ESISTENZIALISMO
CARATTERI GENERALI prof. Andrea Bongiovanni
Periodo. Nasce nel periodo tra le due guerre (1927: “Essere e tempo” di HEIDEGGER); si sviluppa e si espande nei due decenni successivi alla II guerra mondiale.
Situazione storica. L’Europa: 1) è dilaniata, fisicamente e moralmente, da due guerre; 2) sperimenta in molte nazioni la perdita della libertà con regimi totalitari.
Epoca di crisi dell’ottimismo romantico che per tutto l’ 800 aveva garantito il senso della storia in nome della Ragione, dell’Assoluto o dell’Umanità, aveva fondato valori stabili e assicurato un Progresso sicuro e inarrestabile (IDEALISMO, POSITIVISMO e MARXISMO = filosofie ottimistiche e “progressive”).
Premesse: 1) NIETZSCHE, affermando la “morte di Dio”, segna il tramonto dei valori etico-religiosi tradizionali; 2) NUOVE TEORIE SCIENTIFICHE (relatività, meccanica quantistica, geometrie non-euclidee) sembrano proclamare la “bancarotta”
della scienza basata sul modello newtoniano.
Elemento caratterizzante: non identificazione della realtà con la razionalità. La realtà e la storia sono prive di senso e quindi ASSURDE; non esiste alcun valore assoluto su cui fondare la propria condotta.
Definizione. Esistenzialismo = filosofia concepita come ANALISI DELL’ESISTENZA, intendendo per “esistenza” il modo di essere tipico dell’uomo, considerato come ente finito.
L’ESISTENZA è concepita fondamentalmente come POSSIBILITA’ (→
KIERKEGAARD): l’uomo, a differenza delle cose e degli animali, non possiede un modo di essere dato una volta per tutte, una “natura” determinata e immodificabile.
Le cose e gli animali sono e restano quel che sono (hanno un’ “essenza” → SARTRE), ma l’uomo sarà quello che egli ha deciso di essere (SARTRE: “l’uomo inventa l’uomo”, “l’esistenza precede l’essenza”) → l’esistenza è un poter-essere, un
“uscir fuori” verso la decisione e l’autoplasmazione, un ex-sistere: incertezza, problematicità, rischio, slancio in avanti.
L’assurdo. L’esistenzialismo non riconosce alcun principio infinito (Dio, la Ragione, l’Assoluto) di cui la realtà e la vita umana siano la manifestazione.
Conseguentemente, la stessa esistenza umana è priva di senso: non c’è alcun progetto o disegno finalistico che ci trascende e di cui siamo una parte. In SARTRE, la
“NAUSEA” (romanzo del 1938) è il sentimento che si prova di fronte all’assurdità del reale, alla sua essenziale gratuità (ogni cosa, in quanto non ha una ragion d’essere, è “di troppo”) e contingenza.
CAMUS definisce l’ASSURDO ne “Il mito di Sisifo” (1942): “Un mondo che possa essere spiegato è un mondo familiare; ma viceversa, in un universo subitaneamente spogliato di illusioni e di luci, l’uomo si sente un estraneo, ...privato della speranza di una terra promessa. Questo divorzio tra l’uomo e la sua vita, fra l’attore e la scena, è il senso dell’assurdo.”