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Ai miei genitori Ai miei nonni A Massimo

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Academic year: 2021

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Ai miei genitori Ai miei nonni A Massimo

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INDICE

Premessa

Introduzione 1 – 3

Breve introduzione ai GIS 4 – 10

Il GIS in archeologia 11 – 16

Parte prima: Il Sistema Informativo di Cividale del Friuli 17 – 83

I.1 Strumenti e metodi 17 – 40

1.1. Il database Access 17 – 26

1.2. La cartografia 27 – 32

1.3. La metodologia applicata 33 – 41

I.2 Risultati 42 – 85

2.1 La carta Archeologica di Cividale del Friuli 42 – 53 2.2 La struttura morfologica del sito nell’antichità: il modello

tridimensionale del terreno come strumento per la redazione della carta

di rischio archeologico. 54 – 71

2.3. La carta di rischio archeologico 72 – 85

Parte Seconda : Il Sito Multimediale del Museo Archeologico Nazionale 86 – 94

II.1 Il progetto: scopi e funzionalità 86 – 89

II.2 Il software Incomedia 6.0 90 – 94

Conclusioni 95 – 97

Bibliografia 98 – 109

Tavole grafiche

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PREMESSA

Devo innanzitutto ringraziare la professoressa Morselli per la fiducia, la stima e l’appoggio morale.

Ho sempre trovato in lei un sostegno e un aiuto, non solo tecnico, ed è sempre stata preziosa nei consigli e suggerimenti per organizzare e completare questo lavoro.

Il secondo grazie va al professor Cucchi per avermi accolto così affettuosamente nel suo gruppo di lavoro e per avermi permesso di fare molte esperienze che mi hanno aiutato a crescere ed imparare.

Un grazie alla dottoressa Vitri, della Soprintendenza Archeologica del Friuli Venezia Giulia, per l’entusiasmo mostrato nei riguardi del mio lavoro e per avermi permesso di realizzarlo dandomi la possibilità di consultare e usufruire dei documenti di scavo conservati al Museo di Cividale già durante la redazione della tesi di laurea.

Grazie alla dottoressa Borzacconi e alla dottoressa Ahumada per avermi messo a disposizione la documentazione di scavi da loro effettuati e per avermi indicato le informazioni più utili da usare.

Grazie al dott. Brienza per l’aiuto, i preziosi consigli, lo scambio di idee e opinioni.

Grazie al dott. Mereu per avermi dato consulenza informatica ogni volta che domandavo: “prof, posso chiederti una cosa?”.

Grazie infinite ai miei amici, tutti, a Roma e a Trieste, che si sono sorbiti le noiose cronache del lavoro in corso con pazienza e affetto.

Grazie ai miei genitori e ai miei nonni, per avermi permesso di fare tutto questo e per avermi sempre sostenuto e spronato a fare meglio.

Grazie infine a Massimo, prezioso come sempre, in ogni occasione: se questo lavoro è riuscito bene lo devo anche e soprattutto a lui.

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Introduzione

L’idea di questo lavoro nasce dalla volontà di applicare la tecnologia GIS al campo dell’archeologia, da qualche anno a questa parte sempre più propensa ad usare strumenti informatici. Ormai la ricerca archeologica non è più solo studio erudito e piacere della conoscenza, essa si scontra spesso con la realtà delle nostre città dove, se si effettua uno scavo, non è raro imbattersi in strutture antiche importanti tanto da necessitare di una documentazione corretta e il più completa possibile, da realizzare però senza penalizzare o compromettere le funzioni quotidiane della città stessa e senza far aumentare i costi di realizzazione e gestione degli scavi. Non è facile conciliare le necessità della tutela esercitata dagli organi periferici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali , cioè le Soprintendenze, i cui compiti consistono nel tutelare e conservare i resti archeologici, con quelle delle istituzioni pubbliche che devono amministrare e gestire la vita cittadina, ritenute spesso e per molti versi in contrapposizione. Per questa ragione si è voluto proporre uno progetto di lavoro che potesse far fronte ad entrambe le necessità, che potesse essere uno strumento al contempo di analisi, e di archiviazione e gestione dei dati relativi alle evidenze archeologiche, utile anche e soprattutto per individuare le aree a maggior rischio archeologico in modo tale da permettere una sinergia tra tutti gli Enti preposti alla gestione delle aree urbane e del territorio in senso lato.

Questo progetto ha avuto come area di interesse il centro storico della città di Cividale del Friuli (UD) ed ha usato come base di lavoro la carta archeologica della città, redatta nel dicembre del 2003 per la tesi di laurea in archeologia classica presso l’Università La Sapienza di Roma e integrata con i dati degli scavi effettuati nel lasso di tempo intercorso tra il 2002 ed il 20071. La documentazione era stata compilata in formato cartaceo, su foglio catastale, su cui erano state posizionate le evidenze archeologiche venute alla luce durante le indagini effettuate dal 1816 fino al 2002. Il posizionamento era stato fatto, dove possibile, sovrapponendo le piante di scavo alla carta catastale sulla base di riferimenti esterni (limiti di isolati o di case, per esempio) mentre per gli scavi di cui era conosciuta solamente la particella catastale, venne utilizzato un posizionamento puntuale ad indicare la loro localizzazione generica all’interno della particella stessa. A ciascuna area di

1 Alcuni scavi al momento della redazione di questa tesi di dottorato non sono ancora stati pubblicati. In questo caso sono state inserite nella pianta archeologica le piante degli scavi ma nel database non sono state inserite le informazioni relative all’interpretazione delle evidenze archeologiche, è stata solo spuntata la voce “in fase di pubblicazione”.

Naturalmente le informazioni verranno compilate nel momento in cui gli scavi verranno pubblicati.

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scavo venne associata una numerazione progressiva che faceva riferimento ad una scheda con tutte le informazioni relative.

Partendo da questo materiale, la creazione del GIS ha ripercorso la metodologia di studio seguita per la tesi, secondo un posizionamento delle evidenze in base a riferimenti topografici e puntuali, a seconda del tipo di informazioni scaturite dalla ricerca bibliografica. Questo procedimento è stato ulteriormente completato ed affinato con il posizionamento di precisione di alcune aree archeologiche sulla Carta Tecnica Regionale Numerica in scala 1:5000 mediante l’utilizzo di rilievi strumentali con stazione totale 2 che hanno sfruttato una rete topografica realizzata dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia e che usa una serie di vertici topografici, materializzati con chiodi, distribuiti su gran parte del tessuto urbano, le coordinate dei quali sono state restituite mediante strumentazione GPS3.

A questa carta archeologica è stato successivamente collegato un database realizzato con il software Microsoft Access contenente tutte le informazioni relative alle singole aree archeologiche.

Il lavoro è stato infine completato con la creazione di un modello tridimensionale del terreno con la rappresentazione dell’ attuale morfologia del territorio su cui insiste l’area urbana della città, con l’intento di ricostruire dove possibile e sempre in 3 dimensioni, sulla base delle quote dei piani antichi individuati durante le indagini archeologiche (piani pavimentali, livelli stradali, quote di calpestio), la morfologia antica riferita a specifici periodi cronologici. In questo modo, con la creazione della carta di rischio archeologico, si possono fornire indicazioni non solo sul posizionamento dei siti all’interno della città, ma anche a quale quota sono stati trovati e a quale quota si potrebbero trovare eventuali nuove scoperte.

È stato infine creato uno stralcio di modellazione relativa alle fasi post – antiche di un settore della città (quello relativo alla zona ad est del Duomo, nella zona dove ora si trova il Palazzo dei Provveditori Veneti, sede del Museo Archeologico) dove è stato possibile effettuare un rilievo topografico con stazione totale di una serie di strutture medievali, registrando anche una serie di quote assolute sia del piano di calpestio attuale che dei livelli antichi. Questo lavoro è finalizzato alla comprensione del grado di interramento avvenuto nel corso dei secoli in questo settore della città e vuole essere un elemento di stimolo ad uno studio futuro più dettagliato e su aree più estese.

2 Così sono stati posizionati gli scavi della domus sotto al Municipio, quello di corte romana e quelli del palazzo dei provveditori, ora sede del Museo Archeologico Nazionale di Cividale.

3 Devo ringraziare la Soprintendenza ai Beni Archeologici per avermi fornito i dati e la STM s.r.l. di Roma per avermi permesso di partecipare al lavoro. Grazie a questo progetto, l’intero tessuto urbano della città è coperto da una rete primaria composta da chiodi topografici posizionati tramite GPS, da cui è scaturita una serie di stazioni “figlie”

posizionate tramite triangolazione con stazione totale, che permettono, dove la visibilità non era sufficiente per usare il GPS, di completare la griglia topografica. Così facendo, tutti gli scavi visibili e quelli che verranno effettuati in futuro possono essere inseriti correttamente all’interno del tessuto urbano.

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A completamento del lavoro strettamente cartografico è stato realizzato un sito multimediale dedicato al Museo Archeologico e ai materiali in esso esposti, mirato essenzialmente ai visitatori dello stesso e strumento di facile navigazione attraverso le stanze del museo: con l’indicazione dei reperti archeologici di maggiore interesse e con un riferimento puntuale, per ognuno, sulla carta archeologica, il visitatore può ricostruirne l’esatta provenienza e comprenderne la funzione e contestualizzazione originaria, aggiungendo informazioni utili ad una più ampia e dettagliata comprensione del tessuto urbano antico.

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Breve introduzione ai GIS

Il GIS, acronimo di Geografic Information Systems, traducibile in Sistema Informativo Geografico è, come dice il nome stesso, un Sistema, cioè un insieme di applicazioni che fornisce Informazioni riguardanti dati Geografici, cioè collegati e collegabili al territorio (georeferenziati o georeferenziabili). In questo senso si può dire che un GIS è un sistema per la gestione, l’analisi e la visualizzazione di informazioni con contenuto geografico/spaziale4.

Le tipologie di dati elaborati da un GIS sono essenzialmente due: dati di tipo spaziale e attributi.

Il primo tipo si riferisce agli elementi della carta visualizzati in formato digitale dal computer, risultato della combinazione di sei elementi principali: il punto, la linea, l’area, il pixel, il simbolo e l’annotazione5. I dati vengono visualizzati in due formati diversi, vettoriale e raster. Il primo si riferisce a dati provenienti per esempio dalla digitalizzazione di carte in CAD (Computer Aided Design) o da elaborazioni di rilevamenti GPS. Quando si esegue una conversione di una planimetria da CAD ad un GIS bisogna tener presente che in quest’ultimo i dati sono sempre accompagnati da informazioni, e quindi la trasformazione deve seguire regole ben precise. Se, ad esempio, in CAD si disegna il bordo di un campo da calcio, non è necessario che la polilinea che definisce l’area in questione sia chiusa, per il CAD non fa alcuna differenza dato che la finalità è o la visualizzazione a video o la stampa su carta in una data scala. Viceversa in un GIS al rettangolo che rappresenta il campo da calcio si riferiscono informazioni ben precise relative ad esempio alle coordinate dei vertici perimetrali o del centroide, della superficie, del proprietario etc., quindi è necessario che la l’area sia delimitata con precisione, che la linea perimetrale sia chiusa e che il programma la legga come un poligono.

Il formato raster si riferisce a dati provenienti da scansioni di immagini, da foto satellitari, da ortofoto o foto aeree: le immagini vengono lette come un insieme di pixel (celle), ciascun pixel è definito da una combinazione di tre numeri compresi tra 0 a 255, la combinazioni delle molteplici terne determina una precisa restituzione cromatica dove il triplo 0 vale come “nero” e il triplo 255 vale come “bianco”. La definizione di una singola immagine è determinata dal numero di pixel, esso è proporzionale alla qualità dell’immagine: ad un alto numero di pixel corrisponderà una maggiore qualità dell’immagine6.

4 FAVRETTO 2000,pp.22-25

5 FAVRETTO 2000, pp. 31 – 32

6 http://www.dizionarioinformatico.com

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L’elemento più importante in un GIS sono però gli attributi, cioè “dati espressi in modalità non georeferenziata ma collegabili ad un elemento georeferenziato sulla carta”7: bisogna ricordare che una delle finalità specifiche di un GIS è quella di archiviare e analizzare i dati geografici e cartografici per fornire, attraverso interrogazioni mirate, un supporto alla ricerca e alle decisioni e per permettere una lettura completa delle carte visualizzate; le informazioni vengono importate grazie a collegamenti resi possibili da un database.

Un GIS è essenzialmente un progetto di lavoro e l’operatore, durante le fasi di creazione del GIS, deve tener ben presente le finalità che si è prefissato, è necessario ricordare a quali figure professionali è destinato, in modo da poterlo strutturare nel migliore dei modi; le possibilità di un GIS sono molteplici, ed è per questo che bisogna fissare degli obiettivi, per evitare di creare progetti troppo complessi che risultino sovradimensionati, eccessivamente articolati e, in definitiva, inutili rispetto al progetto originario.

Stabilito un progetto e un percorso di lavoro, si devono scegliere gli strumenti più utili per poterlo portare a termine nel modo più efficiente, duttile e veloce. Per questo lavoro si è scelto il software della ESRI, ArcGIS, per le possibilità insite nel pacchetto (ArcCatalog per la creazione e la gestione di geodatabase, ArcMap per la visualizzazione e la gestione dei file vettoriali e ArcToolbox per l’analisi geografica dei formati grafici), per la flessibilità e per la relativa facilità d’uso dei vari programmi. Non ultimo, la scelta è caduta su questo software anche perché entrambi gli Enti di riferimento possiedono gli strumenti per il corretto utilizzo del progetto: la Soprintendenza del Friuli Venezia – Giulia possiede la licenza d’uso di ArcGIS – ESRI mentre l’Amministrazione Comunale utilizza Geomedia, un programma compatibile con il software ESRI e quindi in grado di leggere i formati di ArcGIS.

In fase di progettazione del lavoro, la scelta del database maggiormente rispondente alle finalità ed alle esigenze dello stesso si è focalizzata su due possibilità: un database “esterno” creato in MicroSoft Access; un geodatabase creato con ArcCatalog, un programma del pacchetto ArcGIS.

Quest’ultimo database contiene al suo interno sia i dati geografici che le informazioni, esso infatti è formato da:

• Feature Classes: i contenitori dei dati geometrici e di alcune informazioni relative a questi

• Feature Datasets: i contenitori delle Feature Classes, che presentano lo stesso sistema di riferimento e sono necessarie per le Topologies

• Topologies: strumenti per l’identificazione di eventuali errori nella geometria degli oggetti o nel loro posizionamento all’interno del territorio.

7 FAVRETTO 2000,pp.33

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Alle Feature Classes si possono collegare, tramite Relationship Class (relazioni tra insiemi di dati), tabelle contenenti altri tipi di informazioni che si vuole dare al dato geometrico.

A

B

Fig.1 Le schermate di ArcCatalog: A. la creazione della Feature Dataset con l’indicazione del sistema di coordinate; B.

la creazione della Feature Class con l’indicazione della geometria del dato che verrà contenuto in essa, in questo caso, puntuale; C. l’inserimento di tutti i campi nella Feature Class.

Dopo aver creato lo shape file relativo al dato geografico che si vuole rappresentare, esso viene caricato all’interno della Feature Class relativa; ad esempio, nel caso specifico, si può realizzare

C

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uno shape file dedicato ai piani pavimentali in mosaico policromo presenti in aree archeologiche situate in diversi punti della città. La Feature Class relativa si chiamerà per esempio “piani pavimentali” e al suo interno avrà un menù “a tendina” che presenterà varie opzioni come ad esempio mosaico monocromo, policromo, opus sectile etc. Quando verrà caricato lo shape all’interno della Feature Class si potrà anche scegliere a quale tipo esso si riferisce (Fig. 2). Il fatto che tutta questa serie di informazioni e le loro relazioni siano interne ad un singolo applicativo, il geodatabase creato con ArcCatalog appunto, rappresenta indubbiamente una facilità d’uso anche da parte di terzi.

C

Fig. 2. A. impostazione dei campi “Tipo” nella Feature Class relativa ai piani pavimentali; B. caricamento dello shape file; C. possibilità di scelta fra le varie opzioni di piani pavimentali come impostati nella casella “Tipo”.

A

B

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L’altra possibilità, cioè l’utilizzo del database Microsoft Access, permette di gestire tutti i dati e le informazioni in un singolo file di database, all'interno del quale sono disponibili:

• Tabelle per l’archiviazione dei dati; sono tra gli elementi più importanti in un database relazionale, ognuna di esse deve contenere dati propri di un solo argomento (ad esempio tabelle dedicate alle strutture murarie, ai piani pavimentali, alla bibliografia, etc.). Le tabelle hanno una struttura simile ai fogli di calcolo, con righe (o records) relative ai singoli elementi pertinenti alla tabella stessa (ad esempio ogni struttura muraria avrà una riga dedicata) e colonne (o campi) relative ad un tipo specifico di informazioni (ad esempio tipo di legante, messa in opera, orientamento, etc.). Le tabelle devono essere collegate tra loro tramite relazioni8 che determinano i criteri di associazione dei vari campi di dati ed il corretto ed efficace funzionamento del database.

• Query per la ricerca e il recupero di dati specifici; consentono di analizzare, estrapolare e modificare i dati; la loro importanza consiste nel fatto che possono essere di molteplici tipi (di selezione, di accodamento, di creazione tabella…), permettendo varie interrogazioni e applicazioni.

• Maschere per la visualizzazione, l'aggiunta e l'aggiornamento dei dati delle tabelle; è un tipo di “oggetto” utilizzato principalmente per l'inserimento e la visualizzazione dei dati in un database. Le maschere possono avere anche funzione di pannello comandi mediante il quale navigare all’interno del database e attivarne particolari funzioni come aprire altre maschere, accedere a report del database, stampare o salvare determinate modifiche o implementazioni.

• Report per l'analisi e la stampa dei dati con layout specifici; permettono la visualizzazione a video e l’eventuale successiva stampa dei dati organizzati e impaginati secondo schemi definiti dall’utente, in sostanza può essere considerato un sistema per la presentazione dei dati.

8 Le relazioni possono essere uno – a – uno in cui ogni record di una tabella corrisponde ad uno e uno solo di un’altra, uno – a – molti in cui una riga di una tabella corrisponde ad una o più righe di un’altra e infine molti – a – molti, relazione che esiste solo in apparenza essendo la combinazione di due relazioni uno – a – molti.

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A

C

Fig.3. La visualizzazione di tabelle (A), query (B) e maschere (C) in Access.

B

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La grande differenza tra il database Microsoft Access ed il geodatabase creato in ArcCatalog consiste nel fatto che le informazioni contenute nel primo, per essere visualizzate in ArcMap, devono essere importate tramite un comando specifico (il comando Join), e nel caso di utilizzo da parte di terzi, il database, gli shape file e il file .mxd, che identifica il progetto di ArcMap, devono essere pertinenti ad un singolo archivio che deve essere inscindibile, organizzato in una specifica directory ed essere trattato contestualmente, viceversa i collegamenti creati nel sistema non possono essere recuperati e il GIS non funziona.

Di contro, la vastissima diffusione del pacchetto Office della Microsoft, cui appartiene l’applicativo Access, e l’intercambiabilità dei dati trattati tra i vari applicativi dello stesso, permette l’utilizzo di un database così realizzato da un elevato e diversificato numero di utenti anche relativamente inesperti, e risulta di estrema semplicità ed immediatezza gestionale in quanto i dati descrittivi dei singoli oggetti definibili come attributi, vengono raccolti nel database e possono essere aggiornati ed implementati in qualsiasi momento fornendo un prodotto altamente efficiente e aggiornato.

In definitiva, valutati tutti gli aspetti sopra descritti, per questo lavoro la scelta è ricaduta sul database Access per due principali motivi: il primo si riferisce ovviamente alle capacità del programma di soddisfare le necessità del progetto, alla relativa facilità d’uso e alla sua grande diffusione; il secondo, riguarda invece un aspetto del geodatabase che è stato considerato un limite:

quando viene impostata una Feature Class del geodatabase, uno degli aspetti fondamentali nella definizione dei singoli campi è lo stabilire che tipo di feature sia l’oggetto che vi verrà in seguito inserito, se punto, linea o poligono; nel progetto specifico, la rappresentazione grafica dei dati pertinenti ad uno scavo archeologico può essere visualizzata in tutti e tre i modi, sarebbe stato quindi necessario creare tre Feature Classes diverse relative ad uno stesso oggetto, procedura che avrebbe creato un’ architettura del sistema macchinosa e potenzialmente ridondante.

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I GIS in archeologia

Da diversi anni l’utilizzo dell’informatica si è affermato nella ricerca archeologica con uno sviluppo sempre crescente dovuto all’avanzamento delle tecnologie, all’abbassamento dei costi dei software e agli indubbi vantaggi che lo strumento informatico fornisce9.

In generale la nascita delle applicazioni GIS si fa partire tra gli anni ’50 e ’60 in concomitanza con la crescita della scienza dell’informazione geografica, mentre per la diffusione in ambito archeologico dei Sistemi Informativi occorre giungere al 1983 – 198510.

L’organo informativo internazionale di maggior spessore è il CAA (Computer Applications in Archaeology) che riunisce archeologi, matematici ed informatici e che dal 1973 organizza conferenze annuali. Fino al 1991 gli incontri si sono tenuti nel Regno Unito, in seguito hanno avuto luogo in differenti città d’Europa; nel 1987 il titolo dei convegni fu modificato in Computer and Quantitative Methods in Archaeology. A livello nazionale, la rivista Archeologia e Calcolatori svolge dal 1990 ruolo di primo piano nella divulgazione dei progetti e degli indirizzi informatici nel campo dell’archeologia.

Nel panorama degli strumenti e dei sistemi informatici collegati o utilizzati in archeologia, i GIS hanno sicuramente avuto larga fortuna grazie alle potenzialità e alla elasticità dei prodotti: basti pensare all’aiuto che forniscono nell’immagazzinare, gestire ed analizzare la mole eterogenea di dati relativi alla ricerca archeologica. La necessità e soprattutto l’utilità di poter sovrapporre in trasparenza diverse cartografie hanno rappresentato i punti di forza del GIS in ambito archeologico, soprattutto per realizzare modelli predittivi ai fini della ricostruzione dei sistemi insediativi, dell’ambiente e del paesaggio nell’antichità.

I metodi predittivi si basano sulla nostra conoscenza degli insediamenti archeologici noti, che ci permette di individuare e riconoscere quali elementi hanno determinato la scelta topografica del sito stesso; in questo senso la predittività “consiste essenzialmente nel riconoscere le “regole insediative” di un paesaggio archeologico, disegnando una mappa che possa corrispondere alle

9 È da sottolineare il fatto che ormai sono a disposizione anche programmi open source, cioè gratuiti, che hanno la stessa funzionalità di quelli a pagamento e soprattutto possono essere utilizzati da chiunque senza avere la necessità di spendere denaro per acquistarli. Alle volte questi programmi non sono così user friendly come quelli acquistati,

l’interfaccia grafica è meno intuitiva, ma non sono problemi insormontabili e hanno l’indubbio vantaggio di poter essere installati su qualsiasi terminale. Per quanto riguarda per esempio l’utilizzo di un Sistema Informativo da parte di privati, questo vantaggio risulta impareggiabile e inoltre rende il nostro lavoro maggiormente vendibile, in quanto non vi sono costi aggiuntivi a quelli relativi al nostro lavoro. Grass è uno dei software GIS gratuiti e ormai anche l’esportazione su web risulta più facile utilizzando programmi come PHP e MYSQL.

10 FORTE 2002 pg. 41

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condizioni dettate dal modello ipotizzato”11, in modo da stabilire quali fattori hanno influenzato i comportamenti insediativi del passato.

La creazione di un Sistema Informativo archeologico dipende dagli obiettivi che ci si è preposti, dal tipo di dati che si hanno a disposizione, dal tipo di ricerche svolte sul campo e dalla destinazione finale del prodotto. Si possono individuare tre tipi principali di GIS archeologico:

• Il GIS inter – site, ovvero l’analisi e lo studio del territorio; viene usato essenzialmente per studiare a comprendere l’evoluzione di un territorio antropizzato, per ricostruirne gli aspetti geomorfologici ed ambientali, i mutamenti dovuti alla presenza dell’uomo e i cambiamenti dell’insediamento nel tempo.

• Il GIS intra – site, ovvero relativo a singolo contesto archeologico, come ad esempio ad uno scavo archeologico. Questo strumento deve comprendere l’analisi e la relazione tra dati stratigrafici, tra piante di strato e di fase, deve permettere l’interrogazioni delle classi di materiali rinvenute in un singolo strato con la finalità di catalogare tutta la messe di documentazione raccolta durante lo scavo ma soprattutto di aiutare a comprendere e a studiare le dinamiche del sito in modo da interpretarne la successione stratigrafica e quindi cronologica e di ricostruire eventualmente il sito indagato.

• Il GIS relativo alle cosiddette “carte di rischio archeologico”, cioè alla tutela e alla salvaguardia di aree archeologiche a rischio. L’organo relativo a questi progetti viene identificato con l’acronimo C.R.M. (Cultural Resource Management)12.

Il primo tipo di GIS è quello che maggiormente ha avuto fortuna, grazie alle grandi potenzialità dello strumento: si può ricostruire virtualmente un territorio, indagarne le modifiche ed i cambiamenti sia in due che in tre dimensioni, si possono sovrapporre foto aeree, immagini satellitari e cartografia storica, a cui vanno aggiunte le possibilità insite nell’utilizzo di strumentazione GPS e stazione totale per il posizionamento esatto dei ritrovamenti o dei punti notevoli.

La modellazione 3D è interessante per l’analisi del territorio in quanto permette di elaborare un modello digitale del terreno (DEM) in base a punti quotati noti utilizzando algoritmi ed interpolazioni: naturalmente maggiori e più dettagliate sono le informazioni altimetriche migliore sarà il risultato. Il modello così creato viene “vestito” con foto aeree o immagini satellitari, fatte combaciare in modo da fornirgli tutte le informazioni geomorfologiche ed infine vengono aggiunte le informazioni vettoriali raccolte. Al modello tridimensionale si accosta sempre più di frequente la

11 FORTE 2002 pg. 115

12 DJINDJIAN 1998 pag. 21

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analisi dell’intervisibilità che si basa sull’ipotesi che determinati siti, come per esempio torri di guardia o roccaforti, fossero visibili tra loro almeno a due a due. Un’analisi di questo tipo è naturalmente estremamente importante per individuare e comprendere la concezione del territorio da parte degli antichi e quindi le modifiche da essi apportate. È evidente comunque che tali studi ed elaborazioni sono nel terreno della probabilità, potendo utilizzare elaborazioni matematiche di uno strumento informatico che non può certo comprendere appieno le strategie che hanno portato i popoli antichi a comportarsi in un certo modo13.

Il GIS intra – site è di più difficile attuazione a causa dello svolgimento proprio dello scavo archeologico avendo la necessità di lavorare su vari piani, sia in senso orizzontale ( le piante di strato, le planimetrie etc.) sia in senso verticale (sezioni stratigrafiche e di strutture murarie, disegni di alzati etc.). Le ridotte dimensioni dell’area, inoltre, incidono sulla difficoltà di progettazione insieme alla grande quantità di informazioni che devono essere comprese nel progetto finale: un GIS di scavo deve poter contenere tutte le informazioni necessarie non solo per la catalogazione dei rinvenimenti, ma anche per lo studio e l’interpretazione del sito, deve permettere interrogazioni relative alle successioni stratigrafiche, collegamenti ai manufatti rinvenuti, digitalizzazioni delle piante di strato e di fase, delle sezioni, collegamenti alle schede di Unità Stratigrafica e magari anche alle pagine del diario di scavo relative in modo da fornire uno strumento completo per agevolare l’archeologo nell’interpretazione dei dati raccolti14. La difficoltà viene accentuata dal fatto che difficilmente si può portare la strumentazione necessaria sul campo. Lo scavo archeologico si muove spesso su ritmi frenetici e la situazione comune in cui ci si trova a lavorare è quella di documentare con schede e piante lo stato di fatto direttamente sul campo e poi successivamente riproporle su supporto informatico. Viene da sé che un GIS di scavo si presenta come un prodotto elaborato, che deve prevedere anche modellazioni tridimensionali per fornire i dati necessari all’interpretazione degli alzati, oltre che piante di strato per individuare la successione cronologica del sito.

Il GIS relativo alla carta di rischio archeologico, infine, deve essere considerato come una categoria a parte in quanto non è inerente esclusivamente alla ricerca e all’analisi archeologica, ma studia i collegamenti e le interazioni tra l’entità archeologica e la struttura moderna, collegandosi anche a

13 Per questo motivo è fondamentale che al queste ricostruzioni venga sempre affiancato lo studio: i calcolatori, da soli, non sono la risposta per tutto.

14 Le strutture relative ad ogni fase dovrebbero essere individuate con colori diversi, in modo da essere visibili e permettere una maggiore comprensione della successione stratigrafica. Bisogna tener anche presente che alcune strutture possono essere state costruite in un determinato periodo ma riutilizzate successivamente, quindi un GIS di scavo deve tener conto di tutte le successioni temporali e deve permettere di poterle visualizzare a video in modo da agevolare l’interpretazione e lo studio. Naturalmente a tutto questo deve essere collegato un database contenente tutte le informazioni relative ad un singolo elemento, così da avere un documento finito comprensivo di tutti i dati a

disposizione. Come giustamente detto: ”una delle operazioni più complesse delle fasi di post – elaborazione di scavo è proprio quella di visualizzazione e interrogazione comparata delle varie tipologie di dati per ricostruire e interpretare tutte le fasi di indagine” (FORTE 2002 pg. 62).

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discipline parallele come la tutela, la conservazione, il restauro e la valorizzazione dei beni archeologici ed entrando in contatto con le implicazioni e le difficoltà economiche ed ambientali che gli enti governativi devono affrontare per contestualizzare e convivere con il patrimonio storico.

Questa introduzione è stata necessaria per affrontare ora il problema dell’importanza dell’uso dei GIS nella ricerca archeologica. Bisogna innanzitutto partire dal presupposto che un GIS archeologico deve essere visto principalmente come uno strumento in grado di risolvere problematiche e dubbi relativi alla gestione e all’utilizzo dei dati archeologici. Com’è stato notato, la grande differenza tra un GIS “convenzionale” ed uno archeologico sta nel fatto che mentre il primo aiuta a gestire situazioni attuali o, nel caso, a prevederne di future, il secondo tratta esclusivamente del passato15. L’importanza dei Sistemi Informativi in archeologia è data dalla loro funzione interpretativa: una carta archeologica può ridursi a mera esposizione dei dati, posizionati nel luogo preciso di ritrovamento, con le loro caratteristiche, dando un ragguardevole supporto alla tutela e alla salvaguardia del patrimonio, ma non ci direbbero nient’altro senza il corredo di informazioni la cui funzione è produrre ragionamento e interpretazione.

Un’altra differenza tra i GIS cosiddetti convenzionali e quelli archeologici consiste nel tipo di dati utilizzato. I primi propongono dati contemporanei e quindi noti e chiari a tutti16, in archeologia, invece, protagoniste sono le rovine di ciò che era un tempo, e la chiave funzionale del GIS sta nell’interpretazione che si fa di questi dati. L’interazione tra il prodotto informatico e la razionalità dello studioso permette di creare strumenti di studio efficaci all’accrescimento della conoscenza di un determinato sito. Questa differenza si può osservare anche nelle elaborazioni tridimensionali e nel tipo di analisi dei dati: fattore fondamentale per la buona riuscita di un GIS archeologico è tenere sempre presenti gli scopi che esso ha, senza farsi prendere la mano dalle potenzialità dello strumento informatico. Se per le nostre analisi sono sufficienti elaborazioni che possono sembrare semplicistiche, questo non deve essere visto in modo negativo in quanto l’utilizzo del GIS sottostà alle necessità di chi lo crea ma soprattutto di chi lo userà: se stiamo progettando un GIS relativo alle vie di comunicazione o ai percorsi delle linee elettriche, gli algoritmi che dobbiamo utilizzare sono matematicamente facili da individuare; al contrario, un discorso del genere non può essere fatto per i comportamenti umani, a maggior ragione se non a noi contemporanei. Tutto quello che noi abbiamo sono “solo i loro esiti sul territorio sotto forma di reperti”17: l’uso degli algoritmi può essere utile per creare modelli dello spazio il più realistico possibile che possano permettere di

15 MONTI 2006

16 MONTI 2006: “nei GIS convenzionali i dati ritraggono la realtà nota, una realtà nella quale il significato degli oggetti è evidente negli oggetti stessi (il significato di una strada è chiaro, essa è una direttrice di spostamento di persone e merci). L’opera di reperimento di questi dati consiste quindi in una sorta di osservazione/censimento, poiché ciò che si vede o si misura è l’essenza di ciò che si vuole gestire”.

17 MONTI 2006

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verificare se le conclusioni raggiunte mediante lo studio dei reperti archeologici possono essere corrette tenendo in mente che “ il GIS è un sistema informativo, quindi come tale è la qualità e l’organizzazione dei dati, oltre alla quantità che ne determina il successo o il fallimento”18.

Un caso di questo tipo può essere rappresentato dalle ricostruzioni virtuali di ambienti, strutture, città antiche. Di per sé la ricostruzione di un monumento, di una casa o di qualsiasi altra evidenza archeologica, permette anche all’archeologo di poter visualizzare meglio i dettagli di ciò che sta studiando. Il poter “navigare” all’interno di una struttura riportata alla sua originaria configurazione, per esempio una domus, è un ulteriore sussidio alla ricerca poiché alle volte risulta complesso

“vedere”una struttura così come doveva essere, si è troppo presi da domande e preconcetti: non è facile riuscire a immaginare come dovevano svolgersi gli ambienti, che aspetto avesse l’edificio. In questo senso la realtà virtuale permette di avere a portata di mano non solo le strutture così come sono, ma l’arredamento, le decorazioni, in modo da avere tutto sotto mano. Il rischio, come già detto prima, è quello di farsi prendere la mano dalle potenzialità dei programmi informatici e creare un prodotto fine a sé stesso, che abbia il solo scopo di creare stupore e meraviglia, ma che non fornisce alcun aiuto alla ricerca. Questo rischio è accresciuto dal fatto che per creare questo tipo di prodotto, l’archeologo deve avvalersi della consulenza di tecnici informatici che non possono capire fino in fondo la valenza del dato che stanno elaborando: per questo è necessaria una continua collaborazione tra professionalità così diverse ma che possono fornire un valido sostegno alla conoscenza del passato.

Unendo due campi del sapere così dissimili come l’informatica e l’archeologia, si intrecciano due modi di pensare totalmente all’opposto: ad una scienza fatta di calcoli matematici se ne contrappone una la cui certezza maggiore è la probabilità, poiché studia vestigia del passato che non possono parlare e quindi tutto lo sforzo è volto all’interpretazione quanto più plausibile e possibile del dato a disposizione e a cercare di ridurre al minimo gli interrogativi che sorgono durante un’indagine archeologica.

Il nodo della questione sull’utilizzo e il supporto dei Sistemi Infirmativi nell’archeologia è tutto qui:

non bisogna pensare che il GIS risolva tutte le questioni e i dubbi, non bisogna pensare che sia come un deus ex machina, esso può e deve essere uno strumento di supporto all’archeologo, può essere considerato una metodologia di ricerca che permette di perfezionare la qualità dell’interpretazione dei dati e, come carta di rischio archeologico, sia un valido aiuto per la gestione del nostro patrimonio all’interno della realtà cittadina, in modo da salvaguardarlo senza interferire nella vita di tutti i giorni ma non deve assolutamente essere un sostituto dell’analisi e del ragionamento; è necessario utilizzare i software per le proprie necessità, non farsi sostituire da essi.

18 FORTE 2002 pg. 48

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È necessaria, a questo punto, anche una piccola introduzione all’uso dei database all’interno di un Sistema Informativo archeologico. Come più volte accennato, fondamentale per ogni progetto archeologico è la raccolta accurata di tutto il materiale accumulato, da archiviare secondo le necessità della ricerca. In questo senso il mezzo informatico è estremamente importante in quanto, rendendo agile l’archiviazione e la consultazione dei dati, permette di realizzare un gran numero di analisi siano esse statistiche o spaziali, difficilmente effettuabili con documentazione cartacea:

importante è quindi progettare un modello che permetta la gestione funzionale di tutto il materiale che si è raccolto e che possa essere veramente di supporto alla conoscenza. Per fare questo bisogna tener presenti alcuni punti chiave: l’esigenza di avere tutte le informazioni sottomano, o almeno il maggior numero possibile, per avere la possibilità di consultarle contemporaneamente; la creazione di un’architettura “aperta”, facilmente integrabile dato che varie sono le dinamiche proprie della ricerca archeologica; il grado di dettaglio che singole classi di dati necessitano, per esempio la ceramica, tenendo presente che il progetto deve essere agile e funzionale; l’utilizzo che verrà fatto del prodotto, e soprattutto l’utente che lo utilizzerà. Infine due sono gli obiettivi principali che chiunque sia in procinto di progettare un database archeologico deve rispettare: una gestione facile del prodotto, quindi un certo grado di automatizzazione, fondamentale quando il numero di dati archiviati diventa importante, e l’interscambio del dato, elemento ancor più fondamentale, in quanto permette la condivisione delle informazioni e un’ eventuale accrescimento del sapere19.

19 Queste regole sono fondamentali quando si gestisce un Sistema Informativo articolato, soprattutto se relativo ad uno scavo archeologico. Naturalmente tutto dipende dal tipo e dalla quantità di informazioni che sono a disposizione.

(21)

Parte prima: Il Sistema informativo di Cividale del Friuli I.1 Strumenti e metodi

1.1 Il database Access

Il database è stato creato in modo volutamente molto semplice, sia a causa della tipologia dei dati a disposizione, spesso incerti, incompleti o frammentari, sia per permettere un utilizzo dello strumento anche ad utenti inesperti.

L’applicazione è stata impostata creando una tabella principale “ informazioni generali” contenente tutti i dati generali relativi allo scavo, collegata a quattro tabelle relative ad informazioni più specifiche: bibliografia, descrizione, piani pavimentali e strutture murarie (fig. 8). Sono stati inoltre creati due vocabolari relativi al tipo di orientamento delle strutture murarie e al tipo di piano pavimentale, per facilitare la compilazione delle maschere.

Fig. 8. Le tabelle del database

postato come chiave po “Scavo”, testo, ico che è stato oaga, e CAT, lto spesso le indagini scavate a quote diverse. Non è La tabella “informazioni generali” è formata da un campo ID, contatore, im

primaria e utilizzato per la creazione delle relazioni con le altre tabelle, da un cam impostato come richiesto, in cui è indicato il tipo di edificio o di reperto archeolog trovato, i campi relativi alle coordinate, suddivise in coordinate GB, cioè Gauss – B cioè catastali (fig. 9). Non è stata indicata volutamente la quota, in quanto mo

archeologiche sono state organizzate mediante saggi, con trincee

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possibile ricavare una quota assoluta riguardante tutto lo scavo, una possibilità era calcolare la quota media, ma sarebbe stato un lavoro inutile in quanto in alcune relazioni di scavo la quota non è neanche segnalata. Inoltre, la quota relativa al fondo scavo non offre un’informazione importante riguardo lo scavo stesso, poiché spesso le indagini si sono interrotte senza raggiungere il terreno vergine, e quindi non è possibile sapere se sotto le evidenze archeologiche messe in luce ce ne siano altre. Si è preferito allora non indicarla nelle informazioni generali, ma solo nella tabella relativa ai piani pavimentali, la cui quota risulta interessante, quando indicata, per la creazione del modello tridimensionale relativo alla ricostruzione della morfologia antica.

Fig.9 I campi relativi alla tabella “informazioni generali”.

Nella tabella generale sono stati inoltre indicati il o i responsabili di scavo, in quanto alcuni scavi sono stati indagati in anni diversi da responsabili diversi, l’area indagata in m2, la datazione, se lo scavo è ancora in fase di pubblicazione o se ha dato esito negativo ed il posizionamento.

Per quest’ultima voce è stato creato un campo, nella maschera relativa, collegato nelle proprietà al campo “posizionamento” della tabella, in modo da visualizzare nel campo “immagine”

appositamente inserito nella maschera, un’immagine relativa, il cui percorso è indicato nel campo

“posizionamento” e viene visualizzato nel campo “testo” inserito nella maschera (fig. 10).

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Fig. 10. Nelle proprietà della casella di testo inserita nella maschera principale viene indicato il collegamento con il campo “posizionamento” della tabella “informazioni generali nel campo “origine controllo”. In questo modo i due campi sono collegati e qualunque dei due venga compilato, automaticamente il testo apparirà anche nel secondo.

L’immagine rappresenta il punto in cui è visualizzata la posizione dello scavo all’interno della città moderna a cui è stata sovrapposta la carta archeologica (fig. 11); ad ogni scavo l’immagine cambia.

Per far sì che questo accada, è stata creata la seguente semplice Routine Evento in Visual Basic impostata nel campo delle proprietà della maschera “su corrente” e “ dopo aggiornamento”:

Private Sub Form_AfterUpdate() On Error Resume Next

Me![Immagine31].Picture = Me![Testo29]

End Sub

(24)

Fig. 11. La maschera relativa alla tabella “informazioni generali” con l’immagine relativa al posizionamento delle evidenze archeologiche e la Routine evento nelle proprietà.

La Routine sta ad indicare che l’immagine che viene visualizzata nella casella “Immagine 31” deve essere la stessa che viene indicata nella casella “Testo29”, relativo al campo della tabella

“posizionamento”, in cui viene scritto il percorso relativo in cui Access recupera le immagini.

Il percorso è relativo in quanto la cartella contenente tutti i file di estensione .jpg si trova nella stessa cartella in cui è inserito anche il database. Così facendo il programma sa già dove recuperare le immagini, serve solo indicare la cartella che le contiene. Va da sé che il database e la cartella contenente le immagini devono essere spostate insieme nel caso dovessero essere consegnate a terzi, altrimenti il collegamento non funziona. La comodità sta nel fatto che basta indicare nel campo

“testo” il percorso in cui il database deve recuperare l’immagine ed essa cambia.

Per evidenziare il posizionamento si è utilizzata la carta creata in ArcGIS e si è fatta una selezione tramite attributi (Selection by Attributes): in questo modo lo scavo selezionato diventa di colore azzurro. Dopo aver fatto questo si è acquisita la schermata e si è creata un’immagine di estensione .jpg con Photoshop; l’immagine è poi stata inserita nella tabella sotto il campo

“posizionamento” in cui è stato indicato il percorso (fig. 12).

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Fig. 12. La tabella informazioni generali in cui è indicato il percorso da cui viene caricata l’immagine e la visualizzazione nella maschera principale.

La stessa procedura è stata applicata alla maschera “piani pavimentali” in cui è visualizzata l’eventuale immagine dei pavimenti, poiché non sempre nelle relazioni di scavo erano inserite fotografie o disegni, che in alcuni casi sono di qualità molto scadente e quindi non sono indicate nel database perché inutili alla comprensione del manufatto.

Come accennato in precedenza, il campo contatore ID della tabella “informazioni generali” è stato utilizzato per la creazione di relazioni uno – a – molti tra le varie tabelle, come si vede nella fig. 13.

Per i collegamenti sono stati utilizzati i campi numerici “scavo_id” presenti nelle tabelle secondarie.

Così facendo è stato possibile creare le relazioni tra l’ID, univoco, e la voce “scavo_id”, numerico lungo, in modo da permettere la presenza di uno o più “scavo_id” uguali nelle tabelle secondarie in relazione ad un unico ID nella tabella principale. È stata scelta una relazione uno – a – molti per collegare le tabelle in quanto ad un unico scavo è così possibile riferire anche più di un piano pavimentale o struttura muraria. Per le tabelle “bibliografia” e “descrizione” il campo “scavo_id” è

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stato mantenuto per permettere un più agevole collegamento della tabella al GIS tramite il comando Join & Relates anche se in ogni scavo vi è solo una bibliografia e una descrizione.

Fig. 13. Le relazioni tra le tabelle.

Le tabelle secondarie, collegate alla principale, si compongono di pochi campi, essenziali alle informazioni base che vogliono essere date; come detto all’inizio del paragrafo, il database è stato volutamente creato con un’architettura semplice, in modo da risultare snello e facile da interpretare e compilare.

Le tabelle “descrizione” e “bibliografia”sono composte di un campo scavo, in cui inserire il nome dello scavo e da un campo “memo” descrizione e da un campo “memo” bibliografia. Si era pensato all’inizio di inserire, nella tabella bibliografia, anche una voce “autore” in cui indicate il nome dell’autore del contributo, ma poi questa scelta è risultata troppo complicata, in quanto si sarebbero dovuti compilare tanti campi quanto gli autori che avevano trattato nei loro scritti di un determinato scavo; si è allora preferito inserire tutta la bibliografia in un unico campo, ordinata per anno, dalla più vecchia alla più recente.

La tabella “piani pavimentali” è composta dai campi relativi al tipo di piano pavimentale collegato al vocabolario creato per un menù a tendina con le varie possibilità (mosaico monocromo, policromo, piano stradale, pavimento in cocciopesto etc.), e i campi datazione, immagine e quota.

La tabella “strutture murarie”, infine, comprende i campi “materiale”, relativo al tipo di materiale

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utilizzato per la costruzione del muro, “orientamento”, collegato con menù a tendina al relativo vocabolario, “tipo_legante”, relativo al materiale usato per tenere assieme le componenti del muro,

“quota_cresta” e “quota_fondazione”, che non sempre è stato possibile compilare, relative ai due tipi di quota riscontrabili nell’analisi delle murature, importanti, soprattutto la quota fondazione, per la modellazione 3D, ed infine il campo “datazione”.

Dopo aver creato tabelle e relazioni, si è proceduto con la creazione delle maschere per la compilazione del database.

Nelle maschere relative alle tabelle secondarie è stata inserita una casella di testo nelle cui proprietà è stato inserito il collegamento con la casella “scavo” della tabella principale: in questo modo, nell’esatto momento in cui viene compilato il campo “scavo” nella maschera delle informazioni generali, automaticamente lo stesso nome compare nella casella di testo presente nelle maschere secondarie (fig. 14).

Fig. 14. L’interfaccia della maschera secondaria “bibliografia” con l’indicazione della casella di testo collegata al campo “scavo” della maschera principale.

Un secondo passaggio, per facilitare la compilazione del database in vista del suo collegamento al GIS, è stato quello di creare una Routine Evento nei campi “bibliografia” e “descrizione” delle maschere omonime, e nei campi “tipo_piano_pavimentale” e “materiale” nelle maschere “piani pavimentali” e “strutture murarie” per fare in modo che il campo “scavo_id” si compilasse automaticamente a si riferisse al campo “ID” della tabella generale: in questo modo è stata evitata la noiosa procedura di dover compilare a mano il campo “scavo_id” in vista del collegamento del database ad ArcMap, che come vedremo più avanti si basa proprio su questo campo (fig. 15).

(28)

La Routine Evento che è stata elaborata è la seguente:

Private Sub bibliografia_Change()

Forms![bibliografia]![scavo_ID] = Forms![informazioni generali]![ID]

End Sub

Il campo tra parentesi quadre comprendente il nome della maschera (in questo caso “bibliografia”) cambia a seconda della maschera che si sta modificando.

Fig. 15. La Routine Evento nelle proprietà del campo”bibliografia”.

È stata creata anche una maschera “INTRO” (fig. 16) per l’accesso al database, con una password per l’amministratore, ed un accesso libero per gli utenti che però non hanno possibilità di entrare nell’applicazione e quindi modificarla anche inconsciamente (fig. 17). Questo espediente è stato adottato visto il fine ultimo che il progetto di lavoro si prefigge e cioè quello di essere uno strumento sia per gli archeologi per studiare, modificare ed implementare la carta archeologica della città di Cividale del Friuli sia, pensando all’utilizzo da parte dell’amministrazione pubblica, per documentazione e analisi delle aree a maggiore rischio archeologico.

Gli utenti che usufruiranno del GIS saranno diversi, e si è deciso di congelare l’applicazione per evitare che qualcuno, poco esperto e senza volerlo, possa modificare le impostazioni base del

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database creando malfunzionamenti. In ultimo, nella maschera principale, sono stati inseriti alcuni pulsanti per le operazioni di base: chiusura maschera e stampa maschera (fig. 18).

Fig. 17. L’immissione obbligatoria della password in modo che solo chi è autorizzato possa entrare nel database.

Fig. 16. La maschera d’ingresso nel database

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Fig. 18. i pulsanti “chiudi maschera” e “stampa” nella maschera principale.

(31)

1.2 La cartografia

La documentazione cartografica utilizzata riguarda il territorio di Cividale del Friuli e in modo particolare l’area del centro storico. I documenti comprendono sia cartografie generali a scale molto piccole sia piante di dettaglio di singoli edifici o di isolati a scale più grandi. La carta più antica archiviata risale al XIX secolo20 mentre quelle più recenti sono carte numeriche di tipo vettoriale (CAD) su supporto informatico; tutte le carte possono essere suddivise in quattro gruppi:

• Cartografia generale del territorio e dell’area urbana; in questo gruppo rientrano le piante più vecchie, si tratta di documenti generici che riportano i profili degli edifici cronologicamente contemporanei alla realizzazione della carta con delle simbologie oppure dei riferimenti grafici alle strutture antiche, solitamente riferibili al periodo romano, posizionate in modo più o meno corretto all’interno del tessuto urbano riprodotto; queste piante più antiche di per sé possono costituire un documento importante per la ricostruzione e interpretazione di alcune zone del tessuto urbano che, per modifiche e cambiamenti avvenuti in tempi recenti, non sono più visibili.

• Cartografia tecnica e tematica dell’area urbana; si tratta di un tipo di documentazione che sfrutta come base una cartografia di tipo tecnico ad una scala piccola (soprattutto cartografia catastale moderna) per il posizionamento delle aree e delle strutture archeologiche all’interno del tessuto urbano.

• Planimetrie di dettaglio (piante di scavo); sono documenti che ripropongono nel dettaglio ad una scala grande le strutture archeologiche rilevate con metodo diretto, i più recenti dei quali sono stati redatti anche con il supporto del rilievo strumentale che ne aumenta notevolmente la precisione; l’utilizzo di questa cartografia ai fini del corretto posizionamento all’interno del tessuto urbano è legato alla rappresentazione sullo stesso supporto cartaceo di riferimenti ad edifici o strutture varie, che ne permettono la contestualizzazione.

• Planimetrie generali su supporto informatico; questi documenti sono solitamente carte vettoriali generali utilizzabili con un software CAD, costituiscono la cartografia di base sulla quale poter leggere il tessuto urbano odierno in modo dinamico e preciso e sulla quale agganciare le carte identificate negli altri tre gruppi.

20 La carta più antica utilizzata nel presente lavoro è quella redatta da Michele della Torre nel 1827, come illustrazione e commento ai suoi “prospetti” in cui ha elencato e spiegato tutti gli scavi da lui praticati nel territorio e nella città di Cividale del Friuli.

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Tutte le carte su supporto cartaceo sono state acquisite con lo scanner ad una risoluzione di buona qualità, salvate in formato *.jpg21 e archiviate in modo funzionale al database; si rimanda allo stesso database per l’elenco completo e la visualizzazione delle carte, in questa sede viene proposta una breve panoramica esemplificativa della cartografia su supporto cartaceo utilizzata.

Al primo gruppo è riconducibile ad esempio la pianta del della Torre (fig.19)22 che riporta l’area urbana e in cui si riconoscono facilmente il fiume Natisone, la cerchia delle mura; con un tratto più scuro e marcato l’autore ha voluto riproporre i profili, gli orientamenti e il posizionamento delle strutture antiche da lui scavate; allegata a questa pianta esiste una tabella esplicativa a corollario di ciascuna area archeologica23

Fig. 19. Pianta del della Torre, 1827.

21 Si è preferito il formato *.jpg in quanto pur garantendo una qualità mediamente buona dell’immagine acquisita, permette un utilizzo facilitato del file relativo in termini di “peso - memoria” dell’immagine.

22 La carta è attualmente esposta nel Museo Archeologico Nazionale di Cividale.

23 DELLA TORRE 1827

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Al secondo gruppo appartiene la carta archeologica redatta dallo Stucchi nel 1951 (fig. 20), in cui sono indicati tutti i ritrovamenti del della Torre integrati con gli scavi successivi. L’autore ha indicato ogni domus con un relativo numero romano, l’ipotetico percorso della cinta muraria antica, sia esterna che interna24 e con un tratteggio molto sottile l’ipotesi del tracciato stradale antico.

Fig. 20. La carta archeologica dello Stucchi, 1951.

Il terzo gruppo comprende sostanzialmente due tipologie di documenti: alla prima possono essere ricondotte quelle planimetrie più datate, solitamente riprodotte ad una scala funzionale semplicemente ad una gradevole rappresentazione grafica nella quale le strutture archeologiche sono rappresentate in modo quasi “artistico”, con contrasti cromatici, ombreggiature e

24 Il percorso della cinta muraria esterna viene indicato con una linea scura dove sono sicuri i ritrovamenti delle mura, un puntinato dove il percorso è ricostruito; il percorso della cinta interna è invece indicato con un tratteggio in quanto è solo ipotetico.

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caratterizzazioni grafiche particolari; in queste piante, ad una visione di insieme apparentemente corretta e proporzionata, non sempre corrisponde una soddisfacente precisione nel rilievo.

Nonostante questo, l’accuratezza della restituzione grafica e soprattutto la presenza di elementi utili alla contestualizzazione delle strutture archeologiche rappresentate, forniscono a questa tipologia di documenti un valore assoluto e permettono il recupero e l’uso del dato topografico e planimetrico ai fini della creazione della carta archeologica. Un bell’esempio è fornito dalla pianta delle terme romane emerse in piazzetta delle Terme (fig. 21): vi si leggono perfettamente le strutture murarie, i piani pavimentali e le suspensurae in cotto. Ciascuno di questi elementi è caratterizzato da un colore e da una valenza grafica; ai bordi del disegno si leggono alcune annotazioni a matita tra cui la scala (1:50) ma manca la freccia del nord che ne darebbe l‘orientamento. Gli edifici moderni sono rappresentati in modo molto chiaro ed è proprio questo dettaglio che permette il corretto aggancio alla cartografia di base determinando con maggior precisione l’orientamento, le proporzioni e il posizionamento nel tessuto urbano attuale.

Fig. 21. Pianta dello scavo delle terme romane redatta dal Marioni.

Alla seconda tipologia invece possono essere ricondotte le piante di scavo (solitamente in scala 1:20, 1:50 o 1:100) che costituiscono parte integrante della documentazione che viene realizzata nelle varie fasi dello scavo archeologico condotto con metodo stratigrafico; queste planimetrie, oltre a

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riportare informazioni particolari come quote (che possono essere assolute o relative) e numeri di Unità Stratigrafica (US, che fanno riferimento ciascuna ad una scheda specifica), spesso si avvalgono di una base planimetrica realizzata mediante rilievo indiretto con stazione totale o strumentazione tecnica. In questo caso la precisione è almeno centimetrica e la presenza di indicazioni grafiche puntuali dei punti topografici battuti che fanno riferimento ad un libretto di campagna realizzato durante la sessione di rilievo strumentale permette la contestualizzazione di questi documenti con un gradi di precisione quasi assoluto25 . Un esempio è costituito dalla pianta di fine scavo della domus rinvenuta nel cortile del Municipio26 (fig. 2227).

Fug. per la redazione del

disegno

L’ultimo gruppo, infine, comprende le cartografie in formato vettoriale su supporto informatico e sono la carta catastale e la Carta Tecnica Regionale numerica (CTRn) entrambe georiferite in

22. Rilievo della domus nel cortile del Municipio con indicati i punti topografici necessari

25 xxxx

26 VITRI,TIUSSI 2004 pg. 38 fig. 8; all’interno di questo articolo è interessante notare la differenza tra la planimetria più recente (fig. 8) e quella più antica (fig. 2, pg. 29) che è paragonabile alla planimetria delle terme romane sopra descritta.

27 E’ qui riproposta la restituzione CAD della planimetria con l’indicazione dei punti topografici battuti con la stazione totale.

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coordinate Gauss - Boaga28. Ambedue le carte sono tridimensionali e la rappresentazione grafica è organizzata per layers tematici (fig. 23).

B

Fig. 23. La carta catastale (A) e la CTRn (B) dello spazio urbano di Cividale del Friuli.

A

28 Entrambe le carte sono state fornite dal Comune di Cividale del Friuli.

(37)

1.3 La metodologia applicata

L’impostazione e la compilazione del database Access e la raccolta del materiale cartografico sono stati la premessa necessaria per la creazione del GIS. Il sistema informativo è stato realizzato partendo dalla scelta della cartografia di base su cui posizionare le piante di scavo e le indicazioni puntuali relative alle indagini archeologiche effettuate: due erano le possibilità, la Carta Catastale o la Carta Tecnica Regionale Numerica; la prima è utilizzata dall’Amministrazione Comunale, la seconda dalla Soprintendenza, per agganciare alla topografia moderna, mediante stazione totale, gli scavi effettuati in regione. All’inizio del lavoro si è subito presentato un problema: i file vettoriali che erano a disposizione avevano infatti diverso sistema di coordinate, il Catasto in Cassini – Soldner, la CTRn in Gauss – Boaga29. La scelta è ricaduta necessariamente sulla seconda per poter fornire un documento omogeneo con i lavori della Soprintendenza. Il problema è stato superato quando il Comune di Cividale ha fornito la Carta Catastale in formato vettoriale ed in coordinate Gauss – Boaga; grazie a questo documento si è scelto come base per il GIS il Catastale che però risulta coerente con la CTRn e quindi vi può essere sovrapposto senza difficoltà.

Una volta superato il problema della cartografia di base si è proceduto alla georeferenziazione delle immagini raster relative sia a carte archeologiche che alle singole piante di scavo. Per le prime si è utilizzato il comando “Georeferencing” dalla Toolbar di ArcMap. Dopo aver caricato il file vettoriale della carta di base in estensione *.shp30 e il raster si procede con la selezione di alcuni punti31 sulla carta da georiferire che sono presi uno per volta anche sul file vettoriale. In questo modo il programma “sposta” il raster sotto al vettoriale in modo tale che, dopo il salvataggio, il raster abbia le stesse coordinate del file di base. In modo tale tutte le immagini possono essere sovrapposte e permettono una lettura completa delle informazioni contenute (fig. 24).

29 Per la proiezione Cassini – Soldner vd MIGLIACCIO 2003 pg 44 – 46, per la proiezione Gauss – Boaga vd MIGLIACCIO

2003 pg 36 – 40.

30 Questo è il formato tipico dei file di ArcGis

31 GCP, cioè Ground Control Point: essi identificano uguali postini sulle carte e servono per simare la funzione polinomiale che interpola i punti sulla carta da georiferire. La precisione della georeferenziazione si deve al cosiddetto RMS Error (Root Mean Square Error) dato dalla somma dei singoli errori nei GCP: ogni punto, in base alla distanza tra quello preso sulla carta da georiferire e quello sulla carta su cui si georiferisce, presenta un errore; la somma fornisce l’errore complessivo che misura la precisione della georefernziazione. Più basso è l’errore, misurato nell’unità di misura del sistema di riferimento (entro il valore 10 per la cartografia storica), migliore è la georeferenziazione.

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A

C

Fig. 24. Le due cartografie vengono caricate nel programma e si procede alla definizione dei punti notevoli necessari per geriferire il file raster. Con il comando “zoom to layer” si visualizza il raster (A). Dopo aver posizionato il primo punto su entrambe le carte il programma automaticamente le sovrappone; si scelgono altri punti, mimimo tre, che coprano il più possibile l’area da georiferire (B). Con il comando “Rectify” nella Toolbar Georeferencig si georiferisce la carta (C).

B

(39)

Le piante di scavo, invece, sono state georiferite con il programma Autocad per poterle poi facilmente digitalizzare. È stato usato il comando “Rubber Sheet” che presenta un procedimento molto simile al “Georeferencing” di ArcMap. Successivamente le piante sono state digitalizzate per creare un file vettoriale da importare in ArcMap (fig. 25).

A

B

Fig. 25. Le immagini vengono georiferite e digitalizzate in CAD, salvate in formato *.dwg (A) ed aperte in ArcMap per poi esere esportate in foramto *.shp, più leggero e facile da usare del *.dwg (B).

Si è proceduto alla digitalizzazione e all’esportazione in ArcMap di tutti i resti archeologici di cui si possedeva la pianta di scavo. I posizionamenti puntuali sono stati inseriti in ArcMap dopo aver creato un nuovo shape file in ArcCatalog, passaggio necessario per avere un layer in cui inserire i dati (fig. 26). Al nuovo file viene attribuito lo stesso sistema di coordinate della carta catastale e delle piante di scavo già georiferite32.

32 Allo shape file relativo alla carta catastale e ai singoli scavi è stato selezionato il sistema di coordinate mediante il programma ArcToolbox: questo passaggio non è necessario in quanto i file sono già provvisti di un sistema di coordinate ma in questo modo ArcMap può determinare immediatamente le coordinate che vengono visualizzate nelle proprietà del file.

(40)

Fig. 26. Creazione di un nuovo sape file in ArcCatalog in cui verranno inseriti tutti i posizionamenti puntuali della carta archeologica. Quando si crea il file bisogna scegliere quale geometria dovrà avere, se punto, linea o poligono, e viene determinato il sistema di coordinate.

Vengono quindi disegnati i vari punti nella particella catastale in cui è stato segnalato il ritrovamento. Successivamente è stata disegnata, in base ai ritrovamenti, l’ipotesi del percorso murario e la viabilità antica, suddivisa in tre diversi shape file: strade accertate, da scavo, strade ricostruite, calcolando l’ampiezza di un isolato di 80 metri dato che a questa distanza circa sono state trovati due tratti di strada paralleli, e strade incerte, o rompitratta, possibili assi viari secondari, di cui non è sicura l’esistenza. Oltre ai ritrovamenti di epoca romana sono stati inseriti elementi relativi al periodo longobardo della città, in modo da poterne osservare lo sviluppo urbanistico e per avere un quadro complessivo dei rinvenimenti che sono soprattutto di natura funeraria e il tratto di cinta muraria medievale; in questo modo si può avere un quadro generale della città romana e si possono sovrapporre le evidenze archeologiche longobarde in modo da poter creare delle carte di fase o studiare lo sviluppo di un edificio o di un’area della città.

Il risultato finale è mostrato nella fig. 27.

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