• Non ci sono risultati.

I campioni sono stati prelevati sia in entrata che in uscita dal depuratore

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "I campioni sono stati prelevati sia in entrata che in uscita dal depuratore"

Copied!
32
0
0

Testo completo

(1)

3.MATERIALI E METODI

Lo studio si è articolato in due fasi successive:

1. Messa a punto del metodo di estrazione dell’ acido nucleico virale:

 Contaminazione di 6 campioni artificiali con Adenovirus di tipo 2 a concentrazione nota (1,44 X 108 copie/ml);

 Estrazione del genoma virale con due diversi metodi (kit Nucli Sens Magnetic Extraction, BIOMERIEÙX e QIAamp DNA kit, QIAGEN);

 Confronto tra le due tecniche: sono state effettuate delle prove di sensibilità sugli estratti diluiti, gli estratti interi sono stati quantificati tramite Real Time PCR per calcolare la percentuale di recupero dei due metodi;

 Applicazione delle due tecniche su 24 campioni ambientali di acque marine prelevate nel periodo giugno-settembre.

2. Monitoraggio del liquame:

I campionamenti, svolti nell’impianto di depurazione di S. Jacopo a Pisa, sono stati effettuati con cadenza settimanale a partire dal mese di Marzo 2007 fino alla prima settimana di Giugno dello stesso anno. I campioni sono stati prelevati sia in entrata che in uscita dal depuratore.

 Analisi dei campioni di liquame e ricerca di:

• Adenovirus e di TTVirus come probabili indicatori virali;

• HAV, uno dei principali virus patogeni ad RNA;

• E.coli, Enterococchi e Colifagi somatici.

(2)

 Quantificazione mediante QPCR dei campioni risultati positivi alla PCR qualitativa per i virus indagati;

 Determinazione del numero del numero di unità infettanti per adenovirus mediante il metodo delle placche di lisi.

3.1 MESSA A PUNTO DEL METODO DI ESTRAZIONE

Prima dell’inizio delle prove sul campo, è stata studiata l’efficienza di due protocolli per l’estrazione dell’acido nucleico virale. Per fare ciò, sono stati preparati 6 campioni di acqua artificialmente contaminati e successivamente concentrati mediante la tecnica di ultrafiltrazione a flusso tangenziale a due stadi.

Il virus scelto per la contaminazione è Adenovirus di tipo 2 a concentrazione nota (1,44 x 108 copie/ml).

3.1.1 Contaminazione dei campioni artificiali

Prima di procedere alla contaminazione dei campioni, sono stati sanitizzati i contenitori con acqua deionizzata e ipoclorito (4,8%). In seguito, per neutralizzare l’ipoclorito, i contenitori sono stati sciacquati con un litro di acqua deionizzata addizionata di tiosolfato di sodio (2%).

I sei campioni artificialmente contaminati sono stati preparati con 10 l di acqua, di cui 5 l di rubinetto e 5 l di acqua deionizzata, a cui sono stati aggiunti 5 ml di tiosolfato di sodio per tamponare il cloro contenuto nell’acqua di rubinetto. A questo punto per tutti campioni sono state misurate la temperatura e il pH e, in seguito, ciascun campione è stato contaminato con 1 ml di Adenovirus.

(3)

3.1.2 Concentrazione dei campioni

I campioni quindi sono stati concentrati per mezzo di un sistema di ultrafiltrazione a flusso tangenziale.

Questa tecnica prevede l’utilizzo di una pompa peristaltica (apparato Mini-ultrasette - Omega OC- Pall) dotata di una membrana in polisulfone con taglio molecolare da 10 KDa.

Questo tipo di membrane viene comunemente utilizzato per concentrare i virus, in particolare enterovirus e batteriofagi, contenuti nei mezzi idrici e presenta un’elevata capacità di recupero sia per i primi (Carducci et al., 1994) che per i secondi (Donia et al., 1998, Grabow, 2001).

Il metodo consente una minima manipolazione del campione evitando possibili contaminazioni.

E’ possibile schematizzare la tecnica dell’ultrafiltrazione a flusso tangenziale in tre fasi, che vengono ripetute durante i due stadi successivi di concentrazione e che differiscono tra loro solo per le dimensioni del campione trattato, e quindi per la quantità di soluti impiegati (per il secondo stadio vengono utilizzati metà volumi rispetto al primo stadio):

Condizionamento della membrana: dopo un preliminare lavaggio con 2 L di H20 distillata a perdere per eliminare la soluzione di mantenimento, la membrana viene caricata con 300 ml di B.E. a pH 7 a ricircolo per 10 minuti per saturare i siti attivi ed impedire l’adsorbimento dei virus.

Concentrazione del campione: il campione (10L) passando attraverso la membrana a ricircolo, (mantenendo una pressione nel circuito pari a circa 1 bar), si concentra fino a raggiungere la quantità di circa 500 ml nel primo stadio e circa 50 ml nel secondo stadio.

(4)

Si procede, quindi, all’eluizione della membrana con 300 ml di B.E. a pH 9 a ricircolo per 10 minuti e successivo cumulo dell’eluato al concentrato.

• Sanitizzazione della membrana: la membrana viene sanitizzata prima di essere utilizzata per successivi campioni con ipoclorito all’1‰ attraverso due serie di lavaggi successivi a ricircolo per 15 minuti, seguiti da 2 L di H20 distillata a perdere e soluzione di NaOH 0,05N per il mantenimento della membrana.

3.1.3 Trattamento al cloroformio

I campioni concentrati, dopo neutralizzazione del pH con HCl 1N, sono stati sottoposti a decontaminazione per eliminare la componente batterica del campione.

Tale trattamento consiste nell'aggiungere al campione cloroformio in rapporto 1:10, nell’agitare il tutto manualmente per 15 minuti e nel centrifugare, successivamente, a 1200 rpm per 15 minuti. Il cloroformio depositato sul fondo viene eliminato e il surnatante recuperato.

3.1.4 Estrazione degli acidi nucleici

Per l’estrazione dell’acido nucleico sono stati utilizzati due diversi kit commerciali (kit Nucli Sens Magnetic Extraction, BIOMERIEÙX e QIAamp DNA kit, QIAGEN), basati su procedure differenti e quantità di campione iniziale diverse (fig.3.1.5.1).

3.1.4.1 Protocollo d’estrazione - kit BIOMERIEÙX

Il metodo di estrazione degli acidi nucleici si basa sulla chimica di Boom che utilizza particelle di silice magnetica. In ambiente con forte concentrazione di sali, gli acidi

(5)

nucleici si legano alle particelle di silice che costituiscono la fase solida e i componenti diversi dagli acidi nucleici sono eliminati con successive fasi di lavaggio.

 LISI: a 5 ml di campione si aggiungono 10 ml di tampone di lisi e il tutto è incubato per 10 minuti a temperatura ambiente.

 LEGAME: 50 µl di sospensione di silice si aggiungono al campione e si lascia a incubare per 10 minuti a temperatura ambiente, per poi centrifugare a 3700 rpm per 2 minuti. Questi passaggi permettono al DNA virale di legarsi alle particelle magnetiche.

 I° LAVAGGIO: dopo aver eliminato il surnatante, le particelle di silice vengono risospese da due lavaggi con il primo tampone di lavaggio (WB1) e trasferite in una provettina da 1,5 ml per prelevare tutta la silice in modo da non perdere gli acidi nucleici.

 II° LAVAGGIO: il campione è lavato due volte con 500 µl di Buffer di lavaggio WB2; la silice è risospesa e il surnatante viene scartato

 III° LAVAGGIO: con 500 µl di WB3 vengono nuovamente risospesa la silice e scartato il surnatante. Questo passaggio deve essere eseguito il più velocemente possibile altrimenti gli acidi nucleici iniziano a degradarsi nel WB3.

I passaggi di lavaggio permettono di purificare il DNA ed eliminare eventuali inibitori.

 ELUIZIONE: al campione si aggiungono 50 µl di tampone di eluizione; la provettina è posta in un agitatore termico per 5 minuti a 60°C a 1400 rpm. Il surnatante viene trasferito in una nuova provettina e

(6)

50 µl di tampone di eluizione vengono introdotti per eluire il DNA virale dalle particelle magnetiche.

La provettina è posta nuovamente in un agitatore termico per 5 minuti a 60°C a 1400 rpm e il surnatante è unito all’eluato per ottenere circa 100 µl di DNA purificato.

3.1.4.2 Protocollo d’estrazione- kit QIAGEN

 LISI: A 200 µl di campione (siero, plasma, fluidi biologici privi di cellule, ecc.) si aggiungono 20 µl di proteinasi K e 200 µl di una soluzione di lisi AL. L’eppendorf contenente questa soluzione viene agitata con vortex per 15’’ e incubata successivamente a 56° per 10 minuti. L’incubazione serve per consentire la lisi delle particelle virali e l’inattivazione di RNAasi.

 LEGAME: dopo l’incubazione viene aggiunto 200 µl di etanolo per facilitare il legame selettivo del materiale genetico ad una membrana di gel di silice posta all’interno di una micro-colonna prevista dal kit.

Infatti a questo punto tutto il materiale lisato e l’etanolo vengono posti all’interno della micro-colonnina e centrifugati a 8000 rpm per 1 minuto.

 I° LAVAGGIO: dopo aver scartato il filtrato alla colonnina vengono aggiunti 500 µl di un primo Buffer di lavaggio (AW1) a cui segue un’altra centrifuga a 8000 rpm per 1 minuto.

 II° LAVAGGIO: dopo aver scartato di nuovo il filtrato alla colonnina vengono aggiunti 500 µl di un secondo Buffer di lavaggio (AW2) a cui segue una centrifuga più energica a 14000 rpm per 3 minuti.

(7)

 ELUIZIONE: con questa ultima fase il DNA si stacca dalla membrana della colonnina e può essere recuperato in una nuova eppendorf grazie a 100 µl di una soluzione di l’eluente (AE).

Dopo l’aggiunta dell’eluente si lascia incubare a temperatura ambiente per 1 minuto e poi centrifughiamo a 8000 rpm per 1 minuto.

Terminata la centrifuga nella eppendorf rimarrà il DNA purificato.

Al termine del ciclo di lavaggi, gli acidi nucleici vengono eluiti dalla fase solida e costituiscono l’estratto a cui sarà applicata la PCR.

fig. 3.1.4.1 Confronto tra le due tecniche di estrazione

BIOMERIEÙX QIAGEN

5 ml

100 µl

200 µl

200 µl

Lisi

Legame

Lavaggio

3 2

Eluizione

DNA

(8)

3.1.5 Preparazione delle diluizioni dell’estratto virale

Per confrontare la sensibilità delle due tecniche di estrazione genomica sono state effettuate le diluizioni scalari degli interi con l’utilizzo di PBS (soluzione salina) (fig.

3.1.5.1).

Le diluizioni sono state eseguite per tutti i sei campioni interi, estratti con entrambi i metodi (12 campioni) e ogni diluizione è stata testata attraverso PCR in triplo.

fig. 3.1.5.1 Preparazione delle diluizioni degli estratti virali

3.1.6 RT-nested PCR per Adenovirus

Per rilevare il genoma di adenovirus nei campioni precedentemente contaminati è stata eseguita una nested-PCR.

10-4 10-3

10-2 5 µl

45 µl di PBS

45 µl di PBS

5 µl

5 µl

5µl di estratto in 45 µl PBS

10-1

(9)

Il protocollo è stato articolato in due steps, ciascuno dei quali ha impiegato una coppia di primers specifici per un frammento aperto di lettura del gene codificante gli esoni, costituenti proteici del capside virale (Allard et al. 1992). La coppia di primers esterni, Hexdeg 1/Hexdeg 2, utilizzata nella prima PCR ha portato all’amplificazione di un frammento di 301 bp, mentre i primers interni, Hexdeg 3/Hexdeg 4, hanno prodotto l’amplificato finale di 171 bp (Puig et al., 1994)

10 µl di DNA virale estratto sono stati aggiunti ai 40 µl della prima miscela di reazione. Tale miscela è stata sottoposta ad una primo ciclo di denaturazione del DNA a 94°C per 3 minuti, a cui è seguita la prima amplificazione con 45 cicli; successivamente 1 µl dell’amplificato così ottenuto è stato poi caricato in 49 µl della seconda miscela di reazione, che differisce dalla prima per la coppia di primers e per la concentrazione dei nucleotidi (tab. 3.1.6.1 e fig. 3.1.6.1a); la seconda amplificazione è avvenuta con lo stesso numero di cicli della prima .(fig. 3.1.6.1b)

tab. 3.1.6.1 Protocollo della Nested PCR per Adenovirus TIPO DI

REAZIONE REAGENTI CONCENTRAZIONE

FINALE VOLUME

10X PCR Buffer

50 mM KCl, 0,1%

Triton-X-100 10mM Tris-HCl pH 8.8, 2µgml-1

BSA

5 µl

MgCl2 1.5 mM 3 µl

dNTPs 1 mM 0.5 µl

Hex1deg/Hex2deg

Nehex3deg/Nehex4deg 0.5 µM (0.5 µM) 1 µl Amplificazione/

NESTED 10 (10) µl DNA in

49 (49) µl mix

Taq Polimerase 2 U 0.4 µl

(10)

fig. 3.1.6.1a Rappresentazione del genoma di Adenovirus e posizione dei primers

Hexdeg 1: GCC SCA RTG GKC WTA CAT GCA CAT C Hexdeg 2: CAG CAC SCC ICG RAT GTC AAA

Hexdeg 3: GCC CGY GCM ACI GAI ACS TAC TTC

Hexdeg 4: CCY ACR GCC AGI GTR WAI CGM RCY TTG TA

fig. 3.1.6.1b Schema dei cicli di reazione della Nested PCR

3.1.7Elettroforesi su gel di agarosio

I frammenti genomici ottenuti dalla seconda amplificazione sono stati visualizzati sottoponendoli, dopo l’aggiunta di 1 µl di loading buffer a 30 µl di amplificato, a separazione elettroforetica in gel di agarosio al 2% colorato con bromuro di etidio, in tampone di corsa TBE 1X.

Nella corsa elettroforetica, condotta a 80V per 10 minuti e 150V per successivi 30 minuti, insieme ai campioni sono stati fatti correre:

Esone

5’ 3’

72°-1’ 72°-5’

55°-60’’

94°-3’ 94°-30’’

35 (35) cicli

(11)

 Un marker di frammenti di DNA a pesi molecolari noti (100bp DNA Ladder), per poter individuare la banda corrispondente alla regione amplificata;

 Un controllo positivo ed uno negativo per valutare la validità dei risultati.

Alla fine della corsa elettroforetica il gel è stato osservato al trans-illuminatore a raggi UV.

3.1.8 Calcolo della percentuale di recupero

La valutazione della percentuale di recupero di adenovirus è stata effettuata mediante il calcolo dell’MPN-PCR e PCR quantitativa basata sulla tecnologia TaqMan.

3.1.8.1 MPN

Test di diluizioni seriali misurano la concentrazione di genoma virale nel campione con una stima denominata il numero più probabile (MPN – Most Probable Number).

L’MPN è particolarmente utile per basse concentrazioni di genoma. L’esito, ottenuto attraverso una formula che considera il numero di prove e i positivi, implica una stima della concentrazione genomica nel campione.

L’MPN, in questo lavoro, è stato calcolato grazie all’utilizzo di uno specifico programma che si basa sulla seguente equazione:

( )

∑ ∑

= =

=

K

j

K

j

j j j

x j

j t m

m e

m g

11 λ 1

dove:

K denota il numero delle diluizioni

gj denota il numero dei positivi nella Jth diluizione

mj denota la quantità del campione inserita in ogni prova per la Jth diluizione

(12)

tj denota il numero delle prove per diluizione λ denota la concentrazione

Dai valori ottenuti dal programma si è quindi ottenuto il valore dell’MPN per ogni campione

Mediante una proporzione che tiene conto del volume di partenza è stata stimata la concentrazione di copie genomiche nel campione artificiale.

3.1.8.2 Q-PCR per Adenovirus

Questa tecnica consente la rilevazione dell’amplificato contemporaneamente alla sua amplificazione, producendo un segnale fluorescente con intensità direttamente proporzionale al target di reazione. Essa si avvale dell’uso di una sonda (fig.3.1.8.1) complementare alla sequenza target posta tra i siti di legame dei primers e marcata alle due estremità con due differenti fluorocromi: al 5’ il reporter (6-carbossi-fluoresceina, FAM) ed al 3′ il quencer (6-carbossi-tetrametil-rodamina, TAMRA).

Fig.3.1.8.1 SONDA TaqMan

(13)

La molecola quencer ha la capacità di inibire la fluorescenza dell’altra molecola fin quando entrambe si trovano sulla stessa sonda integra. Nel corso dell’amplificazione, però, la sonda viene distrutta mediante idrolisi dall’attività esonucleasica 5’-3’ associata alla polimerasi AmpliTaqGold. L’enzima infatti, quando incontra l’estremità 5’ della sonda, effettua il distacco del reporter; in questo modo il fluoroforo va in soluzione, non subisce più l’inibizione del quencher ed emette fluorescenza (fig.3.1.8.2).

Fig.3.1.8.2 Schema della metodica TaqMan PCR

L’incremento dell’intensità del segnale emesso è misurato ed interpretato dal sistema Applied Biosystems Prism 7300. Tale apparecchiatura include un termociclizzatore, una lampada per indurre la fluorescenza, un rilevatore CCD (charge-

Completamento della polimerizzazione

Taglio

Polimerizzazione

Spostamento del filamento

(14)

coupled device) e un software (Sequenze Detection Systems-SDS) per la rilevazione in tempo reale.

Il software rileva l’emissione della fluorescenza in base a una precedente normalizzazione, necessaria per correggere le inevitabili fluttuazioni della fluorescenza dovute alle variazioni di concentrazione o volume dei campioni in esame.

A questo scopo è presente, in concentrazione costante nel tampone di reazione, un controllo ottico passivo costituito da un terzo colorante non coniugato (rodamina, ROX).

Questo fluorocromo non è sottoposto all’azione nucleasica della polimerasi e rappresenta, quindi, un riferimento interno con cui può essere normalizzato il segnale emesso dal reporter. La normalizzazione viene effettuata dividendo l’intensità di emissione del reporter per quella del controllo passivo, ottenendo così un indice Rn (reporter normalizzato) per ogni campione analizzato.

I parametri calcolati dal software sono:

- Rn+ : valore di Rn in una reazione contenente il DNA bersaglio;

- Rn- : valore di Rn in una reazione senza il DNA bersaglio. Si ricava nei primi 3-15 cicli di amplificazione, quando l’incremento di fluorescenza non è ancora rilevabile;

- ∆Rn : differenza tra Rn+ e Rn- . Indica la grandezza del segnale generato in una reazione di PCR;

- CT o ciclo soglia: primo ciclo di amplificazione in cui si ha un incremento statisticamente significativo del ∆Rn. E’ il valore utilizzato in genere per quantificare i campioni.

Per la quantificazione della carica virale è necessario avere a disposizione una serie di standards a titolo noto tramite i quali il software traccia una curva di taratura, dalla quale viene dedotta la concentrazione dei campioni presi in esame. A tale scopo la regione conservata dell’esone di Adenovirus 41 è stata amplificata mediante nested PCR.

(15)

L’amplificato ottenuto è stato inserito in un vettore plasmidico (pBR322) e transfettato in cellule competenti.

Successivamente, è stata effettuata l’estrazione del plasmide dai cloni ottenuti con il kit Qiagen Plasmid Midi. A questo punto, nota la lunghezza in nucleotidi del vettore ricombinante, mediante lettura spettrofotometrica a 260 nm è stato possibile determinare il numero esatto di copie di DNA virale che è di 7,14 x 109 molecole/µl.

L’estratto plasmidico, dopo essere stato purificato, è stato sequenziato per verificare l’integrità del frammento inserito, e utilizzato per la preparazione degli standard attraverso una serie di diluizioni successive.

I campioni presi in esame sono stati analizzati in piastre ottiche a 96 pozzetti. Il protocollo, descritto da Henroth e colleghi (2002), prevede l’utilizzo dei seguenti primers e della probe:

 Primer AdF: 5’-CWT ACA TGC ACA TCK CSG G-3’

 Primer AdR: 5’- RCGGGCRAAYTGCACCAG-3’

 Probe AdP1: 5’-FAM- CCG GGC TCA GGT ACT CCG AGG CGT CCT - TAMRA-3’

I primers e la probe sono specifici per la regione conservata della prima parte del gene dell’esone che codifica per proteine strutturali virali (Hernroth et al,2002).

Inizialmente è stata preparata la miscela di reazione contenente, oltre ai primers e alla probe, anche la TaqMan Universal Master Mix (Applied Biosystem) alla concentrazione finale 2X. Quest’ultima contiene la polimerasi AmpliTaq Gold, l’enzima AmpErase uracil- N-glycosilase (UNG) e i nucleotidi in cui dTTP è sostituito da dUTP, incorporato nella sintesi TaqMan al posto di dTTP. L’enzima UNG agisce sul DNA a doppio filamento tagliando la base uracilica e creando un sito apirimidinico che blocca la sintesi da parte della DNA polimerasi e rende la doppia elica molto sensibile all’idrolisi acido basica. In

(16)

questo modo viene impedita l’ulteriore amplificazione dei prodotti delle precedenti reazioni di PCR, attraverso la degradazione di quei siti genomici che contengono dUTP (Longo et al., 1990).

L’enzima UNG è attivo alla temperatura di 50°C e viene poi inibito alla temperatura di denaturazione, prima della caratteristica reazione di PCR.

Preparata la miscela, è stata caricata una aliquota di 15 µl in tutti i pozzetti;

successivamente, in alcuni pozzetti sono stati aggiunti 10 µl di campione, in altri 10 µl dello standard opportunamente diluito (da 108 a 102 copie/ml). Inoltre, per verificare che la miscela preparata non abbia subito contaminazioni, si inseriscono nella reazione dei controlli negativi che contengono, oltre alla mix, 10 µl di acqua al posto dell’estratto del campione di interesse.

Il campione, gli standards e il controllo negativo sono stati ripetuti in triplo.

La micropiastra è stata poi coperta da uno strip adesivo prima del suo inserimento nello strumento.

Fig. 3.1.8.3 Miscela di reazione della QPCR di Adenovirus

L’amplificazione avviene secondo le seguenti fasi schematizzate in figura 3.1.8.4:

1. Fase di attivazione della UNG

2. Fase di attivazione della polimerasi AmpliTaq Gold

TM

3. Fase di denaturazione

COMPONENTI Volume (µl) Concentrazione finale

Mix 2X 12,5 1

AdF 1 0,9

AdR 1 0,9

AdP1 0,50 0,225

campione 10

(17)

3.1.8.4 Schema dei cicli di reazione della QPCR

3.2 MONITORAGGIO DEL LIQUAME

3.2.1Descrizione dell’impianto di depurazione di S. Jacopo

L’impianto di depurazione studiato, attualmente possiede una capacità di servizio di circa 40000 abitanti-equivalenti e raccoglie la maggior parte dei liquami civili derivanti dai comuni di Pisa, S. Giuliano T., e altri paesi limitrofi con progetto di ampliamento fino a 120000 ab/ eq. verso la provincia di Lucca.

Il processo depurativo delle acque reflue realizzato da questo impianto si basa sul sistema a fanghi attivi o a biomassa sospesa, che rappresenta il trattamento più ampiamente utilizzato e diffuso tra i circa 10000 impianti di depurazione sparsi in tutta Italia (censimento NOE 1998).

60°C

Ibridazione dei primers ed estensione 95°C

10 min

15 s

1 min 50°C

2 min

55°C

30 sec Attivazione

Taq polimerasi

Attivazione uracile N-glicosilasi

Denaturazione

(18)

fig. 3.2.1 Schema di impianto a fanghi attivi. (S. Barbuti et al., 2002).

Il liquame in arrivo dalle reti fognarie, giunto all’impianto, subisce una serie di trattamenti diversi in successione:

3.2.1.1 Trattamento primario

Il liquame viene convogliato verso una serie di griglie, che servono a separarlo dal materiale grossolano solido (grigliatura); dopodiché viene sollevato con pompe centrifughe sommerse (sollevamento) ed inviato alle fasi successive: si separa da grassi ed oli che ostacolano gli scambi gassosi durante la fase biologica (deolazione), viene separato dalla sabbia che potrebbe danneggiare l’impianto. I materiali grigliati vengono compattati e convogliati in un contenitore di raccolta per essere poi smaltiti.

Infine, come ultima fase del trattamento primario, il liquame viene fatto sedimentare in una vasca in modo da eliminare la maggior parte dei solidi rimasti in sospensione (sedimentazione primaria). In questa fase il carico inquinante subisce una diminuzione, per decantazione, di parte del carico organico in termini di COD (25-30%) e dei solidi sospesi totali (60%).

Effluente da trattare

Fango di supero

Effluente trattato Fango da

avviare al trattamento

VASCA DI AERAZIONE SEDIMENTA

TORE PRIMARIO

SEDIMENTATORE FINALE Aria

Fangosecondario Fango di

ricircolo

(19)

3.2.1.2 Trattamento secondario

Comprende l’ossigenazione del liquame attraverso la decomposizione di molecole organiche biodegradabili da parte della flora batterica aerobica (fango). Dopo l’ossigenazione il liquame viene fatto stazionare per un certo periodo di tempo in una vasca di sedimentazione (fig. 3.2.1.2) dove il fango attivo che si è formato precedentemente precipita separandosi dal liquido ormai quasi completamente depurato.

fig. 3.2.1.2 Vasca di sedimentazione finale

3.2.1.3 Trattamento terziario

Successivo affinamento del grado di depurazione, con lo scopo di rimuovere buona parte di quelle particelle sospese sfuggite nella fase di sedimentazione; l’acqua depurata prima di uscire dall’impianto subisce il processo di disinfezione con aggiunta di una soluzione di ipoclorito di sodio (fig. 3.2.1.3). Il tempo minimo di contatto è di circa 20 minuti.

A questo punto il fango digerito viene disidratato con diversi sistemi (nastropressa).

(20)

3.2.2 Campionamento

Nel periodo Marzo-Giugno 2006 sono stati svolti i campionamenti presso l’impianto di depurazione di liquami civili di S. Jacopo a Pisa.

La frequenza di campionamento è stata solo in minima parte influenzata dalle condizioni meteorologiche e i campionamenti sono stati effettuati due volte a settimana.

Sono stati realizzati 20 campionamenti per un totale di 40 campioni prelevati in due punti dell’impianto:

in ENTRATA: a livello della pompa di sollevamento, dopo una iniziale grigliatura grossolana, ma prima ancora della sedimentazione primaria, sono stati prelevati 1 litro di liquame per l’analisi virologica (HAV, Adenovirus, TTvirus), 100ml per la ricerca di E.

coli ed Enterococchi, e 100ml per la ricerca dei colifagi somatici.

• in USCITA: a livello della vasca di sedimentazione finale sono stati prelevati 10 litri per l’analisi virologica, 100 ml per la ricerca di E. coli ed Enterococchi e 100 ml per la ricerca dei colifagi somatici.

fig. 3.2.1. Schema dell’impianto di trattamento dei liquami

USCITA

ENTRATA

(21)

Fig. 3.2.1b Punti di prelievo: entrata a) e uscita b) del depuratore a) b)

3.2.3Trattamento dei campioni per la ricerca virale

Per le analisi virologiche i campioni sono stati sottoposti ad una pre-filtrazione per eliminare i residui più grossolani e successivamente concentrati mediante il sistema di ultrafiltrazione a flusso tangenziale a due stadi successivi utilizzato nella prima fase sperimentale.

3.2.3.1Pre-filtrazione

Grazie ad un sistema di pompa a vuoto il campione passa attraverso una membrana in polipropilene (pre-filtro) con porosità 10 mm e viene così filtrato in maniera grossolana.

Il pre-filtro viene poi eluito con 20 ml di Beef extract (B.E.) al 3% a pH 9 in modo da recuperare le particelle virali eventualmente rimaste adese al filtro.

Dopo agitazione manuale per 10 minuti l’eluato viene infine centrifugato a 3500 rpm per 15 minuti.

Il surnatante viene successivamente cumulato al campione pre-filtrato durante la

(22)

vera e propria fase di concentrazione della tecnica di ultrafiltrazione .

3.2.3.2Estrazione degli acidi nucleici

I campioni precedentemente sbatterizzati sono stati sottoposti ad estrazione dell’acido nucleico virale.

In base ai risultati della prima fase, è stato scelto ed utilizzato il protocollo di estrazione che prevede l’uso di membrane di gel di silice (QIAamp viral RNA kit e QIAamp DNA kit, QIAGEN).

Questi kit commerciali sono stati già utilizzati in precedenti studi e si sono dimostrati capaci di purificare l’acido nucleico virale anche quando questo è presente in matrici ambientali complesse (Carducci A. et al, 2003).

3.2.3.2.1 Protocollo d’estrazione QIAamp viral RNA mini , QIAGEN

Le differenze con il protocollo di estrazione del DNA, già descritto durante la prima fase, riguardano soprattutto le quantità dei soluti utilizzati, le velocità e i tempi di centrifuga:

 LISI: A 140 µl di campione (siero, plasma, fluidi biologici privi di cellule, ecc.) si aggiungono 560 µl di una soluzione di lisi (AL). L’eppendorf contenente questa soluzione viene agitata con vortex per 15’’ e incubata successivamente a 56° per 10 minuti.

 LEGAME: dopo l’incubazione viene aggiunto 560 µl di etanolo.

Il materiale lisato e l’etanolo vengono posti all’interno della micro-colonnina e centrifugati a 8000 rpm per 1 minuto.

(23)

 I° LAVAGGIO: dopo aver scartato il filtrato alla colonnina vengono aggiunti 500 µl di un primo Buffer di lavaggio (AW1) a cui segue un’altra centrifuga a 8000 rpm per 1 minuto.

 II° LAVAGGIO: dopo aver scartato di nuovo il filtrato alla colonnina vengono aggiunti 500 µl di un secondo Buffer di lavaggio (AW2) a cui segue una centrifuga più energica a 14000 rpm per 3 minuti.

 ELUIZIONE: l’ RNA si stacca dalla membrana della colonnina e può essere recuperato in una nuova eppendorf con 60 µl di una soluzione di l’eluente (AE).

Dopo l’aggiunta dell’eluente si lascia incubare a temperatura ambiente per 1 minuto e poi centrifughiamo a 8000 rpm per 1 minuto.

Terminata la centrifuga nella eppendorf rimarrà l’ RNA purificato.

I volumi degli RNA estratti dei campioni possono essere impiegati direttamente nella retrotrascrizione-amplificazione (RT-PCR) per la ricerca del genoma virale, appartenente a diverse specie enteriche patogene per l’uomo.

3.2.4 Ricerca del genoma virale- ANALISI QUALITATIVA

3.2.4.1 Nested-PCR per la ricerca del genoma di TTVirus

Per la ricerca del TTV DNA è stata scelta una nested PCR con un set di primers specifici, individuati nella regione UTR (fig. 3.2.4.1b) che risulta essere la più conservata nel genoma del virus (Okamoto et al., 1999).

La prima fase di amplificazione permette di ottenere un frammento di 1143 bp utilizzando la coppia di primers NG133/NG147, La seconda, utilizza la seconda coppia di primers NG134/NG132 e produce una banda di 110 bp (fig. 3.2.4.1a ; fig. 3.2.4.1c).

(24)

fig. 3.2.4.1a Protocollo della Nested PCR per TTvirus (* Prodotti Promega) TIPO DI

REAZIONE REAGENTI CONCENTRAZIONI

FINALI

Buffer TAQ

50 mM KCl, 0,1% Triton-X-100 10mM Tris-HCl pH 8.8, 2µgml-1

BSA

MgCl2 3.5 mM

Miscela dNTPs diluizione

1:10 0.2 mM

Primers NG133/NG147 (Primer NG134/132)

25 pmol (25 pmol)

Amplificazione/

NESTED

7 µl (5) DNA in 50 (50) µl mix

Taq DNA polimerasi 5U/µl

fig. 3.2.4.1b Rappresentazione del genoma di TTvirus e posizione dei primers.

NG133 GTA AGT GCA CTT CCG AAT GGC TGA G NG147 GCC AGT CCC GAG CCC GAA TTG CC NG134 AGT TTT CCA CGC CCG TCC GCA GC NG132 AGC CCG AAT TGC CCC TTG AC

fig. 3.2.4.1c Schema dei cicli di reazione della Nested PCR

3.2.4.2 Nested PCR per Adenovirus

La ricerca di Adenovirus è stata effettuata secondo il protocollo già descritto durante la prima fase, attraverso una RT-nested PCR che prevede l’impiego di primers

UTR ORF 2 ORF 1 3’

5’

72°-40’’ 72°-7’

60°-30’’

95°-9’ 95°-30’’

35 (25) cicli

(25)

3.2.4.3 RT-nested PCR per la ricerca del genoma del virus dell’epatite A Per la ricerca dell’HAV l’RNA estratto, dopo retro-trascrizione in cDNA, è stato sottoposto ad una prima amplificazione con primers in grado di legarsi a regioni altamente conservate del genoma virale, in modo da permettere la simultanea determinazione di differenti ceppi dell’unica specie virale dell’HAV. Successivamente, per aumentare la specificità e sensibilità della reazione, è stata eseguita una seconda amplificazione (nested- PCR) (Divizia et al., 1997).

Gli oligonucleotidi hanno permesso l’amplificazione di due frammenti della regione genomica 2A-2B che codifica per proteine non strutturali. Le bande amplificate sono state di 394 bp nella prima amplificazione e di 234 bp di lunghezza per la seconda; la composizione delle miscele di reazione ed i tempi di reazione sono riportati in figura 3.2.4.3

fig. 3.2.4.3a Protocollo della RT-nested PCR per HAV (* Prodotti Promega)

TIPO DI REAZIONE REAGENTI CONCENTRAZIONE FINALE

5X PCR Buffer 75 mM KCl, 3mM MgCl2,

50mM Tris-HCl pH 8.3, 10mMDDT

dNTPs 0.2 mM

Primer HAV2 50 pmol/µl

Rnase inhibitor 40 U

Retro-trascrizione

(13.7 µl di RNA in 16.3 µl mix)

M-MULV

Reverse Transcriptase 4 U

MgCl2 2.5 mM

10X PCR Buffer 50 mM KCl, 0,1% Triton-X-100 10 mM Tris-HCl pH 8.8,2µgml-1 BSA

dNTPs 0.2 mM

Primer HAV1

(HAV3/HAV4) 50 pmol/µl

Amplificazione/

NESTED 10 (5) µl cDNA (DNA)

in 90 (95) µl mix

Taq Polimerase 2 U

(26)

3.2.4.3b Rappresentazione del genoma dell’HAV e posizione dei primers.

HAV1: ATGCTTGGATTGTCTGGAGT HAV2: GAACAAATATCTCTTAACCA HAV3: ATGATGTTTGGATTTCATCAT

HAV4: CTGGAGTCCATTTGCCAATT

3.2.4.3c Schema dei cicli di reazione della RT-nested PCR.

3.2.5ANALISI QUANTITATIVA

I campioni risultati positivi alla PCR qualitativa per i virus indagati sono stati quantificati tramite real-time PCR.

3.2.5.1 QPCR Adenovirus

Per adenovirus è stato applicato il protocollo utilizzato per la valutazione della percentuale di recupero, già descritto nella prima fase.

3.2.5.2Q-PCR TT virus

La quantificazione della carica virale di TTV nei campioni in esame è stata 5’ UTR VP4 VP2 VP3 VP1 2A 2B 2C 3A VPg 3C 3D 3’

95°-5’

4°-5’

42°-1h

95°-5’ 95°-2’ 94°-1’

45°-1’

72°-2’ 72C°-7’(10’)

30 cicli

(27)

dei seguenti primers (Fornai et al.,2001):

 AMTS: 5’-GTGCCAGGTGAGTTTA-3’

 AMTAS: 5’-AGCCGGCCAGTCC-3’

e della probe:

 AMTPU: 5’-FAM-TCAAGGGGCAATTCGGGCT-TAMRA-3’

I primers e la sonda TaqMan sono stati progettati su una porzione della regione del genoma non tradotta (UTR, untraslated region) altamente conservata fra i diversi genotipi di TTV e le altre specie virali ad esso correlate (Maggi et al.,2001;Okamoto et al., 1998).

(fig.3.2.5.1a)

Fig. 3.2.5.1a Schema della regione utilizzata per l’amplificazione di TTV tramite metodica TaqMan.

Nei pozzetti della micropiastra sono stati inseriti 20 µl della miscela di reazione contenente i primers, la probe e la TaqMan Universal Master Mix alla concentrazione finale 2X (fig. 3.2.5.1b). Alla miscela così aliquotata sono stati aggiunti 5 µl di ogni

(28)

campione e nei pozzetti dei controlli negativi è stata aggiunta l’acqua al posto del campione.

Inoltre, sono state preparate una serie di diluizioni dello standard (da 107 a 102) di TT virus: 5µl di ciascuna diluizione sono stati caricati negli appositi pozzetti.

I campioni, gli standards e i controlli negativi sono stati analizzati in triplo.

Fig. 3.2.5.1b Miscela di reazione della QPCR di TT virus

3.2.6 Metodo delle placche di lisi

Questo metodo è stato utilizzato per determinare il numero di unità infettanti di adenovirus (UFP) presente nei campioni di liquame.

Le cellule utilizzate sono le A549 (cellule alveolari umane di tipo epiteliale basale), fornite dalla European Collection of Cell Culture e risultate come particolarmente adatte per l’isolamento di adenovirus (Hashimoto et al., 1991).

Cellule A549 in concentrazione di circa di 5-6 x 105 /ml sono state poste a contatto con 20 ml di campione artificiale concentrato e sbatterizzato, e 10 ml di terreno di crescita (D-MEM addizionato con antibiotici e 10% di siero fetale bovino) in fiasche da 75 cm2; le fiasche così preparate sono state incubate in termostato a 37°C.

COMPONENTI Volume (µl) Concentrazione finale

Mix 2X 12,5 2

AMTS 1,125 0,9

AMTAS 1,125 0,9

AMTPU 0,05 0,1

H2O 5,2

campione 5

(29)

Dopo circa 6 ore di contatto, necessario a consentire l’adsorbimento dei virus ai recettori cellulari, le fiasche sono state osservate al microscopio ottico invertito per verificare la formazione di un tappeto cellulare diffuso; sono quindi stati aggiunti 10 ml di

“overlay medium” contenente D-MEM, antibiotico-antimicotico e carbossimetilcellulosa al 3%, le cui caratteristiche di viscosità limitano la diffusione virale e la formazione dell’effetto citopatico diffuso.

Le fiasche sono state incubate a 37°C per 8 giorni, dopo i quali il tappeto cellulare è stato fissato con formalina al 10% in PBS e successivamente sottoposto a colorazione con una soluzione di cristal violetto allo 0,1%.

Le placche di lisi sono visibili ad occhio nudo e rappresentano delle aree circolari chiare nel tappeto cellulare.(vedi fig. 3.1.5.1).

Fig. 3.2.6.1 Placche di lisi

(30)

3.2.7 Ricerca dei colifagi somatici

Per la ricerca e la quantificazione dei colifagi somatici è stata effettuata secondo la norma ISO/DIS 10705-2.

Sono state preparate aliquote da 2,5 ml di ssMSA (semisolid Modified Scholtens’

Agar) con CaCl2, per favorire l’attacco dei fagi sui batteri, e mantenute in stato liquido a bagnomaria alla temperatura di circa 45°C.

A ciascuna aliquota sono stati aggiunti:

• 1 ml della coltura di E. coli C (ATCC 13706) in fase esponenziale di crescita, preparata facendo crescere i batteri per circa 3 h a 37°C in MSB (Modified Scholtens’Broth) (Assorbanza = 0,35 a 640 nm misurato con spettro- fotometro come in figura 3.6a).

• 1 ml del campione diluito in duplicato (in base al tipo di campione: 1:10 e 1:102 per il liquame in uscita dal depuratore e 1:103-1:104 per il liquame non trattato).

Per ogni serie di campioni sono stati eseguiti anche:

 due negativi procedurali, utilizzando al posto dei campioni l’MSB ed il terreno usato per le diluizioni;

 un controllo positivo di riferimento utilizzando una diluizione decimale del batteriofago Ф X174 (ATCC B1-13706).

La miscela così ottenuta è stata poi mescolata e versata su 2 piastre Petri, da 9 cm di diametro, precedentemente preparate con uno strato di 20 ml di MSA (Modified Scholtens’ Agar). Le piastre sono state fatte asciugare e poi incubate a 37°C per 18±2 h.

(31)

La lettura è stata eseguita contando il numero delle placche di lisi visibili sulle piastre tenendo conto del fattore di diluizione e della concentrazione. I risultati sono stati espressi in PFP/100ml (fig. 3.6b).

Fig. 3.2.7 Placche di lisi del batteriofago ФX174.

3.2.8 Ricerca indicatori batterici

La ricerca di E. coli ed Enterococchi intestinali è stata effettuata su tutti i campioni attraverso i metodi ISO 9308-3 (per E. coli) e ISO 7899-1 (per Enterococchi).

Il campo di applicazione di questi metodi comprende le acque reflue e tutti i tipi di acque superficiali. Questi metodi prevedono l’inoculo del campione, previa diluizione, in una serie di pozzetti su micropiastre (metodo miniaturizzato) contenenti il terreno di coltura disidratato. Per i campioni di liquami sono state effettuate 6 diluizioni (da 1:2 a 1:200.000) e ciascuna di esse è stata inoculata in 16 pozzetti utilizzando una micropipetta.

Le micropiastre sono analizzate sotto lampada di Wood (UV a 366 nm), al buio dopo un periodo di incubazione da 36 a 42 ore a 44°C.

La presenza di E.coli è indicata dalla fluorescenza blu risultante dall’idrolisi del 4- metilumbelliferil-β-D-glucuronide (MUG), mentre la presenza di Enterococchi intestinali

(32)

è indicata sempre da fluorescenza risultante dall’idrolisi del 4-metilumbelliferil-β-D- glucoside (MUD); i risultati sono elaborati, in seguito alla conta del numero di pozzetti positivi delle differenti diluizioni, attraverso la metodica dell’MPN.

Fig.3.2.8 Micropiastre per la ricerca di E.coli ed Enterococchi

Riferimenti

Documenti correlati

IL "SOIL MIXING" PER IL CONSOLIDAMENTO DEI TERRENI Applicazioni, Progettazione e Controlli CORSO DI AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE Ordine Geologi del Lazio Roma, 24

IL "SOIL MIXING" PER IL CONSOLIDAMENTO DEI TERRENI Applicazioni, Progettazione e Controlli CORSO DI AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE Ordine Geologi del Lazio Roma, 24

unire le uscite di 2 o più componenti in un unico bus, per costruire banchi di memoria grandi. Come garantire la non interferenza fra le uscite dei vari

Successivamente alla sottoscrizione della determina sopra citata, il fornitore ci ha suggerito, con nota del 7 maggio u.s., che a causa dell’emergenza sanitaria causata dal rischio

Sia Z una variabile aleatoria con la stessa legge di X e da questa indipendente, calcolare la probabilita’ che la coppia (X, Z) disti dal punto (2, 2) meno di

Osservando in dettaglio la tabella 2 si nota che, per i campioni volumetrici, le specie di Bivalvi che presentano valori di dominanza più alti sono due:..

In un precedente lavoro sono stati messi a punto i protocolli RT-PCR e microarray per rilevare microrganismi patogeni nei liquami.. L’applicazione di tali metodi a campioni

Mauro