosi diporti [....] io conosco vari bagni sia di Germania che d'Italia e di Francia ma non ne conosco veruno che abbia l'aria più allegra di questo”. Cfr. G.L.BIANCONI, Operette
scelte, Bologna 1826, p. 284, lettera scritta al principe Enrico di Prussia.
20 Memoria sopra i Bagni di Pisa presentata dall’abate Neri a S.A.R., sotto di 19 novembre 1765. Citazione riportata
da Becagli, Da San Giuliano a Montecatini. Lo sfruttamento delle risorse termali nella Toscana del Settecento, in Una
politica per le terme: Montecatini e la val di Nievole nelle riforme di Pietro Leopoldo. Atti del convegno di studi,
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Anche Montecatini iniziò con un certo anticipo rispetto ad altre città italiane il suo rilancio
termale
21: tra il 1772 e il 1798, per volontà di Pietro Leopoldo, vennero realizzati gli investimenti
essenziali. Nel 1760 il medico di corte Bartolomeo Mensy, in visita in Valdinievole, descrisse l’area
dei crateri annotando che le vasche erano in rovina e mancavano stabili che potessero servire
all’utilizzo delle sorgenti medicamentose. Nel 1772 il Granduca Pietro Leopoldo, spinto anche dalle
richieste della cittadinanza, decise di far redigere progetti per risanare tutta la zona circostante e per
fabbricare edifici necessari all’utilizzo delle terme. Fu dato incarico all’architetto Gaspare Maria
Paoletti, che modellò il suo severo e raffinato classicismo, ispirandosi ai modelli del grande
Cinquecento toscano: l’architetto diede vita ad una vera e propria città dei Bagni, realizzando la
costruzione del Bagno Regio (1773), delle Terme Leopoldine (1775) e diede inizio alla costruzione
dello Stabilimento Tettuccio (1779)
22.
Nel 1783 fu completata la residenza estiva della famiglia granducale, conosciuta col nome di
Palazzina Regia, commissionata da Pietro Leopoldo, che doveva servire da nuovo modello
architettonico per le dimore signorili della città (Figure 8-9).
L’impianto urbanistico realizzato da Paoletti, con la collaborazione dell’ ingegnere Francesco
Bombici, rimane invariato ancora oggi: essi tracciarono la strada sud – nord (oggi viale Verdi) che
dalla via Regia (oggi corso Roma - corso Matteotti) portava ai Bagni. Questo fu l’asse centrale su cui
si fondò l’intero insediamento termale. Il viale non fu tracciato parallelamente alla facciata
principale delle terme Leopoldine, ma in modo da creare un angolo con il porticato del fabbricato,
per cui, chi arrivava dalla via Regia, doveva oltrepassare proprio l’edificio delle Leopoldine per
scoprire la facciata del Tettuccio, fondale fisico e prospettico della passeggiata dei Bagni. Nel 1798
la scoperta della sorgente denominata ‘il Rinfresco’ rese necessaria la costruzione di un nuovo
fabbricato e l’apertura di una strada che unisse il Tettuccio con il nuovo edificio. La nascita di
questa ulteriore passeggiata, verso ovest, e la costruzione della Locanda Maggiore per ospitare i
bagnanti, a sud, nell’angolo formato dall’innesto del viale del Tettuccio con la via Regia, chiusero
l’epoca della fondazione leopoldina dei bagni di Montecatini. Tali bagni sono da considerarsi un
capolavoro architettonico, di cui poco rimane, ma soprattutto urbanistico, di Paoletti: l’architetto
seppe concepire un moderno complesso organico in cui gli edifici, il sistema viario, il verde
pubblico si integrarono alla perfezione con le peculiari funzioni svolte dal centro termale.
Nel Libretto che raccoglie i disegni delle fabbriche de Bagni di Montecatini in Valdinievole sono visibili in pianta
e in prospettiva tutti gli edifici sopra menzionati, con i particolari di alcuni di questi.
Nella veduta di copertina (Figura 10) è ben percepibile la forza dell’impianto urbanistico e
scenografico concepito da Paoletti: al centro le terme leopoldine (n.1) seguite a sinistra dallo stabilimento
del tettuccio (n. 2) mentre in lontananza sulle colline retrostanti si scorgono il Bagno del rinfresco
altrimenti detto mediceo (n. 4) e il palazzo feudale di Bellavista del Marchese Ferroni (n.7). Sul viale alberato
che conduce a nord sono visibili la palazzina regia (n. 8) seguita dall’area riservata alle strutture
ricettive: quartieri per i bagnanti nella fabbrica del Calugi (n. 9) e fronteggiata dal complesso caserma o
quartieri per i bagnanti poveri (n. 10), dai quartieri per i bagnanti nella palazzina de monaci della badia di
Firenze (n. 11) e dai quartieri per i bagnanti nella fabbrica dei padri agostiniani (n. 12).
21 Per una approfondita cronistoria sulle terme di Montecatini, cfr. M.BARTOLETTI, Montecatini e le sue terme,
10 secoli, Il fiorino, Firenze 1979. Le qualità terapeutiche delle acque di Montecatini erano note già in epoca
romana. Il primo a descrivere in un trattato le proprietà e le indicazioni terapeutiche di queste acque (1417), fu il fondatore dell’Idrologia medica italiana, Ugolino da Montecatini. Alcuni documenti del 1530 testimoniano la costruzione di vasche per contenere le acque delle polle termali, che assunsero i nomi di bagno mediceo o tondo, e dei merli o della rogna.
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In pianta è facilmente leggibile la netta distinzione tra gli spazi adibiti ad uso dei bagni e quelli
riservati all’accoglienza e alla villeggiatura, uniti l’uno all’altro da un lungo viale alberato in direzione
nord-sud (Figura 11).
L’intervento dello Stato e la fiducia nell’opera realizzata a Montecatini sembrano essere meno
significativi rispetto all’esempio dei Bagni di San Giuliano; il governo cedette infatti le strutture ai
monaci cassinesi della Badia fiorentina per non dover investirvi ulteriore denaro pubblico. Nel 1808
a seguito dei provvedimenti napoleonici, i Bagni passarono alla Comunità locale che li concesse in
affitto a privati, finché nel 1818 il Granduca Ferdinando III decise di affidarli ad una specifica
pubblica Deputazione di notabili e possidenti locali. Lo sviluppo termale riprese a Montecatini
proprio in questo periodo, con la costruzione di nuove strutture ricettive ed edifici termali, capaci di
far diventare la cittadina la “prima stazione termale d’Italia”
23: sono da far risalire a questa epoca
alcuni palazzi adiacenti alla Locanda Maggiore formanti una piazzetta interna ed un nuovo edificio
termale dietro al Tettuccio, eseguiti tutti dall’ingegner Michelacci. La costruzione della Chiesa,
progettata da Luigi de Cambray Digny, sia per il suo connotato architettonico che per la sua
collocazione, rappresentò l’intervento più significativo di questo gruppo di realizzazioni
24.
Nello stesso periodo furono scoperte nuove polle, costruiti nuovi parchi e stabilimenti: la Torretta
nel 1829, la vena delle Tamerici nel 1843, quella della Fortuna dieci anni dopo e, nel 1863, la
sorgente della Salute
25.
A partire dalla fine del Settecento anche il borgo di Bagni di Lucca, già frequentatissimo fin
dall’epoca medievale, rinacque a nuove forme e si adeguò a funzionalità diverse
26; un primo
23 G.S.VIANJ,R.PINALI, Le acque minerali e gli stabilimenti termali idropinici e idroterapici d’Italia, Umberto Grifoni
Editore, Milano1916.
24 Il progetto, con pianta a croce greca ed elegantissimo pronao ionico, fu realizzato nel 1833. Perfettamente
in asse con il Viale dei Bagni, all’estremo opposto del Tettuccio, diventò l’altro polo della passeggiata delle acque. La Chiesa, edificata a sud della via Regia e posizionata arretrata rispetto al margine meridionale di detta strada, formava uno spazio che coincideva con la geometria dell’odierna piazza del Popolo. Fu purtroppo demolita circa a metà del XX secolo e sostituita con un altra che, pur se di discreta architettura, non riuscì mai a non fare rimpiangere l’originaria costruzione.
25 Nel 1853 si completò il tratto della ferrovia Pescia – Montecatini e, di pari passo allo sviluppo commerciale
e turistico, avvenne anche quello urbano. Contributo fondamentale all’originale assetto del borgo è dovuto alla Funicolare che collega i Bagni con l’abitato di Montecatini Alto: realizzata nel 1843, ancora oggi in funzione, prolunga la passeggiata dei bagni allungando ulteriormente l’asse nord – sud, dando una nuova impronta di modernità e mondanità alla stazione termale.
26 Per una approfondita cronistoria e bibliografia sui Bagni di Lucca cfr. B.CHERUBINI, Bagni di Lucca fra
cronaca e storia, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca 1977. Le virtù terapeutiche delle acque dei Bagni di Lucca
erano già ben conosciute in epoca romana; dopo la caduta dell’Impero, i Longobardi riscoprirono le virtù miracolose delle acque, ma solo durante il periodo della Contessa Matilde ci fu un restauro e un nuovo sviluppo degli stabilimenti termali. La vicinanza delle terme alla via Francigena, che coincideva con l'antica via Clodia Nuova che da Lucca conduceva in Emilia, faceva passare da qui una notevole quantità di viandanti, pellegrini e mercanti che si recavano a Roma o in Francia, tanto che la Contessa Matilde di Canossa edificò il ponte della Maddalena detto del Diavolo proprio per permettere ai viandanti di recarsi alle terme per curarsi. Fin dai primi anni del XIII secolo, Lucca si impadronì stabilmente della zona termale, ben consapevole del valore delle terme come luogo di soggiorno e cura e, con lo statuto del Comune di Lucca del 1308, ne regolamentò l'amministrazione pubblica e termale. La fama curativa delle acque, divulgata da tutti quei frequentatori che per tutto il Medioevo giungevano o passavano per la valle, fecero sì che dal XV secolo in poi le terme dei Bagni di Lucca fossero le più famose e frequentate in Europa, anche da medici famosi come Gentile da Foligno e Ugolino da Montecatini, che nel suo trattato sulle acque del 1417 descriveva dettagliatamente gli stabilimenti e l'efficacia delle cure. Fin dal 1469 la direzione delle terme veniva affidata a medici di indubbia fama, e tutti gli statuti della Repubblica di Lucca confermano le prescrizioni riguardo al buon funzionamento delle terme e dell'indotto, tanto che la diplomazia lucchese sfruttò le proprietà curative delle acque inviandone in dono a tutte le corti europee. Grazie al nuovo clima politico e al lungo periodo di
321
rinnovamento del centro termale risale al 1790 con la costruzione del teatro accademico, voluto da
alcuni cittadini costituitisi in Accademia dei Provvidi, ma le trasformazioni più importanti si ebbero
solamente all’inizio dell’Ottocento quando la cittadina entrò a far parte del principato napoleonico
dei Baciocchi (1805-1814) e, a seguito delle trasformazioni e degli investimenti di questo periodo, il
borgo si propose al mondo elitario ed aristocratico dei bagnanti come centro di loisir, tralasciando la
vecchia immagine di centro di cura. I principi Baciocchi, incantanti dal delizioso soggiorno, vollero
anzitutto acquistarvi un’abitazione che portarono a breve a proporzioni e decoro di villa
principesca
27(Figura 12).
Fu Elisa Baciocchi, principessa di Lucca dal 1805, ad innamorarsi per prima della zona e ad
apportare tutte le modifiche necessarie a trasformare Bagni di Lucca da luogo di cura in ambita
meta di villeggiatura. Elisa infatti non si accontentò di “provvedere al comodo e alla decenza degli
infermi al bagno”, ma volle addirittura fare dei bagni “un soggiorno di delizia e di passatempo”
28.
La principessa Elisa fece in modo di migliorare la viabilità da e per Lucca, ampliò il viale che dal
Ponte a Serraglio conduceva a La Villa ed aprì lungo la sinistra della Lima la via che congiungeva le
suddette località, detta anche oggi via Letizia, in onore della madre della costruttrice; essa ampliò,
rimodernò e abbellì tutti gli stabilimenti, che vennero provvisti di più comode e spaziose vasche in
marmo. In questa occasione fu elevato di un piano lo stabilimento già esistente denominato dei
Bagni Caldi e vennero aperte nell’ampia e comoda soprastruttura alcune eleganti sale, destinate a
ritrovo dei forestieri; nello stesso tempo fu totalmente rinnovato il Bagno Bernabò
29e venne infine
migliorato e moltiplicato il personale sanitario a disposizione dei bagnanti
30. L’odierno assetto
architettonico degli stabilimenti e quello urbanistico dei paesi di Ponte a Serraglio e del capoluogo
La Villa sono sostanzialmente quelli pensati e voluti da Elisa Bonaparte Baciocchi e realizzati da
importanti architetti e ingegneri lucchesi, ma anche francesi, che vennero chiamati al suo servizio.
pace che la Repubblica garantì dal XVI secolo al 1799, da tutta l'Europa continuò l'afflusso di ospiti illustri che trovavano un clima mite e un'accoglienza gradevole.
27 La villa ducale, voluta come reggia estiva da Elisa Baciocchi, fu costruita tra il 1811 e il 1812 nella località
denominata Bagno alla Villa, incorporando una precedente villa dei conti Orsetti; passata di proprietà ai Borboni, duchi di Lucca, fu usata come reggia estiva dal 1817 al 1847, fino alla vendita ai marchesi Maurigi. La dimora, restaurata su progetto dell’architetto Marchelli, fu dotata di un bagno termale privato. L’intervento portò alla regolarizzazione degli spazi interni che furono arricchiti con pavimenti a quadroni e decorati da pitture murali. All’esterno fu aggiunto uno scalone monumentale, allo scopo di condurre più agevolmente i principi al bagno termale. Oggi l’edificio, destinato ad uso residenziale e commerciale, pur mantenendo l’impianto originario è stato suddiviso in diverse unità abitative.
28 A.MAZZAROSA, Storia di Lucca e delle sue origine fino al MDCCCXIV, Bologna 1833, T.I., PP. 270-271;
citazione da M.AGIUSTI, Ipotesi ed occasioni di sviluppo della città termale di Bagni di Lucca, in Il principato napoelonico
dei Baciocchi (1805-1814): riforma dello stato e società, catalogo della Mostra, Lucca Palazzo Mansi 9 giugno-11
novembre 1984, pp. 433-443.
29 La grande rivoluzione del periodo napoleonico fu l'adozione della vasca individuale: fino ad allora infatti i
Bagni avevano conservato i caratteri tipici delle terme romane con vasche comuni, impianto a simmetria centrale per il contenimento dell’aria calda, copertura a cupola emisferica con apertura alla sommità. Tra gli stabilimenti termali che furono interessati dal processo di adeguamento di Elisa vi fu il Bagno Bernabò, sorto nel 1593 per volontà di signori della Repubblica Lucchese. Il nuovo edificio, terminato nel 1812 su progetto dell’architetto francese Sambucy, presentava un prospetto con loggiato aperto, con due corpi laterali che consentivano un accesso differenziato per classe sociale ai bagni. L’interno si caratterizza per sette camerini, dotati ciascuno di una originale vasca monoblocco in marmo di Carrara, con decorazione ad anelli sul fianco principale; per una vasca ottagonale per bagni in comune e per una saletta originariamente adibita a sala di lettura.
30 S.RUSPOLI, I Bagni di Lucca e la montagna lucchese e pistoiese. Guida storico turistica, Vallecchi editore, Firenze
322
Terminata l’epoca dei Baciocchi, continuò lo slancio della cittadina ad opera di Maria Luisa di
Borbone
31e di suo figlio Carlo Lodovico (1815-1847), finché il borgo non entrò a far parte del
Granducato di Toscana (1847-1859).
A partire dal 1824, Carlo Ludovico “si adoperò in ogni modo affinché i bagni di Lucca venissero
allietati di tutti gli svaghi indispensabili al prosperare di una stazione balneo-climatica”
32. Aprì la sua
corte ai nobili aristocratici e agli intellettuali; restaurò la chiesa dei Bagni Caldi, ampliò il Ponte a
Serraglio e lo stabilimento Bernabò e migliorò la viabilità circostante. Favorì la costruzione
dell’ospedale detto Demidoff
33(Figure 13-14), istituto aperto ai poveri durante la stagione estiva,
autorizzò la costruzione di una chiesa evangelica (Figura 15), ad opera dell’architetto Giuseppe
Pardini
34e permise l’apertura del cimitero della medesima confessione
35.
Nel 1837 il principe autorizzò ad impiantare il gioco d’azzardo “debitamente disciplinato” in un
edificio apposito progettato dall’architetto Pardini a Ponte a Serraglio
36: l’edificio venne aperto al
pubblico nel 1838 (Figura 16).
31 La Principessa Maria Luisa di Borbone acquistò villa Baciocchi, facendone la propria residenza estiva,
migliorò ulteriormente le strutture delle terme e la viabilità dei borghi; nel frattempo, attirati dalla presenza della corte, un numero sempre crescente di ambasciatori e ministri cominciò a frequentare durante l’estate i Bagni di Lucca; cfr. S.RUSPOLI, I Bagni di Lucca e la montagna lucchese e pistoiese, cit., p. 16.
32 S.RUSPOLI, I Bagni di Lucca e la montagna lucchese e pistoiese, cit. p. 17.
33 L’ospedale fu edificato nel 1826, grazie alla munificenza del Principe russo Nicolaj Demidoff (1773-1828)
che, venuto a Bagni di Lucca per curarsi la gotta, appreso che i poveri avevano bisogno di un ospedale, mise a disposizione la cifra necessaria (40.000 scudi) alla sua costruzione. Lo Spedale fu realizzato su progetto dell’ingegnere Pietro Ruelle e si caratterizza per due corpi laterali in origine distintamente destinati a uomini e donne, per la facciata rivolta verso il torrente Camaione, con loggia e porticato, e per l’ingresso principale che, invece, è in linea con la strada di accesso. Presenta nel complesso tutti gli elementi di una villa ed è ispirato ad un puro funzionalismo: è simmetrico, regolare e semplice ad un tempo. La cappella votiva, al di là del torrente Camaione, fu costruita nel 1831 su disegno dell’architetto Giacomo Marracci. Il tempietto, di forma circolare, ha un pronao con quattro colonne in stile ionico, è ricoperto di un bugnato simile a quello dell’Ospedale con cui si amalgama bene per la semplicità delle sue linee. Davanti al tempietto c’è una terrazza belvedere da cui due rampe di scale simmetriche portano al giardino, ingentilito da fontane a mascheroni in marmo, inserite in grotte di pietra calcarea, la cui acqua cade in sottostanti vasche marmoree.
34 Un importante studio monografico con un regesto delle opere di Giuseppe Pardini (1799-1884) è stato
condotto dal prof Gabriele Morolli; i suoi studi sono stati raccolti nell’opera I classicismi di Giusppe Pardini,
Architetto in Lucca (1799-1884), Alinea, Firenze 1990.
35 La chiesa fu costruita nel 1840, su autorizzazione di Carlo Lodovico di Borbone, Duca di Lucca, per
iniziativa dei coniugi Henry ed Elizabeth Stisted, una coppia d'inglesi che si erano stabiliti ai Bagni di Lucca. La chiesa anglicana, di stile neogotico, ha forma di un palazzo perché Carlo Lodovico non volle che essa avesse aspetto di vera e propria chiesa per non urtare la sensibilità della Curia Arcivescovile. I coniugi Stisted nel 1842 fecero aprire anche il cimitero anglicano che si trova sull'altra sponda del torrente Lima lungo la Statale del Brennero. Dal 1976 la chiesa è di proprietà del Comune che l' ha destinata a Sede della Biblioteca Comunale .
36 Il Casinò dei Giuochi fu costruito da due imprenditori francesi, Adrien Mathis ed Edouard Ginnestet che
ottennero dal Duca la privativa del gioco d’azzardo in cambio della costruzione del Casinò. Fino a quell’anno si giocava d’azzardo nel Salone dello Stabilimento Termale Bagno Caldo, ma l’afflusso di numerosissimi giocatori dall’Italia, e specie dai paesi europei, fece sentire la necessità di costruire una nuova, più ampia e più elegante casa da gioco. L’edificio progettato dal Pardini poggia su di un podio terrazzato, delimitato da una ringhiera in ferro a disegni geometrici e vi si accede attraverso una scala a doppia rampa; si prosegue verso l’interno attraverso nove porte tutte uguali, nessuna delle quali ha elementi che ne evidenzino la centralità. La facciata si caratterizza per sei semicolonne ioniche con capitelli in cotto a finto marmo e per quattro pilastri ai quattro angoli. Essa è completata da fasce decorative con trofei di strumenti musicali e ludici e con riquadrature ornate da ghirlande e festoni, delimitate da sei pilastri sormontati da vasi. L’edificio comprende un vestibolo, la sala grande, detta delle Feste o dei gigli borbonici; la sala della Lira, detta un tempo Sala delle Signore, cui si accede attraverso la galleria; la sala da gioco, detta del Pavone; il gabinetto di lettura (oggi bar), la sala del biliardo o del caffè. Oggi questo edificio è sede dell’Ufficio Informazioni della Pro Loco e vi si svolgono manifestazioni turistico-culturali organizzate da vari Enti e Associazioni del luogo.
323
Al Casinò non solo si giocava -vi venne inaugurata la prima roulette d’Europa-, ma si tenevano feste
da ballo, accademie letterarie e musicali. Il francese Vincent Mondat pubblicò nel 1840 una Guida
dei Bagni di Lucca, proprio all’indomani della inaugurazione del nuovo Casinò, descrivendolo così:
Questi balli si distinguono particolarmente per l’elevato tono cui si ispirano e per la freschezza delle toilettes delle dame che ne costituiscono l’ornamento. Essi si tengono nel grande salone ove circa 400 persone riunite si abbandonano ai piaceri delle più nuove e variate quadriglie francesi, con intermezzi valzer, di anglaises e di polacche, al suono delizioso di una numerosa e eccellente orchestra. La ricchezza dell’arredamento, lo sfolgorio delle luci contribuiscono a far risaltare più nettamente la delizia che trapela sui volti di questa folla gioiosa che, dopo il ballo, si aggira per le altre sale che si contendono il primato della magnificenza e della bellezza. Si comprende facilmente che tutto qui è diretto dalla più intelligente armonia e che l’etichetta e lo splendore non limitano la libertà dei divertimenti. La Corte, che trascorre gran parte della bella stagione ai Bagni di Lucca, onora spesso della sua presenza le riunioni al Casinò: S.A.R. si distingue, come dovunque, per le maniere più nobili e graziose; niente sfugge alla sua regale magnanimità, alla sua cortese gentilezza. Il Principe si mescola alla folla e partecipa alla sua gioia e ai suoi piaceri. Gli impresari di questo edificio sono anche gli organizzatori delle feste; essi si distinguono per le premurose attenzioni nei confronti del Sovrano, delle dame, della Corte, e di tutti in genere; essi vigilano perché i rinfreschi, serviti da personale in livrea, non abbiano mai a mancare; ce ne sono per tutti i gusti e per tutte le abitudini37.
Con gli interventi di Carlo Ludovico, il borgo di Bagni di Lucca raggiunse il suo massimo splendore
e la maggiore fama come ritrovo estivo di primissimo ordine. Numerosissimi furono in questo
periodo gli ospiti illustri del borgo: dai regnanti Vittorio Emanuele I con la famiglia, la regina Maria
Isabella di Napoli, il principe Luigi Bonaparte già re d’Olanda e padre di Napoleone III, la
granduchessa Maria di Toscana con la nipote principessa Augusta, il principe Camillo di Metternich,
per citarne solo alcuni, agli intellettuali Vincenzo Monti, Percy Shelley, Giorgio Byron, Giuseppe
Giusti; nel contempo sempre più ampia si era andata facendo la colonia anglo-americana presente ai
bagni fin dalla fine degli anni Trenta dell’Ottocento.
Con la vendita del Ducato di Lucca da parte di Carlo Ludovico al Granduca di Toscana, Leopoldo
II di Lorena, cominciò una lenta decadenza della fama dei Bagni. Inizialmente l’amministrazione
granducale fu propizia allo sviluppo dei luoghi: il Granduca elesse la propria residenza estiva ai
Bagni di Lucca, soggiornandovi annualmente dalla primavera all’autunno e si prodigò per la cura e
l’incremento degli stabilimenti termali, migliorando la viabilità e creandone una nuova per
permettere l’accesso al suo nuovo palazzo granducale, trasformato successivamente in albergo.
Tuttavia il Granduca conduceva una vita poco mondana e nel 1853 chiuse il Casinò. Con il tempo,
purtroppo, le illustri frequentazioni cessarono e l'economia si indirizzò verso un più locale sviluppo
dell'artigianato.
Il piano di valorizzazione delle terme di bagni di Lucca, a cui non furono estranei obiettivi di
rendimento economico, ben si inseriva nel quadro del programma dei servizi e della
riorganizzazione delle strutture collettive ad opera dei principi regnanti.
La parabola del successo dei Bagni di San Giuliano, di Montecatini e dei Bagni di Luca si sviluppò a
cavallo tra XVIII e XIX secolo sulla spinta di investimenti statali prima e privati poi che fecero di
questi luoghi mete ideali per il riposo e la villeggiatura dove, oltre all’adeguamento delle singole
costruzioni urbane attraverso la specializzazione delle loro funzioni, si provvedette ad un valido
sistema di strutture ricettive all’altezza degli ospiti attesi.
37 V.MONDAT, Bains de Loucques, Vincenzo Batelli et Comp., Firenze 1840. Il brano è citato e tradotto DA M.
324
Anche le antiche terme di Roselle, già sfruttare in epoca romana per curare le malattie cutanee di
uomini e bestie, subirono dal XVI secolo un processo di rapida decadenza che portarono al
completo abbandono delle strutture. Più volte nel corso del Settecento fu pensato ad un recupero
delle stesse, ma non fu mai attuato, finché alla fine del secolo un imprenditore privato, tale Angelo
Pozzesi, propose di impegnarsi a rimetterle in funzione a condizione che il Granduca gli accordasse
metà della spesa. Venne incaricato l’architetto fiorentino Pietro Conti, allora in Maremma per
controllare le fortificazioni costiere, a presentare un progetto. Nel maggio del 1790 l’architetto si
recò a Roselle dove poté constatare che ormai esisteva “un semplice cratere naturale, in cui pollano
le acque, […] una stanza semidiruta, […] un bagno secco” per il bestiame e una cappella dedicata a
San Lorenzo al Bagno
38. L’architetto sosteneva quindi che era necessario studiare ex novo la
ricostruzione delle terme con l’erezione di un muro a tenuta attorno al cratere delle sorgenti in
modo da sostenere le acque termali ed inviarle alle nuove fabbriche da costruirsi. I nuovi fabbricati
dovevano accogliere i bagni veri e propri per uomini e donne, un albergo per ospitare i bagnanti e
persino un “recipiente artefatto” per raccogliere le acque già utilizzate e usarle per i bagni del
bestiame. Il nuovo complesso termale, per quanto improntato “ai puri comodi e alla massima
semplicità” possibile, sarebbe venuto a costare non meno di 9200 scudi ossia ben 650000 lire e
questo sconsigliò la sua realizzazione. Tuttavia il Conti aveva steso i progetti, ideando un edificio
per i bagni a due piani in laterizi rossi con porticato a tre ingressi arcuati a tetto sopra tre grandi
lanterne o comignoli fungenti da esalatori del vapore delle acque (Figura 17).
Il Conti aveva ideato anche l’albergo per i bagnanti strutturato come un palazzo a tre piani con tetto
a spiovente, otto finestre, ingresso centrale arcuato e cornici marcapiano in colore rosso e
marroncino; l’interno doveva essere distribuito in una ventina di vani con androne di ingresso,
scala, sala da pranzo, cucina, dispensa, rimessa, vari disimpegni, camere “libere” con caminetto, un
solo luogo comune (bagno pubblico), alcuni piccoli ricetti e “dormentori” (ovvero dormitori)
separati per uomini e donne; l’edificio comprendeva anche l’appartamento per il custode (Figura
18).
Dopo il progetto rimasto inattuato del Conti, fu sollecitata nuovamente la costruzione delle terme
di Roselle nel 1808 e nel 1819 finché nel 1822 fu accolto dal granduca Ferdinando III un progetto
di recupero dell’ingegnere Lorenzo Corsi, cofinanziato dalla Segreteria di finanze e dagli enti locali
grossetani. Agli inizi del 1824 la costruzione delle terme risultava completata, ma erano state attuate
diverse modifiche dal progetto originario (Figura 19).
Per ricoverare i bagnanti non venne costruito un apposito albergo, bensì venne ricavata una locanda
dalla vicina vecchia cappella di San Lorenzo al Bagno, ormai sconsacrata ed allivellata dal vescovo
di Grosseto a Luigi Gaggioli. Con una trasformazione curiosa, il vecchio atrio fu ridotto a cappella,
mentre nell’ex navata furono costruiti due piani a terreno con bottega ed osteria [cucina e sala da
pranzo in un unico ambiente] e al piano superiore due appartamenti costituiti da camera e salotto
con camino che si aprivano attorno ad una sala centrale (Figura 20). Le terme di Roselle
funzionarono regolarmente almeno fino alla fine dell’Ottocento con qualche inconveniente, ma
senza mai registrare un grande successo di pubblico, finché l’abbassamento delle sorgenti e
l’introduzione del biglietto di ingresso non ne sancirono il definitivo abbandono. La locanda aperta
all’interno della chiesa di San Lorenzo rimase attiva con poca fortuna almeno per tutta la prima
metà del XIX secolo.
38 Le carte del Granduca. La maremma dei Lorena attraverso la cartografia, catalogo della mostra a cura di D. Barsanti,
325
7.2 L’accoglienza alle terme: le palazzine di Ponente e di Levante ai Bagni
di San Giuliano
In quelli che divennero i più rinomati centri termali del Granducato, oltre al rinnovamento delle
strutture di servizio (vasche, bagnetti e docce), i principi-mecenati si impegnarono nella costruzione
di tutta una serie di edifici dediti all’accoglienza e al divertimento dei bagnanti. Già nel 1754
l’accoglienza presso le strutture termali dei Bagni di Pisa godeva di buona fama; così Boyle
“Se non siete stanco, permettetemi di condurvi ai Bagni di Pisa, che distano un paio di miglia dalla città. Sono ampi, eleganti e comodi, concepiti in maniera assai più comoda dei bagni del Somerset. Ciascuna persona occupa una stanza singola, in cui dispone di un bagno, di un caminetto e di spazio sufficiente per un letto […]. Gli alloggi (i cui proventi vanno al Graduca) sono cari per l’Italia, a buon mercato rispetto a quelli di Tunbridge, Bath, e Bristol […]. Nell’alta stagione, che corrisponde al colmo dell’estate, un gran numero di persone si reca a questi bagni, più per il beneficio delle bagnature che per passare le acque. Quando manca la compagnia, ho visto raramente un luogo più adatto allo studio e alla contemplazione”39:
In genere gli ospiti più illustri avevano la possibilità di scegliere tra l’affitto di case e ville private o il
soggiorno presso gli stabilimenti stessi, dove le modalità per l’alloggiamento erano regolamentate da
alcune precise istruzioni redatte dai Componenti la Deputazione dei bagni stessi. Ai Bagni di Pisa, la
R. Opera dei Bagni regolamentava il funzionamento delle terme. Nel 1790 l’Opera fece pubblicare
un opuscolo, stampato a grande tiratura, con le Istruzioni per i concorrenti ai Bagni di San Giuliano. Dalle
suddette indicazioni, si evince che per coloro che desideravano usufruire delle cure dei bagni, ma
soggiornare in città, era a disposizione un servizio- navetta giornaliero in gondola (Figura 21):
“Sebbene i Bagni siano forniti di macelleria, pizzicheria, forno, caffè [sic], Diaccio, Trattori diversi, locanda e d’un quotidiano mercato di commestibili, ciononostante per provvedere al comodo di quei concorrenti, che non restassero soddisfatti delle Provvisioni, che in ogni genere possono farsi nel luogo, e che gradissero piuttosto di provvedersi alla piazza di Pisa, dovrà dal primo maggio a tutto ottobre partire ogni mattina indispensabilmente dai bagni alla punta del giorno una gondola per Pisa ricevendo a bordo tutti quei passeggeri che vorranno farne uso ed alle ore otto della mattina, deve la medesima ripartire da Pisa e ritornare ai bagni, riportando le persone e le provvisioni fatte”40.
Coloro che invece desideravano soggiornare per un periodo più o meno lungo direttamente agli
stabilimenti dei bagni, dovevano soggiacere alle seguenti Istruzioni:
“Chiunque vorrà condurre in affitto uno o più quartieri di proprietà e pertinenza dell’Opera dei Bagni detti di S. Giuliano, dovrà in persona o per mezzo di suo procuratore indirizzarsi al guardaroba dei bagni predetti, quali gli farà vedere i quartieri che saranno affittabili e fatta che ne avrà la scelta sarà dal guardaroba medesimo accompagnato dal Tribunale dei bagni, dove troverà un libro in cui vengono, alla presenza dell’jusdicente, notati detti quartieri dai concorrenti medesimi o loro procuratori ed in esso libro v’indicherà il numero del quartiere da esso scelto e fissato ed il nome della persona per cui resta affittato; avvertendo che non sarà
39 J.BOYLE, Letters from Italy in the Years 1754-55, cit., Lettera IX, 7 novembre 1754.
40 G.M.CAPRETTI, Potestà e attuario dell’Opera, Istruzioni per i concorrenti ai bagni di San Giuliano situati nelle
vicinanze di Pisa, Polloni, Pisa 1790. Per tutto il periodo della stagione balneare, che durava sei mesi, un’altra
gondola ripartiva da Pisa alle tre pomeridiane, per farvi ritorno un’ora prima del tramontare del sole. Il tragitto di andata e ritorno costava mezzo paolo a testa e una sola gita senza ritorno tre ottavi di paolo. Il noleggio di una gondola intera costava 6 paoli: “nelle suddette gondole possono starvi comodamente sedute al coperto numero 12 persone per ciascheduna, restandovi inoltre il comodo per la gente di servizio”.
326 permesso ad alcuno il pretendere un quartiere, che in detto libro si veda obbligato e destinato ad altra persona. Dovrà inoltre notarvi il tempo, in cui vorrà farne uso, perché passato questi di sei, o sette giorni al più, non venendo il conduttore ad abitarvi sarà permesso l’allogarlo ad altri, senza che egli abbia diritto di reclamare e solo potrà restare alla sua disposizione, qualora, prima che spiri il giorno dell’accordata dilazione, aggiunga alla sua firma che quantunque spirato il termine stabiliti e accordato per qualche accidente non sia giunto ad abitarlo, si obbliga ciò nonostante di pagarne la pigione dal giorno che spirerà detto tempo, fino al giorno della disdetta e il metodo istesso dovrà osservartisi per l’affitto dei bagnetti e tinozze. E qualora venisse supposto ad alcuno dei concorrenti nel fare la scelta del quartiere che quello che gli farebbe comodo fosse già affittato, potrà sempre farne il riscontro al suddetto libro e ritrovato in esso, che non fosse veramente impegnato, mediante la firma del locatore, avrò tutto il diritto di apporvi la propria firma e fermarlo per suo conto”41.
Il complesso dei fabbricati dedicati all’accoglienza nel borgo di San Giuliano si strutturava
principalmente all’interno del blocco costituito dall’antico palazzo della Misericordia e dalle due ali
adiacenti: per l’affitto degli alloggiamenti in questi Palazzi era a disposizione dei bagnanti un registro
conservato dal Tribunale dei Bagni dove si prendeva nota dei nomi degli affittuari e delle date. I
Palazzi della Reale Opera dei Bagni erano così distribuiti:
“I Palazzi della Reale Opera [dei Bagni] son tre uniti insieme, suddivisi in 40 quartieri, non compreso il più nobile sopra il casino [ex palazzo della misericordia] capaci in tutti di più centinaja di persone in un tempo; più e meno vasti; più e meno suntuosamente mobiliati, secondo il gusto e la fortuna dei richiedenti. Nel palazzo del centro, al primo piano, vi sono sale d’intrattenimento, o Casino, per tutti i bagnanti di civil condizione: giornalmente e seralmente aperte per tutta la stagione delle bagnature; e fra la danza, il suono, pochi giochi di passatempo, gli onesti parlari e la lettura di vari giornali, tutti vi trovano sempre di che ricrearsi in convenienti e svariati divertimenti. V’è pure un teatrino murato, assai comodo, e da cui potrebbero utilmente aversi passatempi e divertimenti piacevoli in copia, diversamente amministrato”42.
I prezzi erano più o meno elevati a seconda dell’ampiezza degli appartamenti, di cui sette molto
grandi erano situati nel Palazzo di Ponente e ventotto, quasi tutti “mini”, dotati di camera e di
cucina, si trovavano nel palazzo di Levante: il costo degli stessi andava da un massimo di nove paoli
ad un minimo di ¾ di paolo al giorno, per le soffitte. Tutti gli appartamenti erano completamente
arredati e mancavano solo di letti “da padrone” o “da servitù” forniti a richiesta con un
sovrapprezzo. Così si legge nelle Istruzioni:
“I quartieri affittabili nel palazzo detto di Ponente daranno gli appresso comodi e si affitteranno per gl’infrascritti prezzi:
Primo. Numero due quartieri situati nel primo piano composti di numero quattro stanze per uso da padrone, numero due mezzanini per i camerieri e numero quattro stanze per uso di cucina e servitù contrassegnati con i num. II, e IV S’affittano a Paoli nove il giorno per ciascheduno.
Secondo. Numero due quartieri al piano suddetto composti di numero quattro stanze per uso da padrone ed altrettante per comodo di cucina e servitù contrassegnati con i num. I, e V S’affittano a Paoli otto ciascheduno il giorno.
41 G.M.CAPRETTI, Istruzioni per i concorrenti ai bagni cit., Capitolo 1: Direzione per condurre in affitto i quartieri,
descrizione dei medesimi e prezzi della loro locazione e per condurre parimenti in affitto i bagnetti, tinozze e docce.
327 Terzo, un quartiere composto di numero due camere, cucina e comodo per servitù posto al medesimo piano contrassegnato col num. III. S’affitta a paoli 5 il giorno.
Quarto. Un quartiere al secondo piano composto di numero quattro stanze da padrone, cucina e comodo per la gente di servizio contrassegnato col num. VI,. S’affitta a paoli sei il giorno. I quartieri del palazzo detto di Levante con i loro rispettivi comodi si affittano per gl’infrascritti prezzi.
Primo. Numero sei quartieri al piano dei mezzanini composti di una buona camera e una cucina contrassegnati con i numeri XI, XII, XIII, XIV, XV, XVI. Si affittano a paoli uno e mezzo il giorno per ciascheduno.
Secondo, numero otto quartieri posti al piano nobile composti di una camera, un salotto ed una cucina, contrassegnati con in numeri XVII, XVIII, XIX, XX, XXI, XXII, XXIII, XXIV si affittano a paolo tre il giorno per ciascheduno.
Terzo. Numero otto quartieri posti al secondo piano composti come i sopra descritti e contrassegnati con i numeri XXV, XXVI, XVII,XXVIII,XXIX, XXX,XXXI,XXXII, si affittano a paoli due il girono per ciascheduno.
Quarto. Un quartiere sopra il casino composto di numero quattro camere buone e due piccole, salotto, sala, e cucina; si affitta a paoli dieci il giorno.
Tutti i suddetti quartieri sono forniti di mobili necessari, cioè guardaroba, tavole, tavolini di diverse grandezze, e usi, seggiole, zanzalieri, biancheria da tavola per padroni e servitù, batteria da cucina, piatteria di majolica, e cristalli per tavola, restando tutto compreso ne respettivi prezzi dei quartieri. All’ingresso del conduttore, saranno consegnati i sopraddetti mobili per inventario e questi dovrà, tali quali gli avrà ricevuti restituite al termine della locazione, altrimenti dovrà supplire o col resarcimento delle mancanze o con pagarne in contanti il valore. Sarà in libertà dei concorrenti o valersi dei propri letti o di quelli dei bagni, volendosi pertanto servire delle proprie materasse gli saranno date panche e saccone gratis. Volendo poi prevalersi de letti dei quartieri, non essendo questi compresi nel prezzo dei medesimi, si dovrà pagare, per ogni letto da padrone senza biancheria, mezzo paolo il giorno; fornito di ragionevole biancheria tre quarti di paolo il giorno; e per ogni letto da servitù fornito di biancheria, mezzo paolo il giorno.
I conduttori dei suddetti quartieri che avranno pagato per venti giorni l’importare delle loro pigioni, secondo la tariffa sopra espressa nei paragrafi III e IV volendo continuare nella medesima locazione fino ai giorni 30, goderanno per i seguenti dieci giorni, un ribasso di un quinto e passati trenta giorni pagheranno solamente tre quarti dell’importare della pigione a rigor di tariffa per tutti quei giorni che gli piacerà di trattenervisi, oltre i trenta restando però sempre costante e fissa la tariffa dei letti.
I concorrenti che vorranno far uso dei propri legni e cavalli avranno il comodo di qualche rimessa e stalla, capace di numero quattro cavalli per ciascheduna ed una piccola stanza per il cocchiere e dovranno pagare per pigione un paolo e mezzo il giorno e volendo il letto per il cocchiere daranno di più mezzo paolo il giorno. E per la pigione suddetta goderanno dei medesimi ribassi in proporzione della lunghezza della locazione come si dice nell’antecedente paragrafo.
Tutti i suddetti quartieri saranno affittati ai prezzi espressi […] per i mesi di maggio, giugno, luglio agosto e settembre; in tutto il rimanente dell’anno saranno affittati per la sola metà del loro respettivo valore, sopra del quale saranno altresi fatti i soliti ribassi in proporzione […] restando però sempre ferma la tariffa dei letti, l’uso dei quali sarà in arbitrio dei conduttori. Le stanze sopra la loggia si riserberanno per i religiosi mendicanti e per i poveri cittadini ai quali la malattia possa impedire il salire molte scale e, per non mescolare tali persone religiose e di qualche riguardo con donne e ragazzi e per ogni caso si procurerà di tenere a parte uno dei mezzanini del palazzo di levante, ai quali si può avere accesso senza le scale.