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CAMUS: L'ASSURDO E LA RIVOLTA prof. Andrea Bongiovanni

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Academic year: 2021

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CAMUS: L'ASSURDO E LA RIVOLTA prof. Andrea Bongiovanni

Tema dell'assurdo ne Il mito di Sisifo, 1942 (citazioni edizioni Bompiani 1999).

L'assurdo è il “divorzio tra l'uomo e la sua vita” (pp. 9-10).

Caduta l'identità hegeliana tra ragione e realtà, venuta meno la fiducia positivistica nell'illimitato potere della scienza, dopo la “morte di Dio” annunciata da Nietzsche, la disillusione prodotta dallo stalinismo, la devastazione causata da due guerre mondiali,

il mondo non può più essere spiegato → l'assurdo nasce dal confronto tra l'irrazionalità del mondo e il desiderio di chiarezza dell'uomo; tra “ciò che vuole l'uomo e ciò che gli offre il mondo”.

[→ teatro dell'assurdo di Beckett e Ionesco, dove l'assudo non è teorizzato ma direttamente messo in scena → Aspettando Godot].

Questione de Il mito di Sisifo: si può vivere in un mondo assurdo?

Rifiuto del suicidio: l'unico modo per dare valore alla vita è la rivolta di fronte all'assurdo, mentre il suicidio ne costituisce l'accettazione, ne presuppone il consenso: “l'assurdo ha senso solo nella misura in cui gli venga negato il consenso” (p. 32).

L'altra soluzione, la fede (→ Kierkegaard), la speranza, è un suicidio del pensiero (p. 13).

L'UOMO IN RIVOLTA, 1951 (cit. Bompiani 1987).

Dal tema del suicidio a quello dell'omicidio → assurdo indifferenza di fronte all'omicidio: se nulla ha senso e non si può affermare alcun valore, tutto è possibile [Dostoevskij: se Dio non esiste tutto è possibile].

Nell'opera precedente si rifiuta il suicidio per mantenere aperto il confronto tra l'interrogazione umana e il silenzio del mondo  vita (propria) come solo bene necessario in quanto permette tale confronto.

Ora, di fronte allo spettacolo dell'irragionevolezza, di una condizione ingiusta e incomprensibile, si afferma la necessità della rivolta, come rivendicazione di unità e ordine in mezzo al caos, come grido affinché lo scandalo cessi.

“Che cos'è un uomo in rivolta?Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia” (p. 17): si rifiuta l'insensatezza e l'ingiustizia, non rinunciando così a pretendere, ad esigere senso e giustizia.

→ schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, e che giudica inaccettabile un nuovo comando  la rivolta dimostra l'esistenza di qualcosa “per cui vale la pena di” → la rivolta fa appello a un valore, il rispetto di sé, che diviene preferibile a tutto, il sommo bene.

E' un valore che eccede l'individuo: ci si rivolta in nome di qualcosa che non riguarda solo l'individuo, ma l'umanità, la comune natura umana [→ rispetto a Sartre, recupero del concetto di natura umana].

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 moto di rivolta non è un moto egoista: la rivolta non nasce soltanto dall'oppressione, ma dallo spettacolo dell'oppressione di cui è vittima un altro.

Può essere insopportabile vedere infliggere a un altro offese che noi abbiamo sopportato: es. dei terroristi russi che si suicidano per protestare contro le sevizie cui sono sottoposti i compagni.

Non è l'individuo in se stesso il valore che si vuole difendere con la rivolta.

Con la rivolta si pretende il riconoscimento (la difesa) di ciò che si è.

A differenza del risentimento [→ Nietzsche], la rivolta rifiuta l'umiliazione senza chiederla per altri.

Rivolta = individuo che si solleva in nome di una dignità comune a tutti gli uomini;

rivela quanto, nell'uomo, è sempre da difendere.

Questione posta dalla rivolta: è possibile trovare una regola di condotta prescindendo dai valori religiosi?

Valore fondato dalla rivolta: solidarietà umana; essa fuori dall'universo religioso prende vita solo sul piano della rivolta.

“Mi rivolto, dunque siamo.” (p. 27).

Mentre nell'esperienza assurda la sofferenza è ancora individuale, con la rivolta riconosco la dimensione comune del “sentirsi straniero”.

RIVOLTA E RIVOLUZIONE

Dicotomia fondata sul concetto di valore:

ogni moto di rivolta invoca tacitamente un valore, la comune natura umana; invece il rivoluzionario fa appello alla storia, concepita con una sua finalità intrinseca, per cui il fine giustifica i mezzi.

 rivolta/rivoluzione = natura/storia.

La rivoluzione non rispetta la natura perché vuole plasmarne una nuova nello sviluppo storico [abbandono del PCF e polemica con Sartre].

La rivolta, sulla base di un valore che essa rivela (la natura umana), ne fonda un altro, la solidarietà.

 il valore cui la rivolta è ancorata, la natura umana, è un essere → assiologia [teoria dei valori] che è in realtà un'ontologia.

Valore-natura come ciò che è durevole, che mantiene i suoi limiti [sua dimensione classica, “mediterranea”], di contro al divenire della storia che rende tutto fluido [Hegel e Marx]: la rivolta garantisce l'essere (comune).

Antinomia della rivolta: ci si può rivoltare senza uccidere?

Anche qui ricorso al concetto mediterraneo di limite, misura [“pensée du midi”]: la frontiera del male è la vita stessa del rivoltoso → terroristi russi, omicidi-suicidi [→

attentato allo zar Alessandro II].

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Ma la violenza su di sé giustifica quella sugli altri?

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