Introduzione
1. La “Ageing Population”: una popolazione che invecchia.
L’invecchiamento della popolazione è uno dei fenomeni più emblematici del XXI secolo ed ha conseguenze importanti e di ampia portata in tutti i settori della società [1].
All’inizio del secolo gli individui di età superiore ai 65 anni
rappresentavano meno dell’1% della popolazione mondiale, cioè 10-17 milioni di persone. Si prevede che entro il 2050 gli anziani
rappresenteranno un quinto della popolazione mondiale, circa 2,5 miliardi di persone. La speranza di vita alla nascita dovrebbe salire da 76,7 anni nel 2010 a 84,6 anni nel 2050 per gli uomini e da 82,5 a 89,1 anni per le
donne. La Fig. 1. mette a confronto la percentuale della popolazione mondiale over 65 stimata nel 2015 con quella stimata nel 2050.
L’aumento dell’aspettativa di vita è il risultato di un processo tipico delle società sviluppate, derivante dall’interazione delle dinamiche
demografiche e sociali (forte incremento della sopravvivenza, bassa fecondità, migliore alimentazione e migliore qualità di vita) [2].
Il grafico presentato in Fig. 2. e pubblicato dall’OMS mostra come l’aumento percentuale della popolazione over 65 avverrà soprattutto nei paesi in via di sviluppo, cioè proprio in quelle zone dove sarà più difficile far fronte alle sfide sociali ed economiche che questo cambiamento
demografico comporta [4].
Fig. 2. – Aumento percentuale della popolazione con più di 65 anni nei principali paesi tra l’anno
Per quanto riguarda l’Italia, l’invecchiamento della popolazione interessa tutte le aree del Paese: in particolare il fenomeno assume un peso
maggiore al Nord e al Centro rispetto al Mezzogiorno e alle Isole [5]. L’età media della popolazione passerà dagli attuali 43,5 ai 49,7 anni del 2065.
La Fig. 3. Mostra gli effetti del prossimo cambiamento demografico.
Quella che nel lessico demografico, già oggi, si fa fatica a definire
“piramide” della popolazione, in futuro continuerebbe ad allontanarsi ancora di più da tale forma, sbilanciandosi sempre di più a favore delle età più anziane [6].
Fig. 3. – Piramide della popolazione residente al 2011 e al 2065 in Italia (migliaia) [6].
Come tendenza generale, le donne sono la maggioranza degli anziani e tale proporzione è destinata a crescere. Già alla fine del XX secolo, tra le
persone di età superiore ai 75 anni, il 60% era di sesso femminile.
Attualmente, per 100 donne sessantenni nel mondo ci sono solo 84 uomini; per quanto riguarda gli ottantenni si contano invece solo 61 uomini ogni 100 donne [1].
Parte del vantaggio delle donne rispetto all’attesa di vita è biologico: esse sembrano essere più resistenti degli uomini per ogni età, durante la prima infanzia e anche in età adulta, almeno fino al raggiungimento della
menopausa dove si ha un brusco calo ormonale che le rende più soggette a neoplasie e malattie cerebrovascolari [7].
Purtroppo all’aumento dell’aspettativa di vita corrisponde spesso un aumento della morbilità e della disabilità, con un conseguente aumento della spesa sanitaria: avremo una popolazione più longeva ma al tempo stesso più malata e bisognosa di cure [6]. Inoltre, da una situazione in cui erano prevalenti le malattie infettive e carenziali, si è passati ad una
preponderanza di quelle cronico-degenerative [2]. A livello globale, circa l’80% degli anziani è affetto almeno da una patologia cronica e il 50% ha due o più malattie croniche come, ad esempio ictus, malattie
cardiovascolari, malattie respiratorie, cancro e diabete mellito di tipo II [8]. Secondo l’Institute for Health Metrics and Evaluation [9], queste malattie non trasmissibili costituiscono la principale causa di decessi in Europa e si stima che nel 2030 ci saranno ben 25 milioni di persone che moriranno per cause cardiovascolari e circa 13 milioni per tumori.
Nella Fig. 4. Sono riportati per l’anno 2010 il numero di morti per classe di età e per causa: come si può vedere malattie cardiovascolari e tumori costituiscono già la stragrande maggioranza delle cause di morte.
Fig. 4. - Numero di morti in migliaia per età e causa in Europa, 2010 [6].
Circa il 60% del peso imposto da queste malattie in termini di DALY (Disability Adjusted Life Years) può essere attribuito a sette principali
livelli alti di colesterolo (8,7%), sovrappeso (7,8%), ridotta assunzione di frutta e verdura (4,4%) e scarsa attività fisica (3,5%). Un altro aspetto importante è che i fattori di rischio spesso si sommano tra di loro, ad esempio il diabete si somma alla lista dei fattori di rischio nel caso delle malattie cardiovascolari. Almeno il 35% degli uomini sopra i 60 anni soffre di due o più patologie croniche e il numero delle comorbidità aumenta con l’età, con livelli più alti osservati tra le donne. Nella Fig.5.
sono riportati i dati sul numero di DALY per classe di età e per causa [6].
Fig. 5. - Anni di vita in milioni con disabilità per età e causa in Europa, 2010 [6].
La presenza di patologie multiple concomitanti nell’anziano comporta spesso la prescrizione di una molteplicità di farmaci. Stando al recente rapporto dell’Osservatorio Nazionale per l’impiego dei farmaci (OSMED), i soggetti ultrasessantacinquenni consumerebbero il 57% della spesa
farmaceutica totale. La quota di tale spesa assorbita dagli
ultrasettantacinquenni sarebbe, invece, pari al 31,4%, ossia 11 volte superiore a quella di persone in età compresa tra 25 e 34 anni. Le modificazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche legate
all’invecchiamento unite all’elevato numero di farmaci assunti
contemporaneamente possono esporre le persone anziane ad interazioni tra
farmaci e a effetti indesiderati; infatti l’incidenza di un’alterata risposta alla terapia farmacologica raddoppia nei pazienti anziani e addirittura triplica nei grandi anziani rispetto ai pazienti di età inferiore ai 50 anni [10].
A fronte della crescita delle patologie correlate all’età avanzata è necessario adottare oggi misure atte a incrementare gli investimenti in prevenzione per portare domani ad una riduzione del numero di persone da curare. Adottare un tale approccio significherebbe, quindi, anche guardare alla spesa sanitaria perché consentirebbe un significativo risparmio di risorse. Sarà, però, altresì necessaria una decisa inversione di tendenza nell’allocazione dei fondi per la sanità in Italia, che con una quota inferiore all’1% della spesa complessiva, si colloca tra gli ultimi posti nella
classifica OCSE per l’investimento in prevenzione. Sarà essenziale formare una nuova classe di professionisti della salute preventiva e
trasformare le strutture già esistenti sul territorio (come scuole primarie e secondarie, strutture sanitarie, palestre pubbliche) per educare attivamente i cittadini alla tutela della propria salute [6].
In questo quadro si inserisce perfettamente la figura del farmacista che, da sempre, è un professionista fondamentale nella promozione della salute, nella prevenzione e nell’educazione sanitaria del cittadino. La farmacia è da sempre un punto di riferimento per il cittadino, sia perché è presente in modo capillare su tutto il territorio nazionale, dal piccolo centro rurale al grande centro abitato, sia perché è immediatamente accessibile, disponibile a consigliare con un linguaggio semplice e diretto e a dare informazioni sulla salute e sui servizi sanitari del territorio. Sulla base del nuovo
indirizzo legislativo, essa diventa protagonista anche nell’attivazione dei servizi di assistenza domiciliare integrata, attraverso la messa a
disposizione di specifiche prestazioni, e nel supporto alle attività di monitoraggio di terapie in atto o parametri fisiologici.
La farmacia è, dunque, un presidio sanitario fondamentale per cure primarie e il farmacista gioca in questo un ruolo da protagonista tra le figure sanitarie deputate alla cura delle patologie croniche, alla
prevenzione delle malattie e alla restituzione della salute nel paziente
anziano. Il farmacista offre servizi che vanno ben oltre la distribuzione del farmaco: dispensa consigli sugli stili di vita, sul modo di assunzione dei farmaci, ricorda le loro interazioni e i loro effetti collaterali, collabora con il medico curante per raggiungere al meglio gli obiettivi di cura per ogni
L’idea per l’immediato futuro è quella di far tendere le farmacie verso una specializzazione sul target fino ad arrivare a una facile riconoscibilità da parte degli anziani, famiglie e “caregiver”, con un riposizionamento e una valorizzazione del ruolo del farmacista [11].